Art. 168. Durata delle concessioni

1. La durata delle concessioni è limitata ed è determinata nel bando di gara dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario. La stessa è commisurata al valore della concessione, nonché alla complessità organizzativa dell'oggetto della stessa.

2. Per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima della concessione non può essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario individuato sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico-finanziario. Gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo comprendono quelli effettivamente sostenuti dal concessionario, sia quelli iniziali sia quelli in corso di concessione. disposizione modificata dal DLgs 56-2017 in vigore dal 20-5-2017

Relazione

L'articolo 169 (Durata delle concessioni) stabilisce che la durata massima delle concessioni deve essere limitata, determinata nel bando di gara dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudi...

Commento

Nell’articolo 168, che recepisce l'articolo 18 della direttiva 2014/23/UE determinando la durata delle concessioni, viene introdotto il principio che la durata delle concessioni è limitata. In parti...
Condividi questo contenuto:

Giurisprudenza e Prassi

CONTROVERSIE - ATTO DI TRANSAZIONE - IMPONE AL CONCESSIONARIO SEMPRE IL RISPETTO DELLA NORMATIVA

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2021

L'Ente pubblico non ha la disponibilità della funzione pubblica esercitata e, in materia, ha il dovere di rispettare le regole di evidenza pubblica e di non disporre dei beni della collettività se non in favore di soggetti selezionati e legittimati in base alla procedura esperita.

Nella fattispecie all’esame, pur in presenza di situazioni di incertezza sulla decorrenza del contratto, il Comune non poteva accordare il riconoscimento di una posizione di favore al contraente privato, a prescindere dalla convenienza che esso può complessivamente ricevere dalla transazione.

Quest’ultima, che, a norma dell’art. 208 del d.lgs. n. 50/2016, concerne le controversie relative a diritti soggettivi, ne presuppone la disponibilità in capo al contraente e l’art. 1966, co. 2, c.c. sancisce con la nullità la transazione attinente a diritti che “per loro natura o per espressa disposizione di legge, sono sottratti alla disponibilità delle parti”.

Allorquando transiga una Pubblica Amministrazione, la stessa non può disporre di supposti diritti facendoli confluire nella regolamentazione negoziale, qualora ciò determini una sottrazione dell’obbligo che essa ha di agire secondo regole pubblicistiche e di operare senza creare posizioni di indebito vantaggio.

La cura dell’interesse pubblico che si esprime attraverso le regole di evidenza pubblica, a garanzia della scelta del miglior contraente, non è negoziabile dalla P.A. (tanto da escludere, se non in eccezionali ipotesi, il ricorso alla trattativa privata) e non è di conseguenza transigibile (accordando ingresso a pretese dell’attuale contraente che sovvertano quelle regole).

Tale modus operandi è espressione di un principio immanente nell’ordinamento pubblicistico, già affermato nella risalente giurisprudenza amministrativa e sempre applicabile.

In fattispecie analoga alla presente (ad oggetto l’impugnazione di una delibera e del connesso accordo-transazione), con sentenza n. 1279 del 2002 della sez. IV di questo Tribunale è stato statuito che:

- “attraverso la concessione di beni pubblici viene attribuita al privato la possibilità di utilizzare a proprio vantaggio un bene che per sua natura è oggetto di godimento collettivo, determinando in suo favore una situazione di privilegio nello sfruttamento delle utilità di quel bene con la contemporanea limitazione del godimento della collettività o di altro singolo aspirante a quella utilità”;

- “l’attribuzione ad un singolo di quella utilità avviene attraverso provvedimenti amministrativi e non attraverso negozi di diritto privato, garantendo così che la scelta di chi acquisisce la posizione di vantaggio avvenga con il rispetto delle regole di un corretto esercizio dell’azione amministrativa sancite dall’art. 97 della Costituzione”;

- “si è affermato che non solo le concessioni devono essere precedute da una scelta del concessionario attraverso procedure di evidenza pubblica ma anche che tali concessioni, una volta venute a scadenza, richiedono per il rinnovo un procedimento autonomo di scelta del concessionario che deve essere basato egualmente su procedure concorsuali le quali non possono essere derogate a favore del precedente concessionario rispetto al quale non possono riconoscersi posizioni giuridiche di privilegio”;

