Art. 113 (Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica)

1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie. Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo i settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79, e 23 maggio 2000, n. 164.

1-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni.

2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal comma 13.

2-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli impianti di trasporti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane.

3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l'attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali di cui al comma 1 può essere separata da quella di erogazione degli stessi. É, in ogni caso, garantito l'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei relativi servizi.

4. Qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:

a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidata direttamente tale attività a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano;

b) di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del comma 7.

5. COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168.

5-bis. {COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168].

5-ter. In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con l'erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica, i soggetti gestori di cui ai precedenti commi provvedono all'esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedure di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti di cui all'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e all'articolo 143 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi, sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto gestore può realizzare direttamente i lavori connessi alla gestione della rete, purché qualificato ai sensi della normativa vigente e purché la gara espletata abbia avuto ad oggetto sia la gestione del servizio relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi. Qualora, invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente.

6. COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168.

7. COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168. (39)

8. COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168.

9. Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva gara di affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali o delle società di cui al comma 13 sono assegnati al nuovo gestore. (PERIODO ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168 . PERIODO ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168)

10. É vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di pubblico servizio in ordine al regime tributario, nonché alla concessione da chiunque dovuta di contribuzioni o agevolazioni per la gestione del servizio.

11. I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti.

12. L'ente locale può cedere in tutto o in parte la propria partecipazione nelle società erogatrici di servizi mediante procedure ad evidenza pubblica da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento. Tale cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere.

13. Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti, e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che é incedibile. Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete, dei gestori di quest'ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito di espletare le gare di cui al comma 5.

14. (COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168 .

15. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dallo statuto e dalle relative norme di attuazione.

15-bis. (COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168).

15-ter. (COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168).

15-quater. (COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 7 SETTEMBRE 2010, N. 168).

(30)

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AGGIORNAMENTO (19)

La Corte costituzionale, con sentenza 13-27 luglio 2004, n. 272 (in G.U. 1a s.s. 4/8/2004, n. 30) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 7, limitatamente al secondo ed al terzo periodo, del presente articolo, nel testo sostituito dall'art. 35, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

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AGGIORNAMENTO (30)

Il D.L. 25 giugno 2008, n.112 convertito, con modificazioni, con L.

6 agosto 2008, n. 133 ha disposto (con l'art. 23-bis, comma 11) che "L'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, é abrogato nelle parti incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo."

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AGGIORNAMENTO (39)

Il D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168 ha disposto (con l'art. 12, comma 2) che "Le leggi, i regolamenti, i decreti, o altri provvedimenti, che fanno riferimento al comma 7 dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, abrogato dal comma 1, lettera a), si intendono riferiti al comma 1 dell'articolo 3 del presente regolamento".
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Giurisprudenza e Prassi

FARMACIE COMUNALI - GESTIONE IN HOUSE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2015

Allo stato e pur dopo l’abolizione dell’art. 23-bis del DL 112/2008 e del conseguente art. 15 del DL 25 settembre 2009 n. 135 (conv. modif. dalla l. 20 novembre 2009 n. 166) ad opera del referendum ed in forza del DPR 18 luglio 2011 n. 113, gli artt. 113 e ss. del d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267 ha regolato l'intera materia sulle forme giuridiche di prestazione dei servizi pubblici locali, determinando l'abrogazione delle leggi anteriori che regolavano quelle inerenti ai i singoli servizi.

Sicche' il sistema di gestione dei servizi farmaceutici comunali ex art. 9, I c. della l. 475/1968 è stato abolito, pure nella parte in cui previde che le farmacie comunali potevano esser gestite mediante societa' di capitali, seppur a condizione che avessero come soci i farmacisti i quali, all'atto della costituzione di queste ultime, fossero in servizio nelle farmacie di cui il Comune avesse la titolarita' (cfr. cosi' Cons. St., III, 9 luglio 2013 n. 3647). Come si vede, l’abolizione sia del DL 112/2008, sia del DL 135/2009 ha definitivamente ricondotto i metodi di gestione delle sedi farmaceutiche sotto l’imperio della disciplina unitaria ed esclusiva recata dall’art. 113 del TUEL, onde non vi sono piu', quand’anche vi fossero mai state, preclusioni all’in house providing. Ma tali preclusioni, al di la' dell’opera di razionalizzazione discendente da detto referendum, neppure si sarebbero potute dire esistenti sotto la vigenza del ripetuto art. 9, I c., almeno per quanto attiene al mantenimento del servizio farmaceutico in mano pubblica. Infatti, l’impresa in house, appunto grazie al c.d. “controllo analogo”, costituisce al contempo la nuova forma dell’azienda speciale ed il modello ordinario (e non certo derogatorio) di gestione pubblica dei servizi pubblici locali.

SOCIETA' MISTA SERVIZIO IDRICO INTEGRATO - NORMATIVA APPLICABILE

AVCP DELIBERAZIONE 2013

Oggetto: Appalto avente ad oggetto l’affidamento del servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo di buoni pasto cartacei per il personale di A Spa e di ogni altra societa' controllata e/o partecipata. Valore dell’appalto € 1.628.800 Iva esclusa. Stazione appaltante: A S.p.A. Esponente: B S.p.A.

Il soggetto appaltante è tenuto all’osservanza delle disposizioni che regolano gli appalti nei settori ordinari in quanto rientrante nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici, o soggetti aggiudicatori ai sensi dell’art. 32 del d.lgs. n. 163/2006.

Il collegamento con l’art. 32 nasce peraltro dal fatto che il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006) prevede, all’art. 150, comma 3, che la gestione del servizio idrico puo' essere affidata a societa' miste di cui all’art. 113, del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) e dal fatto che la societa' Acqua spa è stata costituita ai sensi dell’art. 113, lettera e) del TUEL 1 .

Da quanto sopra detto discende che nel caso di specie il soggetto appaltante sia comunque tenuto all’osservanza delle disposizioni sull’evidenza pubblica ed, in particolare, delle norme di cui alle parti I, II, IV e V del Codice con le uniche deroghe sancite dal comma 2 dell’art. 32, in quanto rientrante nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici, o soggetti aggiudicatori ai sensi dell’art. 32 del d.lgs. n. 163/2006.

IMPRESA PARTECIPATA DALLA STESSA P.A. – AMMISSIONE ALLA GARA

AVCP PARERE 2013

La giurisprudenza comunitaria ha, peraltro, precisato che "il principio di parita' di trattamento degli offerenti ... non è violato per il solo fatto che l'amministrazione aggiudicatrice ammette a partecipare ad una procedura di aggiudicazione . . .organismi che ricevono, da essa stessa o da altre amministrazioni aggiudicatrici, sovvenzioni, indipendentemente dalla loro natura" e che "se il legislatore comunitario avesse avuto l'intenzione di obbligare le amministrazioni aggiudicatrici ad escludere tali offerenti, l'avrebbe espressamente indicato" (cfr. C.G. 7.12.2000, in causa C-94/99, Arge Gewasserschutz, e 23.12.2009, in causa C-305/08, Conisma) e che è, inoltre, contraria al diritto comunitario, perche' viola il principio di proporzionalita', una normativa nazionale che escluda dalle gare pubbliche intere categorie di operatori in virtu' di una presunzione assoluta di violazione del principio di parita' di trattamento, senza permettere valutazioni caso per caso (v. C.G., grande sezione, 16.12.2008, in causa C-213-07, Michaniki). D'altro canto, la stessa problematica comunitaria relativa ai limiti della prassi della "in house providing" (pure evocata dalla sentenza impugnata) rivela, specularmente, la legittimita' dell'ammissione a procedimento di evidenza pubblica di societa' partecipata dall'ente aggiudicatario (cfr. C.G. 11.1.2005, in causa C-26/03, Stadt Halle, 13.10.2005 in causa C-458/03, Parking Brixen s.p.a. e 18.11.1999, in C-197/98). Non diversamente, deve condividersi la giurisprudenza amministrativa nazionale (cfr. Cons. Stato, sez. 6^, 3499/08, sez. 5^ 6325/04), laddove ha affermato che, in merito all'ammissione a gare d'appalto, la circostanza che una delle imprese concorrenti è partecipata dalla stessa amministrazione appaltante è, di per se', irrilevante, giacche' non è contemplata da alcuna norma come elemento ostativo alla partecipazione ad una pubblica gara d'appalto indetta dall'ente titolare della partecipazione; e che a diversa conclusione non puo' pervenirsi in applicazione dei principi costituzionali d'imparzialita' e trasparenza dell'azione amministrativa nonche' dei principi generali di concorrenzialita', poiche' le garanzie offerte dalla procedura dell'evidenza pubblica sono idonee ad escludere che la partecipazione alla societa' da parte dell'ente pubblico che bandisce la gara configuri, di per se stessa, fattore distorsivo della concorrenza ed offrire alla societa' partecipata un illegittimo vantaggio a scapito delle altre imprese”.

Oggetto: In merito all'ammissione a gare d'appalto, la circostanza che una delle imprese concorrenti è partecipata dalla stessa amministrazione appaltante è, di per se', irrilevante, giacche' non è contemplata da alcuna norma come elemento ostativo alla partecipazione ad una pubblica gara d'appalto indetta dall'ente titolare della partecipazione.

CAUSE ESCLUSIONE NEL SERVIZIO DI DISTRIBUZIONE DEL GAS NATURALE - PROJECT FINANCING

CONSIGLIO INGEGNERI SENTENZA 2011

L’art. 14, comma 5, del d. lgv. n. 164 del 2000 (“Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recanti norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’art. 41 della l. 17 maggio 1999, n. 144”) commina l’esclusione dalle gare aventi ad oggetto l’attivita' di distribuzione del gas naturale delle societa', loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che “in Italia o in altri Paesi dell’Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizione di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtu' di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica”.

