Articolo 1. Principio del risultato.
1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.2. La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità.
3. Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea.
4. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per:
a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti;
b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva.
EFFICACE DAL: 1° luglio 2023
Relazione
Commento
Giurisprudenza e Prassi
SOCCORSO ISTRUTTORIO - VA INTERPRETATO SECONDO PRINCIPIO DEL RISULTATO E CONCESSO A TUTTI I CONCORRENTI
L’istituto del soccorso istruttorio/procedimentale deve essere interpretato conformemente al cd. principio del risultato, oggi codificato nell’art. 1 del d.lgs. 36/2023 ma, come ricordato dal Consiglio di Stato in una recente decisione, costituente principio già immanente dell’ordinamento (Con. Stato, sez. IV, 20 aprile 2023, n. 4014).
Il perseguimento del risultato, infatti, deve orientare quale criterio-guida l’azione amministrativa nella selezione del concorrente che risulti il più idoneo all’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’affidamento avendo presentato la migliore offerta. Da ciò deriva che l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, impedisca all’operatore economico che abbia presentato la migliore offerta di aggiudicarsi la commessa, è illegittimo anche sotto il profilo della violazione del cd. principio del risultato.
È quindi chiaro che il ricorso al soccorso istruttorio/procedimentale non costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, ma un vero e proprio onere procedimentale ogniqualvolta esso sia strumentale a sanare irregolarità e/o omissioni afferenti alla documentazione presentata dagli operatori economici che potrebbero impedire di selezionare il miglior concorrente quale esecutore dell’appalto.
Dal fatto che il ricorso al soccorso istruttorio/procedimentale non costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, ma un vero e proprio onere procedimentale ogniqualvolta esso sia strumentale a sanare irregolarità e/o omissioni afferenti alla documentazione presentata dagli operatori economici che potrebbero impedire di selezionare il miglior concorrente quale esecutore dell’appalto, deriva che la possibilità della sanatoria di meri errori materiali attraverso detto istituto di soccorso istruttorio/procedimentale deve essere concessa indistintamente a tutti gli operatori economici.
Pertanto, l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, da un lato permette ad un operatore economico (i.e. RTP Fragiacomo) che sia incorso in errori materiali e/o omissioni meramente formali di sanare detti errori, mentre non concede la stessa possibilità ad un altro operatore economico (i.e. RTP AIG), è illegittimo anche per la violazione della parità di trattamento e della par condicio tra i due concorrenti di gara.
PRINCIPIO DI CONCORRENZA - RISULTA SUBORDINATO AL PRINCIPIO DEL RISULTATO (1.2)
Anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, secondo comma, del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, che ha chiaramente affermato che in materia di contratti pubblici la tutela della concorrenza rappresenti piuttosto un mezzo, e non un fine, rispetto allo scopo di “conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”, un simile principio era infatti considerato immanente al sistema dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (si vedano, ex multis, le sentenze nn. 1076/2020, 7138/2020, 10673/2022, 5179/2023, 4086/2020; quest’ultima, in particolare, ha chiarito che “l’interesse pubblico alla tutela della concorrenza portato dalla normativa sui contratti pubblici è funzionale comunque alla tutela dell’interesse dell’amministrazione all’acquisizione di beni o servizi destinati a soddisfare le specifiche esigenze della collettività di cui essa è attributaria, come definite nella lex specialis di gara. (….) La natura del procedimento di evidenza pubblica come sede nella quale vengono create artificialmente le condizioni di concorrenza non deve infatti far perdere di vista la funzione del procedimento medesimo, che è quella, pur in un contesto concorrenziale, di acquisire beni e servizi maggiormente idonei a soddisfare l’interesse pubblico specifico portato dall’amministrazione aggiudicatrice”.
DOCUMENTO MERAMENTE FACOLTATIVO - LA SUA EVENTUALE FALSITA' NON DETERMINA L'ILLEGITTIMITA' DELLA PROCEDURA
Laddove un documento, peraltro meramente facoltativo, non ha inciso in nessun modo sulla determinazione finale di affidamento della stazione appaltante, l’ipotetica falsità del medesimo non può certo determinare l’illegittimità dell’aggiudicazione.
A ciò si aggiunga che, non avendo l’Amministrazione effettuato alcun esame del citato documento magari in contraddittorio con -OMISSIS-, non può neppure essere affermata con assoluta certezza la falsità dello stesso, ad onta di quanto sostenuto nel gravame e nei successi scritti difensivi della società istante.
Tali conclusioni sono state fatte proprie, seppure in sede cautelare, dal Consiglio di Stato nella sua ordinanza n. -OMISSIS-, dove è chiaramente affermato che nell’offerta dell’aggiudicataria non si ravvisa “alcuna falsità idonea ad incidere sulla valutazione dell’offerta effettuata dalla stazione appaltante”.
