Art. 34 - Sentenze di merito

1. In caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda:

a) annulla in tutto o in parte il provvedimento impugnato;

b) ordina all'amministrazione, rimasta inerte, di provvedere entro un termine;

c) condanna al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di risarcimento del danno, all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma specifica ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile; L'azione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto e' esercitata, nei limiti di cui all'articolo 31, comma 3, contestualmente all'azione di annullamento del provvedimento di diniego o all'azione avverso il silenzio;

d) nei casi di giurisdizione di merito, adotta un nuovo atto, ovvero modifica o riforma quello impugnato;

e) dispone le misure idonee ad assicurare l'attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese, compresa la nomina di un commissario ad acta, che può avvenire anche in sede di cognizione con effetto dalla scadenza di un termine assegnato per l'ottemperanza.

2. In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 30, comma 3, il giudice non può conoscere della legittimità degli atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l'azione di annullamento di cui all'articolo 29.

3. Quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori.

4. In caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall'accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l'adempimento degli obblighi ineseguiti.

5. Qualora nel corso del giudizio la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta, il giudice dichiara cessata la materia del contendere.
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Giurisprudenza e Prassi

PRESUPPOSTI PER ACCERTAMENTO DELL'ILLEGITTIMITA' DELL'ATTO - INTERESSI RISARCITORI

CONSIGLIO DI STATO - A.P. SENTENZA 2022

Ai fini dell’accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato è comunque necessario che il ricorrente indichi i presupposti della futura eventuale azione risarcitoria. Anche questa posizione non trova fondamento normativo. Essa tende inoltre a produrre una sovrapposizione tra le due domande, di annullamento e risarcitoria, che il codice del processo ed in particolare l’art. 30 nel suo complesso considera distinte e non avvinte da pregiudizialità della prima rispetto alla seconda come invece si era affermato in epoca antecedente, salvo il solo temperamento dato dal comma 3 della disposizione ora richiamata. In presenza di una domanda risarcitoria non ancora formulata, l’accertamento sui relativi presupposti non avrebbe peraltro attitudine al giudicato. In conseguenza di quest’ultimo rilievo deve pertanto escludersi che il giudice «possa comunque pronunciarsi su una questione ‘assorbente’ e dunque su ogni profilo costitutivo della fattispecie risarcitoria», come ipotizza l’ordinanza di rimessione.

23. Sulla base delle considerazioni finora svolte deve dunque essere condiviso l’orientamento giurisprudenziale originario, peraltro ancora di recente riaffermato, in particolare dalla V Sezione di questo Consiglio di Stato, con sentenza 29 gennaio 2020, n. 727, di cui merita richiamare i seguenti passaggi motivazionali:

– «l’art. 34, comma 3, Cod. proc. amm. (…) va interpretato nel senso che l’obbligo di pronunciare sui motivi di ricorso (ovvero di accertare l’illegittimità dell’atto impugnato) sussista in caso di istanza, o, comunque, espressa dichiarazione di interesse della parte ricorrente, non potendo il giudice, alla declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, far seguire la verifica d’ufficio della permanenza dell’interesse del ricorrente ad una pronuncia sulla fondatezza dei motivi di ricorso per fini risarcitori»;

– e che a questo scopo è sufficiente «la dichiarazione di interesse della parte ricorrente» e non già «un’istanza circostanziata che alleghi il danno concretamente subito»;

– ed ancora, con riguardo ai rapporti con la domanda risarcitoria: «se fosse stata proposta domanda di risarcimento in cumulo con la domanda di annullamento, il giudice, pur avendo accertato l’improcedibilità della domanda di annullamento, per il carattere autonomo della domanda risarcitoria, sarebbe comunque tenuto a pronunciarsi sulla stessa per il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 Cod. proc. amm., incorrendo, altrimenti, nel vizio di omessa pronuncia. In tale ricostruzione, pertanto, la disposizione contenuta nell’art. 34, comma 3, Cod. proc. amm., sarebbe del tutto superflua; essa, invece, si rende necessaria proprio per l’assenza di rituale domanda risarcitoria che la parte ben potrebbe proporre successivamente in autonomo giudizio, una volta ottenuto dal giudice l’accertamento dell’illegittimità dell’azione amministrativa».

