Art. 22 (Definizioni e princípi in materia di accesso)

1. Ai fini del presente capo si intende:

a) per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi;

b) per "interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale é chiesto l'accesso;

c) per "controinteressati", tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza;

d) per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale;

e) per "pubblica amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.

2. L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza. comma così sostituito dalla Legge 69/2009 in vigore dal 04/07/2009

3. Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6.

4. Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono.

5. L'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell'articolo 43, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale.

6. Il diritto di accesso é esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere
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Giurisprudenza e Prassi

ACCESSO ATTI - RICHIESTA GENERALIZZATA ED ESPLORATIVA – INAMMISSIBILE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

L’esercizio del diritto di accesso costituisce , rispetto ai diritti di informazione riconosciuti per legge al sindacato, uno strumento del tutto autonomo, ma è per converso legittimato dallo stesso tipo di interesse e dalla stessa ratio che sostiene le norme del diritto di informazione. L’esistenza di queste dimostra in modo tangibile che i dati in materia non corrispondono ad interessi di singoli, ma ad un interesse tipicamente collettivo, in quanto riguardano la verifica della osservanza di criteri oggettivi attraverso il confronto di una pluralità di casi e l’esame di singole situazioni anomale alle luce dei criteri fissati. Si tratta quindi di un interesse specifico e proprio del sindacato, del tutto distinto da quello che i singoli associati potrebbero far valere. Non solo, ma questo interesse va oltre quello dei propri associati: un sindacato non solo tutela i propri iscritti, ma anche quelli dei non iscritti e tende ad accrescere la sua forza agendo per acquisire nuovi iscritti e maggiore rappresentatività” (Cons. Stato, sez. III, 2559/2012, cit.).

Ciò posto la circostanza che nel caso di specie il sindacato richiedente l’accesso non sia rappresentativo non incide affatto sulla sua legittimazione (nonché sulla sua astratta titolarità dell’interesse) ad agire, giacché proprio attraverso l’esercizio del diritto di accesso può acquisire quegli atti e documenti che gli sarebbe precluso conoscere – anche per intero – per effetto dei diritti di informazione derivanti dagli accordi sindacali in materia; infatti la richiesta di accesso ha carattere accessorio e complementare rispetto ai diritti di informazione, differenziandosene solo per il contenuto (e la forma).

Inoltre la distinzione tra sindacati rappresentativi e non rappresentativi è rilevante ai fini della partecipazione alle trattative e alla conclusione degli accordi sindacali, ma non può incidere sulla diversa e autonoma disciplina del diritto di accesso di cui alla legge n. 241 del 1990.

Secondo la giurisprudenza richiamata in precedenza il carattere propriamente collettivo e sindacale della richiesta di accesso non è sufficiente da solo a radicare un interesse valido e giuridicamente rilevante in capo al sindacato richiedente se la richiesta configura una forma di controllo generalizzato sulla pubblica amministrazione, quest’ultima costituendo un limite all’accesso espressamente stabilito dall’art. 24 della legge n. 241 del 1990; l’accesso a determinati documenti richiede infatti che sussista un interesse diretto a tutelare specifici interessi che debbono essere indicati preventivamente secondo quanto richiesto dall’art. 22 l. 241/1990.


DIRITTO DI ACCESSO - PRESUPPONE CHE LA DOCUMENTAZIONE DI CUI SI CHIEDE L'OSTENSIONE SIA IN POSSESSO DELLA P.A.

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Deve, invero, tenersi per fermo, in premessa che il diritto di accesso trova un limite (che è ad un tempo di ordine materiale e di ordine giuridico) nella disponibilità che l’Amministrazione abbia della documentazione di cui si chiede l’ostensione.

Come esattamente ribadito dal primo giudice, la possibilità di acquisire (anche tramite visione od estrazione di copia) i documenti postula la materiale detenzione dell'Amministrazione cui è rivolta l'istanza (e ciò sia allorché alla stessa sia giuridicamente imputabile la relativa formazione, sia – ancor più – allorché, come nella specie, la stessa sia stata destinataria del relativo trasferimento).

Siffatto presupposto va acquisito in termini di fatto costitutivo della pretesa ostensiva, sicché – giusta l’ordinaria cadenza dell’onere probatorio: cfr. art. 2697 c.c. – la sua (allegazione e) dimostrazione grava sulla parte che intenda far valere il diritto, la quale può, beninteso, assolvervi anche attraverso presunzioni ovvero in via indiziaria. Deve, in altri termini, negarsi che, sotto un profilo formale, sia l’indisponibilità del documento a concretare fatto impeditivo (la cui dimostrazione graverebbe, assecondando le premesse dell’appellante, sulla parte resistente): e ciò se non altro perché, come intuito dal primo giudice, il fatto costitutivo è, in via di principio e salvo giustificate ragioni, di ordine positivo e non negativo (nel che sta, in fondo, il vero e bene inteso fondamento del canone secondo cui negativa non sunt probanda).

D’altra parte – sotto un convergente profilo sostanziale – è anche esatto che, sempre in via di principio, ad impossibilia nemo tenetur: sicché, in assenza di prova della effettiva esistenza e disponibilità della documentazione richiesta, non è possibile erogare una ingiunzione alla relativa ostensione, che risulterebbe per definizione (cioè: ex ante ed in abstracto) insuscettibile di essere eseguita.

ACCESSO DOCUMENTALE E ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO – APPLICAZIONE ALLE SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA LIMITAZIONE ALLE ATTIVITÀ DI PUBBLICO INTERESSE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Per quanto qui di rilievo, i soggetti di natura privatistica soggiacciono all’applicazione del relativo regime «limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario» (art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241 del 1990).

Nella specie, l’appellante non contesta in tale frangente (e salvo quanto infra, nell’ambito del secondo motivo di gravame) che la U. Fiere vada considerata ai fini del regime sull’accesso documentale alla stregua di soggetto di diritto privato, e tuttavia ritiene - ai medesimi fini - che i documenti richiesti con l’istanza d’accesso non siano estranei all’attività di pubblico interesse esercitata dalla detta società, e che gli interessi a tal fine fatti valere dalla ricorrente siano anch’essi di portato pubblicistico.

Il che non è condivisibile.

I documenti oggetto d’istanza d’accesso consistono infatti, da un lato in atti degli organi sociali inerenti all’approvazione di bilanci (cfr. istanza d’accesso, sub n. 1), in documenti strategici e operativi (n. 4), in atti relativi all’attivazione di procedure per l’alienazione dei propri immobili e compendi immobiliari (n. 5 e 7), nonché all’alienazione di proprie partecipazioni in altra società e relativo immobile (n. 6); dall’altro nella documentazione “relativa all’attività compiuta da U. Fiere a fronte della dismissione delle quote di partecipazione da parte della Camera di Commercio Venezia Giulia, del Comune di (...) e al fine di liquidarne le quote” (n. 2) e nella documentazione “relativa all’attività di due diligence di natura contabile e finanziaria condotta da U. e conclusa a settembre 2020” (n. 3).

Si tratta a ben vedere di documenti che esulano, in sé, dall’attività d’interesse pubblico svolta dalla U. Fiere, riconducibile alla “organizzazione, la coordinazione e la gestione dei sistemi fieristici, espositivi, congressuali e dei servizi rivolti alla promozione e alla commercializzazione […] di beni e servizi e l’attuazione di ogni altra manifestazione di carattere economico, culturale, turistico e sportivo che possa utilmente collegarsi con l’attività fieristica”, in una prospettiva “finalizzata ad incentivare e promuovere le economie locali e valorizzare i relativi sistemi produttivi nel quadro regionale e nazionale, con particolare riguardo ai settori che caratterizzano l’economia friulana e regionale, e nel quadro estero, a quelli dell’Europa centrale ed orientale” (cfr. l’oggetto sociale desumibile dallo statuto, in atti, sub art. 4).

Ai sensi dell’art. 2-bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013 le società a partecipazione pubblica soggiacciono, in quanto compatibile, al regime dell’accesso civico generalizzato «limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea».

Col secondo motivo la C. si duole del rigetto del ricorso nella parte relativa all’istanza d’accesso civico, rigetto fondato sull’erroneo presupposto che la documentazione richiesta fosse estranea alle attività d’interesse pubblico,

La nozione, sovrapponibile a quella di cui al citato art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241 del 1990, fa sì che debba concludersi anche rispetto a tale diverso titolo d’accesso per la legittimità del diniego opposto, stante la non riconducibilità dei documenti richiesti (e degli stessi interessi spesi) dall’istante ad «attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea».

Né vale il richiamare il comma 2 della medesima disposizione, che stabilisce l’assoggettamento integrale al regime di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013 per le «società in controllo pubblico come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175» (analogamente, cfr. l’art. 22 d.lgs. n. 175 del 2016, che a sua volta si richiama al d.lgs. n. 33 del 2013 in ordine alla trasparenza): presupposto applicativo della norma è infatti la sussistenza di un controllo pubblico ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 175 del 2016, che si ha in capo alle «società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b)», a loro volta ricondotti alla «situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile» (salva la precisazione che «Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo»).

ACCESSO DIFENSIVO - PRESUPPOSTI E NORMATIVA DI RIFERIMENTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Deduce l’appellante, al riguardo, come l’amministrazione non indichi nella specie alcuna «motivata e comprovata» ragione di riservatezza della controinteressata ex art. 53, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016 tale da consentire di limitare l’accesso, che deve peraltro essere comunque concesso sulle restanti informazioni non inerenti il know-how.

D’altra parte, va esclusa la sussistenza di ragioni riservatezza anche in considerazione del fatto che il progetto esecutivo è ormai entrato nel patrimonio della Fer, e del resto - per poter essere legittimamente approvato - dovrebbe consistere nella mera ingegnerizzazione del progetto definitivo posto a base di gara.

Al riguardo, le esigenze di riservatezza sono solo genericamente richiamate dall’amministrazione, e in ogni caso dovevano essere ostesi i documenti non coperti da tali esigenze, e comunque quelli inerenti alla validazione e approvazione del progetto, in quanto veri e propri atti amministrativi.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono parzialmente fondati, nei termini e per le ragioni che seguono.

È pacifico tra le parti, ed emerge chiaramente dalla documentazione in atti, come l’istanza d’accesso controversa sia stata formulata dalla S. ai sensi degli artt. 22 ss. l. n. 241 del 1990, e in tale prospettiva è stato proposto il corrispondente ricorso in primo grado; di ciò dà conto peraltro la stessa S. con il ricorso in appello, che in relazione alla successiva istanza (anche) “di accesso civico generalizzato” si limita a rappresentare come essa risulti allo stato “ancora inevasa”.

Per questo le doglianze formulate vanno esaminate, coerentemente con la causa petendi fatta valere, nella prospettiva dell’accesso documentale di cui alla disciplina ex art. 22 ss. l. n. 241 del 1990, applicabile peraltro anche per le procedure evidenziali (cfr. il richiamo previsto dall’art. 13 d.lgs. n. 163 del 2006, e oggi dall’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016), pur con i profili di specialità del relativo regime (cfr. gli artt. 13 d.lgs. n. 163 del 2006 e 53 d.lgs. n. 50 del 2016, cit.; riguardo alla necessità di esaminare l’istanza di accesso, in sede amministrativa e giudiziale, in termini coerenti con il modello generale di accesso eventualmente esplicitato e fatto valere dall’interessato, Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10).

Nella specie, l’appellante riveste la posizione di aggiudicataria che s’è vista risolvere il contratto d’appalto stipulato, e (anzitutto) in funzione della corrispondente controversia di merito - intesa ad accertare l’illegittimità di tale risoluzione e le responsabilità dell’amministrazione - formula l’istanza d’accesso, indirizzata in termini specifici all’acquisizione degli elaborati di progettazione esecutiva predisposti dal Rti controinteressato e ai corrispondenti atti amministrativi e tecnici adottati dalla Fer nell’iter di relativa approvazione.

Per questo, detto accesso persegue un interesse di carattere difensivo, correlato e funzionale alla vicenda contenziosa nei confronti della stazione appaltante in ordine alla responsabilità per l’intervenuta risoluzione contrattuale (cfr. la stessa istanza d’accesso, in cui si rappresenta che la S. “ha un particolare interesse all’ottenimento della […] documentazione ai fini della difesa in giudizio”, a fronte del suddetto procedimento di Atp, e “ai fini della proposizione dell’instaurando giudizio a cognizione piena”). La S. fa valere in specie la cd. “logica difensiva” dell’accesso (Cons. Stato, Ad. plen., 25 settembre 2020, n. 19, 20 e 21), che la legge correla a una precipua forma d’accesso (anche sul piano probatorio) ai sensi dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990 - e, in materia di contratti pubblici, ex art. 13, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006 (oggi art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016) che ne rappresenta una speciale declinazione - qual è quello del cd. “accesso difensivo” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 19-21 del 2020, cit.; V, 3 maggio 2021, n. 3459; per le distinzioni, cfr. anche Id., VI, 8 febbraio 2021, n. 1154).

A tal riguardo, come chiarito dalla giurisprudenza, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, con le citate sentenze n. 19, 20 e 21 del 2020 ha precisato che l’accesso difensivo è consentito, in prospettiva generale, a condizione che la parte dimostri:

“a) la necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento in presenza di un ‘nesso di strumentalità’ tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’ da accertare mediante giudizio prognostico ex ante, nel senso che il documento richiesto è stimato necessario ad acquisire elementi di prova in ordine ai fatti - principali e secondari - integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica ‘finale’ controversa e delle pretese astrattamente azionabili in giudizio; in relazione a tale condizione l’Adunanza plenaria ha ulteriormente aggiunto che:

a1) è richiesto che la situazione soggettiva ‘finale’, direttamente riferibile al richiedente, sia ‘concretamente e obiettivamente incerta e controversa tra le parti’, per essere in corso una ‘crisi di cooperazione’, quanto meno da pretesa contestata, non essendo sufficiente un’incertezza meramente ipotetica e subiettiva, anche se non sia ancora pendente un processo in sede giurisdizionale;

a2) al fine di verificare la corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) [di] cui la stessa fattispecie si compone l’interprete è tenuto a operare, ‘in termini di pratica sussunzione’, il raffronto tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale;

a3) il giudizio sull’interesse legittimante è ancorato inoltre ai canoni della ‘immediatezza’, ‘concretezza’ e ‘attualità’ (secondo l’indicazione dell’art. 22, comma 1, lett. d) l. n. 241 del 1990);

che, inoltre, l’istante dimostri:

b) la corrispondenza, mediante la quale è circoscritto l’interesse all’accesso agli atti solo ad una situazione giuridicamente tutelata;

c) il collegamento, nel senso che il legislatore richiede non solo che la situazione legittimante l’accesso sia corrispondente al contenuto di un astratto paradigma legale, ma sia anche collegata al documento in modo da evidenziare in maniera diretta ed univoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento, ‘e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite’” (Cons. Stato, n. 3459 del 2021, cit.; cfr. anche Cons. Stato, Ad. plen., 18 marzo 2021, n. 4).

Al contempo, una volta accertati i presupposti dell’accesso difensivo nei termini suindicati - e, anzitutto, nella prospettiva della necessità o stretta indispensabilità (quest’ultima in caso di «dati sensibili o giudiziari», ex art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, ovvero di «segreti tecnici o commerciali», ex art. 13, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006 e art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016) del documento a fini difensivi, a fronte del suo collegamento alla situazione finale evocata - all’amministrazione e al giudice non è demandata “alcuna ultronea valutazione sulla influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione o allo stesso giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 4 del 2021, cit.).

Ai fini dell’accesso difensivo, infatti, accertato il suindicato presupposto della necessità (e salvo il regime delle riservatezze e del correlato canone della stretta indispensabilità, su cui cfr. anche infra, sub § 3.3.3) non rileva il profilo della utilità finale che il documento potrebbe avere in sede giurisdizionale, né l’esistenza di altri strumenti eventualmente utilizzabili allo stesso fine: in tale prospettiva, non spetta al giudice o all’amministrazione effettuare alcuna prognosi sulla misura dell’apporto probatorio al giudizio della documentazione richiesta né, ancor più, vagliare la (eventuale) fondatezza dell’azione proposta nella diversa sede giudiziale, o anche la sua stessa ammissibilità (cfr. Cons. Stato, II, 27 luglio 2021, n. 5589; Id., V, n. 3459 del 2021, cit.; V, 8 aprile 2021, n. 2827; 27 giugno 2018, n. 3953 e richiami ivi).

Facendo applicazione dei suesposti principi al caso di specie risulta la parziale fondatezza delle domande dell’appellante.



ACCESSO A PARERE LEGALE - LIMITATAMENTE AL QUESITO INTERPRETATIVO (53.5.b)

TAR VENETO SENTENZA 2021

La giurisprudenza costante del giudice amministrativo, con riferimento alla richiesta di accesso dei pareri legali, ne riconosce l’ostensione in accoglimento dell’istanza d’accesso quando tale parere ha una funzione endoprocedimentale ed è quindi correlato ad un procedimento amministrativo che si conclude con un provvedimento ad esso collegato anche solo in termini sostanziali e, quindi, pur in assenza di un richiamo formale ad esso (Cons. St., ord., sez. VI, 24 agosto 2011, n. 4798); nega invece l’accesso quando il parere viene espresso al fine di definire una strategia una volta insorto un determinato contenzioso, ovvero una volta iniziate situazioni potenzialmente idonee a sfociare in un giudizio (Cons. St., sez. V, 5 maggio 2016, n. 1761; id., sez. VI, 13 ottobre 2003, n. 6200).