“Ora, pur volendo considerare le ragioni che hanno indotto l’amministrazione comunale a scegliere la soluzione adottata, si deve, comunque, sottolineare che la necessità di far ricorso ad una procedura di evidenza pubblica per l’assegnazione in concessione di aree pubbliche non poteva essere derogata attraverso accordi di natura transattiva non vertendosi in materia di diritti disponibili dell’amministrazione che sono gli unici che possono essere oggetto di transazione. Infatti, ai sensi dell'art. 1966 c.c., per transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della lite, mentre non può considerarsi possibile la transazione se tali diritti, per espressa disposizione di legge o per la loro natura, sono sottratti alla loro disponibilità (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 405 del 5.6.1995, TAR Veneto, n. 2334 del 28.11.1998). E nella fattispecie il Comune non ha disposto di un proprio diritto disponibile ma di un proprio dovere al corretto esercizio di una pubblica funzione”.

La pronuncia è stata confermata da Cons. Stato, sez. VI, con decisione n. 5365 del 2004, ulteriormente precisando che:

- “è ovvio che l’amministrazione , nell’usare del diritto privato, ad es. nel concludere transazioni, non si trova nella stessa posizione del privato che può disporre liberamente del suo patrimonio, me deve rispettare le regole del diritto pubblico;

- “la necessità delle procedure di evidenza pubblica per il rilascio delle concessioni, principio generale direttamente enunciato più volte dalla giurisprudenza in considerazione della nota evoluzione del diritto comunitario (comunicazione dell’aprile 2000 su appalti e concessioni) e del diritto interno (art. 12 della l. n. 241/1990), non può soffrire deroghe, anche in virtù della rilevanza degli interessi pubblici protetti dalla procedura di selezione, in considerazione della semplice esistenza di una lite”.

Nell’attuale quadro normativo, si è detto che l’art. 168, co. 1, del d.lgs. n. 50/2016 fissa la regola della limitatezza nel tempo delle concessioni, mentre il successivo art. 175 definisce compiutamente i casi in cui è ammessa la modifica dei contratti durante il periodo di efficacia (previsione iniziale di tale possibilità; lavori o servizi supplementari necessari e non inclusi; ricorrenza contestuale di determinate condizioni; sostituzione del concessionario; assunzione da parte della stazione appaltante degli obblighi nei confronti del subappaltatore).

Con norma di chiusura è stabilito al co. 8 in maniera espressa che: “Una nuova procedura di aggiudicazione di una concessione è richiesta per modifiche delle condizioni di una concessione durante il periodo della sua efficacia diverse da quelle previste ai commi 1 e 4”.

Nella fattispecie all’esame, è riscontrabile che si sia adottata una modifica sostanziale dei contratti, protraendone la scadenza ben oltre la loro fisiologica durata (atteso che trattasi di contratti del 2002 con termine di 9 anni).

La circostanza che non si era stabilita e non si potrebbe ora fissare la decorrenza del rapporto (in quanto non erano stati collaudati gli impianti) non giustifica il rimedio attuato.

Siffatto fattore non ha una rilevanza oggettiva ma è piuttosto ascrivibile ad una o a entrambe le parti l’omesso compimento dell’attività materiale di collaudo, che intuitivamente avrebbe dovuto da lungo tempo essere effettuata (a tal riguardo, va rilevato che l’art. 175 cit. ammette la modifica del contratto di concessione se la sua necessità “derivi da circostanze che una stazione appaltante non ha potuto prevedere utilizzando l'ordinaria diligenza”; ipotesi che non ricorre nella specie, trattandosi di omissione che denota al contrario, piuttosto, una scarsa diligenza).



CONCESSIONI ULTRAQUINQUENNALI – PROROGA (168)

TAR ABRUZZO AQ SENTENZA 2019

L’art. 168, comma 2, del d.lgs 50 del 2016 dispone quanto segue: per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima della concessione non può essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario individuato sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico-finanziario. Gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo comprendono quelli effettivamente sostenuti dal concessionario, sia quelli iniziali sia quelli in corso di concessione. La norma, che consente la proroga delle concessioni per il periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario, trova applicazione solo per le concessioni ultraquinquennali e quindi non può trovare applicazione nel caso di specie, posto che l’originario contratto di concessione aveva durata quadriennale.