24. In continuità con il precedente da ultimo richiamato, sui quesiti formulati dall’ordinanza di rimessione devono in conclusione essere affermati i seguenti principi di diritto:

– (sul primo quesito) «per procedersi all’accertamento dell’illegittimità dell’atto ai sensi dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm., è sufficiente dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori; non è pertanto necessario specificare i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione; la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 cod. proc. amm.»;

– (sul secondo quesito) «una volta manifestato l’interesse risarcitorio, il giudice deve limitarsi ad accertare se l’atto impugnato sia o meno legittimo, come avrebbe fatto in caso di permanente procedibilità dell’azione di annullamento, mentre gli è precluso pronunciarsi su una questione in ipotesi assorbente della fattispecie risarcitoria, oggetto di eventuale successiva domanda».


RISARCIMENTO DEL DANNO - ONERE PROBATORIO

TAR LAZIO RM SENTENZA 2017

Questa Sezione ha affermato che nell’ipotesi di proposizione di una domanda risarcitoria “nel medesimo giudizio in cui il giudice dichiara l’inammissibilità o l’improcedibilità della domanda di annullamento”, la regola di cui all’art. 34, co. 3, cit., “declinata insieme al principio di economia processuale, conduce all’accertamento incidentale dell’illegittimità dell’atto impugnato solo qualora, all’esito di una preventiva verifica, emerga l’ammissibilità e la non manifesta infondatezza della domanda risarcitoria” (sicché se l’azione risarcitoria sia “manifestamente inammissibile, ovvero palesemente infondata per difetto dei presupposti essenziali”, il giudice prescinderà dall’accertamento in questione per ragioni di economia processuale). Muovendo da tale premessa, è stata esaminata in via prioritaria la domanda di risarcimento del danno per equivalente, ritenuta “priva delle necessarie allegazioni in punto di elementi costitutivi della pretesa fattispecie risarcitoria” (in assenza di deduzioni e di prova sul danno, patrimonialmente quantificato o quantificabile, derivante dall’illegittima condotta posta in essere dall’amministrazione resistente, sul nesso eziologico tra l’adozione degli atti amministrativi impugnati e il danno da risarcire, sull’elemento psicologico), mancanze che impediscono “di valutare la possibile fondatezza della domanda di risarcimento” e che anzi “conducono – in base ai noti principi dell’onere di allegazione e di prova, sussistente in capo alla parte che avanza una domanda giudiziale – alla conclusione per cui, nel caso di specie, la ricorrente non ha subìto alcun danno patrimonialmente risarcibile o, comunque, eziologicamente collegabile alla condotta posta in essere dall’amministrazione” (v. sentt. 28 aprile 2017, n. 4995, e 22 marzo 2017, n. 3766).

In linea con questo orientamento, la Sezione ha richiamato anche l’indirizzo secondo cui “ai fini del risarcimento dei danni provocati da illegittimo esercizio del potere amministrativo in gare pubbliche, è onere del ricorrente, ex art. 2697 Cod. civ., fornire al giudice la prova sia dell’esistenza che dell’entità del danno lamentato […], in particolare dimostrando in concreto la percentuale di utile effettivo che avrebbe davvero conseguito se fosse risultato aggiudicatario della gara, tenendo conto di tutte le voci di costo”, il che vale anche per il danno curriculare in quanto posta di danno “parametrata al danno risarcito per mancato conseguimento dell’utile” (v. sent. n. 6681/17 cit., che richiama Cons. Stato, sez. V, 30 gennaio 2017, n. 372).

MANCATO INVITO - RISARCITO IL DANNO DA PERDITA DI CHANCE

ITALIA SENTENZA 2015

Quanto alla definizione dell'ammontare del risarcimento, occorre sottolineare che, in caso di illegittimita' del mancato invito ad una gara d'appalto, e cioè quando ad un operatore è preclusa in radice la partecipazione ad una gara, non è possibile dimostrare, ex post, ne' la certezza della sua vittoria, ne' la certezza della non vittoria, si' che la sola situazione soggettiva tutelabile è la chance e cioè l'astratta possibilita' di un esito favorevole (C.d.S., VI, 18 dicembre 2001, n. 6281).

Secondo la giurisprudenza, in caso di perdita di chance il risarcimento deve essere quantificato in via equitativa con la tecnica della determinazione dell'utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara o concorso (C.d.S., VI, 18 dicembre 2001, n. 6281; 8 maggio 2002, n. 2485).

Nel caso di specie, pero', poiche' la ricorrente non ha potuto partecipare alla gara, non è possibile neppure individuare quale sarebbe stata la sua offerta, e dunque quale sarebbe stato l’utile conseguibile, da scontarsi in relazione alle probabilita' di aggiudicarsi l’affidamento del servizio.