Ai sensi dell’art. 24 della L. n. 241 del 1990, possono essere sottratti all’accesso, in virtù del segreto professionale e dell’esigenza di tutelare la riservatezza nei rapporti tra difensore e parte interessata, i pareri legali resi in relazione ad una lite potenziale o in atto, la inerente corrispondenza e gli atti defensionali. Tale regola, che ha una portata generale per tutti gli enti pubblici, risponde alla necessità di salvaguardia della strategia processuale della parte, che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto, e tanto meno al proprio contraddittore attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare in giudizio le pretese avversarie (cfr. sul punto: Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003 n. 6200; Id., sez. V, 23 giugno 2008 n. 3119).

Nel caso in esame, l’accesso dovrà essere consentito quantomeno per la parte della richiesta di parere contenente il quesito interpretativo posto all’Avvocatura regionale ed i suoi presupposti logico-giuridici e di fatto. L’accesso, inoltre, dovrà essere consentito anche al parere dell’Avvocatura regionale, quantomeno nella parte in cui è esposta la soluzione al quesito interpretativo e l’iter logico-giuridico seguito per pervenire alla soluzione interpretativa adottata, atteso che, essendo stato espressamente richiesto e fatto proprio dalla Regione, esso ha assunto sicura rilevanza nell’iter procedimentale.

Le parti dei documenti in questione che, eventualmente, siano idonee a rivelare valutazioni relative alla strategia difensiva da adottare nell’ambito del contenzioso in atto o in potenziali contenziosi inerenti alla fattispecie, potrà essere sottratta all’accesso, attraverso l’impiego di opportuni accorgimenti (stralcio, omissis ecc.) atti a garantire il diritto di difesa dell’Amministrazione, accompagnati dalla attestazione da parte del responsabile del procedimento che le parti omesse o stralciate contengono effettivamente valutazioni di carattere difensivo.


APPALTI PUBBLICI - COLLEGAMENTO TRA IL DOCUMENTO RICHIESTO E LE ESIGENZE DIFENSIVE - LIMITI DELL'ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2021

Il Collegio osserva che l’articolo 22, comma 1, lettera b), della legge 7 agosto 1990, n. 241 stabilisce che, al fine di ottenere l’accesso a un atto o a un documento amministrativo, sia necessario dimostrare la sussistenza di “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”.

Essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è una condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi «diretto, concreto e attuale», essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento (Cons. Stato Ad. Plen. 24 aprile 2012, n. 7). La posizione sostanziale è la causa e il presupposto dell’accesso documentale e non la sua conseguenza, e la sua esistenza non può quindi essere costruita sulle risultanze, eventuali, dell’accesso documentale.

Più specificamente in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 non può considerarsi sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare (Ad. Plen. n. 4/2021).

In caso di evidente mancanza di collegamento tra il documento richiesto e le esigenze difensive è legittimo il diniego di accesso, in quanto, in tale ipotesi, il relativo esercizio si presenta pretestuoso o temerario per radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla L. 241/1990 (Ad. Plen. n. 4/2021 cit.).

Laddove l’interesse dell’istante non corrisponda ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento richiesto, la domanda di accesso si tradurrebbe in un’istanza espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull’attività, pubblicistica o privatistica, dell’Amministrazione (cfr. art. 24 comma 4 L. 241/1990).

Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, non sussista “collegamento” tra la documentazione richiesta e la posizione giuridica della ricorrente.

Il Collegio osserva che l’articolo 22, comma 1, lettera b), della legge 7 agosto 1990, n. 241 stabilisce che, al fine di ottenere l’accesso a un atto o a un documento amministrativo, sia necessario dimostrare la sussistenza di “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”.

Essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è una condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi «diretto, concreto e attuale», essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento (Cons. Stato Ad. Plen. 24 aprile 2012, n. 7). La posizione sostanziale è la causa e il presupposto dell’accesso documentale e non la sua conseguenza, e la sua esistenza non può quindi essere costruita sulle risultanze, eventuali, dell’accesso documentale.

Più specificamente in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 non può considerarsi sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare (Ad. Plen. n. 4/2021).

In caso di evidente mancanza di collegamento tra il documento richiesto e le esigenze difensive è legittimo il diniego di accesso, in quanto, in tale ipotesi, il relativo esercizio si presenta pretestuoso o temerario per radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla L. 241/1990 (Ad. Plen. n. 4/2021 cit.).

Laddove l’interesse dell’istante non corrisponda ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento richiesto, la domanda di accesso si tradurrebbe in un’istanza espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull’attività, pubblicistica o privatistica, dell’Amministrazione (cfr. art. 24 comma 4 L. 241/1990).

Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, non sussista “collegamento” tra la documentazione richiesta e la posizione giuridica della ricorrente.


IPOTETICO INADEMPIMENTO CONTRATTUALE - RICHIESTA ACCESSO GENERICA - SENZA PROVE CONCRETE - NON AMMESSA (53)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

L’istanza di accesso è stata formulata in modo ampio, fondata sui tre riferimenti normativi dell’istituto, ovvero l’accesso documentale ex art. 22 della l. 241/1990, l’accesso civico generalizzato di cui all’art. 5 del D.lgs 33 del 2013 e infine l’art. 53 del codice degli appalti.

La giurisprudenza di questo Consiglio è consolidata e uniforme nell'ammettere il concorso degli accessi, al di là della specifica questione qui controversa circa la loro coesistenza in rapporto alla specifica materia dei contratti pubblici: "nulla infatti, nell'ordinamento, preclude il cumulo anche contestuale di differenti istanze di accesso" (v., sul punto, A.P. 10/2020, Cons. St., sez. V, 2 agosto 2019, n. 5503).

Di conseguenza, l’interprete deve applicare e valutare regole e limiti differenti (Cons. St. sez. V, 2 agosto 2019, n. 5503).

Pertanto, anche nel caso in esame, occorre verificare la legittimazione sotto i diversi profili e presupposti delle tipologie di accesso.

3.2. - A giustificazione della richiesta l’istante riferiva che “risulterebbero essersi verificate alcune mancanze nella gestione del servizio le quali, laddove confermate, porterebbero alla risoluzione del contratto in essere con Serenissima Ristorazione S.p.A. e, di conseguenza, allo scorrimento della graduatoria ovvero alla riedizione della gara”.

Come ha chiarito la stessa Adunanza Plenaria n. 10 del 2.4.2020 (cui fa riferimento l’istante già nella domanda di accesso) non è discutibile che sia ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell'art. 22, l. n. 241 del 1990 e dell’art. 53 del codice degli appalti e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell'aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una “generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale”.

Nel caso in esame, la dichiarata finalità di verificare se l'esecuzione del contratto si stia svolgendo nel rispetto delle regole di gara e dell’offerta presentata dall'aggiudicataria appare disvelare appunto una “generica volontà” di indurre l’Amministrazione a verificare il corretto svolgimento del rapporto in essere con l’aggiudicataria, non sorretta da specifici elementi concreti e anzi formulata “al buio”.

Sembra evidente il carattere meramente eventuale dell’interesse correlato all’esercizio dell’accesso, e della motivazione che lo sorregge; mentre, al contrario, alla luce delle norme sull’accesso documentale, l’interesse deve essere attuale, concreto e collegato ad atti determinati e sicuramente rilevanti per la tutela di una situazione giuridica perché possa fondare una situazione legittimante.

Nella specie, invece, l’interesse palesato rasenta la pretestuosità.

L’Amministrazione che ha esaminato l’istanza alla luce dell’art. 53 del D.lgs. n. 50/2016, correttamente ha ritenuto non sussistenti i presupposti per l’accesso in quanto non sussistenti “gravi inadempimenti tali da giustificare la risoluzione unilaterale del contratto.”.

4. - Il diniego, ancorchè riferito alla speciale normativa sull’accesso disciplinata dal codice dei contratti pubblici, appare indenne da censura anche tenuto conto della disciplina dell’accesso civico generalizzato.

La stessa Adunanza Plenaria n. 10/2020 ha chiarito che “la disciplina dell'accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all'art. 53 del D.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara ed, in particolare, all'esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l'eccezione del comma 3 dell'art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013, che non esenta in toto la materia dall'accesso civico generalizzato.

Tuttavia, afferma l’A.P. n. 10/2020 che “resta ferma la verifica della compatibilità dell'accesso con le eccezioni relative di cui all'art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.”.

Se esiste, in altri termini, l’interesse ad una conoscenza diffusa dei cittadini nell'esecuzione dei contratti pubblici, volta a sollecitare penetranti controlli da parte delle autorità preposte a prevenire e a sanzionare l'inefficienza, la corruzione o fenomeni di cattiva amministrazione e l'adempimento delle prestazioni dell'appaltatore deve rispecchiare l’esito di un corretto confronto in sede di gara, a maggior ragione gli operatori economici, che abbiano partecipato alla gara, sono interessati a conoscere illegittimità o inadempimenti manifestatisi dalla fase di approvazione del contratto sino alla sua completa esecuzione, non solo per far valere vizi originari dell'offerta nel giudizio promosso contro l'aggiudicazione (Cons. St., sez. V, 25 febbraio 2009, n. 1115), ma anche con riferimento alla sua esecuzione, per potere, una volta risolto il rapporto con l'aggiudicatario, subentrare nel contratto od ottenere la riedizione della gara con chance di aggiudicarsela.



ACCESSO AGLI ATTI IN FASE DI ESECUZIONE POST STIPULA CONTRATTUALE - AMMESSO (53)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

La controversia verte sulla possibilità, sulle modalità e sui limiti dell’accesso documentale agli atti di gara, relativamente alla fase esecutiva successiva alla stipula del contratto, richiesto dall’operatore economico concorrente che non abbia inteso impugnarne gli esiti attraverso l’impugnazione dell’aggiudicazione, rivendicando il mero interesse strumentale alla verifica di potenziali condizioni di risoluzione del vincolo negoziale, idonee a legittimare l’eventuale rinnovo della procedura.

Sulla questione, si è pronunziata l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, con la sentenza 2 aprile 2020, n. 10, la quale, componendo il contrasto di orientamenti maturati sul punto, ha chiarito che:

a) l’Amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimenti ad una specifica disciplina, anche alla stregua della normativa dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso l’istanza va esaminata solo con specifico riferimento ai profili della l. 7 agosto 1990, n. 241, senza che il giudice amministrativo, adito ai sensi dell'art. 116 cod. proc. amm., possa mutare il titolo dell’accesso definito dall’originaria istanza;

b) è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22 l. 7 agosto 1990, n. 241, con conseguente legittimazione all’accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché l’istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale;

c) la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei o assoluti previsti dall'art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione prevista dall’art. 5-bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, in combinato disposto con l'art. 53 e con le disposizioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato; ferma comunque restando la necessità di verificare la compatibilità dell’accesso con le eccezioni dell’art. 5-bis, commi 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, ivi contemplati, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.

Sulla scorta delle riassunte coordinate, la domanda ostensiva de executivis deve ritenersi, in via di principio, ammissibile (anche indipendentemente dalla valorizzazione del diritto all’accesso civico, attivato nella specie, e, dunque, nei più circostanziati e specifici termini dell’accesso c.d. documentale ex artt. 22 ss. l. n. 241/1990, come integrati dalla disciplina speciale di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50/2016), alla condizione che non fondi sulla mera allegazione (in termini eventuali, puramente ipotetici o dubitativi, che renderebbero, come tali, inammissibilmente astratto e meramente potenziale l’interesse acquisitivo e, correlativamente, esplorativa, quando non addirittura emulativa, l’istanza) della semplice eventualità di una futura riedizione della gara, ma si accompagni alla specifica, concreta e circostanziata valorizzazione di elementi fattuali o giuridici inerenti le modalità di regolare attuazione del rapporto negoziale e idonei a prefigurare, sia pure in termini di possibilità e non necessariamente di certezza o anche solo di probabilità, le condizioni di una vicenda risolutiva, per sé idonea a riattivare le chances di subentro o anche solo di rinnovazione della procedura evidenziale.

Nel caso di specie, la richiesta traeva alimento dal sospetto (che, ove fondato, avrebbe potuto costituire ragione sufficiente per invocare una possibile ragione risolutoria del rapporto contrattuale in essere) che l’aggiudicatario avesse, in concreto, effettuato, con l’accettazione della stazione appaltante, una prestazione almeno in parte difforma da quella capitolare: si tratta, con ciò, di una verifica non generica né generalizzata della regolare esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto, orientata all’obiettivo riscontro di precisi e circostanziati elementi fattuali, la cui carenza darebbe vita ad un inadempimento contrattuale.



ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO - FASE ESECUTIVA - LIMITI (53)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

La sentenza dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato 2 aprile 2020, n. 10, ha chiarito che:

a) l’amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l'istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimenti ad una specifica disciplina, anche alla stregua della normativa dell'accesso civico generalizzato, a meno che l'interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell'accesso documentale, nel qual caso l'istanza va esaminata solo con specifico riferimento ai profili della l. 7 agosto 1990, n. 241, senza che il giudice amministrativo, adito ai sensi dell'art. 116 Cod. proc. amm., possa mutare il titolo dell'accesso definito dall'originaria istanza;

b) è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell'art. 22 l. 7 agosto 1990, n. 241, con conseguente legittimazione all'accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell'aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché l’istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale;

c) la disciplina dell'accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei o assoluti previsti dall'art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e all'esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l'eccezione prevista dall'art. 5-bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, in combinato disposto con l'art. 53 e con le disposizioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall'accesso civico generalizzato; ferma comunque restando la necessità di verificare la compatibilità dell'accesso con le eccezioni dell’art. 5-bis, commi 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, ivi contemplati, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.

Ciò posto, la lettura dell’istanza ostensiva formulata dall’appellante dimostra che la richiesta di accesso è motivata dall’impresa allegando di essere risultata seconda nella gara e di avere impugnato l’aggiudicazione in favore della deducente. Essa ha, con ciò, attivato un accesso di carattere manifestamente difensivo, “ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto” (cfr. art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016), ancorando espressamente il proprio interesse alla pendenza del contenzioso avente ad oggetto l’aggiudicazione della gara in favore della controinteressata Cosmopol s.p.a..

Così volontariamente qualificato e circoscritto l’interesse, vale anzitutto evidenziare che il contenzioso risulta definito dalla sentenza n. 656/19 del Tribunale amministrativo per la Puglia, Bari, passata in giudicato in difetto di appello: relativamente a questo profilo, pertanto, l’interesse è venuto meno.

ACCESSO ATTI - SOGGETTI LEGITTIMATI

TAR LIGURIA SENTENZA 2021

La giurisprudenza ha affermato che “l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso non solo non deve necessariamente consistere in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, dovendo solo essere giuridicamente tutelato purché non si tratti del generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell’attività amministrativa e che, accanto a tale interesse deve sussistere un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione. Questo rapporto di strumentalità deve però essere inteso in senso ampio, ossia in modo che la documentazione richiesta deve essere mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse. Pertanto, l’interesse all’accesso ai documenti deve essere considerato in astratto, escludendo che, con riferimento al caso specifico, possa esservi spazio per apprezzamenti in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proponibile. La legittimazione all’accesso non può dunque essere valutata facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata.” (C.S. IV 6 agosto 2014 n. 4209).

Ciò premesso il Collegio rileva come, in generale, tutti gli atti che influiscono sulla consistenza patrimoniale di una società influiscono direttamente sulla consistenza patrimoniale del socio della società stessa, diminuendo il valore della sua partecipazione.

Siffatta osservazione di carattere generale vale a maggior ragione nel caso di specie in cui il bene affidato in concessione costituiva il bene essenziale del patrimonio della società fallita.

Non è possibile pertanto affermare che il socio di una società di capitali sia terzo rispetto alle vicende che possano influire sulla consistenza patrimoniale della stessa quasi fosse un quisque de populo che nessun rapporto vanta con la società.

Deve ritenersi, pertanto, che la qualità di socio conferisca quella differenziazione e qualificazione della posizione richiesta dalla legge per giustificare l’accesso agli atti. Ovviamente la società di cui la richiedente è socia costituisce controinteressata all’accesso e potrà eventualmente esporre ragioni ostative all’accesso. Tale circostanza, tuttavia, non si è verificata nel caso di specie.

E che la qualità di socio conferisca la legittimazione ad esperire iniziative giudiziarie autonome è stata riconosciuta anche dalla giurisprudenza civile che ha affermato “qualora terzi arrechino danno ad una società di capitali, il socio è legittimato a domandare il ristoro del pregiudizio da lui subito ove non risarcibile alla società perché riguardante la sfera personale (diritto all’onore od alla reputazione) o la perdita di opportunità personali, economiche e lavorative dello stesso socio o la riduzione del cd. merito creditizio di quest’ultimo” ( Cass. cv. III 20 giugno 2019 n. 16581).

