Art. 5-bis. Esclusioni e limiti all'accesso civico

1. L'accesso civico di cui all'articolo 5, comma 2, è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:

a) la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico;

b) la sicurezza nazionale;

c) la difesa e le questioni militari;

d) le relazioni internazionali;

e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;

f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;

g) il regolare svolgimento di attività ispettive.

2. L'accesso di cui all'articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:

a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;

b) la libertà e la segretezza della corrispondenza;

c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali.

3. Il diritto di cui all'articolo 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990.

4. Restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente. Se i limiti di cui ai commi 1 e 2 riguardano soltanto alcuni dati o alcune parti del documento richiesto, deve essere consentito l'accesso agli altri dati o alle altre parti.

5. I limiti di cui ai commi 1 e 2 si applicano unicamente per il periodo nel quale la protezione è giustificata in relazione alla natura del dato. L'accesso civico non può essere negato ove, per la tutela degli interessi di cui ai commi 1 e 2, sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento.

6. Ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui al presente articolo, l'Autorità nazionale anticorruzione, d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida recanti indicazioni operative.
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Giurisprudenza e Prassi

ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2023

L’accesso civico generalizzato è stato introdotto nel corpus normativo del d. lgs. n. 33 del 2013 dal d. lgs. n. 97 del 2016, in attuazione della delega contenuta nell’art. 7 della l. n. 124 del 2015, come diritto di “chiunque”, non sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato – con la sentenza 2 aprile 2020, n. 10 – ha ricordato che l’accesso civico generalizzato viene riconosciuto e tutelato “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33 del 2013). Mentre l’accesso documentale ordinario, “classico”, è strumentale alla protezione di un interesse individuale, nel quale quello pubblico alla trasparenza è “occasionalmente protetto” – come taluno ha osservato – a fronte della necessità di conoscere strumentale alla difesa di una pregressa situazione giuridica ed eventualmente processuale, l’accesso civico generalizzato è invece dichiaratamente finalizzato a garantire il controllo democratico sull’attività amministrativa, nel quale l’interesse individuale alla conoscenza, è protetto in sé per trascendere verso una dimensione collettiva legata all’interesse dell’intera comunità di appartenenza ad avere cognizione delle attività e dei comportamenti delle pubbliche amministrazioni, in attuazione dei principi di trasparenza e di buon andamento, sempreché non vi siano contrarie ragioni di interesse pubblico o privato, declinate tra le eccezioni di cui all’art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013. La regola della generale accessibilità è, dunque, temperata dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di talune informazioni.

Nella disciplina delle c.d. eccezioni relative e assolute l’ordinamento interno ha seguito una soluzione simile a quella adottata nel mondo anglosassone, che distingue tra eccezioni assolute e eccezioni qualificate.

Sul punto, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la menzionata sentenza n. 10/2020, ha chiarito che il d. lgs. 33/2013, al comma 3 dell’art. 5-bis, enuclea tre ipotesi di eccezioni assolute:

– i documenti coperti da segreto di Stato;

– gli altri casi di divieti previsti dalla legge, compresi quelli in cui l’accesso è subordinato al rispetto di specifiche condizioni, modalità e limiti;

– le ipotesi contemplate dall’art. 24, comma 1, della l. n. 241 del 1990. Le eccezioni assolute sono funzionali a garantire un livello di protezione massima a determinati interessi, ritenuti di particolare rilevanza per l’ordinamento, come accade in modo paradigmatico per il segreto di Stato, sicché il legislatore ha operato già a monte una valutazione di impossibilità della divulgazione di atti e documenti che possano compromettere la tutela di tali interessi, considerati, per ragionevole valutazione dell’ordinamento legislativo, superiori rispetto all’interesse alla conoscibilità diffusa di dati e documenti amministrativi. In questo caso la pubblica amministrazione esercita un potere vincolato, che deve essere necessariamente preceduto da un’attenta e motivata valutazione in ordine alla ricorrenza, rispetto alla singola istanza, di una eccezione assoluta e alla sussunzione della fattispecie nel novero dell’eccezione assoluta, la quale, in quanto eccezione, è di stretta interpretazione.

