Articolo 66. Operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria.

1. Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria nel rispetto del principio di non discriminazione fra i diversi soggetti sulla base della forma giuridica assunta:

a) i prestatori di servizi di ingegneria e architettura: i professionisti singoli, associati, le società tra professionisti di cui alla lettera b), le società di ingegneria di cui alla lettera c), i consorzi, i GEIE, i raggruppamenti temporanei fra i predetti soggetti che rendono a committenti pubblici e privati, operando sul mercato, servizi di ingegneria e di architettura, nonché attività tecnico-amministrative e studi di fattibilità economico-finanziaria ad esse connesse, ivi compresi, con riferimento agli interventi inerenti al restauro e alla manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici, i soggetti con qualifica di restauratore di beni culturali ai sensi della vigente normativa, gli archeologi professionisti, singoli e associati, e le società da essi costituite;

b) le società di professionisti: le società costituite esclusivamente tra professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, nelle forme delle società di persone di cui ai Capi II, III e IV del Titolo V del Libro V del codice civile, oppure nella forma di società cooperativa di cui al Capo I del Titolo VI del Libro V del codice civile, che svolgono per committenti privati e pubblici servizi di ingegneria e architettura quali studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico economica o studi di impatto ambientale;

c) società di ingegneria: le società di capitali di cui ai Capi V, VI e VII del Titolo V del Libro V del codice civile, oppure nella forma di società cooperative di cui al Capo I del Titolo VI del Libro V del codice civile che non abbiano i requisiti delle società tra professionisti, che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto, nonché eventuali attività di produzione di beni connesse allo svolgimento di detti servizi;

d) i prestatori di servizi di ingegneria e architettura identificati con i codici CPV da 74200000-1 a 74276400-8 e da 74310000-5 a 74323100-0 e 74874000-6 stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi;

e) altri soggetti abilitati in forza del diritto nazionale a offrire sul mercato servizi di ingegneria e di architettura, nel rispetto dei princìpi di non discriminazione e par condicio fra i diversi soggetti abilitati;

f) i raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui alle lettere da a) a e);

g) i consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria, anche in forma mista, formati da non meno di tre consorziati che abbiano operato nei settori dei servizi di ingegneria e architettura.

2. Per la partecipazione alle procedure di affidamento di cui al comma 1 i soggetti ivi indicati devono possedere i requisiti minimi stabiliti nella Parte V dell’allegato II.12. Le società, per un periodo di cinque anni dalla loro costituzione, possono documentare il possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti dal bando di gara anche con riferimento ai requisiti dei soci delle società, qualora costituite nella forma di società di persone o di società cooperativa, e dei direttori tecnici o dei professionisti dipendenti della società con rapporto a tempo indeterminato, qualora costituite nella forma di società di capitali, nonché dei soggetti di cui alla lettera e) del comma 1, i cui requisiti minimi sono stabiliti nel predetto allegato.

EFFICACE DAL: 1° luglio 2023

Relazione

SPIEGAZIONE L’articolo 66 individua i soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi di architettura e ingegneria. La norma contiene il generico riferimento ad “altri sogg...
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Giurisprudenza e Prassi

PROGETTISTA INDICATO: SERVE CORRISPONDENZA TRA TITOLO DI STUDIO E OGGETTO DELL'APPALTO

TAR LAZIO SENTENZA 2024

Osserva questo collegio che, il Disciplinare di gara prescrive poi, al punto III, che il progettista indicato debba corrispondere ad uno dei soggetti di cui all’articolo 66 del D.lgs n. 36/2023 e che debba essere in possesso dei requisiti di cui all’Allegato II.12, Parte V, del Codice.

Occorre specificare al riguardo che:

- l’articolo 66 del D.lgs n. 36/2023 individua i soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria nei prestatori di servizi (deve intendersi rispettivamente) di architettura ed ingegneria nelle diverse forme organizzative individuate dalla disposizione, prescrivendo poi, al comma 2, che “Per la partecipazione alle procedure di affidamento di cui al comma 1 i soggetti ivi indicati devono possedere i requisiti minimi stabiliti nella Parte V dell'allegato II.12”;

- l’articolo 34 della parte V dell’allegato II.12 del Codice, nell’elencare i requisiti che i soggetti di cui all’articolo 66 citato devono possedere ai fini dell’ammissione alle procedure di affidamento, al primo punto, prescrive che gli stessi debbano essere “in possesso di laurea in ingegneria o architettura o in una disciplina tecnica attinente all'attività prevalente oggetto del bando di gara”.

Orbene, le prestazioni progettuali oggetto dell’affidamento per cui è contesa riguardano, quale categoria principale e prevalente, la realizzazione di cabine e sottostazioni elettriche. Per tale attività di progettazione, come per quella secondaria, è stata indicata dal raggruppamento aggiudicatario la società di ingegneria A1 omissis S.r.l. all’uopo qualificata.

Sennonché in sede di specificazione del direttore tecnico con funzioni di coordinamento delle attività progettuali tale società, nel proprio DGUE, ha indicato fra i progettisti (persone fisiche) che svolgeranno l’incarico di progettazione, quale incaricato dell’integrazione fra le varie prestazioni specialistiche, un architetto, e ciò nonostante il citato articolo 34 di cui alla parte V dell’allegato II.12 del Codice degli appalti, all’uopo richiamato dal disciplinare di gara con riguardo ai requisiti che devono essere posseduti dal progettista indicato ( e dai professionisti affidatari della progettazione), prescriva che i professionisti debbano possedere il titolo di studio corrispondente al servizio da rendere e comunque “attinente all'attività prevalente oggetto del bando di gara”.

Poiché la ratio delle norme appena richiamate va individuata nel necessario collegamento fra il titolo di studio del professionista individuato come progettista (persona fisica), ancor più se svolga la delicata attività di coordinamento, e la tipologia del servizio in affidamento, identificabile nella attività prevalente che ne è oggetto, se ne deve inferire che l’individuazione di un laureato in architettura per lo svolgimento di attività di coordinamento su servizi di natura ingegneristica, quali sono quelli prevalenti oggetto dell’appalto, non è conforme alle prescrizioni del Codice degli appalti (parte V allegato II.12) né alle prescrizioni di bando che le prime richiama.