In conclusione il socio è titolare di una posizione differenziata e qualificata che gli consente di accedere agli atti amministrativi che sono idonei ad influire sulla consistenza patrimoniale della società di cui è socio.

L’atto in esame, essendo conseguenziale alla pronuncia di decadenza, assume una incontestabile idoneità a determinare il depauperamento del patrimonio della società, avendo realizzato lo spossessamento del bene.

La richiesta di una dimostrazione ulteriore dell’utilità dell’atto di cui è chiesta l’ostensione per la tutela degli interessi della ricorrente realizza un inammissibile sindacato sulle scelte difensive della parte, siano esse processuali o extraprocessuali, che è precluso all’amministrazione.

Il ricorso deve essere accolto.

DOCUMENTI ANAGRAFE TRIBUTARIA - ACCESSO CIVICO

CONSIGLIO DI STATO - A.P. SENTENZA 2020

L’Adunanza plenaria, conclusivamente, enuncia sulle questioni postele i seguenti principi di diritto, anche ai sensi dell’art. 99, comma 5, cod. proc. amm.:

(i) «Le dichiarazioni, le comunicazioni e gli atti presentati o acquisiti (d)agli uffici dell’amministrazione finanziaria, contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari ed inseriti nelle banche dati dell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, costituiscono documenti amministrativi ai fini dell’accesso documentale difensivo ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990»;

(ii) «L’accesso documentale difensivo può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione nel processo civile ai sensi degli artt. 210, 211 e 213 cod. proc. civ.»;

(iii) «L’accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri istruttori di cui agli artt. 155-sexies disp. att. cod. proc. civ. e 492-bis cod. proc. civ., nonché, più in generale, dalla previsione e dall’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio del giudice civile nei procedimenti in materia di famiglia»;

(iv) «L’accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, può essere esercitato mediante estrazione di copia».

Premesso che ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. proc. amm. sussistono i presupposti per decidere l’intera controversia, e facendo applicazione degli esposti principi al caso di specie, l’appello – incentrato sull’unico, complesso motivo in diritto dell’erronea mancata considerazione nell’impugnata sentenza dell’asserito rapporto di specialità specializzante intercorrente tra la normativa contenuta negli artt. 155-sexies disp. att. cod. proc. civ. e 492-bis cod. proc. civ. d’un lato, e la disciplina dell’accesso documentale difensivo ex art. 24 l. n. 241/1990 d’altro lato (vizio ritenuto assorbente di ogni valutazione dell’esercizio in concreto del potere amministrativo e idoneo a sorreggere, in tesi, la riforma della sentenza), e dell’erronea omessa considerazione che (sempre secondo l’assunto dell’appellante) l’indispensabilità del documento ai fini dell’accesso difensivo deve essere intesa (anche) come impossibilità di acquisire il documento attraverso le forme processuali tipiche già previste dall’ordinamento – deve essere respinto, con la conseguente conferma della statuizione di accoglimento del TAR.

ACCESSO GLI ATTI – FASE ESECUTIVA DI UN CONTRATTO PUBBLICO - ACCESSO GENERALIZZATO (53)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

L’Adunanza plenaria, conclusivamente, enuncia, sulle questioni postele, i seguenti princìpi di diritto, anche ai sensi dell’art. 99, comma 5, c.p.a.:

a) la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della l. n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell’art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento;

b) è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale;

c) la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.

ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO NEGLI APPALTI PUBBLICI – RATIO (53.1)

CONSIGLIO DI STATO - A.P. SENTENZA 2020

L’accesso documentale agli atti della fase esecutiva è ammesso espressamente dallo stesso art. 53, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016, laddove esso rimette alla disciplina degli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990, «il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici», ma anche e più in generale dalla l. n. 241 del 1990, richiamata dall’art. 53 testé citato.

Questa, dopo la riforma della l. n. 15 del 2015 che ha recepito l’orientamento consolidato di questa stessa Adunanza plenaria (v., sul punto, la fondamentale pronuncia di questo Cons. St., Ad. plen., 22 aprile 1999, n. 5, secondo cui «l’amministrazione non può […] negare l’accesso agli atti riguardanti la sua attività di diritto privato solo in ragione della loro natura privatistica», ma in tal senso v. già Cons. St., sez. IV, 4 febbraio 1997, n. 42), ha espressamente riconosciuto l’accesso ad atti «concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale» (art. 22, comma 1, lett. e) della l. n. 241 del 1990).

Non rileva, pertanto, che la fase esecutiva del rapporto negoziale sia tendenzialmente disciplinata da disposizioni privatistiche, poiché anche e, si direbbe, soprattutto questa fase rimane ispirata e finalizzata alla cura in concreto di un pubblico interesse, lo stesso che è alla base dell’indizione della gara e/o dell’affidamento della commessa, che anzi trova la sua compiuta realizzazione proprio nella fase di realizzazione dell’opera o del servizio; e lo stesso accesso documentale, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce, come prevede l’art. 22, comma 2, della l. n. 241 del 1990, siccome sostituito dall’art. 10 della l. n. 69 del 2009, «principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza»: dell’attività amministrativa, quindi, considerata nel suo complesso.

Esiste, in altri termini, una rilevanza pubblicistica (anche) della fase di esecuzione del contratto, dovuta alla compresenza di fondamentali interessi pubblici, che comporta una disciplina autonoma e parallela rispetto alle disposizioni del codice civile – applicabili «per quanto non espressamente previsto dal presente codice e negli atti attuativi»: art. 30, comma 8, del d. lgs. n. 50 del 2016) – e questa disciplina si traduce sia nella previsione di disposizioni speciali nel codice dei contratti pubblici (artt. 100-113-bis del d. lgs. n. 50 del 2016), sia in penetranti controlli da parte delle autorità preposte a prevenire e a sanzionare l’inefficienza, la corruzione o l’infiltrazione mafiosa manifestatasi nello svolgimento del rapporto negoziale.

Sotto tale ultimo profilo, basti menzionare, tra gli altri, le funzioni di vigilanza attribuite all’ANAC dall’art. 213, comma 3, lett. b) e c), del d. lgs. n. 50 del 2016 in materia di esecuzione dei contratti pubblici, o i controlli antimafia da parte del prefetto, con gli effetti interdittivi di cui all’art. 88, comma 4-bis, del d. lgs. n. 159 del 2011.

ACCESSO DOCUMENTALE – NECESSITÀ DI UN TERESSE CONCRETO ED ATTUALE COLLEGATO AD UNA POSIZIONE QUALIFICATA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2020

Deve poi osservarsi come nell’istanza di accesso, il A ha dedotto di volere l’ostensione della documentazione richiesta per la propria tutela giudiziale in quanto escluso dalla gara, nonché in quanto tale gara sta avendo un lungo rallentamento.

Così conformata, la domanda di ostensione dei documenti sopra descritti sembra difettare di un interesse concreto ed attuale collegato ad una posizione qualificata, intestata al ricorrente.

Ne consegue che alcuna utilità potrebbe rinvenire l’istante dalla conoscenza della documentazione richiesta, la quale non potrebbe sortire alcun effetto favorevole riguardo la propria posizione, che è quella di un concorrente ormai escluso dalla procedura.

ACCESSO AI DOCUMENTI REDDITUALI, PATRIMONIALI E FINANZIARI - QUESTIONE RIMESSA ALL'ADUNANZA PLENARIA

CONSIGLIO DI STATO ORDINANZA 2020

Per tutte le considerazioni che precedono, si rimettono, pertanto, all’Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del cod. proc. amm., le seguenti questioni:

a) se i documenti reddituali (le dichiarazioni dei redditi e le certificazioni reddituali), patrimoniali (i contratti di locazione immobiliare a terzi) e finanziari (gli atti, i dati e le informazioni contenuti nell’Archivio dell’Anagrafe tributaria e le comunicazioni provenienti dagli operatori finanziari) siano qualificabili quali documenti e atti accessibili ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990;

b) in caso positivo, quali siano i rapporti tra la disciplina generale riguardante l’accesso agli atti amministrativi ex lege n. 241/1990 e le norme processuali civilistiche previste per l’acquisizione dei documenti amministrativi al processo (secondo le previsioni generali, ai sensi degli artt. 210 e 213 del cod proc. civ; per la ricerca telematica nei procedimenti in materia di famiglia, ai sensi del combinato disposto di cui artt. 492-bis del cod. proc. civ. e 155-sexies delle disp. att. del cod. proc. civ.);

c) in particolare, se il diritto di accesso ai documenti amministrativi ai sensi della legge n. 241/1990 sia esercitabile indipendentemente dalle forme di acquisizione probatoria previste dalle menzionate norme processuali civilistiche, o anche –eventualmente- concorrendo con le stesse;

d) ovvero se -all’opposto- la previsione da parte dell’ordinamento di determinati metodi di acquisizione, in funzione probatoria di documenti detenuti dalla Pubblica Amministrazione, escluda o precluda l’azionabilità del rimedio dell’accesso ai medesimi secondo la disciplina generale di cui alla legge n. 241 del 1990;

e) nell’ipotesi in cui si riconosca l’accessibilità agli atti detenuti dall’Agenzia delle Entrate (dichiarazioni dei redditi, certificazioni reddituali, contratti di locazione immobiliare a terzi, comunicazioni provenienti dagli operatori finanziari ed atti, dati e informazioni contenuti nell’Archivio dell’Anagrafe tributaria), in quali modalità va consentito l’accesso, e cioè se nella forma della sola visione, ovvero anche in quella dell’estrazione della copia, ovvero ancora per via telematica.

SOCIETA’ MISTA – ACCESSO AGLI ATTI – LIMITI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

Vale osservare:

a) che, per consolidato orientamento, il diritto di accesso ai documenti soffre le limitazioni previste espressamente dalla legge o da norme comunque evincibili da ordinamenti di settore (cfr. Cons. Stato, VI, 6 settembre 2018, n. 5257);

b) che, in base alla disciplina generale degli art. 22 seg. l. n. 241 del 1990, l’accesso può essere esercitato anche rispetto a documenti di natura privatistica, purché concernenti attività di pubblico interesse. Infatti l'attività amministrativa, soggetta all'applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento, è configurabile non solo quando l'Amministrazione eserciti pubbliche funzioni con poteri autoritativi, ma anche quando persegua le finalità istituzionali e provveda alla cura concreta di pubblici interessi mediante un'attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati (cfr. Cons. Stato, III, 17 marzo 2017, n. 1213);

c) che, sotto il profilo della legittimazione passiva, le disposizioni della l. n. 241 del 1990 (ivi comprese quelle di cui agli artt. 22 ss.) hanno applicazione a carico di società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all'esercizio delle funzioni amministrative (cfr. art. 29, 1° comma, l. n. 241 del 1990, come modificato dalla l. 18 giugno 2009, n. 69), posto che anche i soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative hanno l’obbligo di assicurare il rispetto dei canoni di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza (cfr. Cons. Stato, V, 6 novembre 2017, n. 5099);

d) che – indipendentemente dalla soggezione agli obblighi evidenziali, nella specie non sussistente – va per quanto qui interessa riconosciuta rilevanza pubblicistica anche alle attività di natura negoziale preordinate alla gestione dei beni e delle risorse pubbliche, che non sono sottratte alla logica del buon andamento ed al principio di trasparenza;

e) che, sotto distinto profilo, l’interesse all’accesso documentale non è condizionato, in prospettiva strumentale, alle esigenze di tutela giurisdizionale, essendo correlato ad un bene della vita autonomamente apprezzabile (Cons. Stato, IV, 20 ottobre 2016, n. 4372). Sicché – in disparte l’inappropriata lettura dell’art. 53 del Codice dei contratti pubblici, palesemente inapplicabile in assenza di procedure a carattere evidenziale – la circostanza che la società appellata non abbia impugnato il rifiuto della propria manifestazione di interesse non ha carattere dirimente, perché non spetta all'amministrazione che detiene il documento valutare le modalità di tutela dell'interesse del richiedente e negare l'accesso per il caso in cui ritenga talune di esse non più praticabili, al segno che “è solo del privato richiedente, una volta ottenuto il documento, la decisione sui rimedi giurisdizionali da attivare ove ritenga lesa la sua situazione giuridica soggettiva e se per taluni di essi (o per quelli unicamente esperibili) siano già spirati i termini di decadenza (o, eventualmente, di prescrizione) l'eventuale pronuncia di inammissibilità non può, certo, essere anticipata dall'amministrazione destinataria della richiesta di accesso allo scopo di negare l'ostensione del documento” (cfr. Cons. Stato, V, 27 giugno 2018, n. 3953);

f) che, in relazione al requisito dell’interesse ostensivo (diretto, concreto ed attuale e – cioè – complessivamente qualificato e differenziato), la cui sussistenza è necessaria, quanto meno nell’accesso documentale c.d. ordinario di cui agli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990, lo stesso deve ritenersi sussistente in virtù dell’obiettivo collegamento della documentazione richiesta (inerente la “gestione” dell’avviso pubblico preordinato a ricevere manifestazioni di interesse alla stipula di contratti di locazione) alla posizione della società appellata che – lungi dall’essere un quisque de populo – aveva formalizzato la propria istanza di trattativa, pur rimasta priva di esito (cfr. Cons. Stato, III, 12 marzo 2018, n. 1578): dovendosi, con ciò, escludere la pretesa attitudine meramente esplorativa dell’istanza in questione, ovvero la sua asserita idoneità a legittimare un controllo diffuso e generalizzato;

g) che l’eventuale sussistenza di controinteressi (segnatamente riconducibili alle esigenze di riservatezza di soggetti terzi) è oggetto di indimostrata allegazione verbale, non essendosi l’appellante peritata né – come avrebbe dovuto, ex art. 24, comma 6 l. n. 241 cit. – di attivare in via preventiva e in sede procedimentale il necessario contraddittorio, né di (ivi) effettuare il relativo (e doveroso) bilanciamento assiologico, né – infine – di evidenziare, nella presente sede processuale, l’effettiva e concreta esistenza di profili di segretezza commerciale o industriale, suscettibili di concreto apprezzamento comparativo.

DIRITTO ALL’ACCESSO - INTERESSE DIRETTO, ATTUALE E CONCRETO

TAR TOSCANA SENTENZA 2019

Va premesso, in termini di principio e sul piano della generale disciplina del c. accesso esterno od informativo ex artt. 22 e ss. l. n. 241/1990, che il diritto di accesso agli atti della Pubblica Amministrazione non costituisce una pretesa solo strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, essendo diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita, seguendone che la domanda giudiziale tesa ad ottenere l'accesso ai documenti è indipendente sia dalla sorte del processo principale sia dall'eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre.

Si in tal senso si è affermato che "la disciplina dell'accesso agli atti amministrativi non condiziona l'esercizio del relativo diritto alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in misura attenuata, sicché la legittimazione all'accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell'accesso abbiano cagionato o siano idonei a cagionare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l'autonomia del diritto di accesso” (Cons. Stato, sez. III, 16 maggio 2016, n. 1978; nello stesso senso Cons. Stato, sez. V, 1 agosto 2017, n. 3831).

Ne discende, quanto al caso di specie ed in relazione all'asserita carenza di un interesse diretto, attuale e concreto che, in senso contrario, la posizione procedimentale assunta dalla ricorrente (quale concorrente alla predetta selezione pubblica e collocata nella seconda posizione della graduatoria in esame) e l'oggetto della richiesta di accesso (visione ed estrazione di copia degli atti ricompresi nel plico della offerta esibita da Impregilo) integrano la titolarità di una posizione corrispondente ad un interesse differenziato sorretto da una qualificata situazione legittimante.

CASSA EDILE – LEGITTIMATA A CHIEDERE ACCESSO ATTI ALLA STAZIONE APPALTANTE

TAR LAZIO RM SENTENZA 2019

L’art 22 co.1 lett e) della legge n. 241/90 stabilisce che per pubblica amministrazione si intendono “tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”; l’art 23 della medesima legge dispone che “il diritto di accesso di cui all’articolo 22 si esercita nei confronti delle amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi (…)”.

Peraltro, la Cassa Edile chiede al committente l’accesso agli atti che ineriscono proprio alla gestione del pubblico servizio, al fine di verificare se esse rientrano o meno nel relativo CCNL per l’edilizia ai fini del pagamento del contributo.

Come chiarito dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 28 giugno 2016, n. 13; Cons. di Stato, sez. VI, 9 novembre 2010, n. 7977), “occorre un collegamento, anche indiretto, tra la documentazione oggetto della pretesa ostensiva ed un pubblico interesse che soddisfi la ratio legis della trasparenza della sfera di azione amministrativa”. Nella presente fattispecie il collegamento è rappresentato dall’essere la richiesta di ostensione collegata ad atti di gestione di un pubblico servizio. Alla pubblica amministrazione non è consentito negare l’accesso agli atti opponendo ragioni di merito che ineriscono solo alla sfera di valutazione dell’istante. La giurisprudenza, infatti, è ferma nel ritenere che “La p.a. nel riscontrare l'istanza di accesso, non può sostituire una propria e singolare valutazione circa la conferenza dell'atto richiesto alle oggettive esigenze di collegamento dell'atto - obiettivo o secondo la prospettazione del richiedente - con la situazione soggettiva da tutelare e circa l'esistenza di una concreta necessità di tutela. In sintesi, non è consentito alla p.a. un apprezzamento, nel merito, circa la fondatezza della pretesa e/o le strategie difensive dell'interessato” (cfr. T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis n.9461 del 19/09/2018).

Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, laddove sia esercitato per "curare o difendere un interesse giuridico", prevale sul segreto commerciale o industriale in senso lato cd. know how.

Infatti, nell’ipotesi in cui vi siano comunque dei dati sensibili da salvaguardare, l’ostensione potrà essere consentita con modalità di oscuramento di tali dati.

PREMINENZA DEL CD. ACCESSO DIFENSIVO ANCHE SU OFFERTA TECNICA (53.5)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2019

In termini di principio e sul piano della generale disciplina del c. accesso esterno od informativo ex artt. 22 e ss. L. 241/1990, che il diritto di accesso agli atti della Pubblica Amministrazione non costituisce una pretesa solo strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, essendo diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita, pertanto la domanda giudiziale tesa ad ottenere l'accesso ai documenti è indipendente sia dalla sorte del processo principale sia dall'eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre: ne discende, quanto al caso di specie ed in relazione all’asserita carenza di un interesse diretto, attuale e concreto connesso ad un presunta genericità della motivazione sottesa all’istanza ostensiva, che, in senso contrario, la posizione procedimentale assunta dall’odierna controinteressata (quale concorrente alla predetta selezione pubblica e collocata nella seconda posizione della graduatoria in esame) e l’oggetto della richiesta di accesso (visione ed estrazione di copia degli atti ricompresi nel plico della offerta esibita dalla odierna ricorrente) integrano la titolarità di una posizione corrispondente ad un interesse differenziato sorretto da una qualificata situazione legittimante.

Quanto poi alla disciplina settoriale racchiusa nell’art. 53 del D. Lgs 50/2016 (che comunque, per tutto quanto non diversamente regolato, rinvia alla citata normativa generale in funzione di copertura normativa residuale), va osservato come nel caso di specie, per un verso ed in negativo, non ricorra la (eccezionale, siccome derogatoria rispetto al generale principio di trasparenza e di accessibilità di cui al comma 1) ipotesi di (temperata) esclusione di cui al comma 5 lett. a) (segreti tecnici e commerciai); e per altro verso ed in positivo, in ogni caso operi la deroga all’eccezione di cui sopra (con conseguente riaffermazione del principio generale) contemplata dal successivo comma 6 (accesso del concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto).

Ed, invero, quanto al primo aspetto, si premette che la norma, da interpretare restrittivamente e senza opzioni ermeneutiche di stampo estensivo od analogico in quanto eccezione al principio di generale ostensibilità, esclude dall’accesso, salvo il temperamento di cui si dirà, le (sole) informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali: orbene, posto che nel caso di specie vengono in rilievo informazioni relative all’organizzazione del lavoro e delle attività della odierna ricorrente (da essa così qualificate, in quanto frutto della diretta e pluriennale esperienza maturata nel tempo, nella nota di opposizione allo accesso agli atti 21.12.18), proprio per l’assenza del dimostrato riferimento a puntuali condizioni di esclusività ovvero al possesso di brevetti o puntuali situazioni di qualificato know how), le stesse non possono corrispondere ai tassativi parametri imposti dalla citata disposizione eccezionalmente eccettuativa al principio ostensivo.

Per altro verso ed in ogni caso, non può condividersi la prospettazione ricorsuale per cui non opererebbe il temperamento a siffatta esclusione introdotto dal successivo comma 6 (In relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto) in ragione dello spirare del termine per impugnare, ai fini caducatori, il provvedimento di aggiudicazione della gara de qua.

Se è vero che l’art. 53, al comma 5 esclude l’accesso alle informazioni fornite nell’ambito delle offerte che costituiscano segreti tecnici e commerciali, intendendo in tal modo tutelare il diritto alla riservatezza delle imprese ed il cd. know how industriale e commerciale, è pur vero che la medesima disposizione subordina in concreto il divieto alla motivata e comprovata manifestazione di interesse della ditta offerente controinteressata a mantenere il segreto sulla documentazione in oggetto. Manifestazione che, peraltro, è comunque suscettiva di autonomo e discrezionale apprezzamento da parte della stazione appaltante sotto il profilo della validità e pertinenza delle ragioni prospettate a sostegno dell’opposto diniego. In ogni caso ed ai fini che qui maggiormente rilevano, la preminenza del cd. accesso difensivo (in quanto processualmente preordinato all’esercizio dell’inviolabile diritto di difesa ex art. 24 Cost.; e sostanzialmente posto a presidio del fondamentale canone di imparzialità dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost.), l’ultimo comma dell’art. 53 ribadisce in maniera cristallina ed inequivoca che, proprio in relazione tale ipotesi per l’appunto relativa di esclusione dell’accesso per motivi di riservatezza tecnica, è comunque consentito l'accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto.

ACCESSO ATTI DELLA FASE ESECUTIVA DEL CONTRATTO - LIMITI

TAR TOSCANA SENTENZA 2019

Per quanto riguarda gli atti e documenti della fase pubblicistica del procedimento , oltre all’acceso ordinario è consentito anche l’accesso civico generalizzato, “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”; per quanto riguarda atti e documenti della fase esecutiva del rapporto contrattuale tra stazione appaltante ed aggiudicataria, l’acceso ordinario è consentito ai sensi degli artt. 22 e seguenti della legge n. 241 e nel rispetto delle condizioni e dei limiti individuati dalla giurisprudenza

RICHIESTA ACCESSO ATTI – COMPROVA ESISTENZA DOCUMENTAZIONE

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2019

Sul punto giova premettere che la domanda di accesso ai sensi della legge 241/1990 (legge espressamente richiamata dal ricorrente nelle proprie istanze, cfr. i documenti 2 e 3 di quest’ultimo), non può consentire un controllo generalizzato dell’attività dell’amministrazione, né può costringere quest’ultima ad elaborare dati ed informazioni in proprio possesso, dovendo l’accesso limitarsi ai documenti amministrativi già formati ed in possesso dell’ente pubblico (cfr. l’art. 22 comma 4 e l’art. 24 comma 3 della legge 241/1990).

Ciò premesso, a fronte dell’affermazione del Comune sull’inesistenza di parte dei documenti richiesti, il ricorrente si limita semplicemente a ribadire la propria pretesa, senza però addurre neppure un principio di prova sull’asserita esistenza di tali documenti.

Così ad esempio, con riguardo particolare al presunto provvedimento di aggiudicazione - provvisoria o definitiva che sia - della gara, l’esponente non produce alcunché da cui possa desumersi la formalizzazione dell’aggiudicazione (si pensi ad esempio all’eventuale comunicazione di aggiudicazione ai sensi dell’art. 76 del D.Lgs. 50/2016).

Il Comune del resto, nel provvedimento di annullamento d’ufficio n. 1855/2018 (cfr. ancora il doc. 5 del ricorrente), dispone l’annullamento “della procedura”, ma non fa cenno all’esistenza di un formale atto amministrativo di aggiudicazione.

ACCESSO DIFENSIVO - DEVE ESSERE RICONOSCIUTO ANCHE QUANDO VI È L’OPPOSIZIONE DI ALTRI PARTECIPANTI PER LA TUTELA DI SEGRETI TECNICI E COMMERCIALI

TAR PUGLIA BA ORDINANZA 2019

Il diritto di accesso agli atti di una gara di appalto deve essere riconosciuto anche quando vi è l’opposizione - come avvenuto nella fattispecie concreta oggetto di giudizio - di altri partecipanti controinteressati per la tutela di segreti tecnici e commerciali, in quanto esso è prevalente rispetto all’esigenza di riservatezza o di segretezza.

Peraltro, la partecipazione alle gare di appalto pubbliche comporta l’accettazione implicita da parte del concorrente delle regole di trasparenza ed imparzialità che caratterizzano la selezione, fermo restando l’obbligo tassativo per il richiedente l’accesso di utilizzare i documenti acquisiti esclusivamente per la cura e la difesa dei propri interessi giuridici.

Vi è, in altri termini, nella decisione di un’impresa di partecipare a gare di appalto pubbliche una inevitabile accettazione del rischio di divulgazione del segreto industriale o commerciale, ove quest’ultimo sia impiegato allo scopo di acquisire un vantaggio competitivo all’interno di una gara pubblica, proprio in dipendenza dei caratteri di pubblicità e trasparenza che assistono quest’ultima.

ACCESSO AGLI ATTI - ACCESSO OFFERTA - SOGGETTO NON PARTECIPANTE - ESCLUSO (53)

TAR PUGLIA SENTENZA 2019

Con riguardo alla contestata legittimazione della ricorrente ad accedere all’offerta presentata dalla controinteressata, e dovendosi tenere conto – non ultimo – della mancata partecipazione della società alla procedura di gara, occorre muovere dalla piana previsione di cui all’art. 21 della Direttiva 24/2014 (rubricata “riservatezza”), secondo cui: a) “salvo che non sia altrimenti previsto nella presente direttiva o nella legislazione nazionale cui è soggetta l’amministrazione aggiudicatrice, in particolare la legislazione riguardante l’accesso alle informazioni, e fatti salvi gli obblighi in materia di pubblicità sugli appalti aggiudicati e gli obblighi di informazione dei candidati e degli offerenti, previsti agli articoli 50 e 55, l’amministrazione aggiudicatrice non rivela informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte” (comma 1); b) “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre agli operatori economici condizioni intese a proteggere la natura confidenziale delle informazioni che le amministrazioni aggiudicatrici rendono disponibili durante tutta la procedura di appalto” (comma 2).

Come risulta evidente, il principio ispiratore della normativa comunitaria è la protezione della regola di riservatezza (“l’amministrazione aggiudicatrice non rivela informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate”) accordata alle informazioni (“compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte”) che riguardino i concorrenti delle procedure di evidenza pubblica.

Un principio derogabile soltanto in particolari ed espresse ipotesi (ove, cioè, lo consenta la “legislazione nazionale cui è soggetta l’amministrazione aggiudicatrice, in particolare la legislazione riguardante l’accesso alle informazioni”).

Il che si traduce nella peculiare legittimazione prevista dall’art. 53 del d.lgs. 50/2016 (che riguarda il novero dei partecipanti alla selezione controversa, al quale la ricorrente è estranea per sua stessa ammissione) o nella legittimazione sostanziata da un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso” (art. 22, comma 1, lett. b) della legge 241/1990).

Si tratta, pertanto, di ponderare la consistenza dell’interesse vantato dalla ricorrente ad ottenere informazioni dall’Amministrazione (“aggiudicatrice”, cioè in veste di stazione appaltante) in deroga al principio generale.

A tal proposito, il Collegio osserva anzitutto che l’istanza di accesso presentata dalla ricorrente troverebbe “giustificazione nella necessità di verificare la correttezza della procedura espletata, con riserva all'esito di eventuale impugnazione”.

Una spiegazione che, in linea di continuità con le pregresse censure alla lex specialis, si articola sul rilievo che l’Amministrazione comunale avrebbe regolato la controversa procedura mediante “clausole impositive di oneri sproporzionati e inadeguati che hanno reso la sua partecipazione obbiettivamente non utile, escludendo qualsiasi margine di profitto per la concessionaria” (cfr. pag. 8).

Dunque è palese che l’istanza di accesso è stata finalizzata a contestare nuovamente il carattere escludente della lex specialis e, in via derivata, gli esiti della procedura.

Ma tali censure sono state trasfuse nel ricorso proposto per ottenere l’annullamento del bando di gara, del disciplinare di gara, del disciplinare tecnico e dello studio di fattibilità, dichiarato dalla Sezione irricevibile sul presupposto che la “lesività della disciplina di gara, in ragione dell’asserito carattere latu sensu escludente, certamente non può dirsi integrata in un momento successivo rispetto alla scadenza del termine di trenta giorni dalla pubblicazione del bando, avvenuta in G.U.R.I. in data 24 ottobre 2016”.

REGOLAMENTO ACCESSO CIVICO E ACCESSO AGLI ATTI (53)

ANAC DELIBERA 2018

Regolamento disciplinante i procedimenti relativi all'accesso civico, all'accesso civico generalizzato ai dati e ai documenti detenuti dall'ANAC e all'accesso ai documenti amministrativi, ai sensi della legge n. 241/1990.

SOCIETÀ COOPERATIVA COSTITUITA DA UN COMUNE E DA ALTRI ENTI PUBBLICI, CON PARTECIPAZIONE MINORITARIA DI ALCUNI PRIVATI, PER LO SVOLGIMENTO DI ALCUNI SERVIZI PUBBLICI – DISPOSIZIONI DELLA LEGGE N. 241/1990 – APPLICABILITÀ

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2017

Le disposizioni della legge n. 241 del 1990 si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all'esercizio delle funzioni amministrative» (art. 29, comma 1, l. 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dalla l. 18 giugno 2009, n. 69). I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al comma 1 (art. 1, comma 1-ter), ovvero i criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario.

Nel caso di specie, pertanto, non v’è ragione alcuna perché la cooperativa sociale, costituita dal Comune e altri enti pubblici, con partecipazione minoritaria anche di alcuni privati, neghi il domandato accesso al partecipante Comune. Non v’è chi non veda, del resto, che un’opposta concezione relegherebbe fittiziamente l’attività di chiaro e plurimo servizio pubblico esercitata mediante lo strumento di una siffatta particolare società a partecipazione pubblica maggioritaria, ad attività di interesse non pubblico: quando invece si tratta di esercizio di servizi che ricadono in settori precipui dell’attività istituzionale comunale. Ciò a tacere, poi, del vulnus che un tale, rilevante, diniego di trasparenza recherebbe anche all’esercizio delle prerogative infra-societarie del comune, dalla forma privatistica solo perché interne alla società partecipata, ma dalla ragione e dalla sostanza all’evidenza pubblica, trattandosi appunto di figura strumentale, a prevalente partecipazione di capitale pubblico, per lo svolgimento di servizi pubblici: e dove l’istanza di accesso si rifà a dette ragioni pubbliche.

Non v’è dubbio alcuno, pertanto, che nella specie il Comune interessato abbia, ai sensi degli artt. 22 e ss. l. n. 241 del 1990, il diritto di prendere visione e di estrarre copia dei documenti amministrativi richiesti perché questo corrisponde per plurimi profili all’interesse pubblico di cui è istituzionalmente titolare; e che questo, ove occorrer debba, è comunque un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti domandati.

La partecipazione del Comune nella società cooperativa è invero strumento per la realizzazione di finalità pubbliche, seppure sotto forme privatistiche: da qui la sussistenza di detto suo interesse ad accedere ai documenti richiesti, necessari per la valutazione della corrispondenza dell’attività di interesse pubblico della cooperativa agli scopi per cui è stata costituita e, correlativamente, alle ragioni pubbliche che sono a fondamento della partecipazione dell’ente pubblico.

È dunque indubbia la titolarità comunale di un interesse qualificato, alla luce degli artt. 22 e ss. l. n. 241 del 1990, alla cognizione dei documenti specificati nell’istanza: che evidenziava esplicitamente lo specifico fine cui la domanda di accesso era preordinata (la possibilità di esercitare i poteri di controllo sull’amministrazione e gestione della società) e l’attinenza della documentazione a tale interesse.



DIRITTO ALL’ACCESSO – POST AGGIUDICAZIONE - PRESCINDE DALL'EFFETTIVA UTILITÀ CHE IL RICHIEDENTE NE POSSA TRARRE - ESCLUSIONE PER SEGRETI TECNICI O COMMERCIALI - FA ECCEZIONE L’ACCESSO DIFENSIVO (53.5 - 53.6)

TAR PUGLIA BA SENTENZA 2017

Come già affermato in precedente pronuncia della Sezione, citata anche da parte ricorrente, (sentenza n. 895/2016) “l’accesso, in quanto strumentale ad imparzialità e trasparenza dell'azione amministrativa (art. 22, comma 2, L. n. 241/1990) nei confronti sia di titolari di posizioni giuridiche qualificate che di portatori di interessi diffusi e collettivi (art. 4 DPR n. 184/2006), deve comunque essere assicurato a prescindere dall'effettiva utilità che il richiedente ne possa trarre e, dunque, è ammissibile anche quando siano decorsi i termini per l'impugnazione o se la pretesa sostanziale che sottende l'accesso sia infondata”.

Il soggetto ricorrente, inoltre, quale secondo classificato in graduatoria, per giurisprudenza consolidata, riveste “una posizione particolarmente qualificata nell’ambito della procedura di gara” e solo per questo “il diritto di accesso dal medesimo esercitato si configura strumentale ad un’eventuale azione giudiziaria, così da dover essere in ogni caso assentito” (T.A.R. Lombardia – Milano, Sezione III, 15 gennaio 2013, n. 116).