La questione è gia' stata affrontata da questa sezione con la sentenza n. 417 del 2010 (con la quale ha reso applicabile proprio ad Aimag il divieto di partecipare a gare pubbliche di individuazione del soggetto promotore per la realizzazione della rete del gas e concessione del servizio di distribuzione coordinate nell’ambito della medesima procedura), alla quale si è conformato il TAR Sardegna nella sentenza n. 2279 del 2010 qui appellata.

Conformemente a tale precedente, dal quale non vi è motivo di discostarsi, deve ritenersi che la peculiarita' della procedura del project financing e la liberta' di forme che caratterizza la prima fase, non esclude l’applicazione ad essa del divieto previsto per la fase della vera e propria gara, ove si consideri la finalita' di tutela della concorrenza che tale norma tutela.

Ed infatti, la definizione del quadro progettuale dell’intervento rappresenta un elemento di assoluta rilevanza nella dinamica delle scelte economiche dei soggetti che potrebbero aspirare ad ottenere la concessione, anche prescindendo dalla titolarita' del diritto di prelazione in capo al promotor.

Ne consegue la necessita' che sin dalla fase di selezione del promotor non devono sussistere cause di incompatibilita' o preclusive della partecipazione

GESTIONE DEGLI IMPIANTI SPORTIVI - RISPETTO PRINCIPI COMUNITARI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Deve essere considerato privo di una sostanziale rilevanza economica, come definita dalla legge regionale Lombardia n. 27/2006, l'impianto sportivo che, per le sue caratteristiche intrinseche, è produttivo di introiti del tutto esigui ed insufficienti a coprire i costi di gestione, senza l'apporto significativo di specifici contributi comunali.

La previsione di un "rendiconto annuale" di gestione non puo' di certo costituire un indice di rilevanza economica di un servizio, dato che siffatta forma di trasparenza contabile è obbligatoria (e doverosa) in tutti gli affidamenti di servizi pubblici, cosi' da consentire alla p.a. i necessari controlli ai sensi degli artt. 112 e 113, d.lgs. 267/2000, a prescindere dalla rilevanza economica o meno del servizio stesso.

Per altro verso, il "locale bar" consistente in un semplice spazio di ristoro annesso all'impianto che negli anni precedenti gli affidatari del servizio hanno concesso in subappalto a terzi a fronte del pagamento di un canone annuale di circa euro 2.400,00 (giustificato dalla circoscritta e limitata utenza del centro sportivo comunale), elevato progressivamente ad euro 4.800,00, costituisce una attivita' minimale oggettivamente inidonea a generare un mercato concorrenziale, ossia a stimolare l'iniziativa economica delle imprese operanti sul mercato inducendole ad una competizione reciproca nella prospettiva di ricavare utili significativi, con cio' esulando dal concetto di servizio economico a rilevanza concorrenziale.

Riprova ne è, del resto, la circostanza per cui annualmente il pareggio del bilancio è raggiunto solo in virtu' dei contributi comunali (che coprono circa la meta' delle entrate), in mancanza dei quali la gestione dell'impianto, piuttosto che produrre utili, risulterebbe in perdita siccome del tutto diseconomica.

Ne' ha pregio il rilievo dell'associazione appellata, secondo cui anche nel caso di impianti sportivi senza rilevanza economica non è "esclusa la necessita' di selezionare i gestori secondo i principi imprescindibili di trasparenza ed imparzialita', qualora i soggetti interessati siano plurimi".

Nella specie, infatti, i richiamati principi di trasparenza ed imparzialita' sono stati garantiti in radice proprio dalla scelta del Comune di affidare la gestione dell'impianto sportivo ad una polisportiva comunale aperta a tutte le associazioni sportive presenti sul proprio territorio che, espressamente invitate, ben potevano aderirvi in qualunque momento, come del resto tuttora possono.

SERVIZIO ILLUMINAZIONE PUBBLICA QUALE SERVIZIO PUBBLICO LOCALE

TAR SARDEGNA SENTENZA 2011

Per l’applicabilita' dell’art. 113 del D.lgs 267 del 2000, occorre stabilire se il servizio di gestione degli impianti di illuminazione pubblica sia qualificabile come servizio pubblico locale ovvero come appalto di servizi. Il Collegio condivide, sul punto, le argomentazioni svolte dal Consiglio di Stato (sez. V, 13 dicembre 2006, n. 7369; nello stesso senso, recentemente, sez. V, 25 novembre 2010, n. 8231, al punto 3) secondo cui “deve ritenersi che la qualificazione di servizio pubblico locale spetti a quelle attivita' caratterizzate, sul piano oggettivo, dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della societa' civile, selezionati in base a scelte di carattere eminentemente politico, quanto alla destinazione delle risorse economiche disponibili ed all'ambito di intervento, e, su quello soggettivo, dalla riconduzione diretta o indiretta (per effetto di rapporti concessori o di partecipazione all''assetto organizzativo dell''ente) ad una figura soggettiva di rilievo pubblico. Nel caso di specie il comune ( …) ha assunto come servizi pubblici locali quelli di manutenzione delle strade, degli impianti di illuminazione pubblica e del verde pubblico ... Tanto è sufficiente per concludere che si tratta senz'altro di servizi pubblici locali ricadenti nel campo di applicazione del titolo V del T.U.E.L.” (sez. V, n. 7369/2006, cit.).

SERVIZI PUBBLICI LOCALI - GESTIONE IN HOUSE - LIMITI AL SUBENTRO DEL RICORRENTE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Posto che l’art. 113, V c., del D. Lgs. n. 267 del 2000, prevede che la gestione dei servizi pubblici locali avvenga secondo una delle alternative modalita' ivi contemplate, tra cui quella che si sostanzia nel conferire il servizio a societa' a capitale interamente pubblico, e che il ricorso all'affidamento diretto è sempre consentito, alla sola condizione che sussistano i requisiti indicati nella lett. c) di detto quinto comma, puo' convenirsi che non sia necessaria un'apposita ed approfondita motivazione di tale scelta, ma solo dopo che sia stata dimostrata non solo la sussistenza dei presupposti richiesti per l'autoproduzione, ma anche la convenienza rispetto all’affidamento della gestione del servizio a soggetti terzi, perche', in difetto, la scelta sarebbe del tutto immotivata e contraria al principio di buona amministrazione cui deve conformarsi l’operato della P.A.

Dispone l'art. 245-ter, del D. Lgs. n. 163 del 2006, che fuori dei casi di violazioni gravi (che nella specie non ricorrono), il Giudice che annulla l'aggiudicazione, se il tipo di vizio riscontrato non comporta l'obbligo di rinnovo della gara e dunque se vi sono fondati elementi per ritenere che l'appalto sarebbe stato aggiudicato al ricorrente vittorioso, valuta, avuto riguardo a una serie di elementi di fatto, se privare di effetti il contratto, facendovi subentrare il ricorrente, ovvero accordare il risarcimento del danno solo per equivalente. Occorre in particolare tener conto dello stato di esecuzione del contratto, della possibilita' per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione e subentrare nel contratto, nonche' degli interessi di tutte le parti.

AFFIDAMENTO DIRETTO ALLE SOCIETA' MISTE - LIMITI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2010

Deve ritenersi non legittimamente impugnabile la delibera che non ha dato luogo alla costituzione di una società pubblica mista, ma al mero acquisto di una partecipazione di minoranza, e che non consenta di rilevare, rispetto a tale acquisto, la decisione del comune di procedere, in futuro, all'affidamento senza gara del servizio in questione attesa la varietà dei servizi richiamati nell'oggetto sociale. L’acquisizione nel caso di specie di una partecipazione azionaria di una società costituita in precedenza, ancorché avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non è sufficiente a legittimare l’affidamento diretto e ad escludere la necessità della gara. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 2008 ha chiarito i limiti dell’affidamento diretto alle società miste ai sensi dell’art 113, comma 5, lett. b), del D.Lvo 267/00. Premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l’affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio, deroga consentita in casi di stretta interpretazione, la società mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato. In altri termini, non si ha in questi casi una esenzione dal principio della gara, ma muta l’oggetto della gara, che deve sempre essere esperita ma non più per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestire il servizio. E’ evidente quindi che le società miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga.

LIMITI AFFIDAMENTI DIRETTI A SOCIETÀ MISTA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2010

L’Adunanza Plenaria n. 1 del 2008 ha chiarito i limiti dell’affidamento diretto alle societa' miste ai sensi dell’art 113, comma 5, lett. b), del D.Lvo 267/00. Premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l’affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio, deroga consentita in casi di stretta interpretazione, la societa' mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato. In altri termini, non si ha in questi casi una esenzione dal principio della gara, ma muta l’oggetto della gara, che deve sempre essere esperita ma non piu' per trovare il terzo gestore del servizio, bensi' il partner privato con cui gestire il servizio. E’ evidente quindi che le societa' miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalita' specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga. Pertanto, l’acquisizione nel caso di specie di una partecipazione azionaria di una societa' costituita in precedenza, ancorche' avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non era sufficiente a legittimare l’affidamento diretto e ad escludere la necessita' della gara.

SERVIZI PUBBLICI LOCALI - IN HOUSE PROVIDING

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2010

Sul punto la giurisprudenza della Corte di Giustizia e di questo Consiglio di Stato mostrano di ritenere che l’espansione territoriale, anche a vantaggio di altri enti pubblici analoghi, violi il requisito “della parte piu' importante dell'attivita' svolta nei confronti degli enti proprietari” (principio affermato nella oramai nota sentenza Teckal della Corte di giustizia).

