Articolo 1. Principio del risultato.

1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

2. La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità.

3. Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea.

4. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per:

a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti;

b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva.

EFFICACE DAL: 1° luglio 2023

Relazione

SPIEGAZIONE Il Nuovo Codice contiene una innovativa parte iniziale dedicata ai principi generali e affondano le loro radici nei precetti di cui all’articolo 97 Cost. La codificazione dei principi m...

Commento

GIURISPRUDENZA E PRASSI • PRINCIPIO DEL RISULTATO E DELLA FIDUCIA: CRITERI IMMANENTI DEL SISTEMA (CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, SENTENZA DEL 1° OTTOBRE 2024 N. 7875: “L’operazione condotta dal nuov...
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Giurisprudenza e Prassi

INDICAZIONI OPERATIVE PER COMMISSARI STRAORDINARI E SOGGETTI ATTUATORI

ANAC DELIBERA 2025

Indicazioni operative per il rafforzamento della strategia di prevenzione negli appalti indetti dai Commissari Straordinari del Governo e dai Soggetti Attuatori.

LEX SPECIALIS - MANCANZA DI CHIAREZZA SUI REQUISITI RICHIESTI - E' CORRETTA LA REVOCA DELLA PROCEDURA (1 - 100)

ANAC PARERE 2025

L'assenza di chiarezza e la genericità della clausola in esame, non supportata peraltro da alcun altro elemento contenuto negli atti di gara da cui, nemmeno in via interpretativa, possa ricavarsi ex ante l'effettiva volontà della stazione appaltante, la cui condotta peraltro è stata caratterizzata da una elevata contraddittorietà delle scelte poste in essere, non consente alla scrivente Autorità, nemmeno in considerazione del principio del favor partecipationis, di poter ritenere legittimi gli atti di gara. Diversamente operando, infatti, ciò necessariamente inciderebbe, da un lato, sulla parità di trattamento dei concorrenti che verrebbe inficiata da scelte in un senso o nell'altro non supportate da sufficienti elementi normativi ed interpretativi, e, dall'altro, sulle valutazioni discrezionali ed esigenziali della medesima stazione appaltante che, ancorché espresse tardivamente, esulano tuttavia dal perimetro di competenze dell'Autorità; inoltre che, sebbene per altre ragioni, la stazione appaltante ha condivisibilmente disposto la revoca della procedura, si invita la stessa a modificare le motivazioni della scelta dell'autotutela in un senso più coerente con le ragioni testé espresse conformemente all'interesse pubblico di riferimento e ai principi del risultato e della fiducia.

SUBAPPALTO NECESSARIO E SEMPLICE CONDIVIDONO LA MEDESIMA NATURA GIURIDICA: HANNO GLI STESSI ONERI DI FORMA

TAR LIGURIA SENTENZA 2024

Ritiene questo Collegio che tale orientamento debba essere oggi rivisto alla luce del fondamentale principio del risultato, codificato nel nuovo codice dei contratti.

L’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023 sancisce che il principio del risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione – consistente nell’ottenere tempestivamente il miglior rapporto qualità / prezzo – costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto”. Ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 36/2023, il principio in parola riveste un ruolo preminente (unitamente alla fiducia ed all’accesso al mercato) nell’interpretazione ed applicazione delle disposizioni codicistiche.

Come evidenziato dagli interpreti, nella materia dei contratti pubblici il risultato è divenuto il criterio ordinante, perché valorizza i poteri discrezionali dell’Amministrazione nel perseguimento dell’interesse pubblico e ripudia automatismi e formalismi nell’attuazione concreta delle regole. Dunque, il principio del risultato costituisce la “stella polare” che guida le stazioni appaltanti verso l’opzione veicolante la maggior efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa.

Orbene, in forza del principio - canone esegetico del risultato, omissis avrebbe dovuto seguire il percorso ermeneutico per il quale la dichiarazione di subappalto resa dal raggruppamento omissis in sede di offerta, come precisata nell’ambito del soccorso istruttorio, risulta idonea a legittimare il ricorso delle imprese associate al subappalto necessario non solo per la categoria OS29, ma anche per le categorie OG6, OG3 e OS21.

In proposito, occorre prendere le mosse dall’osservazione che il subappalto necessario (o qualificante) possiede la stessa natura giuridica di quello facoltativo (o semplice), dal quale si differenzia solamente dal punto di vista funzionale, essendo imposto dal difetto di qualifica del concorrente ad eseguire lavorazioni rientranti nelle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria (cfr. art. 12, comma 2, del d.l. n. 47/2014, conv. in l. n. 80/2014). Pertanto, in assenza di una norma che imponga uno speciale onere di forma, non può richiedersi per il subappalto qualificante una dichiarazione differenziata da quella valevole per il subappalto semplice (così Cons. St., sez. V, 12 novembre 2024, n. 9051, che, con riferimento ad una gara esperita sotto il vecchio codice, ha ritenuto valida ai fini del subappalto necessario la dichiarazione dell’intendimento di subappaltare “tutte le lavorazioni nei limiti consentiti dalla legge”; v. altresì Cons. St., sez. V, 21 febbraio 2024, n. 1743, relativa ad una dichiarazione di subappalto necessario non contenente l’espressa specificazione della natura qualificatoria).

PRINCIPIO DEL RISULTATO E DELLA FIDUCIA: SONO IL PILASTRO PORTANTE DELLE GARE CON LA VIGENZA DEL NUOVO CODICE (1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Il Collegio ritiene che alla soluzione della controversia debba pervenirsi richiamando i recenti principi introdotti dal Legislatore con il nuovo Codice dei contratti, il d.lgs. n. 36 del 2023, i quali, immanenti nel sistema, in quanto espressione di valori primari che affondano le loro radici nei precetti di cui all’articolo 97 Cost., devono rappresentare il ‘sestante’ per le stazioni appaltanti durante l’espletamento della procedura di gara.

Fondamentale è il richiamo al principio del risultato, che si coordina con quello della fiducia e dell’accesso al mercato, criteri prioritari per l’esercizio del potere discrezionale delle amministrazioni, legati da un nesso inscindibile con la concorrenza, la quale opera rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare e nell’eseguire i contratti.

Il principio del risultato va letto con il principio guida della ‘fiducia’, introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 36 del 2023, anch’esso immanente nel sistema, pertanto idoneo ad ispirare l’attività dell’amministrazione pubblica anche nella vigenza del d.lgs. n. 50 del 2016 (cfr. Cons. Stato n. 9812 del 2023). Ne consegue che i suddetti criteri trovano applicazione nel caso di specie.

Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente con un nesso di reciproca implementazione e correlazione: la gara è funzionale a portare a compimento l’intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell’intervento medesimo (Cons. Stato, n. 1924 del 2024).

Il principio della ‘fiducia’ valorizza l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività.

Come sopra evidenziato, si tratta di un principio che si coordina necessariamente con il principio del risultato, in quanto l’ottimo risultato si persegue a mezzo della realizzazione del principio della fiducia, che consente un ampliamento dei poteri valutativi della stazione appaltante e la discrezionalità della pubblica amministrazione in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile.

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, in sede di prima applicazione dei principi sopra enunciati, ha chiaramente affermato che tale ‘fiducia’ non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio a una interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscano l’interesse pubblico sotteso alla procedura e, quindi, non risultino funzionali al suo miglior soddisfacimento. In sostanza, la regola del caso concreto, ossia la lex specialis, non deve essere interpretata ‘formalisticamente’, ma secondo criteri sostanziali, finalizzati al raggiungimento del massimo risultato utile.

Con la norma in commento, il legislatore ha voluto evidenziare l’obbligo degli enti committenti e delle stazioni appaltanti di ispirare le scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura ‘meramente formale’ della legge di gara, ciò al fine di conseguire un contesto partecipativo ispirato all’attuazione della massima concorrenzialità nel segmento di mercato interessato (il caso concreto), altrimenti preclusa dall’interpretazione formalistica della lex specialis (Cons. Stato, n. 11322 del 2023).

L’affermazione di tale principio, attenta al dato teleologico e alla prospettiva funzionale, affranca la disciplina degli appalti pubblici da una lettura rigida, e di stretta interpretazione della legge di gara, ammettendo che l’amministrazione, in sede di committenza, quindi all’atto della selezione del contraente pubblico, sia titolare di un potere permeato da discrezionalità amministrativa, con riguardo alla disciplina a cui autovincolarsi, e con riguardo a talune decisioni che non devono essere rigidamente incasellate in schemi tipici.

In questi termini, l’amministrazione è legittimata ad optare per una interpretazione delle regole della procedura teleologicamente orientate ad attuare la ratio sottesa alla programmata operazione amministrativa/negoziale complessivamente intesa, e non parcellizzata e soprattutto non condizionata dalle prescrizioni meramente formali delle disposizioni di gara.

PRINCIPIO DEL RISULTATO: DA CONSIDERARE ANCHE NEL CASO DI RIBASSO COSTI DELLA MANOPERA

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2024

Osserva questo collegio che, la disciplina che stabilisce l’obbligatorietà dello scorporo dei costi di manodopera dall'importo assoggettato al ribasso ha natura innovativa. Ciò comporta che, contrariamente a quanto asserito dalla difesa comunale, non hanno valenza dirimente le diverse considerazioni contenute nel parere MIT del 19.7.2023, n. 2154, nel parere precontenzioso ANAC n. 528 del 15.11.2023, nel parere MIT del 17.4.2024, n. 2505, in quanto tali amministrazioni non solo non hanno posto in risalto la natura innovativa della disposizione, ma richiamano sostanzialmente la disciplina contenuto nel bando tipo ANAC n. 1/2023 che è stato redatto sulla base della previgente disciplina (d.lgs. n. 50/2016).

Ciò non significa che è esclusa la possibilità per l’operatore di proporre un ribasso che coinvolga anche il costo della manodopera. L’operatore non solo potrà formulare un ribasso che coinvolge anche il costo della manodopera, ma potrà anche dimostrare che tale ribasso è derivante “da una più efficiente organizzazione aziendale” o “da sgravi contributivi che non comportano penalizzazioni per la manodopera”, secondo il tradizionale orientamento della giurisprudenza in linea l’art. 41 della Costituzione.

... Il ribasso della ricorrente (29,60%) andava calcolato su € 11.617.883,10, per cui i costi stimati per i lavori erano pari ad € 8.178.989,70. A questa voce andavano aggiunti i costi per la manodopera pari ad € 4.871.561,51 (rectius € 4.924.028,48 quali costi indicati in offerta) e quelli per la sicurezza pari ad € 97.135,09. Il totale dei costi offerti sarebbe stato pari a € 13.147.686,30 e non già pari ad € 11.608.569,01 come ritenuto dalla stazione appaltante, con un maggiore importo di € 1.539.117,30.

Ne consegue che anche considerando, in ipotesi, le sottostime dei costi imputati alla ricorrente pari ad € 347.355,06, l’offerta non risulterebbe in perdita o anomala.

Ne vale in senso contrario affermare, come sostiene la difesa della stazione appaltante, che è stato il ricorrente ad aver indicato l’importo della propria offerta in € “11.608.569,00544”.

In effetti, la ricorrente ha indicato nell’offerta tale dato economico.

Tuttavia tale dato è frutto dell’applicazione di una regola/formula matematica i cui parametri sono stati stabiliti a monte e - in modo errato - dalla stazione appaltante nella piattaforma Sintel, la quale, una volta valorizzato ad opera dell’impresa il dato del ribasso, restituisce automaticamente l’importo offerto in attuazione delle regole/formule preimpostate sul calcolo dell’offerta.

Il concorrente era quindi tenuto ad indicare in sede di offerta nella piattaforma Sintel unicamente la percentuale di ribasso, sicché non aveva alcun potere nello stabilire il reale valore dell’offerta economica, la quale, va ribadito, viene calcolata automaticamente dal sistema sulla base di regole e formule preimpostate.

Dunque, il secondo motivo del gravame, come integrato con i due motivi aggiunti, è fondato nei limiti innanzi esposti. L’accoglimento del motivo, attesa la natura sostanziale delle censure dedotte, comporta l’assorbimento degli altri motivi del gravame, in quanto dal loro eventuale accoglimento la ricorrente non potrebbe trarre una maggiore utilità rispetto a quella già ottenuta.

In conclusione, il gravame è fondato nei limiti ivi indicati e va pertanto accolto; per l’effetto, vanno annullati gli atti amministrativi, indicati in epigrafe, con i quali è stata disposta l’esclusione della ricorrente dalla gara e, per l’illegittimità derivata, il provvedimento di aggiudicazione disposto in favore della controinteressata.

La stazione appaltante è tenuta a conformarsi in via esecutiva alla presente decisione, ri-esercitando il potere amministrativo emendato dai vizi di illegittimità ivi accertati, rinnovando la procedura di gara a partire dalla fase di valutazione di affidabilità dell’offerta della ricorrente.

L’accoglimento del ricorso comporta, in virtù del principio della soccombenza, la condanna alle spese che vengono liquidate, in dispositivo, a carico del omissis.

POSTA ELETTRONICA: UN MESSAGGIO PUO' COSTITUIRE PIENA PROVA DEI FATTI, ANCHE IL POSSESSO DELLA SOA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Osserva questo collegio che, la circostanza che il contratto sia stato sottoscritto il 12 dicembre 2023, nel contesto di detto comprovato svolgimento del rapporto tra le parti future contraenti, non è indice di negligenza (rectius, inerzia) dell’operatore economico nel richiedere il rinnovo della SOA, ma appare piuttosto collegata al (tempo di) reperimento dei documenti richiesti con la stessa email del 10 novembre 2023, necessari all’istruttoria della pratica.

