Art. 345

ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 12 APRILE 2006, N. 163

È facoltativo all'Amministrazione di risolvere in qualunque tempo il contratto, mediante il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell'importare delle opere non eseguite.
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Giurisprudenza e Prassi

INADEMPIMENTO CONTRATTUALE – RECESSO – VALUTAZIONE COMPORTAMENTO DI ENTRAMBE LE PARTI

CORTE CASSAZIONE ORDINANZA 2020

In tema di appalto di opere pubbliche della L. n. 2248 del 1865, artt. 340,341 e 345, all. F, si limitano ad attribuire alla P.A. appaltante il potere di risolvere il contratto nei casi in cui, a suo discrezionale giudizio, ritenga che l'appaltatore sia inadempiente (Sez. 1, 23/02/2018, n. 4454); il provvedimento di rescissione adottato dalla stazione appaltante, della L. n. 2248 del 1865, ex art. 340, all. F, non impedisce all'appaltatore di agire per la risoluzione del contratto in base alle regole generali dettate per l'inadempimento contrattuale di non scarsa importanza, ai sensi degli artt. 1453 e 1455 c.c., poichè il potere autoritativo di cui si rende espressione il provvedimento di rescissione adottato dalla P.A., non è idoneo ad incidere sulle posizioni soggettive nascenti dal rapporto contrattuale aventi consistenza di diritti soggettivi (Sez. 1, 27/09/2018, n. 23323; Sez. 1, 27/10/2015, n. 21882; sez. 1, 29/10/2014, n. 22995).

Anche in tema di rescissione del contratto di appalto ai sensi della L. n. 2248 del 1865, art. 340, all. F, se è vero che l'accertamento - da parte del giudice del merito - dei presupposti stabiliti da tale norma per l'esercizio del diritto di autotutela della P.A. è autonomo, e non vincolato alla risultanze sulle quali l'Amministrazione si è basata per far valere il suo diritto potestativo, è pur vero che lo stesso deve essere compiuto in base alla disciplina privatistica degli artt. 1218 e 1453 c.c.. Tale disciplina, in particolare, non consente al giudice di isolare singole condotte di una delle parti e di stabilire se ciascuna di esse soltanto costituisca motivo di inadempienza a prescindere da ogni altra ragione di doglianza dei contraenti, ma impone al giudice di procedere alla valutazione sinergica del comportamento di entrambe, compiendo una indagine globale e unitaria, coinvolgente nell'insieme l'intero loro comportamento, anche se con riguardo alla durata del protrarsi degli effetti dell'inadempimento, perchè la unitarietà del rapporto obbligatorio, a cui ineriscono tutte le prestazioni inadempiute da ognuna delle parti non tollera una valutazione frammentaria e settoriale della condotta del contraente, ma ne esige un apprezzamento complessivo (Sez. 1, 31/10/2014, n. 23274).

RISARCIMENTO DANNI - QUANTIFICAZIONE E LIMITI ALLA RISARCIBILITA'

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2014

In relazione al profitto scaturente dallo svolgimento del contratto, considerato che la giurisprudenza prevalente oramai esclude che il lucro cessante da mancata aggiudicazione possa essere quantificato utilizzando il criterio di liquidazione forfettaria imperniato sulla formula del 10% del valore dell’appalto (di cui all’art. 345 della legge n. 2248 del 1865, all. F), sara' cura dell’amministrazione procedere alla sua quantificazione.

Il detto profitto complessivo sara' poi ridotto del 50%, come da giurisprudenza maggioritaria, ai sensi dell’art. 1227 c.c., atteso che il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno e appare del tutto incongrua, e non provata, l’affermazione della parte di non avere altrimenti impiegato le proprie maestranze in quanto certa del risultato favorevole del ricorso, evento che, in ogni caso, sarebbe imputabile alla stessa appellante (Consiglio di Stato, sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686).

Non dovranno essere conteggiate le spese sostenute per la partecipazione alla gara, in quanto elemento necessario per essere ammessi alla procedura e in ogni caso imputati esclusivamente alla partecipante.

