Art. 177. Affidamenti dei concessionari
[1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 7, i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere alla data di entrata in vigore del presente codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, sono obbligati ad affidare, una quota pari all'ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità. La restante parte può essere realizzata da società in house di cui all'articolo 5 per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. Per i titolari di concessioni autostradali, ferme restando le altre disposizioni del presente comma, la quota di cui al primo periodo è pari al sessanta per cento.] disposizione modificata dalla L. 205/2017 in vigore dal 01-01-2018 - comma dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza Corte Costituzionale l’illegittimità costituzionale n.218 del 23/11/2021[2. Le concessioni di cui al comma 1 già in essere si adeguano alle predette disposizioni entro il 31 dicembre 2022.] disposizione modificata dal D.L. 32/2019 in vigore dal 19/4/2019 e ulteriormente modificata dalla legge di conversione L 55/2019 in vigore dal 18/6/2019; termine prorogato al 2022 dalla L. 108/2021 in vigore dal 31/7/2021 di conversione del DL 77/2021 – comma dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza Corte Costituzionale l’illegittimità costituzionale n.218 del 23/11/2021
[3. La verifica del rispetto dei limiti di cui al comma 1 da parte dei soggetti preposti e dell'ANAC viene effettuata annualmente, secondo le modalità indicate dall'ANAC stessa in apposite linee guida, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Eventuali situazioni di squilibrio rispetto ai limiti indicati devono essere riequilibrate entro l'anno successivo. Nel caso di situazioni di squilibrio reiterate per due anni consecutivi, il concedente applica una penale in misura pari al 10 per cento dell'importo complessivo dei lavori, servizi o forniture che avrebbero dovuto essere affidati con procedura ad evidenza pubblica.] comma sostituito dalla L. 205/2017 in vigore dal 01-01-2018; vedi Delibera ANAC del 4-7-2018 n. 614 in vigore dal 17-8-2018 - comma dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza Corte Costituzionale l’illegittimità costituzionale n.218 del 23/11/2021
Relazione
Commento
Giurisprudenza e Prassi
CONCESSIONI - ANNULLAMENTO DELLE LINEE GUIDA N. 11 (177.3)
La Corte Costituzionale, con sentenza del 23 novembre 2021 n. 218, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 e dell’art. 177, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 per violazione degli artt. 3, comma 1, e 41, comma 1, Cost., e, in via consequenziale, dell’art. 177, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;
conseguentemente questa V Sezione, con sentenze del 25 marzo 2022, n. 2221 e 28 marzo 2022, n. 2276, ha disposto l’annullamento delle Linee Guida n. 11 in quanto ormai prive di un fondamento giuridico che ne legittimi l’adozione e la persistenza;
- come dedotto da parte appellante e non oggetto di alcuna contestazione l’ANAC, con nota del 27 maggio 2022 n. 40651, ha preso atto dell’intervenuto annullamento delle Linee Guida n. 11;
questo Consiglio ha già avuto modo di affermare, mentre la sopravenuta carenza di interesse ex art. 35, comma 1, lett. c) Cod. proc. amm. si verifica quando l’eventuale accoglimento del ricorso non produrrebbe più alcuna utilità al ricorrente, facendo venir meno la condizione dell’azione dell’interesse a ricorrere (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 luglio 2018, n. 4191; sez. IV, 24 luglio 2017, n. 3638), la cessazione della materia del contendere, prevista dall’art. 34, comma 5, Cod. proc. amm., può essere pronunciata nel caso in cui il ricorrente abbia ottenuto in via amministrativa il bene della vita atteso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 luglio 2018, n 4191, cit.: sez. V, 7 maggio 2018, n. 2687), sì da rendere inutile la prosecuzione del processo stante l’oggettivo venir meno della lite (cfr. Cons. Stato, sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1135; sez. IV, 22 gennaio 2018, n. 383; sez. IV, 7 maggio 2015, n. 2317); pertanto, la cessazione della materia del contendere presuppone il pieno soddisfacimento dell’interesse fatto valere in giudizio, anche in ragione di eventi estintivi delle ragioni sostanziali di contesa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 giungo 2022, n. 5188).
Nella specie, con l’annullamento dell’atto impugnato viene meno l’oggetto della domanda di annullamento proposta e, conseguentemente, si determina la cessazione della materia del contendere.
