Articolo 9. Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale.

1. Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta.

2. Nell’ambito delle risorse individuate al comma 1, la rinegoziazione si limita al ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto dell’affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alterarne la sostanza economica.

3. Se le circostanze sopravvenute di cui al comma 1 rendono la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto a una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo le regole dell’impossibilità parziale.

4. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l’inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità nel bando o nell’avviso di indizione della gara, specie quando il contratto risulta particolarmente esposto per la sua durata, per il contesto economico di riferimento o per altre circostanze, al rischio delle interferenze da sopravvenienze.

5. In applicazione del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale si applicano le disposizioni di cui agli articoli 60 e 120.

EFFICACE DAL: 1° luglio 2023

Relazione

SPIEGAZIONE L’articolo 9 riguarda il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale. Il comma 1, primo periodo, sancisce il diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni c...

Commento

NOVITA’ DEL CORRETTIVO • Il decreto correttivo non ha modificato tale articolo, ma è stata sostanzialmente rivista la disciplina sulla revisione dei prezzi di cui all’art. 60. Inoltre, all’art. 1...
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Giurisprudenza e Prassi

REVISIONE PREZZI - APPALTI FORNITURE E SERVIZI - CLAUSOLA FACOLTATIVA INDICE INFLATTIVO (69.2bis)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2025

La revisione dei prezzi si giustifica cioè solo a fronte di uno squilibrio sopravvenuto del rapporto contrattuale, eccedente l’alea propria dei contratti di durata.

Tali conclusioni sono altresì confermate – come sottolineato dal Comune - da altre disposizioni in materia di appalti che, in ambiti di più dettagliata regolamentazione come i lavori evidenziano come il meccanismo della revisione dei prezzi normalmente preveda “franchigie” che non intaccano la natura dello strumento revisionale né ne compromettono le finalità. Giova ad esempio ricordare come, in materia di lavori, dallo stesso d.lgs. n. 163 del 2006 (vigente ratione temporis) fosse prevista l’irrilevanza dei mutamenti di prezzo dei materiali da costruzione in aumento o diminuzione al di sotto della percentuale di variazione del 10% (art. 133).

Nello stesso senso, l’art. 9 del d.lgs. n. 36 del 2023, non applicabile ratione temporis alla controversia oggetto della presente decisione, nell’affermare il principio della conservazione dell’equilibrio contrattuale, dopo aver disciplinato l’istituto della rinegoziazione ai primi tre commi, al comma 4 oggi stabilisce: «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l'inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità nel bando o nell'avviso di indizione della gara, specie quando il contratto risulta particolarmente esposto per la sua durata, per il contesto economico di riferimento o per altre circostanze, al rischio delle interferenze da sopravvenienze».

Il successivo art. 60, dopo aver previsto che “nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l'inserimento delle clausole di revisione prezzi riferite alle prestazioni oggetto del contratto”, prevede che le predette clausole si attivano quando si verifica una variazione del costo della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5 per cento dell'importo complessivo e operano nella misura dell'80 per cento del valore eccedente la variazione del 5 per cento applicata alle prestazioni da eseguire.

È vero che il comma 2 bis dell’articolo da ultimo citato (come inserito dall’art. 23, comma 1, lett. c), D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209) prevede che “Per gli appalti di servizi e forniture, resta ferma la facoltà di inserire nel contratto, oltre alle clausole di cui al comma 1, meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto all'indice inflattivo convenzionalmente individuato tra le parti. In tale ipotesi, l'incremento di prezzo riconosciuto in virtù dei meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto non è considerato nel calcolo della variazione del costo del servizio o della fornitura rilevante, ai sensi del comma 2, lettera b), ai fini dell'attivazione delle clausole di revisione prezzi”. Tuttavia tale disposizione di legge, si ripete non applicabile alla fattispecie controversa, è facoltativa e non obbligatoria.

In conclusione è infondato il primo motivo di appello nella parte in cui pretende che venga dichiarata la nullità parziale della clausola che prevede la “franchigia” all’adeguamento del prezzo.



LA REVISIONE PREZZI: OPERA IN FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO, NON ELIMINA COMPLETAMENTE L'ALEA CONTRATTUALE

TAR LOMBARDIA BS SENTENZA 2025

In punto di diritto, per questo collegio, vanno svolte talune considerazioni generali.

