Articolo 1. Principio del risultato.

1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

2. La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità.

3. Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea.

4. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per:

a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti;

b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva.

EFFICACE DAL: 1° luglio 2023

Relazione

RELAZIONE Il principio del risultato (art. 1) è destinato ad operare sia come criterio prioritario di bilanciamento con altri principi nell’individuazione della regola del caso concreto sia, insieme ...

Commento

NOVITA’ • Il Nuovo Codice contiene una parte iniziale dedicata ai principi generali al fine di non erodere ambiti di discrezionalità alle amministrazioni pubbliche che, altrimenti, sarebbero indotte ...
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Giurisprudenza e Prassi

PRINCIPIO DEL RISULTATO E PRINCIPIO DI LEGALITA': NON VI E' NECESSARIO CONTRASTO (1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Il Collegio non può non rimarcare il decisivo riferimento contenuto nella legge di gara all’obiettivo del “risultato”.

Pur essendo la fornitura in questione non ancora soggetta, ratione temporis, alla disciplina di cui al d. lgs. 36/2023, l’utilizzo da parte della legge di gara del parametro del risultato esplicita e conferma, nello specifico procedimento per cui è causa, il carattere immanente al sistema della c.d. amministrazione di risultato (che la dottrina ha ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del citato d. lgs. n. 36 del 2023 con specifico riferimento alla disciplina dei contratti pubblici).

Il profilo causale del singolo provvedimento va così analizzato alla luce del collegamento che lo avvince alla complessa vicenda amministrativa, nell’ottica del risultato della stessa: tanto che autorevole dottrina ha in proposito proposto l’introduzione di “una nuova nozione, che può essere denominata operazione amministrativa, ad indicare l’insieme delle attività necessarie per conseguire un determinato risultato concreto”.

L’importanza del risultato nella disciplina dell’attività dell’amministrazione non va riguardata ponendo tale valore in chiave antagonista rispetto al principio di legalità, rispetto al quale potrebbe realizzare una potenziale frizione: al contrario, come pure è stato efficacemente sostenuto successivamente all’entrata in vigore del richiamato d. lgs. n. 36 del 2023, il risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili”.

L’applicazione al caso di specie dei richiamati princìpi implica che l’“operazione amministrativa” avuta di mira dalla stazione appaltante, desunta dalla chiara indicazione in tal senso fornita dalla legge di gara, aveva riguardo al fatto che “Il risultato atteso è la fornitura in opera perfettamente funzionante delle apparecchiature”.

Non soddisfa certamente tale requisito la fornitura di apparecchiature che, come accennato, a fronte dell’apparente minor costo di acquisto implicano il necessario svolgimento di attività materiali e giuridiche aggiuntive: le quali, oltre ai costi relativi ai corrispettivi per l’acquisto degli ulteriori materiali necessari al funzionamento, comportano altresì dei costi relativi ai tempi e all’impiego delle risorse umane necessarie per il compimento delle relative procedure.

PROGETTO A BASE DI GARA - RISULTA UN ELEMENTO NECESSARIO IN OTTEMPERANZA AL PRINCIPIO DEL RISULTATO (1.3 - 41.12)

ANAC DELIBERA 2024

La fase dell'affidamento degli appalti di servizi è preceduta dalla fase di progettazione, articolata in un unico livello e predisposta dalle stazioni appaltanti, che definisce le caratteristiche del servizio richiesto e contiene tutte le valutazioni tecniche ed economiche, ivi compresi i criteri utilizzati per la determinazione del valore a base d'asta.

Nella procedura di gara in questione, la fase di programmazione degli acquisti risulta caratterizzata da apprezzabili profili di anomalia e criticità, in quanto non è stata effettuata alcuna valutazione in merito al mutamento dei fabbisogni che avrebbe indotto l'amministrazione comunale a passare dalla gestione del canile tramite una concessione alla gestione tramite un appalto di servizi; la decisione di affidare per otto anni un appalto di servizi da svolgersi presso una struttura non più adatta alle esigenze di cura e custodia degli animali, relativamente alla quale vi era un interesse indifferibile al rinnovamento ed alla riqualificazione, depone per una carente valutazione dell'interesse pubblico sotteso all'indizione della gara e per una scarsa considerazione degli aspetti qualitativi del servizio richiesto, con possibile compromissione del principio del risultato ai sensi dell'art. 1 commi 3 e 4 del d.lgs. 36/2023; inoltre l'ente non ha provveduto a redigere il progetto a base di gara, o documentazione comunque idonea, in violazione dell'art. 41 comma 12 del d.lgs. 36/2023.