Sembra piuttosto evidente che l’impresa controllata da un ente locale, nel momento in cui partecipa ad una gara fuori territorio, sia pure bandita da un ente locale analogo a quello che la controlla, si pone nei confronti del mercato territoriale come concorrente sleale, e quindi non solo questa sua espansione puo' condurre da un lato alla inammissibilita' della sua partecipazione alla gara, fino a che dura il regime di affidamento diretto nei confronti del suo ente controllante, ma anche al venir meno della sua qualifica di soggetto “affidatario” diretto, si che delle due l’una: o l’impresa non partecipa alle gare fuori territorio, e mantiene cosi' il suo status, o vi partecipa, e perde il suo status. Gia' con la decisione di questa Sezione n. 4586 del 3 settembre 2001, si era ritenuto che il vincolo territoriale entrasse in gioco qualora la distrazione dei mezzi e di risorse fosse realmente apprezzabile e tale da creare nocumento agli interessi della comunita' locale espressione della societa'. Questa Sezione giudicava la questione sotto il profilo dell’interesse pubblico dell’ente promotore della societa', preoccupandosi che non si verificasse una sorta di “peculato per distrazione” delle risorse dell’una all’altra comunita' locale (cfr. C.G.A.R.S., 4 settembre 2007, n. 719; Cons. St., Sez. V , 3 settembre 2001, n. 4586; Cons. St., Sez. V, 25 agosto 2008, n. 4080) .

Vertendosi, dunque, nella specie in tema di affidamento di servizio pubblico, e non di appalto di servizi, il comma 6 dell’art. 113 del D. L.vo n. 267/2000 dispone che “non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le societa' che, in Italia o all’estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtu' di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle societa' controllate o collegate, alle loro controllanti, nonche' alle societa' controllate o collegate con queste ultime”.

Analogamente, il comma 9 dell’art. 23 bis del D.L.vo n. 112/2008, dispone che “i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante le procedure competitive di cui al comma 2, nonche' i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall’attivita' di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, ne' svolgere servizi o attivita' per altri enti pubblici o privati, ne' direttamente, ne' tramite loro controllanti o altre societa' che siano da essi controllate o partecipate, ne' partecipando a gare. Il divieto di cui al periodo precedente non si applica alle societa' quotate in mercati regolamentati. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere alla prima gara svolta per l’affidamento, mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, dello specifico servizio gia' a loro affidato”

AFFIDAMENTO DIRETTO SERVIZI CULTURALI E TEMPO LIBERO - LIMITI

TAR EMILIA PR SENTENZA 2010

Il d.lgs. 267/2000, come modificato dalla legge 28 dicembre 2001 n. 448 sancisce che gli enti locali possono procedere all’affidamento diretto dei servizi culturali e del tempo libero anche ad associazioni e fondazioni da loro costituite o partecipate, il che è avvenuto nel caso in questione, essendo la Fondazione “G” interamente partecipata dall’Ente locale di riferimento.

Non era necessaria alcuna specifica motivazione circa la scelta del soggetto affidatario, poiche' il soggetto prescelto è stato, all’evidenza, istituito con lo scopo precipuo di gestire il Teatro comunale e altre prestigiose istituzioni consimili ed è, infatti, altamente qualificato nel settore operistico e musicale, come, del resto, si legge nelle premesse della deliberazione contestata.

CONCESSIONE SERVIZI PUBBLICI LOCALI

TAR CALABRIA CZ SENTENZA 2010

La fattispecie relativa all’affidamento ad un terzo (Associazione Polisportiva), la gestione del centro sportivo comunale, ponendo un canone annuo di modesto importo nonche' le relative spese di gestione a carico dell'affidatario, il quale puo' contare sui proventi derivanti dal pagamento delle spese di utilizzo da parte di societa' terze ammesse “con l’avallo dell’Amministrazione comunale”, è inquadrabile nella “concessione di pubblico servizio”, posto che, sul piano oggettivo, per pubblico servizio deve intendersi un'attivita' economica esercitata per erogare prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale (con riferimento all’ipotesi di gestione di impianti sportivi comunali, in termini generali: Cons St.: Sez. IV, 29 novembre 2000, n. 6325 e Sez. VI, n. 1514/2001), come si puo' desumere anche dallo stesso Allegato 2 al D.L.vo 17 marzo 1995 n. 157, che, in materia di appalti pubblici di servizi, espressamente contempla, tra gli altri, "i servizi ricreativi, culturali e sportivi".

Cio' premesso, anche ammettendo che l'elencazione dei pubblici servizi, che i comuni possono assumere in gestione diretta, salvo poi il potere di affidarli in concessione, contenuta nell'art. 1 R.D. 15 ottobre 1925 n. 2578, non sia tassativa (cfr. sul punto, nel senso della natura esemplificativa dell'elencazione suddetta, C.d.S., V Sez., 3 aprile 1990 n. 319), si deve sottolineare, che, per la concessione alla "industria privata" di detti servizi, i comuni, di regola, si devono avvalere dell'asta pubblica, ai sensi dell'art. 267 del R.D. 14 settembre 1931 n. 1176 nonche' dell'art. 3 R.D. 18 novembre 1923 n. 2440 e dell'art. 37 del R.D. 23 maggio 1924 n. 827 (che prevedono la regola generale dei pubblici incanti per i contratti delle amministrazioni statali): è vero che l'art. 267 del R.D. 14 settembre 1931 n. 1176 consente la trattativa privata quando "speciali circostanze" lo consiglino, ma, in questi casi, devono sussistere ragioni di opportunita', di convenienza e di interesse pubblico, che vanno adeguatamente esplicitate, anche perche' è proprio l'interesse pubblico che richiede una larga partecipazione concorrenziale, al fine del miglior soddisfacimento del medesimo, in coerenza anche con i criteri enucleati dalla sentenza Corte Cost. 27 luglio 2004 , n. 272 che ha, fra l’altro, dichiarato costituzionalmente illegittimi l’artt. 113, comma VII, limitatamente al secondo ed al terzo periodo, e l’art. 113-bis del D. Lgs. 18.8.2000, n. 267, nel testo introdotto dal comma 15 dell'art. 35 della citata legge n. 448 del 2001.

A questo proposito, la Commissione europea, nel "Libro Verde sui servizi di interesse generale" (COM-2003-270) del 21 maggio 2003, ha affermato che le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle attivita' economiche, dopo aver precisato che la distinzione tra attivita' economiche e non economiche ha carattere dinamico ed evolutivo, cosicche' non sarebbe possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura "non economica". Secondo la costante giurisprudenza comunitaria, spetta, infatti, al giudice nazionale valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare, dell'assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della mancata assunzione dei rischi connessi a tale attivita' ed anche dell'eventuale finanziamento pubblico dell'attivita' in questione (Corte di giustizia CE, sentenza 22.5.2003, causa 18/2001).

Da questo quadro di riferimento, discende gia' la lesione dell’interesse di parte ricorrente a partecipare ad una procedura selettiva, avente ad oggetto la concessione in gestione del campo sportivo comunale, in quanto associazione sportiva, avente i necessari requisiti occorrenti.

CONCESSIONE IMPIANTO SPORTIVO - NORMATIVA APPLICABILE

TAR SENTENZA 2010

L’affidamento in concessione di un impianto sportivo di proprietà comunale non può essere qualificato come appalto di un servizio pubblico (per il quale occorrerebbe esperire la procedura dell'evidenza pubblica), atteso che gli impianti sportivi di proprietà comunale appartengono al patrimonio indisponibile del comune ai sensi dell'art. 826 comma ultimo c.c., essendo destinati al soddisfacimento dell'interesse proprio dell'intera collettività ed allo svolgimento delle attività sportive che in essi hanno luogo, sicché deve escludersi l’applicazione automatica e vincolante delle norme nazionali e comunitarie rese in subiecta materia. Il D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, infatti, si applica esclusivamente ai contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere. Per le stesse ragioni non possono trovare applicazione gli artt. 113 e 113 bis del D.Lgs. n.267/2000 che disciplinano, rispettivamente, l’affidamento dei servizi pubblici locali con e senza rilevanza economica, nè sembrano applicabili l'art. 3 della legge di contabilità generale dello Stato e l'art. 37 del relativo Regolamento. Queste norme contengono il principio, sicuramente applicabile anche alle concessioni di beni demaniali e patrimoniali, per il quale per la conclusione di contratti dai quali derivi un'entrata occorre far ricorso al pubblico incanto, vale a dire alla procedura di evidenza pubblica aperta a qualsiasi interessato; tuttavia, tale principio non è applicabile nella specie, dato che la concessione affidata non prevede un’entrata per l’ente pubblico. Si deve aggiungere che in base all’art.19 della legge della Regione Puglia n.33 del 2006, la gestione degli impianti sportivi è affidata dagli enti territoriali proprietari, in via preferenziale, favorendone l'aggregazione, a federazioni sportive nazionali ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, a società ed associazioni sportive dilettantistiche, aventi i requisiti indicati dall'articolo 90 della L. n. 289/2002 e successivi regolamenti attuativi.

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO - LIMITI

TAR PIEMONTE SENTENZA 2009

Il nuovo assetto ordinamentale, nel quale campeggia la figura istituzionale dell’Autorita' di Ambito, ha privato il Comune dei suoi poteri di regolazione e di definizione del modulo gestionale piu' appropriato alle necessita' erogative del servizio.

Il Comune non è piu' competente e legittimato a costituire alcuna societa' a cui affidare, con gara o meno, la gestione del servizio idrico, il quale è totalmente di competenza dell’Autorita' di Ambito.

Ne consegue che l’avvenuta costituzione, in concorrenza con l’Autorita', di una societa' ad hoc da parte dei Comuni intimati, quantunque a totale partecipazione pubblica locale, integra un vulnus del dettato legislativo di riferimento.

CONCESSIONI DI SERVIZI PUBBLICI - LIMITI

TAR LAZIO RM SENTENZA 2009

La cessazione di concessioni di servizi pubblici affidate a societa' miste nel caso in cui il socio privato sia stato scelto con procedura ad evidenza pubblica puo' facilmente dare adito a contenziosi. L’autorizzazione al subentro temporaneo nella gestione del S.I.I. (servizio idrico integrato) va assimilata alle ipotesi di affidamento diretto (in house) e costituisce, pertanto, esercizio di un potere discrezionale la cui legittimita' è sindacabile dinanzi al giudice amministrativo. L’attestazione, anche per via deduttiva, dell’esistenza di condizioni di urgenza puo' giustificare l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento.