Il Collegio ritiene, (…) dirimente ai fini della presente decisione il richiamo dell’art 53 del codice degli appalti, in particolare, dei commi 5, lett. a), e 6 dell’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016.

Più specificamente, tale norma– dopo aver previsto che il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241 – contiene una serie di prescrizioni specifiche in materia di procedure di aggiudicazione. Innanzitutto, sancisce che, in relazione alle offerte, il diritto di accesso è differito fino all’aggiudicazione. Prevede inoltre che “il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione sono esclusi in relazione: a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali” (art. 53 comma 5 lett a), già contenuto nell’art. 13, comma 5 lett. a), del D.Lgs. 163/2006). Tuttavia, anche in relazione a tale ipotesi, consente l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto (art. 53 comma 6).

IMPRESA SUBAPPALTATRICE - ACCESSO ALLA CONTABILITA'

TAR PUGLIA LE SENTENZA 2016

Ai sensi dell’art. 22, l. 7 agosto 1990, n. 241, nelle gare pubbliche l’impresa aggiudicataria di un appalto ha diritto di accesso alle riserve apposte al registro di contabilità e alle relative controdeduzioni del direttore dei lavori, trattandosi di documentazione che, ancorché privatistica, attiene a un ambito di rilevanza pubblicistica atteso che l’Amministrazione, mediante l’esecuzione delle opere, mira essenzialmente a perseguire le proprie finalità istituzionali (cfr. Consiglio di Stato, IV, 28 gennaio 2016, n. 326); “non solo l’attività puramente autoritativa ma tutta l’attività funzionale alla cura di interessi pubblici è sottoposta all’obbligo di trasparenza e di conoscibilità da parte degli interessati, inclusi gli atti disciplinati dal diritto privato (Cons. St., A.P., 22 aprile 1999, n. 4) con la conseguenza che “la documentazione richiesta, sebbene abbia natura privatistica (contratto di appalto con la società DEC, stati di avanzamento lavori, certificati e relativi mandati di pagamento), rientra comunque nella nozione di documento amministrativo [cfr art. 22, comma 1, lett d) della legge n. 241 del 1990], in quanto sono stati adottati da un ente pubblico che, come noto, persegue le proprie finalità pubblicistiche anche attraverso strumenti di diritto privato i cui atti sono soggetti all’accesso e, quindi, ostensibili al privato (cfr., Cons. Stato, IV, 4 febbraio 1997, n. 82)” (T.A.R. Lazio Roma, III, 7 ottobre 2013, n. 8639)” (T.A.R. Emilia-Romagna Parma, I, 13 marzo 2015, n. 84).

La posizione di subappaltatrice prima e di diretta consorziata poi del Consorzio non determinava il venir meno della sua soggettività giuridica ed economica, sicché la stessa era certamente legittimata a esercitare, almeno in linea generale e in una prospettiva defensionale, il diritto di accesso.

SOGGETTI LEGITTIMATI ALL'ACCESSO AGLI ATTI NEI SERVIZI PUBBLICI

TAR PIEMONTE TO SENTENZA 2016

La giurisprudenza amministrativa è conforme e consolidata nel ritenere che il diritto di accesso ai documenti amministrativi riguardi non soltanto l'attività di diritto amministrativo, ma anche a quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 1023, n. 4923; id., sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 235; 19 gennaio 2010 n. 189 e VI, 02 ottobre 2009, n. 5987; nonché, più di recente, Cons. Stato, sez. III, ordinanze del 26 agosto 2015, n. 4018, 28 agosto 2015 n. 4028 e 11 settembre 2015, n. 4230).

Tale nesso di strumentalità si riconosce in relazione a tutti quei rapporti nei quali il soggetto che chiede l’accesso agli atti si presenti e si qualifichi come “utente” (in atto ovvero anche in potenza) o, comunque, come portatore di un interesse (anche diffuso) al servizio pubblico, e quindi come membro della collettività interessata al modo nel quale detto servizio viene organizzato, disciplinato e gestito.

ACCESSO ATTI IN PENDENZA DI UN GIUDIZIO CIVILE - EFFETTI

TAR SICILIA CT 2016

E’ posizione pacificamente sostenuta, dalla quale questo Collegio non intende discostarsi, che l'accesso ai documenti non è precluso dalla pendenza di un giudizio civile, nella cui sede l'ostensione degli stessi documenti potrebbe essere disposta dal g.o., mediante ordine istruttorio ex art. 210 c.p.c. oppure mediante richiesta di informazioni ex art. 213 c.p.c., stante l'autonomia della posizione sostanziale tutelata con gli art. 22 e ss. l. n. 241/90 rispetto alla posizione che l'interessato intende difendere con altro giudizio e della relativa azione posta dall'ordinamento a tutela del diritto di accesso, perchè, diversamente opinando, ciò si tradurrebbe in una illegittima limitazione del diritto di difesa delle parti, con conseguente lesione del principio dell'effettività della tutela giurisdizionale (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 02/12/2010 n. 35020).

DOCUMENTI SOTTRATTI AL DIRITTO DI ACCESSO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2016

L’art. 22, comma 1, della l. 241/1990 esplicitamente qualifica come atti amministrativi soggetti all’accesso anche gli atti «interni... concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale», allo scopo di assicurare l'imparzialità e la trasparenza dell'azione amministrativa.

Dunque, la nozione di «documento amministrativo» ricomprende tutti gli atti che siano stati trasmessi o, comunque, presi in considerazione nell'ambito di un procedimento amministrativo, ancorché di natura privatistica, purché correlati ad un’attività amministrativa (C.d.S., Ad. Plen., 24 aprile 2012, n. 7).

Deve rilevarsi, tuttavia, che, ai sensi dell’art. 24, comma 6, lett. d) della legge 241/1990, possono essere sottratti all’accesso gli atti che riguardano la «riservatezza» dell’impresa, con particolare riferimento agli interessi industriali e commerciali.

Nella fattispecie, oggetto dell’istanza di accesso sono i documenti che attengono alle procedure di gestione e di organizzazione del magazzino/deposito di medicinali della società appellante.

Si tratta di atti riguardanti l’attività d’impresa, che possiedono accentuate caratteristiche di specificità, secondo la dichiarazione della società stessa, non smentita sul punto dalle valutazioni dell’ASL, in quanto contengono il «flow chart di processo per i flussi dei medicinali all’interno del proprio magazzino o perché indicate le specifiche modalità organizzative affinché la società appellante possa essere posta in grado di assicurare prontamente il ritiro dal commercio di lotti di medicinali».

Anche se sono presenti «elementi oggettivi di similitudine» con la documentazione tecnica della controinteressata, ciò non è sufficiente a far venir meno l’esigenza di tutela della «riservatezza» dei dati tecnico-organizzativi dell’appellante.

E’ evidente che la similitudine per alcuni aspetti di un progetto organizzativo aziendale con quello di altre aziende dello stesso settore non esclude la caratterizzazione esclusiva sotto ulteriori aspetti, che ben potrebbero rappresentare «informazioni aziendali riservate», come tali non accessibili.

Rileva, a tal proposito, il dato che la società appellante si affaccia in un mercato in cui la controinteressata è leader e che l’utilizzo di strategie organizzative innovative potrebbe essere un elemento di necessaria competitività; l’accesso consentirebbe ai diretti concorrenti, pertanto, la conoscenza di dati sensibili.

Tale constatazione risulta corroborata da argomenti desumibili dall’art. 98 del codice della proprietà industriale, di cui al Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, che sottopone a tutela le «informazioni segrete», ovvero le informazioni aziendali non facilmente accessibili agli altri operatori del settore, che abbiano un valore economico in quanto rimangano segrete e siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono affidate, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.

INFORMAZIONI AMBIENTALI ED ACCESSO AGLI ATTI - DIFFERENZE

TAR ABRUZZO AQ SENTENZA 2015

Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, l'art. 3 del d.lgs. 19 agosto 2005 n. 195, con il quale è stata data attuazione alla direttiva n. 2003/4/Ce sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, ha introdotto una fattispecie speciale di accesso in materia ambientale, che si connota, rispetto a quella generale prevista nella l. n. 241 del 1990, per due particolarita': l'estensione del novero dei soggetti legittimati all'accesso ed il contenuto delle cognizioni accessibili. Sotto il primo profilo, l'art. 3 del d.lgs. n. 195 del 2003 chiarisce che le informazioni ambientali spettano a chiunque le richieda, senza necessita', in deroga alla disciplina generale sull'accesso ai documenti amministrativi, di dimostrare un suo particolare e qualificato interesse. Sotto il secondo, la medesima disposizione estende il contenuto delle notizie accessibili alle “informazioni ambientali” (che implicano anche un'attivita' elaborativa da parte dell'amministrazione debitrice delle comunicazioni richieste), assicurando, cosi', al richiedente una tutela piu' ampia di quella garantita dall'art. 22, l. n. 241 del 1990, oggettivamente circoscritta ai soli documenti amministrativi gia' formati e nella disponibilita' dell'amministrazione. Peraltro le informazioni cui fa riferimento la succitata normativa concernono esclusivamente lo stato dell'ambiente (aria, sottosuolo, siti naturali etc.) ed i fattori che possono incidere sull'ambiente (sostanze, energie, rumore, radiazioni, emissioni), sulla salute e sulla sicurezza umana, con esclusione quindi di tutti i fatti ed i documenti che non abbiano un rilievo ambientale (ex multis, Cons. Stato, n. 2557 del 2014; Tar Reggio Calabria, n. 793 del 2014).

Pertanto, l'accesso alle informazioni ambientali è del tutto svincolato da motivazioni precise e dalla dimostrazione dell'interesse del singolo, in quanto l'informazione ambientale consente, a chiunque ne faccia richiesta, di accedere ad atti o provvedimenti che possano incidere sull'ambiente quale bene giuridico protetto dall'ordinamento, con l'unico limite delle richieste "estremamente generiche", posto che esse devono essere specificamente individuate con riferimento alle matrici ambientali ovvero ai fattori o alle misure di cui all'art. 2, punto 3, del d.lgs. n. 195 del 2005 (Tar Palermo, n. 809 del 2014).

DIRITTO DI ACCESSO AI BILANCI DI UNA FONDAZIONE

TAR LIGURIA SENTENZA 2015

È illegittimo il diniego di accesso ai bilanci di una fondazione, opposto dalla Regione ad una società immobiliare. L’art. 22, comma 1, lett. d), legge 241/1990 definisce "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. Conseguentemente gli atti richiesti (bilanci e relativi allegati), che indubbiamente possiedono natura civilistica e sono assoggettati alla relativa disciplina, una volta acquisiti dalla pubblica amministrazione nello svolgimento di una attività di pubblico interesse, quale nella specie quella svolta dalla regione di vigilanza sulle fondazioni, assumono la natura di documenti amministrativi e come tali soggiacciono alla disciplina relativa all’accesso. Trova, altresì, applicazione l’ultimo comma dell’art. 24 secondo cui “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30.6.2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”. Nel caso di specie la presenza di una controversia pendente tra il richiedente e la Fondazione rende evidente come l’accesso sia giustificato con esigenze di tutela in giudizio delle posizioni soggettive dei richiedenti. Peraltro gli atti richiesti non costituiscono dati sensibili e giudiziari per cui sia soltanto ipotizzabile una esigenza di riservatezza di terzi tale da legittimare una specifica dimostrazione dell’indispensabilità dell’accesso per la tutela giudiziale. Si tratta, al contrario, di atti contenenti dati per i quali dovrebbe vigere un ampio regime di pubblicità.

ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI

TAR PIEMONTE TO SENTENZA 2014

Non costituisce ragione ostativa all'accesso la circostanza che la conoscenza dei documenti richiesti possa interferire con la tutela della riservatezza (commerciale e finanziaria, in questo caso) del terzo contraente, ne' che quest'ultimo abbia manifestato la propria opposizione all'accesso, laddove l'accesso è stato esercitato dall'interessata al fine di "curare e difendere i propri interessi giuridici" nell'ambito dei giudizi tuttora pendenti: finalita' rispetto alla quale la tutela della riservatezza dei terzi è recessiva, secondo quanto previsto dall'art. 24 comma 7 l. 241/90 ss.mm.ii..

Con l'entrata in vigore del D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, gli obblighi di trasparenza a carico delle pubbliche amministrazioni sono stati generalizzati e rafforzati con l'affermazione del principio di trasparenza, intesa quale "accessibilita' totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attivita' delle pubbliche amministrazioni", nella prospettiva di assicurare "forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche" (art. 1).

Nel contesto delineato dalla nuova normativa sulla trasparenza "tutti i documenti e le informazioni" concernenti l'attivita' delle pubbliche amministrazioni sono dichiarati "pubblici" e vige il principio secondo cui "chiunque ha diritto di conoscerli" e di "fruirne gratuitamente".

ACCESSO AGLI ATTI DEI SOGGETTI PRIVATI CHE SVOLGONO ATTIVITA' DI PUBBòICO INTERESSE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

È illegittimo il silenzio serbato dalla societa' A– che opera sulla rete ferroviaria ad alta velocita' in concorrenza con il gestore pubblico – sull’istanza di accesso tesa all’ostensione di una serie di documenti relativi al funzionamento del sistema di connettivita' Wi-Fi presente sui treni ad alta velocita' …. di A, formulata dal Codacons nella dichiarata attivita' di monitoraggio, a tutela della salute degli utenti, circa la conformita' del menzionato sistema di connettivita' alla normativa sui limiti di esposizione ad onde elettromagnetiche compatibili con la salute umana. Infatti, deve ritenersi che la fattispecie dedotta in giudizio sia sussumibile sotto la previsione normativa dell’art. 22, comma, 1 lett. e), legge 7.8.1990, n. 241, in relazione all’art. 2, comma 1, d.P.R. 12.4.2006, n. 184, in quanto l’attivita' di A – societa' a capitale interamente privato che fornisce, in regime di concorrenza e sulla base di titoli autorizzativi e di un contratto di utilizzo dell’infrastruttura, servizi di trasporto viaggiatori sulla rete Av/Ac (Alta Velocita'/Alta Capacita') dell’infrastruttura ferroviaria –, ai sensi del d.lgs. 10 agosto 2007, n. 162 ("Attuazione delle direttive 2004/49/CE e 2004/51/Ce relative alla sicurezza e allo sviluppo delle ferrovie comunitarie"), rende disponibili determinate tracce orarie ed assicura la prestazione di servizi complementari alla gestione dell’infrastruttura ferroviaria, offrendo dunque al pubblico un tipo di servizio che non puo' non essere qualificato come “attivita' di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”, per gli effetti di cui alle citate disposizioni legislative (che, ai fini della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi, qualificano come “pubblica amministrazione” anche “i soggetti di diritto privato, limitatamente alla loro attivita' di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”). In altri termini, l’attivita' svolta da A - assicurando la prestazione di servizi complementari alla gestione dell’infrastruttura ferroviaria - deve, sotto un profilo oggettivo, qualificarsi come attivita' di pubblico interesse ai sensi della citata disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi. La legittimazione attiva del Codacons, in relazione a tutti i documenti oggetto dell’istanza di esibizione, ivi compresa l’autorizzazione Ansf e i documenti correlati, trova il proprio fondamento nell’oggetto statutario - preso in considerazione dalla legge e dal conseguente atto di individuazione, determinante la legittimazione processuale - in rapporto all’enunciata finalita' di verificare, a tutela della salute degli utenti, la conformita' del sistema di connettivita' wi-fi utilizzato da A sui propri treni alla normativa sui limiti di esposizione ad onde elettromagnetiche compatibili con la salute umana.

DEFINIZIONE DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - ACCESSO ATTI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

L’art. 22 della L. 241/90 dispone espressamente che: “Ai fini del presente capo si intende: (…) e) per «pubblica amministrazione» tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attivita' di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”.

Per i particolari fini considerati dalla norma ,quindi, la nozione di “pubblica amministrazione” risulta di ben piu' ampia portata rispetto a quella contenuta in altri settori ordinamentali ( quale ad esempio quello della contrattualistica pubblica ), estendendosi anche, per quanto di interesse in questa sede, ai soggetti privati tout court , laddove l’attivita' da questi posta in essere risulti genericamente di pubblico interesse .

Ne consegue che, in tema di accesso ai documenti amministrativi, è sufficiente che un soggetto di diritto privato ponga in essere una attivita' che corrisponda ad un pubblico interesse, perche' lo stesso assuma la veste di “pubblica amministrazione” e come tale sia assoggettato alla specifica normativa di settore.

In altri termini, è sufficiente che il soggetto presso cui si pratica l’accesso, ancorchè di diritto privato, svolga un’attivita' che sia riconducibile sul piano oggettivo ad un pubblico interesse inteso in senso lato, perche' a quest’ultimo sia applicabile la disciplina fissata dalla legge n. 241 del 1990 in materia in accesso.

SOGGETTI SOTTOPOSTI ALLA NORMATIVA SUL DIRITTO D’ACCESSO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

L’art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241/1990 considera come pubbliche amministrazioni soggette alla normativa sul diritto d’accesso anche i soggetti di diritto privato “limitatamente alla loro attivita' di pubblico interesse”.

