Art. 112 Servizi pubblici locali

1. Gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.

2. COMMA ABROGATO DALLA L. 28 DICEMBRE 2001, N.448

3. Ai servizi pubblici locali si applica il capo III del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, relativo alla qualità dei servizi pubblici locali e carte dei servizi.
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Giurisprudenza e Prassi

NATURA DEL SERVIZIO PUBBLICO DI ILLUMINAZIONE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Il servizio di illuminazione pubblica è un servizio pubblico locale, in ragione della qualificabilita' in tali termini, ai sensi dell’art. 112 del d.lgs. n. 267/2000, dei servizi di cui i cittadini usufruiscono uti singuli e come componenti della collettivita', purche' rivolti alla produzione di beni e utilita' per obiettive esigenze sociali (Cons. St., Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2537; Id., 29 febbraio 2012, n. 1173; Id., 25 novembre 2010, n. 9231, ove si puntualizza che la subordinazione al pagamento di un corrispettivo, rilevante ai fini della distinzione tra la figura dell’appalto e quella della concessione in seno al codice dei contratti pubblici, non incide sulla qualifica di servizio pubblico locale ai fini dell’applicazione della disciplina di cui al T.U. degli enti locali).

GESTIONE DEGLI IMPIANTI SPORTIVI - RISPETTO PRINCIPI COMUNITARI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Deve essere considerato privo di una sostanziale rilevanza economica, come definita dalla legge regionale Lombardia n. 27/2006, l'impianto sportivo che, per le sue caratteristiche intrinseche, è produttivo di introiti del tutto esigui ed insufficienti a coprire i costi di gestione, senza l'apporto significativo di specifici contributi comunali.

La previsione di un "rendiconto annuale" di gestione non puo' di certo costituire un indice di rilevanza economica di un servizio, dato che siffatta forma di trasparenza contabile è obbligatoria (e doverosa) in tutti gli affidamenti di servizi pubblici, cosi' da consentire alla p.a. i necessari controlli ai sensi degli artt. 112 e 113, d.lgs. 267/2000, a prescindere dalla rilevanza economica o meno del servizio stesso.

Per altro verso, il "locale bar" consistente in un semplice spazio di ristoro annesso all'impianto che negli anni precedenti gli affidatari del servizio hanno concesso in subappalto a terzi a fronte del pagamento di un canone annuale di circa euro 2.400,00 (giustificato dalla circoscritta e limitata utenza del centro sportivo comunale), elevato progressivamente ad euro 4.800,00, costituisce una attivita' minimale oggettivamente inidonea a generare un mercato concorrenziale, ossia a stimolare l'iniziativa economica delle imprese operanti sul mercato inducendole ad una competizione reciproca nella prospettiva di ricavare utili significativi, con cio' esulando dal concetto di servizio economico a rilevanza concorrenziale.

Riprova ne è, del resto, la circostanza per cui annualmente il pareggio del bilancio è raggiunto solo in virtu' dei contributi comunali (che coprono circa la meta' delle entrate), in mancanza dei quali la gestione dell'impianto, piuttosto che produrre utili, risulterebbe in perdita siccome del tutto diseconomica.

Ne' ha pregio il rilievo dell'associazione appellata, secondo cui anche nel caso di impianti sportivi senza rilevanza economica non è "esclusa la necessita' di selezionare i gestori secondo i principi imprescindibili di trasparenza ed imparzialita', qualora i soggetti interessati siano plurimi".

Nella specie, infatti, i richiamati principi di trasparenza ed imparzialita' sono stati garantiti in radice proprio dalla scelta del Comune di affidare la gestione dell'impianto sportivo ad una polisportiva comunale aperta a tutte le associazioni sportive presenti sul proprio territorio che, espressamente invitate, ben potevano aderirvi in qualunque momento, come del resto tuttora possono.

SERVIZIO PUBBLICO - NOZIONE

TAR LOMBARDIA BS SENTENZA 2008

In sede di individuazione delle attivita' sussumibili sotto la nozione di servizio pubblico assume rilievo decisivo non gia' la possibilita' di considerarle “di pertinenza” dell’amministrazione pubblica, bensi' il fatto del loro assoggettamento ad una disciplina settoriale che assicura costantemente il conseguimento dei fini sociali: questi ultimi, pertanto, costituiscono la ragione dell’applicazione all’attivita' stessa di un regime giuridico tutto peculiare, potendosi affermare che i fattori distintivi del pubblico servizio sono, da un lato, l’essere connotato dall’idoneita' a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti; dall’altro, la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi volti a conformare l’espletamento delle prestazioni a canoni di continuita', regolarita', capacita' e qualita', cui non potrebbe essere assoggettata una comune attivita' economica (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 12/10/2004 n. 6574; Corte di Cassazione, sez. unite civili – 19/4/2004 n. 7461; Consiglio di Stato, sez. IV – 29/11/2000 n. 6325).