ERRORI O CARENZE NEL PROGETTO DELLA S.A.: NECESSARIO IL "DOVERE COGNITIVO" DELL'APPALTATORE (1)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2024

Nel caso di specie l’argomento sul quale più volte la ricorrente ha insistito per giustificare la mancata esecuzione del contratto è costituito, principalmente, dalle presunte carenze del progetto esecutivo predisposto dalla stazione appaltante.

Il quadro indiziario che emerge dagli atti – l’unico di cui l’A.n.a.c. possa servirsi per giungere ad un giudizio di “manifesta infondatezza” della segnalazione e, quindi, anche l’unico che possa utilizzare il giudice amministrativo ai fini della verifica della legittimità del provvedimento di annotazione – depone, tuttavia, a favore di una probabile tardività dei rilievi formulati dall’appaltatore nei confronti del progetto esecutivo, tenuto conto che la consegna delle aree alla F. è avvenuta il 5 novembre 2019, da cui decorreva il termine di esecuzione di 365 giorni, e che le difficoltà connesse ai lavori di scavo sono state rappresentate per la prima volta in data 19 febbraio 2020, quindi, al netto della sospensione tra l’11 novembre 2019 e il 16 dicembre 2019 “a causa di eccezionali eventi metereologici” e delle festività natalizie, dopo oltre quarantacinque giorni.

Costituisce, infatti, principio immanente alla disciplina dei rapporti tra appaltatore e committente pubblico quello che pone a carico del primo sia un particolare “dovere cognitivo” delle condizioni richieste ai fini della corretta esecuzione dell’appalto sia l’onere di contestare tempestivamente gli atti di esercizio del potere direttivo intestato al secondo, quali aspetti del più generale obbligo rafforzato di cooperazione che grava sul contraente privato, funzionale al contenimento dei tempi per la realizzazione dell’opera, oggi positivizzato nel principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023. Ne sono chiara espressione tutti quegli istituti deputati a prevenire, laddove possibile, ovvero a risolvere celermente, negli altri casi, i contrasti che insorgono tra le parti allorché la realtà in cui si trova concretamente ad operare l’impresa non coincida con la rappresentazione che della stessa sia contenuta nei documenti predisposti dalla stazione appaltante, come dimostrano le norme sull’inammissibilità delle riserve su progetti validati, di cui all’art. 205, co. 2, del d.lgs. 50/2016 (oggi art. 210, co.2, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), e quelle sulla consegna dei lavori e sulle riserve, di cui agli artt. 5 e 9 del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 7 marzo 2018, n. 49 (oggi artt. 3 e 7 dell’allegato II.14 al d.lgs. n. 36/2023), che sottopongono le eccezioni dell’appaltatore ad un rigido sistema di decadenze.

Con particolare riferimento all’ipotesi in cui l’operatore economico lamenti errori o carenze del progetto, è stato, poi, osservato che “Nell'appalto, sia pubblico che privato, rientra tra gli obblighi dell'appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione, il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, anche in relazione alle caratteristiche del suolo su cui l'opera deve sorgere, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall'esecuzione dell'opera, dipende il risultato promesso, sicché la scoperta in corso d'opera di peculiarità geologiche del terreno tali da impedire l'esecuzione dei lavori, non può essere invocata dall'appaltatore per esimersi dall'obbligo di accertare le caratteristiche idrogeologiche del terreno sul quale l'opera deve essere realizzata e per pretendere una dilazione o un indennizzo, essendo egli tenuto a sopportare i maggiori oneri derivanti dalla ulteriore durata dei lavori, restando la sua responsabilità esclusa solo se le condizioni geologiche non siano accertabili con l'ausilio di strumenti, conoscenze e procedure normali” (Cass. civ., Sez. I, Ord. 26 febbraio 2020, n. 5144).

Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito, a ben vedere, prove “pronte e liquide” (così T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-quater, 11 marzo 2024, n. 4788) delle anomalie progettuali denunciate e, soprattutto, della diligenza spesa per intercettare preventivamente le difficoltà esecutive che poi asserisce di aver incontrato nella realizzazione delle fondazioni, così come del rincaro dei prezzi dei materiali. Appare, invero, dirimente che, nel corpo dell’atto ricognitivo e integrativo del contratto, sottoscritto tra il M. e la A. in data 7 dicembre 2020 al fine di “aggiornare” alcuni aspetti dell’atto negoziale originariamente stipulato con la F. al sopravvenuto subentro dell’affittuaria nel rapporto con la stazione appaltante, la ricorrente dichiari “di accettare tutti i patti e le condizioni portati dal detto contratto di appalto”, senza esigere alcuna rinegoziazione dei termini o delle modalità di esecuzione, nonostante le pretese avanzate con l’istanza del 23 luglio 2020, con ciò inducendo a dubitare della solidità degli argomenti posti a fondamento delle proprie rivendicazioni.