Di qui il rispetto della finalità della dilazione temporale tra la richiesta di rinnovo e la scadenza della SOA, vale a dire quella di avviare tempestivamente il processo di verifica da parte dell’organismo di attestazione, che nel caso di specie può dirsi raggiunta perché - come già detto – il procedimento di rinnovo si completò positivamente dopo poco più di due mesi dalla stipulazione del contratto.

In merito ai rilievi riguardanti l’efficacia probatoria delle e-mail, va premesso che il messaggio di posta elettronica (e-mail) può essere definito un “documento informatico” ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. p) del d.lgs. n. 82/2005, vale a dire un “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”.

L’art. 20, comma 1 bis, dello stesso decreto (Codice dell’amministrazione digitale), nel testo attualmente vigente, prevede inoltre che “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID ai sensi dell'articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore. In tutti gli altri casi, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l'ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida.”.

I messaggi di posta elettronica scambiati tra la omissis e l’ing. omissis sono contenuti in e-mail “ordinarie”, cioè prive di firma digitale, elettronica qualificata o avanzata, né formati con modalità di previa identificazione informatica dell’autore. Pertanto rientrano nella previsione di cui al penultimo periodo della disposizione appena riportata.

Sebbene quest’ultima accomuni la disciplina del requisito della forma scritta e del valore probatorio del documento, va chiarito che, nel presente giudizio, non si pongono questioni di diritto sostanziale attinenti all’efficacia probatoria della scrittura privata ex artt. 2702 e 2704 cod. civ. (pure richiamati dall’appellata), vale a dire attinenti alla forma scritta (ad substantiam o ad probationem) del documento, onde valutare gli effetti obbligatori di dichiarazioni negoziali ivi contenute; piuttosto è in discussione esclusivamente la questione processuale dell’idoneità del documento a provare i fatti ivi rappresentati, cioè la questione delle condizioni in presenza delle quali la email costituisce una prova documentale utilizzabile in giudizio.

Da questo punto di vista rileva anche l’art. 2712 cod. civ.: a tale norma la giurisprudenza civile ha ripetutamente ricondotto il messaggio di posta elettronica inteso come documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (Cass. 14 maggio 2018, n. 11606; id. 17 luglio 2019, n. 19155 ed altre).

Il rapporto tra la disposizione del codice civile (che configura una prova legale) e quella del codice dell’amministrazione digitale (che rimette al giudice la “libera” valutazione del documento secondo le sue caratteristiche) è stato delineato da una recente pronuncia della Corte di Cassazione secondo la seguente scansione: se non ne sono contestati la provenienza od il contenuto, il messaggio di posta elettronica forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, ai sensi dell’art. 2712 cod. civ.; se ne sono contestati la provenienza od il contenuto, il giudice non può espungere quel documento dal novero delle prove utilizzabili, ma deve valutarlo in una con tutti gli altri elementi disponibili e tenendo conto delle sue caratteristiche intrinseche di sicurezza, integrità, non modificabilità (Cass., III, 21 maggio 2024, n. 14046).

Si tratta di una sintesi condivisibile.

Le e-mail prodotte dalla omissis non sono state specificamente disconosciute dalla omissis ai sensi dell’art. 2712 cod. civ.

In disparte la mancanza di valido disconoscimento (che, oltre che tempestivo, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito: cfr. Cass., 13 maggio 2021, n. 12794), va sottolineato che non vi sono elementi per ritenere che i messaggi di posta elettronica prodotti dalla omissis non corrispondano ai fatti ivi rappresentati, come sopra esposti e, infine, riscontrati dalla sottoscrizione del contratto di rinnovo e dal successivo rilascio della SOA.

A tale ultimo riguardo giova aggiungere che il principio di continuità del possesso dei requisiti di qualificazione va interpretato tenendo conto dei principi del risultato e della fiducia, di cui agli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 36 del 2023, oltre che dei principi di proporzionalità e ragionevolezza invocati dall’appellante.

Ai primi due si è conformata l’azione amministrativa della stazione appaltante quando - per un verso, perseguendo l’interesse pubblico primario all’affidamento e all’esecuzione della commessa al primo classificato; per altro verso, riconoscendo l’affidabile condotta dell’operatore economico nel conseguimento del rinnovo della SOA - ha constatato che alla data della proposta di aggiudicazione il nuovo certificato SOA era già stato conseguito (per di più con incremento di classifica) e che l’intervallo rispetto alla data di scadenza non era stato determinato dalla perdita effettiva dei requisiti. Tale ultimo profilo sostanziale della permanenza dei requisiti di capacità da una data ad un’altra - senza alcuna lacuna intermedia, se non la discontinuità della certificazione (di appena undici giorni), soltanto formale, e comunque priva di incidenza sull’andamento della procedura di gara - rileva inoltre al fine di impedire una sanzione di esclusione che - vieppiù all’esito della tempestiva iniziativa dell’operatore economico come sopra accertata - sarebbe sproporzionata ed irragionevole.

L’appello va quindi accolto e, per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, va respinto il primo motivo del ricorso di primo grado.

PRINCIPIO DEL RISULTATO E DELLA FIDUCIA: PERMEANO IL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI (1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Osserva questo collegio che il ‘principio del risultato’ ‘costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto’ (art. 1, comma 4), traducendosi nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale della norma da applicare.

Il ‘principio della fiducia’, introdotto dall’art. 2 d.lgs. n. 36 del 2023, porta a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, ampliando i poteri valutativi e la discrezionalità dell’amministrazione, in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile.

Tale ‘fiducia’ non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad una interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l’interesse pubblico sotteso alla procedura, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento.

La prevalenza per gli aspetti sostanziali, rispetto a quelli puramente formali, che nella specie si traduce nel rilascio ‘formale’ di un certificato (avvenuto in data 13.7.2023) dopo trenta giorni dal concreto inizio dell’attività di gestione del lido balneare oggetto di affidamento (avvenuto in data 12.6.2023), deve essere valorizzata in applicazione del ‘principio del risultato’.

Nella specie, l’Amministrazione, al fine dell’aggiudicazione, aveva verificato che l’iter per il conseguimento della certificazione, poi concretamente rilasciata in data 13.7.2023, era stato correttamente avviato e stava per concludersi, non ravvisando motivi ostativi al perfezionamento della procedura di gara a favore della società BG Italia 90, ritenuta la più idonea per lo svolgimento del servizio.

La giurisprudenza di settore, anche prima del d.lgs. n. 36 del 2023, ha affermato che il formalismo delle procedure di gara non può prevalere quando non viene in rilievo alcun profilo di limitazione dell’immissione degli operatori economici interessati alla gara, dovendosi dare rilievo alla correttezza sostanziale del modo di procedere della stazione committente (Cons. Stato, sez. III, 15.11.2023 n. 9812).

Il ‘principio del risultato’ e il ‘principio della fiducia’, sebbene non applicabili ratione temporis alla vicenda processuale in esame, costituiscono criteri immanenti nel sistema (Cons. Stato, sez. III, 15.11.2023, n. 9812; id. sez. III, 26.3.2024, n. 286) svolgendo una funzione regolatoria, pertanto devono guidare l’interprete nella lettura e nell’applicazione della disciplina di gara, rendendosi funzionali a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti, all’esito di un realizzato contesto partecipativo ispirato all’attuazione della massima concorrenzialità, altrimenti precluso dall’interpretazione formalistica ed escludente delle disposizioni della lex specialis come invocata dall’appellante.

L’operazione condotta dal nuovo codice è stata, in sostanza, quella di proclamare direttamente l’esistenza di regole aventi un valore particolare, in altre parole, principi già esistenti nel settore, cui è stato conferito un potente rilievo assiologico. Di conseguenza, i suddetti principi possono essere adottati dal giudice quale criterio orientativo anche i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di procedure di appalto, come quella in esame, non regolamentata dal d.lgs. n. 36 del 2023.

Questo Collegio, in linea con i recenti approdi della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, ritiene possibile valutare l’operato della Stazione appaltante conforme ai criteri a cui si ispira il ‘principio del risultato’ e il ‘principio della fiducia’, nonostante la procedura in esame fosse stata indetta nella vigenza del d.lgs. n. 50 del 2016 (Cons. Stato, sez. V, 27.2.2024, n. 1924).

PAGAMENTO TARDIVO CONTRIBUTO ANAC: NON COMPORTA ESCLUSIONE O.E.

TAR VENETO SENTENZA 2024

Osserva questo collegio che, in mancanza di una previsione di legge che imponga espressamente, a pena di esclusione dalla gara, il pagamento del contributo ANAC entro il termine di presentazione delle offerte - la previsione più restrittiva del disciplinare di gara (così come l’eventuale previsione conforme del Bando-tipo ANAC) recante tale prescrizione, a pena di esclusione, deve ritenersi nulla ai sensi dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 (applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis).

La soluzione esegetica che precede deve ritenersi conforme anche ai principi del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, le cui norme, soprattutto quelle di principio, sono state di recente utilizzate dal Consiglio di Stato ‹‹come supporto interpretativo idoneo a risolvere controversie inerenti il d.lgs. 50/2016 ›› (Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924).

In particolare, l’opzione ermeneutica di cui sopra è conforme al c.d. “principio del risultato”, di cui all’art. 1, d.lgs. n. 36 del 2023, perché - in ragione della natura del contributo ANAC, quale adempimento del tutto estrinseco all’offerta presentata dall’operatore economico - consente, da un lato, alle stazioni appaltanti di ‹‹perseguire il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza››; dall’altro lato, di preservare la concorrenza tra gli operatori economici quale valore ‹‹funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti››. Ciò tenuto conto del fatto che il principio del risultato ‹‹costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità›› ed ‹‹è perseguito nell'interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell'Unione europea››

PRINCIPIO DEL RISULTATO: AMPLIA I POTERI VALUTATIVI E LA DISCREZIONALITA' DELLA PA

ANAC PARERE 2024

Ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 36/2023, le disposizioni del Codice non si applicano ai contratti esclusi, ai contratti attivi e ai contratti a titolo gratuito, anche qualora essi offrano opportunità di guadagno economico, anche indiretto. L'affidamento dei contratti che offrono opportunità di guadagno economico, anche indiretto, avviene tenendo conto dei principi di cui agli artt. 1, 2 e 3, ovvero, come noto, il principio di risultato (art. 1) il principio della fiducia (art. 2) e il principio dell'accesso al mercato (art. 3).

Il Codice attribuisce dunque un particolare ruolo al principio del risultato, al correlato principio della fiducia e al nesso inscindibile con la concorrenza. In particolare, il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l'esercizio del potere discrezionale ed è legato da un nesso inscindibile con la concorrenza. L'amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in difesa dell'interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento; il principio della fiducia porta invece a valorizzare l'autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un'opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile; mentre la concorrenza opera in funzione del risultato rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti e non si atteggia più come principio meramente formale e a sé stante.

PAGAMENTO CONTRIBUTO ANAC A SEGUITO DEL SOCCORSO ISTRUTTORIO: SEMPRE VALIDO (101.1)

TAR FRIULI SENTENZA 2024

Osserva questo collegio che, come evidenziato dalla giurisprudenza richiamata dal ricorrente, assume rilievo nella presente controversia il principio della tassatività delle cause di esclusione, ribadito anche all’art. 10 del vigente codice dei contratti pubblici e della ammissione del soccorso istruttorio “allorchè la causa escludente (o lo stesso obbligo di versamento) non risultava chiaramente evincibile per non essere riportata nella lex specialis” (Cons St sez V, 24 ottobre 2023, n. 9186);

La Corte di Giustizia UE sez. VI 2 giugno 2016 causa C-27/15, richiamata dalla citata giurisprudenza del giudice nazionale, ha inoltre dichiarato, con riferimento al caso, quale quello oggetto del presente giudizio, in cui si contesti ad un operatore economico il mancato rispetto di un obbligo che non risulti stabilito espressamente dalla legge di gara o dal diritto nazionale vigente, che “i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”;

Il riconoscimento della ammissibilità dell’offerta della ricorrente per effetto del pagamento del contributo a seguito del soccorso istruttorio risulta altresì coerente attuazione del principio del risultato sancito all’art. 1 del vigente codice dei contratti pubblici, essendo l’impresa omissis risultata la migliore offerente a seguito dell’ammissione con riserva alla gara, nonché dei principi di buona fede e di tutela dell’affidamento di cui all’art. 5 del codice stesso, alla luce della mancata espressa previsione nella lex specialis di un obbligo, non chiaramente evincibile dal dato normativo, il cui inadempimento sia sanzionato con l’esclusione.

PRINCIPIO DEL RISULTATO E DELLA FIDUCIA: CODIFICATI DAL NUOVO CODICE, INFLUENZAVANO ANCHE LA DICIPLINA DEL VECCHIO (1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Secondo questo collegio la stazione appaltante ben avrebbe potuto consentire questo scioglimento e procedere alla revoca dell’aggiudicazione non per responsabilità dell’aggiudicatario – come avvenuto – ma per venire meno della copertura finanziaria.

E’ infatti noto che la carenza originaria o sopravvenuta della copertura finanziaria rappresenti una valida ragione per disporre la revoca dell’affidamento di un appalto pubblico, anche all’indomani della stipula di quest’ultimo e, quindi, a fortiori allorquando il contratto non sia stato ancora concluso.