Né convince quanto dedotto nella propria difesa sul punto da omissis, laddove precisa che “la parte impiantistica sarà progettata da ingegneri, essendo attribuita alla omissis, impresa ammessa nel Sistema di Qualificazione di omissis che contempla assieme all’esecuzione anche la progettazione”.

Premesso che, come detto, nel DGUE della omissis non risulta affatto compilato il campo riservato agli operatori che svolgono attività progettuale (da ciò dovendosi desumere che la ridetta società non la svolga), in ogni caso con tale affermazione la stazione appaltante contraddice sé stessa. Infatti, a giustificazione della insussistenza di un obbligo di costituire un RTP con il progettista indicato, essa stessa ha sostenuto che la omissis sia una impresa di costruzioni, evidenziando che il Raggruppamento avrebbe dovuto essere costituito solo nel caso quest’ultima avesse partecipato anche come progettista e non anche nel caso in cui per la progettazione si fosse avvalsa di un progettista indicato come nella fattispecie.

Delle due l’una: o la SCF S.r.l. è anche progettista, e allora avrebbe dovuto prevedere e dichiarare la costituzione in RTP con l’altro progettista associato, o la omissis partecipa solo come costruttore, avvalendosi per la progettazione del progettista indicato nella società A 1 omissis s.r.l., e allora il Raggruppamento non andava costituito ma i professionisti (persone fisiche) ai quali è affidata la progettazione, ed in particolare l’attività di coordinamento della stessa, dovevano e devono possedere i requisiti di cui all’articolo 66 del Codice degli appalti pubblici in combinato disposto con quanto previsto dalla parte V dell’allegato II.12 del ridetto Codice, all’uopo richiamati nel disciplinare di gara con riguardo ai requisiti di partecipazione dei progettisti.

Donde l’illegittimità, sotto l’aspetto sin qui scrutinato, dell’intervenuta aggiudicazione in favore del raggruppamento controinteressato, che, pertanto, va annullata, con conseguenziale aggiudicazione dell’accordo quadro alla ricorrente e subentro di questa nello stesso.

ATTIVITA' DI PROGETTAZIONE: IRRILEVANTE CHE SI SVOLTA IN VIA AUTONOMA O IN AFFIANCAMENTO TRA PROFESSIONISTI

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

Secondo questo collegio, esaminando nel merito la censura, emerge che l’attività di “assistente alla progettazione strutturale”, alla quale, nell’offerta della controinteressata, risulta addetta la professionista designata, regolarmente iscritta, come previsto dal bando, all’Ordine degli ingegneri, deve, comunque, ritenersi requisito sufficiente a soddisfare il requisito del coinvolgimento del giovane professionista nell’elaborazione degli atti progettuali, mediante lo svolgimento di funzioni professionali e tecniche proprie dell’iscrizione al relativo albo professionale.

Irrilevante, infatti, è che l’attività di progettazione sia svolta in via totalmente autonoma ovvero in affiancamento ad altro professionista, se, è comunque prevista, e venga poi effettivamente svolto, un ruolo, quanto meno, di partecipazione alla ideazione e alla redazione del progetto; circostanza, quest’ultima, che non appare accertabile ex ante, sulla base di una più o meno esatta definizione dei compiti contenuta negli atti di partecipazione alla gara, ma richiede l’effettivo accertamento delle attività svolte, nella fase esecutiva, dai soggetti interessati.

Non può escludersi, infatti, che, al di là della più o meno pertinente definizione di attività di “assistenza alla progettazione” venga in concreto conseguito, a seguito dell’attività svolta, l’obiettivo di crescita curriculare alla base dell’istituto attraverso la partecipazione all’elaborazione degli atti e delle relazioni progettuali.

Ancor meno rilevante, deve ritenersi, in tal senso, la qualifica rivestita da tale soggetto in base al CCNL applicatole in azienda, trattandosi di profilo attinente agli aspetti economico-contrattuali del rapporto di lavoro, non incidente e non collegato, in via diretta, al tipo di attività affidata al professionista nell’ambito dell’attività progettuale.

APPALTO DI SERVIZI DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA: I SERVIZI PRESTATI VANNO ESPLICITAMENTE DICHIARATI NELL'OGGETTO (66)

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

Passando all’esame del merito della controversia, in via preliminare, il Collegio, quanto al primo motivo di ricorso – considerato che, così come è pacifico tra le parti e così come emerge dal contenuto degli atti impugnati, nel caso di specie si controverte di un affidamento diretto di servizi di ingegneria e architettura - ritiene utile richiamare i dati normativi applicabili al caso di specie e di cui viene lamentata la violazione da parte dei ricorrenti.

L’art. 66, comma 1, lett. e), del Codice degli appalti prevede che sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, tra gli altri, gli “altri soggetti abilitati in forza del diritto nazionale a offrire sul mercato servizi di ingegneria e di architettura, nel rispetto dei principi di non discriminazione e par condicio fra i diversi soggetti abilitati” e il comma 2 prevede espressamente che “Per la partecipazione alle procedure di affidamento di cui al comma 1 i soggetti ivi indicati devono possedere i requisiti minimi stabiliti nella Parte V dell'allegato II.12.”

A sua volta, l’art. 37 dell’allegato II.12, Parte V, del Codice stabilisce che:

“1. Ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria di cui all'articolo 66 del codice, i soggetti di cui al comma 1, lettera e), del predetto articolo sono tenuti a ricomprendere nell'oggetto sociale le prestazioni di servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria.