Non sussistono, pertanto, i caratteri della “manifesta infondatezza” della segnalazione al cospetto della quale l’A.n.a.c. avrebbe dovuto astenersi dall’annotazione.

PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI DI SECONDO GRADO: NECESSARIA LA PREVIA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO (1)

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

I provvedimenti amministrativi di secondo grado che incidono sull’aggiudicazione definitiva – in quanto idonea ad attribuire alla parte ricorrente il bene della vita – devono essere necessariamente preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento (Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2023, n. 8273), che si impone, in modo particolare, qualora, come nel caso che ci occupa, i presupposti della revoca e/o dell’annullamento siano motivate sulla base di valutazioni discrezionali e tecniche, puntualmente confutate dall’aggiudicataria sia in ordine al fatto presupposto, sia con riferimento alla ponderazione degli interessi in conflitto.

Con il quarto motivo di ricorso, infatti, parte ricorrente ha confutato sia la necessità di modificare il progetto esecutivo in base alle indicazioni dell’Autorità di bacino del 13 maggio 2020, sia l’esigenza di procedere alla revisione dei prezzi in base al nuovo tariffario regionale, nonché la rispondenza della riedizione della gara con i solleciti dell’amministrazione regionale intimata.

Tale carenza motivazionale va altresì ormai ponderata, tenendo conto anche dell’immanenza del principio di risultato previsto dall’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023 (cui, ad avviso del Collegio, occorre attribuire valenza ricognitiva e non innovativa) – secondo cui “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza –, che sembra frustrato dalla scelta dell’amministrazione resistente senza un’adeguata rappresentazione della ragioni volte a giustificarla.

In conclusione, previo assorbimento del secondo e del terzo motivo articolati in via subordinata, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, i provvedimenti impugnati devono essere annullati, fatte salve le ulteriori determinazioni della P.A.

PRINCIPIO DEL RISULTATO E DELLA FIDUCIA: APPLICABILI ANCHE AD APPALTI PUBBLICATI IN VIGENZA VECCHIO CODICE (2)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Nell'ambito delle gare pubbliche, è necessario adempiere, con scrupolo e diligenza, a quanto previsto dal bando e dalle norme tecniche. La disciplina di gara è posta a garanzia di tutti i partecipanti e il suo erroneo utilizzo rimane a rischio del partecipante nell’ambito della propria autoresponsabilità. La gestione telematica della gara offre il vantaggio di una maggiore sicurezza nella conservazione dell'integrità delle offerte in quanto permette automaticamente l'apertura delle buste in esito alla conclusione della fase precedente e garantisce l'immodificabilità delle stesse, nonché la tracciabilità di ogni operazione compiuta. Questo non significa che i partecipanti possano violare la procedura e addurre a giustificazione cause che non coinvolgono in alcun modo la stazione appaltante.

Le argomentazioni spese dal TAR sostengono ampiamente il rigetto integrale del ricorso posto che, non essendo rilevabile alcun vizio negli atti della stazione appaltante, è conseguente la legittimità dell’esclusione di P. per aver inserito elementi economici nell’offerta tecnica, la legittimità dell’ammissione di C. (che non ha violato in alcun modo la lex specialis di gara) e, nel suo complesso, la legittimità dell’intera procedura che non necessitava di alcuna riedizione.17.2. Non è superfluo osservare, nonostante la procedura sia stata indetta nella vigenza del d.lgs. 50/2016, che l’operato della stazione appaltante è perfettamente in linea col principio del risultato previsto dall’art. 1 del d.lgs. 36/2023.17.3. Questa Sezione ha già utilizzato disposizioni del d.lgs. 36/2023 come supporto interpretativo idoneo a risolvere controversie inerenti il d.lgs. 50/2016 (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665).

L’art. 1 è collocato in testa alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici ed è principio ispiratore della stessa, sovraordinato agli altri. Si tratta di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale che è:

a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto;

b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l’intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto.

Il richiamo operato dall’appellante al principio della fiducia di cui all’art. 2 del nuovo Codice dei contratti pubblici (pagina 7 della memoria depositata il 10 ottobre 2023), più che avallare le tesi della medesima appellante, le confuta. L’affermazione secondo cui “il legislatore ha inteso valorizzare il comportamento legittimo, trasparente e corretto dell’amministrazione e degli operatori economici, che si presume tale, e che non si fonda più sul “sospetto” è del tutto corretta. L’appellante, però, da tale corretta premessa non trae altrettanto corrette conclusioni. Il principio della fiducia di cui all’art. 2 del nuovo Codice dei contratti pubblici amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l’intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell’intervento medesimo. Regole che l’appellante, all’evidenza, non ha rispettato.