Del pari, non potra' essere risarcito il danno cd. curriculare, che, secondo la piu' recente giurisprudenza, è non solo onere dell’interessato richiedere in sede giurisdizionale (come nella specie effettivamente accaduto) ma anche fornirne adeguatamente la relativa prova (Consiglio di Stato, sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7004; id., sez. V, 25 giugno 2014 n. 3220).

In merito poi all’applicazione di strumenti compensati per il ritardo nel risarcimento, da un lato il danneggiato va reintegrato nella stessa situazione patrimoniale nella quale si sarebbe trovato se il danno non fosse stato prodotto, cioè tramite la rivalutazione del credito avvalendosi del coefficiente di rivalutazione elaborato dall’Istat, applicando l’indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati, visto che non è stato dimostrato di poter fruire di un diverso indice di rivalutazione; dall’altro, si dovranno considerare gli interessi (c.d. compensativi), da calcolare secondo i criteri gia' fissati dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 1712/95), calcolati dalla data del fatto non sulla somma complessiva rivalutata alla data della liquidazione, bensi' sulla somma originaria rivalutata anno dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la predetta somma si incrementa nominalmente in base agli indici di rivalutazione monetaria (Consiglio di Stato, sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686).

RISARCIMENTO DEL DANNO - VOCI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Per il settore degli appalti il giudice comunitario ha inoltre affermato il principio della responsabilita' oggettiva della Pubblica Amministrazione in caso di illegittima mancata aggiudicazione di un appalto pubblico (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, III, 30 settembre 2010, C-314/09).

L'accertata illegittimita' della condotta dell'Amministrazione resistente rende dunque fondata la richiesta di risarcimento del danno per equivalente, non essendovi la effettiva possibilita' di reintegrazione in forma specifica, posto che il servizio per cui è causa risulta svolto da tempo.

La domanda di risarcimento del danno a carico dell’Amministrazione resistente va quindi accolta e si deve procedere alla sua liquidazione equitativa con le seguenti modalita', anche indicate nella giurisprudenza sopra citata:

- quantificazione del lucro cessante e, in aggiunta, del danno curriculare, che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è orientata a riconoscere senza necessita' di uno specifico supporto probatorio;

- calcolo del lucro cessante in riferimento alla previsione di utile sul valore dell’appalto che, se non adeguatamente dimostrata dal ricorrente, non è comunque computata nella misura del 10 per cento, secondo il criterio forfetario basato sull’art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. F, poiche' relativo ad altri istituti e suscettibile di portare a risarcimenti piu' favorevoli dell’impiego del capitale, e quindi da determinare in via equitativa in relazione alle circostanze di specie;

- non rimborso delle spese di partecipazione alla gara poiche' implicitamente assorbite dal compenso per l’esecuzione della prestazione affidata;

- rivalutazione monetaria della somma dovuta dalla data dell’aggiudicazione annullata alla pubblicazione della sentenza con cui è accolta la domanda risarcitoria e (trasformandosi da tale momento il debito di valore in debito di valuta) corresponsione degli interessi nella misura legale dalla detta data di pubblicazione fino al saldo effettivo.