Non è dubitabile che la gestione dei rifiuti urbani rientri in tale definizione, visto che essa consiste in un’attivita' facente capo ad enti pubblici, anche se affidabile a privati mediante concessione amministrativa, rispondente ad un bisogno generalizzato della popolazione di pulizia, decoro e vivibilita' delle aree urbane, oltre che di tutela della salute collettiva e, da ultimo, di recupero energetico.

La prova di cio' è ricavabile nel caso di specie dalla sopra descritta governance pubblica cui la societa' concessionaria partecipata da enti pubblici locali è sottoposta, potendosi da cio' desumere la volonta' degli enti pubblici partecipanti di riservare a se', attraverso un ente di propria diretta emanazione, la gestione delle attivita' inerenti i rifiuti urbani. Non ha pregio dunque l’argomento della societa' concessionaria tendente a ricostruire i rapporti con la societa' ricorrente (societa' operante nel settore della raccolta, trasporto e recupero dei rifiuti) come tra imprese private operanti su un piano di parita'. Un simile assetto è recisamente da escludere nel caso in cui, malgrado la veste privatistica, una societa' benefici di “diritti esclusivi” ai sensi dell’art. 106 T.F.U.E., come quello derivante dall’affidamento in via diretta ed in regime di concessione amministrativa del servizio di gestione dei rifiuti urbani. La strumentalita' dell’esonero dalle regole comunitarie in materia di concorrenza rispetto all'adempimento delle missioni di interesse generale, che da tale posizione deriva, è l’indice della “pubblicita'” sostanziale dell’ente privato, cosi' giustificandosi il fatto che lo stesso sia assoggettato al diritto d’accesso ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge generale sul procedimento amministrativo, quale strumento rivolto ad assicurare i precetti di trasparenza ed imparzialita' propri dell’agire amministrativo.

In relazione all’attivita' oggetto di detti diritti esclusivi è infatti configurabile una posizione di supremazia pienamente assimilabile a quelle delle pubbliche amministrazioni tradizionali. Correlativamente, gli operatori del settore in questione sono, in quanto tali, astrattamente titolati ad accedere agli atti relativi alla ridetta attivita', perche' in relazione ad essa ricorre quel rapporto tra amministrazione ed amministrati – per usare le stesse parole delle odierne appellate - che costituisce il fondamento del diritto d’accesso.

ACCESSO ATTI IN AMBITO AEROPORTUALE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

La veste privatistica di A, cosi' come l’addotta riconducibilita' alla disciplina privatistica degli atti richiesti in ostensione, non sono di per se' sufficienti ad escludere l’obbligo di trasparenza e l’applicabilita' della disciplina in tema di accesso. L’assunto dell’appellante della non afferenza di detta documentazione ad un tratto della sua azione di rilevanza pubblica non persuade, in quanto la sub concessione di aree all’interno dell’aeroporto – proprio perche' costituisce un titolo legislativamente ammesso per attribuire la disponibilita' e comunque l’utilizzo del sedime aeroportuale - è espressione di potere pubblicistico (mutuando la natura autoritativa della concessione che ne è il necessario antecedente), mentre non rilevano gli accenni alla non esclusivita' dell’utilizzo consentito ad B cosi' come quelli al miglior perseguimento delle finalita' della gestione aeroportuale, non venendo qui in discussione la legittimita' degli atti di disposizione posti in essere da A e la scelta o i criteri di scelta di assegnazione di tali aree, ma unicamente la sussistenza dei presupposti per l’esercizio - da parte delle richiedenti operatrici del settore dell’handling - del diritto di conoscere il contenuto di tali atti, ossia le ‘condizioni’ giuridiche ed economiche dell’utilizzo delle aree aeroportuali sub concesse.

L’obiezione, sul piano contenutistico, che la documentazione richiesta non ha ad oggetto l’attivita' di handling (poiche' essa non rientra nella disponibilita' di A, non figurando tra quelle trasferitele dalla concessione principale, e attiene ai rapporti contrattuali tra i singoli vettori e i rispettivi handler) non è risolutiva, atteso che la stessa A riconosce (v. pag. 8 dell’atto di appello):

a) di aver sub concesso ad B l’utilizzo di alcune aree aeroportuali;

b) che B opera anche come handler in proprio e per altre compagnie aeree.

Non puo', dunque, negarsi la pertinenza della richiesta di accesso e l’interesse delle richiedenti a conoscere il contenuto degli atti, comunque denominati, riguardanti la gestione delle aree aeroportuali, fruite da un soggetto che (oltre che a risultare un importante vettore aereo) è anche un operatore dell’handling e dunque, per tale segmento di attivita', svolge lo stesso tipo di attivita' economica delle appellate in regime di libera concorrenza, nel medesimo ambito aeroportuale.

DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

È illegittimo il provvedimento di diniego di accesso agli atti sulla scorta della mera dichiarazione dell’amministrazione intimata in ordine alla asserita irreperibilita' dei documenti cui faceva riferimento la richiesta ostensiva. Si osserva al riguardo che, pur non potendosi - per evidenti motivi di ragionevolezza - imporre l’ostensione di atti di cui l’amministrazione dimostri (sulla base di circostanze oggettive e circostanziate) di non essere piu' in possesso (tanto alla luce del principio ad impossibilia nemo tenetur), nondimeno non puo' essere sufficiente - al fine di dimostrare l’oggettiva impossibilita' di consentire il diritto di accesso e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull’amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso - la mera e indimostrata affermazione in ordine all’indisponibilita' degli atti quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi. Al riguardo, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha gia' avuto modo di affermare che, alla luce del richiamato principio ad impossibilia nemo tenetur, anche nei procedimenti d'accesso ai documenti amministrativi l'esercizio del relativo diritto o l'ordine d'esibizione impartito dal giudice non puo' riguardare, per evidenti ragioni di buon senso, che i documenti esistenti e non anche quelli non piu' esistenti o mai formati, spettando alla p.a. destinataria dell'accesso indicare, sotto la propria responsabilita', quali sono gli atti inesistenti che non è in grado d'esibire (in tal senso: Cons. Stato, sez. VI, 8 gennaio 2002, n. 67). Resta inteso, peraltro, che laddove l’amministrazione confermasse l’oggettiva impossibilita' di reperire gli atti richiesti (nella fattispecie sostanzialmente di natura organizzativa e relativi a rapporti di durata pluriennale), dovra' darne pienamente conto esplicitando in modo dettagliato le ragioni concrete di tale impossibilita'.

ACCESSO ATTI ALLE ATTIVITA' DI SOCIETA' PRIVATE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2012

In materia di accesso alla documentazione amministrativa i soggetti privati sono assimilati alle pubbliche amministrazioni – in relazione al potere-dovere di esaminare le domande di accesso - solo limitatamente alla attività di pubblico interesse che risulti disciplinata dal diritto nazionale o comunitario (art. 22, lett. e), della legge n. 241 del 7 agosto 1990).

Nel caso di specie difettano anzitutto i presupposti per assimilare l’attività delle società private oggetto della domanda di accesso (relativa a documenti da cui desumere il grado di commercializzazione dell’apparecchiatura diagnostica) ad una attività di pubblico interesse disciplinata dalla normativa nazionale o comunitaria.

Manca infatti una disciplina nazionale o comunitaria che disciplini o condizioni le scelte imprenditoriali di un soggetto privato riguardo alle modalità di commercializzazione di un prodotto medicale, trattandosi di una attività riservata alle insindacabili valutazioni del management societario ovvero alle scelte di politica industriale (anch’esse incensurabili) del soggetto titolare del marchio o del brevetto, non potendo ravvisarsi, nei confronti di un soggetto privato, un obbligo giuridico di commercializzare un prodotto o un macchinario, financo ove possa ritenersi provata la sua positiva efficacia sulla salute umana.

ACCESSO AL CONTRATTO STIPULATO CON ALTRO SOGGETTO AGGIUDICATARIO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2012

L'art. 22 della l. 7 agosto 1990, n. 241 riconosce un diritto di accesso agli atti "a chiunque vi abbia interesse, per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti", mentre il regolamento attuativo (approvato con d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352) specifica all'art. 2 che questo interesse deve essere "personale e concreto", e nel successivo art. 9 che le disposizioni in materia si applicano, "in quanto compatibili, alle amministrazioni, associazioni e comitati, portatori di interessi pubblici e diffusi". Lo stesso art. 22, inoltre, definisce "documento amministrativo", ai fini dell'accesso, "ogni rappresentazione grafica […] di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attivita' di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale". Nulla impedisce dunque, in via di principio, la legittimazione attiva di un soggetto, anche come singolo partecipante ad una costituenda ATI, a prendere visione del contratto stipulato da altro soggetto aggiudicatario, dovendo un tale contratto corrispondere puntualmente a quanto oggetto di aggiudicazione, con lesione, in caso contrario, dell'interesse protetto dei partecipanti ad una gara di appalto alla sua corretta conclusione, tenuto conto anche della fase strettamente consequenziale (accordo contrattuale conforme al capitolato, posto come base di gara e all'offerta risultata migliore); analogamente, non puo' essere negata la legittimazione passiva alla domanda di accesso, finalizzata all'acquisizione di atti che debbono presumersi in possesso della medesima, quale soggetto delegato alla contrattazione.

Il soggetto attivamente legittimato, pertanto, puo' rivolgersi al legittimato passivo - in base alla normativa in esame - per conoscere singoli atti gia' materialmente posti in essere (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 aprile 2003, n. 1925), i quali che possono essere sia conclusivi che interni, ma debbono in ogni caso incidere in modo diretto sugli interessi del richiedente, che attraverso l'accesso è messo in grado di verificare la corretta ponderazione degli interessi coinvolti, nonche' l'esatta assunzione ed elaborazione dei dati decisionali assunti dall'amministrazione. Il medesimo soggetto non puo', invece, attivare forme di supervisione di un'attivita', che sospetta inefficiente o inefficace, o di cui si vuole verificare in via generale la legittimita': in senso preclusivo dispone, del resto, formalmente la norma di chiusura di cui all'art. 24, comma 3, della stessa l. n. 241 del 1990, in base al quale "non sono ammissibili istanze di accesso, preordinate ad un controllo generalizzato delle pubbliche amministrazioni" (cfr. anche Cons. Stato, VI, 27 febbraio 2008, n. 721).

PUBBLICITA' DELLE GARE PER I CONTRATTI PUBBLICI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2012

Il principio di pubblicita' delle gare per i contratti pubblici è radicato in canoni di diritto comunitario ed interno, costantemente applicati dalla giurisprudenza amministrativa, a norma delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, nonche' dell'art. 2, c. 1 del D.Lgs. n. 163/2006, in applicazione dei principi di par condicio dei concorrenti e di trasparenza dell'azione amministrativa. Nella sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 13/11 del 28.7.2011, si chiarisce anche come debba operarsi in seduta pubblica la verifica dell'integrita' dei plichi e la presa d'atto del contenuto dei medesimi, con rinvio alla seduta riservata delle valutazioni di natura tecnico-discrezionale. In tale ottica i partecipanti alla gara debbono essere garantiti dal fatto che la documentazione, prodotta in sede di gara, non abbia subito e non possa ulteriormente essere oggetto di manomissioni o alterazioni, ferme restando la successiva disamina delle offerte, da parte della commissione aggiudicatrice, in seduta non pubblica e la concomitante possibilita' per i concorrenti di piu' approfondita conoscenza della documentazione stessa, ove ritenuto necessario, in sede di accesso agli atti, a norma degli artt. 22 e seguenti della l. n. 241/1990. Pertanto, nel caso specie, la procedura non puo' che ritenersi corretta, non risultando contestato che la commissione abbia in seduta pubblica consentito di verificare l'integrita' dei plichi, dato lettura del contenuto degli stessi e siglato, quindi, tutte le buste in modo tale da escluderne la successiva manomissione: nulla di piu' in effetti, doveva ritenersi richiesto, sia dal bando che dalla normativa - nazionale e comunitaria - di riferimento.

ACCESSO ATTI MOTIVATO A TUTELA DELL'INTERESSE ATTUALE E CONCRETO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Focalizzando l’attenzione sul carattere autonomo del diritto di accesso rispetto alla proposizione di una azione giudiziale il Collegio ritiene che il TAR abbia, in maniera corretta, giudicato insussistente un interesse concreto e attuale, ex art. 22 / B) l. n. 241/90 –non bastando, per identificarlo come tale, l’interesse a conoscere con esattezza per quali prestazioni e relative fatture, ancora insolute, la mandante A potrebbe essere chiamata a rispondere da sub appaltatori e fornitori–, essendo stata posta in correlazione, in modo appropriato, l’insussistenza di un interesse avente le caratteristiche suddette –lo “spessore minimo indispensabile” (v. sent. cit.)- con la mancata dimostrazione di inadempienze della C Asfalti verso fornitori e sub appaltatori, o col fatto che (da questi ultimi) non siano giunti alla A formali sollecitazioni di pagamento, o col rilievo per cui la condizione di difficolta' (stato di liquidazione, insolvenza) in cui verserebbe C Asfalti, oltre a essere vigorosamente contestata dalla medesima, “non è accompagnata da alcun dato probatorio”. Nel giudicare legittimo il diniego di accesso a documenti dai quali risultino gli importi dovuti dalla C Asfalti a subappaltatori e fornitori il TAR (v. pagine 5 e 6 sent. cit.) ha tra l’altro ritenuto, in modo corretto, non “affiorante” quell’interesse concreto e attuale che la l. n. 241/90 richiede per fondare il diritto di accesso. E la posizione dell’appellante non appare “agganciata” al presupposto normativo fissato dall’art. 22 della l. n. 241/90 secondo cui l’accesso implica la dimostrazione di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.

LEGITTIMAZIONE ATTIVA NELLE ATI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi, sussiste la legittimazione attiva ad agire in giudizio della singola impresa in associazione, sia essa mandataria o mandante e anche se il raggruppamento sia stato gia' costituito (al momento dell’offerta o della costituirsi all’esito dell’aggiudicazione), in quanto il mandato conferito alla capogruppo di un’associazione temporanea non preclude alla singola impresa mandante di proporre un’impugnazione sulla base della propria autonoma e persistente legittimazione, ricollegabile all’interesse di cui è titolare all’interno del raggruppamento, mancando una espressa previsione in tal senso nella normativa comunitaria di riferimento ed in quella nazionale di recepimento, in materia di appalti di servizi, di lavori e di forniture (C.d.S., sez. V, 15 ottobre 2010, n. 7524; 6 marzo 2007, n. 1042; 29 marzo 2006, n. 1600; sez. VI. 8 ottobre 2008, n. 4931).

Sebbene la Sezione con la decisione 25 febbraio 2009, n. 1115, abbia effettivamente ritenuto sussistente l’interesse attuale, diretto e concreto, ex art. 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, all’accesso a documenti riguardanti l’esecuzione di un contratto (di servizio), in quel caso la conoscenza era finalizzata a dimostrare, attraverso la prova dell’inadempimento delle prestazioni contrattuali, l’originaria inadeguatezza dell’offerta vincitrice della gara, finalita' e circostanze che invece non si rinvengono nella fattispecie in esame ove si evidenzia al di la' di ogni ragionevole dubbio la mancanza di un interesse diretto, concreto e attuale alla conoscenza del progetto definitivo dell’opera da realizzare, conoscenza che altrimenti si configurerebbe come un mero inammissibile interesse alla curiosita' o ad un generico controllo sulla gestione del rapporto negoziale in questione

SOGGETTI PUBBLICI - ACCESSO MOTIVATO AI DOCUMENTI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Va osservato che la menzione legislativa del principio della “leale cooperazione istituzionale” non puo' essere intesa come preclusiva dell’applicabilita' dell’istituto dell’accesso nei confronti dei soggetti pubblici aspiranti ad un’acquisizione documentale.

Specialmente in presenza di un “sistema” di soggetti pubblici tanto pletorico e disarmonico come quello nazionale, non vi sarebbe infatti ragione di ritenere riservato ai privati tale istituto, che offre il non trascurabile vantaggio di uno statuto di precise garanzie e di tutela giuridica anche in sede giudiziale, e di abbandonare invece in toto i soggetti pubblici che siano interessati ad ottenere un’ostensione documentale alle incognite di una collaborazione spontanea –inevitabilmente non sempre sollecita e puntuale- dell’Amministrazione di volta in volta legittimata passiva.

Non pare invero dubbio che l’esigenza di accesso avvertita da una Pubblica amministrazione debba disporre di una tutela di base almeno equivalente a quella accordata dalle norme generali del diritto pubblico alla generalita' dei consociati, a meno di non incorrere in un inopinato quanto illogico ribaltamento di rapporti, in fatto di intensita' di tutela, tra interessi privati e pubblici.

Atteso allora che l’art. 22, comma 1, lett. b) della legge n. 241-1990 annovera pur sempre tra i soggetti “interessati” anche i portatori di interessi pubblici, anche un “soggetto pubblico” puo' quindi avvalersi, ove ritenga, dell’istituto dell’accesso ai documenti (in tal senso, almeno in parte, cfr. C.d.S., V, n. 5573 del 7 novembre 2008).