LINEE-GUIDA N. 11 - QUOTA ESECUZIONE CONCESSIONARI - VIENE RICHIESTO ANNULLAMENTO (177.3)
Con il terzo motivo di appello vengono invece riproposti, nel merito, i motivi di impugnazione non esaminati dal primo giudice, con i quali, in estrema sintesi, si contesta la correttezza del principio, sotteso alle Linee-guida n. 11 (par. 2.1), per cui “i contratti da inserire nella base di calcolo delle percentuali individuate dall’articolo 177 sono quelli che riguardano tutte le prestazioni oggetto della concessione e sono quindi necessarie per l’esecuzione della stessa, anche se svolte direttamente dal concessionario”.
Tale principio si porrebbe infatti in contrasto con lo stesso disposto normativo e, comunque, sarebbe incompatibile con gli artt. 41 e 42 Cost. e con i principi di ragionevolezza e proporzionalità (di rilievo sia comunitario sia costituzionale ex art. 3, comma 1, Cost.), anche in relazione alla tutela costituzionale del lavoro (artt. 1, 3, 35 e 36 Cost.), “in quanto imporrebbe all’impresa concessionaria un divieto assoluto di svolgere direttamente (e quindi, correlativamente, l’obbligo, altrettanto assoluto, di esternalizzare) qualunque prestazione inerente alla concessione, con conseguente forzata dismissione delle proprie strutture interne preposte”.
Il motivo dev’essere accolto (in particolare, il motivo n. 2 di censura della sezione III dell’appello), alla luce della dichiarata illegittimità costituzionale dell’art. 177 d.lgs. n. 50 del 2016, costituente il presupposto normativo legittimante l’emanazione delle Linee-guida fatte oggetto di impugnazione.
Invero, l’espunzione dell’art. 177 nel suo complesso, unitamente alla norma della legge delega che ne era alla base – l’art. 1, comma 1, lettera iii) della l. n. 11 del 2016 – per violazione degli artt. 3 e 41 Cost. travolge anche la disposizione (il terzo comma dell’art 177) che demandava all’ANAC il compito di definire le modalità di verifica in merito all’ottemperanza degli obblighi di esternalizzazione.
Le suddette Linee-guida, in quanto ormai prive di un fondamento giuridico che ne legittimi l’adozione e la persistenza, vanno dunque annullate.
CONCESSIONI SENZA GARA - INCOSTITUZIONALITA' DELL'ART.177 DEL CODICE DOVE PREVEDE OBBLIGO AFFIDAMENTO ESTERNALIZZATO A TERZI (177)
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) e dell’art. 177, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici).
Si deve ritenere che la previsione dell’obbligo a carico dei titolari di concessioni già in essere, non assegnate con la formula della finanza di progetto o con procedure a evidenza pubblica, di affidare completamente all’esterno l’attività oggetto di concessione – mediante appalto a terzi dell’80 per cento dei contratti inerenti alla concessione stessa e mediante assegnazione a società in house o comunque controllate o collegate del restante 20 per cento – costituisca una misura irragionevole e sproporzionata rispetto al pur legittimo fine perseguito, in quanto tale lesiva della libertà di iniziativa economica, con la conseguenza dell’illegittimità costituzionale dell’art. 177, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 1, comma 1, lettera iii), della legge n. 11 del 2016, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 41, primo comma, Cost.
L’irragionevolezza dell’obbligo censurato si collega innanzitutto alle dimensioni del suo oggetto: come detto, la parte più grande delle attività concesse deve essere appaltata a terzi e la modesta percentuale restante non può comunque essere compiuta direttamente. L’impossibilità per l’imprenditore concessionario di conservare finanche un minimo di residua attività operativa trasforma la natura stessa della sua attività imprenditoriale, e lo tramuta da soggetto (più o meno direttamente) operativo in soggetto preposto ad attività esclusivamente burocratica di affidamento di commesse, cioè, nella sostanza, in una stazione appaltante. Né vale in proposito osservare che resterebbero comunque garantiti i profitti della concessione, giacché, anche a prescindere da ogni considerazione di merito al riguardo, è evidente che la garanzia della libertà di impresa non investe soltanto la prospettiva del profitto ma attiene anche, e ancor prima, alla libertà di scegliere le attività da intraprendere e le modalità del loro svolgimento.