Ciò senza tralasciare di considerare che le condotte stigmatizzate da parte appellante - ovvero il ritardo dell’omissis nella stipula del contratti e nella definizione dei progetti, oltre la totale chiusura dalla stessa dimostrata alla ricerca di una soluzione concordata, che consentisse la realizzazione almeno di alcuni interventi - avuto riguardo alla circostanza che in relazione ai lotti oggetto di aggiudicazione a omissis non era stata presentata alcun’altra domanda e che era impossibile bandire una nuova gara, stante la tempistica degli interventi per l’utilizzo del superbonus, non si sono rilevate dal tutto in linea con il principio del risultato.

Trattasi di principio che seppure codificato solo con il nuovo codice dei contratti (d.lgs. n. 36 del 2023), non applicabile ratione temporis alla fattispecie di cui è causa, doveva intendersi immanente nel sistema, come evidenziato dalla giurisprudenza (ex multis Cons. Stato, sez. III, 15 novembre 2023, n. 9812; Cons. Stato sez. VII, n. 5789 del 2024) o comunque utilizzabile in chiave interpretativa anche rispetto a fattispecie regolate dal d.lgs. 50 del 2016 (Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924).

Del pari la condotta tenuta da omissis si pone in contrasto con il principio della fiducia, codificato dal d.lgs. 36 del 2023, e da utilizzarsi in chiave interpretativa in quanto strettamente correlato con il principio del risultato.

L'art. 1, d.lgs. n. 36 del 2023 che ha codificato il principio del risultato è collocato in testa alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici ed è principio ispiratore della stessa, sovraordinato agli altri.

Tale articolo, collocato in apertura della disciplina del nuovo codice, dispone che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza

Si tratta pertanto di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l'azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell'obiettivo finale che è: a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto; b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l'intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto (Cons. Stato, sez. V, n. 1924 del 2024 cit.)

Il principio della fiducia di cui all'art. 2 del nuovo Codice amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della P.A., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile.

Tale fiducia, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l'interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento (Tar Campania Napoli, sez. V, 6 maggio 2024, n. 2959).

Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l'intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell'intervento medesimo (Cons. Stato, sez. V, n. 1294 del 2024; Cons. Stato, sez. VII, n. 5789 del 2024 che ha ritenuto che nell’ipotesi di specie l’eccessiva “rigidità” della piattaforma informatica approntata per la presentazione delle offerte, unita all’eccessivo “formalismo” con cui la stazione appaltante aveva gestito la gara, arrestata sul nascere, avessero nella sostanza frustrato i riportati principi che sebbene codificati soltanto con il d.lgs. n. 36 del 2023, non applicabile ratione temporis alla fattispecie, rappresentano comunque principi già immanenti dell’ordinamento).

GARE D'APPALTO E BONUS FISCALI: LA S.A DEVE RISPETTARE I TERMINI PER PERMETTERE ALL'O.E. DI BENEFICIARE DEI BONUS STATALI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Osserva questo collegio che rispetto alla fattispecie de qua, il nodo cruciale è incentrato sul pericolo avvertito da OMISSIS e palesato con le note trasmesse all’OMISSIS, del venire meno della copertura finanziaria dell’appalto finanziato con i proventi del superbonus, avuto riguardo all’impossibilità di raggiungere entro una certa data un determinato importo dei lavori, circostanza determinante la decadenza delle risorse.

Al riguardo va infatti evidenziato che, come rappresentato nelle difese di parte appellante, l’appalto de quo non comportava un corrispettivo a carico della stazione appaltante, dovendo lo stesso essere conseguito dall’appaltatore tramite il c.d. superbonus 110%, ma alla condizione (prevista sia dalla legge che dalla lex specialis) che entro il 30.06.2024 venisse realizzato almeno il 60% dei lavori.

... La circostanza che l’amministrazione non intendesse dar seguito alla richiesta dell’aggiudicataria, considerandola contra legem, […….] non legittimava pertanto l’Amministrazione a tenere un comportamento inerte per altri mesi, per poi imputare all’aggiudicataria la mancata stipula del contratto, in quanto la medesima amministrazione, come correttamente ritenuto dal primo giudice “laddove avesse ritenuto (come, di fatto, ha ritenuto) che non vi fosse margine in tal senso, altro non avrebbe potuto/dovuto fare che prendere lealmente atto della volontà legittimamente manifestata dall’aggiudicataria e, poi, assumere le conseguenti determinazioni per assicurare, se ancora di suo interesse, la realizzazione dei lavori che qui vengono in rilievo”.

... Pertanto, a fronte del quadro fattuale innanzi delineato, avuto riguardo al mancato raggiungimento di una soluzione concordata volta in primis alla delineazione degli interventi effettivamente eseguibili nei termini di legge per potere usufruire del superbonus – unica forma di corrispettivo per l’appaltatore - questi era nel pieno diritto di sciogliersi dal rapporto.

In tale quadro la stazione appaltante ben avrebbe potuto consentire questo scioglimento e procedere alla revoca dell’aggiudicazione non per responsabilità dell’aggiudicatario – come avvenuto – ma per venire meno della copertura finanziaria.

... Ciò senza tralasciare di considerare che le condotte stigmatizzate da parte appellante - ovvero il ritardo dell’OMISSIS nella stipula del contratti e nella definizione dei progetti, oltre la totale chiusura dalla stessa dimostrata alla ricerca di una soluzione concordata, che consentisse la realizzazione almeno di alcuni interventi - avuto riguardo alla circostanza che in relazione ai lotti oggetto di aggiudicazione a OMISSIS non era stata presentata alcun’altra domanda e che era impossibile bandire una nuova gara, stante la tempistica degli interventi per l’utilizzo del superbonus, non si sono rilevate dal tutto in linea con il principio del risultato.

Trattasi di principio che seppure codificato solo con il nuovo codice dei contratti (d.lgs. n. 36 del 2023), non applicabile ratione temporis alla fattispecie di cui è causa, doveva intendersi immanente nel sistema, come evidenziato dalla giurisprudenza (ex multis Cons. Stato, sez. III, 15 novembre 2023, n. 9812; Cons. Stato sez. VII, n. 5789 del 2024) o comunque utilizzabile in chiave interpretativa anche rispetto a fattispecie regolate dal d.lgs. 50 del 2016 (Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924).

... Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l'intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell'intervento medesimo (Cons. Stato, sez. V, n. 1294 del 2024; Cons. Stato, sez. VII, n. 5789 del 2024 che ha ritenuto che nell’ipotesi di specie l’eccessiva “rigidità” della piattaforma informatica approntata per la presentazione delle offerte, unita all’eccessivo “formalismo” con cui la stazione appaltante aveva gestito la gara, arrestata sul nascere, avessero nella sostanza frustrato i riportati principi che sebbene codificati soltanto con il d.lgs. n. 36 del 2023, non applicabile ratione temporis alla fattispecie, rappresentano comunque principi già immanenti dell’ordinamento).

OFFERTE ANOMALE: L'ESCLUSIONE DELL'O.E. CHE HA PRESENTATO OFFERTA PARI ALL'ANOMALIA E' IN LINEA CON IL PRINCIPIO DELL RISULTATO (1.2)

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

Osserva questo collegio che, in applicazione corretta del suddetto Metodo A, l’offerta che presenti un ribasso percentuale “pari” alla soglia di anomalia debba essere automaticamente esclusa insieme alle offerte di ribassi superiori, come già previsto dalla disciplina previgente.

Tale conclusione risulta del resto in linea con il disposto dell'articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 36 del 2023 il quale, nel descrivere il principio del risultato, afferma espressamente che: "La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti". Con il principio de quo il legislatore ha, quindi, sancito che la concorrenza non deve essere vista come un fine ma come il mezzo attraverso il quale viene tutelato l'interesse pubblico ad un affidamento efficace, tempestivo ed efficientemente eseguito; obiettivo, questo, che può essere raggiunto solo selezionando a monte gli operatori che dimostrino diligenza e professionalità, quali "sintomi" di una affidabilità che su di essi dovrà esser riposta al momento in cui, una volta aggiudicatari, eseguiranno il servizio oggetto di affidamento (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. III, 12.12.2023, n. 3738).

L’estromissione dalla gara di un operatore la cui offerta sia “pari” - e non soltanto superiore - alla soglia di anomalia calcolata nell’ambito delle procedure in cui trova applicazione il suesposto Metodo A dell’allegato II.2. del d.lgs. 36 del 2023 è, invero, coerente con l’obiettivo dell’Amministrazione ministrazione di tendere al miglior risultato possibile, in "difesa" dell'interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento. Il miglior risultato possibile, che sia anche il più "virtuoso", viene raggiunto, ad avviso del Collegio, anche mediante un’applicazione della disciplina de qua che conduca ad escludere dalla competizione chi abbia offerto un prezzo che - proprio perché pari alla soglia di anomalia nell’ambito - può essere indice del mancato rispetto di quei presìdi di qualità ed efficienza della commessa che l’operatore è chiamata a svolgere, finendo per tradire la funzionalizzazione verso il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico cui essa deve tendere.

PRINCIPIO DEL RISULTATO E GRAVE ILLECITO PROFESSIONALE: IL MERO ERRORE FORMALE NON PUO' PORTARE ALL'ESCLUSIONE DELL'O.E.

TAR LAZIO RM SENTENZA 2024

Secondo questo collegio, la doglianza non può trovare accoglimento, risolvendosi in una critica attinente ad aspetti meramente formali circa le modalità di compilazione dei moduli, senza che possa ravvisarsi alcuna dichiarazione non veritiera.

Secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza formatasi in relazione al previgente Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, “(...) la dichiarazione resa dall’operatore economico nella domanda di partecipazione circa le pregresse vicende professionali suscettibili di integrare “gravi illeciti professionali” può essere omessa, reticente o completamente falsa. V’è omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come “grave illecito professionale”; v’è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero” (Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407).

Nel caso in esame, come detto, non è controverso che, sin dal momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, il-OMISSIS- abbia reso note dettagliatamente alla Stazione appaltante tutte le circostanze potenzialmente rilevanti ai fini del giudizio di onorabilità professionale, per cui non è ravvisabile alcuna omissione, reticenza o falsità da parte del concorrente.

A fronte di tale dato, non è rilevante la mera circostanza che nei DGUE di -OMISSIS- e di A. sia stata barrata la casella “No”, per affermare l’insussistenza delle cause di esclusione ivi previste, atteso che – come affermato in una fattispecie del tutto analoga – “(...) non può negarsi che l’Amministrazione alla quale spetta, in esercizio di discrezionalità, apprezzare le vicende professionali dell’impresa partecipante alla gara e individuare l’eventuale punto di rottura dell’affidamento del futuro contraente, sulla base delle informazioni rese dall’aggiudicataria, è stata messa nelle condizioni di effettuare una valutazione in concreto sull’attendibilità e sulla rilevanza delle informazioni stesse, nonché sulla capacità del comportamento tenuto dall’operatore economico di incidere sul giudizio di integrità e di affidabilità” (Cons. Stato, Sez. V, 5 agosto 2022, n. 6937).

Questa soluzione è coerente, del resto, con il principio del risultato, enunciato dall’articolo 1 del Codice dei contratti pubblici.

In base al predetto principio, infatti, “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza” (comma 1), con la precisazione che “La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti” (comma 2, primo periodo).

Il principio del risultato, il quale “(...) costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità” (comma 3), chiarisce quindi che la procedura e la forma sono un mezzo, non il fine della disciplina (Cons. Stato, Sez. III, 15 novembre 2023, n. 9812).

Deve, pertanto, ritenersi non consentita l’esclusione di un operatore sulla base del mero dato formale consistente nell’aver barrato una determinata casella del modulo compilato in sede di partecipazione alla gara, quando non sia contestato che il medesimo concorrente abbia comunque reso dichiarazioni complete e veritiere in merito alle circostanze rilevanti ai fini della valutazione della Stazione appaltante circa il possesso dei requisiti di onorabilità professionale.

Il motivo scrutinato deve essere, quindi, respinto.

CLAUSOLA DI SBARRAMENTO: L'OBIETTIVO E' MIGLIORARE LA QUALITA' DELL'OFFERTA

TAR FRIULI SENTENZA 2024

Quanto all’asserita incompatibilità tra clausola di sbarramento e principio di tassatività delle cause di esclusione, la contestazione non coglie nel segno. La clausola di sbarramento attiene, infatti, non alla fase di ammissione del concorrente alla procedura, ma a quella di valutazione dell’offerta tecnica e deve considerarsi assimilabile alle previsioni che ne individuino il contenuto minimo essenziale, pacificamente ritenute compatibili con il principio in esame (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 11 dicembre 2019, n. 8429).

Neppure sussiste la prospettata incompatibilità ontologica tra clausola di sbarramento e metodo di valutazione del confronto a coppie. Sul punto, il Tribunale ritiene di discostarsi dalla sentenza del Tar Veneto citata da parte ricorrente (sez. III, 29 dicembre 2023, n. 2023, attualmente oggetto di appello anche con riferimento al capo di cui trattasi) la quale, seppure intervenuta con specifico riguardo a soglie di sbarramento previste nell’ambito di singoli criteri di valutazione, sviluppa senz’altro considerazioni riferite al meccanismo in generale (astrattamente compatibili, quindi, con la presente vicenda).

Secondo la ricorrente (e la citata sentenza), non sarebbero conciliabili un metodo di valutazione di carattere strettamente relativo, qual è quello operato tramite il confronto a coppie, e un meccanismo teso a selezionare, in termini assoluti, un livello minimo di sufficienza delle offerte, che non potrebbe essere definito in una logica comparativa.