ANNULLAMENTO PROVVEDIMENTO DI ESCLUSIONE - RISARCIMENTO DANNI DA PERDITA DI CHANCE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2014

Questa Sezione ha gia' avuto modo di pronunciarsi in tema di risarcimento del danno da perdita di chance (Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 2012 n. 1957), esponendo considerazioni dalle quali non vi è motivo di discostasi nella presente sede. Ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., il danno è risarcibile soltanto laddove esso consiste in un danno/evento ingiusto, tale essendo quello consistente nella lesione di un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, che fonda la sussistenza di una posizione soggettiva. Deve trattarsi di un danno che presuppone la titolarita' di un interesse apprezzabile, differenziato, giuridicamente rilevante e meritevole di tutela e che inerisce al contenuto stesso della posizione sostanziale. Tale danno ingiusto deve essere inoltre ricollegabile, con nesso di causalita' immediato e diretto, al provvedimento impugnato, e, nel caso in cui la posizione di interesse legittimo appartenga alla species del cd. interesse pretensivo, esso deve concernere l'ingiusto diniego o la ritardata emanazione di un provvedimento amministrativo richiesto.

Secondo questo Consiglio di Stato (sez. V, 2 febbraio 2008 n. 490) "il danno, per essere risarcibile, deve essere certo e non meramente probabile, o comunque deve esservi una rilevante probabilita' del risultato utile" e cio' è quello che "distingue la chance risarcibile dalla mera e astratta possibilita' del risultato utile, che costituisce aspettativa di fatto, come tale irrisarcibile".

In tal senso, la giurisprudenza ha ancorato il risarcimento del danno cd. "da perdita di chance" a indefettibili presupposti di certezza dello stesso, escludendo il caso in cui l'atto, ancorche' illegittimo, abbia determinato solo la perdita di una "eventualita'" di conseguimento del bene della vita. Ed infatti, in tale ultimo caso, risulta pienamente esaustiva la tutela ripristinatoria offerta dall'annullamento e dalle sue conseguenze (in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 3 agosto 2004 n. 5440; sez. V, 25 febbraio 2003 n. 1014; sez. VI, 23 luglio 2009 n. 4628; Cass. civ., sez. I, 17 luglio 2007 n. 15947).

In ogni caso, non si è ritenuto configurabile un danno risarcibile per equivalente, allorche', per effetto dell'annullamento del provvedimento amministrativo (nel caso considerato, aggiudicazione), vi sia ripetizione della attivita' amministrativa, e quindi il ripristino della chance del concorrente (Cons. Stato, sez. V, 8 febbraio 2011 n. 854; 24 gennaio 2011 n. 462; 28 agosto 2009 n. 5105).

Quanto al requisito soggettivo della colpa, questa deve essere valutata tenendo conto dei vizi che inficiano il provvedimento, della gravita' delle violazioni ad essa imputabili (anche alla luce del potere discrezionale concretamente esercitato), delle condizioni concrete e dell'apporto eventualmente dato dai privati al procedimento (Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2009 n. 3827).

In definitiva, puo' affermarsi che, nelle ipotesi di risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, la prova dell'esistenza del medesimo interviene in base ad una verifica del caso concreto che faccia concludere per la sua "certezza", la quale presuppone:

- in primis, l'esistenza di una posizione giuridica sostanziale della quale possa assumersi essere intervenuta una lesione; e laddove vi è esercizio di potere tale posizione sostanziale è l'interesse legittimo;

- in secondo, l'esistenza di una lesione, che sussiste sia laddove questo possa essere a tutta evidenza e concretamente riscontrato, sia laddove vi sia "una rilevante probabilita' del risultato utile" frustrata dall'agire illegittimo dell'amministrazione.

ANNULLAMENTO AGGIUDICAZIONE - RISARCIMENTO DEL DANNO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Contrariamente a quanto sostenuto da parte istante, non puo' essere riconosciuto il "danno emergente" per spese sostenute al fine di partecipazione alla gara. Premesso che nessuna motivazione in diritto espone sul punto la ricorrente, il Collegio condivide l'orientamento contrario gia' espresso, e dal quale non sussistono ragioni per discostarsi, per cui il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione " è funzionale al ristoro dell'interesse positivo, che consiste nel mancato conseguimento delle utilita' economiche che ………..avrebbe ricavato dall'esecuzione del contratto posto a gara. Per contro, le spese sostenute per partecipare a quest'ultima costituiscono poste risarcibili nell'ambito del c.d. interesse negativo, azionabile in ipotesi di responsabilita' precontrattuale dell'amministrazione aggiudicatrice (ad es. in caso di illegittima revoca dell'aggiudicazione o ingiustificato rifiuto di stipulare il contratto)………….; ad opinare in contrario si giungerebbe infatti ad arricchire il danneggiato, in palese violazione della funzione reintegratoria del rimedio risarcitorio" (v. recentemente Cons. di Stato, sez. V, n.799/2013 e sez.III, n.3437/2013; in precedenza, v. sez. V,n.2967/2008 ).