In caso di subaffidamento di un servizio che, a monte, è stato affidato senza l’espletamento di una gara ad evidenza pubblica, non puo' essere applicato l’art. 113, comma 15 bis (ultimo capoverso), del D.lgs n. 267/2000. La durata del subaffidamento e del contratto di servizio si riconnette a quella effettivamente prevista per la societa' di scopo (anche attraverso specifiche previsioni di subentro) e non, astrattamente, a quella prevista dal suo statuto. In ogni caso, tra gli eventi conclusivi dell’esperienza societaria puo' essere annoverata non solo la scadenza naturale fissata convenzionalmente ma anche la messa in liquidazione della societa', deliberata dall’assemblea dei soci.

CONCESSIONE DI SERVIZI PUBBLICI LOCALI - SOCIETA' MISTA

TAR VENETO SENTENZA 2009

La scelta del partner privato di una societa' a capitale misto avviene attraverso procedura ad evidenza pubblica, cosi' come nel caso è avvenuto. Considerato che la societa' a capitale misto con capitale pubblico maggioritario è costituita attraverso procedura ad evidenza pubblica e allo specifico scopo di affidarle i servizi pubblici dell’Ente locale che la ha costituita, è immediatamente consequenziale che il relativo affidamento debba avvenire in modo diretto. Altrimenti opinando, la costituzione di tali societa' miste non avrebbe alcuna pratica utilita', mentre la procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei singoli servizi costituirebbe un’inutile duplicazione di un procedimento gia' esperito” (CdS, V, 3.2.2005 n. 272 cit.).

LIMITI ALLA PARTECIPAZIONE ALLE GARE DELLE INCUMBENTS

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

Per i servizi di trasporto pubblico locale, durante il periodo transitorio (che scade il 31 dicembre 2009), alle gare possono partecipare anche gli attuali affidatari del servizio, cui detto servizio è stato affidato senza gara (incumbents), alla fine del periodo transitorio gli incumbents affidatari senza gara non possono partecipare alle nuove gare (art. 18, co. 2, lett. a), d.lgs. n. 422/1997; analogo divieto è previsto dall’art. 23-bis, d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008 in relazione alle gare da bandirsi entro il 31 dicembre 2010).

Sicché gli incumbents avevano un preciso interesse a che si bandissero le gare entro la fine del periodo transitorio, perché se le gare fossero state bandite successivamente non avrebbero potuto parteciparvi. Dunque l’unica chance di conservare la propria posizione poteva essere spesa in gare bandite entro la fine della fase transitoria. E nelle gare bandite hanno da un lato sfruttato la posizione di vantaggio derivante dall’essere società partecipate dalla stazione appaltante (posizione di vantaggio ai limiti dell’incompatibilità, sancita legislativamente in modo espresso alla fine del periodo transitorio), e dall’altro lato rafforzato tale posizione di vantaggio mediante un’a.t.i. di cui essi dettavano composizione e riparto di compiti.

L’accordo sussiste quando le imprese hanno espresso la loro comune volontà di assumere un determinato comportamento sul mercato.

Non è infatti in discussione la funzione economico-sociale del contratto di a.t.i. né la tipicità legale dello stesso, ma il suo concreto utilizzo, avvenuto con finalità anticoncorrenziale e, quindi, per il perseguimento di interessi illeciti.

Nel caso di specie, la costituzione di a.t.i. sovradimensionate rispetto ai requisiti previsti dai bandi di gara, viene ad inserirsi in un più complesso contesto collusivo caratterizzato dall’esistenza di intese a monte rappresentate da accordi puntuali e “macroaggregazioni” aventi quale loro oggetto esplicito la disciplina del comportamento delle imprese in vista della stagione di gare attese all’indomani dell’avvio del processo di liberalizzazione.

PPPI - PROCEDURE DI SCELTA DEL PARTNER PRIVATO E DI INDIZIONE DELLA GARA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

Con la condivisibile decisione n. 4603/2008 laddove si è affermato che “il modello delle societa' miste è previsto in via generale dall’art. 113 comma 5 lett. b) d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 14 d.l. n. 269 del 2003 e dalla relativa legge di conversione, n. 326 del 2003, norme che, pur avendo attinenza ai contratti degli enti locali, delineano un completo paradigma, valido anche al di fuori del settore dei servizi pubblici locali. E che tale modello valga anche al di fuori del settore dei servizi, lo si evince dall’art. 1 comma 2 e dall’art. 32 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006), che contemplano il caso di societa' miste per la realizzazione di lavori pubblici e per la realizzazione e/o gestione di un’opera pubblica.”.

La Commissione ribadisce che “indipendentemente dalle modalita' di costituzione del PPPI, le disposizioni di diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni impongono all'amministrazione aggiudicatrice di seguire una procedura equa e trasparente quando procede alla selezione del partner privato che, nell'ambito della sua partecipazione all'entita' a capitale misto fornisce beni, lavori o servizi, o quando procede all'aggiudicazione di un appalto pubblico o di una concessione a un'entita' a capitale misto. In ogni caso, le amministrazioni aggiudicatrici non possono "ricorrere a manovre dirette a celare l'aggiudicazione di appalti pubblici di servizi a societa' ad economia mista".

Ancora, continua la Commissione, “per costituire un PPPI in modo conforme ai principi del diritto comunitario evitando nel contempo i problemi connessi ad una duplice procedura si puo' procedere nel modo seguente: il partner privato è selezionato nell'ambito di una procedura trasparente e concorrenziale, che ha per oggetto sia l'appalto pubblico o la concessione da aggiudicare all'entita' a capitale misto, sia il contributo operativo del partner privato all'esecuzione di tali prestazioni e/o il suo contributo amministrativo alla gestione dell'entita' a capitale misto. La selezione del partner privato è accompagnata dalla costituzione del PPPI e dall'aggiudicazione dell'appalto pubblico o della concessione all'entita' a capitale misto.”

La Commissione fa presente che “una doppia procedura (la prima per la selezione del partner privato del PPPI, e la seconda per l'aggiudicazione dell'appalto pubblico o della concessione all'entita' a capitale misto) è difficilmente praticabile”.

SOCIETA' PARTECIPATE - LIMITI ALLA PARTECIPAZIONE ALLE GARE

TAR VENETO SENTENZA 2009

La previsione di legge impone alle societa' partecipate dalle amministrazioni locali di rivolgersi esclusivamente ai soggetti costituenti o partecipanti, essendo loro inibito di orientarsi verso diversi soggetti, pubblici o privati che siano, per lo svolgimento di prestazioni in loro favore, sia che cio' derivi da un affidamento diretto sia che cio' consegua all’espletamento di una gara. La ratio della norma è quella di assicurare la parita' degli operatori e di evitare possibili distorsioni o alterazioni della concorrenza e del mercato, situazioni potenzialmente verificabili grazie alla particolare posizione di vantaggio che tali societa' detengono per effetto della partecipazione pubblica al loro capitale. E’ quindi imposto a tali societa' di rivolgersi esclusivamente alle amministrazioni regionali o locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attivita' di tali soggetti. La strumentalita' di tali societa' rispetto agli enti che le hanno costituite si rinviene “…allorquando l’attivita' che esse societa' sono chiamate a svolgere sia rivolta agli stessi soggetti promotori o comunque azionisti della societa', per corroborare le funzioni di competenza di tali amministrazioni pubbliche (nella specie, enti locali territoriali) secondo l’ordinamento amministrativo, ad es. riorganizzando un servizio dell’ente pubblico. Allo stesso modo, la societa' potrebbe essere incaricata dello svolgimento esternalizzato di attivita' di precipua competenza dell’ente locale, che indirettamente svolgerebbe compiti propri dell’ente”. Unica eccezione, normativamente prevista, è il caso in cui a dette societa' venga affidata la gestione di un servizio pubblico locale. In tale eventualita' le societa' a capitale pubblico o misto possono svolgere un servizio pubblico rivolto direttamente non agli enti pubblici azionisti, bensi' ai cittadini-utenti che fruiscono di detto servizio.

SERVIZI PUBBLICI LOCALI - LIMITI ALL'ATTIVITA' DELLE SOCIETA' PUBBLICHE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

L’art. 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000, dal quale deriverebbe la possibilita', per le societa' pubbliche ivi previste la possibilita' di svolgere attivita' in ambiti territoriali diversi da quelli dell’ente locale di riferimento solo nell’ipotesi in cui tale attivita' non ridondi in maggiori costi per la collettivita' di riferimento e comunque sia collegata al soddisfacimento di una qualche esigenza di quest’ultima, non è applicabile al servizio oggetto della gara concernente la realizzazione di un sistema informativo interno all'ente e volto alla gestione del proprio personale dipendente.

SOCIETA' MISTA E PARTECIPAZIONE ALLE GARE PUBBLICHE

TAR ABRUZZO SENTENZA 2008

Per effetto della clausola derogatoria sancita nel 15° comma dell’articolo 113 T.U.E.L, il divieto di partecipazione alla pubblica selezione per societa' che, in Italia o all’estero, gestiscano, a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtu' di affidamento diretto, o di una procedura non ad evidenza pubblica o a seguito dei relativi rinnovi, non puo' operare qualora (come nel caso oggetto del presente giudizio) si tratti del primo espletamento di gara di rilievo comunitario promosso dalle amministrazioni per gestione congiunta dei servizi in parola.

