Art. 17. Riparazione delle conseguenze del reato

1. Ferma l'applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condizioni:

a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si é comunque efficacemente adoperato in tal senso;

b) l'ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

c) l'ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
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Giurisprudenza e Prassi

REVOCA MISURE INTERDITTIVE - APPELLO CAUTELARE

CORTE CASSAZIONE SENTENZA 2018

Nei casi di revoca delle misure interdittive a carico dell'ente, a seguito di condotte riparatorie, è da escludere la possibilità di una declaratoria di inammissibilità dell'appello cautelare pronunciata senza formalità. Invero, le molteplici conseguenze, comunque ricollegabili alla misura interdittiva revocata per effetto delle condotte riparatore, integrano altrettanti profili di ordine sostanziale, potenzialmente idonei a fondare un perdurante interesse all'impugnazione, di talché deve essere garantita alla parte deducente la facoltà di interlocuzione, anche al fine di offrire al tribunale specifiche indicazioni sulla attualità dell'interesse ad ottenere una decisione sulla originaria legittimità del provvedimento cautelare, se pure caducato o revocato. A tale riguardo, occorre ricordare che l'ente ha diritto alla restituzione della cauzione versata al momento della sospensione della misura cautelare, di poi revocata; e che tale elemento, che si colloca nel peculiare rapporto dialogico tra la società e l'autorità giudiziaria, conduce ad apprezzare la persistenza dell'interesse all'impugnazione, inteso come possibile situazione di vantaggio derivante dalla decisione.

Medesime considerazioni si impongono in riferimento all'intervenuto risarcimento del danno (ex art. 17, comma 1, lett. a d.lgs. n. 231 del 2001), da parte della società, al fine di ottenere la restituzione dell'importo versato ed anche rispetto alla messa a disposizione del profitto, posto che l'art. 17, comma 1, lett. c), d.lgs. cit., prevede espressamente che l'ente per beneficiare del trattamento premiale metta a disposizione il profitto conseguito. Al riguardo, le Sezioni Unite hanno affermato che anche la messa a disposizione del profitto rientra tra i modelli compensativi dell'offesa (Sez. U; n. 26654 del 27/02/2008, Fisia Impianti s.p.a., Rv. 239923).