Articolo 5. Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento.

1. Nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportano reciprocamente nel rispetto dei principi di buona fede e di tutela dell’affidamento.

2. Nell’ambito del procedimento di gara, anche prima dell’aggiudicazione, sussiste un affidamento dell’operatore economico sul legittimo esercizio del potere e sulla conformità del comportamento amministrativo al principio di buona fede.

3. In caso di aggiudicazione annullata su ricorso di terzi o in autotutela, l’affidamento non si considera incolpevole se l’illegittimità è agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti. Nei casi in cui non spetta l’aggiudicazione, il danno da lesione dell’affidamento è limitato ai pregiudizi economici effettivamente subiti e provati, derivanti dall’interferenza del comportamento scorretto sulle scelte contrattuali dell’operatore economico.

4. Ai fini dell’azione di rivalsa della stazione appaltante o dell’ente concedente condannati al risarcimento del danno a favore del terzo pretermesso, resta ferma la concorrente responsabilità dell’operatore economico che ha conseguito l’aggiudicazione illegittima con un comportamento illecito.

EFFICACE DAL: 1° luglio 2023

Relazione

RELAZIONE L’articolo 5 enuncia i principi di buona fede e di tutela dell’affidamento. Nel dettaglio, il comma 1 prevede che nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli ...

Commento

NOVITA’ • L’art. 5, in modo del tutto innovativo, sancisce la fiducia reciproca tra stazioni appaltanti ed operatori economici (comma 1). La Legge 241/90 prevede al comma 2 bis dell’art. 1, introdott...
Condividi questo contenuto:

Giurisprudenza e Prassi

CONCORRENTE ILLEGITTIMAMENTE ESCLUSO DALLA PROCEDURA - DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO (5.2)

CORTE GIUST EU SENTENZA 2024

L'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa o a una prassi nazionali che non ammettono per principio la possibilità, per un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in ragione di una decisione illegittima dell'amministrazione aggiudicatrice, di essere indennizzato per il danno subito a causa della perdita dell'opportunità di partecipare a tale procedura ai fini dell'aggiudicazione dell'appalto.

CONCORRENTE ESCLUSO PER DECISIONE ILLEGITTIMA - DIRITTO AD INDENNIZZO PER PERDITA DI CHANCE

CORTE GIUST EU SENTENZA 2024

L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007,deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa o a una prassi nazionali che non ammettono per principio la possibilità, per un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in ragione di una decisione illegittima dell’amministrazione aggiudicatrice, di essere indennizzato per il danno subito a causa della perdita dell’opportunità di partecipare a tale procedura ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto.

LIMITI AL SUBAPPALTO - AUTOVINCOLO - PREVISIONI LEX SPECIALIS (105.1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

L’esponente rileva che la società OMISSIS aveva la qualifica soggettiva per poter eseguire le lavorazioni di cui all’unica categoria di opere oggetto dell’affidamento, la OS10, pertanto, anche senza ricorso ai subappaltatori, l’operatore economico avrebbe potuto rendersi affidatario del contratto pubblico. In questi casi, non trattandosi del c.d. subappalto necessario, il rispetto dei limiti imposti dalla legge rileverebbe esclusivamente nella fase esecutiva, nel senso che la Stazione appaltante non avrebbe autorizzato il subcontratto comportante il superamento delle soglie imposte. Ad avviso dell’appellante, né la legge, né la disciplina del procedimento per cui è causa prevederebbero l’esclusione di un partecipante nel caso in cui questi, pur possedendo la qualifica per compiere la totalità delle lavorazioni, abbia prospettato di ricorrere al subappalto in misura superiore al 49,99% al momento di formulare il proprio preventivo. Secondo questo collegio, la critica non può trovare accoglimento.

L’art. 7 dell’Invito ha espressamente previsto che: “Ai sensi dell’art. 105, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 come mod. dall’art. 49, comma 1, lett. a) della L. 108/2021 (legge di conversione, con modificazioni, del D.L. 77/2021), a pena di nullità, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 106, comma 1, lettera d), il contratto non può essere ceduto, non può essere affittata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera. E’ ammesso il subappalto ai sensi dell’art. 105 del d.lgs. 50/2016 e s.m.i., come modificato dall’articolo 49, comma 1, del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito nella Legge 108/2021 nei limiti del 49,99% dell’importo complessivo del contratto”.

Appare all’evidenza che la lex specialis ha espressamente consentito il subappalto nei limiti del 49,99% dell’importo complessivo del contratto, così introducendo una previsione di ‘autovincolo’.