La ratio della disposizione ex articolo 113, comma 15 quater, del T.U. 267/00 consiste nel garantire che le societa' affidatarie (dirette) del servizio non siano esposte al rischio di essere estromesse dal mercato di riferimento alla scadenza del rapporto in corso e per tutta la durata degli affidamenti disposti medio tempore; la previsione normativa, tende infatti, a scongiurare l’insorgere di siffatto pregiudizio garantendo alle societa' impegnate nella gestione di servizi pubblici locali le opportunita' connesse alla partecipazione alle prime gare indette al termine della fase transitoria, al prezzo dell’anticipata cessazione – rispetto alla scadenza naturale – dei rapporti costituiti in base alla precedente normativa.

IN HOUSE PROVIDING - DEFINIZIONE DI CONTROLLO ANALOGO

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2008

Affinche' si possa parlare di un “controllo analogo”, che consente di ravvisare nella fattispecie gli estremi del cd. in house providing, di cui all’art. 113, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.) occorre che il veto comunale abbia un valore analogo a quello di un parere vincolante: il consiglio di amministrazione dovra', in ogni caso, uniformare le sue determinazioni all’avviso espresso dal Comune e non potra' discostarsene limitandosi ad indicare, a propria volta, i motivi per cui ritiene di non condividere le affermazioni del Comune. Qualora, invece, il consiglio di amministrazione potesse superare (esplicitandone le ragioni) il veto comunale, quest’ultimo sarebbe sostanzialmente equiparato ad un parere obbligatorio ma non vincolante, con il corollario dell’esclusione, nella fattispecie considerata, della configurabilita' del cd. controllo analogo. In altri termini, affinche' possa parlarsi di un “controllo analogo”, è necessario che l’ultima parola – sulla questione oggetto del veto comunale – spetti all’Ente locale affidante.

SERVIZIO PUBBLICO - NOZIONE

TAR LOMBARDIA BS SENTENZA 2008

In sede di individuazione delle attivita' sussumibili sotto la nozione di servizio pubblico assume rilievo decisivo non gia' la possibilita' di considerarle “di pertinenza” dell’amministrazione pubblica, bensi' il fatto del loro assoggettamento ad una disciplina settoriale che assicura costantemente il conseguimento dei fini sociali: questi ultimi, pertanto, costituiscono la ragione dell’applicazione all’attivita' stessa di un regime giuridico tutto peculiare, potendosi affermare che i fattori distintivi del pubblico servizio sono, da un lato, l’essere connotato dall’idoneita' a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti; dall’altro, la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi volti a conformare l’espletamento delle prestazioni a canoni di continuita', regolarita', capacita' e qualita', cui non potrebbe essere assoggettata una comune attivita' economica (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 12/10/2004 n. 6574; Corte di Cassazione, sez. unite civili – 19/4/2004 n. 7461; Consiglio di Stato, sez. IV – 29/11/2000 n. 6325).

Le attivita' di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani sono qualificabili come servizio pubblico. Anzitutto le prestazioni richieste al privato gestore sono rivolte non gia' a vantaggio dell’amministrazione, ma in modo generalizzato a favore della collettivita' locale (Consiglio di stato, sez. V – 30/4/2002 n. 2294). Il servizio in esame, che richiede la predisposizione di un’organizzazione imprenditoriale, è cioè erogato ad una collettivita' indeterminata di utenti secondo caratteri di universalita', continuita' ed uniformita' (T.A.R. Campania Napoli, sez. I – 5/4/2002, n. 1888). Cio' è particolarmente evidente nel caso di servizio “porta a porta” per una tipologia ampia di rifiuti, ossia per tutti i rifiuti indifferenziati, per la carta e per i contenitori di plastica per liquidi. Ne' a conclusioni diverse si deve pervenire per il fatto che l’onere di remunerare l’attivita' svolta dal privato è assunto direttamente dall’amministrazione. E’ infatti noto che per l’erogazione del servizio R.S.U. i Comuni sono tenuti ad istituire la tariffa da praticare ai cittadini – nuclei familiari ed imprese – secondo criteri omogenei e con l’obbligo di provvedere all’integrale copertura dei costi. Se è dunque vero che il compenso del gestore è erogato periodicamente dal Comune, è altrettanto vero che il costo del servizio è ripartito tra gli utenti secondo parametri predeterminati, come ad es. l’estensione dell’unita' abitativa e il numero dei componenti del nucleo familiare.

Il servizio pubblico è quello che consente al Comune di realizzare fini sociali e di promuovere lo sviluppo civile della comunita' locale ai sensi dell’art. 112 del D. Lgs. 267/2000, in quanto preordinato a soddisfare i bisogni della cittadinanza indifferenziata (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 14/4/2008 n. 1600). Tale è indubbiamente il servizio di igiene urbana, il quale richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi e personale da destinare ad un’attivita' economica suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore.

SOGGETTI AMMESSI ALLE GARE - COOPERATIVE SOCIALI

TAR LOMBARDIA BS SENTENZA 2008

Le Cooperative sociali ex L. 381/91 – comprese quelle di tipo B che esercitano attivita' commerciali – sono comunque qualificate ONLUS e pertanto l’appartenenza a tale categoria non rappresenta ex se un ostacolo allo svolgimento di attivita' nel settore economico della raccolta dei rifiuti, oggetto dell’affidamento diretto contestato in questa sede. Il riconoscimento di vantaggi sotto il profilo fiscale e contributivo, nell’ottica di un favor legislativo per le Cooperative sociali, e l’assenza di finalita' di lucro non precludono peraltro alle ONLUS di competere nelle procedure per l’aggiudicazione degli appalti pubblici.

L’affidamento a cooperative onlus della gestione di servizi pubblici è legittimo; i presupposti per gli affidamenti in house devono essere sempre verificati, anche in caso di enti sovra comunali, con riguardo ai singoli enti locali.

La norma nazionale prevede il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali, secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, a ""… societa' di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure a evidenza pubblica"".

La sentenza del T.A.R. lombardo richiama la sentenza del 18 dicembre 2007 della Corte di Giustizia nella parte in cui stabilisce la contrarieta' al diritto comunitario, per la violazione della parita' di trattamento, della norma italiana laddove riserva alle sole societa' di capitali la partecipazione alle procedure di gara relative all’affidamento dei servizi pubblici locali.

Del resto si tratta di principi da tempo consolidati nella giurisprudenza comunitaria, per la quale la nozione di impresa ricomprende “qualsiasi entita' che esercita un’attivita' economica, a prescindere dal proprio status giuridico e dalle sue modalita' di finanziamento” mentre un’attivita' economica è costituita da qualsiasi attivita' consistente nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato, contro retribuzione e con assunzione dei rischi finanziari connessi, anche se non viene perseguito uno scopo di lucro (cfr. Corte di Giustizia CE, sez. V – 18/6/1998 n. 35; Tribunale I grado CE – 4/3/2003 n. 319). In definitiva, le norme generali in materia di partecipazione alle gare pubbliche non legittimano l’esclusione delle Cooperative sociali, e non residuano dubbi circa la loro possibilita' di concorrere all’aggiudicazione degli appalti sopra la soglia comunitaria ai sensi della direttiva 2004/18.

Le norme comunitarie sono caratterizzate dall’efficacia diretta, ossia dall’immediata penetrazione nel tessuto nazionale con l’attribuzione ai singoli (persone fisiche e giuridiche) di posizioni soggettive tutelabili innanzi ai giudici nazionali. Ne consegue che i singoli destinatari di diritti riconosciuti dalla fonte comunitaria possono azionarli in sede amministrativa e giurisdizionale, mentre sorge in capo all’autorita' giudiziaria e alla pubblica amministrazione il correlativo dovere di dare loro immediata applicazione: la norma interna – anteriore o posteriore – incompatibile con l’ordinamento comunitario deve essere disapplicata dal giudice nazionale nel caso di specie sottoposto alla sua cognizione, senza la necessita' di ottenere una preventiva dichiarazione di incostituzionalita'.

SOCIETA' MISTA - AFFIDAMENTO DIRETTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Con il parere della seconda Sezione di questo Consiglio di Stato n. 456 del 18 aprile 2007 e con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 3 marzo 2008, sono state indagate le condizioni alle quali è subordinata la legittimita' dell’affidamento diretto di un servizio pubblico ad una societa'.

A tale proposito, è stata posta in luce la differenza tra la societa' in house e la societa' mista, laddove la prima agisce come un vero e proprio organo dell’amministrazione “dal punto di vista sostantivo” (in ragione del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi dall’amministrazione aggiudicatrice e della destinazione prevalente dell’attivita' dell’ente in house in favore dell’amministrazione stessa), mentre la diversa figura della societa' mista a partecipazione pubblica maggioritaria, in cui il socio privato sia scelto con una procedura ad evidenza pubblica, presuppone la creazione di un modello nuovo, nel quale interessi pubblici e privati trovino convergenza.

Come rileva il citato parere della seconda Sezione, il modello delle societa' miste è previsto in via generale dall’art. 113 comma 5 lett. b) d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 14 d.l. n. 269 del 2003 e dalla relativa legge di conversione, n. 326 del 2003, norme che, pur avendo attinenza ai contratti degli enti locali, delineano un completo paradigma, valido anche al di fuori del settore dei servizi pubblici locali. E che tale modello valga anche al di fuori del settore dei servizi, lo si evince dall’art. 1 comma 2 e dall’art. 32 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006), che contemplano il caso di societa' miste per la realizzazione di lavori pubblici e per la realizzazione e.o gestione di un’opera pubblica.

Condizione perche' possa essere ritenuto legittimo il ricorso alla scelta del socio, al fine della costituzione di una societa' che divenga affidataria dell’esecuzione dell’opera senza necessita' di gara, è, secondo il predetto parere, che attraverso la procedura non si realizzi un affidamento diretto alla societa' mista, ma piuttosto un affidamento con procedura di evidenza pubblica dell’attivita' operativa della societa' mista al partner privato, tramite la stessa gara volta all’individuazione di quest’ultimo. Il modello, in altre parole, trae la propria legittimita' dalla circostanza che la gara ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato abbia ad oggetto, al tempo stesso, l’attribuzione dei compiti operativi e quella della qualita' di socio.