GIURISDIZIONE CONTROVERSIE LAVORI, SERVIZI E FORNITURE

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2013

Nelle procedure aventi ad oggetto l'affidamento di lavori, servizi e forniture, soltanto la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima dell'aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto, ivi compresa la revoca dell'aggiudicazione, spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. Cass. n. 27169/07, n. 10443/08, n. 19805/08 e n. 20596/08), mentre la successiva fase contrattuale afferente all'esecuzione del rapporto, spetta alla giurisdizione del giudice ordinario. Fa eccezione al principio della generale devoluzione al giudice ordinario delle controversie correlate ad un rapporto giuridico gia' costituito l'ipotesi del recesso dell'appaltante ai sensi del D.P.R. n. 252 del 1998, art. 11, commi 2 e 3, fondato sulla acquisizione della informativa prefettizia sul sospetto di infiltrazioni mafiose nei riguardi dell'impresa appaltatrice, quand'anche gia' stipulante (cio' in quanto il potere di recesso, del tutto alternativo a quello generale di cui alla L. n. 2248 del 1865, art. 345, all. F, è espressione di un irrinunciabile potere autoritativo di valutazione discrezionale dei requisiti del contraente a fronte del quale l'appaltatore - contraente gode della posizione dell'interesse legittimo azionabile innanzi al giudice amministrativo: cfr. Cass., SU, n. 21928 e n. 28345 del 2008); nonche' la recente estensione della giurisdizione esclusiva a ricomprendere la cognizione della perdurante efficacia del contratto conseguentemente all'accertamento dei vizi della procedura di affidamento).

ANNULLAMENTO GIURISDIZIONALE DELL'AGGIUDICAZIONE - DETERMINAZIONE DEL RISARCIMENTO DANNI

TAR LAZIO SENTENZA 2012

Secondo una consolidata giurisprudenza, il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione, richiedendosi la positiva verifica di tutti i requisiti previsti, e cioè la lesione della situazione soggettiva tutelata, la colpa dell’Amministrazione, l’esistenza di un danno patrimoniale e la sussistenza del nesso causale tra l’illecito ed il danno subito (cfr. tra le tante CONS. STATO – SEZ.V – 28 maggio 2004 n. 3465). Nella fattispecie, per quanto riguarda la situazione soggettiva, l’operato dell’Amministrazione ha violato l’interesse legittimo della ricorrente ad un corretto svolgimento della gara, al quale era sotteso l’interesse pretensivo al c.d. “bene della vita”, rappresentato dall’aggiudicazione della gara stessa. Secondo il Collegio, la ricorrente ha quindi assolto l’onere probatorio previsto dall’art. 2697 cod. civ., secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda, poiche' l’esistenza del danno è stata provata in modo univoco, dato che con la corretta applicazione delle regole di gara la ricorrente sarebbe risultata aggiudicataria, con la conseguenza che gli elementi prodotti in giudizio appaiono sufficienti per emettere una pronuncia che statuisca sul quantum spettante alla ricorrente a titolo di riparazione pecuniaria. Occorre, pertanto, procedere alla liquidazione in concreto del danno, ossia a determinare la misura dell’obbligazione pecuniaria dovuta dall’Amministrazione resistente in sostituzione del bene della vita perduto. Il lucro cessante puo' essere direttamente rapportato all’utile che l’impresa avrebbe conseguito a seguito dell’aggiudicazione illegittimamente negata. Tale utile, che la prevalente giurisprudenza mutua dall’art. 345 della legge 20/3/1865 n. 2248, all. F) (riprodotto dall’art. 122 del regolamento, emanato con D.P.R. 21/12/1999, n. 554 e dall’art. 37 septies, comma primo, lettera c, della legge 11/2/1994 n. 109, ora art. 134 D. L.vo 163 del 2006), puo' individuarsi nella misura del 10% del valore dell’importo che avrebbe dovuto essere corrisposto nel caso di effettiva aggiudicazione.

QUANTIFICAZIONE RISARCIMENTO DANNI RAGGUAGLIATO ALL'IMPORTO OFFERTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2012

Il Collegio in applicazione dell’art. 122 del codice del processo amministrativo ritiene di non dover dichiarare l’inefficacia del contratto gia' stipulato ed il subentro dell’appellante in quanto, per il lungo tempo trascorso, è ragionevole presumere che i lavori siano stati eseguiti quanto meno in grande percentuale, per cui non appare rispondente all’interesse delle parti imporre il subentro nel cantiere, se ancora aperto (C. di S., VI, 15 giugno 2010, n. 3759).

Occorre quindi disporre il risarcimento per equivalente, precisando che l’appellante non puo', attraverso tale sistema, ottenere un guadagno superiore a quello che avrebbe ricavato dall’esecuzione, salvo che non sia rigorosamente provato un danno ulteriore rispetto al lucro cessante (C. di S., VI, 21 maggio 2009, n. 3144), circostanza che nella specie non ricorre.