LEGITTIMO IL BANDO CHE CONTIENE UN PUNTUALE RIFERIMENTO AI DECRETI MINISTERIALI SUI CAM - PER IL PRINCIPIO DEL RISULTATO VALE IL MECCANISMO DI ETEROINTEGRAZIONE (57.2)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2024

Il codice dei contratti pubblici, approvato con il d.lgs. n. 50/2016, all’art. 34 (“Criteri di sostenibilità energetica e ambientale”) ha quindi stabilito che le stazioni appaltanti concorrono al conseguimento degli obiettivi del Piano d’azione “attraverso l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare”, curando in conformità ad essi la stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, infine precisando che detto obbligo si applica per gli affidamenti di qualunque importo.

Nello stesso senso dispone l’art. 57, co. 2, del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato con il decreto legislativo del 31 marzo 2023, n. 36 (con talune differenziazioni, valutato il valore dell’appalto o della concessione, la tipologia del servizio o dell’intervento e la sua localizzazione).

Con riguardo alla previsione del disciplinare tecnico, va osservato che essa enuclea con sufficiente grado di precisione le prescrizioni dettate ai concorrenti, mediante il puntuale riferimento ai decreti ministeriali sui criteri ambientali minimi.

In tal senso, il contenuto dei menzionati decreti ministeriali entra a far parte della legge di gara attraverso il meccanismo dell’eterointegrazione, la cui applicazione è stata valorizzata in materia dalla giurisprudenza, finanche in ipotesi di completa omissione, sul punto, della lex specialis (cfr. TAR Veneto - sez. I, 18/3/2019 n. 329: “si deve ritenere che l’obbligo di rispettare i criteri minimi ambientali derivi direttamente dalla previsione contenuta all’art. 34 del D.Lgs. n. 50/2016, che costituisce norma imperativa e cogente e che opera, pertanto, indipendentemente da una sua espressa previsione negli atti di gara […]. Difatti, nel caso di specie è ravvisabile una mera lacuna nella legge di gara, dal momento che la Stazione appaltante ha omesso di inserire la regola sul rispetto dei CAM, prevista come obbligatoria dall'ordinamento giuridico. E tale lacuna può quindi essere colmata, in via suppletiva, attraverso il meccanismo di integrazione automatica, in base alla normativa vigente in materia (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24.10.2017, n. 4903)”).

Il Collegio non trascura che tale orientamento possa dirsi superato, a fronte delle successive acquisizioni giurisprudenziali in tema.

Sennonché, va rimarcata la differenza esistente tra la fattispecie all’esame e l’ipotesi in cui la normativa di gara nulla dica, nel qual caso l’omissione renderebbe illegittima la lex specialis, che non pone il concorrente in grado di formulare un’offerta conforme a prescrizioni inderogabili di legge.

Viceversa, allorquando il bando contenga un puntuale riferimento ai decreti ministeriali (corredando la disposizione sulla sostenibilità ambientale con specifiche prescrizioni, per particolari prestazioni), l’onere di diligenza impone al concorrente di adeguare la propria offerta ai criteri ambientali minimi che la stazione appaltante non ha trascurato, e che l’operatore economico è così messo in grado di conoscere e valutare, per formulare un’offerta consapevole.

In tal caso, il meccanismo di eterointegrazione opera con pienezza, corrispondendo allo spirito che informa l’intera normativa sui criteri minimi ambientali, la quale si proietta sulla diretta cogenza delle relative regole, il cui rigoroso rispetto si impone anche ai concorrenti, “tenuti, come la stazione appaltante, alla loro applicazione” (sentenza n. 2795/2023, cit.).

In tale contesto, apparirebbe ultroneo pretendere da parte della stazione appaltante la declinazione dei criteri ambientali minimi contenuti nella relativa normativa di legge, che si sostanzierebbe nell’obbligo meramente formale di riproduzione del suo contenuto, ogni qualvolta non sia dedotto e dimostrato che, con riferimento alla specificità dell’appalto o ad altre circostanze peculiari, una tale esigenza si imporrebbe, per l’impossibilità che il concorrente possa formulare un’offerta adeguata.

Infine, preme al Collegio rappresentare che la conclusione raggiunta si coniuga con il principio del risultato che, ancorché fissato ora dall’art. 1 del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato con il d.lgs. n. 36/2023 (“Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”) può valere come criterio orientativo per i casi, come quello all’esame, in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte della legge di gara, che non può dirsi assolutamente mancante di prescrizioni inderogabili.