Nei contratti di appalto di diritto comune, l’art. 1664 comma 1 c.c. prevede una puntuale disciplina delle sopravvenienze di fatto che incidono sul sinallagma contrattuale alterandone l’equilibrio giuridico-economico stabilito inizialmente dalle parti.

È infatti previsto che, qualora per effetto di circostanze eccezionali e imprevedibili, si determini un aumento del prezzo superiore al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possano chiedere una revisione del prezzo medesimo; tale revisione può essere accordata esclusivamente per quella differenza che eccede il decimo.

I contratti c.d. commutativi, come il contratto di appalto, sono retti dal principio di corrispettività fra prestazione e controprestazione (c.d. equilibrio sinallagmatico). Tale equilibrio deve accompagnare il rapporto contrattuale per tutta la sua durata, distinguendosi tra sinallagma genetico (così identificandosi l’equilibrio delle prestazioni come individuato in sede di stipulazione del contratto) e sinallagma funzionale (ossi l’equilibrio che viene in rilievo nella fase esecutiva del contratto).

Il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale è oggi previsto dall’art. 9 del d.lgs. 36/2023 (nuovo Codice dei contratti pubblici), tra i principi generali riguardanti l’intera materia dei contratti pubblici.

Al comma 1, l’art. 9, nel prevedere un generale rimedio manutentivo per le ipotesi di sopravvenuto difetto funzionale del sinallagma contrattuale, reca testualmente “Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta”.

Il principio trova attuazione negli artt. 60 e 120, che regolano la revisione dei prezzi e la modifica dei contratti in caso di eventi che incidano significativamente sull’equilibrio economico originario.

Questi strumenti previsti dalla legge per la gestione delle sopravvenienze si affiancano ai meccanismi demandati all’autonomia negoziale di adeguamento del contratto in chiave manutentiva, tra i quali rientrano, in via generale, le cd. clausole di rinegoziazione, e come species del genus le cd. clausole di indicizzazione o di revisione prezzo.

Per quanto maggiormente di interesse nel caso in esame, viene in rilievo l’istituto della revisione dei prezzi, che consente il riequilibrio del sinallagma contrattuale assicurando continuità al contratto in corso di esecuzione senza azzerare il rischio di impresa.

La ratio di tale istituto è quella di garantire l’interesse pubblico alla perdurante qualità delle prestazioni contrattuali evitando che il corrispettivo subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto. Allo stesso tempo, peraltro, l’istituto tutela anche l’interesse dell’impresa a non subire alterazioni dell’equilibrio contrattuale per l’incremento dei costi sopravvenuto durante l’arco del rapporto, che potrebbe indurla ad una surrettizia riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni (cfr. Cons. di Stato, Sez. III, 5 marzo 2018, n. 1337; Consiglio di Stato, Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074; in termini: Consiglio di Stato, Sez. III, 19 luglio 2011, n. 4362; Consiglio di Stato, Sez. V, 14 maggio 2010 n. 3019; Consiglio di Stato, Sez. V, 26 agosto 2010 n. 5954; Consiglio di Stato, Sez. V, 6 settembre 2007, n. 4679).

L’obiettivo della revisione dei prezzi è quindi quello di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse (incidente sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta), e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994; Cons. di Stato, Sez. III, 20 agosto 2018, n. 4985).

Risulta opportuno evidenziare che il meccanismo revisionale disciplinato dal nuovo Codice dei contratti pubblici non assume la funzione di eliminare completamente l’alea tipica (rectius normale arg. ex art. 1467 c.c.) di un contratto di durata, la quale costituisce oggetto di specifico apprezzamento da parte dei concorrenti al momento della formulazione dell’offerta economica.

Invero, se indubbiamente il meccanismo in esame deve prevedere la correzione dell’importo previsto ab origine in esito al confronto comparativo – per prevenire il pericolo della compromissione del sinallagma contrattuale – il riequilibrio non può risolversi in un automatismo perfettamente ancorato ad ogni variazione dei costi delle materie prime o della componentistica. Una simile estensione ne snaturerebbe le finalità, trasformandolo in una clausola di indicizzazione (T.A.R. Lombardia, sez. di Brescia, sez. II, 20 aprile 2012, n. 674).