Il risarcimento deve quindi essere quantificato sulla base del valore economico corrispondente a quello che l’interessato avrebbe ricavato dalla aggiudicazione dell’appalto.

Di conseguenza, il risarcimento deve essere ragguagliato all’offerta economica dell’appellante, con la quale esso ha giustappunto quantificato il ricavo massimo conseguibile in caso di aggiudicazione.

Il relativo guadagno, previsto e non ottenuto, base di calcolo del risarcimento, deve essere quantificato sulla base del sistema presuntivo dettato dall’art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F. Il risarcimento deve peraltro essere quantificato applicando correttivo, pari al 3%, in quanto l’impresa con il riconoscimento del suo diritto al risarcimento consegue un guadagno corrispondente a quello relativo all’esecuzione del contratto senza incorrere nel rischio imprenditoriale proprio di tale attivita'.

Il risarcimento deve, in conclusione, essere determinato nel 7% dell’offerta presentata dall’appellante.

La somma cosi' determinata deve essere rivalutata dalla data del sorgere dell’obbligazione, da fissare in quella della sottoscrizione del contratto con l’aggiudicataria, fino al soddisfo e, sulla somma cosi' rivalutata devono essere applicati gli interessi al tasso legale.

RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER COLPA DELLA PA - EFFETTI

LODO ARBITRALE 2010

[A] Sulle circostanze che possono giustificare l’abbandono del cantiere da parte dell’impresa. [B] La risoluzione del contratto di appalto per colpa dell'Amministrazione grava quest'ultima dell'obbligo di risarcire il danno patito dall'appaltatore anche in base ai criteri dettati dall'art. 345 della L. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F, in materia di recesso unilaterale. [C] Sulla richiesta con la quale l’impresa, in seguito alla risoluzione del contratto per colpa dell’amministrazione, richiede il pagamento del valore venale dei lavori, pari all’importo contrattuale al lordo del ribasso d’asta. [D] Sulla risoluzione del contratto per colpa dell’amministrazione e sulla richiesta dell’impresa quanto al risarcimento del danno per perdita di chance e per danno all’immagine. [E] Sugli effetti del procedimento per responsabilità erariale incardinato dinanzi alla Corte dei Conti – nei confronti del responsabile dell'Ufficio Legale, del dirigente, del responsabile del procedimento e del direttore dei lavori - ed avente ad oggetto la sottoscrizione di un accordo bonario con l’impresa

DETERMINAZIONE RISARCIMENTO DEL DANNO - LIQUIDAZIONE DEL 10% DEL VALORE DELL’APPALTO

TAR CAMPANIA SA SENTENZA 2010

Va (..) richiamata la giurisprudenza che ha rinvenuto nell'art. 345 della legge 20/3/1865 n. 2248 all. F e nell'art. 122 del D.P.R. 21/12/1999 n. 554 (ora art. 134 del D.Lgs. n. 163/2006) il riferimento normativo a cui rapportarsi per la liquidazione del danno risarcibile, laddove le dette norme determinano nel 10% del valore dell'appalto l'importo da corrispondere all'appaltatore nel caso di recesso facoltativo dell'amministrazione.

Il criterio di massima individuato è condivisibile e va in concreto applicato tenendosi conto che il suddetto 10%, a norma dei richiamati art. 122 del D.P.R. n. 554/1999 ed art. 134 del D.Lgs. n. 163/2006, va calcolato sui quattro quinti dell'importo a base d'asta depurato dell'eventuale ribasso offerto dall'impresa lesa nel suo interesse all'aggiudicazione. (Cfr. Cons. di Stato -A.P.- 5/9/2005 n. 6; id. T.A.R. Sicilia - CT - Sez. III - 20/10/2005 n. 1792).