Detto principio (valevole quale criterio orientativo che, per sua natura, è suscettibile di essere adottato anche per le procedure di appalto non rette dal d.lgs. n. 36/2023) può essere declinato in termini che pongano l’accento sull’esigenza di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica, prendendo in considerazione i fattori sostanziali dell’attività amministrativa, escludendo che la stessa sia vanificata, in tutti quei casi in cui non si rinvengano obiettive ragioni che ostino al suo espletamento.

In tale ottica, può quindi nella specie affermarsi che vada mantenuta la legge di gara e garantito lo svolgimento della procedura di appalto, poiché a tale risultato non si frappongono esigenze dettate dalla preminente tutela delle ragioni del concorrente, la cui posizione sia stata ingiustificatamente lesa (atteso che, come si è detto, in ragione della formulazione specifica degli atti di gara, l’operatore economico non potesse dirsi inconsapevole delle modalità attraverso cui formulare la propria offerta).

In altri termini, nell’analisi dei casi concreti va considerata l’esigenza di garantire il conseguimento dell’obiettivo dell’azione pubblica (con il riconoscimento del prioritario interesse al pronto raggiungimento delle finalità dell’appalto), essendo destinati a recedere quei formalismi ai quali non corrisponda una concreta ed effettiva esigenza di tutela del privato.

PRINCIPIO DEL RISULTATO - FINALITA' - GARANTIRE ECONOMICITA' E ANCHE LA QUALITA' DELLE PRESTAZIONI (1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Come chiarito da questa Sezione con la sentenza n. 1076/2020, “A partire alla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99, è acquisito il principio per cui la tutela della concorrenza nel settore dei contratti pubblici implica anche la capacità dell’impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività (secondo la logica del contratto pubblico come strumento a plurimo impiego). La positivizzazione di tale principio è scolpita nella direttiva 2014/24/UE laddove si prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 58, paragrafo 4), confermando l’impostazione secondo la quale la pubblica amministrazione ha interesse ad incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazioni oggetto di gara” (nello stesso senso le successive sentenze nn. 6829, 6831, 6834, 6835, 6837 e 6839 del 2021).

Nella dinamica concorrenziale l’impresa deve essere dunque in grado di rispondere ad una domanda pubblica qualificata, nel senso della soddisfazione di interessi superindividuali ritenuti meritevoli, anche a costo di ridurre la platea degli operatori economici capaci di formulare un’offerta conforme al risultato che la commessa pubblica intende raggiungere.

Nell’attuale quadro normativo, soprattutto per effetto delle direttive di seconda e terza generazione, il contratto di appalto non è, infatti, soltanto un mezzo che consente all’amministrazione di procurarsi beni o di erogare servizi alla collettività, ma – per utilizzare categorie civilistiche - uno “strumento a plurimo impiego” funzionale all’attuazione di politiche pubbliche ulteriori rispetto all’oggetto negoziale immediato: in altre parole, uno strumento – plurifunzionale – di politiche economiche e sociali, con conseguenti ricadute sulla causa del provvedimento di scelta del contraente.

Se si considera tale, fondamentale quadro, la “migliore offerta” è dunque quella che presenta le migliori condizioni economiche ma solo a parità di requisiti qualitativi richiesti.

Nel caso di specie tale ulteriore condizione difettava, perché l’odierna appellante non è stata in grado di offrire un prodotto conforme agli standard qualitativi richiesti dalla stazione appaltante: dunque la sua offerta non poteva essere la migliore, e prima ancora non poteva essere ammessa in gara.

Né può ritenersi che il rilevato difetto del requisito richiesto possa imputarsi, come sostenuto, ad un “mero rigido e cavilloso formalismo”: si è già osservato come sia la norma primaria a stabilire che la dimostrazione del possesso della certificazione in parola, garanzia della effettiva corrispondenza della prestazione allo standard richiesto, debba essere fornita in forma tipica (salvo equipollenti in circostanze che qui non ricorrono), con precise garanzie di accertamento e di valutazione dei processi produttivi, sia in termini di competenza che di indipendenza di giudizio.

Tale previsione, lungi dal ridursi ad un vuoto formalismo, è invece posta a presidio della sostanziale corrispondenza di quanto offerto a quanto domandato, dal momento che un accertamento meno rigoroso, o lasciato ad organismi o professionisti che non offrono le medesime garanzie, esporrebbe le amministrazioni, e soprattutto la platea dei fruitori del servizio, al rischio di una prestazione priva delle caratteristiche richieste.

Il problema della dimostrazione – secondo le modalità richieste – del requisito qualitativo non è dunque un problema di forma, ma di sostanza.