2. I soggetti di cui al comma 1 sono tenuti a: a) predisporre e aggiornare il proprio organigramma comprendente le persone direttamente impiegate nello svolgimento di funzioni professionali e tecniche, nonché di controllo della qualità con l'indicazione delle specifiche competenze e responsabilità, includendo, tenuto conto della propria natura giuridica:

1) legale rappresentante;

2) amministratori;

3) soci, soci fondatori, associati;

4) dipendenti;

5) consulenti su base annua, muniti di partita IVA, che firmano i progetti, o i rapporti di verifica dei progetti, o fanno parte dell'ufficio di direzione lavori e che hanno fatturato nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 una quota superiore al 50 per cento del proprio fatturato annuo, risultante dall'ultima dichiarazione IVA;

b) disporre di almeno un direttore tecnico, formalmente consultato dall'organo di amministrazione dei soggetti di cui al comma 1 per la definizione degli indirizzi strategici dei medesimi, e per la partecipazione a gare per l'affidamento di servizi di ingegneria e architettura, con funzioni di collaborazione e controllo delle prestazioni svolte dai tecnici incaricati delle progettazioni.

Il direttore tecnico di cui al comma 2, lettera b), deve essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) laurea in ingegneria o architettura o in una disciplina tecnica attinente alla tipologia dei servizi tecnici da prestare;

b) abilitazione all'esercizio della professione da almeno dieci anni nonché iscrizione, al momento dell'assunzione dell'incarico, al relativo albo professionale previsto dai vigenti ordinamenti, ovvero abilitazione all'esercizio della professione secondo le norme dello Stato dell'Unione europea di appartenenza del soggetto di cui al comma 1;

c) essere in regola con gli obblighi contributivi, assicurativi e di aggiornamento professionale previsti dalle norme legislative vigenti.

I soggetti di cui al comma 1 delegano il compito di approvare e controfirmare gli elaborati tecnici inerenti alle prestazioni oggetto dell'affidamento al direttore tecnico o ad altro ingegnere o architetto dipendente dagli stessi e avente i medesimi requisiti.

8.4 Con riguardo al primo motivo di ricorso, il Collegio evidenzia, in primo luogo, che, come esposto, i soggetti che, ai sensi dell’art. 66, comma 1, lett. e), del Codice degli appalti, intendano essere affidatari di appalti pubblici di servizi di ingegneria e architettura devono possedere i requisiti di cui all’art. 37 dell’allegato II.12, Parte V, del Codice.

Ciò posto, il Collegio osserva che le norme contenute nell’Allegato II.12 al Codice relative ai requisiti dei soggetti partecipanti alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura sono in larga parte riproduttive di quelle contenute nel d.m. 2 dicembre 2016, n. 263, a suo tempo emanato in attuazione dell’art. 46 del D.Lgs. n. 50/2016.

Invero, il suddetto decreto ministeriale, il quale recava il “Regolamento recante definizione dei requisiti che devono possedere gli operatori economici per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e individuazione dei criteri per garantire la presenza di giovani professionisti, in forma singola o associata, nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione e di idee, ai sensi dell'articolo 24, commi 2 e 5 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, già prevedeva sostanzialmente requisiti identici a quelli contenuti nell’Allegato II.12; in particolare, l’art. 2 del suddetto decreto ministeriale, per quanto riguarda le società di professionisti, prevedeva che le stesse dovessero essere dotate di un organigramma comprendente i soggetti direttamente impiegati nello svolgimento di funzioni professionali, tecniche e di controllo della qualità e, a sua volta, l’art. 3, per quanto riguarda le società di ingegneria, stabiliva che esse dovessero disporre di almeno un direttore tecnico “con funzioni di collaborazione alla definizione degli indirizzi strategici del soggetto cui fa capo, di collaborazione e controllo delle prestazioni svolte dai tecnici incaricati delle progettazioni” in possesso di determinati requisiti tra cui la laurea in ingegneria o architettura e l’abilitazione all’esercizio della professione.

Una delle novità contenute nell’Allegato II.12 rispetto al decreto ministeriale è rappresentata dalla previsione per cui i soggetti che vogliano partecipare alle procedure di affidamento pubblico devono ricomprendere nell’oggetto sociale le prestazioni di servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria. Il Collegio ritiene che tale novella legislativa abbia il precipuo scopo di restringere il novero dei soggetti che possano essere affidatari di appalti pubblici di servizi di ingegneria e architettura e che la stessa trovi una giustificazione nella delicatezza dei servizi in questione e nell’elevata professionalità richiesta per garantire la qualità dei servizi.

Più nello specifico, l’introduzione della citata novella legislativa trova la sua spiegazione nella circostanza che, nel vigore del D.Lgs. n. 50/2016, in un primo momento i soggetti che potevano partecipare alle gare per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura erano solo quelli indicati nell’elenco - ritenuto tassativo - di cui all’art. 46, il quale non comprendeva, tra gli altri, neanche gli enti senza scopo di lucro; conferma di tale esclusione si traeva dal citato d.m. 2 dicembre 2016, n. 263 che, nell’indicare i requisiti che dovevano possedere i soggetti che volevano partecipare alle gare attinenti ai servizi di ingegneria e architettura, prendeva in considerazione solamente i soggetti indicati nell’art. 46, omettendo invece di indicare soggetti diversi (conferma in tal senso veniva anche dalla nota ANAC del 15 febbraio 2018 secondo la quale “le fondazioni non rientrano tra i soggetti previsti dall’art. 46, comma 1, del D. lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria) […] i soggetti tenuti agli obblighi di comunicazione dei propri dati all’Autorità, sono quelli previsti dall’art. 6, del Decreto 2 dicembre 2016 n. 263 del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.”).