La illegittimita' della procedura esperita dalla ricorrente nel caso di specie, allora, non risiede, come ha ritenuto il Tar nella sentenza impugnata, nel “contrasto della forma di societa' delineata con il principio di nominativita' e tassativita' degli istituti e degli strumenti dell’ordinamento pubblico, anche di derivazione comunitaria”, che, invece, conosce da tempo tale modulo operativo, ma nella indeterminatezza dei compiti che la nuova societa' sara' chiamata ad assolvere, in definitiva nella mancata identificazione dei concreti compiti operativi collegati all’acquisto della qualita' di socio. Come si è gia accennato, infatti, gli atti di gara non identificano con sufficiente precisione le opere oggetto dell’appalto, limitandosi la stazione appaltante a indicare gli importi e i costi in termini di massima e a precisare che la societa' avrebbe dovuto realizzare “tutti quei lavori …che l’ATO della provincia di M. decidera' di finanziare con i suoi piani annuali”. La scelta del socio, ancorchè selezionato con gara, non avviene dunque per finalita' definite, ma solo al fine della costituzione di una societa' “generalista”, alla quale affidare l’esecuzione di lavori non ancora identificati al momento della scelta stessa: tale circostanza rende di per se' illegittimo l’affidamento diretto dell’esecuzione dei lavori, secondo il modulo delineato con i contestati provvedimenti.

AFFIDAMENTO DIRETTO - CONTROLLO ANALOGO

TAR SARDEGNA SENTENZA 2008

In tema di affidamenti diretti a societa' pubbliche o miste, di appalti di servizi pubblici, l’art. 113 del d.lgs. n. 267/2000 (intitolato «Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica») dispone, al comma 5, lett. c), quanto segue: «c) a societa' a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla societa' un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la societa' realizzi la parte piu' importante della propria attivita' con l'ente o gli enti pubblici che la controllano». Questo Tribunale ha avuto occasione recentemente di pronunciarsi sulla questione della compatibilita' con l'ordinamento comunitario dell'affidamento diretto, a societa' con capitale interamente pubblico, di un servizio pubblico locale a rilevanza economica (come nella specie), delineando, sulla base della giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunita' Europee, i principi giuridici che governano la materia (v. T.A.R. Sardegna, sez. I, 21 dicembre 2007, n. 2407). Ricostruzione pienamente condivisibile, dalla quale nel caso di specie non vi sono ragioni per discostarsi. Nella pronuncia richiamata si è osservato che «a partire dalla sentenza 17/11/1999, in causa C-107/98 (nota come sentenza Teckal) la Corte di Giustizia ha affermato che il detto affidamento è consentito a patto che: a) l'amministrazione aggiudicatrice eserciti sull'affidatario un "controllo analogo" a quello esercitato sui propri servizi; b) l'affidatario svolga la maggior parte della propria attivita' in favore dell'ente pubblico di appartenenza (cfr. anche Corte Giust. C.E. 13/10/2005 in causa C-458/03, Parking Brixen).

Non è, infatti, vietato all'amministrazione sottrarre al mercato attivita' in relazione alle quali la medesima ritenga di dover provvedere direttamente con la propria organizzazione. Come è stato, efficacemente, rilevato, la creazione di un mercato comune e l'applicazione delle regole di tutela della concorrenza per garantirne il mantenimento incontrano il limite del potere di organizzazione della pubblica amministrazione riconosciuta agli stati membri dalle istituzioni comunitarie. Tale limite non rappresenta una deroga alla disciplina europea delle liberta' economiche tutelate dal mercato comune, ma è definizione di cio' che non è mercato. La disciplina della concorrenza per l'aggiudicazione degli appalti e delle concessioni presuppone un rapporto con il mercato, ma la libera decisione dell'amministrazione di rivolgersi ad esso non puo' essere coartata per realizzare l'apertura al mercato di taluni settori di attivita' in cui l'amministrazione pubblica voglia, invece, ricorrere all'autoproduzione. Il rilievo ha trovato eco nella giurisprudenza comunitaria, secondo la quale "Un'autorita' pubblica che sia un'amministrazione aggiudicatrice, ha la possibilita' di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entita' esterne non appartenenti ai propri servizi. In tal caso non si puo' parlare di contratto a titolo oneroso concluso con entita' giuridicamente distinta dall'amministrazione aggiudicatrice. Non sussistono dunque i presupposti per applicare le norme comunitarie in materia di appalti pubblici" (cosi' Corte Giust. C.E. 11/1/2005 in causa C-26/03, Stadt Halle). Ed altresi', in quella nazionale, ove si afferma che la norme comunitarie "non interferiscono sui poteri delle pubbliche amministrazioni di adottare soluzioni organizzative che siano le piu' rispondenti alle esigenze che esse stesse ritengano di dover soddisfare conformemente alle leggi che le disciplinano" (cosi' Cons. Stato, V Sez., 18/9/2003 n°5316).

Deve, quindi, ritenersi che la scelta di optare tra outsourcing e in house providing non sia sindacabile alla stregua del diritto comunitario.

In presenza delle cennate condizioni - "controllo analogo" e destinazione prevalente dell'attivita' all'ente di appartenenza - il legame che unisce quest'ultimo all'affidatario del servizio ha carattere organizzativo, cosicche' non è richiesto l'esperimento di procedure ad evidenza pubblica (…). Secondo la giurisprudenza amministrativa e comunitaria, premesso che la partecipazione pubblica totalitaria è elemento necessario ma non sufficiente ad integrare il c.d. "controllo analogo", quest'ultimo si sostanzia in "un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell'ente pubblico sull'ente societario" (cosi' Cons. Stato, VI Sez., 25/1/2005 n°168, si veda anche Cons. Stato, V Sez., 3/4/2007 n°1514; C.Si. 4/9/2007 n°719; Corte Giust. C. E. 18/11/1999, in causa C-107/98; 6/4/2006 in causa C-410/04; 11/5/2006, in causa C-340/04). Con la sentenza da ultimo menzionata, la Corte di Giustizia ha, in particolare, precisato che il "controllo analogo" è configurabile allorche' l'ente pubblico detentore del capitale, abbia la possibilita' di esercitare un'"influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della societa'" (in termini anche citata sentenza Parking Brixen)». Sulla questione è successivamente intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (3 marzo 2008, n. 1) che ha cosi' sintetizzato le condizioni per la legittima sussistenza del controllo analogo: «a) lo statuto della societa' non deve consentire che una quota del capitale sociale, anche minoritaria, possa essere alienata a soggetti privati (Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2006, n. 5072); b) il consiglio di amministrazione della societa' non deve avere rilevanti poteri gestionali e all’ente pubblico controllante deve essere consentito esercitare poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale (Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514); c) l’impresa non deve avere acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo dell’ente pubblico e che risulterebbe, tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale; dall’apertura obbligatoria della societa', a breve termine, ad altri capitali; dall’espansione territoriale dell’attivita' della societa' a tutta l’Italia e all’estero (C. giust. CE: 10 novembre 2005, C-29/04, Mödling o Commissione c. Austria; 13 ottobre 2005, C-458/03, Parking Brixen); d) le decisioni piu' importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante (Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5). In sostanza si ritiene che il solo controllo societario totalitario non sia garanzia della ricorrenza dei presupposti dell’in house, occorrendo anche un’influenza determinante da parte del socio pubblico, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti (C. giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04, societa' Carbotermo e Consorzio Alisei c. Comune di Busto Arsizio). Ne consegue che l’in house esclude la terzieta', poiche' l’affidamento avviene a favore di un soggetto il quale, pur dotato di autonoma personalita' giuridica, si trova in condizioni di soggezione nei confronti dell’ente affidante che è in grado di determinarne le scelte, e l’impresa è anche sotto l’influenza dominante dell’ente.».

Nel caso di specie, analizzando le disposizioni statutarie della s.r.l. si puo' riscontrare, in primo luogo, la mancanza di una norma che imponga un esame preventivo e vincolante da parte dell’amministrazione comunale sulle decisioni adottate dagli organi societari, lo statuto prevede, infatti, regole di formazione della decisione che non prendono in considerazione tale profilo, decisivo – come si è visto – ai fini della individuazione del requisito del controllo analogo, lo statuto, inoltre, non esclude la possibilita' di cessione di quote sociali a soggetti privati, il che consente di modificare la struttura delle partecipazioni al capitale della societa' affidataria del servizio pubblico, mettendone in pericolo la natura di organizzazione in house.

L’assenza dei due requisiti analizzati rende evidente la insussistenza nel caso concreto dell’elemento costituito dal controllo analogo, con la conseguente illegittimita' dell’affidamento diretto del servizio di raccolta e trasporto dei RR.SS.UU. alla s.r.l..

SOCIETA' MISTA - CONTROLLO ANALOGO - AFFIDAMENTO IN HOUSE

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2008

L’art. 113, co. 5, lett. c), del d. lgs. n. 267 del 2000, riguarda le societa' a capitale interamente pubblico sulle quali gli enti titolari del capitale sociale esercitano un "controllo analogo" a quello esercitato sui propri servizi, con una operativita' essenzialmente circoscritta a beneficio degli enti di riferimento.

E’ questa l’ipotesi tipica dell’affidamento cd. "in house", nel quale l’ente pubblico si avvale di un organismo che, ancorche' formalmente separato, presenta caratteristiche tali da qualificarlo come una derivazione, o una "longa manus", dell’ente stesso. In ragione del "controllo analogo" e della destinazione dell’attivita', la societa' affidataria in house non puo' essere considerata come terzo rispetto all’amministrazione controllante, ma viene trattata come una articolazione propria dell’amministrazione stessa, il che esclude l’esigenza di porre in essere procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di appalti e giustifica nel contempo la deroga alla normativa in materia di concorrenza.