RESPONSABILITA' DELLA PA - RISARCIMENTO DANNI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Ai fini della sussistenza di una responsabilita' della P.A. causativa di danno da ritardo, la valutazione dell’elemento della colpa non puo' essere affidata al dato oggettivo del procrastinarsi dell’adozione del provvedimento finale, bensi' alla dimostrazione che la p.a. abbia agito con dolo o colpa grave, di guisa che il difettoso funzionamento dell’apparato pubblico sia riconducibile ad un comportamento gravemente negligente od ad una intenzionale volonta' di nuocere, in palese contrasto con i canoni di imparzialita' e buon andamento dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost. (Cons. Stato sez. V 27 aprile 2006 n.2359; Cons. Stato sez. IV 11 ottobre 2006 n. 6059).

DINIEGO NON MOTIVATO DI AGGIUDICAZIONE - RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE

TAR CALABRIA RC SENTENZA 2013

Se è vero che la conclusione di un procedimento di gara non è oggetto di un vero e proprio diritto dell'affidatario, che vanta solo un interesse qualificato al conseguimento dell'appalto, è altrettanto indubbio che l'avvenuta pubblicazione di un bando di gara costituisce un'offerta al pubblico che, per la particolare qualificazione della PA, la cui volonta' è soggetta a precisi limiti di apprezzamento dell'interesse pubblico, è certamente suscettibile di ingenerare nel concorrente un particolare affidamento circa la conclusione del procedimento.

Trattandosi di fattispecie avente ad oggetto la committenza di un'opera d'arte, va quindi riconosciuto che il particolare prestigio che deriva all'artista dall'acquisto del prodotto del suo ingegno da parte di una Istituzione non è equiparabile ad un qualsiasi interesse contrattuale, sia per la specificita' ed originalita' dell'opportunita' che gli viene offerta, sia per l'indubbia particolarita' dell'occasione artistica.

Ne deriva che sussiste la responsabilita' precontrattuale della PA che, avendo attivato una procedura di evidenza pubblica per l'acquisto di un'opera d'arte appositamente commissionata ed avendone individuato l'aggiudicatario, si astenga poi, senza motivata ragione di interesse pubblico, dal concludere il procedimento.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO CONSEGUE ALLA PROVA DELLA PROBABILE AGGIUDICAZIONE

TAR LAZIO SENTENZA 2013

La domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente e diretta ad ottenere il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione non puo' essere accolta laddove difetti la prova – anche in termini prognostici - sulla spettanza del bene della vita.

Il rigetto della domanda risarcitoria comporta anche il rigetto della domanda diretta ad ottenere la condanna al risarcimento del danno curriculare, tenuto conto che detta tipologia di danno presuppone la spettanza dell'aggiudicazione, in quanto trattasi di danno effettivo e non di perdita di chance (cfr. T.A.R. Lombardia Sez. I Milano, 9 ottobre 2012 n. 2497).

CONFIGURABILITA' RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Il Collegio, per quanto precede, è dell'avviso che la circostanza che la procedura pubblicistica di scelta del contraente avviata non fosse ancora sfociata nell'aggiudicazione non valga, di per se' sola, ad escludere la configurabilita' di una responsabilita' precontrattuale in capo all'Amministrazione revocante, occorrendo invece all'uopo verificare in concreto la condotta da questa tenuta alla luce del parametro di diritto comune della correttezza nelle trattative (fermo restando, comunque, che il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, riflettendosi sullo spessore dell'affidamento ravvisabile nei partecipanti, presenta una sicura rilevanza, sul piano dello stesso diritto comune, ai fini dello scrutinio di fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilita' precontrattuale).

RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE - MANCATA STIPULAZIONE DEL CONTRATTO

TAR SICILIA CT SENTENZA 2013

Deve ritenersi sussistente la colpa dell’amministrazione, che addiviene alla conclusione di una procedura di affidamento di lavori senza mai stipulare il relativo contratto a causa dell’omessa verifica e vigilanza sulla sussistenza della relativa copertura finanziaria, in quanto tale comportamento, ingenerando nelle parti un falso affidamento in ordine alla positiva conclusione della vicenda, deve considerarsi divergente rispetto alle regole di correttezza e buona fede cui è tenuta anche la p.a. nella fase precontrattuale (in tal senso Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6; Sez. V, 7 settembre 2009, n. 5245; Sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4309; T.A.R. Sicilia - Catania, IV, 16 dicembre 2010, n. 4730).

RISARCIMENTO DANNI DA ATTO ILLEGITTIMO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Il giudice amministrativo puo' affermare la responsabilita' dell'Amministrazione per danni conseguenti a un atto illegittimo quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo e giuridico tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato e negarla quando l'indagine presupposta conduca al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessita' della situazione di fatto.

RISARCIMENTO DANNO DA PERDITA DI CHANGE - PRESUPPOSTI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

L'istanza di risarcimento per perdita di chance richiede la prova, almeno in via indiziaria, che il concorrente leso dall'illegittimita' della procedura avrebbe avuto serie o apprezzabili possibilita' di aggiudicarsela, se avesse avuto piu' tempo a propria disposizione per presentare la sua offerta.

RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Nel caso in esame il provvedimento dell'Amministrazione e di annullamento della gara in autotutela è stato ritenuto illegittimo, mentre sono illegittime le ammissioni alla gara dei primi due classificati, ne consegue, anche qui inequivocabilmente e aritmeticamente, che il terzo classificato, ovvero il ricorrente in primo grado, diventi il legittimo aggiudicatario della gara.

Tale sua posizione soggettiva è tutelabile con la domanda, proposta in primo grado, di risarcimento in forma specifica, che , come è noto, rappresenta insieme al risarcimento per equivalente, uno dei modi attraverso i quali il danno puo' essere risarcito. Si tratta quindi di una forma alternativa al risarcimento per equivalente.

Il risarcimento in forma specifica tutela il danneggiato attraverso la eliminazione del danno o meglio con la rimozione della fonte e delle conseguenze dello stesso, tramite il riconoscimento al medesimo, di tornare allo status quo ante. Infatti, nel nostro ordinamento per risarcimento in forma specifica si intende in linea generale quel risarcimento diretto a garantire all'interessato, di conseguire la stesse utilita' garantite dalla legge, e non invece – come nel risarcimento per equivalente- un ristoro in termini monetari. Ne discende che il contenuto del rimedio in oggetto è atipico perche' varia a seconda del pregiudizio sofferto. Norma generale è l'art. 2058 c.c., ai sensi del quale il danneggiato puo' chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile. Tuttavia il giudice puo' disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il creditore.

Per questi motivi il risarcimento in forma specifica rientra tra i rimedi satisfattori, perche' rappresenta l'attuazione della posizione soggettiva di cui è portatore il danneggiato.

Se il ricorrente, come nella specie, è portatore di un interesse legittimo pretensivo, la sua posizione è tutelata in prima battuta attraverso la riedizione del potere da parte delle Pubblica Amministrazione, perche' non è ancora titolare del bene della vita, al conseguimento del quale l'interesse legittimo si pone come strumentale, per cui l'annullamento in sede giurisdizionale puo' non essere, fisiologicamente, per il ricorrente pienamente satisfattivo. In questo ambito, il risarcimento in forma specifica gioca un ruolo peculiare, poiche' mentre il titolare di un interesse oppositivo ha interesse alla conservazione della propria posizione, con l'interesse pretensivo è la pubblica amministrazione che amplia la sfera giuridica del soggetto con l'emanazione del provvedimento richiesto. Lo strumento di tutela per il portatore di un interesse legittimo pretensivo, dunque, puo' essere la reintegrazione in forma specifica, benche' tale rimedio debba, tuttavia, essere coordinato con le regole del diritto amministrativo, tra cui spicca il principio di riserva di amministrazione.

Solo quando siano esauriti gli elementi cd. elastici del rapporto giuridico tra privato ed Amministrazione, restando oggetto del contendere soltanto gli elementi cd. rigidi, che non necessitano di alcun esercizio di poteri discrezionali o di poteri di valutazioni tecniche riservati all'Amministrazione, come nella specie, sara' percorribile la tutela del risarcimento in forma specifica anche con riferimento agli interessi pretensivi.