Costituisce principio generale che, nell’ambito dei contratti pubblici, la revisione opera esclusivamente in fase di esecuzione del contratto, quale rimedio al sopravvenuto squilibrio del sinallagma funzionale, e non nella fase antecedente alla stipula, dove invece le parti possono ancora incidere sul sinallagma in virtù del principio di autonomia negoziale, sia pure nel rispetto delle formalità della gara.

Pertanto, il meccanismo non può essere utilizzato dall’operatore economico aggiudicatario per revisionare i prezzi dallo stesso formulati in sede di offerta, in quanto, “così come nel corso del rapporto contrattuale l’impresa appaltatrice è tutelata, in caso di un esorbitante aumento dei costi del servizio, dall’istituto della revisione del prezzo ovvero dalla possibilità di esperire i rimedi civilistici di risoluzione del vincolo sinallagmatico, nel diverso caso in cui l’evento imprevisto e imprevedibile si verifichi prima della stipulazione del contratto, l’impresa aggiudicataria è tutelata con la possibilità di rifiutare la sottoscrizione del contratto, una volta cessata la vincolatività della propria offerta” (TAR Lombardia, Brescia Sez. I, 10 marzo 2022, n. 239).

RINEGOZIAZIONE PRIMA DELLA STIPULA - EQUILIBRIO CONTRATTUALE - DEVE TRATTARSI DI CIRCOSTANZE STRAORDINARIE E IMPREVEDIBILI (41.13)

ANAC PARERE 2025

Le stazioni appaltanti sono tenute a fare puntuale applicazione dei prezzi correnti alla data di approvazione del progetto. Ai fini di una rinegoziazione prima della stipula del contratto occorre riscontrare circostanze straordinarie ed imprevedibili sopravvenute all’aggiudicazione, estranee al normale ciclo economico e in grado di alterare in maniera rilevante le condizioni di equilibrio originarie.

REVISIONE DEI PREZZI - NON SI PUO' SUBORDINARE L'AUMENTO DEL PREZZO AD UN PROVVEDIMENTO DI UN ENTE TERZO (60)

ANAC PARERE 2025

La finalità della disciplina in tema di revisione dei prezzi risiede nell'evitare che circostanze di natura eccezionale possano alterare l'originario equilibrio contrattuale. Tale finalità non appare rispettata in presenza di una clausola di revisione dei prezzi che subordini l'aumento del prezzo contrattuale ad un provvedimento di un ente terzo, di cui, peraltro, non siano noti i presupposti per l'adozione e che, pertanto, potrebbero non coincidere con quelli normativamente previsti nella contrattualistica pubblica.

La clausola di revisione dei prezzi inserita nel disciplinare di gara non è conforme al disposto dell'art. 60, commi 1, 2 e 3 del Codice, nella misura in cui, per un verso, assoggetta la revisione del prezzo ad un non meglio precisato provvedimento dell'AIFA, il cui presupposto potrebbe non avere alcuna attinenza con la ratio sottesa alla disciplina codicistica della revisione dei prezzi e, dall'altro, impedisce, in relazione ai farmaci di classe C per i quali la legge non prevede che la variazione dei prezzi sia disposta con provvedimento dell'AIFA - che la revisione possa operare.

MODIFICA DEL CONTRATTO D'APPALTO: CCNL - MODIFICHE INTERVENUTE - NO EFFETTO RETROATTIVO (106.1)

TAR LAZIO SENTENZA 2024

Osserva questo collegio che, i rilievi mossi dalla ricorrente in ordine all’attuale insostenibilità dell’offerta impingono all’esecuzione della commessa, in merito alla quale occorrerà assicurare l’adeguamento dei livelli retributivi, ove modificati.

Del resto, a tale adeguamento si dovrebbe far fronte anche qualora il procedimento di gara non avesse subito la stasi prodotta dal contenzioso instaurato innanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera e perciò, una volta avviato il rapporto sulla base dei costi della manodopera stimati, non si fosse posto per via contenziosa la questione riguardante l’obbligo di applicare i nuovi livelli salariali.