La sussistenza del controllo analogo viene esclusa in presenza di una compagine societaria composta anche da capitale privato, essendo necessaria la partecipazione pubblica totalitaria, a parte le ulteriori condizioni che dimostrano un’influenza dominante del socio pubblico, effettiva e non meramente formale o apparente.

Nel caso di specie, non rientra nella ipotesi contemplata dallo stesso art. 113, co., lett. b), riguardante le societa' a capitale misto nelle quali il socio privato sia scelto attraverso l’espletamento di una gara nell’osservanza della normativa interna e comunitaria in materia di concorrenza, la procedura a evidenza pubblica svolta per la scelta del socio privato della societa' in quanto non comprendeva la definizione e precisazione del servizio in questione. Manca cioè l’effettuazione di una gara che, con la scelta del socio, definisca anche l’affidamento del servizio operativo. Infatti: - il socio era stato scelto alcuni anni prima dell’affidamento del servizio alla societa' mista; - la scelta del socio era stata effettuata da una amministrazione diversa da quella che ha dopo affidato il servizio alla societa' mista, avendo acquisito successivamente una percentuale minima del capitale sociale; - la societa' mista non è stata appositamente costituita solo per quella specifica attivita' in seguito oggetto di affidamento.

Pertanto il contestato affidamento - avvenuto in via diretta e senza una previa procedura concorsuale – comporta la violazione dei principi comunitari, recepiti dall’ordinamento interno con rilevanza anche costituzionale, di concorrenza, trasparenza, adeguata pubblicita', non discriminazione e parita' di trattamento (cfr. Cons. St., ad. plen., 3/3/2008, n. 1).

SERVIZI PUBBLICI LOCALI - AFFIDAMENTO DIRETTO - PRECLUSIONE ALLA PARTECIPAZIONE ALLE GARE

TAR PIEMONTE SENTENZA 2008

L’art. 113, comma 15 quater, del decreto legislativo n. 267/2000 fa salve dal divieto del comma 6 "le prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa": come sottolineato, tra gli altri, da TAR Lombardia Milano, III Sez., n. 1453/2004 la ratio della disposizione consiste nel garantire che le società affidatarie (dirette) del servizio non siano esposte al rischio di essere estromesse dal mercato di riferimento alla scadenza del rapporto in corso e per tutta la durata degli affidamenti disposti medio tempore. La previsione normativa tende, infatti, a scongiurare l’insorgere di siffatto pregiudizio, garantendo alle società impegnate nella gestione di servizi pubblici locali le opportunità connesse alla partecipazione alle prime gare indette al termine della fase transitoria, al prezzo dell’anticipata cessazione - rispetto alla scadenza naturale- dei rapporti costituiti in base alla precedente normativa (TAR Lombardia cit.).

E poiché l’art. 113 comma 6 costituisce una previsione restrittiva della libertà di iniziativa economica di taluni soggetti, deve privilegiarsi una lettura estensiva della moratoria di cui al comma 15 quater, posto che quest’ultima disposizione non è chiara nell’affermare che l’eccezione vale solo ed esclusivamente per i servizi già affidati direttamente né che vale solo per le ditte che possono beneficiare dell’affidamento diretto.

Nel caso di specie, trattandosi della prima gara bandita da un Consorzio in modo unitario per i Comuni ricadenti nel suo ambito, è evidente che si tratta della prima gara, posto che non possono valere gli affidamenti precedentemente effettuati, uti singuli, da taluni dei Comuni, ora facenti parte del Consorzio.

CONTROVERSIE SULLA SCELTA DEL SOCIO PRIVATO NELLA SOCIETA' MISTA - GIURISDIZIONE

TAR TOSCANA SENTENZA 2008

La controversia relativa alla procedura ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato di minoranza di una societa' mista a prevalente partecipazione pubblica costituita per la gestione di un servizio non puo' che ricadere, secondo gli ordinari criteri di riparto, nella giurisdizione del giudice amministrativo, indipendentemente dalla circostanza che la gara sia stata indetta da un soggetto – la stessa societa' a partecipazione pubblica – avente natura formalmente privatistica.

Permane la necessita' della gara anche laddove la societa' che intenda promuovere l’ingresso di nuovi capitali privati - riducendo la partecipazione in mano pubblica - gia' operi quale affidataria di un servizio. L’indizione della procedura selettiva da parte della societa', anziche' del socio pubblico di riferimento, non è idonea a far venire meno la connotazione pubblicistica della procedura stessa.

Nella giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 6 cit. ricadono infatti tutte le controversie riguardanti la fase comunque anteriore alla stipula del contratto (che segna lo spartiacque con la giurisdizione ordinaria), sia che esse concernano interessi legittimi, sia che afferiscano a diritti soggettivi, ivi comprese quelle relative agli affidamenti suscitati nel privato dall’attivita' dell’amministrazione procedente (cfr. Cons. Stato, A.P., 5 settembre 2005, n. 6).

SOGGETTI AMM3ESSI ALLE GARE

TAR PIEMONTE SENTENZA 2007

Il divieto cui fa riferimento il comma 6 dell’art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 in base al quale “Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime…” ed il comma 15 quater della medesima disposizione precisa che: “A decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma 6, salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa. …”, trova applicazione a decorrere solo dal primo gennaio 2007: in particolare tale termine deve essere riferito al giorno d’inizio della gara, cioè di pubblicazione del relativo bando, in quanto (vedi, ad esempio, Consiglio di Stato, Sezione IV, 18 ottobre 2002, n. 5714), è proprio questo il momento in cui si cristallizza il diritto oggettivo applicabile alla singola procedura di gara. A ciò consegue che il divieto di cui all’art. 113, comma 6, del decreto legislativo 113/2000 non deve essere applicato nel caso in cui il bando di gara sia precedente al primo gennaio 2007. Peraltro, la diversa interpretazione secondo cui il momento del tempo cui fare riferimento per l’applicazione dell’art. 113, comma 6, dianzi citato sarebbe quello di scadenza del termine di presentazione delle offerte - finirebbe per alterare il regime di partecipazione alla gara delle diverse imprese concorrenti, riducendolo al primo gennaio 2007 per le sole società ricadenti nella fattispecie di cui all’art. 113, comma 6, ed introducendo, quindi, un’irrazionale disparità di trattamento tra le varie partecipanti alla gara.

Nella fattispecie in esame, le richiamate disposizioni normative - che contengono il divieto di partecipazione alle gare per l’affidamento di servizi pubblici da parte di società già destinatarie di affidamenti diretti in Italia o all’estero - non possono trovare applicazione alla procedura in esame in quanto la stessa è stata bandita il 21 dicembre 2006 (cioè prima del primo gennaio 2007, data indicata nel citato disposto normativo per la decorrenza del divieto) e non è, quindi, soggetta allo stesso in base al principio dell’irrilevanza dello ius superveniens, mentre, diversamente opinando, il sistema di partecipazione diverrebbe palesemente illogico in quanto il Consorzio ricorrente - escluso dalla gara per aver presentato offerta in data 19 febbraio 2007 - vi sarebbe stato, invece, ammesso ove l’avesse presentata prima del 31 dicembre 2006, il che si traduce in una riduzione del termine di presentazione delle offerte, in violazione del principio di parità di trattamento nella partecipazione alle gare pubbliche.

CONCESSIONE DI SERVIZI PUBBLICI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

L’art. 113, c. 15-bis, del d.lvo n. 267/00, il quale dispone che le concessioni di servizi pubblici «rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica» cessino non oltre il 31 dicembre 2006, è inapplicabile nel caso di una concessione trentennale di servizi pubblici affidata con procedura ad evidenza pubblica.

Infatti ai fini dell’applicazione dell’articolo 113, comma 15-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 cioè della prosecuzione o dell’anticipato recesso delle concessioni di servizi pubblici, rileva soltanto il fatto che la concessione sia stata affidata con gara o senza gara, e non anche che essa sia stata affidata mediante gara legittimamente indetta e condotta. In secondo luogo, nel giudizio amministrativo le censure d’illegittimità di atti amministrativi tendenti a paralizzare l’impugnazione effettuata col ricorso principale possono essere dedotte solo, dai soggetti controinteressati, in via di ricorso incidentale, e non anche in via d’eccezione dalla stessa autorità emanante; la quale non può impugnare o altrimenti censurare giudizialmente i propri stessi atti, ma può eventualmente annullarli con il proprio potere di autotutela, ricorrendone i presupposti.

SERVIZI PUBBLICI CIMITERIALI

TAR PUGLIA BA SENTENZA 2007

La costruzione e/o la gestione dell’impianto d’illuminazione votiva nei cimiteri comunali costituisce concessione di servizio pubblico (sia pure a domanda individuale), necessariamente regolata nelle forme delle c.d. concessioni-contratto, e quindi caratterizzate dalla combinazione di due atti: uno unilaterale (di natura provvedimentale) della p.A. e uno bilaterale (o negoziale), rappresentato da una convenzione tra p.A. e privato concessionario, che danno vita ad una fattispecie complessa.

Peraltro poiché la costruzione, manutenzione e/o ampliamento della rete elettrica a servizio dell’illuminazione cimiteriale è strumentale e servente rispetto all’erogazione del servizio, l’affidamento in concessione del servizio, anche quando accompagnata da lavori del tipo suddetto, non individua affatto una concessione di lavori pubblici (o di costruzione e gestione di opera pubblica), sebbene appunto e precipuamente concessione del servizio pubblico locale.

Nel caso di specie, è evidente che l’intervenuta stipulazione di contratto afferente alla concessione della gestione del servizio pubblico locale d’illuminazione cimiteriale e votiva non attribuisce alla società ricorrente alcuna pretesa giuridicamente tutelata, e tantomeno secondo quanto prospettato un diritto soggettivo, in ordine all’affidamento dei lavori relativi all’ampliamento della rete elettrica a servizio della zona d’ampliamento del cimitero comunale di Orta Nova, nemmeno in relazione all’invocata clausola contrattuale che integra al più una obbligazione unilaterale e che, in ogni caso, deve ritenersi nulla di pieno diritto perché in contrasto con le disposizioni inderogabili relative alle modalità di selezione pubblica concorsuale degli affidatari di lavori e servizi, oltre che caducata per la totale incompatibilità con le disposizioni normative sopravvenute dell’art. 22 della legge n. 142 del 1990 e degli artt. 113 e 113 bis del d.lgs. n. 267 del 2000.