Al riguardo giova richiamare quanto affermato da questa Corte, secondo cui «[n]on è […] contestabile che la garanzia posta nel primo comma [dell’art. 41 Cost.] nell’ambito circoscritto dai successivi due capoversi riguarda non soltanto la fase iniziale di scelta dell’attività, ma anche i successivi momenti del suo svolgimento; ed è ugualmente certo che, poiché l’autonomia contrattuale in materia commerciale è strumentale rispetto all’iniziativa economica, ogni limite posto alla prima si risolve in un limite della seconda, ed è legittimo, perciò, solo se preordinato al raggiungimento degli scopi previsti o consentiti dalla Costituzione» (sentenza n. 30 del 1965).
Un ulteriore indice della irragionevolezza del vincolo, così come definito dalla previsione censurata, è costituito dalla sua mancata differenziazione o graduazione in ragione di elementi rilevanti, nel ricordato bilanciamento, per l’apprezzamento dello stesso interesse della concorrenza, quali fra gli altri le dimensioni della concessione – apparendo a tale fine di scarso rilievo la prevista soglia di applicazione alle concessioni di importo superiore a 150.000 euro, normalmente superata dalla quasi totalità delle concessioni –, le dimensioni e i caratteri del soggetto concessionario, l’epoca di assegnazione della concessione, la sua durata, il suo oggetto e il suo valore economico.
Nello stabilire un obbligo di tale incisività e ampiezza applicativa il legislatore ha poi omesso del tutto di considerare l’interesse dei concessionari che, per quanto possano godere tuttora di una posizione di favore derivante dalla concessione ottenuta in passato, esercitano nondimeno un’attività di impresa per la quale hanno sostenuto investimenti e fatto programmi, riponendo un relativo affidamento nella stabilità del rapporto instaurato con il concedente. Affidamento che riguarda, inoltre, anche al di là dell’impresa e delle sue sorti, la prestazione oggetto della concessione, e quindi l’interesse del concedente, degli eventuali utenti del servizio, nonché del personale occupato nell’impresa. Interessi tutti che, per quanto comprimibili nel bilanciamento con altri ritenuti meritevoli di protezione da parte del legislatore, non possono essere tuttavia completamente pretermessi, come risulta essere accaduto invece nella scelta legislativa in esame.
Per queste stesse ragioni, l’introduzione di un obbligo radicale e generalizzato di esternalizzazione, come quello disposto nella normativa censurata, non supera nemmeno – nello scrutinio del bilanciamento operato fra diritti di pari rilievo – la doverosa verifica di proporzionalità.
PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO - CONCESSIONI SENZA GARA - OBBLIGO AFFIDARE TERZI PERCENTUALE 80% (177)
Si è svolta il 22 c.m. l’audizione informale dell’Ance, in videoconferenza, presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, sulla problematica relativa alle conseguenze occupazionali dell’applicazione dell’art.177 del DLgs 50/2016 (Codice dei contratti pubblici).
CONCESSIONARIO AUTOSTRADALE - AFFIDAMENTI A TERZI - CONTRATTI DI FORNITURE
Ai sensi dell'art. 177, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 il concessionario autostradale scelto con procedura di gara ad evidenza pubblica, con le modalità previste dalla normativa vigente al momento della sottoscrizione della convenzione, non deve svolgere procedure di gara ad evidenza pubblica e secondo le norme del Codice per l'affidamento di un contratto di fornitura a terzi, ma ove si sia auto-vincolato su un piano pubblicistico attraverso l'avvio di una negoziazione con operatori economici invitati a presentare un'offerta e a competere ai fini ell'aggiudicazione del contratto, deve svolgere l'attività nel rispetto dei principi generali di correttezza, trasparenza e pubblicità della procedura.
Art. 1, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 - Art. 177, comma 1, d.lgs. n. 50/2016
CONCESSIONE AUTOSTRADALE – RDO MEPA – ILLEGITTIMA NEGOZIAZIONE
Ai sensi dell'art. 177, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 il concessionario autostradale scelto con procedura di gara ad evidenza pubblica, con le modalità previste dalla normativa vigente al momento della sottoscrizione della convenzione, non deve svolgere procedure di gara ad evidenza pubblica e secondo le norme del Codice per l'affidamento di un contratto di fornitura a terzi, ma ove si sia auto-vincolato su un piano pubblicistico attraverso l'avvio di una negoziazione con operatori economici invitati a presentare un'offerta e a competere ai fini ell'aggiudicazione del contratto, deve svolgere l'attività nel rispetto dei principi generali di correttezza, trasparenza e pubblicità della procedura.