Successivamente, invece, a seguito del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia operato con l’ordinanza di rimessione TAR-Lazio, Sez. I, 28 febbraio 2019, n. 2644 e della sentenza della Corte di Giustizia 11/06/2020 (C-219/19) che ha stabilito che “l’articolo 19, paragrafo 1, e l’articolo 80, paragrafo 2, della direttiva 2014/24, letti alla luce del considerando 14 della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che esclude, per enti senza scopo di lucro, la possibilità di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi di ingegneria e di architettura, sebbene tali enti siano abilitati in forza del diritto nazionale ad offrire i servizi oggetto dell’appalto di cui trattasi”, si è originato un opposto orientamento giurisprudenziale (in termini, TAR-Roma, Sez. I, 18 gennaio 2021, n. 654; TAR-Bologna, Sez. II, 6 febbraio 2020, n. 117 ) ai sensi del quale anche gli enti senza scopo di lucro possono partecipare alle procedure ad evidenza pubblica di servizi di ingegneria e architettura, purché essi siano abilitati in forza del diritto nazionale ad offrire i servizi oggetto d’appalto; in altri termini, a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia, non era più previsto nell’ordinamento nazionale un elenco tassativo di soggetti che potessero partecipare alle procedure ad evidenza pubblica di servizi relativi all’ingegneria e all’architettura, essendo previsto, al contrario, che anche soggetti non rientranti nell’elenco di cui all’art. 46 D.Lgs. n. 50/2016 potessero essere affidatari dei suddetti servizi.

In tale solco, si inserisce l’art. 66 D.Lgs. n. 36/2023, il quale, come detto, al comma 1, lett. e), contiene una norma aperta ai sensi della quale possono partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, anche gli “altri soggetti abilitati in forza del diritto nazionale a offrire sul mercato servizi di ingegneria e di architettura.” Tali soggetti, tuttavia, devono possedere i requisiti di cui all’Allegato II.12 e tra questi in primo luogo quello di ricomprendere nell’oggetto sociale la possibilità di offrire sul mercato i servizi di ingegneria e architettura; in altri termini, il legislatore nazionale, con la norma in commento, da un lato, ha recepito l’orientamento comunitario sul tema sancendo la possibilità di partecipare alle procedure ad evidenza pubblica per quanto riguarda i servizi di ingegneria e architettura anche a soggetti che non rivestono le forme indicate dalla legge (l’elenco ha pertanto ora natura esemplificativa e non più tassativa), ma, dall’altro lato, ha ristretto il novero dei soggetti che possono partecipare alle suddette procedure ad evidenza pubblica, stabilendo che tali soggetti debbano ricomprendere nell'oggetto sociale le prestazioni di servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria.

Il legislatore non ha pertanto introdotto un requisito di carattere meramente formale. Al contrario, in considerazione della delicatezza dei servizi in questione, ha voluto che i soggetti che intendano partecipare ad una procedura di evidenza pubblica per i servizi di ingegneria e architettura inseriscano in modo chiaro ed espresso nel proprio oggetto sociale tale facoltà; in altri termini, deve ritenersi che il ricomprendere nell’oggetto sociale le prestazioni di servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria non possa avvenire in maniera implicita o ambigua, dovendo, invece, emergere in maniera espressa che i soggetti di cui all’art. 66, comma 1, lett. e), possono offrire sul mercato servizi di ingegneria e architettura e ciò anche allo scopo di permettere un primo controllo da parte della stazione appaltante circa la serietà e affidabilità del soggetto che partecipa alla procedura ad evidenza pubblica.

Alla luce di tutto quanto esposto, il Collegio ritiene che la disposizione dello Statuto dell’Università richiamata dal Comune non sia rispettosa del dato legislativo, in quanto si limita a conferire all’Università la generica possibilità di stipulare contratti di consulenza professionale e di servizio a favore di terzi (art. 25 dello Statuto); contrariamente al chiaro tenore della norma del Codice degli appalti richiamata, tuttavia, nella disposizione statutaria non è prevista espressamente la possibilità per l’Università di erogare servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria. In altri termini, il Collegio ritiene che se è vero che la norma statutaria, benché la formula impiegata non risulti particolarmente chiara, possa essere interpretata nel senso che l’Università è abilitata a rendere servizi a favore di terzi stipulando contratti e, pertanto, anche divenendo aggiudicataria di un appalto pubblico, è altresì vero che tale possibilità, in contrasto con il dato legislativo richiamato, non è riferita anche ai contratti di appalto relativi ai servizi di architettura e ingegneria.

Né in senso contrario possono essere valorizzate le norme contenute nel “Regolamento concernente le attività scientifiche e formative in collaborazione con terzi o in conto terzi e le attività assimilate” richiamate dal Comune di Enna nelle sue difese. A tal proposito il Collegio evidenzia infatti che anche tali disposizioni non prevedono espressamente la possibilità per l’Università di erogare servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria; l’art. 1, comma 3, lett. b), del Regolamento prevede solamente che fra le attività che l’Università può erogare a favore di terzi rientrano le “…attività e prestazioni scientifiche - quali ad esempio quelle di consulenza e valutazione scientifica, di servizio, di consulenza tecnico-professionale, di progettazione, di formazione - affidate da soggetti terzi all’Università Kore di Enna nel prevalente interesse del committente, e pertanto soggette a remunerazione”, ma non prevede anche in maniera espressa la possibilità per l’Università di erogare servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria.

Sul punto, giova ribadire che l’interpretazione letterale e più restrittiva dell’art. 37, comma 1, dell’allegato II.12, Parte V, del Codice degli appalti trova la sua giustificazione nel fatto che il ricomprendere nell’oggetto sociale la possibilità di offrire sul mercato servizi di ingegneria e architettura non deve essere considerato un mero adempimento formale, ma, al contrario, in ragione della delicatezza dei servizi in questione e dell’elevata professionalità richiesta per garantirne la qualità dei servizi, è un primo requisito necessario per garantire la serietà e l’affidabilità dell’operatore economico che intenda partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica relativa ad un servizio di ingegneria o architettura.

In ogni caso, la norma del Regolamento universitario in commento, anche a volerla interpretare nel senso che la stessa conferisse all’Università la possibilità di erogare servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria (valorizzando in tal senso il riferimento testuale alle attività di “progettazione”), in conformità all’art. 37 dell’allegato II.12, Parte V, del Codice degli appalti, avrebbe dovuta essere inserita nello Statuto e non nel regolamento citato (il quale, tra l’altro, è entrato in vigore in data 07/09/2021 e non può quindi essere considerato attuativo del nuovo Statuto dell’Università, che è stato pubblicato in G.U. in data 18/09/2023). La lettera dell’art. 37, comma 1, dell’allegato II.12, Parte V, del Codice, in applicazione del criterio di stretta interpretazione supra richiamato, è chiaro infatti nello stabilire che la previsione per la quale gli enti sono abilitati ad erogare prestazioni di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria deve essere contenuta nell’oggetto sociale (e quindi, in applicazione del canone di interpretazione analogica, per gli enti che non rivestono forma societaria all’interno dell’atto costitutivo) e non, invece, in atti regolamentari gerarchicamente subordinati.