Le attivita' di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani sono qualificabili come servizio pubblico. Anzitutto le prestazioni richieste al privato gestore sono rivolte non gia' a vantaggio dell’amministrazione, ma in modo generalizzato a favore della collettivita' locale (Consiglio di stato, sez. V – 30/4/2002 n. 2294). Il servizio in esame, che richiede la predisposizione di un’organizzazione imprenditoriale, è cioè erogato ad una collettivita' indeterminata di utenti secondo caratteri di universalita', continuita' ed uniformita' (T.A.R. Campania Napoli, sez. I – 5/4/2002, n. 1888). Cio' è particolarmente evidente nel caso di servizio “porta a porta” per una tipologia ampia di rifiuti, ossia per tutti i rifiuti indifferenziati, per la carta e per i contenitori di plastica per liquidi. Ne' a conclusioni diverse si deve pervenire per il fatto che l’onere di remunerare l’attivita' svolta dal privato è assunto direttamente dall’amministrazione. E’ infatti noto che per l’erogazione del servizio R.S.U. i Comuni sono tenuti ad istituire la tariffa da praticare ai cittadini – nuclei familiari ed imprese – secondo criteri omogenei e con l’obbligo di provvedere all’integrale copertura dei costi. Se è dunque vero che il compenso del gestore è erogato periodicamente dal Comune, è altrettanto vero che il costo del servizio è ripartito tra gli utenti secondo parametri predeterminati, come ad es. l’estensione dell’unita' abitativa e il numero dei componenti del nucleo familiare.

Il servizio pubblico è quello che consente al Comune di realizzare fini sociali e di promuovere lo sviluppo civile della comunita' locale ai sensi dell’art. 112 del D. Lgs. 267/2000, in quanto preordinato a soddisfare i bisogni della cittadinanza indifferenziata (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 14/4/2008 n. 1600). Tale è indubbiamente il servizio di igiene urbana, il quale richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi e personale da destinare ad un’attivita' economica suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore.

CONCESSIONE SERVIZI DI ILLUMINAZIONE VOTIVA -SCELTA DEL CONTRAENTE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Il servizio, costituito dall’illuminazione votiva dei cimiteri comunali, sol per questo in altro non può consistere che in un servizio pubblico, in quanto assunto dal Comune e mirante a soddisfare il sentimento religioso e la pietas di coloro che frequentano il cimitero, consentendo pertanto al Comune stesso di realizzare fini sociali e promuovere lo sviluppo civile della comunità locale a termine dell’art. 112 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, recante testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Più precisamente, si tratta di concessione di servizio pubblico locale a rilevanza economica, perché richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi, personale da destinare ad un’attività economicamente rilevante in quanto suscettibile, quantomeno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore. La differenza tra le ipotesi della concessione di lavori pubblici e quella della concessione di servizi pubblici va rinvenuta nel tipo di nesso di strumentalità che lega la gestione del servizio alla realizzazione dell’opera; si avrà perciò concessione di costruzione ed esercizio se la gestione del servizio è strumentale alla costruzione dell’opera, in quanto diretta a consentire il reperimento dei mezzi finanziari necessari alla realizzazione, mentre si versa in tema di concessione di servizi pubblici quando l’espletamento dei lavori è strumentale, sotto i profili della manutenzione, del restauro e dell’implementazione, alla gestione di un servizio pubblico il cui funzionamento è già assicurato da un’opera esistente. In particolare, tanto è stato affermato proprio con riguardo al servizio pubblico di illuminazione cimiteriale, ravvisandosi per esso la seconda ipotesi nella considerazione che i lavori affidati al concessionario nell’ambito della gestione del servizio stesso afferiscono non ad un’opera nuova, ma alla manutenzione ed implementazione degli impianti esistenti.