Se si ha consapevolezza di tutto ciò, ne consegue l’improprietà del richiamo alla nozione di risultato, anche alla luce del significato ad essa attribuito dal sopravvenuto d. lgs. n. 36 del 2023: questa infatti non ha riguardo unicamente alla rapidità e alla economicità, ma anche alla qualità della prestazione (nel senso sopra riferito).

Il richiamo alla nozione di risultato integra i parametri di legittimità dell’azione amministrativa con riguardo ad una categoria che implica verifiche sostanziali e non formali, di effettività del raggiungimento degli obiettivi (di merito, e di metodo) oltre che di astratta conformità al paradigma normativo.

Nel caso di specie il risultato sotteso alla commessa riguarda, per precisa scelta dell’amministrazione committente, non la prestazione del servizio di ristorazione scolastica in quanto tale, ma quella relativa ad un servizio caratterizzato dalla conformità a politiche ambientali per lo sviluppo sostenibile.

Il fatto che l’operatore economico non possedesse il requisito richiesto (secondo le regole relative allo stesso) esclude, all’opposto di quanto auspicato dall’appellante, che la selezione della sua offerta potesse rappresentare un risultato conforme alla tutela degli interessi sottesi alla commessa pubblica, come cristallizzati nella legge di gara, o addirittura la “migliore offerta” in un’ottica di risultato.

PRINCIPIO DEL RISULTATO - APPLICABILE ANCHE IN VIGENZA DEL VECCHIO CODICE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Nel caso in esame l’elenco delle migliorie e delle proposte innovative contemplate nel disciplinare di gara (proposte innovative cui è da ricollegare la sostituzione degli impianti tecnologici in questione) ha natura non tassativa, diversamente da quanto sostenuto dalla parte appellante, ma meramente esemplificativa (si utilizza infatti la locuzione “in particolare”, allorché vengono elencate una serie di interventi per l’appunto di innovazione e miglioramento: dunque non si escludono altre possibili misure rispetto a quelle già indicate nella legge di gara). L’importante è che simili proposte innovative (al pari delle migliorie) si rivelino “a costo zero” per l’amministrazione. A ciò si aggiunga che anche l’art. 1 del capitolato speciale di appalto prevede la possibilità, per l’impresa aggiudicataria, di mettere a disposizione della stazione appaltante ogni tipo di strumentazione utile a consentire il buon funzionamento del sistema di rilevazione (dunque anche telecamere complesse o integrate quali quelle di specie);

La sostituzione (soprattutto iniziale) di apparecchiature tecnologiche sarebbe dunque insita alla natura dell’appalto ed è strutturalmente collegata alle caratteristiche del contratto che richiede interventi pressoché continui di aggiornamento e ammodernamento del sistema infrastrutturale e tecnologico. La componente di ammodernamento tecnologico è pressoché evidente dalla formulazione della legge di gara nella parte in cui si prevede che la metà esatta del punteggio destinato alla parte tecnica (40 punti su 80 complessivi) sia riservata proprio alle proposte innovative e di miglioramento. In questa direzione, la sostituzione di telecamere integrate quali quelle di specie denotano un portata strettamente e concretamente innovativa, diretta ossia a garantire l’ammodernamento degli impianti stessi. Dunque, se obiettivo precipuo della legge di gara è quella di garantire impianti il più possibile moderni ed efficienti, ecco che la sostituzione di telecamere a tecnologia desueta e superata con telecamere a tecnologia avanzata come quelle offerte da BRIDGE sono in grado di assicurare un simile obiettivo e dunque il conseguente risultato cui tende la stazione appaltante. Principio, quello del risultato, ora consacrato nell’art. 1 del nuovo codice dei contratti (decreto legislativo n. 36 del 2023) ma che, in ossequio al principio di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost., poteva ritenersi ben presente nell’ordinamento dei pubblici appalti anche in costanza del precedente regime normativo (decreto legislativo n. 50 del 2016);

La sostituzione delle telecamere è dettata non solo da esigenze di modernizzazione degli impianti ma anche per evitare situazioni di LOCK IN: sulle telecamere e sugli impianti preesistenti (KAPSCH) poteva infatti intervenire solo la casa madre ossia il precedente gestore del servizio (MOTUS 21), così creandosi una situazione di illegittimo monopolio allorché si impedisse la sostituzione dei predetti apparecchi. Con ciò si vuole dire che una siffatta interpretazione del bando, diretta come detto a consentire anche la fornitura (facoltativa, come si vedrà anche più avanti) di telecamere più moderne ed aggiornate, risponde altresì a fondamentali esigenze di massima apertura al mercato (in questo senso si veda proprio il principio di “accesso al mercato” di cui all’art. 3 del nuovo codice dei contratti).