ANNULLAMENTO PROVVEDIMENTO DI ESCLUSIONE - CONSEGUENZE - RISARCIMENTO DANNI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2010

A seguito dell’annullamento del provvedimento di esclusione, “la gara andra' ovviamente rinnovata nei soli confronti di Controinteressata Vigilanza Roma per verificare, una volta aperta la relativa offerta economica, la sua collocazione finale in graduatoria”.

“A prescindere dall’ipotesi in cui Controinteressata Vigilanza Roma risultasse aggiudicataria, ad essa va comunque risarcito il danno, certo ed ingiusto, che essa ha gia' subito a causa della illegittima e qui annullata esclusione, sia in termini di perdita di altre gare (circostanza documentata in giudizio), sia in termini di lesione della reputazione professionale (cfr. Cons. St., Sez. V, 12 febbraio 2008, n. 491; Cass., 4 giugno 2007, n. 12929), sia in termini di c.d. danno curriculare”, liquidando “il tutto, secondo un criterio equitativo, per un importo che nel caso di specie il Collegio stima giusto riconoscere nella misura pari al 10% del prezzo a base d’asta (arg. ex art. 345, l. n. 2248 del 1865 All. F)”.

Una volta disposto in sede di appello che la stazione appaltante doveva procedere alla rinnovazione della gara, l’esame della domanda di risarcimento doveva essere limitato ai soli danni ulteriori chiesti dalla Controinteressata e, peraltro, contenuti nella misura del 3 % del valore dell’appalto.

Il Collegio ritiene equo liquidare il danno curriculare, alla reputazione professionale e relativo al pregiudizio diretto subito in altre procedure di gara nell’1 % del prezzo posto a base d’asta.

DANNO DA PERDITA DI CHANCE PER MANCATA VALUTAZIONE OFFERTA TECNICA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

Il danno subito per l’illegittimo comportamento della Commissione giudicatrice che ha omesso di valutare l’offerta tecnica nei confronti di tutti i partecipanti alla gara deve perciò essere riconosciuto soltanto in via equitativa e in relazione alla perdita di "chances", secondo le disposizioni contenute nell'art. 345, l. 20 marzo 1865 n. 2248 allegato F, che quantifica nel 10% del valore dell'appalto, in via forfetaria ed automatica, il margine di guadagno presunto dell'appaltatore nell'esecuzione di appalti di lavori pubblici con un ragionevole coefficiente di riduzione pari al numero delle imprese concorrenti, in relazione alla possibilità che, in concreto, ci sarebbe stata aggiudicazione all'impresa (Cons. Stato, IV, 22 marzo 2007, n. 1377). Il criterio suesposto tiene conto, altresì non solo dei dati economici e contabili dell'offerta presentata dal danneggiato ma anche degli altri elementi, quali il danno all'immagine aziendale o all'avviamento, la perdita della possibilità di utilizzare l'aggiudicazione quale titolo ulteriore e referenza specifica che, considerati nel loro insieme, caratterizzato il pregiudizio equitativamente considerato (Cons. Stato, V, 18 gennaio 2006, n. 126). In effetti il criterio indennitario legale del 10%, criterio forfettario che non prevede il ristoro di un maggior pregiudizio, applicato per analogia al risarcimento del danno, copre ogni specie di danno da lucro cessante, ivi compreso il danno curriculare.

RECESSO DELLA P.A. - RISARCIMENTO DANNI

TAR LAZIO RM SENTENZA 2009

Nel caso in cui i lavori de quibus siano stati quasi interamente ultimati dall’aggiudicataria, conseguentemente non puo' essere riconosciuto il risarcimento in forma specifica, atteso che tale forma risarcitoria incontra il limite dell’eccessiva onerosita' ai sensi dell’art. 2058, comma 2, cod. civ.(ex plurimis Consiglio di Stato, sez.V, n.1280 del 15 marzo 2004).