RISARCIMENTO DEL DANNO PER PERDITA DI CHANCE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Il riconoscimento del danno da perdita di chance non puo' intendersi subordinato all'offerta in giudizio da parte dell'interessato di una prova in termini di certezza, perche' cio' è oggettivamente incompatibile con la natura di tale voce di danno, risultando quindi sufficiente che gli elementi addotti, in virtu' del principio contenuto nell'art. 2697 c.c., consentano una prognosi concreta e ragionevole circa la possibilita' di vantaggi futuri, invece impediti a causa della condotta illecita altrui (cosi' Cons. Stato, Sez. V, 18 aprile 2012, n. 225).

LA PA RISARCISCE IL DANNO SOLO SE SI PROVANO GLI ELEMENTI DELL'ILLECITO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Anche nel giudizio amministrativo, invero, spetta al ricorrente, che assume di aver subito un danno dall’adozione di un provvedimento illegittimo o anche da un comportamento della pubblica amministrazione, l’onere della prova, secondo il principio generale fissato dall’art. 2697 c.c. (ex multis, C.d.S., sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967; 18 gennaio 2006, n. 112; sez. VI, 14 novembre 2012, n. 5747; 22 agosto 2006, n. 4932; 27 febbraio 2006, n. 835), non potendo a tanto supplire il soccorso istruttorio del giudice, trattandosi di prove che sono nella piena disponibilita' della parte.

E’ stato ripetutamente sottolineato, in tema di responsabilita' della pubblica amministrazione, che l’ingiustizia del danno non puo' considerarsi in re ipsa nella sola illegittimita' dell’esercizio della funzione amministrativa o pubblica in generale, dovendo in realta' il giudice procedere ad accertare che sussista un evento dannoso; che il danno sia qualificabile come ingiusto (in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l’ordinamento); che l’evento dannoso sia riferibile, sotto il profilo causale, ad una condotta della pubblica amministrazione; che l’evento dannoso sia imputabile a responsabilita' della pubblica amministrazione anche sotto il profilo soggettivo del dolo o della colpa (ex pluribus, Cass. Civ., sez. III, 28 ottobre 2011, n. 22508; 23 febbraio 2010, n. 4326).

RISARCIMENTO DANNI DA PERDITA DI CHANCES

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Il danno da perdita di chances, proprio per sua natura, non si identifica con la perdita di un risultato utile sicuro, bensi' con il semplice venir meno di un’apprezzabile possibilita' di conseguirlo, in particolare per esser stato l’interessato indebitamente privato della possibilita' concreta di aggiudicarsi un appalto. Sicche' il relativo risarcimento presuppone proprio che non si sia potuta acquisire certezza sulla effettiva spettanza del bene della vita perseguito (evenienza la quale permetterebbe di accedere ad una copertura risarcitoria maggiore).

(..) Il Tribunale ha desunto, giustamente, proprio dall’incertezza sull’esito finale che la procedura avrebbe potuto avere, ove correttamente condotta, la riconoscibilita' all’originaria ricorrente di un trattamento risarcitorio limitato alla riparazione della perdita di chances di aggiudicazione.

Ne' l’appellante ha ragione di dolersi, sotto il profilo in questione, del danno curricolare pure riconosciuto alla controparte nell’ambito della complessiva liquidazione equitativa operata dal T.A.R..

La perdita della possibilita' di ottenere la commessa, nello specifico ormai eseguita dall’avversaria, si riverbera, infatti, anche nella direzione dello specifico pregiudizio del mancato sviluppo del curriculum professionale del concorrente leso, conseguenza negativa la cui risarcibilita' non avrebbe ragione di essere subordinata alla condizione di una dimostrata spettanza “certa” dell’aggiudicazione al danneggiato. Di conseguenza, l’apprezzamento equitativo del danno curricolare puo' trovare spazio –naturalmente, per quanto di ragione- anche nell’ambito di una riparazione a titolo di perdita di (semplici) chances di aggiudicazione, quantificata con la tecnica della determinazione dell’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara (in tal senso v. ad es. C.d.S., V, 19 novembre 2012, 5846; 12 giugno 2009, n. 3785; 18 gennaio 2006, n. 126; VI, 15 giugno 2009, n. 3829).