Il ragionamento non convince. Non si condivide, in primo luogo, l’idea che la soglia di sbarramento sottenda un livello di “mera sufficienza” dell’offerta – tale da implicare l’inadeguatezza delle offerte che non la superino – non misurabile in termini relativi. Il raggiungimento di un tale livello minimo di qualità delle offerte, oltre ad essere più ragionevolmente perseguibile attraverso la fissazione specifiche tecniche obbligatorie (Cons. Stato, sez. V, 12 gennaio 2023, n. 423), è sempre e in ogni caso garantito dal potere della Stazione appaltante di non aggiudicare il contratto quando nessuna offerta la soddisfi, previsto dall’art. 95, comma 12 del d.lgs. 50/2016 (facoltà che l’amministrazione si è riservata anche nella presente procedura, cfr. art. 23, par. 3 del disciplinare). La soglia di sbarramento, nel perseguire il diverso obiettivo di incentivare la qualità dell’offerta, può quindi legittimamente collocarsi – e generalmente si colloca – ad un livello più elevato della mera sufficienza (Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2015, n. 5468).

Neppure persuade la premessa secondo cui lo standard qualitativo, al cui raggiungimento la soglia di sbarramento è finalizzata, debba esprimersi necessariamente in termini assoluti. La qualità di un’offerta, tanto più quando la soglia di sbarramento sia concepita unitariamente e non su singoli criteri – e costruita, quindi, come nel caso di specie, come punteggio minimo complessivo da raggiungere all’esito della valutazione tecnica nella sua interezza – può infatti ragionevolmente essere desunta dal suo posizionamento “relativo”, frutto del confronto con le offerte tecniche degli altri operatori.

La stessa inconciliabile dicotomia tra giudizi assoluti e giudizi relativi, tracciata dalla ricorrente, deve, secondo il Tribunale, essere stemperata. L’individuazione di un livello qualitativo assoluto dell’offerta appare, a ben vedere, questione di carattere essenzialmente teorico e difficilmente calabile nella realtà, giacché – al di là di particolari ipotesi in cui tale standard può essere univocamente espresso dalla presenza di un determinato requisito tecnico o in forza di dati numerici ed oggettivi (quindi ricollegato ad un criterio tabellare di tipo “on/off”), – qualsiasi operazione discrezionale di giudizio sottende, invero, un raffronto tra l’oggetto della valutazione e un parametro o una scala di riferimento. Nel caso di specie, tale parametro viene ad essere rappresentato dallo standard qualitativo praticato nel settore delle pulizie, quale emerge senz’altro dalla sommatoria dei confronti tra una pluralità di offerte (ben 36), presentate dai principali operatori del mercato.

Se è vero, quindi, che in linea teorica un’offerta di qualità comunque “adeguata” – ammesso, come detto, che possa rinvenirsi uno standard assoluto di adeguatezza – potrebbe non superare la soglia di sbarramento solo perché posta a confronto con offerte comparativamente superiori (risultando quindi destinataria di plurimi giudizi “negativi”, in ragione della sua inferiorità relativa), ciò sarebbe comunque significativo di un posizionamento non primario di quell’offerta nel settore di riferimento, che l’amministrazione può legittimamente considerare.

La mancata considerazione delle offerte che si collochino al di sotto di una certa soglia, pur quando questo implichi, per il metodo di valutazione adottato, una loro inferiorità “relativa” rispetto alle altre offerte in gara (e non una loro assoluta inadeguatezza), appare comunque in linea con il principio del risultato (art. 1 del d.lgs. 36/2023). In base a tale principio, che ispira la disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici, ma è utile ad illuminare anche l’interpretazione delle disposizioni di cui al precedente Codice (cfr. Cons. Stato, sez. III, 26 marzo 2024, n. 2866), “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”. In questa prospettiva, una soglia di sbarramento che consenta alle sole offerte comparativamente migliori di concorrere per l’aggiudicazione velocizza il processo di selezione e garantisce il perseguimento di obiettivi di qualità del servizio.

Può quindi conclusivamente affermarsi che la previsione di una soglia di sbarramento dell’offerta tecnica, anche nel contesto di una procedura condotta con il metodo di valutazione del confronto a coppie, non fuoriesce dall’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione nella predisposizione degli atti di gara, anche per quanto attiene all’introduzione di previsioni atte a ridurre la platea dei concorrenti (Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2020, n. 2004).

IRREGOLARITA' DELL'OFFERTA AMMINISTRATIVA - LA PRESENZA DEI CURRICULA NON VIOLA IL DIVIETO DI COMMISTIONE

TAR UMBRIA SENTENZA 2024

Per questo consiglio va evidenziato che l’anticipazione dell’allegazione dei curricula all’interno della “busta virtuale” contenente la documentazione amministrativa non comporta alcuna violazione del principio di segretezza delle offerte o del divieto di commistione tra le diverse componenti dell’offerta (e quindi ancora una volta alcun vulnus alla par condicio tra i partecipanti), dovendo quest’ultimo essere correttamente riferito ad ipotesi di commistione tra elementi dell’offerta tecnica e dell’offerta economica (che non ricorre nel caso in esame). Al riguardo, il Collegio ritiene di condividere la recente giurisprudenza che, con riferimento ad una fattispecie per molti versi analoga, ha affermato che «l’anticipazione del contenuto dell’offerta tecnica nella busta “virtuale” contenente la documentazione amministrativa non comporti la violazione del divieto di commistione tra le diverse componenti dell’offerta. Tale divieto, invero, costituisce applicazione del principio di separazione tra offerta tecnica ed offerta economica che trae fondamento dall’obiettivo di evitare che elementi di valutazione di carattere automatico possano influenzare la valutazione degli elementi discrezionali, sicché trova applicazione nei soli casi in cui sussista effettivamente il pericolo di compromissione della garanzia di imparzialità della valutazione. … Nessun vulnus può derivare, pertanto, al corretto svolgimento delle fasi della procedura di gara, dall’erronea anticipazione della sola proposta tecnica nella busta contenente la documentazione ammnistrativa il cui esame non è caratterizzato, come è noto, da alcuna valutazione di tipo discrezionale richiedendosi alla stazione appaltante solo di verificare il possesso di tutti i requisiti di partecipazione in capo alle imprese concorrenti previa attivazione, ove necessario, del soccorso istruttorio» (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 2 febbraio 2024, n. 87).

Né l’operato della S.A. appare censurabile alla luce della previsione delle richiamate disposizioni della legge di gara, essendo condivisibile la lettura non formalistica della lex specialis che ha guidato l’agire dell’Amministrazione, in linea con i principi di cui agli artt. 1, 2 e 10 del d.lgs. n. 36 del 2023. Correttamente, quindi, l’Amministrazione non ha provveduto all’esclusione della controinteressata, trovandosi nel caso in esame dinnanzi ad una mera irregolarità e non ad una incompletezza dell’offerta tecnica, posto che tutti gli elementi richiesti erano di fatto presenti all’interno del fascicolo virtuale dell’operatore economico, sebbene in parte collocati aliunde.

ESCLUSIONE O.E. - PRINCIPIO DEL RISULTATO - CONFLITTO DI INTERESSI (80)

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2024

Ricorda questo collegio come l’esclusione dell’operatore economico può essere disposta soltanto nel caso in cui la situazione di conflitto di interessi non è diversamente risolvibile e quindi rappresenta una extrema ratio, con la conseguenza che tale esclusione non può essere stabilita in via automatica e deve necessariamente essere preceduta da una valutazione in concreto della situazione che si viene prospettando; ciò richiede un inevitabile momento valutativo in capo alla Stazione appaltante che conserva un certo margine per porre rimedio a tale conflitto, senza che il giudice possa sostituirsi alla predetta valutazione, ove la stessa garantisca il superamento del vulnus alla corretta esecuzione dell’appalto. Al fine di risolvere il conflitto di interessi – come già rilevato, sopravvenuto durante lo svolgimento della procedura di gara – è stata presa in considerazione l’ipotesi di consentire al R.T.I. aggiudicatario di riorganizzare la propria struttura interna attraverso una diversa distribuzione dei compiti e ruoli tra mandante e mandataria, con l’inversione delle rispettive qualifiche. Ciò è avvenuto in applicazione dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con riferimento alla modifica soggettiva del Raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 del D. Lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici previgente) da parte del mandatario o di una delle mandanti, l’ha ritenuta ammissibile non soltanto in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, come ricavabile dall’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, del citato D. Lgs. n. 50 del 2016 (Consiglio di Stato, Ad. plen., 25 gennaio 2022, n. 2). A giudizio della citata giurisprudenza è vietata soltanto una modifica in aumento del Raggruppamento, per il tramite dell’inserimento di un nuovo operatore non presente nella compagine originaria, mentre è certamente ammessa una modifica in diminuzione; implicitamente, e a fortiori, deve ritenersi ammessa anche una modifica soltanto strutturale interna tra le stesse imprese facenti parti del medesimo R.T.I., attraverso la quale si provveda a una diversa distribuzione di ruoli e compiti tra mandanti e mandataria, senza la necessità che si intervenga con l’estromissione di uno degli operatori già presenti, ove non sia emersa una incompatibilità di questi che abbia carattere assoluto e risulti insuperabile.

Del resto, ciò sembra ricavarsi anche dalla richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria n. 2/2022, allorquando nella stessa si è affermato che “laddove si verifichi la predetta ipotesi di perdita dei requisiti, la stazione appaltante, in ossequio al principio di partecipazione procedimentale, è tenuta ad interpellare il raggruppamento e, laddove questo intenda effettuare una riorganizzazione del proprio assetto, onde poter riprendere la partecipazione alla gara, provveda ad assegnare un congruo termine per la predetta riorganizzazione”.

...Ciò risulta altresì coerente con il “principio del risultato”, che sebbene sia stato reso solo di recente esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici del 2023 (art. 1 del D. Lgs. n. 36 del 2023), lo stesso doveva ritersi già “immanente” nel sistema quale espressione dell’Amministrazione di risultato e del principio di buon andamento dell’attività amministrativa (art. 97 Cost.). Di conseguenza, il risultato può essere adottato dal Giudice quale criterio orientativo e interpretativo anche per i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di procedure ad evidenza pubblica non rette dal citato D. Lgs. n. 36 del 2023 (Consiglio di Stato, V, 27 febbraio 2024, n. 1924), dando prevalenza a elementi di carattere sostanziale rispetto a quelli puramente formali, non posti a presidio di interessi meritevoli di tutela, al fine di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica. Del resto, è stato affermato che il principio del risultato – che non deve essere posto in chiave antagonista rispetto al principio di legalità (Consiglio di Stato, III, 26 marzo 2024, n. 2866) – «concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili”» (Consiglio di Stato, VI, 4 giugno 2024, n. 4996; anche, III, 26 marzo 2024, n. 2866; III, 15 novembre 2023, n. 9812).

PRINCIPIO DEL RISULTATO - CRITERIO INTERPRETATIVO ANCHE PER PROCEDURE NON DISCIPLINATE DAL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI (1)

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2024

Ciò risulta altresì coerente con il “principio del risultato”, che sebbene sia stato reso solo di recente esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici del 2023 (art. 1 del D. Lgs. n. 36 del 2023), lo stesso doveva ritersi già “immanente” nel sistema quale espressione dell’Amministrazione di risultato e del principio di buon andamento dell’attività amministrativa (art. 97 Cost.). Di conseguenza, il risultato può essere adottato dal Giudice quale criterio orientativo e interpretativo anche per i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di procedure ad evidenza pubblica non rette dal citato D. Lgs. n. 36 del 2023 (Consiglio di Stato, V, 27 febbraio 2024, n. 1924), dando prevalenza a elementi di carattere sostanziale rispetto a quelli puramente formali, non posti a presidio di interessi meritevoli di tutela, al fine di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica. Del resto, è stato affermato che il principio del risultato – che non deve essere posto in chiave antagonista rispetto al principio di legalità (Consiglio di Stato, III, 26 marzo 2024, n. 2866) – «concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili”» (Consiglio di Stato, VI, 4 giugno 2024, n. 4996; anche, III, 26 marzo 2024, n. 2866; III, 15 novembre 2023, n. 9812).

PRINCIPIO DEL RISULTATO - CRITERIO INTERPRETATIVO PER IL GIUDICE AMMINISTRATIVO (1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Come chiarito da questo Consiglio di Stato (sez. III, 15.11.2023 n. 9812 e 26.03.2024 n. 286), anche se il “principio del risultato” è stato reso solo di recente esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici del 2023, tale principio era già “immanente” al sistema della c.d. amministrazione di risultato (ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del d.lgs. n. 36 del 2023). Di conseguenza, il risultato può essere adottato dal Giudice quale criterio orientativo anche per i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di procedure ad evidenza pubblica non rette dal d.lgs. n. 36/2023 (Cons. Stato, sez. V, 27.02.2024 n. 1924). L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura ad evidenza pubblica, trattandosi, come ha autorevolmente insegnato la predetta giurisprudenza “di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire (…) e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale (…).” Detto principio, nel caso che occupa la sezione, è l’esigenza di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica, prendendo in considerazione i fattori sostanziali dell’attività amministrativa, escludendo che la stessa sia vanificata. La prevalenza per gli aspetti sostanziali, rispetto a quelli puramente formali, nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica, è stata riconosciuta in più occasioni dalla giurisprudenza, anche prima del d.lgs. n. 36/2023. Per il Giudice Amministrativo il principio del risultato rappresenta il criterio interpretativo a cui ricorrere per risolvere i casi di contrasto tra il “dato formale” del pedissequo rispetto del bando e il “dato sostanziale” della idoneità delle partecipazioni dell’operatore economico (e dunque dell’interesse sostanziale dell’amministrazione alla spedita realizzazione del bene pubblico, che nel caso di specie risulta essere la transizione digitale, anche se la lex specialis non ha disciplinato tutti gli aspetti possibili sulla localizzazione degli impianti, ma è chiaro che l’obiettivo principale è lo spegnimento delle frequenze e la loro liberazione). Il principio del risultato non deve tuttavia essere posto in chiave antagonista rispetto al principio di legalità. Al contrario, come chiarito dalla terza Sezione (Cons. Stato, sez. III, 26.03.2024 n. 2866), “il valore del risultato «concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili”.