Per tutte le ragioni esposte, il Collegio, già sotto questo primo profilo, ritiene fondato il primo motivo di ricorso.

DISCIPLINA DELL'EQUO COMPENSO: NON INCOMPATIBILE CON IL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI (66.1)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2024

Per questo collegio è opportuno dare sinteticamente conto della nuova disciplina dell’equo compenso (per quanto oggi di interesse).

Come è noto, la legge n. 49/2023, pubblicata nella G.U. 5 maggio 2023, n. 104 (entrata in vigore il 20 maggio 2023), ha riscritto le regole in materia di corrispettivo per le prestazioni professionali, garantendo la percezione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, ossia - per quanto qui rileva - conforme ai compensi previsti “per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27” (art. 1, co. 1, lett. b).

Ai sensi dell’art. 2, co. 1, tale disciplina “si applica ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro”. Le medesime disposizioni “si applicano altresì alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175” (art. 2, co. 3).

Il legislatore ha quindi stabilito la nullità delle clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata (art. 3), introducendo una nullità relativa o di protezione che consente al professionista di impugnare la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso iniquo innanzi al Tribunale territorialmente competente in base al luogo in cui ha la residenza, per chiedere la rideterminazione del compenso per l’attività professionale prestata con l’applicazione dei parametri previsti dal decreto ministeriale relativo alla specifica attività svolta.

Orbene, a differenza di quanto affermato - con articolate argomentazioni - dalla parte ricorrente, si deve ritenere che non vi sia contrasto tra le disposizioni appena illustrate e la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) o il “diritto di prestare servizi in regime di concorrenzialità” (artt. 101 TFUE e 15 direttiva 2006/123/CE) (come viceversa sostenuto dalla società istante, cfr. pagg. 13 e ss. e 25, memoria depositata in data 29 marzo 2024), né “ontologica incompatibilità” tra la stessa legge e la disciplina di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 (cfr. pagg. 8 e ss. e pag. 24, memoria depositata in data 29 marzo 2024).

Con riferimento all’asserita incompatibilità della disciplina dell’equo compenso con il diritto eurounitario, in giurisprudenza si è già condivisibilmente affermato come la prima “non sia in grado di pregiudicare l’accesso, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci, al mercato italiano da parte di operatori economici di altri Stati dell’Unione Europea […]. Si tratta […] di un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande, piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, […] sulle spese generali) e, ancor di più sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata. […] il meccanismo derivante dall’applicazione della legge n. 49/2023 è tale da garantire sia dei margini di flessibilità e di competizione anche sotto il profilo economico, sia la valorizzazione del profilo qualitativo e del risultato, in piena coerenza con il dettato normativo nazionale e dell’Unione Europea” (Tar Veneto, sez. III, 3 aprile 2024, n. 632).

Neppure potrebbe giungersi a conclusioni diverse in forza del richiamo fatto dalla ricorrente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e, in particolare, alla sentenza 4 luglio 2019, nella causa C-377/17 – pronuncia che non afferma, invero, la sussistenza di preclusioni assolute, riconoscendo, viceversa, in capo agli Stati Membri il potere di introdurre tariffe minime per le prestazioni professionali che siano non discriminatorie, necessarie e proporzionate alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale ex art. 15, par. 3, della direttiva 2006/123/CE – o alla recente sentenza 25 gennaio 2024, nella causa C-438/22 (pag. 14 memoria di parte ricorrente depositata il 29 marzo 2024), che ha affermato l’obbligo di rifiutare l’applicazione di una normativa che fissi importi minimi degli onorari degli avvocati.

Va, infatti, considerato che nel caso oggetto di quest’ultima pronuncia gli importi erano stati determinati dal Consiglio superiore dell’Ordine forense della Bulgaria“in assenza di qualsiasi controllo da parte delle autorità pubbliche e di disposizioni idonee a garantire che esso si comporti quale emanazione della pubblica autorità”: la Corte ha cioè ritenuto come tale organismo agisse alla stregua di “un’associazione di imprese, ai sensi dell’articolo 101 TFUE” (§ 44, sent. cit.), nel perseguimento di un proprio interesse specifico e settoriale (realizzando un’ipotesi di “determinazione orizzontale di tariffe minime imposte, vietata dall’art. 101, paragrafo 1, TFUE”), in un contesto, quindi, del tutto diverso da quello oggetto del presente giudizio, in cui rilevano norme di carattere generale (la l. n. 49/2023 e gli inerenti decreti ministeriali) adottate da autorità pubbliche e, per questo, non sussumibili nell’ambito (soggettivo e oggettivo) di applicazione dell’art. 101 TFUE (rivolto a vietare “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”).

Va altresì escluso l’ipotizzato (dalla ricorrente) “disallineamento” tra la legge n. 49/2023 e il d.lgs. n. 36/2023, alla luce dell’indirizzo secondo cui “un’antinomia può configurarsi ‘in concreto’ allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta. […] Nell’ipotesi in esame, l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici” (Tar Veneto, n. 632/2024, cit.).

In particolare, non merita accoglimento la tesi di parte ricorrente laddove esclude che “la disciplina dettata dalla L. 49/2023 sia idonea a perseguire il proprio obiettivo anche in materia di appalti pubblici”, in quanto nessuna esigenza di protezione vi sarebbe “quando la prestazione avviene istituzionalmente tramite il libero confronto tra gli operatori” alla “presenza di offerte libere e adeguatamente ponderate da parte degli offerenti” e con la garanzia di “adeguati meccanismi atti proprio ad evitare la presentazione di offerte eccessivamente basse e quindi non sostenibili (anomalia dell’offerta)” (pag. 15, memoria 29 marzo 2024).