RESPONSABILITÀ DELL'AMMINISTRAZIONE - PRESCINDE DALL'ELEMENTO SOGGETTIVO DELLA COLPA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Questa (..) Sezione con una recentissima pronuncia (Cons. St., sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686) ha gia' scandagliato l’irrilevanza dell’elemento nella colpa, sulla scia della giurisprudenza della Corte di Giustizia (da ultimo, Corte di Giustizia del 30 settembre 2010, Graz Stadt) nell’individuazione della responsabilita' dell’amministrazione in materia di affidamento di appalti pubblici rammentando come in ragione di quanto previsto dall’art. 2, d.lgs. 163/2006, ma in fondo anche da quanto statuito, in generale, dall’art. 1 l. 241/90, questo peculiare regime di responsabilita' valga sia per gli appalti di rilievo comunitario che per gli altri appalti pubblici. L’esigenza che il diritto dell’Unione europea ispirato alla massima concorrenza nel settore degli appalti pubblici trovi cogente attuazione ha spinto il legislatore dell’Unione ad introdurre un rimedio che massimizza in sede giurisdizionale l’effettivita' del rispetto delle norme e dei principi di derivazione comunitaria, eliminando ogni possibilita' che l’amministrazione possa sottrarsi al ristoro patrimoniale, opponendo eventuali l’esistenza di eventuali esimenti fondate sull’assenza di un comportamento colpevole tenuto dall'Amministrazione aggiudicatrice.

Pertanto, come chiarito gia' dalla citata pronuncia n. 5686/2012: “L'ordinamento comunitario dimostra che cio' che rileva e' l'ingiustizia del danno e non l'elemento della colpevolezza; cio' determina ipso facto la creazione di un diritto amministrativo comune a tutti gli Stati membri nel quale i principi che si elaborano a livello comunitario, in applicazione dei Trattati, trovano humus negli ordinamenti interni, e costituiscono una sorta di sussunzione unificante di regole riscontrabili in tali ordinamenti. In questo processo di astrazione è inevitabile che i principi di diritto interno vengano sostituiti da principi caratterizzati da piu' larga acquisizione, poiche' il ravvicinamento e l'armonizzazione normativa premia il principio maggiormente condiviso, come è quello della responsabilita' piena della p.a. senza aree di franchigia.

Peraltro, l'assenza, nella disciplina comunitaria degli appalti, di qualsivoglia riferimento ad un'indagine in ordine all'elemento soggettivo della responsabilita', lungi dall'essere una dimenticanza, si spiega ponendo mente al fatto che, di norma, la via del risarcimento per equivalente viene percorsa qualora risulti preclusa quella della tutela in forma specifica; la reintegrazione in forma specifica rappresenta, peraltro, in ambito amministrativo l'obiettivo tendenzialmente primario da perseguire e il risarcimento per equivalente costituisce invece una misura residuale, di norma subordinata all'impossibilita' parziale o totale di giungere alla correzione del potere amministrativo, come dimostra, d'altra parte, anche la vicenda giurisprudenziale e normativa relativa alla dichiarazione di inefficacia del contratto d'appalto, come da ultimo risolta per effetto del d.lgs. n. 53-2010, le cui previsioni sono confluite nel Codice del processo amministrativo agli artt. 121 e ss.

In tal modo, dunque, il ricorrente che non ottiene direttamente il bene della vita a cui aspira, ossia la riedizione della gara o l'aggiudicazione definiva puo' aspirare alla monetizzazione del pregiudizio subito; se, tuttavia, anche tale ultima via di ristoro venisse resa impraticabile o assolutamente impervia, il privato rischierebbe di restare sprovvisto di qualsiasi forma di tutela.

Quanto prefigurato è esattamente cio' che accade qualora una normativa nazionale subordini il risarcimento del danno al positivo riscontro della colpa della stazione appaltante”.

RISARCIMENTO DEL DANNO - VOCI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Per il settore degli appalti il giudice comunitario ha inoltre affermato il principio della responsabilita' oggettiva della Pubblica Amministrazione in caso di illegittima mancata aggiudicazione di un appalto pubblico (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, III, 30 settembre 2010, C-314/09).

L'accertata illegittimita' della condotta dell'Amministrazione resistente rende dunque fondata la richiesta di risarcimento del danno per equivalente, non essendovi la effettiva possibilita' di reintegrazione in forma specifica, posto che il servizio per cui è causa risulta svolto da tempo.

