Articolo 5. Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento.

1. Nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportano reciprocamente nel rispetto dei principi di buona fede e di tutela dell’affidamento.

2. Nell’ambito del procedimento di gara, anche prima dell’aggiudicazione, sussiste un affidamento dell’operatore economico sul legittimo esercizio del potere e sulla conformità del comportamento amministrativo al principio di buona fede.

3. In caso di aggiudicazione annullata su ricorso di terzi o in autotutela, l’affidamento non si considera incolpevole se l’illegittimità è agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti. Nei casi in cui non spetta l’aggiudicazione, il danno da lesione dell’affidamento è limitato ai pregiudizi economici effettivamente subiti e provati, derivanti dall’interferenza del comportamento scorretto sulle scelte contrattuali dell’operatore economico.

4. Ai fini dell’azione di rivalsa della stazione appaltante o dell’ente concedente condannati al risarcimento del danno a favore del terzo pretermesso, resta ferma la concorrente responsabilità dell’operatore economico che ha conseguito l’aggiudicazione illegittima con un comportamento illecito.

EFFICACE DAL: 1° luglio 2023

Relazione

RELAZIONE L’articolo 5 enuncia i principi di buona fede e di tutela dell’affidamento. Nel dettaglio, il comma 1 prevede che nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli ...

Commento

NOVITA’ • L’art. 5, in modo del tutto innovativo, sancisce la fiducia reciproca tra stazioni appaltanti ed operatori economici (comma 1). La Legge 241/90 prevede al comma 2 bis dell’art. 1, introdott...
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Giurisprudenza e Prassi

PROJECT FINANCING - IL MERO PROMOTORE NON PUO' VANTARE AFFIDAMENTO NELLA STIPULA DEL CONTRATTO - ESCLUSA RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE DELLA PA (153.19)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa.

Quanto alle poste risarcibili a titolo di responsabilità precontrattuale deve rammentarsi, come più volte affermato dalla giurisprudenza, che “nel caso in cui venga affermata la sussistenza di una responsabilità precontrattuale, il risarcimento del danno va parametrato non già all'utile che il contraente avrebbe potuto ritrarre dall'esecuzione del rapporto, ma al cosiddetto interesse contrattuale negativo, che copre sia il danno emergente (ossia le spese inutilmente sostenute per dare corso alle trattative), sia il lucro cessante (da intendersi come mancato guadagno rispetto a eventuali altre occasioni di contratto che la parte alleghi di avere perduto” (cfr. tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 12/07/2021, n. 5274).

Secondo i noti principi in tema di onere della prova ex art. 2967 c.c., che si applicano anche al giudizio amministrativo in tema di responsabilità precontrattuale, colui che chiede il risarcimento deve fornire la prova del danno - conseguenza, che si concretizza nelle perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate.

Ciò posto, pur dovendosi ascrivere la richiesta risarcitoria azionata in prime cure dal soggetto individuato come promotore in una procedura di project financing in termini di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. – rispetto alla quale, come innanzi evidenziato, può risultare irrilevante la legittimità dell’agere amministrativo, in ciò sostanziandosi uno dei profili qualificanti la differenziazione fra responsabilità da provvedimento illegittimo/atto illecito, ex art. 2043 c.c. e la responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. – la pretesa risarcitoria risulta comunque infondata in quanto la società appellante non poteva nutrire un legittimo affidamento in ordine all’aggiudicazione della successiva procedura competitiva, rispetto alla quale la stessa ritiene di trovarsi in una posizione differenziata e qualificata, per essere promotore legittimato ad esercitare il diritto di prelazione.

Ciò in considerazione dei seguenti rilievi:

a) in ragione della circostanza che la delibera giuntale era affetta da un macroscopico vizio di incompetenza, facilmente riscontrabile da un operatore del settore;

b) per il rilievo che il perfezionamento procedura era comunque subordinato, in forza di quanto previsto nella stessa delibera giuntale oggetto di annullamento, alla conclusione della procedura esecutiva sul bene da concedere gratuitamente;

c) per l’ulteriore rilievo che la procedura competitiva non era stata neppure avviata, essendosi arrestato il procedimento alla fase di approvazione del progetto;

d) per la circostanza che si è intervenuti in autotutela a breve distanza di tempo dalla delibera giuntale che ne era oggetto, ovvero a distanza di circa un anno.

RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE DELLA P.A. - PUO' SUSSISTERE ANCHE IN CASO DI REVOCA LEGITTIMA DEGLI ATTI DI GARA (5.2)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Secondo la costante giurisprudenza amministrativa: “anche in caso di revoca legittima degli atti di aggiudicazione di gara per sopravvenuta indisponibilità di risorse finanziarie può sussistere la responsabilità precontrattuale dell'amministrazione che abbia tenuto un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza soprattutto perché, accortasi delle ragioni che consigliavano di procedere in via di autotutela mediante la revoca della già disposta aggiudicazione non abbia immediatamente ritirato i propri provvedimenti, prolungando inutilmente lo svolgimento della gara, così inducendo le imprese concorrenti a confidare nelle chances di conseguire l'appalto” (Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 2016, n. 1797; Cons. Stato, sez. V, 1° febbraio 2013, n. 633).

Più in particolare è stato affermato che: “le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti, uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l'altro concernente invece la responsabilità dell'amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte. Oltre che distinti, i profili in questione sono autonomi e non in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l'accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l'amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi” (Cons. Stato, ad. plen., 29 novembre 2021, n. 21). Ed ancora che: “A conferma della descritta evoluzione si pone l'art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale dispone che: "(i) rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede"” (Cons. Stato, ad. plen., 29 novembre 2021, n. 21, cit.). Infine che: “La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all'esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede. >> (Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2018, n. 5)” (così Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2020, n. 4514). In questa direzione, pertanto: “non viene in rilievo l’attività provvedimentale della p.a. (l’esercizio diretto ed immediato del potere) bensì il comportamento (collegato in via indiretta e mediata all’esercizio del potere) complessivamente tenuto dalla stazione appaltante nel corso della gara, di modo che rilevano le regole di diritto privato la cui violazione non dà vita ad invalidità provvedimentale, ma a responsabilità; anche per la p.a. le regole di correttezza e buona fede così come per i privati sono regole di responsabilità” (Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2020, n. 4514, cit.).

Le difficoltà legate al patto di stabilità erano note (...) di tali difficoltà il Comune di XXX non ha mai reso edotto l’appellante se non a tre anni di distanza ossia in occasione della revoca stessa. Di qui la violazione dell’art. 1338 c.c. in tema di omessi obblighi informativi circa possibili ragioni di invalidità della procedura contrattuale.