Invero, la legge n. 49/2023, oltre a perseguire obiettivi di protezione del professionista, mediante l’imposizione di un’adeguata remunerazione per le prestazioni da questi rese, contribuisce, tra l’altro, analogamente al richiamato giudizio di anomalia dell’offerta, a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione.

Risulta dunque indimostrato che la legge sull’equo compenso venga a collidere con le disposizioni del codice dei contratti pubblici che assicurano il confronto competitivo tra gli operatori; del resto, analoghe perplessità non nutre il ricorrente in relazione ad altre disposizioni parimenti poste a presidio dell’esatto adempimento, come, appunto, quelle in materia di anomalia (la cui finalità è di “evitare che offerte troppo basse espongano l’amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare e qualitativamente inferiore a quella richiesta e con modalità esecutive in violazione di norme, con la conseguente concreta probabilità di far sorgere contestazioni e ricorsi”, Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2022, n. 8330).

La prospettata incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e il codice dei contratti pubblici è in ogni caso smentita dal dato testuale.

Da un lato, la legge n. 49/2023 prevede esplicitamente l’applicazione alle prestazioni rese in favore della P.A., senza esclusioni, dall’altro lato, l’art. 8 del d.lgs. n. 36/2023 impone alle pubbliche amministrazioni di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente).

Né può condividersi l’ulteriore argomento basato sull’asserita diversità del tenore letterale dei commi 1 e 3 dell’art. 2 della l. n. 49 del 2023.

In particolare, la società ricorrente valorizza la circostanza che, se, da un lato, il comma 1 del predetto art. 2 ha cura di specificare che l’equo compenso si applica ai rapporti aventi a oggetto la prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c., regolamentati da convenzioni aventi a oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali prestate a favore di imprese bancarie e assicurative, delle loro società controllate e delle loro mandatarie, imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori ovvero hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro, dall’altro lato, il comma 3 si limita a prevedere “lapidariamente” l’applicabilità della legge alle “prestazioni rese dai professionisti in favore della Pubblica Amministrazione”.

In sintesi, secondo parte ricorrente, nel “declinare la disciplina dell’equo compenso anche in relazione ai servizi intellettuali forniti alla p.a., significativamente, la norma [farebbe] riferimento ai soli professionisti senza estendere il campo di applicazione anche ai servizi forniti dai medesimi in forma associata o societaria” (pag. 25, memoria 29 marzo 2024). Nei rapporti con la P.A., la legge sull’equo compenso sarebbe cioè applicabile esclusivamente alle prestazioni rese da singoli liberi professionisti, che trovino “fondamento in un contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale” (“in cui il singolo professionista assicura lo svolgimento della relativa attività principalmente con il proprio lavoro autonomo”, pag. 17, memoria 29 marzo 2024), con l’esclusione, invece, delle prestazioni rese da società e imprese, laddove vi è “una articolata organizzazione di mezzi e risorse e […] assunzione del relativo rischio imprenditoriale” (pag. 17, memoria 29 marzo 2024, e pag. 30, ricorso). Ciò in quanto soltanto il professionista singolo si troverebbe nella condizione del “contraente debole” da tutelare, mentre nei confronti di chi esercita la professione in forma associata o societaria, vi sarebbe un “certo grado di minore dominanza della posizione degli Enti pubblici” (cfr. pag. 25, memoria 29 marzo 2024).

La prospettazione non è condivisibile.

In primo luogo, la scelta di applicare la disciplina sull’equo compenso esclusivamente alle prestazioni di natura intellettuale rese in favore della P.A. dal singolo professionista, che non necessiti (o comunque non si avvalga) di un’organizzazione di mezzi e risorse, sarebbe difficilmente giustificabile dal punto di vista logico, considerata l’ontologica corrispondenza tra le prestazioni rese dal singolo e quelle rese nell’ambito di una società/impresa (tanto più che per “servizi di natura intellettuale” oggetto di appalto, come i servizi di ingegneria e architettura, si intendono “quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse”; Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2022, n. 1234).

Inoltre, considerato che, da un lato, l’ordinamento lascia libero il professionista di scegliere di svolgere la propria attività come singolo o in forma associata e che, dall’altro, lo stesso art. 66 del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che “[s]ono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nel rispetto del principio di non discriminazione fra i diversi soggetti sulla base della forma giuridica assunta: a) i prestatori di servizi di ingegneria e architettura: i professionisti singoli, associati, le società tra professionisti di cui alla lettera b), le società di ingegneria di cui alla lettera c), i consorzi, i GEIE, i raggruppamenti temporanei fra i predetti soggetti (…)”, imporre il rispetto della norma sull’equo compenso soltanto per le prestazioni rese dal professionista che operi (e partecipi a una procedura a evidenza pubblica) uti singuli avrebbe l’effetto di concretizzare una inammissibile disparità di trattamento tra quest’ultimo e i professionisti che, viceversa, operino (e concorrano) nell’ambito di società, associazioni o imprese, i quali ultimi potrebbero in ipotesi trarre vantaggio dalla mancata applicazione della normativa in materia di equo compenso e quindi praticare ribassi sui compensi (con la presentazione di offerte verosimilmente più “appetibili”).

Né può ravvisarsi un’incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e l’art. 108, co. 2, del codice dei contratti pubblici, nella parte in cui impone l’applicazione del “criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo” ai “contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro”.