PRINCIPIO DEL RISULTATO- AUTOTUTELA (1)

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

Per questo collegio il ricorso è inammissibile; deve accogliersi l’eccezione di difetto di legittimazione e d’interesse a ricorrere della parte ricorrente – che non ha partecipato alla procedura in esame né tantomeno ha prospettato un interesse specifico alla riedizione della procedura – la cui istanza rivolta nei confronti dell'amministrazione al fine di ottenerne un intervento in autotutela è da considerarsi una mera denuncia, con funzione sollecitatoria, inidonea a far sorgere un rapporto giuridico qualificato con l’amministrazione in grado di trasformare un generico interesse diffuso alla regolarità delle procedure di evidenza pubblica, in una posizione giuridica differenziata (Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2024, n. 1674);

Il ricorso è altresì inammissibile poiché l’interposto diniego di autotutela da parte della P.A. si configura come atto meramente confermativo, giacché l’amministrazione si è limitata a ribadire l’assenza dei presupposti per procedere ad un riesame della vicenda, che non è suscettibile di autonoma impugnazione (Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2023, n. 3485);

In ogni caso, anche ove si volesse qualificare l’atto gravato come conferma e non come meramente confermativo, deve evidenziarsi come ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023, applicabile alla fattispecie in esame, l’esercizio del potere discrezionale – che connota l’esercizio di poteri amministrativi di secondo grado – debba prioritariamente tenere conto del principio del risultato (Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924), sicché deve presumersi l’implicita esistenza di una preferenza ordinamentale per le scelte l’amministrazione che – come nel caso che ci occupa – siano funzionali al raggiungimento degli obiettivi di cui al citato art. 1 del d.lgs. n. 36/2023, dovendosi invece, predicare un onere motivazionale rafforzato nel caso di opzioni che possano frustare tali esigenze (cfr. T.a.r. per la Sicilia, Catania, sez. I, 6 marzo 2024, n. 900);

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

Le spese di lite, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.

UNA SOLA OFFERTA PRESENTATA - NON PREVISTA CLAUSOLA DI AGGIUDICAZIONE - PA NON PUO' PROCEDERE

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2024

In questo nuovo contesto normativo, la concorrenza tra gli operatori economici, come espressamente afferma il comma 2 del medesimo art. 1, è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire contratti” ed assume quindi carattere strumentale.

Tale nuovo assetto, incentrato sul principio del risultato incide profondamente sulle coordinate dell’interprete che nell’optare per diverse soluzioni interpretative è chiamato a scegliere quella più funzionale agli obiettivi fondamentali dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione, nondimeno tale principio, proprio per la sua generalissima portata, non abroga le norme previgenti che, sia pure dettate in contesti normativi diversi, contengono puntuali prescrizioni.

È questo il caso della previsione di cui all’art. 69 del R.D. n. 827/1924(Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e la contabilità generale dello Stato) a mente del quale “l'asta deve rimanere aperta un’ora per la presentazione delle offerte ed è dichiarata deserta ove non ne siano presentate almeno due, a meno che l’avviso d’asta non preveda espressamente che si procederà all'aggiudicazione anche nel caso di presentazione di una sola offerta”.

Tale norma, che è stata dettata per consentire alle stazioni appaltanti la selezione del migliore contraente sul presupposto che un effettivo confronto concorrenziale delle offerte sia possibile soltanto in presenza di una pluralità di partecipanti alla gara (cfr. delibera ANAC n. 89/2022, TAR Campania n.4371/2019), deve ritenersi tutt’ora in vigore e non abrogata, non mostrando un’incompatibilità diretta con le norme nemmeno del nuovo codice, come invece affermato da parte ricorrente.

Anzi la disposizione in parola, sia pure datata, risulta pienamente in linea con il nuovo contesto normativo,

Sotto questo profilo, quindi, deve ritenersi corretta la scelta dell’Amministrazione di non procedere all’esame dell’offerta proposta dalla ricorrente, atteso che la regola posta dal citato art. 69 del R.d. n. 827/1924 opera a monte, precludendo lo scrutinio dell’unica offerta pervenuta in assenza di una previsione della lex specialis che lo consenta, in in tal modo spostando la discrezionalità della stazione appaltante a monte al momento dell’elaborazione delle regole di gara sotto forma di autovincolo.


PRINCIPIO DEL RISULTATO - PRINCIPIO DELLA FIDUCIA - RISPETTO DELLA RATIO ALLA BASE DELLA PROCEDURA DI GARA (1.4)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2024

Il Collegio non può esimersi dal richiamare, in tale contesto, il particolare ruolo che il nuovo Codice dei contratti pubblici attribuisce ai due principi che guidano l'interprete nella lettura e nell'applicazione del nuovo impianto normativo di settore e della disciplina di gara, ovverosia il principio del risultato e il correlato principio della fiducia.

Il primo, previsto dall'art. 1 del predetto D.lgs. n. 36 del 2023, costituisce "criterio prioritario per l'esercizio del potere discrezionale" ed è legato da un nesso inscindibile con la "concorrenza", la quale opera in funzione del primo rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti. L'amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in "difesa" dell'interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento.

Il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall'art. 2 del D.lgs. n. 36 del 2023, porta invece a valorizzare l'autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un'opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Tale "fiducia", tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l'interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. La disposizione precisa infatti che la fiducia è reciproca e, dunque, investe anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell'azione amministrativa.

L’art. 1 del nuovo Codice degli appalti pubblici, in particolare, tratta il principio del risultato, rivolto essenzialmente agli enti committenti (stazioni appaltanti e enti concedenti) e riguarda l’iter complessivo del contratto, cioè sia la fase di affidamento che quella di esecuzione. Nello specifico il principio del risultato è inteso come l’interesse pubblico primario del Codice stesso, affinché l’affidamento del contratto e la sua esecuzione avvengano con la massima tempestività ed il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

La massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo costituiscono, dunque, le due declinazioni principali del principio in parola, cui sono funzionali gli altri elementi indicati nei successivi commi: la concorrenza tra gli operatori economici, funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti, e la trasparenza, funzionale alla massima semplicità e celerità nell’applicazione delle disposizioni del Codice.

A ben vedere, sin qui il principio in parola non sembra aver introdotto novità particolarmente dirompenti: l’esigenza che la gara e la successiva esecuzione del contratto avvengano nel più breve tempo possibile, che la concorrenza abbia come finalità la scelta del miglior contraente e che vada premiata la migliore offerta sia sotto il profilo economico che qualitativo, sono regole e principi già tradizionalmente acquisiti.

Decisamente più innovativo è il comma 4.

Quest’ultimo, da un lato prevede, prevede che “Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto.”, traducendosi nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale della norma da applicare; dall’altro valorizza il raggiungimento del risultato come elemento di valutazione del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, sia ai fini della valutazione delle loro responsabilità - di cui al successivo principio della fiducia - sia ai fini dell’attribuzione degli incentivi previsti dalla contrattazione collettiva. La declinazione del principio del risultato contenuta nel comma 4 appare quindi destinata ad avere un maggiore impatto sui comportamenti concreti delle amministrazioni, soprattutto con riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle regole di gara, dovendo entrambe le fasi essere ispirate al risultato finale perseguito dalla programmata operazione negoziale, di cui assume un profilo dirimente la sua destinazione teleologica.

Orbene, il chiarimento reso dalla stazione appaltante si è posto pienamente in linea con le innovative coordinate normative cui deve ispirarsi l’azione amministrativa in quanto, nel delucidare la “regola del caso concreto”, come richiesto dal richiamato principio, ha optato per un’interpretazione delle regole di gara ispirata all’implicito principio dell’equivalenza funzionale fra i prodotti, in tal modo assicurandosi il conseguimento del “miglior risultato” possibile all’esito di un realizzato contesto partecipativo ispirato all’attuazione della massima concorrenzialità nel segmento di mercato interessato, altrimenti preclusa dall’interpretazione formalistica ed escludente delle prescrizioni tecniche invocata dalla ricorrente.

Conclusivamente, la stazione appaltante, seguendo la regola del “risultato” nei termini sopra declinati, ha optato per un’interpretazione delle disposizioni di gara teleologicamente orientata ad attuare la ratio sottesa alla programmata operazione amministrativa/negoziale complessivamente intesa, vale a dire assicurarsi il prodotto farmaceutico, munito delle capacità terapeutiche ritenute imprescindibili, al miglior costo di mercato, obliterando così la portata impeditiva di tale primario scopo (costituente, secondo una terminologia privatistica, la “causa in concreto” perseguita dallo stipulando contratto) delle prescrizioni meramente formali inerenti al dosaggio ed al confezionamento del farmaco, così riconoscendo, al tempo stesso, l’estraneità di queste ultime rispetto al conseguimento del risultato perseguito.

PRINCIPI DI RISULTATO ED EFFICIENZA - PRINCIPI PAR CONDICIO E AUTORESPONSABILITA' - NO SOVRAPPOSIZIONE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Il requisito tecnico professionale di partecipazione va verificato rispetto ad una determinata attività e non rispetto ad un contratto – come sostiene l’appellante - che rileva invece sul piano probatorio.

Non vi è stata in questo caso alcuna lettura superficiale degli atti di causa da parte del T.a.r., come infondatamente eccepito dalla appellante, né il rigoroso sviluppo argomentativo del giudice di prime cure può essere tacciato di esasperato formalismo, in contrasto con i principi di efficienza e di risultato, essendosi invero egli attenuto ad una piana applicazione del principio della par condicio che una riqualificazione della domanda ex post, sulla base dei contratti indicati, – pur sollecitata dall’appellante - avrebbe invece sovvertito.

In particolare i principi del risultato e della efficienza predicati dall’art. 1 del d. lgs. 36/2023, sebbene non applicabili al caso di specie ratione temporis essendo il bando stato pubblicato in data anteriore, non possono comunque sovvertire le regole di svolgimento della gara ed i concorrenti principi di par condicio e di autoresponsabilità nella presentazione delle dichiarazioni richieste dal disciplinare di gara, come chiarito anche dalla Corte di giustizia UE in materia di soccorso istruttorio (si veda infra).

Inoltre i titoli contrattuali, in quanto prove documentali, non rilevano in sé ma nella misura e per le finalità indicate dal partecipante nella domanda di partecipazione; se costui li menziona per dimostrare la propria perizia professionale come trasportatore di rifiuti non può successivamente spendere anche la qualifica di intermediario solo perché i predetti titoli comprovano anche questo tipo di attività, rivelatasi successivamente necessaria per integrare un requisito minimo di partecipazione: ciò che rileva è il contenuto della dichiarazione del partecipante che delimita la rilevanza probatoria dei documenti indicati a comprova e non viceversa, come assume l’appellante.

OFFERTA CONCORRENTE - IRREVOCABILITA' - ALEA - PRINCIPIO DEL RISUTATO (1)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2024

L’offerta presentata da un’impresa per concorrere all’aggiudicazione di una commessa pubblica ha una doppia natura: rispetto alle condizioni normative per l’esecuzione del contratto stabilite dalla stazione appaltante e contenute nella documentazione di gara, assume il valore di accettazione; rispetto alle condizioni economiche, assume, invece, il valore di proposta irrevocabile, ai sensi dell’art. 32, co. 4, del codice (oggi art. 17, co. 4, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), soggetta al regime previsto dall’art. 1329 c.c., secondo cui la revoca della proposta irrevocabile è “senza effetto”(Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2021, n. 628).

Né l’ordinamento ammette deroghe all’irrevocabilità in ragione di eventuali circostanze sopravvenute, a meno che non riguardino la vita o la capacità del proponente, con conseguente insensibilità della proposta irrevocabile ad eventuali mutamenti delle condizioni di mercato che dovessero verificarsi durante il periodo di vigenza del vincolo, determinando così una particolare allocazione del rischio in capo al proponente.

Se l’incertezza sull’utilità effettivamente ritraibile dall’esecuzione di un’opera o di un servizio è concetto connaturato a qualsiasi contratto d’appalto, ai sensi dell’art. 1655 c.c., l’impresa che decide di concorrere all’aggiudicazione di un appalto pubblico si espone, consapevolmente, ad un’alea ancor maggiore, già nella fase precontrattuale, perché l’interesse pubblico alla celere individuazione di un contraente serio ed affidabile osta a qualsiasi forma di recesso anticipato dalle trattative motivato con ragioni di convenienza dell’affare, sicché l’operatore economico è tenuto alla massima cautela nella formulazione dell’offerta, onde evitare ripensamenti, che, costringendo l’amministrazione committente a riattivare il procedimento di selezione del contraente, con ovvie ricadute sui tempi di avvio dell’esecuzione contrattuale, risultano esiziali per il buon andamento della pubblica amministrazione, oggi espressamente e categoricamente tutelato nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici con la codificazione del principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023.