Nonostante ciò, nell’ambito della predisposizione dell’offerta e del preventivo, la società OMISSIS ha compilato il DGUE dichiarando espressamente di voler subappaltare una quota di lavori dell’unica categoria di appalto (quella prevalente) nella misura del 50%.

Inoltre, dalle emergenze processuali risulta che il preventivo dell’aggiudicataria reca un ribasso di oltre il 50% come risulta dall’offerta economica, mentre la dichiarazione di subappaltare le opere oggetto dell’unica categoria di appalto reca un ribasso del 50%.

Il Collegio osserva che le ampie deduzioni difensive (anche in tema di subappalto necessario) del Comune appellante, finalizzate a giustificare la regolarità dell’affidamento diretto dell’appalto alla società aggiudicataria, non colgono nel segno, atteso che alla soluzione della questione deve pervenirsi partendo dal presupposto che nella lex specialis la Stazione appaltante ha previsto espressamente un criterio di ‘autovincolo’.

Orbene, secondo il principio dell’autovincolo, la Stazione appaltante è tenuta a rispettare le regole che, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, ha deciso di porre a presidio dello svolgimento della procedura di gara, in ragione dei principi dell’affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti.

Il criterio di aggiudicazione di un appalto pubblico prescelto dalla Stazione appaltante in una procedura comporta sempre che la stessa è obbligata al rispetto della legge di gara, sicchè l’individuazione del contraente deve avvenire sulla scorta delle regole prescelte.

Nel caso di specie, l’Amministrazione si è avvalsa della possibilità dell’affidamento diretto ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.L. n. 76 del 2020, convertito con legge n. 120 del 2020, ma ciò, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non fa venire meno l’obbligo del rispetto della legge di gara (c.d. autovincolo).

Il rispetto dell’autovincolo, giova ribadire per ragioni di completezza espositiva, è confermato anche dal vigente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023) che fra i principi fondamentali annovera quello dell’affidamento e della buona fede, per cui occorre tutelare l’affidamento dell’operatore economico sul legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023).

Nella specie, la lex specialis si è fondata sul suddetto indirizzo, tenuto conto che l’art. 3 dell’Invito, rubricato appunto ‘Criterio di affidamento’, richiama espressamente i principi di cui all’articolo 30 del d.lgs. n. 50 del 2016, così rappresentando la scelta di individuare un criterio di affidamento e di autodisciplinare la procedura di affidamento diretto.

Il OMISSIS ha individuato un criterio di affidamento dell’appalto, secondo precise regole prestabilite negli atti di gara, sicchè, in forza del principio dell’autovincolo, sussiste l’obbligo del rispetto dello stesso criterio e, conseguentemente, l’impossibilità di modificare in itinere la legge di gara da parte dell’Ente.

CHIARIMENTI - NON POSSONO MODIFICARE I REQUISITI DI PARTECIPAZIONE (5 - 92.2 - 100)

ANAC PARERE 2024

I chiarimenti resi dalla stazione appaltante nel corso di una gara d'appalto non hanno alcun contenuto provvedimentale, non potendo costituire, per giurisprudenza consolidata, integrazione o rettifica della lex specialis di gara. E' principio pacifico, valido anche con riferimento al nuovo Codice, che i chiarimenti resi dalla Stazione appaltante possono spingersi fino al limite dell'interpretazione autentica di una clausola del bando, allo scopo di rendere noto inequivocabilmente il modo di intendere la sussistenza di un requisito partecipativo previsto a pena di esclusione. Quando, invece, il chiarimento incide sull'essenza stessa di un requisito di partecipazione alla gara esso dà vita ad una modifica non consentita delle regole alla base della selezione pubblica, trattandosi di attività che si pone in contrasto con la par condicios Tale risultato, oltre a ledere la par condicio, contrasta anche con il principio di buona fede e legittimo affidamento riposto dai concorrenti sulla lex specialis di gara, annoverato tra i principi fondamentali del nuovo Codice e positivizzato nell'art. 5 del D.lgs. n. 36/2023.