Pare inoltre al Collegio che quanto sopra esposto sia rispettoso dei principi fondamentali della contrattualistica pubblica previsti dal vigente D.Lgs. n. 36/2023, ancorché la gara di cui è causa sia regolata dal D.Lgs. n. 50/2016; in particolare si tratta dei principi del risultato e della fiducia di cui agli articoli 1 e 2 del nuovo codice dei contratti pubblici.
DOCUMENTO MERAMENTE FACOLTATIVO - LA SUA EVENTUALE FALSITA' NON DETERMINA L'ILLEGITTIMITA' DELLA PROCEDURA
Laddove un documento, peraltro meramente facoltativo, non ha inciso in nessun modo sulla determinazione finale di affidamento della stazione appaltante, l’ipotetica falsità del medesimo non può certo determinare l’illegittimità dell’aggiudicazione.
A ciò si aggiunga che, non avendo l’Amministrazione effettuato alcun esame del citato documento magari in contraddittorio con -OMISSIS-, non può neppure essere affermata con assoluta certezza la falsità dello stesso, ad onta di quanto sostenuto nel gravame e nei successi scritti difensivi della società istante.
Tali conclusioni sono state fatte proprie, seppure in sede cautelare, dal Consiglio di Stato nella sua ordinanza n. -OMISSIS-, dove è chiaramente affermato che nell’offerta dell’aggiudicataria non si ravvisa “alcuna falsità idonea ad incidere sulla valutazione dell’offerta effettuata dalla stazione appaltante”.
Pare inoltre al Collegio che quanto sopra esposto sia rispettoso dei principi fondamentali della contrattualistica pubblica previsti dal vigente D.Lgs. n. 36/2023, ancorché la gara di cui è causa sia regolata dal D.Lgs. n. 50/2016; in particolare si tratta dei principi del risultato e della fiducia di cui agli articoli 1 e 2 del nuovo codice dei contratti pubblici.
PRINCIPIO DEL RISULTATO - LIBERTA' DI FORME PER PROCEDURE DI BASSO IMPORTO IN COERENZA CON IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA' (1)
Nel recente caso Tim (cfr. Corte di Giustizia UE 30 gennaio 2020 in causa C-395/18), la Corte di Giustizia ha messo in evidenza che dal principio di proporzionalità consegue che le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni delle direttive eurounitarie non devono andare oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi previsti da queste ultime.
Trattasi di un orientamento oramai consolidato a partire dal noto leading case Commissione contro Repubblica di Malta, C-76/08 del 10 settembre 2009, in tema sindacato di proporzionalità sulle misure adottate dagli stati membri in deroga agli obblighi previsti dalle direttive eurounitarie.
Dal principio di proporzionalità deriva, pertanto, il corollario della c.d. «strumentalità delle forme» ad un interesse sostanziale dell'Amministrazione, di cui la giurisprudenza amministrativa ha fatto costane applicazione nel contenzioso in materia di appalti pubblici, e che di recente è stato codificato, mediante l’icastica formula del principio del risultato, dall’art. 1 del nuovo codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023.
Era, invero, affermazione largamente condivisa, già sotto il regime del d.lgs. n. 163/2006, quella secondo la quale i principi applicabili ai contratti esclusi dalla diretta applicazione delle direttive comunitarie implicavano un obbligo di gara meno formale di quella imposta per i contratti inclusi. Tale obbligo, nel caso della procedura di cottimo fiduciario, si traduceva sostanzialmente nella necessità di invitare almeno cinque concorrenti.
Ciò non significa, peraltro, come sostiene la regione appellante, disapplicare i principi (o alcuni dei principi) dei trattati eurounitari che regolano i contratti pubblici, ma semplicemente bilanciarli diversamente in fattispecie che, come quella qui in esame, sono annoverabili tra quelle di minore impatto concorrenziale.
Siffatti principi vanno ragionevolmente bilanciati e attuati secondo diverse graduazioni, dato che l'attuazione massima di tutti i principi coinvolti è solitamente impedita dal fatto che essi sono spesso incompatibili fra loro. Tuttavia, a tutti i principi deve essere garantita almeno un'attuazione minima (dal momento che ciascuno dei principi coinvolti è garantito dall'ordinamento, al pari degli altri).
Per questa ragione, i principi vanno bilanciati, non massimizzati: la massimizzazione di un principio comporta l'«annichilimento» del principio o dei principi incompatibili e, dunque, la violazione dell'ordinamento che impone un'attuazione - ancorché minima - a tutti i principi dello stesso «rango».