CONCESSIONI – AFFIDAMENTO DI CONTRATTI MEDIANTE PROCEDURA AD EVIDENZA PUBBLICA – RIMESSIONE ALLA CORTE COSTITUZIONALE (177)
É rilevante e non manifestamente infondata la questioni di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 41, comma 1, 3, comma 2, e 97, comma 2, Cost., dell’art. 1, comma 1, lett. iii), l. 28 gennaio 2016, n. 11, e dell’art. 177, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella parte in cui stabiliscono l’obbligo per i soggetti pubblici e privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere all’entrata in vigore del codice dei contratti pubblici, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione Europea, di affidare una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale e per la salvaguardia delle professionalità, prevendo che la restante parte possa essere realizzata da società in house di cui all’art. 5 per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedure ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato (1).
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1) Ha chiarito la Sezione che l’obbligo di dismissione totalitaria previsto dalle disposizioni di legge censurate, ancorché finalizzato a sanare l’originaria violazione dei principi comunitari di libera concorrenza consumatasi in occasione dell’affidamento senza gara della concessione, si traduce per un verso in un impedimento assoluto e definitivo di proseguire l’attività economica privata, comunque intrapresa ed esercitata in base ad un titolo amministrativo legittimo sul piano interno, secondo le disposizioni di legge all’epoca vigenti; e per altro verso va a snaturare il ruolo del privato concessionario, ridotto ad articolazione operativa degli enti concedenti, rispetto alla sua funzione di soggetto proposto dall’amministrazione all’esercizio di attività di interesse pubblico.
Nel perseguimento di legittimi obiettivi riconducibili ad imperativi di matrice euro-unitaria il legislatore sembra così avere totalmente pretermesso le contrapposte esigenze di tutela della libertà di impresa ai sensi del sopra citato art. 41 della Costituzione e di mantenimento della funzionalità complessiva della concessione, altre volte invece considerate in funzione limitatrice degli obblighi di dismissione a carico del concessionario senza gara (si rinvia ai sopra citati artt. 146 e 253, comma 25, del previgente codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).
Le considerazioni ora svolte inducono a ritenere non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità degli artt. 1, comma 1, lett. iii), della legge delega e 177, comma 1, del codice dei contratti pubblici anche con riguardo all’art. 3, comma 2, Cost., sotto il profilo della ragionevolezza.
L’obbligo di dismissione totalitaria dei lavori, servizi e forniture relativi ad una concessione affidata senza gara sembra infatti eccedere i pur ampi limiti con cui la discrezionalità legislativa può essere esercitata in riferimento al sovraordinato parametro di costituzionalità ora richiamato, a causa delle conseguenze sopra descritte. Al medesimo riguardo va aggiunto che rispetto all’integrale esecuzione della concessione è apprezzabile un affidamento del privato affidatario che non può essere ritenuto irragionevole o colpevole, tenuto conto della validità del titolo costitutivo all’epoca della sua formazione e dunque dell’inesistenza di cause – anche occulte – di contrarietà delle stesse all’ordinamento interno (cause che diversamente avrebbero potuto legittimare l’annullamento, la risoluzione o la riduzione della durata della concessione).
La scelta legislativa, pur legittimamente orientata a rimuovere rendite di posizione, non appare pertanto equilibrata rispetto alle contrapposte e altrettanto legittime aspettative dei concessionari di proseguire l’attività economica in corso di svolgimento, con l’inerente realizzazione degli equilibri economico – finanziari su cui erano stati pianificati i relativi investimenti; e di mantenimento delle conoscenze strategiche, tecniche e tecnologiche acquisite e la professionalità acquisite, rilevanti anche sotto il profilo dell’interesse pubblico.