SOCCORSO ISTRUTTORIO - VA INTERPRETATO SECONDO PRINCIPIO DEL RISULTATO E CONCESSO A TUTTI I CONCORRENTI

TAR TRENTINO BZ SENT 2023

L’istituto del soccorso istruttorio/procedimentale deve essere interpretato conformemente al cd. principio del risultato, oggi codificato nell’art. 1 del d.lgs. 36/2023 ma, come ricordato dal Consiglio di Stato in una recente decisione, costituente principio già immanente dell’ordinamento (Con. Stato, sez. IV, 20 aprile 2023, n. 4014).

Il perseguimento del risultato, infatti, deve orientare quale criterio-guida l’azione amministrativa nella selezione del concorrente che risulti il più idoneo all’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’affidamento avendo presentato la migliore offerta. Da ciò deriva che l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, impedisca all’operatore economico che abbia presentato la migliore offerta di aggiudicarsi la commessa, è illegittimo anche sotto il profilo della violazione del cd. principio del risultato.

È quindi chiaro che il ricorso al soccorso istruttorio/procedimentale non costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, ma un vero e proprio onere procedimentale ogniqualvolta esso sia strumentale a sanare irregolarità e/o omissioni afferenti alla documentazione presentata dagli operatori economici che potrebbero impedire di selezionare il miglior concorrente quale esecutore dell’appalto.

Dal fatto che il ricorso al soccorso istruttorio/procedimentale non costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, ma un vero e proprio onere procedimentale ogniqualvolta esso sia strumentale a sanare irregolarità e/o omissioni afferenti alla documentazione presentata dagli operatori economici che potrebbero impedire di selezionare il miglior concorrente quale esecutore dell’appalto, deriva che la possibilità della sanatoria di meri errori materiali attraverso detto istituto di soccorso istruttorio/procedimentale deve essere concessa indistintamente a tutti gli operatori economici.

Pertanto, l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, da un lato permette ad un operatore economico (i.e. RTP Fragiacomo) che sia incorso in errori materiali e/o omissioni meramente formali di sanare detti errori, mentre non concede la stessa possibilità ad un altro operatore economico (i.e. RTP AIG), è illegittimo anche per la violazione della parità di trattamento e della par condicio tra i due concorrenti di gara.

PRINCIPIO DI CONCORRENZA - RISULTA SUBORDINATO AL PRINCIPIO DEL RISULTATO (1.2)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, secondo comma, del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, che ha chiaramente affermato che in materia di contratti pubblici la tutela della concorrenza rappresenti piuttosto un mezzo, e non un fine, rispetto allo scopo di “conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”, un simile principio era infatti considerato immanente al sistema dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (si vedano, ex multis, le sentenze nn. 1076/2020, 7138/2020, 10673/2022, 5179/2023, 4086/2020; quest’ultima, in particolare, ha chiarito che “l’interesse pubblico alla tutela della concorrenza portato dalla normativa sui contratti pubblici è funzionale comunque alla tutela dell’interesse dell’amministrazione all’acquisizione di beni o servizi destinati a soddisfare le specifiche esigenze della collettività di cui essa è attributaria, come definite nella lex specialis di gara. (….) La natura del procedimento di evidenza pubblica come sede nella quale vengono create artificialmente le condizioni di concorrenza non deve infatti far perdere di vista la funzione del procedimento medesimo, che è quella, pur in un contesto concorrenziale, di acquisire beni e servizi maggiormente idonei a soddisfare l’interesse pubblico specifico portato dall’amministrazione aggiudicatrice”.

DOCUMENTO MERAMENTE FACOLTATIVO - LA SUA EVENTUALE FALSITA' NON DETERMINA L'ILLEGITTIMITA' DELLA PROCEDURA

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2023

Laddove un documento, peraltro meramente facoltativo, non ha inciso in nessun modo sulla determinazione finale di affidamento della stazione appaltante, l’ipotetica falsità del medesimo non può certo determinare l’illegittimità dell’aggiudicazione.

A ciò si aggiunga che, non avendo l’Amministrazione effettuato alcun esame del citato documento magari in contraddittorio con -OMISSIS-, non può neppure essere affermata con assoluta certezza la falsità dello stesso, ad onta di quanto sostenuto nel gravame e nei successi scritti difensivi della società istante.

Tali conclusioni sono state fatte proprie, seppure in sede cautelare, dal Consiglio di Stato nella sua ordinanza n. -OMISSIS-, dove è chiaramente affermato che nell’offerta dell’aggiudicataria non si ravvisa “alcuna falsità idonea ad incidere sulla valutazione dell’offerta effettuata dalla stazione appaltante”.