Il criterio dell’utile presuntivo di cui all’art. 345 della L. n. 2248/1865 all. F art. 345 nonchè quello successivo, cui la Sezione si è recentemente uniformata (n.10227/2007), del 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dalla ricorrente, ex art.122 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 in tema di recesso unilaterale della p.a. dal contratto di appalto di opere pubbliche, recepito dall’art. 134 del D.lgvo n. 163/2006, deve essere inteso come un criterio generale di quantificazione del margine di profitto dell'appaltatore nei contratti con l'Amministrazione, e viene a concretizzare una sorta di forfetizzazione legale del danno nella sua misura massima, operante quando il pregiudizio non possa essere precisato e provato nel suo preciso ammontare; tale forma di forfetizzazione del danno assumendo, quindi, una funzione residuale non puo' in alcun modo essere automaticamente riconosciuta al soggetto leso dal comportamento dell’amministrazione, in quanto un simile modus operandi risulterebbe in contrasto con il principio che impone al ricorrente nei giudizi risarcitori di provare l’entita' del pregiudizio subito nonche' comporterebbe il pericolo che all’impresa danneggiata possa essere riconosciuta una sorta di overcompensation in violazione della regola della risarcibilita' del danno effettivamente sofferto di cui all’art.1223 del cod. civ.

REVOCA GARA PER ECCESSIVA ONEROSITA' - RISARCIMENTO DANNI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

Nel caso di revoca della gara per eccessiva onerosita', causata dalla irrazionalita' intrinseca dei provvedimenti ritirati, che esponevano l’ente ad impegni di spesa del tutto sproporzionati con le esigenze che gli stessi erano destinati a soddisfare, va ritenuto sussistente il presupposto della colpa della P.A., necessario per accordare il risarcimento dei danni da lesione di interessi legittimi.

Il danno risarcibile va determinato in via equitativa in misura pari al 5% dell’ammontare a base d’asta fissato nell’offerta dell’appaltatore, ai sensi dell’art. 345 delle legge n. 2248/1865, all. F, oltre interessi e rivalutazione, per i comportamenti tenuti dalla stazione appaltante successivamente all’aggiudicazione della gara.

CLAUSOLE CHIARE NEL BANDO E FAVOR PARTECIPATIONIS

TAR LAZIO RM SENTENZA 2008

La stazione appaltante nel predisporre gli atti di una gara d’appalto, ha l’onere di indicare con estrema chiarezza i requisiti richiesti alle imprese partecipanti, onde evitare che il principio di massima concorrenza tra le stesse imprese, cui si correla l’interesse pubblico all’individuazione della migliore offerta, possa essere in concreto vanificato da clausole equivoche, non chiaramente percepibili dai soggetti partecipanti. Ha precisato, inoltre, che nel caso di disposizioni che indichino in modo equivoco taluni adempimenti, le stesse devono essere interpretate nel senso piu' favorevole all’ammissione degli aspiranti, corrispondendo all’interesse pubblico di assicurare un ambito piu' vasto di valutazioni e, quindi, un’aggiudicazione alle condizioni migliori possibili. Ha richiamato, al riguardo, la stessa Autorita' la quale ha chiarito che deve sussistere la precisa indicazione dell’adempimento formale richiesto e l’altrettanto precisa indicazione della sanzione comminata, cosicche', in mancanza di una sufficiente chiarezza nei dati formali in questione, non puo' disporsi l’esclusione di un’impresa.

QUANTIFICAZIONE DEL RISARCIMENTO DANNI DA LUCRO CESSANTE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Il criterio del 10% è desunto da alcune disposizioni in tema di lavori pubblici, che riguardano pero' altri istituti, come l’indennizzo dell’appaltatore nel caso di recesso dell’amministrazione committente o la determinazione del prezzo a base d’asta.

Tale riferimento, pur evocato come criterio residuale in una logica equitativa, conduce di regola al risultato che il risarcimento dei danni è per l’imprenditore ben piu' favorevole dell’impiego del capitale.

In tal modo verrebbe meno l’interesse a provare in modo puntuale il danno subito quanto al lucro cessante, perche' presumibilmente otterrebbe di meno.