Né può assumere alcun rilievo la distinzione tra servizi a rilevanza economica e servizi privi di rilevanza economica (benché il servizio d’illuminazione cimiteriale sia da considerare senz’altro a rilevanza economica, poiché comunque caratterizzato da scopo lucrativo e assunzione di rischio imprenditoriale) perché -anche dopo la declaratoria d’illegittimità dell’art. 14 comma 2 del d.l. 30 settembre 2003, n, 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 (che aveva abrogato il comma 5 dell’art. 113 bis), di cui alla sentenza della Corte Costituzionale 27 luglio 2004, n. 272-, l’affidamento a imprese deve pur sempre avvenire mediante “procedure ad evidenza pubblica” e sempre che ricorrano specifiche “ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale”, in alternativa all’erogazione “ordinaria” mediante istituzioni, aziende speciali o società a capitale interamente pubblico con controllo analogo a quello esercitato dall’ente locale sui propri servizi che realizzino la parte più importante dell’attività con l’ente controllante, o al limite in economia.

Né può obliterarsi che, anzi, ai sensi dell’art. 113 comma 15 bis (come già introdotto dall’art. 14, comma 1, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, integrato dall’art. 4, comma 234, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e poi ancora modificato dall’articolo 15 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248) “…le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006”.

SERVIZI PUBBLICI LOCALI - PARTECIPAZIONE GARE

TAR LAZIO SENTENZA 2007

L'art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte con il sopravvenuto d.l. n. 269/03) ha stabilito, al suo quinto comma, che l'erogazione dei servizi pubblici locali dovesse avvenire in regime di concorrenza e previo conferimento della titolarità delle gestioni esclusivamente a società di capitali individuate mediante l'espletamento di gare con procedura di evidenza pubblica. Al comma 6, ha disposto che "non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4." L’applicazione di divieto però con l’introduzione del comma 15 è stata differita al 1° gennaio 2007, facendo comunque salva, anche dopo la scadenza di tale termine, la possibilità per gli affidatari diretti di prendere parte alle prime gare indette dopo il periodo transitorio ed aventi ad oggetto gli stessi servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa.

A decorrere dall’1.1.2007, la società affidataria diretta di un servizio da parte di un Comune, ai sensi del combinato disposto dei richiamati commi 6 e 15 quater dell’art. 113 T.U.E.L. , non può risultare aggiudicataria di eventuali gare indette da un altro Comune per l’affidamento dei medesimi servizi, in quanto, pur trattandosi dei medesimi servizi, tuttavia diverso è il contesto territoriale di riferimento.

RESPONSABILITA' E RISARCIMENTO DANNI

TAR LAZIO RM SENTENZA 2007

L'accertamento della colpa dell'Amministrazione responsabile deve essere, peraltro, effettuato mediante una penetrante indagine, riferita, non all'elemento soggettivo del singolo funzionario agente, ma alla P.A. intesa come apparato e, ferma restando la permanente difficoltà di individuare un « quid pluris» rispetto alla stessa illegittimità dell'atto, la colpa dell'Amministrazione deve essere valutata tenendo conto non solo dei vizi che inficiano il provvedimento, ma anche della gravità delle violazioni imputabili all'Amministrazione, anche alla luce dell'ampiezza delle valutazioni discrezionali rimesse all'organo, dei precedenti di giurisprudenza, delle condizioni concrete e dell'apporto eventualmente dato dai privati nel procedimento.

IN HOUSE PROVIDING - CRITERI DI SCELTA DEL SOCIO PRIVATO

TAR CALABRIA CZ SENTENZA 2007

E’ legittimo l’affidamento diretto di servizi pubblici locali a favore di società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche.

IN HOUSE PROVIDING - CONTROLLO SULLE ATTIVITA' DEL SOGGETTO GESTORE

TAR FRIULI SENTENZA 2007

E’ legittimo l’affidamento di un servizio in house providing purchè l'Ente territoriale affidante eserciti sul soggetto gestore un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi e che, allo stesso tempo, quest’ultimo svolga la parte essenziale della propria attività insieme con l'ente o gli enti territoriali che lo controllano.

Si è visto che l’art. 113, comma 5, lett. c) del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 stabilisce che l'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio “a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano”.

CONCESSIONE SERVIZI CIMITERIALI - SOGGETTI AMMESSI

ITALIA SENTENZA 2007

E’ illegittima la partecipazione della ricorrente alla gara de quo: trattandosi di una concessione di pubblico servizio, alla stessa non avrebbero potuto partecipare soggetti non aventi natura di società di capitali.

In proposito la tesi dell’impresa ricorrente tende all’annullamento dell’intera gara e si fonda, in particolare, sul presupposto che, avendo la gara stessa ad oggetto un servizio e non una fornitura, alla stessa avrebbero dovuto essere applicate le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 157 del 1995, e non quelle contenute nel d.lgs. n. 358 del 1992.

In realtà oggetto della gara era l’affidamento in concessione del “servizio illuminazione elettrica votiva aree cimiteriali per gli esercizi finanziari 2006-2011”, e cioè la concessione di un pubblico servizio.

Poiché, infatti, il servizio di che trattasi è a carico degli utenti, è applicabile nella specie la differenza elaborata fra appalto e concessione di pubblici servizi e consistente nel fatto che mentre nel primo si prevede un corrispettivo che è pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi; nella concessione la remunerazione del prestatore di servizi proviene non già dall'autorità pubblica interessata, bensì dagli importi versati dai terzi per l'utilizzo del servizio, con la conseguenza che il prestatore assume il rischio della gestione dei servizi in questione.

SERVIZI IN HOUSE E CONTROLLO ANALOGO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2006

In base all'art. 113, c. 5 lett. c), del D. Lgs. n°267/2000, anche la gestione dei servizi di rilevanza economica può essere affidata senza gara "a società a capitale interamente pubblico", ma ciò, "a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano" (c.d. affidamento in house providing). Per controllo analogo si intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell'ente pubblico sull'ente societario. Nel caso di specie, il controllo esercitato sulla società dal comune non ha le caratteristiche volute dalla riferita disposizione normativa, in quanto gli amministratori, fintanto che sono in carica, gestiscono autonomamente le attività societarie senza che il Comune abbia alcun potere di intervento sui singoli atti gestionali. Tutto ciò esclude la presenza di una relazione di subordinazione gerarchica. E' quindi illegittimo l'affidamento diretto da parte di un ente locale ad una società a capitale pubblico maggioritario dei servizi pubblici di gestione della comunità alloggio per minori, del centro educativo diurno per minori e della mensa sociale, di assistenza domiciliare in favore di persone anziane e/o svantaggiate, consegna di pasti caldi a domicilio, lavanderia e stireria, nonché gestione del centro di aggregazione per anziani. I suddetti servizi pubblici possiedono rilevanza economica, poiché si tratta di attività suscettibili, in astratto, di essere gestite in forma remunerativa e per le quali esiste certamente un mercato concorrenziale.

BENI CULTURALI E IN HOUSE

TAR LAZIO SENTENZA 2006

L’art. 113, c. 5, lett. c) del Dlg 267/2000 consente sì l'erogazione del servizio pubblico con l’affidamento in house, ma nel rispetto delle normative di settore che, dunque, dettano il contenuto ed i limiti del servizio da erogare in tal modo. L’affidamento diretto non può concernere che il servizio relativo alla valorizzazione, non anche, in difetto di specifiche ed inequivocabili norme derogatrici, le attività di progettazione, conservazione e manutenzione di cui parla la deliberazione n. 663/2005. Ove tali attività non siano sicuramente ascrivibili alla valorizzazione, il concetto di quest’ultima, essenzialmente rivolta alla promozione ed al sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale, non può esser dilatato in via di mera interpretazione fino a comprendere istituti di altre normative inderogabili. In particolare, è da escludere che, in difetto di fissazione dei livelli essenziali sulla qualità della valorizzazione, quest’ultima copra, sotto la generica dizione della conservazione, tutte le attività di progettazione e di restauro dei beni culturali. Il dato testuale non autorizza a concludere che l’affidamento in house, oltre alle attività espressamente normate, copra anche quelle solo lato sensu ascrivibili alla valorizzazione e, in realtà, disciplinate da altre regole inderogabili, e, in particolare, dall’evidenza pubblica.

Pareri tratti da fonti ufficiali

QUESITO del 13/11/2007 - ILLUMINAZIONE - SERVIZI PUBBLICI

Questo Comune intende affidare ad impresa idonea,attraverso espletamento di gara con procedura ad evidenza pubblica, la gestione del servizio di illuminazione votiva per l'impianto già esistente presso il locale cimitero, comprensivo di lavori di estensione della relativa rete elettrica a servizio della zona di ampliamento del cimitero. Si chiede: a)se tale servizio debba essere qualificato come servizio pubblico locale di rilevanza economica da affidarsi ai sensi dell'art. 113 del D. Lgs 267/2000 (vedi in tal senso ad es. TAR Puglia, Bari, sez. III, 11.9.2007 n. 2103)e quindi a sole società di capitali b)se tale servizio possa essere affidato in concessione ai sensi dell'art. 30 del D. Lgs. 163/2006 ad uno dei soggetti indicati all'art. 34 del citato Codice dei contratti pubblici, e quindi anche a società commerciali costituite in forma di società in nome collettivo o di società in accomandita semplice. Il quesito riveste carattere concreto ed attuale in quanto la società che attualemnte svolge il servizio in oggetto non è società di capitali ed ha già manifestato interesse a proseguire nella gestione e/o a partecipare alla gara.