L’art. 30 del codice contratti pubblici, nell’escludere dalla sfera di operatività del codice medesimo – ad eccezione appunto dello stesso art. 30 - le concessioni di servizi, richiede che la scelta del concessionario avvenga “nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”. E’ evidente che i principi in parola non possono ritenersi rispettati con riguardo al caso di specie, concernente un servizio (pubblico locale) non di particolare complessità tale da richiedere per il suo espletamento una specifica ed articolata organizzazione imprenditoriale, essendo notorio che il servizio stesso e' invece svolto nelle piccole realtà anche da ditte individuali. Deve perciò affermarsi, in definitiva, che la limitazione alle società di capitali si risolve in una ingiustificata e discriminante preclusione nei confronti di piccole strutture dell’accesso al mercato dei servizi di settore senza, peraltro, apprezzabili vantaggi circa la qualità del servizio da rendere; e ciò anche con conseguente effetto distorsivo dell’effettiva concorrenzialità nell’ambito dello stesso mercato. Dunque, nel caso concreto in trattazione gli artt. 113, comma 5, lett. a), del T.U.E.L. (e 2, comma 6, della L.R. Lombardia n. 26 del 2003) vanno disapplicati, con la conseguenza che dev’essere negata la sussistenza di causa di esclusione dalla partecipazione alla gara a trattativa indetta dal Comune di una società in quanto di persone e non di capitali.

CONCESSIONE DI SERVIZIO VIARIO PUBBLICO LOCALE

TAR LAZIO RM SENTENZA 2007

Partendo dalla considerazione del concetto di «bene patrimoniale viario» da ricomprendere non tra i beni propriamente detti, ma nell’ambito dei servizi pubblici locali delineati dal tit. V del Dlg 267/2000, il Comune ha inteso che i beni viari (o, perlomeno, quelli afferenti al sistema della Grande Viabilità) siano già di per sè servizio pubblico, finalizzato alla soddisfazione dell’interesse collettivo alla mobilità ed al trasporto all'interno del territorio comunale. Siffatto interesse, invero, sarebbe stato garantito dall'approntamento non solo delle singole strade, ma anche mediante il complesso dei servizi correlati a detti beni. In tal modo, ad avviso del Comune, sarebbe possibile considerare unitariamente tali vicende, sì da consentirne la qualificazione ai sensi dell’art. 112, c. 1 del Dlg 267/2000, ossia come l’insieme di beni e attività preordinate a rispondere all’esigenza di circolazione nel territorio.

A tal riguardo, il Collegio ritiene di non doversi discostare dalla giurisprudenza consolidata per cui sono indifferentemente servizi pubblici locali, ai sensi del ripetuto art. 112, quelli di cui i cittadini usufruiscano uti singuli e/o come componenti la collettività, purché rivolti alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali. Non basta allora predicare che gli enti locali ed il Comune in particolare, siano enti a fini generali dotati di autonomia organizzativa, amministrativa e finanziaria (cfr l’art. 3 del Dlg 267/2000) —nel senso che essi hanno la facoltà di determinare da sé i propri scopi—, per consentire loro di sussumere un qualunque oggetto nella forma del servizio pubblico locale. La genericità dell’art. 112 certo si spiega con la circostanza che il Comune può discrezionalmente decidere quali attività di produzione di beni ed attività, purché rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile della collettività locale di riferimento, intenda assumere come doverose, a condizione, però, che vi sia l’effettività della produzione ex novo di beni ed attività, dapprima non esistenti.

Ecco, appunto in ciò consiste l’impossibilità di configurare i beni stradali, che già appartengono agli enti e soggiacciono al regime demaniale ex art. 824 c.c., a guisa di servizio pubblico nel senso testé evidenziato.

SOCIETA' MISTA NEL SETTORE FARMACEUTICO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

Il comune, per lo svolgimento del servizio farmaceutico, può costituire società di capitali non solo con farmacisti dipendenti del comune stesso. La norma originaria prevedeva all’articolo 9, primo comma, della legge 2 aprile 1968 n. 475 sul servizio farmaceutico, che « Le farmacie di cui sono titolari i comuni possono essere gestite ...nelle seguenti forme: … d) a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità. All’atto della costituzione della società cessa di diritto il rapporto di lavoro dipendente tra il comune e gli anzidetti farmacisti». L’articolo 12, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498 ha poi disposto che i comuni potessero esercitare i servizi pubblici di loro competenza costituendo apposite società per azioni «anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 9, primo comma, lettera d) della legge 2 aprile 1968 n. 475»; infine il nuovo testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, che disciplina le forme di erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, prevedendo negli articoli da 112 a 116 anche apposite società per azioni da costituire secondo determinate regole nonché la trasformazione delle aziende speciali in società per azioni, nell’articolo 274, contenente abrogazione di disposizioni di legge, ha abrogato tra l’altro l’articolo 12, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498.