E invero, la legge n. 49/2023 non preclude l’applicabilità ai contratti in questione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa: il compenso del professionista è, infatti, soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare a “spese ed oneri accessori” (peraltro, anche la delibera ANAC n. 101 del 28 febbraio 2024 non esclude la legittimità delle tre ipotesi contemplate nel bando-tipo n. 2/2023: a) procedura di gara a prezzo fisso in virtù dell’applicazione della l. n. 49/2023 a tutte le voci del corrispettivo posto a base di gara; b) procedura di gara da aggiudicare secondo il criterio dell’OEPV, con ribasso limitato alle sole spese generali; c) inapplicabilità della disciplina sull’equo compenso, con conseguente ribassabilità dell’intero importo posto a base di gara).Infine, non si può ritenere che l’art. 41, comma 15, e l’all. I.13 al d.lgs. n. 36/2023 individuino nelle tariffe professionali i criteri per la determinazione del (solo) importo da porre a base di gara, non precludendo affatto l’applicabilità di un ribasso alla base d’asta così composta (cfr. pag. 23, memoria parte ricorrente 29 marzo 2024).

Delle disposizioni da ultimo menzionate va, infatti, offerta un’interpretazione coerente con il richiamato art. 8 dello stesso d.lgs. n. 36/2023, ai sensi del quale, come detto, le pubbliche amministrazioni debbono garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale.

Chiariti la portata delle norme in materia di equo compenso e il rapporto con le norme del d.lgs. n. 36/2023, vanno dunque respinte tutte le censure mosse al gravato provvedimento di esclusione e quelle rivolte, in via subordinata, alla disciplina di gara, la quale, lungi dall’introdurre una clausola di esclusione non prevista dalla legge, ha dettato regole conformi all’esaminata disciplina primaria.

REQUISITI PROFESSIONALI SOCI - PROFESSIONISTA INDICATO - CAPACITA' ECONOMICA E TECNICA (66.2)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2024

Secondo questo collegio, la possibilità di utilizzare, per la partecipazione alle gare pubbliche, i requisiti posseduti dai soci, invero, è stata prevista espressamente all’art. 66, comma 2, D.Lgs. n. 36/2023 solo per le gare relative ai servizi di ingegneria ed architettura, per un periodo di cinque anni dalla costituzione delle società, qualora costitute nella forma di società di persone o di società cooperativa; per le stesse gare, possono essere utilizzati, sempre entro i cinque anni dalla loro costituzione, i requisiti posseduti dai direttori tecnici o dai professionisti dipendenti della società con rapporto a tempo determinato qualora costituite nella forma di società di capitali.

Senonché, a parte che, come espressamente evidenziato dal RUP nella gara de qua, non si verte in gara per l’affidamento di servizi di ingegneria ed architettura, neppure si rinvengono gli ulteriori presupposti applicativi della disposizione de qua, essendo la ricorrente società di capitali (e non potendo dunque utilizzare i requisiti posseduti dal socio, come da art. 66, comma 2, D.lgs. n. 36, 2023, prima parte) e non essendo il socio direttore tecnico o professionista dipendente della società con rapporto a tempo determinato, come da art. 66, comma 2, D.Lgs. n. 36/2023, seconda parte.

La disposizione in esame è coerente con la pertinente giurisprudenza formatasi nella vigenza del d.lgs. 50/2016, che già aveva affermato che “la verifica dei requisiti tecnici di partecipazione ad una gara non può che riguardare i soggetti giuridici che prendono parte alla gara stessa, non certo terzi rimasti ad essa estranei (non avendo presentato offerte). Nel caso – statisticamente predominante – in cui l’operatore economico “proponente” abbia la veste giuridica di una società di capitali è dunque al detto operatore che si deve far riferimento per le verifiche di legge, non anche ai suoi soci (laddove in ipotesi a loro volta rivestano il ruolo di operatori del settore) allorché rimasti formalmente estranei alla procedura concorrenziale” (cfr. Cons. di Stato, n. 5840/2021).

Del resto, una società a responsabilità limitata, come la ricorrente, è “persona giuridica autonoma rispetto ai propri soci e dotata di autonomia patrimoniale perfetta” e come tale “non può computare a tal fine il fatturato dagli stessi prodotto per cumularlo e raggiungere la soglia” richiesta (cfr. TAR Lazio – Roma, I, n. 9615/2020). La ragione sta nel fatto che solo “la costituzione di una delle forme associate previste consente di vincolare tutti i soggetti partecipanti nei confronti dell’Amministrazione al fine della corretta esecuzione del contratto, mediante l’assunzione della relativa responsabilità. Di contro una società a responsabilità limitata, quale è la ricorrente, sulla base dei comuni principi di matrice civilistica, costituisce una entità giuridica autonoma, che assume in proprio le responsabilità derivanti dalla stipula del contratto, escludendo che le singole imprese (o i soci individuali) che la compongono siano impegnati a tal fine in proprio; per tale ragione non può ritenersi che i requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari dei singoli soci possano essere cumulati affinché la società a responsabilità limitata possa beneficiarne al fine di partecipare alla gara”. (cfr. TAR Lazio, cit.).

Al riguardo, occorre anche riferire anche della pacifica giurisprudenza che ha statuito che il professionista “indicato” non può in alcun modo farsi rientrare nella figura del “concorrente” (cfr. Cons. di Stato, Ad. Pl. n. 13/2020 e Cons. di Stato, V, n. 9923/2022), essendo per contro un “prestatore di opera professionale” o piuttosto un “collaboratore (o più propriamente un ausiliario) del concorrente” (cfr. CGARS, n. 276/2021), che non può dunque giovarsi dei requisiti di capacità economica ovvero tecnica da quello posseduti se non si individui un diverso rapporto di natura contrattuale che avvinca il professionista al concorrente e che non può ridursi al vincolo societario che resta impermeabile alle responsabilità e agli obblighi connessi al diverso rapporto di prestazione d’opera professionale.

R.T.P. - ISTANZA DI PARETCIPAZIONE E DICHIARAZIONE POSSESSO REQUISITI - NECESSARIA SOTTOSCRIZIONE DI TUTTI GLI ASSOCIATI

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2024

Avuto riguardo alle previsioni della lex specialis, il Collegio evidenzia che l’art. 16 del bando prevede, per quanto di interesse: “…in caso di partecipazione di R.T.P. l’istanza di partecipazione deve essere sottoscritta da tutti i partecipanti al raggruppamento. (…) alcuni requisiti sono riferiti, in caso di partecipazione di R.T.P. al professionista designato e (che) altri sono chiesti, cumulativamente, a quest’ultimo o al R.T.P. (…). Le dichiarazioni vanno quindi rese dal diretto interessato”. Orbene, nel caso di specie l’istanza di partecipazione presentata dall’aggiudicatario, comprovante i requisiti generali del mandante e del mandatario, oggetto di dichiarazioni separate provenienti dall’uno e dall’altro, risulta essere stata sottoscritta digitalmente da entrambi i partecipanti (cfr. doc. 4 della produzione della controinteressata).