Il malinteso presupposto delle censure è, infatti, da riportare al tema del riequilibrio del contratto di appalto, che trova corrispondenza nelle previsioni del codice che consentono la modifica dei corrispettivi.

In particolare, l’art. 106 del d.lgs. 50/2016, evocato dalla ricorrente a fondamento della domanda di annullamento dell’aggiudicazione, stabilisce che i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento ove la necessità di modifica sia determinata da circostanze impreviste o imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice, tra le quali “la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti” (comma 1, lett. c), n. 2).

Indubbiamente, in tale novero vanno ricompresi i contratti collettivi nazionali di lavoro e le disposizioni tecniche che, ove risultino caratterizzate da inderogabilità, sostanzieranno l’attivazione, da parte della stazione appaltante, dei rimedi manutentivi del contratto d’appalto.

... Per inciso, va osservato che il riequilibrio contrattuale costituisce oggi principio espressamente affermato nel nuovo codice dei contratti pubblici (art. 9 del d.lgs. 36/2023).

È, quindi, persuasivo quanto eccepito dall’Amministrazione, ossia che “le modifiche al CCNL che si applica ai lavoratori dipendenti nell’appalto oggetto della presente controversia sono intervenute successivamente alla presentazione delle offerte e alla verifica dell'anomalia, esse non hanno effetto retroattivo sugli obblighi economici dell'impresa rispetto all'offerta già formulata” (cfr. pag. 21 della memoria conclusiva), e ciò nel senso che non possono comportare in modo inopinato e retroattivo l’illegittimità.

Parimenti fondata è l’eccezione opposta per le previsioni tecniche, dovendosi convenire con la tesi della difesa erariale, secondo cui “la gara in questione è stata indetta sulla base della normativa e delle linee guida vigenti al momento della redazione del Capitolato (2017), e la Camera ha rispettato il quadro normativo allora applicabile” (cfr. pag. 24 della memoria conclusiva).

APPLICAZIONE CCNL - PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DELL'EQUILIBRIO CONTRATTUALE (9.2)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2024

La preoccupazione manifestata dalla ricorrente in ordine all’attuale insostenibilità dell’offerta non ha ragion d’essere, essendo i nuovi livelli retributivi “sicuramente applicabili alla futura esecuzione del contratto da affidare” (Cons. Stato, n. 6652/2023, cit.).

Da ciò discende che, da un canto, occorrerà assicurare l’adeguamento dei livelli retributivi e, d’altro canto, la censurata mancanza non si riverbera in vizio dell’aggiudicazione.

Va premesso che all’adeguamento si sarebbe dovuto far fronte anche qualora il procedimento amministrativo non avesse subito la stasi prodotta dal contenzioso instaurato e, avviato il rapporto sulla base dei costi della manodopera stimati, si fosse posto l’obbligo di applicare i nuovi livelli salariali.

Questo aspetto concerne il tema del riequilibrio del contratto di appalto, che trova corrispondenza nelle previsioni del codice che consentono la modifica dei corrispettivi.

In particolare, l’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016 stabilisce che i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento, ove la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste o imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice, tra le quali “la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti” (co. 1, lett. c), n. 2).

È da ritenersi che in quest’ambito vi debbano rientrare i contratti collettivi nazionali di lavoro, in ragione della loro inderogabilità e per la natura che rivestono (dall’art. 2 del d.lgs. n. 40/2006 che, modificando l’art. 360 c.p.c., ammette al n. 3 il ricorso per cassazione per violazione di norme dei contratti accordi collettivi nazionali di lavoro, la dottrina giuslavoristica ne ha finanche desunto la riconducibilità alle fonti di diritto).

In conclusione, la questione prospettata dalla ricorrente rientra tra i rimedi manutentivi del contratto, di tal che non può essere predicata l’illegittimità dell’aggiudicazione.

La giurisprudenza ha evidenziato che, anche prima della stipula del contratto, possa addivenirsi alle modifiche necessitate da particolari circostanze (cfr. TAR Piemonte - sez. II, 20/2/2023 n. 180: “la legislazione in materia di appalti pubblici è sì ispirata al rispetto del principio di tutela della concorrenza e parità di trattamento, ma è anche informata ai criteri di efficacia ed economicità che, in presenza di particolari circostanze, possono condurre alla rinegoziazione delle condizioni contrattuali sia in corso d’esecuzione che prima della stipula del contratto (Cons. Stato, sez. V, 11.04.2022, sent. n. 2709). Costituisce oramai consolidato principio quello secondo il quale l’immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto e le variazioni contrattuali non violano sempre e comunque i principi fondamentali in materia di evidenza pubblica (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14)”).