Le quante volte cio' accada, il richiamo legislativo al principio di leale cooperazione istituzionale non è pero' privo di valenza.

Tale canone, pur nella sua elasticita', esige comportamenti coerenti e non contraddittori, un confronto su basi di correttezza e apertura alle altrui posizioni e al contemperamento degli interessi, e, d’altro canto, non tollera atteggiamenti dilatori, pretestuosi, ambigui, incongrui o insufficientemente motivati (cfr., tra le tante, C.Cost. n. 379 del 2771992 e n. 242 del 1871997).

Lo stesso principio è allora suscettibile di rilevare non solo come criterio orientativo per l’interpretazione specifica delle norme generali in tema di accesso, ma anche quale regola ulteriore, complementare e di diritto speciale, ossia come canone aggiuntivo per stabilire se la singola richiesta ostensiva del soggetto pubblico debba avere corso. Canone che acquista precisione di contorni specialmente se calato all’interno del particolare modulo relazionale di diritto pubblico che (eventualmente) intercorra tra i soggetti attivo e passivo dell’accesso, e che integra una cornice di particolare ausilio per decifrare la misura della cooperazione istituzionale dovuta.

Uno degli schemi relazionali che possono presentarsi, a questo riguardo, puo' essere anche quello tipicamente intercorrente tra concedente e concessionario (benche' questo sia normalmente una comune societa' di capitali, piuttosto che un’Amministrazione pubblica). Il richiedente l’accesso è infatti designato dall’art. 22, comma 5, legge cit., come “soggetto pubblico”, mentre nella veste di possibile soggetto passivo dello stesso accesso vengono in rilievo tutte le categorie individuate dall’art. 23 della legge n. 241, ivi inclusi, quindi, anche i gestori di pubblici servizi.

Il richiamo alla “leale cooperazione istituzionale” vale percio' anche nei confronti di questi ultimi, avuto riguardo alla loro pur limitata posizione pubblicistica (che è lo stesso fattore, peraltro, che ha giustificato la loro sottoposizione all’obbligo di dare accesso alla stessa stregua delle PP.AA., in forza dell’art. 23 legge cit.).

ACCESSO ATTI - PROVVEDIMENTO AGGIUDICAZIONE - MODALITA' TRASMISSIONE

TAR LOMBARDIA BS SENTENZA 2011

Il diritto di accesso di cui all’art. 22 della legge 7 agosto 1990 n. 241 è autonomo rispetto alla situazione giuridica sottostante, e dunque il richiedente puo' dare prova del proprio interesse ad avere copia degli atti richiamando tale situazione giuridica senza pero' essere costretto a dimostrarne in anticipo la fondatezza.

Una stazione appaltante costituita in forma di societa' di capitali che opera per conto di enti pubblici è essa stessa amministrazione depositaria in relazione agli atti della gara. Non spetta all’amministrazione depositaria stabilire se vi siano ancora i termini per azionare la situazione giuridica che giustifica la richiesta di accesso, tranne nelle situazioni ormai evidentemente cristallizzate per l’ampiezza del tempo trascorso. A maggior ragione l’amministrazione depositaria deve astenersi da simili valutazioni quando l’accesso puo' integrare per il richiedente la condizione di piena conoscenza ai fini della proposizione di un ricorso giurisdizionale;

La comunicazione del 28 dicembre 2010 recante la notizia dell’aggiudicazione non è neppure conforme all’art. 79 comma 5-bis del Dlgs. 12 aprile 2006 n. 163, in quanto non risulta inviata tramite lettera raccomandata a/r o con le altre modalita' ivi descritte, e dunque non è utile a far decorrere il termine impugnatorio previsto dall’art. 120 comma 5 cpa;

Per quanto riguarda l’offerta tecnica della controinteressata, la ricorrente ha utilizzato lo strumento dell’accesso difensivo di cui all’art. 13 comma 6 del Dlgs. 163/2006. In base a tale norma il diritto di difesa prevale sui segreti tecnici o commerciali, purche' la conoscenza degli stessi sia rilevante ai fini della controversia. A fronte di un diritto di accesso particolarmente qualificato la protezione che puo' essere attribuita alle offerte tecniche deve essere contenuta entro limiti rigorosi. In generale è possibile apporre degli omissis solo sulle parti coperte da brevetto o per le quali vi sia un impegno di non divulgazione con soggetti terzi a difesa della proprieta' industriale di questi ultimi. Lo schema operativo di un appalto di servizi come quello in esame non ricade in tali categorie, e dunque l’eccezione di riservatezza non puo' dirsi proposta correttamente.

CODACONS - LIMITI AL DIRITTO DI ACCESSO AGLI ATTI

ITALIA SENTENZA 2011

Deve ritenersi sussistente il diritto di accesso del Codacons agli atti del comune concernenti l’approvazione del progetto esecutivo e la realizzazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti atteso che, riguardo a tali atti, l’istanza del Codacons risulta pertinente ai fini statutari dell'associazione in quanto rivolta alla tutela dell'interesse degli utenti del relativo servizio.

ISTANZA DI ACCESSO AGLI ATTI DA PARTE DI DITTE SUBAPPALTATRICI

TAR LAZIO RM SENTENZA 2010

È illegittimo il silenzio serbato dalla p.a. sull’istanza di accesso agli atti inerenti ad una procedura di appalto di lavori avanzata dalla societa' subappaltatrice.

La giurisprudenza amministrativa afferma che nel campo della contrattualistica pubblica, l'interesse delle ditte subappaltatrici a conoscere dei documenti amministrativo – contabili relativi all'esecuzione dei lavori appaltati si differenzia da quello della generalita' dei cittadini ed assurge a posizione giuridica qualificata (cosi', ad esempio, TAR Lombardia, sez. I, 08 febbraio 2007 , n. 209).

Nel caso in esame, la pretesa a tutela della quale parte ricorrente ha formulato istanza di accesso, essendo insorta controversia sui corrispettivi relativi al subappalto, si fonda, in particolare, sull’art. 118 del d.lgs. n. 163/2006, a tenore del quale l'appaltatore che ricorre al subappalto deve praticare, per le prestazioni subappaltate, gli stessi prezzi unitari risultanti dall'aggiudicazione, con ribasso non superiore al 20%. Con specifico riguardo alla contabilita' dei lavori, è stato poi affermato che si tratta di “documentazione che, ancorche' afferente a rapporti interni tra P.A. ed appaltatore e, quindi, formalmente privatistici, cio' non di meno attiene ad un contratto d'appalto di opere pubbliche e all'esecuzione dei relativi lavori e, quindi, ad un ambito di sicura rilevanza pubblicistica; attraverso l'esecuzione delle dette opere in virtu' del contratto d'appalto l'Amministrazione mira, infatti, essenzialmente a perseguire le proprie finalita' istituzionali“ (Cons. St., sez. IV, 27 aprile 1999, n. 743).

Nel caso di specie, come gia' accennato, la domanda di accesso della societa' ricorrente assume una funzione strumentale alla tutela della propria situazione, giuridicamente rilevante, di subappaltatrice (cfr. contratto di subappalto, in atti), prevalendo, dunque, sull’interesse alla riservatezza della societa' controinteressata.

In conclusione va dichiarato l'obbligo della S.A. di fornire alla societa' subappaltatrice, ai sensi dell'art. 22 della legge n. 241/1990, copia dei documenti dalla stessa indicati nell’istanza del 26 gennaio 2010.

ANAS - APPALTO DI INFRASTRUTTURE - DIRITTO DI ACCESSO AGLI ATTI

TAR SICILIA CT SENTENZA 2010

Sulla base dell’art. 23 della L. 241/90, il diritto di accesso si esercita nei confronti “delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi”. A sua volta, nell’ambito dell’istituto dell’accesso, il concetto di “pubblica amministrazione” viene ampliato con la previsione contenuta nel precedente articolo 22, che annovera tra i soggetti passivi dell’azione non solo i “soggetti pubblici” ma anche i “soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attivita' di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”. L’ANAS s.p.a. – allorchè agisce quale soggetto aggiudicatore di un appalto relativo alla costruzione di infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale ex D. Lgs. 190/2002 – puo' godere della predetta qualificazione di soggetto esercente attivita' di pubblico interesse.

Sul punto va rilevato che – benche' il D. Lgs. 190/2002 risulti oggi abrogato e sostituito dagli art. 161 e ss. del Codice dei contratti pubblici – la normativa all’epoca vigente (e quella che oggi la ha sostituita) sulla base della quale l’ANAS ha appaltato l’esecuzione dell’opera in questione è espressamente rivolta alla realizzazione di “infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale”. Appare, quindi, difficilmente sostenibile che l’attivita' contrattuale di cui si chiede la pubblicizzazione non rientri nel novero dell’attivita' di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario, con l’ulteriore precisazione che il “pubblico interesse” non puo' essere considerato immanente solo alla fase di individuazione o scelta del contraente e non anche nella successiva fase di esecuzione del contratto. E’ stato infatti affermato che “In base alla disciplina contenuta negli artt. 22 e seguenti della legge n. 241/90, il diritto di accesso puo' esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica, purche' concernenti attivita' di pubblico interesse; i documenti attinenti alla fase di esecuzione di un contratto di appalto pubblico sono pertanto soggetti all'esercizio del diritto di accesso.” (Tar Lombardia Milano, 373/2010).

DIVIETO ESTRAZIONE COPIA - SEGRETI COMMERCIALI - SITUAZIONI GIURIDICAMENTE RILEVANTI

TAR CAMPANIA SENTENZA 2009

Centrale appare, ai fini dell'azionabilita' del diritto di accesso e dell'individuazione delle relative posizioni legittimanti, la nozione di "tutela di situazioni giuridicamente rilevanti", cui fa riferimento la precitata disposizione dell'art. 22 della legge n. 241.

Di detta nozione l'elaborazione giurisprudenziale ha fornito un'ampia portata, puntualizzando come essa non vada riferita al solo esercizio di azioni a tutela di diritti soggettivi o di interessi legittimi, avendo l'accesso funzione strumentale e propedeutica alla tutela di qualunque situazione capace di comportare ripercussioni positive o negative sulla sfera giuridica dell'istante (TAR Lazio, III, 15 settembre 1993, n. 1534); dovendo in essa ricomprendersi anche il momento di partecipazione all'interno del procedimento amministrativo l'assunzione di iniziative idonee ad incidere in concreto sull'esercizio dei poteri autoritativi, tenuto conto delle situazioni soggettive che si intendono salvaguardare (TAR Lazio, II, 25 novembre 1992, n. 2202 e 7 agosto 1993, n. 950).

Nel caso di specie la stazione appaltante ha negato l’estrazione di copia dei documenti in quanto gli stessi contengono informazioni di carattere commerciale riservato, nonche' illustrano strategie aziendali che, se divulgate ai concorrenti, potrebbero produrre danno economico all’azienda; la stazione appaltante aveva consentito, per ragioni di cautela, a tutela della riservatezza dell’impresa, l’accesso nella sola forma della visione della documentazione concorsuale inerente all’impresa aggiudicataria, senza possibilita' di riproduzione della stessa.

Tuttavia siffatto rilievo non è condivisibile, atteso che non si vede in qual modo un appalto relativo all’affidamento di un ordinario servizio di mensa aziendale, possa implicare da parte delle ditte partecipanti alla relativa gara la presentazione di offerte progettuali che, in quanto frutto di studi, scelte, esperienza professionale e capacita' d’inventiva, recherebbero dei segreti industriali e commerciali tali da non potere essere divulgate senza danneggiare economicamente l’impresa offerente.

La Sezione, a piu' riprese, ha avuto modo di pronunciarsi sul punto affermando che: ""La domanda ed i documenti prodotti dai candidati, i verbali, le schede di valutazione e gli stessi elaborati costituiscono documenti rispetto ai quali deve essere esclusa in radice l’esigenza di riservatezza a tutela dei terzi, posto che i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione di cui la comparazione dei valori costituisce l’essenza"" (T.A.R. Campania, Sez. V, n. 6256/2002 e n. 7538 del 12.9.2007), tenuto conto altresi' che tali atti, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti (Cfr: C.di S. , sez. VI, n. 260/1997 e T.A.R. Emilia Romagna n. 274/2001).

Pertanto, nella descritta situazione, alcun dubbio puo' residuare circa la sussistenza in capo alla Societa' ricorrente di un interesse giuridicamente rilevante ad accedere alla documentazione richiesta e contestualmente ad estrarre copia degli atti, al fine di eventualmente contestarne la validita' e la veridicita'.

ACCESSO ATTI - TITOLARITA' E LIMITI

TRGA TRENTINO ALTO ADIGE SENTENZA 2009

La ricorrente, quale impresa ammessa a procedura ristretta, classificatasi al terzo posto in graduatoria, è titolare di una posizione qualificata e differenziata legittimante il diritto di accesso alla documentazione tecnica presentata dai concorrenti collocatisi in posizione poziore in graduatoria.

L’interesse legittimante l’accesso non richiede in capo all’istante l’esistenza di una situazione giuridica azionabile in giudizio, essendo sufficiente che questi sia titolare di una posizione differenziata, non necessariamente coincidente con un diritto soggettivo o con un interesse legittimo (cfr. ex multis CdS Sez. VI 18.12.2007, n. 6545). Anche nel caso quindi che fossero scaduti i termini per un ricorso giurisdizionale non verrebbe meno l’interesse della ricorrente all’estrazione di copia dei documenti richiesti, considerata l’esistenza di ulteriori strumenti di protezione rispetto al ricorso giurisdizionale (ad esempio la sollecitazione dell’esercizio di poteri di autotutela, la presentazione di esposti volti alla verifica della regolarita' dell’azione amministrativa in questione, la formalizzazione di richieste risarcitorie in sede civile, in ipotesi di accoglimento della tesi che non postula il pregiudiziale annullamento del provvedimento amministrativo) (cfr. CdS, Sez. IV 1.10.2007, n. 5039).

Va inoltre evidenziato come il comma 2 dell’art. 22 della legge n. 241/1990, come innovata dalla legge n. 15/2005, in cui si afferma che “l’accesso ai documenti amministrativi”….omissis “costituisce principio generale dell’attivita' amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialita' e la trasparenza ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale…” conferma il fondamento costituzionale del diritto di accesso elevandolo a strumento attraverso il quale il cittadino contribuisce al perseguimento dei principi del buon andamento, dell’imparzialita' e della trasparenza dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost. (vedi ancora: CdS, Sez. VI 18.12.2007, n. 6545).

Ad 2 e 3. L’art. 26, comma 1, della L.P. 22 gennaio 1993, n. 17 recita: ”Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi…” e la legge 11 febbraio 2005, n. 15 ha abrogato la formulazione originaria dell’art. 24, comma 2, lett. d), della legge 7 agosto 1990, n. 241 ed ha definito il diritto di accesso come il “diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi” (vedi art. 22, comma 1, lett. a, come novellato), per cui è indubbio che entrambe le modalita' facciano parte integrante del diritto di accesso. Non si rinviene nella normativa una disposizione che preveda la simultaneita' delle due modalita' del diritto di accesso ed è effettivamente razionale e logica l’impostazione fornita dalla ricorrente, per cui solo in seguito alla visione degli atti puo' sorgere l’interesse ad ottenere copia di parte di questi. Ed invero la scelta di richiedere sin dall’inizio l’accesso agli atti tramite visione ed anche estrazione di copia (in tal caso si presume di tutti gli atti ed i documenti) oppure di richiedere prima la mera ostensione e, solo ravvisandone l’interesse, chiedere successivamente l’estrazione di copia, ad avviso di questo Collegio, spetta all’interessato e nell’ambito di tale scelta il lasso di tempo di sette giorni, trascorsi nel caso in esame tra la visione degli atti e la richiesta di copie, appare congruo e non eccessivo.

La tesi dell’amministrazione resistente di impossibilita' di frazionare il diritto di accesso, e quindi della sua presunta avvenuta consumazione, urta contro il dettato normativo ed inoltre, considerato che l’accesso tramite visione è gia' stato concesso, non sussistendo motivi ostativi, appare illogica e contraddittoria.

ACCESSO ATTI - RICHIESTA E LIMITI

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2009

Ai sensi del capo V della legge n. 241 del 1990, non sono accessibili (art. 22, comma 4, legge cit.) le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo e la pubblica amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso (art. 2, comma 2, secondo periodo, del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184). Inoltre, il richiedente, nella domanda, deve indicare gli estremi del documento oggetto della richiesta ovvero gli elementi che ne consentano l'individuazione, specificare e, ove occorra, comprovare l'interesse connesso all'oggetto della richiesta (art. 5, comma 2, d.P.R. n. 184 del 2006).

La domanda di accesso della ricorrente, oggetto di lite, non corrisponde alle ora riportate prescrizioni di legge e di regolamento, in quanto mira, in realta', non gia' all’accesso a documenti gia' formati ed esistenti, specificamente indicati, ma ad ottenere una ricognizione di atti meramente privatistici che rientrano nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti contraenti e, come tali, in alcun modo possono ricollegarsi alla nozione di documento amministrativo quale prevista e tutelata dalla normativa sul diritto di accesso di cui agli art. 25 e ss. L. n. 241 del 1990.