Ancora sotto il profilo della ragionevolezza può essere evidenziato il fatto che l’obbligo di dismissione di cui si discute riguarda indistintamente i concessionari titolari di affidamento senza gara, indipendentemente dalla effettiva dimensione della struttura imprenditoriale che gestisce la concessione, dall’oggetto e dall’importanza del settore strategico cui si riferisce la concessione, oltre che dal suo valore economico e dal fatto che il contratto di concessione fosse ancora in vigore al momento dell’entrata in vigore dell’art. 177, d.lgs. n. 50 del 2016, ovvero se la concessione fosse scaduta e che versasse in una situazione di proroga, di fatto o meno.
Per le medesime considerazioni le questioni di legittimità costituzionale appaiono non manifestamente infondate in relazione all’art. 97, comma 2, della Costituzione, dal momento che le concessioni cui si riferisce l’obbligo di dismissione totalitaria concernono servizi pubblici essenziali, evidentemente rispondenti a bisogni fondamentali della collettività ed affidati a concessionari privati per l’incapacità strutturale delle amministrazioni pubbliche di gestirli in modo efficiente ed efficace. Ciò posto la norma delegante e delegata non risultano contenere alcuna considerazione circa gli effetti di tale obbligo di dismissione sull’efficiente svolgimento di tali servizi pubblici essenziali e sulle possibili ricadute sull’utenza.
CONCESSIONE DEMANIALE MARITTIMA – PROCEDURA DI EVIDENZA PUBBLICA – NON NECESSITÀ
Non si rinvengono, infatti, stringenti argomenti giuridici che siano idonei a suffragare l’assunto secondo il quale il titolare di concessione demaniale marittima debba, per la realizzazione delle opere portuali, seguire le procedure di evidenza pubblica di cui al Codice dei contratti pubblici. In particolare:
- nell’oggetto del parere si richiama la questione della applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 20 del d.lgs. n. 50 del 2016 (relativa ad opera pubblica realizzata a spese del privato), ma a suddetta previsione normativa non vi è poi alcun cenno nel corpo del parere;
- si richiamano il parere del Consiglio di Stato n. 1505 del 2016, nonché pronunce giurisdizionali e prassi amministrativa, i quali però hanno riguardo alla tematica (a monte) della concorsualità inerente il rilascio e il rinnovo delle concessioni demaniali, non quella (a valle) della stipula dei contratti da parte del concessionario;
- non convince il richiamo al considerando n. 15 della direttiva 23/2014/UE, che non pare idoneo a fondare il richiamo tout court allo svolgimento di gare, secondo il modulo dell’evidenza pubblica, per la realizzazione di opere da parte del concessionario (“Inoltre, taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come concessioni ai sensi della presente direttiva. Ciò vale di norma per i contratti di locazione di beni o terreni di natura pubblica che generalmente contengono i termini che regolano la presa di possesso da parte del conduttore, la destinazione d’uso del bene immobile, gli obblighi del locatore e del conduttore per quanto riguarda la manutenzione del bene immobile, la durata della locazione e la restituzione del possesso del bene immobile al locatore, il canone e le spese accessorie a carico del conduttore”);
- l’art. 1, comma 2, lett. d) del d.lgs n. 50 del 2016 prevede l’applicazione del Codice dei contratti pubblici ai “lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi”, mentre nella specie si è in presenza di una concessione di beni pubblici, e analogamente manca ogni riferimento alla concessione di beni demaniali nell’art. 177, comma 1, d.lgs. n. 50 cit.;
- non convince quindi un’operazione che, in mancanza di specifici fondamenti in norme di diritto positivo, costruisce uno specifico obbligo di evidenza pubblica costruito su parere di organo amministrativo.
CONCESSIONI AFFIDATE SENZA GARA – ESTERNALIZZAZIONE 100% DEI LAVORI DI COSTRUZIONE (177)
Nel caso in cui il titolare di una concessione di costruzione ed esercizio autostradale, affidata senza gara prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, abbia assunto, in via convenzionale, l’obbligo di esternalizzare il 100% dei lavori di costruzione relativi ad una singola tratta in concessione al fine di ottemperare ad una specifica richiesta della Commissione europea, i relativi lavori non concorrono alla formazione della base di calcolo della percentuale minima di affidamenti esterni richiesta dall’articolo 177 del codice dei contratti pubblici.