VERIFICA DELL'ANOMALIA - IMMODIFICABILTA' OFFERTA ECONOMICA - PRINCIPIO DI BUONA FEDE (5.2)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2024

Questo T.a.r. ha, già chiarito, in linea con la giurisprudenza amministrativa consolidata, che “in sede di verifica dell’anomalia, è consentita la modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo, rispetto alle giustificazioni già fornite, come pure l’aggiustamento delle singole voci di costo per sopravvenienze di fatto o normative ovvero al fine di porre rimedio a originari e comprovati errori di calcolo, sempre che resti ferma l’entità dell’offerta economica in ossequio alla regola della immodificabilità dell’offerta stessa” (da ultimo, TAR Napoli, sez. I, n. 1166 del 2023).

Nel caso di specie, l’indicazione abnorme e sproporzionata degli oneri aziendali da parte della controinteressata ha indotto l’amministrazione, in omaggio ai principi di buona fede e leale collaborazione (art. 1, comma 2 bis, l. 241 del 1990 e, in via interpretativa, art. 5 d.lgs. n. 36 del 2023), che devono ispirare tutta la gara pubblica, oltre che la fase esecutiva del contratto, di chiarire tale dato e di correggerlo, fermo restando l’immodificabilità dell’offerta economica e del relativo ribasso offerto.

Ne consegue, pertanto, che l’amministrazione, con valutazione non censurabile da questo giudice, ha ritenuto congrua e attendibile l’offerta economica formulata dall’aggiudicataria all’esito delle giustificazioni fornite.

OFFERTA: LA CARENZA O INCERTEZZA ASSOLUTA SU UN ELEMENTO ESSENZIALE NE DETERMINA L'INNAMMISSIBILITA'

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

La ricorrente assume che l’offerta corrisponda al contenuto dell’avviso, poiché sarebbe possibile ricostruire il suo significato in modo certo facendo applicazione dei noti criteri interpretativi di cui agli artt. 1362-1371 c.c., con particolare riferimento al principio della buona fede, sancito anche dall’art. 5 del decreto legislativo n. 36/2023. La giurisprudenza, tuttavia, ha affermato che la previsione secondo cui va indicato il valore dell’offerta in cifre e lettere (e non il ribasso percentuale) giustifica l’esclusione dalla procedura, in quanto la relativa clausola della legge di gara conferisce certezza al contenuto dell’offerta (Consiglio di Stato, III, 8 novembre 2022, n. 9789; V, 5 aprile 2022, n. 2529; III, 4 giugno 2021, n. 4292; IV, 8 maggio 2021, n 2991).

In particolare, nella sentenza del Consiglio di Stato, III, 8 novembre 2022, n. 9789, è stato affermato quanto segue:

Giova aggiungere, richiamando giurisprudenza pacifica di questo Consiglio (Cons. St., sez. V, 5 aprile 2022, n. 2529; sez. III, 4 giugno 2021, n. 4292), che il principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici non può dirsi violato a fronte di carenze gravi e insanabili dell’offerta economica. La mancanza dell’offerta economica, come pure la carenza o incertezza assoluta di un suo elemento essenziale (tale essendo, nel caso di specie, la mancata indicazione della percentuale di sconto offerto in cifre e lettere) ovvero del suo contenuto, comportano l’esclusione dalla gara, anche nel caso in cui la lex specialis sia silente sul punto; a maggior ragione nel caso in esame, in cui era chiara ed espressa la previsione della legge di gara – costituente autovincolo insuscettibile di essere modificato o disapplicato (Cons. St., sez. IV, 8 maggio 2019, n. 2991) – secondo la quale la Commissione era tenuta a disporre l’esclusione della concorrente per carenza di un elemento essenziale dell’offerta economica e impossibilità di ricostruire la volontà negoziale ivi espressa, senza necessità di ulteriori approfondimenti istruttori.

Tale incompletezza e indeterminatezza dell’offerta – che si pone in violazione del principio di diligenza esigibile e autoresponsabilità (in virtù del quale grava sul concorrente l’onere di sopportare le conseguenze degli errori commessi in sede di formulazione dell’offerta) – non poteva essere colmata mediante il ricorso a ragionamenti deduttivi da parte della stazione appaltante (che si sarebbero tradotti in interventi manipolativi, modificativi o integrativi delle offerta), pena la violazione dei principi di par condicio, di immodificabilità dell’offerta, di certezza e trasparenza delle regole di gara e del suo svolgimento.