Per inciso, va osservato che il riequilibrio contrattuale costituisce oggi principio espressamente affermato nel nuovo codice dei contratti pubblici (art. 9 del d.lgs. n. 36/2023).

CONCESSIONARI - APPLICABILE LA REVISIONE PREZZI

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2023

il provvedimento impugnato ha rigettato l’istanza con cui la ricorrente ha chiesto l’applicazione dell’art. 27 del D.L. 17.5.22 n. 50, dettato in materia di “Disposizioni urgenti in materia di concessioni e di affidamenti di lavori”. Secondo quanto affermato nel provvedimento impugnato “il riferimento operato all’art. 27 comma 1 del DL 50/2022 è inconferente, atteso che la norma trova applicazione solo per gli appalti che il concessionario affida a terzi. Ad ogni modo, come stabilito al comma 2 del citato art. 27 del DL 50/2022, i maggiori oneri derivanti dall’aggiornamento del quadro economico o del computo metrico del progetto non concorrono alla determinazione della remunerazione del capitale investito netto né rilevano ai fini della durata della concessione. Ne consegue che le criticità lamentate nella nota che si riscontra, con particolare riguardo all’aumento dei prezzi, dovranno essere risolte alla stregua delle disposizioni della convenzione stipulata “inter partes” e delle norme e dei principi di riferimento applicabili al caso di specie. Quindi è onere del concessionario dimostrare la sussistenza delle condizioni e dei presupposti legittimanti l’eventuale revisione dell’assetto convenzionale. E, a tutt’oggi, codesto Concessionario non ha fornito le analisi ed i dati necessari”.

Osserva il Collegio che, in base a quanto disposto nell’art. 164, c. 5 del D.Lgs. n. 50/16, richiamato dall’art. 27 cit. al fine di individuare i soggetti sottoposti alla sua applicazione, “i concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, per gli appalti di lavori affidati a terzi sono tenuti all’osservanza della presente Parte”.

In primo luogo, il Collegio dà atto che, dal punto di vista meramente letterale, i soggetti individuati da tale norma, sono “i concessionari di lavori pubblici”, e non invece “gli appalti di lavori affidati a terzi”, che rappresentano un’attività posta in essere dagli stessi. Lo stesso art. 27 cit. contiene del resto distinte previsioni applicabili ai “concessionari” (c. 1 e 2), o ai “contratti di appalti di lavori” (c. 2 bis).

Quanto alla ratio insita nell’art. 27 cit., emanato per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei costi sopportati dai concessionari, la stessa esclude che la sua applicazione sia subordinata alle modalità operative di esecuzione dei lavori, discriminando tra coloro li che realizzano in proprio o per il tramite dei propri soci se costituiti in società di progetto, rispetto a chi decida invece di affidarli a terzi.

L’interpretazione sopra evidenziata è peraltro coerente con la disciplina dettata dal nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. 36/2023, che per quanto non applicabile rationae temporis, all’art. 9, introduce il “principio di conservazione dell'equilibrio contrattuale”, stabilendo che “se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all'ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l'equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali”. Come chiarito nella Relazione illustrativa del Consiglio di Stato, con tale disposizione “si è inteso codificare una disciplina generale da applicare per la gestione delle sopravvenienze straordinarie e imprevedibili considerate dalla disposizione, tali da determinare una sostanziale alterazione nell’equilibrio contrattuale, con effetti resi di recente drammaticamente evidenti dalla congiuntura economica e sociale segnata dalla pandemia e dal conflitto in Ucraina”.

Non si vede perché l’intervento economico del concedente debba essere diverso a seconda delle modalità operative scelte dal concessionario per eseguire i lavori, corrispondendo gli aumenti conseguenti all’applicazione dell’art. 27 cit. se quest’ultimo li ha affidati in appalto, o negandoli se li ha invece eseguiti in proprio o tramite i propri soci.