Oggetto: Richiesta di parere del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti in merito all’interpretazione dell’articolo 177 del codice dei contratti pubblici e delle Linee guida n. 11/2018 con riferimento alla convenzione con la Società Autocamionale della Cisa p.a. (oggi SALT S.p.A. – Tronco Autocisa) per la realizzazione del Corridoio Plurimodale Tirreno Brennero.
NATURA DELLE LINEE GUIDA NR. 11/2018 (177.3)
Il Collegio osserva che è stato più volte affermato che “linee guida non vincolanti” (le quali traggono la propria fonte di legittimazione nella generale previsione di cui al comma 2 dell'articolo 213 del nuovo “Codice dei contratti”), lungi dal fissare regole di carattere prescrittivo, si atteggiano soltanto quale strumento di “regolazione flessibile”, con funzione ricognitiva di princìpi di carattere generale e di ausilio interpretativo alle amministrazioni cui sono rivolte (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6026).
Dunque, le “linee guida non vincolanti” non presentano una portata immediatamente lesiva, assolvendo allo scopo, al pari delle circolari interpretative, di supportare l’amministrazione e favorire comportamenti omogenei.
Per concludere sul punto, si deve affermare che le previsioni contenute nella parte I delle “Linee Guida dell’ANAC, n 11”, non hanno portata lesiva e non sono, quindi, immediatamente impugnabili.
Anche per quanto riguarda la parte II delle linee guida, autoqualificatasi “vincolante”, con la quale sono specificati taluni obblighi in capo al concedente e ai concessionari anche in relazione alla pubblicazione di dati riguardanti la concessione, l’atto di regolazione dell’Anac non presenta carattere immediatamente lesivo. Infatti, gli operatori economici che ritengano di non doversi adeguare alle indicazioni ivi contenute in ragione della peculiarità del rapporto concessorio non incorrono immediatamente nella sanzione: l’art. 177, comma 3, infatti, con norma a carattere chiaramente vincolante, da una parte stabilisce che le sanzioni vengono applicate dagli enti concedenti solo quando una “situazione di squilibrio” sia constatata per due anni consecutivi, d’altra parte prevede che la verifica delle situazioni di squilibrio deve essere effettuata annualmente: è evidente che l’esito di siffatta verifica annuale deve necessariamente sfociare in un formale atto dell’ente concedente, il quale dovrà rendere il concessionario edotto delle ragioni per cui l’amministrazione ritiene comunque applicabile nei suoi confronti l’articolo 177, nonché dell’eventuale esito sfavorevole della verifica e della riscontrata situazione di squilibrio, in modo da consentirgli di porre rimedio alla situazione e di evitare la sanzione l’anno successivo.
Sarà dunque con l’atto mediante il quale gli enti concedenti contesteranno agli operatori economici, all’esito della prima verifica annuale successiva alla scadenza del termine per l’adeguamento alle previsione dell’art. 177, comma 1, l’esistenza di una “situazione di squilibrio”, che sorgerà per tali operatori l’interesse concreto a sollecitare un controllo giurisdizionale sulla corretta applicazione ed interpretazione dell’art. 177, e ciò in tempo utile prima di essere attinti dalla sanzione.
Il Collegio, pertanto, allo stato non ravvisa, in capo alla ricorrente, un interesse attuale e concreto ad ottenere l’annullamento delle impugnate previsioni delle Linee Guida n. 11.
LINEE GUIDA N. 11 - CONCESSIONI PUBBLICHE - LIMITI (177.3)
Linee guida n. 11 recanti «Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all'articolo 177, comma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea».
LINEE GUIDA NR. 11 – CHIARIMENTI (177.2)
«Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all’articolo 177, comma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea».
VERIFICA DEGLI AFFIDAMENTI DEI CONCESSIONARI AI SENSI DELL’ART.177 DEL D.LGS. N. 50/2016 E ADEMPIMENTI DEI CONCESSIONARI AUTOSTRADALI AI SENSI DELL’ART. 178
Atto di segnalazione inviato a Governo e Parlamento l’atto di segnalazione n. 4/2018 in tema di concessioni
APPLICABILITA' ART. 177 AI CONCESSIONARI DI SERVIZIO ELETTRICO (177)
Parere in ordine all’applicabilità dell’art. 177 del codice dei contratti pubblici ai concessionari di servizio elettrico (in tale voce ricomprendendovi sia le concessioni del servizio di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica, sia le concessioni del servizio di distribuzione), e alle conseguenti esternalizzazioni tramite gara che da tale disposizione discendono.