In ogni caso, pur volendo accedere ad una diversa e più estensiva interpretazione della norma, il periodo di proroga della concessione deve comunque rispondere ad un criterio di ragionevolezza. Criterio quest’ultimo che il Collegio non ritiene rispettato, considerato che il periodo di proroga del contratto di concessione ha avuto una durata (7 anni) quasi doppia rispetto alla durata del contratto originario. Il Comune ha pertanto accordato alla società un amplissimo lasso temporale, che ben avrebbe potuto essere sfruttato dalla stessa per raggiungere l’equilibrio economico finanziario e superare quindi la situazione debitoria.

CONCESSIONE DI BENI IMMOBILI DI PROPRIETÀ DEL COMUNE – RINNOVO - DEROGA ALLE PROCEDURE A EVIDENZA PUBBLICA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

Il principio di evidenza pubblica è suscettibile di eccezionale deroga (come riconosce anche l’ANAC nel parere reso in merito alla vicenda oggetto del giudizio) in presenza di esigenze imperative connesse alla tutela di un interesse generale: queste figure di preminente interesse generale, di matrice comunitaria (e ora trasposte al nel nuovo Codice degli appalti pubblici del 2016) consentono, per un’esigenza stimata in sé superiore, di derogare al principio della gara perché si riferiscono ad interessi prioritari che prevalgono sulle esigenze stesse che sono a base della garanzia di concorrenza.

È pacifico che fra le ipotesi di deroga possa rientrare anche la salvaguardia del patrimonio culturale e in genere dell’interesse storico-culturale (cfr. per tutti il Considerando 40 e l’art. 4 della direttiva 2006/123/CE e conseguente art. 8 l. 26 marzo 2010, n. 59), nel quale per sua natura rientra il profilo storico-identitario, quand’anche su supporto commerciale: sia come valore culturale in sé, dunque indipendentemente dalla considerazione economica; sia anche come qualificatore e attrattore turistico del contesto, e dunque come apprezzabile elemento di valorizzazione dell’immateriale economico dell’intero ambiente circostante: nel caso, dell’intera galleria Vittorio Emanuele II, essendo – a voler considerare i soli aspetti di mercato - patente il deprezzamento che si irradierebbe anche sui restanti locali a causa del venir meno di siffatti storici attrattori.

Nel caso di specie, viene in particolare in rilievo la tutela della tradizione storico-culturale di una città, la quale si realizza anche attraverso la salvaguardia e la conservazione dei c.d. locali storici, ovvero di quegli esercizi commerciali che, oltre a qualificare spesso in maniera determinante il tessuto urbano del centro cittadino, costituiscono un importante elemento di memoria e connotazione storica ed una preziosa testimonianza di tradizione e cultura.

Pareri tratti da fonti ufficiali

QUESITO del 27/08/2021 - CONCESSIONE DI SERVIZI A TITOLO NON ONEROSO PER LA PA DI DURATA QUINQUENNALE PER LA GESTIONE DI BOUVETTE E MULTISERVIZI.

<p>Si chiede se i medesimi ragionamenti di cui al parere n. 945, col relativo nulla osta all’espletamento di gare quinquennali, possano essere applicati anche alle ricerche di mercato effettuate per la concessione di servizi, sempre a titolo non oneroso per l’amministrazione, quali la gestione di bar/bouvette e/o pizzerie oppure di strutture molto più complesse ed articolate che necessitano di una gestione multiservizi. Nello specifico, nell’ambito di quest’ultima tipologia, si dovrebbe poter garantire, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo: il servizio di reception, la gestione di foresteria con pensione completa e ½ pensione, la ristorazione con servizio al tavolo e/o self service, la gestione di attrezzature da spiaggia, ulteriori servizi ausiliari a vario titolo necessari. Una gara quinquennale, rispetto alla triennale indicata in alcune disposizioni interne probabilmente superate dal D.lgs. 50/2016 e smi, oltre ai vantaggi già analizzati nel predetto parere parrebbe, ai sensi dell’art. 168 co. 2 del nuovo Codice, essere oggetto in una modalità d’affidamento meno complessa, in ragione del mancato obbligo di presentazione del piano economico-finanziario da parte degli operatori economici partecipanti. Ten. Col. Filippo STIVANI.</p>


CONCESSIONARIO: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. q) del Codice: un operatore economico cui è stata affidata o aggiudicata una concessione;
LAVORI: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. nn) del Codice: di cui all'allegato I, le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione urbanistica ed edilizia, sostituzione, restauro, manutenzione di opere;