In ragione di quanto precede non si apprezza alcuna violazione delle disposizioni del bando di gara, né, per altro verso, risulta effettivamente riscontrabile una obiettiva incertezza in ordine all’individuazione dei soggetti che hanno inteso partecipare alla procedura in forma di raggruppamento, ovvero alla provenienza soggettiva delle dichiarazioni rese in relazione al possesso dei requisiti generali in commento.

RTP E FATTURAZIONE - CHIARIMENTI SULLE MODALITA' OPERATIVE

AGENZIA ENTRATE RISPOSTA 2024

OGGETTO: Raggruppamento Temporaneo di Professionisti – Chiarimenti in tema di fatturazione – articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

I singoli componenti sono tenuti ad emettere la propria fattura nei confronti della stazione appaltante relativamente ai lavori di competenza effettuati, che la capogruppo

può inoltrare al committente. In alternativa la medesima può, d'intesa con gli altri componenti del gruppo, assolvere anche al compito di emettere direttamente le fatture, ma esclusivamente ''in nome e per contro degli altri'', dando evidenza direttamente nel documento di aver assolto a tale compito, in conformità a quanto disposto dall'articolo 21, commi 1 e 2, lettera n), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.


OPERATORE PRIVO DI SOA PER LA PROGETTAZIONE - PUO' INDICARE PIU' PROGETTISTI ANCHE NON RAGGRUPPATI TRA DI LORO (66.1f)

TAR CAMPANIA SA SENTENZA 2023

In assenza di indicazioni di diverso tenore nella lex specialis, risulta legittima l’indicazione di più progettisti da parte dell’operatore economico privo di attestazione SOA di progettazione anche ove i due o più progettisti non siano raggruppati, potendo il concorrente soddisfare i requisiti di capacità previsti dal bando mediante i requisiti dei progettisti indicati, in modo cumulativo: “l'art. 46 del D. Lgs. n. 50/2016 ammette a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria "i professionisti singoli, associati", etc., laddove, "nel rispetto del principio di non discriminazione fra i diversi soggetti sulla base della forma giuridica assunta", la virgola tra singoli e associati ha un chiaro valore disgiuntivo, cioè equivale a "o/ovvero"….la legge non impone affatto l'associazione tra i singoli professionisti” (T.A.R. Liguria, sez. I, 18 maggio 2023, n. 521; nello stesso senso anche T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 7 novembre 2016, n. 2048: “dal disposto di cui agli artt. 53, comma 3, e 90, comma 1, del d.lgs. 163/06, non discende alcun obbligo per i progettisti designati di costituirsi in raggruppamento temporaneo di professionisti” e T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 11 luglio 2019, n. 1273: “dal disposto di cui agli artt. 53, comma 3, e 90, comma 1, del d.lgs. 163/06, non discende alcun obbligo per i progettisti designati di costituirsi in raggruppamento temporaneo di professionisti”).

In termini analoghi si è espressa anche l’ANAC, con delibera 27 aprile 2022, n. 210, a mente della quale “l’art. 59, comma 1-bis del d.lgs. n. 50/2016, come già in precedenza l’art. 53, comma 3 dell’abrogato d.lgs. n. 163/2006, prevede che l’operatore economico sprovvisto della qualificazione per la progettazione possa ricorrere, alternativamente, a due soluzioni organizzative, consistenti nella associazione in RTI con professionisti o nel ricorso al supporto di progettisti qualificati, non discendendo da tali disposizioni alcun obbligo per i progettisti designati di costituirsi in raggruppamento temporaneo di professionisti o di sottoscrivere un contratto di avvalimento per assumere la qualifica di soggetti ausiliari al fine di prestare i requisiti mancanti alla società qualificata per la sola attività di costruzione”.

I citati orientamenti sono stati recepiti dal nuovo codice dei contratti, che all’art. 66 elenca i soggetti ammessi a partecipare “nel rispetto del principio di non discriminazione … sulla base della forma giuridica assunta” alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, richiamando, per quanto di interesse, alla lettera a) i prestatori di servizi di ingegneria e architettura, tra cui i “professionisti singoli, associati”, alla lettera f) “i raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui alle lettere” precedenti.

La lettura prospettata dalla stazione appaltante, secondo cui, considerato che “la lett. f) del citato articolo 66 fa espresso riferimento ai raggruppamenti temporanei costituiti da più soggetti di cui alle lettere da a) ad e)” deve desumersi che il legislatore abbia inteso “prevedere la costituzione di un raggruppamento temporaneo nei casi in cui, com’è nella specie, per la parte relativa alla progettazione nell’appalto integrato siano indicati più soggetti” (cfr. memoria della Provincia, pag. 3) sconta il rilievo che la lettera a) – come già l'art. 46 d.lgs. n. 50/2016 – non contiene un riferimento al (singolo) progettista indicato ma discorre (al plurale) di progettisti indicati.

Pertanto, posto che né l’ordito normativo né la lex specialis imponevano ai progettisti indicati di costituire un raggruppamento, viene meno anche la ventilata necessità di indicazione del nominativo del giovane professionista, immanente ai soli raggruppamenti temporanei, come emerge dall’art. 39, parte V, allegato II.12, d. lgs. 36/2023, rubricato “requisiti dei raggruppamenti temporanei”, ai sensi del quale “i raggruppamenti temporanei, inoltre, devono prevedere la presenza di almeno un giovane professionista, laureato abilitato da meno di cinque anni all'esercizio della professione secondo le norme dello Stato membro dell'Unione europea di residenza, quale progettista”.