Il nuovo regolamento recante la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi, introdotto con il D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 (pubblicato sulla G.U.R.I. n. 114 del 18 maggio 2006) contiene, all’art. 2, comma 1 (“Ambito di applicazione”), una previsione aggiuntiva rispetto al testo della legge n. 241/1990 e piu' restrittiva, secondo la quale: “Il diritto di accesso ……è esercitabile nei confronti di tutti i soggetti…..di diritto privato limitatamente alla loro attivita' disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”. Tale locuzione aggiuntiva potrebbe per certi aspetti autorizzare un ripensamento della su indicata giurisprudenza piu' estensiva (Cfr: T.A.R. Campania, Sez. V, n. 7729 del 22 giugno 2006), per la qual cosa pienamente condivisibile è quanto rilevato dalla G.. S.p.a. nella nota impugnata alla stregua della quale: “la richiesta di accesso ai documenti non ha ad oggetto gli atti della procedura ad evidenza pubblica conclusasi con l’aggiudicazione dei lavori alla societa' D. S.p.a., ma i successivi atti contrattuali, la cui disciplina, come è pacifico, ricade esclusivamente nel diritto privato”.

ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA E ACCESSO AGLI ATTI

TAR LAZIO RM SENTENZA 2008

Le associazioni di categoria che raggruppano le principali aziende operanti nei settori economici di riferimento, anche alla stregua delle finalita' istituzionali e statutarie, sono portatrici di un interesse qualificato in ordine al corretto andamento delle commesse pubbliche nei settori stessi, e di un interesse, in particolare, volto ad impedire che in essi operino, con conseguente alterazione del mercato, soggetti privi dei requisiti di qualita' richiesti dalla normativa in materia e valorizzabili, tra l’altro, nelle attestazioni SOA. Esse sono pertanto da ritenere legittimate ad accedere agli atti dei procedimenti ispettivi dell’Autorita' per la Vigilanza sui contratti pubblici relativi alle attestazioni SOA.

E’ illegittimo l’art. 2, comma 2, del regolamento dell’Autorita' per la Vigilanza sui lavori Pubblici, adottato con deliberazione 31 agosto 2000, il quale esclude l’accesso agli atti interni del procedimento, per contrasto con l’art. 22, comma 1, lett. d) della L. 241 del 1990, il quale ricomprende tra gli atti ostensibili anche quelli interni. Il bilanciamento tra diritto di accesso degli interessati e diritto alla riservatezza dei terzi non è stato rimesso alla potesta' regolamentare o alla discrezionalita' delle singole amministrazioni, ma è stato compiuto direttamente dalla legge (vedi art. 24 comma 7 L. n. 241/90) che, nel prevedere la tutela della riservatezza dei terzi, ha fatto salvo (come del resto l’art. 1 comma 1 dello stesso Regolamento 31.8.2000 dell’Autorita' di Vigilanza resistente) il diritto degli interessati all’ostensione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici (vedi Cons. Stato, VI, 7.6.2006 n. 3418).

ACCESSO ATTI - DATI SENSIBILI E SENSIBILISSIMI

TAR ABRUZZO PE SENTENZA 2008

L’art. 47 L. n. 196/2003 attiene ai “trattamenti di dati personali direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie .. che hanno una diretta incidenza sulla funzione giurisdizionale, nonche' le attivita' ispettive su uffici giudiziari”; il Tribunale, invero, ha gia' trattato la vicenda in sede di merito e non deve acquisire piu' alcuna documentazione.

L’art. 22 L. n. 241/1990 riconosce il “diritto d’accesso” che si sostanzia nel prender visione ed estrarre copia degli atti, sul presupposto di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento detenuto dal soggetto pubblico; piu' in generale, tale diritto ha rilevanti finalita' pubbliche, perche' realizza il principio importante della stessa attivita' amministrativa, la cd. democrazia amministrativa, fatta di partecipazione, imparzialita' e trasparenza.

In linea generale tutti i documenti amministrativi sono accessibili e le esclusioni sono indicate dall’art. 24: a) atti coperti da segreto di Stato, b) inerenti ai procedimenti tributari, c) che attengono all’attivita' normativa, amministrativa generale, di pianificazione e di programmazione, d) atti selettivi psicoattitudinali di terzi; non è ammesso il cd. controllo generalizzato dell’operato dell’Amministrazione e l’interferenza sulla sicurezza dello Stato, sulla sovranita' e le relazioni internazionali, sulla politica monetaria e valutaria, sull’ordine pubblico e l’investigazioni od indagini di P.G, nonchè la contrattazione collettiva.

Nel caso di documenti contenenti dati “sensibili” e “giudiziari”, l’accesso deve comunque essere garantito, nei termini strettamente indispensabili, se gli stessi siano necessari per curare o difendere gli interessi giuridici dell’istante.

Particolare trattamento è riservato ai dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale (art. 60 D. Lgs. n. 196/2003), la cui conoscenza non è comunque esclusa se vi è una situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare, consistenti in diritti della personalita' ed altro diritto o liberta' fondamentale ed inviolabile. C’è, quindi, un bilanciamento che, in relazione agli interessi vantati, puo' fare recedere il diritto d’accesso o la riservatezza del terzo, con la precisazione che la cura o difesa di interessi giuridici dell’istante hanno prevalenza sulla esigenza di riservatezza, mentre per i dati “sensibilissimi” (origine razziale etnica, convinzioni religiose, politiche , situazioni di salute e vita sessuale), l’accesso è possibile solo in presenza di diritti di pari rango (C.S., VI, n. 1896/2005).

ACCESSO ATTI DIFFERITO - LIMITI

TAR PUGLIA BA SENTENZA 2008

Il diritto di accesso, secondo l’art. 13, comma 2 lett. c) del D.Lgs. 163/2006, puo' essere differito fino alla aggiudicazione solo “in relazione alle offerte” presentate dalle societa' partecipanti e non puo' invece essere opposto alla richiesta di documenti presentata dalla societa' che aveva ad oggetto i documenti attestanti i requisiti di ammissione alla gara, i verbali di gara e i provvedimenti di riammissione alla procedura delle societa' che in un primo tempo erano state escluse.

SERVIZIO PUBBLICO - NEGAZIONE ALL'ACCESSO AGLI ATTI AMMINISTRATIVI

CGA SICILIA SENTENZA 2008

Nei casi in cui la legge impone al gestore del pubblico servizio l'attivazione di procedimenti per la formalizzazione delle proprie motivate determinazioni, anche di scelta dei propri contraenti (come avviene in materia di appalti pubblici di lavori, servizi o forniture), la normativa di settore equipara l'attivita' del soggetto privato a quella tipicamente amministrativa, per quanto riguarda l'ambito di operativita' dell'art. 97 della Costituzione e dell'istituto dell'accesso.

L'accesso è esercitabile nei confronti del gestore in relazione alle modalita' con cui è materialmente gestito il servizio pubblico e a cio' che attenga alla sua organizzazione: i destinatari del servizio possono accedere agli atti suscettibili di incidere sulla qualita' del servizio, sul rispetto delle norme che proteggono gli utenti e sul soddisfacimento delle loro esigenze.

Oltre alle attivita' da svolgere sulla base di una norma ed a quelle direttamente riguardanti la gestione del servizio, l'accesso puo' avere luogo anche in relazione alla residua attivita' del gestore, quando si manifesti un interesse pubblico prevalente rispetto a quello imprenditoriale, sulla base di un giudizio di bilanciamento.

Sulla base di questa premessa di ordine sistematico, è agevole constatare che il diritto di accesso puo' negarsi con riferimento ad atti correlati ad attivita' imprenditoriali accessorie e strumentali allo svolgimento del pubblico servizio.

PUBBLICITA' - TERMINI PER L'IMPUGNAZIONE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Le pubblicazioni sul bollettino regionale e su un quotidiano a diffusione nazionale, eseguite ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 10 della legge 241 del 1990 (espressamente richiamato nell’intestazione degli avvisi), sono idonee a far decorrere il termine decadenziale d’impugnazione, secondo la disposizione predetta, contenendo esse tutte le informazioni minime necessarie per rendere edotti gli interessati dei due fatti essenziali presi in considerazione dalla norma: l’approvazione di un progetto preliminare, all’esito di una conferenza di servizi; l’acquisizione, su tale progetto, della prescritta valutazione d’impatto ambientale.

Il Giudice definisce l’idoneita' oggettiva delle forme di pubblicita' in concreto osservate al raggiungimento dello scopo d’informazione voluto dalla legge, dando rilievo al fatto che il loro contenuto informativo minimo era sufficiente per dare al cittadino interessato, che avesse usato della media diligenza esigibile, tutte le informazioni necessarie a indurlo ad acquisire visione degli atti e a proporre tempestivamente un ricorso nei sessanta giorni dalla avvenuta pubblicazione.

INTERESSE ALL'ACCESSO AGLI ATTI - SITUAZIONE GIURIDICAMENTE RILEVANTE

TAR LAZIO RM SENTENZA 2008

La nozione di "situazione giuridicamente rilevante" ex art. 22, L. n. 241 del 1990, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, è stata interpretata come nozione diversa e piu' ampia rispetto all'interesse all'impugnativa, che non presuppone neppure necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo. La legittimazione all'accesso, conseguentemente, viene riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell'accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l'autonomia del diritto d'accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante alla impugnativa dell'atto ( Cds Sez. VI, sent. n. 6440 del 27-10-2006). Nel caso di specie, il cessionario ha un interesse concreto alla conoscenza degli atti relativi al contratto di appalto per la tutela di una situazione giuridicamente rilevante che è il proprio rapporto contrattuale di credito.

Per quanto riguarda i documenti relativi alla attivita' contrattuale sono soggette all'accesso tutte le tipologie di attivita' delle pubbliche amministrazioni e, quindi, anche gli atti disciplinati dal diritto privato, atteso che essi rientrano nell'attivita' di amministrazione in senso stretto degli interessi della collettivita' e che la legge non ha introdotto alcuna deroga alla generale operativita' dei principi della trasparenza e dell'imparzialita' e non ha garantito alcuna "zona franca" nei confronti dell'attivita' disciplinata dal diritto privato (Cds AP, 22 aprile 1999, n. 4).

ESECUZIONE CONTRATTO - ACCESSO ATTI

TAR TOSCANA FI SENTENZA 2008

Una volta conclusa la fase pubblicistica della gara con l’aggiudicazione e la successiva stipula del contratto, non sussiste un interesse giuridicamente apprezzabile dell’impresa partecipante alla procedura di appalto a conoscere la correttezza o meno dell’esecuzione contrattuale da parte dell’aggiudicatario della gara. Dispone infatti adesso l’art. 22, comma 1, lett. b) della legge n. 241 del 1990 che si intendono per interessati all’accesso “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici e diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”. Dunque la vigente disciplina: a) conferma la necessaria sussistenza di un interesse differenziato e qualificato per potere accedere ad un certo provvedimento amministrativo; b) qualifica in termini rigorosi tale interesse che deve essere “diretto”, “concreto” e “attuale”; c) puntualizza che l’interesse che giustifica l’accesso deve essere specificamente “collegato al documento” cui si chiede di accedere.

Risulta palese l’assenza di un interesse attuale e concreto, se si considera che non è certo nella disponibilita' della ricorrente il provocare la risoluzione del contratto inter alios ne' risultano allo stato elementi da cui possa trarsi la sussistenza dei presupposti per tale esito negoziale. In altre parole il preteso diritto al subentro non risulta in alcun modo collegato agli atti di cui si richiede l’ostensione, stante la estraneita' della ricorrente al rapporto contrattuale in essere e ai possibili esiti della sua esecuzione.

L’art. 38 del Codice degli appalti attribuisce (..) alla stazione appaltante il potere di accertare “con qualsiasi mezzo di prova” la sussistenza del previsto “errore grave”, mentre tale norma non puo' essere letta come se fondasse un interesse tutelato dei singoli concorrenti a svolgere approfondite indagini personali sull’adempimento degli altri imprenditori in pregressi rapporti contrattuali.

ACCESSO ATTI - INTERESSE DIRETTO, CONCRETO ED ATTUALE

AVCP PARERE 2008

L’articolo 22 della legge n. 241/1990 e successive modifiche riconosce il diritto di accesso a “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”. Conseguentemente, l’istanza di accesso non può non essere adeguatamente motivata dalla sussistenza della titolarità di un interesse diretto, concreto ed attuale in relazione al documento richiesto.

Del resto, la stessa giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato la necessità che il soggetto richiedente indichi la specifica posizione giuridica legittimante l’istanza di accesso presentata. Ciò in quanto, pur essendo necessario garantire il diritto di accesso al fine di curare e difendere i propri interessi giuridici, non è, tuttavia, consentito esercitare tale diritto al solo fine di realizzare un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni, giusto quanto disposto dall’articolo 24, comma 3, della citata legge.

OGGETTO: istanza di parere su istanza per la soluzione delle controversie ex art. 6, c. 7, lett. n), del d. lgs n. 163/2006, presentata dalla T.T. s.r.l. - fornitura e messa in opera di n. 2 sistemi fissi di rilevamento digitale e automatico di inosservanza della luce semaforica di arresto. S.A: Città di M..

ACCESSO AGLI ATTI - AMMISSIBILITA' E LIMITI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

E’ jus receptum che le regole di trasparenza si applicano non solo alle pubbliche amministrazioni in senso stretto, ma anche ai soggetti privati chiamati all’espletamento di compiti di interesse pubblico, come i concessionari di pubblici servizi, società pubbliche ad azionariato pubblico, etc.; in particolare, è stato più volte precisato che l’attività amministrativa, cui si correla il diritto di accesso di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, concerne non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio, sia collegata a quest’ultima da un nesso di strumentalità anche sul versante soggettivo, dall’intensa conformazione pubblicistica; del resto anche gli atti disciplinati dal diritto privato rientrano nell’attività di amministrazione degli interessi della collettività e dunque sono soggetti ai principi di trasparenza e di imparzialità, non avendo in tal senso la legge stabilito alcuna deroga o zona franca.

La giurisprudenza ha già riconosciuto in situazioni del tutto analoghe il diritto all’accesso, precisando – ad esempio - che la ditta subappaltatrice dell’impresa titolare di un contratto di appalto di opere pubbliche (nella specie, lavori di ristrutturazione del centro storico di un comune) ha diritto di acceso, ai sensi dell’articolo 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, alla copia del registro di contabilità, trattandosi di documentazione che, seppure afferente a rapporti interni tra stazione appaltante e appaltatore (e quindi formalmente privatistica), attiene tuttavia al contratto e all’esecuzione dei lavori e quindi ad un ambito di rilevanza pubblicistica, giacché attraverso l’esecuzione delle opere l’amministrazione mira essenzialmente a perseguire le proprie finalità istituzionali; è stato altresì ammesso il diritto di accesso anche con riferimento agli atti utilizzati ai fini dell’esercizio del diritto di recesso ex art. 122 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, da qualificarsi come documenti amministrativi ai sensi dell’articolo 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e, quindi, non sottratti all’obbligo di ostensione.

Quanto alla dedotta interferenza della domanda di accesso con altri giudizi civili pendenti tra le parti, è stato pertanto chiarito che il diritto di accesso ai documenti non è ostacolato dalla pendenza di un giudizio civile o amministrativo nel corso del quale gli stessi documenti potrebbero essere stati richiesti; ciò senza contare che la società appellata ha contestato la completezza e la esaustività dei documenti che sono stati depositati dalla società appellante nel giudizio civile pendente tra le parti innanzi al Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Pontassieve.

Del tutto incomprensibile è il richiamo al comma 7 dell’articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che impone garanzie in caso di accesso ai documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, in caso di dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale che non si rinvengono (o comunque non sono stati rappresentati) nel caso in esame.

INTERESSE AD ACCEDERE AGLI ATTI

TAR LAZIO LT SENTENZA 2006

La disposizione di cui all'art. 22 comma 1, L. n. 241 del 1990, riconosce il diritto d'accesso a "chiunque vi abbia interesse", ma non ha introdotto alcun tipo di azione popolare tant'è che ha successivamente ricollegato siffatto interesse all'esigenza di tutela di "situazioni giuridicamente rilevanti". Quindi l’accesso alle procedure concorsuali e agli atti di gara, è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti stessi direttamente o indirettamente si rivolgono e che se ne possano avvalere per la tutela di una posizione soggettiva, la quale non può identificarsi con il generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa. on rientra inoltre tra i diritti specifici del cittadino anche l'interesse generale alla economicità dei contratti della pubblica amministrazione ed alla conoscenza dei costi di acquisizione delle prestazioni contrattuali.

DIRITTO ESTRAZIONE COPIA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2002

I partecipanti ad una procedura concorsuale sono titolari del diritto di accesso ai relativi atti, in quanto sono portatori di un interesse sicuramente differenziato da quello della generalità degli appartenenti alla comunità, in funzione della tutela di una posizione (quella di partecipante ad una pubblica gara) avente rilevanza giuridica. L’amministrazione è tenuta all'esibizione dei documenti richiesti ed all'eventuale estrazione di copia degli stessi.