Pare inoltre al Collegio che quanto sopra esposto sia rispettoso dei principi fondamentali della contrattualistica pubblica previsti dal vigente D.Lgs. n. 36/2023, ancorché la gara di cui è causa sia regolata dal D.Lgs. n. 50/2016; in particolare si tratta dei principi del risultato e della fiducia di cui agli articoli 1 e 2 del nuovo codice dei contratti pubblici.

DOCUMENTO MERAMENTE FACOLTATIVO - LA SUA EVENTUALE FALSITA' NON DETERMINA L'ILLEGITTIMITA' DELLA PROCEDURA

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2023

Laddove un documento, peraltro meramente facoltativo, non ha inciso in nessun modo sulla determinazione finale di affidamento della stazione appaltante, l’ipotetica falsità del medesimo non può certo determinare l’illegittimità dell’aggiudicazione.

A ciò si aggiunga che, non avendo l’Amministrazione effettuato alcun esame del citato documento magari in contraddittorio con -OMISSIS-, non può neppure essere affermata con assoluta certezza la falsità dello stesso, ad onta di quanto sostenuto nel gravame e nei successi scritti difensivi della società istante.

Tali conclusioni sono state fatte proprie, seppure in sede cautelare, dal Consiglio di Stato nella sua ordinanza n. -OMISSIS-, dove è chiaramente affermato che nell’offerta dell’aggiudicataria non si ravvisa “alcuna falsità idonea ad incidere sulla valutazione dell’offerta effettuata dalla stazione appaltante”.

Pare inoltre al Collegio che quanto sopra esposto sia rispettoso dei principi fondamentali della contrattualistica pubblica previsti dal vigente D.Lgs. n. 36/2023, ancorché la gara di cui è causa sia regolata dal D.Lgs. n. 50/2016; in particolare si tratta dei principi del risultato e della fiducia di cui agli articoli 1 e 2 del nuovo codice dei contratti pubblici.

PRINCIPIO DEL RISULTATO - LIBERTA' DI FORME PER PROCEDURE DI BASSO IMPORTO IN COERENZA CON IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA' (1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Nel recente caso Tim (cfr. Corte di Giustizia UE 30 gennaio 2020 in causa C-395/18), la Corte di Giustizia ha messo in evidenza che dal principio di proporzionalità consegue che le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni delle direttive eurounitarie non devono andare oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi previsti da queste ultime.

Trattasi di un orientamento oramai consolidato a partire dal noto leading case Commissione contro Repubblica di Malta, C-76/08 del 10 settembre 2009, in tema sindacato di proporzionalità sulle misure adottate dagli stati membri in deroga agli obblighi previsti dalle direttive eurounitarie.

Dal principio di proporzionalità deriva, pertanto, il corollario della c.d. «strumentalità delle forme» ad un interesse sostanziale dell'Amministrazione, di cui la giurisprudenza amministrativa ha fatto costane applicazione nel contenzioso in materia di appalti pubblici, e che di recente è stato codificato, mediante l’icastica formula del principio del risultato, dall’art. 1 del nuovo codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023.

Era, invero, affermazione largamente condivisa, già sotto il regime del d.lgs. n. 163/2006, quella secondo la quale i principi applicabili ai contratti esclusi dalla diretta applicazione delle direttive comunitarie implicavano un obbligo di gara meno formale di quella imposta per i contratti inclusi. Tale obbligo, nel caso della procedura di cottimo fiduciario, si traduceva sostanzialmente nella necessità di invitare almeno cinque concorrenti.

Ciò non significa, peraltro, come sostiene la regione appellante, disapplicare i principi (o alcuni dei principi) dei trattati eurounitari che regolano i contratti pubblici, ma semplicemente bilanciarli diversamente in fattispecie che, come quella qui in esame, sono annoverabili tra quelle di minore impatto concorrenziale.

Siffatti principi vanno ragionevolmente bilanciati e attuati secondo diverse graduazioni, dato che l'attuazione massima di tutti i principi coinvolti è solitamente impedita dal fatto che essi sono spesso incompatibili fra loro. Tuttavia, a tutti i principi deve essere garantita almeno un'attuazione minima (dal momento che ciascuno dei principi coinvolti è garantito dall'ordinamento, al pari degli altri).

Per questa ragione, i principi vanno bilanciati, non massimizzati: la massimizzazione di un principio comporta l'«annichilimento» del principio o dei principi incompatibili e, dunque, la violazione dell'ordinamento che impone un'attuazione - ancorché minima - a tutti i principi dello stesso «rango».