GIUDIZIO DI EQUIVALENZA - NEL CONTESTARLO VALGONO I PRINCIPI DI BUONA FEDE(5)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

La ricorrente esclude che la segnalata circostanza, per cui essa stessa si è giovata di un criterio di equivalenza che contesta in relazione all’offerta della controinteressata, possa ridondare nel presente giudizio, non avendo costituito oggetto di ricorso incidentale da parte della controinteressata, né di provvedimento di autotutela da parte della stazione appaltante. Va infatti osservato che l’odierna appellante contesta l’equivalenza dell’offerta avversaria quando essa stessa si è giovata di un giudizio di equivalenza fondato su ragioni sostanzialmente identiche.

Il Collegio non può fare a meno di richiamare la regola per cui le parti del procedimento amministrativo (dunque anche nel procedimento di evidenza pubblica) devono tenere una condotta conforme ai princìpi di collaborazione e di buona fede [art. 1, comma 2-bis, legge 7 agosto 1990, n. 241, aggiunto dall’art. 12, comma 1, lett. a), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120].

Si tratta, com’è stato osservato in dottrina, di una tendenza normativa “a voler configurare un “rapporto” di tipo orizzontale tra cittadini e pubblica amministrazione”, che “(…) se genera in capo alla seconda doveri di protezione o, secondo taluni, obblighi correlati a diritti soggettivi, parimenti comporta anche una più marcata responsabilizzazione dei primi, sia in seno al procedimento che con riguardo al processo”.

È appena il caso di osservare che il sopravvenuto art. 5 del d. lgs. 31 marzo 2023, n. 36, direttamente inapplicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta nel presente giudizio, fornisce tuttavia ulteriori argomenti esegetici in tal senso (rispetto ad un precetto già vigente all’atto della celebrazione della gara per cui è causa).

Tanto premesso, e fermo restando che l’amministrazione conserva in tesi la titolarità e la facoltà di esercizio del potere di autotutela rispetto all’ammissione dell’offerta dell’odierna appellante, ritiene il Collegio che la riferita condotta della ricorrente sul piano procedimentale non presenti elementi di conformità al canone appena richiamato, mentre sul versante processuale configura in astratto un venire contra factum proprium che, com’è noto, costituisce una forma di abuso del processo (ex multis, in materia di procedure di evidenza pubblica, Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 9691/2022; sez. III, sentenza n. 10878/2022).

RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE DELLA P.A. - DOPO L'AGGIUDICAZIONE SUSSISTE AFFIDAMENTO LEGITTIMO (5)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Nel settore delle procedure di affidamento dei contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione postula che l’amministrazione abbia violato il dovere di buona fede e che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento e che questo affidamento non sia a propria volta inficiato da colpa.

L’affidamento si dipana in modo diverso a seconda del tipo di procedimento di evidenza pubblica che viene in rilievo (anche tenendo conto dei diversi margini di discrezionalità di cui la stazione appaltante dispone (così l’Ad. plen 4 maggio 2018 n. 5).

Nei rapporti di diritto civile, affinché un affidamento sia legittimo occorre tuttavia che esso sia fondato su un livello di definizione delle trattative tale per cui la conclusione del contratto, di cui sono già stati fissati gli elementi essenziali, può essere considerato come uno sbocco prevedibile, e rispetto al quale il recesso dalle trattative, in linea di principio libero, risulti invece ingiustificato sul piano oggettivo e integrante una condotta contraria al dovere di buona fede ex art. 1337 cod. civ. (Cass. civ., sez. II, 15 aprile 2016 n. 7545).

Analogamente, in ambito pubblicistico, l’affidamento è legittimo quando sia stata pronunciata l’aggiudicazione definitiva, cui non abbia poi fatto seguito la stipula del contratto, ed ancorché ciò sia avvenuto nel legittimo esercizio dei poteri della stazione appaltante (Cons. St., sez. II, 20 novembre 2020 n. 7237).

L’aggiudicazione è dunque considerato il punto di emersione dell’affidamento ragionevole, tutelabile pertanto con il rimedio della responsabilità precontrattuale.

PROJECT FINANCING - IL MERO PROMOTORE NON PUO' VANTARE AFFIDAMENTO NELLA STIPULA DEL CONTRATTO - ESCLUSA RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE DELLA PA (153.19)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa.

Quanto alle poste risarcibili a titolo di responsabilità precontrattuale deve rammentarsi, come più volte affermato dalla giurisprudenza, che “nel caso in cui venga affermata la sussistenza di una responsabilità precontrattuale, il risarcimento del danno va parametrato non già all'utile che il contraente avrebbe potuto ritrarre dall'esecuzione del rapporto, ma al cosiddetto interesse contrattuale negativo, che copre sia il danno emergente (ossia le spese inutilmente sostenute per dare corso alle trattative), sia il lucro cessante (da intendersi come mancato guadagno rispetto a eventuali altre occasioni di contratto che la parte alleghi di avere perduto” (cfr. tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 12/07/2021, n. 5274).