Al di fuori dei casi descritti possono ricorrere, invece, eccezioni relative o qualificate, poste a tutela di interessi pubblici e privati di particolare rilievo giuridico, elencati ai commi 1 e 2 dell’art. 5-bis.

L’Adunanza plenaria, con la richiamata sentenza n. 10/2020, ha precisato che le esigenze di accesso civico generalizzato assumono una più pregnante connotazione perché costituiscono la “fisiologica conseguenza dell’evidenza pubblica, in quanto che ciò che è pubblicamente evidente, per definizione, deve anche essere pubblicamente conoscibile”.

La trasparenza, in questo senso, risponde all’esigenza ed all’attuazione di “un controllo diffuso” della collettività sull’azione amministrativa, aspetto particolarmente avvertito nella materia dei contratti pubblici e delle concessioni ed, a maggior ragione, nell’esecuzione del conseguente rapporto prestazionale, dove non sono rari fenomeni patologici di malgoverno e di inefficienza con gravi conseguenze sul buon andamento dell’amministrazione e sulla sana e corretta spendita delle finanze pubbliche.


DOCUMENTAZIONE INERENTE LA CONSEGNA ED INIZIO DEL SERVIZIO - ACCESSO AGLI ATTI DI GARA E ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO

TAR SICILIA CT SENTENZA 2018

Va, altresì, evidenziato che, fermo il diritto di esercitare il cosiddetto accesso civico generalizzato, appare meritevole di tutela, anche alla luce della legge n. 241/1990, l’interesse ad ottenere copia della documentazione afferente la consegna e l’inizio dei servizi nonché i provvedimenti di liquidazione, in linea con l’orientamento espresso dal T.A.R. Lazio (nelle sentenza n. 13808/2009 sopra citata), con cui il Tribunale, dopo aver ricordato, in punto di fatto, che l’impresa non era stata invitata dall’Amministrazione intimata ad alcuna procedura selettiva per l’affidamento del servizio afferente il settore nel quale la medesima opera e dopo aver affermato che in capo all’interessata è individuabile un interesse, a carattere personale e concreto, alla conoscenza degli atti amministrativi che possano aver determinato, in ragione del mancato invito a pubbliche procedure di selezione, o comunque a procedure negoziate, un pregiudizio nei confronti della posizione giuridica soggettiva che l’interessata medesima vanta, ha ritenuto sussistente l’interesse di parte ricorrente a conoscere le modalità di esecuzione di una commessa alla quale pur essa aspirava.

Va, poi, precisato che il Comune resistente non ha dimostrato in giudizio di avere correttamente esaudito – seppure in parte – le richieste della ricorrente, né ha fornito prova della disponibilità della documentazione di cui ai punti 1), 2) e 3) all’interno del portale MEPA, di talché il diritto all’accesso di parte ricorrente deve essere affermato anche sotto tale profilo.

L’accesso dell’interessata va, altresì, garantito anche in relazione al documento comprovante la consegna e l’inizio del servizio, con la precisazione che, onde soddisfare il concreto interesse della ricorrente, l’Amministrazione deve porre a disposizione il documento che la locatrice consegna al locatario per attestare l’avvenuta consegna dei bagni, la loro ubicazione, il loro numero e tipo, nonché la data, ovvero, in subordine, il documento di trasporto.

Il Collegio ritiene, infine, che la richiesta di accesso non possa essere assentita, neppure ai sensi degli artt. 5 e 5-bis del decreto legislativo n. 33/2013, con riferimento alle fatture presentate ed ai mandati di pagamento, poiché tali documenti possono contenere informazioni personali (ad esempio gli estremi dei conti bancari della ditta appaltatrice), risultando, quindi, prevalente l’interesse privato di cui all’art. 5-bis, secondo comma, lettera a).

Al riguardo può anche essere opportuno aggiungere che non risulta dimostrato a quali fini tale documentazione sia necessaria per tutelare l’interesse di parte ricorrente per come sopra delineato e comunque essa parte non ha compiutamente esplicitato perché non sia sufficiente l’acquisizione delle informazioni contenute nei provvedimenti di liquidazione.