PRINCIPIO DEL RISULTATO - DETTA UN CRITERIO TEMPORALE E UN CRITERIO QUALITATIVO (1)

TAR EMILIA PR SENTENZA 2024

Il principio del risultato, introdotto con il nuovo Codice dei contratti pubblici, detta un’enunciazione di principio invero già implicita nella logica del sistema delle procedure ad evidenza pubblica, vale a dire che il primo obiettivo assegnato dal legislatore alle stazioni appaltanti è quello dell’affidamento dei contratti di appalto e di concessione in modo tempestivo, efficiente ed economico, dovendo tali risultati pur sempre coniugarsi con i principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Il principio del risultato, per come declinato dall’art. 1 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, consente di orientare l’operato delle Stazioni appaltanti attraverso due criteri di indirizzo: a) il “criterio temporale” della tempestività dell’affidamento ed esecuzione del contratto, che impone alle Stazioni appaltanti il superamento delle situazioni di inerzia o di impasse per difficoltà connesse, tra l’altro, alla difficoltà di interpretazione delle disposizioni unionali e nazionali, oltre che da quelle fornite in sede pretoria, guardando al risultato attraverso l’applicazione di una regola per il caso concreto, pur sempre nel dovuto rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza; b) il “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto, la cui applicazione deve guidare la Stazione appaltante nella scelta della soluzione che consenta di addivenire all’ottimizzazione del rapporto tra il profilo tecnico-qualitativo dell’offerta e quello economico del prezzo da corrispondere.

Il principio del risultato in generale, e il “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto contenuto in particolare, trovano quale limite esterno il rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Se la Stazione appaltante si è autovincolata con l’indicazione nella lex specialis di specifici requisiti tecnici dell’offerta, non è invocabile il principio del risultato per giustificare la scelta di un’offerta economica che, quantunque vantaggiosa sotto il profilo del rapporto qualità-prezzo, non corrisponda a siffatti requisiti, posto che ciò contrasterebbe non solo con il principio di legalità, ma anche con quello pro-concorrenziale della par condicio competitorum.

PROGETTO A BASE DI GARA - RISULTA UN ELEMENTO NECESSARIO IN OTTEMPERANZA AL PRINCIPIO DEL RISULTATO (1.3 - 41.12)

ANAC DELIBERA 2024

La fase dell'affidamento degli appalti di servizi è preceduta dalla fase di progettazione, articolata in un unico livello e predisposta dalle stazioni appaltanti, che definisce le caratteristiche del servizio richiesto e contiene tutte le valutazioni tecniche ed economiche, ivi compresi i criteri utilizzati per la determinazione del valore a base d'asta.

Nella procedura di gara in questione, la fase di programmazione degli acquisti risulta caratterizzata da apprezzabili profili di anomalia e criticità, in quanto non è stata effettuata alcuna valutazione in merito al mutamento dei fabbisogni che avrebbe indotto l'amministrazione comunale a passare dalla gestione del canile tramite una concessione alla gestione tramite un appalto di servizi; la decisione di affidare per otto anni un appalto di servizi da svolgersi presso una struttura non più adatta alle esigenze di cura e custodia degli animali, relativamente alla quale vi era un interesse indifferibile al rinnovamento ed alla riqualificazione, depone per una carente valutazione dell'interesse pubblico sotteso all'indizione della gara e per una scarsa considerazione degli aspetti qualitativi del servizio richiesto, con possibile compromissione del principio del risultato ai sensi dell'art. 1 commi 3 e 4 del d.lgs. 36/2023; inoltre l'ente non ha provveduto a redigere il progetto a base di gara, o documentazione comunque idonea, in violazione dell'art. 41 comma 12 del d.lgs. 36/2023.

PRINCIPIO DEL RISULTATO E PRINCIPIO DI LEGALITA': NON VI E' NECESSARIO CONTRASTO (1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Il Collegio non può non rimarcare il decisivo riferimento contenuto nella legge di gara all’obiettivo del “risultato”.

Pur essendo la fornitura in questione non ancora soggetta, ratione temporis, alla disciplina di cui al d. lgs. 36/2023, l’utilizzo da parte della legge di gara del parametro del risultato esplicita e conferma, nello specifico procedimento per cui è causa, il carattere immanente al sistema della c.d. amministrazione di risultato (che la dottrina ha ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del citato d. lgs. n. 36 del 2023 con specifico riferimento alla disciplina dei contratti pubblici).

Il profilo causale del singolo provvedimento va così analizzato alla luce del collegamento che lo avvince alla complessa vicenda amministrativa, nell’ottica del risultato della stessa: tanto che autorevole dottrina ha in proposito proposto l’introduzione di “una nuova nozione, che può essere denominata operazione amministrativa, ad indicare l’insieme delle attività necessarie per conseguire un determinato risultato concreto”.

L’importanza del risultato nella disciplina dell’attività dell’amministrazione non va riguardata ponendo tale valore in chiave antagonista rispetto al principio di legalità, rispetto al quale potrebbe realizzare una potenziale frizione: al contrario, come pure è stato efficacemente sostenuto successivamente all’entrata in vigore del richiamato d. lgs. n. 36 del 2023, il risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili”.

L’applicazione al caso di specie dei richiamati princìpi implica che l’“operazione amministrativa” avuta di mira dalla stazione appaltante, desunta dalla chiara indicazione in tal senso fornita dalla legge di gara, aveva riguardo al fatto che “Il risultato atteso è la fornitura in opera perfettamente funzionante delle apparecchiature”.

Non soddisfa certamente tale requisito la fornitura di apparecchiature che, come accennato, a fronte dell’apparente minor costo di acquisto implicano il necessario svolgimento di attività materiali e giuridiche aggiuntive: le quali, oltre ai costi relativi ai corrispettivi per l’acquisto degli ulteriori materiali necessari al funzionamento, comportano altresì dei costi relativi ai tempi e all’impiego delle risorse umane necessarie per il compimento delle relative procedure.

ERRORI O CARENZE NEL PROGETTO DELLA S.A.: NECESSARIO IL "DOVERE COGNITIVO" DELL'APPALTATORE (1)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2024

Nel caso di specie l’argomento sul quale più volte la ricorrente ha insistito per giustificare la mancata esecuzione del contratto è costituito, principalmente, dalle presunte carenze del progetto esecutivo predisposto dalla stazione appaltante.

Il quadro indiziario che emerge dagli atti – l’unico di cui l’A.n.a.c. possa servirsi per giungere ad un giudizio di “manifesta infondatezza” della segnalazione e, quindi, anche l’unico che possa utilizzare il giudice amministrativo ai fini della verifica della legittimità del provvedimento di annotazione – depone, tuttavia, a favore di una probabile tardività dei rilievi formulati dall’appaltatore nei confronti del progetto esecutivo, tenuto conto che la consegna delle aree alla F. è avvenuta il 5 novembre 2019, da cui decorreva il termine di esecuzione di 365 giorni, e che le difficoltà connesse ai lavori di scavo sono state rappresentate per la prima volta in data 19 febbraio 2020, quindi, al netto della sospensione tra l’11 novembre 2019 e il 16 dicembre 2019 “a causa di eccezionali eventi metereologici” e delle festività natalizie, dopo oltre quarantacinque giorni.

Costituisce, infatti, principio immanente alla disciplina dei rapporti tra appaltatore e committente pubblico quello che pone a carico del primo sia un particolare “dovere cognitivo” delle condizioni richieste ai fini della corretta esecuzione dell’appalto sia l’onere di contestare tempestivamente gli atti di esercizio del potere direttivo intestato al secondo, quali aspetti del più generale obbligo rafforzato di cooperazione che grava sul contraente privato, funzionale al contenimento dei tempi per la realizzazione dell’opera, oggi positivizzato nel principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023. Ne sono chiara espressione tutti quegli istituti deputati a prevenire, laddove possibile, ovvero a risolvere celermente, negli altri casi, i contrasti che insorgono tra le parti allorché la realtà in cui si trova concretamente ad operare l’impresa non coincida con la rappresentazione che della stessa sia contenuta nei documenti predisposti dalla stazione appaltante, come dimostrano le norme sull’inammissibilità delle riserve su progetti validati, di cui all’art. 205, co. 2, del d.lgs. 50/2016 (oggi art. 210, co.2, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), e quelle sulla consegna dei lavori e sulle riserve, di cui agli artt. 5 e 9 del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 7 marzo 2018, n. 49 (oggi artt. 3 e 7 dell’allegato II.14 al d.lgs. n. 36/2023), che sottopongono le eccezioni dell’appaltatore ad un rigido sistema di decadenze.

Con particolare riferimento all’ipotesi in cui l’operatore economico lamenti errori o carenze del progetto, è stato, poi, osservato che “Nell'appalto, sia pubblico che privato, rientra tra gli obblighi dell'appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione, il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, anche in relazione alle caratteristiche del suolo su cui l'opera deve sorgere, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall'esecuzione dell'opera, dipende il risultato promesso, sicché la scoperta in corso d'opera di peculiarità geologiche del terreno tali da impedire l'esecuzione dei lavori, non può essere invocata dall'appaltatore per esimersi dall'obbligo di accertare le caratteristiche idrogeologiche del terreno sul quale l'opera deve essere realizzata e per pretendere una dilazione o un indennizzo, essendo egli tenuto a sopportare i maggiori oneri derivanti dalla ulteriore durata dei lavori, restando la sua responsabilità esclusa solo se le condizioni geologiche non siano accertabili con l'ausilio di strumenti, conoscenze e procedure normali” (Cass. civ., Sez. I, Ord. 26 febbraio 2020, n. 5144).

Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito, a ben vedere, prove “pronte e liquide” (così T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-quater, 11 marzo 2024, n. 4788) delle anomalie progettuali denunciate e, soprattutto, della diligenza spesa per intercettare preventivamente le difficoltà esecutive che poi asserisce di aver incontrato nella realizzazione delle fondazioni, così come del rincaro dei prezzi dei materiali. Appare, invero, dirimente che, nel corpo dell’atto ricognitivo e integrativo del contratto, sottoscritto tra il M. e la A. in data 7 dicembre 2020 al fine di “aggiornare” alcuni aspetti dell’atto negoziale originariamente stipulato con la F. al sopravvenuto subentro dell’affittuaria nel rapporto con la stazione appaltante, la ricorrente dichiari “di accettare tutti i patti e le condizioni portati dal detto contratto di appalto”, senza esigere alcuna rinegoziazione dei termini o delle modalità di esecuzione, nonostante le pretese avanzate con l’istanza del 23 luglio 2020, con ciò inducendo a dubitare della solidità degli argomenti posti a fondamento delle proprie rivendicazioni.

Non sussistono, pertanto, i caratteri della “manifesta infondatezza” della segnalazione al cospetto della quale l’A.n.a.c. avrebbe dovuto astenersi dall’annotazione.

ATTESTAZIONE SOA: IL POSSESSO DEI REQUISTI DEVE ESSERE DIMOSTRATO SOLO DAL CONSORZIO STABILE (225.13)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2024

In ordine alla questione del cumulo alla rinfusa, va dunque precisato che la giurisprudenza ha oramai chiarito, anche in relazione alla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 225, co. 13, del d.lgs. n. 36/2023, che i requisiti speciali di qualificazione SOA devono essere posseduti e dimostrati unicamente dal Consorzio stabile (cfr., tra le molteplici, la sentenza di questa Sezione del 27/6/2023 n. 3863).

Al secondo motivo del ricorso introduttivo è affermato che il costituendo raggruppamento di professionisti, designato dal C. per la progettazione (costituito dalla mandataria H. e dai mandanti .... E ....) non possiede i requisiti di idoneità professionale richiesti dal disciplinare, con riguardo al punto 8.11, lettera C), ove è stabilito che il gruppo di lavoro è composto dagli indicati professionisti, tecnici ed esperti tra cui un archeologo (iscritto nell’elenco istituito con regolamento approvato con decreto del MiBACT del 30/3/2009 n. 60: lettera G).

A fronte di tali acquisizioni documentali agli atti della gara, non è rappresentabile l’omessa inclusione della figura nel gruppo di lavoro, né sostenibile (come evidenziato nella memoria difensiva di parte ricorrente del 16/9/2023) che i progettisti avrebbero dovuto essere nominativamente indicati dal concorrente, non designabili dalla Società mandataria delle prestazioni di progettazione.

Trattasi di un argomento di natura formalistica, non avente fondamento nelle previsioni del disciplinare, che si scontra con l’ottica sostanziale che deve presiedere alla fissazione delle regole di gara e che deve uniformarsi al rispetto del principio del risultato (ora fissato dall’art. 1 del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato con il d.lgs. n. 36/2023), valevole come criterio orientativo per garantire il conseguimento dell’obiettivo dell’azione pubblica, facendo recedere tutti quei formalismi che non corrispondono a illegittimità che concretamente non garantiscano il corretto espletamento dell’appalto.

In questi termini, posto che la figura dell’archeologo è stata prevista ed è garantito l’assolvimento dell’incarico con l’impegno irrevocabile del professionista, ogni disputa intorno alle modalità di affidamento (peraltro, come detto, senza riscontro nelle previsioni della legge di gara) si mostra priva di pregio.

PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI DI SECONDO GRADO: NECESSARIA LA PREVIA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO (1)

TAR SICILIA CT SENTENZA 2024

I provvedimenti amministrativi di secondo grado che incidono sull’aggiudicazione definitiva – in quanto idonea ad attribuire alla parte ricorrente il bene della vita – devono essere necessariamente preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento (Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2023, n. 8273), che si impone, in modo particolare, qualora, come nel caso che ci occupa, i presupposti della revoca e/o dell’annullamento siano motivate sulla base di valutazioni discrezionali e tecniche, puntualmente confutate dall’aggiudicataria sia in ordine al fatto presupposto, sia con riferimento alla ponderazione degli interessi in conflitto.

Con il quarto motivo di ricorso, infatti, parte ricorrente ha confutato sia la necessità di modificare il progetto esecutivo in base alle indicazioni dell’Autorità di bacino del 13 maggio 2020, sia l’esigenza di procedere alla revisione dei prezzi in base al nuovo tariffario regionale, nonché la rispondenza della riedizione della gara con i solleciti dell’amministrazione regionale intimata.

Tale carenza motivazionale va altresì ormai ponderata, tenendo conto anche dell’immanenza del principio di risultato previsto dall’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023 (cui, ad avviso del Collegio, occorre attribuire valenza ricognitiva e non innovativa) – secondo cui “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza –, che sembra frustrato dalla scelta dell’amministrazione resistente senza un’adeguata rappresentazione della ragioni volte a giustificarla.

In conclusione, previo assorbimento del secondo e del terzo motivo articolati in via subordinata, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, i provvedimenti impugnati devono essere annullati, fatte salve le ulteriori determinazioni della P.A.

PRINCIPIO DEL RISULTATO E DELLA FIDUCIA: APPLICABILI ANCHE AD APPALTI PUBBLICATI IN VIGENZA VECCHIO CODICE (2)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Nell'ambito delle gare pubbliche, è necessario adempiere, con scrupolo e diligenza, a quanto previsto dal bando e dalle norme tecniche. La disciplina di gara è posta a garanzia di tutti i partecipanti e il suo erroneo utilizzo rimane a rischio del partecipante nell’ambito della propria autoresponsabilità. La gestione telematica della gara offre il vantaggio di una maggiore sicurezza nella conservazione dell'integrità delle offerte in quanto permette automaticamente l'apertura delle buste in esito alla conclusione della fase precedente e garantisce l'immodificabilità delle stesse, nonché la tracciabilità di ogni operazione compiuta. Questo non significa che i partecipanti possano violare la procedura e addurre a giustificazione cause che non coinvolgono in alcun modo la stazione appaltante.

Le argomentazioni spese dal TAR sostengono ampiamente il rigetto integrale del ricorso posto che, non essendo rilevabile alcun vizio negli atti della stazione appaltante, è conseguente la legittimità dell’esclusione di P. per aver inserito elementi economici nell’offerta tecnica, la legittimità dell’ammissione di C. (che non ha violato in alcun modo la lex specialis di gara) e, nel suo complesso, la legittimità dell’intera procedura che non necessitava di alcuna riedizione.17.2. Non è superfluo osservare, nonostante la procedura sia stata indetta nella vigenza del d.lgs. 50/2016, che l’operato della stazione appaltante è perfettamente in linea col principio del risultato previsto dall’art. 1 del d.lgs. 36/2023.17.3. Questa Sezione ha già utilizzato disposizioni del d.lgs. 36/2023 come supporto interpretativo idoneo a risolvere controversie inerenti il d.lgs. 50/2016 (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665).

L’art. 1 è collocato in testa alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici ed è principio ispiratore della stessa, sovraordinato agli altri. Si tratta di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale che è:

a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto;

b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l’intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto.

Il richiamo operato dall’appellante al principio della fiducia di cui all’art. 2 del nuovo Codice dei contratti pubblici (pagina 7 della memoria depositata il 10 ottobre 2023), più che avallare le tesi della medesima appellante, le confuta. L’affermazione secondo cui “il legislatore ha inteso valorizzare il comportamento legittimo, trasparente e corretto dell’amministrazione e degli operatori economici, che si presume tale, e che non si fonda più sul “sospetto” è del tutto corretta. L’appellante, però, da tale corretta premessa non trae altrettanto corrette conclusioni. Il principio della fiducia di cui all’art. 2 del nuovo Codice dei contratti pubblici amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l’intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell’intervento medesimo. Regole che l’appellante, all’evidenza, non ha rispettato.



LEGITTIMO IL BANDO CHE CONTIENE UN PUNTUALE RIFERIMENTO AI DECRETI MINISTERIALI SUI CAM - PER IL PRINCIPIO DEL RISULTATO VALE IL MECCANISMO DI ETEROINTEGRAZIONE (57.2)

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2024

Il codice dei contratti pubblici, approvato con il d.lgs. n. 50/2016, all’art. 34 (“Criteri di sostenibilità energetica e ambientale”) ha quindi stabilito che le stazioni appaltanti concorrono al conseguimento degli obiettivi del Piano d’azione “attraverso l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare”, curando in conformità ad essi la stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, infine precisando che detto obbligo si applica per gli affidamenti di qualunque importo.

Nello stesso senso dispone l’art. 57, co. 2, del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato con il decreto legislativo del 31 marzo 2023, n. 36 (con talune differenziazioni, valutato il valore dell’appalto o della concessione, la tipologia del servizio o dell’intervento e la sua localizzazione).

Con riguardo alla previsione del disciplinare tecnico, va osservato che essa enuclea con sufficiente grado di precisione le prescrizioni dettate ai concorrenti, mediante il puntuale riferimento ai decreti ministeriali sui criteri ambientali minimi.

In tal senso, il contenuto dei menzionati decreti ministeriali entra a far parte della legge di gara attraverso il meccanismo dell’eterointegrazione, la cui applicazione è stata valorizzata in materia dalla giurisprudenza, finanche in ipotesi di completa omissione, sul punto, della lex specialis (cfr. TAR Veneto - sez. I, 18/3/2019 n. 329: “si deve ritenere che l’obbligo di rispettare i criteri minimi ambientali derivi direttamente dalla previsione contenuta all’art. 34 del D.Lgs. n. 50/2016, che costituisce norma imperativa e cogente e che opera, pertanto, indipendentemente da una sua espressa previsione negli atti di gara […]. Difatti, nel caso di specie è ravvisabile una mera lacuna nella legge di gara, dal momento che la Stazione appaltante ha omesso di inserire la regola sul rispetto dei CAM, prevista come obbligatoria dall'ordinamento giuridico. E tale lacuna può quindi essere colmata, in via suppletiva, attraverso il meccanismo di integrazione automatica, in base alla normativa vigente in materia (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24.10.2017, n. 4903)”).

Il Collegio non trascura che tale orientamento possa dirsi superato, a fronte delle successive acquisizioni giurisprudenziali in tema.

Sennonché, va rimarcata la differenza esistente tra la fattispecie all’esame e l’ipotesi in cui la normativa di gara nulla dica, nel qual caso l’omissione renderebbe illegittima la lex specialis, che non pone il concorrente in grado di formulare un’offerta conforme a prescrizioni inderogabili di legge.

Viceversa, allorquando il bando contenga un puntuale riferimento ai decreti ministeriali (corredando la disposizione sulla sostenibilità ambientale con specifiche prescrizioni, per particolari prestazioni), l’onere di diligenza impone al concorrente di adeguare la propria offerta ai criteri ambientali minimi che la stazione appaltante non ha trascurato, e che l’operatore economico è così messo in grado di conoscere e valutare, per formulare un’offerta consapevole.

In tal caso, il meccanismo di eterointegrazione opera con pienezza, corrispondendo allo spirito che informa l’intera normativa sui criteri minimi ambientali, la quale si proietta sulla diretta cogenza delle relative regole, il cui rigoroso rispetto si impone anche ai concorrenti, “tenuti, come la stazione appaltante, alla loro applicazione” (sentenza n. 2795/2023, cit.).

In tale contesto, apparirebbe ultroneo pretendere da parte della stazione appaltante la declinazione dei criteri ambientali minimi contenuti nella relativa normativa di legge, che si sostanzierebbe nell’obbligo meramente formale di riproduzione del suo contenuto, ogni qualvolta non sia dedotto e dimostrato che, con riferimento alla specificità dell’appalto o ad altre circostanze peculiari, una tale esigenza si imporrebbe, per l’impossibilità che il concorrente possa formulare un’offerta adeguata.

Infine, preme al Collegio rappresentare che la conclusione raggiunta si coniuga con il principio del risultato che, ancorché fissato ora dall’art. 1 del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato con il d.lgs. n. 36/2023 (“Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”) può valere come criterio orientativo per i casi, come quello all’esame, in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte della legge di gara, che non può dirsi assolutamente mancante di prescrizioni inderogabili.

Detto principio (valevole quale criterio orientativo che, per sua natura, è suscettibile di essere adottato anche per le procedure di appalto non rette dal d.lgs. n. 36/2023) può essere declinato in termini che pongano l’accento sull’esigenza di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica, prendendo in considerazione i fattori sostanziali dell’attività amministrativa, escludendo che la stessa sia vanificata, in tutti quei casi in cui non si rinvengano obiettive ragioni che ostino al suo espletamento.

In tale ottica, può quindi nella specie affermarsi che vada mantenuta la legge di gara e garantito lo svolgimento della procedura di appalto, poiché a tale risultato non si frappongono esigenze dettate dalla preminente tutela delle ragioni del concorrente, la cui posizione sia stata ingiustificatamente lesa (atteso che, come si è detto, in ragione della formulazione specifica degli atti di gara, l’operatore economico non potesse dirsi inconsapevole delle modalità attraverso cui formulare la propria offerta).

In altri termini, nell’analisi dei casi concreti va considerata l’esigenza di garantire il conseguimento dell’obiettivo dell’azione pubblica (con il riconoscimento del prioritario interesse al pronto raggiungimento delle finalità dell’appalto), essendo destinati a recedere quei formalismi ai quali non corrisponda una concreta ed effettiva esigenza di tutela del privato.

PRINCIPIO DEL RISULTATO - FINALITA' - GARANTIRE ECONOMICITA' E ANCHE LA QUALITA' DELLE PRESTAZIONI (1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Come chiarito da questa Sezione con la sentenza n. 1076/2020, “A partire alla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99, è acquisito il principio per cui la tutela della concorrenza nel settore dei contratti pubblici implica anche la capacità dell’impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività (secondo la logica del contratto pubblico come strumento a plurimo impiego). La positivizzazione di tale principio è scolpita nella direttiva 2014/24/UE laddove si prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 58, paragrafo 4), confermando l’impostazione secondo la quale la pubblica amministrazione ha interesse ad incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazioni oggetto di gara” (nello stesso senso le successive sentenze nn. 6829, 6831, 6834, 6835, 6837 e 6839 del 2021).

Nella dinamica concorrenziale l’impresa deve essere dunque in grado di rispondere ad una domanda pubblica qualificata, nel senso della soddisfazione di interessi superindividuali ritenuti meritevoli, anche a costo di ridurre la platea degli operatori economici capaci di formulare un’offerta conforme al risultato che la commessa pubblica intende raggiungere.

Nell’attuale quadro normativo, soprattutto per effetto delle direttive di seconda e terza generazione, il contratto di appalto non è, infatti, soltanto un mezzo che consente all’amministrazione di procurarsi beni o di erogare servizi alla collettività, ma – per utilizzare categorie civilistiche - uno “strumento a plurimo impiego” funzionale all’attuazione di politiche pubbliche ulteriori rispetto all’oggetto negoziale immediato: in altre parole, uno strumento – plurifunzionale – di politiche economiche e sociali, con conseguenti ricadute sulla causa del provvedimento di scelta del contraente.

Se si considera tale, fondamentale quadro, la “migliore offerta” è dunque quella che presenta le migliori condizioni economiche ma solo a parità di requisiti qualitativi richiesti.

Nel caso di specie tale ulteriore condizione difettava, perché l’odierna appellante non è stata in grado di offrire un prodotto conforme agli standard qualitativi richiesti dalla stazione appaltante: dunque la sua offerta non poteva essere la migliore, e prima ancora non poteva essere ammessa in gara.

Né può ritenersi che il rilevato difetto del requisito richiesto possa imputarsi, come sostenuto, ad un “mero rigido e cavilloso formalismo”: si è già osservato come sia la norma primaria a stabilire che la dimostrazione del possesso della certificazione in parola, garanzia della effettiva corrispondenza della prestazione allo standard richiesto, debba essere fornita in forma tipica (salvo equipollenti in circostanze che qui non ricorrono), con precise garanzie di accertamento e di valutazione dei processi produttivi, sia in termini di competenza che di indipendenza di giudizio.

Tale previsione, lungi dal ridursi ad un vuoto formalismo, è invece posta a presidio della sostanziale corrispondenza di quanto offerto a quanto domandato, dal momento che un accertamento meno rigoroso, o lasciato ad organismi o professionisti che non offrono le medesime garanzie, esporrebbe le amministrazioni, e soprattutto la platea dei fruitori del servizio, al rischio di una prestazione priva delle caratteristiche richieste.

Il problema della dimostrazione – secondo le modalità richieste – del requisito qualitativo non è dunque un problema di forma, ma di sostanza.

Se si ha consapevolezza di tutto ciò, ne consegue l’improprietà del richiamo alla nozione di risultato, anche alla luce del significato ad essa attribuito dal sopravvenuto d. lgs. n. 36 del 2023: questa infatti non ha riguardo unicamente alla rapidità e alla economicità, ma anche alla qualità della prestazione (nel senso sopra riferito).

Il richiamo alla nozione di risultato integra i parametri di legittimità dell’azione amministrativa con riguardo ad una categoria che implica verifiche sostanziali e non formali, di effettività del raggiungimento degli obiettivi (di merito, e di metodo) oltre che di astratta conformità al paradigma normativo.