Secondo i noti principi in tema di onere della prova ex art. 2967 c.c., che si applicano anche al giudizio amministrativo in tema di responsabilità precontrattuale, colui che chiede il risarcimento deve fornire la prova del danno - conseguenza, che si concretizza nelle perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate.

Ciò posto, pur dovendosi ascrivere la richiesta risarcitoria azionata in prime cure dal soggetto individuato come promotore in una procedura di project financing in termini di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. – rispetto alla quale, come innanzi evidenziato, può risultare irrilevante la legittimità dell’agere amministrativo, in ciò sostanziandosi uno dei profili qualificanti la differenziazione fra responsabilità da provvedimento illegittimo/atto illecito, ex art. 2043 c.c. e la responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. – la pretesa risarcitoria risulta comunque infondata in quanto la società appellante non poteva nutrire un legittimo affidamento in ordine all’aggiudicazione della successiva procedura competitiva, rispetto alla quale la stessa ritiene di trovarsi in una posizione differenziata e qualificata, per essere promotore legittimato ad esercitare il diritto di prelazione.

Ciò in considerazione dei seguenti rilievi:

a) in ragione della circostanza che la delibera giuntale era affetta da un macroscopico vizio di incompetenza, facilmente riscontrabile da un operatore del settore;

b) per il rilievo che il perfezionamento procedura era comunque subordinato, in forza di quanto previsto nella stessa delibera giuntale oggetto di annullamento, alla conclusione della procedura esecutiva sul bene da concedere gratuitamente;

c) per l’ulteriore rilievo che la procedura competitiva non era stata neppure avviata, essendosi arrestato il procedimento alla fase di approvazione del progetto;

d) per la circostanza che si è intervenuti in autotutela a breve distanza di tempo dalla delibera giuntale che ne era oggetto, ovvero a distanza di circa un anno.

RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE DELLA P.A. - PUO' SUSSISTERE ANCHE IN CASO DI REVOCA LEGITTIMA DEGLI ATTI DI GARA (5.2)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Secondo la costante giurisprudenza amministrativa: “anche in caso di revoca legittima degli atti di aggiudicazione di gara per sopravvenuta indisponibilità di risorse finanziarie può sussistere la responsabilità precontrattuale dell'amministrazione che abbia tenuto un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza soprattutto perché, accortasi delle ragioni che consigliavano di procedere in via di autotutela mediante la revoca della già disposta aggiudicazione non abbia immediatamente ritirato i propri provvedimenti, prolungando inutilmente lo svolgimento della gara, così inducendo le imprese concorrenti a confidare nelle chances di conseguire l'appalto” (Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 2016, n. 1797; Cons. Stato, sez. V, 1° febbraio 2013, n. 633).

Più in particolare è stato affermato che: “le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti, uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l'altro concernente invece la responsabilità dell'amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte. Oltre che distinti, i profili in questione sono autonomi e non in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l'accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l'amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi” (Cons. Stato, ad. plen., 29 novembre 2021, n. 21). Ed ancora che: “A conferma della descritta evoluzione si pone l'art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale dispone che: "(i) rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede"” (Cons. Stato, ad. plen., 29 novembre 2021, n. 21, cit.). Infine che: “La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all'esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede. >> (Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2018, n. 5)” (così Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2020, n. 4514). In questa direzione, pertanto: “non viene in rilievo l’attività provvedimentale della p.a. (l’esercizio diretto ed immediato del potere) bensì il comportamento (collegato in via indiretta e mediata all’esercizio del potere) complessivamente tenuto dalla stazione appaltante nel corso della gara, di modo che rilevano le regole di diritto privato la cui violazione non dà vita ad invalidità provvedimentale, ma a responsabilità; anche per la p.a. le regole di correttezza e buona fede così come per i privati sono regole di responsabilità” (Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2020, n. 4514, cit.).

Le difficoltà legate al patto di stabilità erano note (...) di tali difficoltà il Comune di XXX non ha mai reso edotto l’appellante se non a tre anni di distanza ossia in occasione della revoca stessa. Di qui la violazione dell’art. 1338 c.c. in tema di omessi obblighi informativi circa possibili ragioni di invalidità della procedura contrattuale.