LINEE GUIDA N. 11 ADOTTATE AI SENSI DELL'ART. 177, COMMA TERZO (177.3)
Linee Guida n. 11 recanti «Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all’articolo 177, comma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea» (GU Serie Generale n. 178 del 02.08.2018).
LINEE GUIDA N. 11 - PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO (177.1)
Parere relativo alle Linee guida recanti “Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all’art. 177, comma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea”.
CONCESSIONARI - OBBLIGO DI PROCEDERE CON PROCEDURA A EVIDENZA PUBBLICA (177.1)
L’art. 177, co. 1, d.lgs. n. 50/2016 ha espressamente previsto l’obbligo per i soggetti pubblici e privati titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici (già esistenti o di nuova aggiudicazione) di affidare una quota pari all’80% dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo superiore a 150.000 euro mediante procedura ad evidenza pubblica. Dal suddetto obbligo sono escluse unicamente le concessioni (già in essere o di nuova aggiudicazione) affidate con la formula della finanza di progetto o con procedura di gara ad evidenza pubblica. Per le concessioni già in essere l’art. 177 ha previsto, al comma 2, un periodo transitorio di adeguamento di ventiquattro mesi, che va inteso come termine finale “entro” (e non a partire da) il quale deve essere raggiunta l’aliquota minima dell’80% di contratti affidati mediante gara. La conseguenza è che, mano a mano che i precedenti contratti vengono a scadenza, i nuovi contratti devono, sin da subito, essere affidati mediante gara, dovendosi considerare l’obbligo di evidenza pubblica immediatamente operativo.
CONCESSIONI – SERVIZI DI NATURA COMMERCIALE SVOLTI IN AERA DEMANIALE TROVANTI ORIGINE IN UN RAPPORTO DERIVATO FRA IL CONCESSIONARIO E IL TERZO
I servizi di natura commerciale svolti in aera demaniale che trovano origine in un rapporto derivato fra il concessionario e il terzo, cui l’amministrazione concedente sia rimasta estranea e che risultino privi di collegamento con l’atto autoritativo concessorio, che ne costituisce un mero presupposto, non soggiacciono alle regole del procedimento ad evidenza pubblica, ma si risolvono in contratti di diritto privato, devoluti alla giurisdizione ordinaria civile (cfr., di recente, Cass. Sez. Un. ord. 27 febbraio 2017, n. 4884; che ribadisce i principi già affermati da Cass. S.U. nn. 7663/2016, 8623/2015, nonché da Cass. S.U. nn. 9233/2002, 9288/2002 richiamate in motivazione).
Nella specie, si versa per l’appunto in tale ipotesi, atteso che l’attività oggetto del rapporto controverso non ha natura necessaria nel contesto delle operazioni di trasporto pubblico locale affidate dal Comune alla concessionaria, ma natura meramente eventuale, in quanto svolta su richiesta del singolo cliente e da questi remunerata autonomamente e non con una quota parte del prezzo del trasporto.
Del resto, l’estraneità del Comune al rapporto controverso trova conferma nella circostanza che il disciplinare di concessione lascia ampia libertà al concessionario in ordine alla valorizzazione commerciale degli spazi messi a disposizione (precisando che di tale valorizzazione è responsabile la società concessionaria, la quale ne percepisce anche gli introiti secondo un sistema di contabilità separata rispetto a quella relativa ai servizi concernenti il trasporto pubblico), salva la necessità di acquisire il parere positivo solo per ciò che concerne le “esposizioni pubblicitarie” ai sensi dell’articolo 14 del contratto di servizio.
PARERE SULLA NORMATIVA ART. 177, 1
Richiesta di parere sulla normativa - art. 177, comma 1, d.lgs. 50/2016
Pareri tratti da fonti ufficiali
Si chiede se, alla luce di quanto disposto dall’articolo 177 del decreto legislativo n. 50 /2016 e della sentenza del Consiglio di Stato, sezione quinta, n. 3708/2017, il concessionario, scelto mediante procedimento ad evidenza pubblica, che non realizzi direttamente i lavori, possa legittimamente procedere all’affidamento diretto dei lavori stessi oggetto della concessione.