Nel caso di specie il risultato sotteso alla commessa riguarda, per precisa scelta dell’amministrazione committente, non la prestazione del servizio di ristorazione scolastica in quanto tale, ma quella relativa ad un servizio caratterizzato dalla conformità a politiche ambientali per lo sviluppo sostenibile.

Il fatto che l’operatore economico non possedesse il requisito richiesto (secondo le regole relative allo stesso) esclude, all’opposto di quanto auspicato dall’appellante, che la selezione della sua offerta potesse rappresentare un risultato conforme alla tutela degli interessi sottesi alla commessa pubblica, come cristallizzati nella legge di gara, o addirittura la “migliore offerta” in un’ottica di risultato.

PRINCIPIO DEL RISULTATO - APPLICABILE ANCHE IN VIGENZA DEL VECCHIO CODICE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Nel caso in esame l’elenco delle migliorie e delle proposte innovative contemplate nel disciplinare di gara (proposte innovative cui è da ricollegare la sostituzione degli impianti tecnologici in questione) ha natura non tassativa, diversamente da quanto sostenuto dalla parte appellante, ma meramente esemplificativa (si utilizza infatti la locuzione “in particolare”, allorché vengono elencate una serie di interventi per l’appunto di innovazione e miglioramento: dunque non si escludono altre possibili misure rispetto a quelle già indicate nella legge di gara). L’importante è che simili proposte innovative (al pari delle migliorie) si rivelino “a costo zero” per l’amministrazione. A ciò si aggiunga che anche l’art. 1 del capitolato speciale di appalto prevede la possibilità, per l’impresa aggiudicataria, di mettere a disposizione della stazione appaltante ogni tipo di strumentazione utile a consentire il buon funzionamento del sistema di rilevazione (dunque anche telecamere complesse o integrate quali quelle di specie);

La sostituzione (soprattutto iniziale) di apparecchiature tecnologiche sarebbe dunque insita alla natura dell’appalto ed è strutturalmente collegata alle caratteristiche del contratto che richiede interventi pressoché continui di aggiornamento e ammodernamento del sistema infrastrutturale e tecnologico. La componente di ammodernamento tecnologico è pressoché evidente dalla formulazione della legge di gara nella parte in cui si prevede che la metà esatta del punteggio destinato alla parte tecnica (40 punti su 80 complessivi) sia riservata proprio alle proposte innovative e di miglioramento. In questa direzione, la sostituzione di telecamere integrate quali quelle di specie denotano un portata strettamente e concretamente innovativa, diretta ossia a garantire l’ammodernamento degli impianti stessi. Dunque, se obiettivo precipuo della legge di gara è quella di garantire impianti il più possibile moderni ed efficienti, ecco che la sostituzione di telecamere a tecnologia desueta e superata con telecamere a tecnologia avanzata come quelle offerte da BRIDGE sono in grado di assicurare un simile obiettivo e dunque il conseguente risultato cui tende la stazione appaltante. Principio, quello del risultato, ora consacrato nell’art. 1 del nuovo codice dei contratti (decreto legislativo n. 36 del 2023) ma che, in ossequio al principio di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost., poteva ritenersi ben presente nell’ordinamento dei pubblici appalti anche in costanza del precedente regime normativo (decreto legislativo n. 50 del 2016);

La sostituzione delle telecamere è dettata non solo da esigenze di modernizzazione degli impianti ma anche per evitare situazioni di LOCK IN: sulle telecamere e sugli impianti preesistenti (KAPSCH) poteva infatti intervenire solo la casa madre ossia il precedente gestore del servizio (MOTUS 21), così creandosi una situazione di illegittimo monopolio allorché si impedisse la sostituzione dei predetti apparecchi. Con ciò si vuole dire che una siffatta interpretazione del bando, diretta come detto a consentire anche la fornitura (facoltativa, come si vedrà anche più avanti) di telecamere più moderne ed aggiornate, risponde altresì a fondamentali esigenze di massima apertura al mercato (in questo senso si veda proprio il principio di “accesso al mercato” di cui all’art. 3 del nuovo codice dei contratti).



VALUTAZIONE OFFERTA - PREVALGONO ASPETTI SOSTANZIALI PER IL PRINCIPIO DEL RISULTATO (1 - 108)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Quando si disputa, come avviene nel caso in esame, della corretta attribuzione del punteggio, ossia della corretta valutazione della qualità del prodotto offerto, l’idea che il giudizio debba accertare la spettanza della commessa all’impresa che, se tutte le regole procedurali fossero state puntualmente applicate, sarebbe risultata aggiudicataria (e che dunque tale debba essere considerato il risultato “giusto” da perseguire), trascura la strumentalità delle forme e la considerazione che il risultato formalisticamente “corretto” non sempre e necessariamente, in una fattispecie del tipo di quella qui all’odierno esame del Collegio, si identifica con il risultato sostanzialmente giusto, che è soprattutto quello che correttamente riconosce e premia il prodotto oggettivamente migliore, che dunque può assicurare il risultato del migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo del prodotto acquistato.

Occorre conseguentemente, ad avviso del Collegio, preferire una lettura – come bene ha fatto il primo giudice – non formalistica degli atti e della procedura di gara, avendo prioritario riguardo alla correttezza sostanziale del modo di procedere della stazione committente.

La prevalenza per gli aspetti sostanziali, rispetto a quelli puramente formali, nell’ambito delle procedure di gara, è del resto riconosciuta in più occasioni dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (ad es., Cons. Stato, sez. V, 20 luglio 2023, n. 7111, che richiama, della stessa Sezione, le pronunce 27 ottobre 2022, n. 9249, 4 ottobre 2022, n. 8481 2 marzo 2022, n. 1486 e 20 aprile 2020, n. 2486), ed è ampiamente affermata dalla giurisprudenza in tema di anomalia dell’offerta (Cons. Stato, sez. V, 5 settembre 2023, n. 8176; Id., 24 marzo 2023, n. 3085; di questa Sezione, sentenza n. 8790 del 17 ottobre 2022).

SOCCORSO ISTRUTTORIO - VA INTERPRETATO SECONDO PRINCIPIO DEL RISULTATO E CONCESSO A TUTTI I CONCORRENTI

TAR TRENTINO BZ SENT 2023

L’istituto del soccorso istruttorio/procedimentale deve essere interpretato conformemente al cd. principio del risultato, oggi codificato nell’art. 1 del d.lgs. 36/2023 ma, come ricordato dal Consiglio di Stato in una recente decisione, costituente principio già immanente dell’ordinamento (Con. Stato, sez. IV, 20 aprile 2023, n. 4014).

Il perseguimento del risultato, infatti, deve orientare quale criterio-guida l’azione amministrativa nella selezione del concorrente che risulti il più idoneo all’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’affidamento avendo presentato la migliore offerta. Da ciò deriva che l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, impedisca all’operatore economico che abbia presentato la migliore offerta di aggiudicarsi la commessa, è illegittimo anche sotto il profilo della violazione del cd. principio del risultato.

È quindi chiaro che il ricorso al soccorso istruttorio/procedimentale non costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, ma un vero e proprio onere procedimentale ogniqualvolta esso sia strumentale a sanare irregolarità e/o omissioni afferenti alla documentazione presentata dagli operatori economici che potrebbero impedire di selezionare il miglior concorrente quale esecutore dell’appalto.

Dal fatto che il ricorso al soccorso istruttorio/procedimentale non costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, ma un vero e proprio onere procedimentale ogniqualvolta esso sia strumentale a sanare irregolarità e/o omissioni afferenti alla documentazione presentata dagli operatori economici che potrebbero impedire di selezionare il miglior concorrente quale esecutore dell’appalto, deriva che la possibilità della sanatoria di meri errori materiali attraverso detto istituto di soccorso istruttorio/procedimentale deve essere concessa indistintamente a tutti gli operatori economici.

Pertanto, l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, da un lato permette ad un operatore economico (i.e. RTP Fragiacomo) che sia incorso in errori materiali e/o omissioni meramente formali di sanare detti errori, mentre non concede la stessa possibilità ad un altro operatore economico (i.e. RTP AIG), è illegittimo anche per la violazione della parità di trattamento e della par condicio tra i due concorrenti di gara.

PRINCIPIO DI CONCORRENZA - RISULTA SUBORDINATO AL PRINCIPIO DEL RISULTATO (1.2)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, secondo comma, del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, che ha chiaramente affermato che in materia di contratti pubblici la tutela della concorrenza rappresenti piuttosto un mezzo, e non un fine, rispetto allo scopo di “conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”, un simile principio era infatti considerato immanente al sistema dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (si vedano, ex multis, le sentenze nn. 1076/2020, 7138/2020, 10673/2022, 5179/2023, 4086/2020; quest’ultima, in particolare, ha chiarito che “l’interesse pubblico alla tutela della concorrenza portato dalla normativa sui contratti pubblici è funzionale comunque alla tutela dell’interesse dell’amministrazione all’acquisizione di beni o servizi destinati a soddisfare le specifiche esigenze della collettività di cui essa è attributaria, come definite nella lex specialis di gara. (….) La natura del procedimento di evidenza pubblica come sede nella quale vengono create artificialmente le condizioni di concorrenza non deve infatti far perdere di vista la funzione del procedimento medesimo, che è quella, pur in un contesto concorrenziale, di acquisire beni e servizi maggiormente idonei a soddisfare l’interesse pubblico specifico portato dall’amministrazione aggiudicatrice”.

DOCUMENTO MERAMENTE FACOLTATIVO - LA SUA EVENTUALE FALSITA' NON DETERMINA L'ILLEGITTIMITA' DELLA PROCEDURA

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2023

Laddove un documento, peraltro meramente facoltativo, non ha inciso in nessun modo sulla determinazione finale di affidamento della stazione appaltante, l’ipotetica falsità del medesimo non può certo determinare l’illegittimità dell’aggiudicazione.

A ciò si aggiunga che, non avendo l’Amministrazione effettuato alcun esame del citato documento magari in contraddittorio con -OMISSIS-, non può neppure essere affermata con assoluta certezza la falsità dello stesso, ad onta di quanto sostenuto nel gravame e nei successi scritti difensivi della società istante.

Tali conclusioni sono state fatte proprie, seppure in sede cautelare, dal Consiglio di Stato nella sua ordinanza n. -OMISSIS-, dove è chiaramente affermato che nell’offerta dell’aggiudicataria non si ravvisa “alcuna falsità idonea ad incidere sulla valutazione dell’offerta effettuata dalla stazione appaltante”.

Pare inoltre al Collegio che quanto sopra esposto sia rispettoso dei principi fondamentali della contrattualistica pubblica previsti dal vigente D.Lgs. n. 36/2023, ancorché la gara di cui è causa sia regolata dal D.Lgs. n. 50/2016; in particolare si tratta dei principi del risultato e della fiducia di cui agli articoli 1 e 2 del nuovo codice dei contratti pubblici.

PRINCIPIO DEL RISULTATO - LIBERTA' DI FORME PER PROCEDURE DI BASSO IMPORTO IN COERENZA CON IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA' (1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2023

Nel recente caso Tim (cfr. Corte di Giustizia UE 30 gennaio 2020 in causa C-395/18), la Corte di Giustizia ha messo in evidenza che dal principio di proporzionalità consegue che le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni delle direttive eurounitarie non devono andare oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi previsti da queste ultime.

Trattasi di un orientamento oramai consolidato a partire dal noto leading case Commissione contro Repubblica di Malta, C-76/08 del 10 settembre 2009, in tema sindacato di proporzionalità sulle misure adottate dagli stati membri in deroga agli obblighi previsti dalle direttive eurounitarie.

Dal principio di proporzionalità deriva, pertanto, il corollario della c.d. «strumentalità delle forme» ad un interesse sostanziale dell'Amministrazione, di cui la giurisprudenza amministrativa ha fatto costane applicazione nel contenzioso in materia di appalti pubblici, e che di recente è stato codificato, mediante l’icastica formula del principio del risultato, dall’art. 1 del nuovo codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023.

Era, invero, affermazione largamente condivisa, già sotto il regime del d.lgs. n. 163/2006, quella secondo la quale i principi applicabili ai contratti esclusi dalla diretta applicazione delle direttive comunitarie implicavano un obbligo di gara meno formale di quella imposta per i contratti inclusi. Tale obbligo, nel caso della procedura di cottimo fiduciario, si traduceva sostanzialmente nella necessità di invitare almeno cinque concorrenti.

Ciò non significa, peraltro, come sostiene la regione appellante, disapplicare i principi (o alcuni dei principi) dei trattati eurounitari che regolano i contratti pubblici, ma semplicemente bilanciarli diversamente in fattispecie che, come quella qui in esame, sono annoverabili tra quelle di minore impatto concorrenziale.

Siffatti principi vanno ragionevolmente bilanciati e attuati secondo diverse graduazioni, dato che l'attuazione massima di tutti i principi coinvolti è solitamente impedita dal fatto che essi sono spesso incompatibili fra loro. Tuttavia, a tutti i principi deve essere garantita almeno un'attuazione minima (dal momento che ciascuno dei principi coinvolti è garantito dall'ordinamento, al pari degli altri).

Per questa ragione, i principi vanno bilanciati, non massimizzati: la massimizzazione di un principio comporta l'«annichilimento» del principio o dei principi incompatibili e, dunque, la violazione dell'ordinamento che impone un'attuazione - ancorché minima - a tutti i principi dello stesso «rango».