Ulteriore difetto di tale orientamento nasce dalla considerazione che se il giudice volesse trovare correttivi in modo da ridurre l’esborso a carico della P.A., il 10% previsto sarebbe decurtabile solo ove l’impresa non dimostri di non aver potuto utilizzare diversamente le maestranze e i propri mezzi per l’espletamento di altri servizi.

E’ evidente, in quest’ultimo caso, che ne verrebbe sovvertito il regime della prova nel sistema della responsabilita' civile in generale e della P.A. in particolare.

VERIFICA IN CONTRADDITTORIO DELL'ANOMALIA DELL'OFFERTA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2008

La ratio del contraddittorio con la P.A. in sede di giustificazione dell’anomalia dell’offerta è di consentire all’aggiudicatario di fornire chiarimenti sulle ragioni che consentono all’impresa di operare a condizioni particolarmente favorevoli, garantendo allo stesso tempo la corretta e puntuale esecuzione dell'appalto. In tale contesto, il contraddittorio tra l’amministrazione e l’offerente, la cui offerta è sospetta di anomalia, rappresenta un momento imprescindibile ai fini del rispetto dei principi comunitari che regolano la materia.

Ove venga data la possibilita' di giustificare l’anomalia mediante la correzione delle voci di costo oggetto di contraddittorio, conferendo ad esse valori diversi rispetto a quelli indicati nella documentazione presentata al momento della gara, ne risulta di fatto vanificata la procedura concorsuale stessa, che deve essere basata sulla perfetta parita' tra tutti i partecipanti.

L’annullamento in sede giurisdizionale (o amministrativa) di un provvedimento amministrativo a carattere discrezionale che abbia negato la soddisfazione di un interesse legittimo pretensivo non determina la sicura soddisfazione del bene della vita, ma obbliga l’amministrazione a rinnovare il procedimento tenendo conto della portata conformativa della sentenza.

Non è richiesto al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa della P.A., essendo a tal fine sufficiente invocare l'illegittimita' del provvedimento quale indice presuntivo della colpa, o allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile.

ANNULLAMENTO AGGIUDICAZIONE E RISARCIMENTO DANNI

CGA SICILIA SENTENZA 2007

In relazione alla domanda di risarcimento del danno, grava sull'impresa pretermessa l'onere di provare ai sensi dell'art. 2697 c.c tutti gli elementi costitutivi dell'illecito (il danno, la condotta colposa e il nesso di causalità tra l’illecito e il danno subito); l'amministrazione a sua discolpa, dovrà produrre gli indizi che integrino gli estremi dell' errore scusabile. Per ciò che concerne la colpa dell'amministrazione essa deve essere intesa in senso oggettivo, tenendo conto dei vizi inficianti il provvedimento, della gravità della violazione commessa, dei precedenti giurisprudenziali, delle condizioni concrete e dunque, come detto, con esclusione di tutte le violazioni dovute ad errore scusabile dell'autorità.

Per quanto concerne l'elemento soggettivo, pur non essendo configurabile, in mancanza di un'espressa previsione normativa, una generalizzata presunzione (relativa) di colpa dell'amministrazione per danni conseguenti ad un atto illegittimo o comunque ad una violazione delle regole, a tal fine possono operare le regole di comune esperienza e le c.d. presunzioni semplici di cui all'art. 2727 c.c., potendo il privato invocare quale indice presuntivo della colpa l'illegittimità del provvedimento o anche allegare circostanze ulteriori idonee a dimostrare che tale illegittimità non abbia configurato un ipotesi di errore scusabile, onerando l'amministrazione dell'obbligo di dimostrarne, al contrario, la sussistenza.

Pertanto, non è legittima la censura, secondo cui è inapplicabile agli appalti di servizi il criterio di quantificazione del risarcimento per equivalente (10%) proprio degli appalti di opere pubbliche, perché il Collegio rileva che l’onere di prova sul danno subito può essere adempiuto dalla impresa anche attraverso criteri presuntivi, come quelli desunti dall'art. 345 l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F., per dato logico, applicabili ad ogni tipologia di appalto.