La domanda di risarcimento del danno a carico dell’Amministrazione resistente va quindi accolta e si deve procedere alla sua liquidazione equitativa con le seguenti modalita', anche indicate nella giurisprudenza sopra citata:

- quantificazione del lucro cessante e, in aggiunta, del danno curriculare, che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è orientata a riconoscere senza necessita' di uno specifico supporto probatorio;

- calcolo del lucro cessante in riferimento alla previsione di utile sul valore dell’appalto che, se non adeguatamente dimostrata dal ricorrente, non è comunque computata nella misura del 10 per cento, secondo il criterio forfetario basato sull’art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. F, poiche' relativo ad altri istituti e suscettibile di portare a risarcimenti piu' favorevoli dell’impiego del capitale, e quindi da determinare in via equitativa in relazione alle circostanze di specie;

- non rimborso delle spese di partecipazione alla gara poiche' implicitamente assorbite dal compenso per l’esecuzione della prestazione affidata;

- rivalutazione monetaria della somma dovuta dalla data dell’aggiudicazione annullata alla pubblicazione della sentenza con cui è accolta la domanda risarcitoria e (trasformandosi da tale momento il debito di valore in debito di valuta) corresponsione degli interessi nella misura legale dalla detta data di pubblicazione fino al saldo effettivo.

LIMITI ALLA RICHIESTA DI RISARCIMENTO DANNI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Attesa la mancata impugnazione della successiva aggiudicazione, l’appellante non puo' mantenere alcun interesse risarcitorio, nemmeno nei termini teste' ricordati, in quanto ne' l’aggiudicazione dell’appalto, quale forma di reintegrazione in forma specifica, ne' la corresponsione del lucro cessante, quale forma di ristoro per equivalente, ne' il risarcimento del c.d. danno curricolare sono beni della vita e utilita' anche astrattamente ipotizzabili e ottenibili dalla ricorrente avverso il primo provvedimento di fronte ad un secondo atto discrezionale che, nel sostituirsi in toto a quello precedentemente impugnato, abbia nuovamente e validamente aggiudicato, con autonoma determinazione, la gara ad altro concorrente, senza che la ricorrente stessa ne abbia tempestivamente denunziato l’ipotetica illegittimita'.

Dalle esposte argomentazioni discende che l’appello proposto avverso l’impugnata sentenza che ha dichiarato l’improcedibilita' del suo originario ricorso, in quanto non sorretto da un valido interesse ad agire, interesse ormai venuto meno, anche in tale sede di gravame, per effetto della mancata impugnativa della seconda deliberazione di aggiudicazione definitiva, deve essere dichiarato inammissibile.

RESPONSABILITA' OGGETTIVA DELLA PA ANCHE NEGLI AFFIDAMENTI SOTTO SOGLIA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

In materia di gare d'appalto, il dies a quo del termine di prescrizione quinquennale delle domande di risarcimento dei danni va individuato non nella data di conoscenza dell'avvenuta aggiudicazione, ma dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento che fa nascere in capo all'interessato il diritto di chiedere il ristoro del giudizio derivato dal provvedimento poi annullato

In materia di appalti pubblici, da un lato non possa gravare sul ricorrente danneggiato l’onere di provare che il danno derivante dal provvedimento amministrativo illegittimo sia conseguenza di una colpa dell’Amministrazione; dall’altro lato, che non possa l’Amministrazione sottrarsi all’obbligo di risarcire i danni cagionati da un suo provvedimento illegittimo adducendo l’inesistenza a proprio carico di elementi di dolo o di colpa.

In altre parole, la regola comunitaria vigente in materia di risarcimento dei danno per illegittimita' accertate in materia di appalti pubblici per avere assunto provvedimenti illegittimi lesivi di interessi legittimi configurerebbe una responsabilita' non avente natura ne' contrattuale ne' extracontrattuale, ma oggettiva, sottratta ad ogni possibile esimente, poiche' derivante da principio generale funzionale a garantire la piena ed effettiva tutela degli interessi delle imprese, a protezione della concorrenza, nel settore degli appalti pubblici.

Intesa in questo senso, è dunque evidente che tale regola non puo' essere circoscritta ai soli appalti comunitari ma deve estendersi, in quanto principio generale di diritto comunitario in materia di' effettivita' della tutela, a tutto il campo degli appalti pubblici, nei quali i principi di diritto comunitario hanno diretta rilevanza ed incidenza, non fosse altro che per il richiamo che ad essi viene fatto dal nostro legislatore nel Codice appalti (art 2 d. lgs. 163 / 06).

RISARCIMENTO DANNI - DETRAZIONE SPESE DI PARTECIPAZIONE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Nel caso in cui si verta in ipotesi di danno da mancata aggiudicazione, risarcibile per equivalente unicamente con riguardo al risultato netto patrimoniale che il soggetto danneggiato avrebbe conseguito per effetto dell'aggiudicazione illegittimamente negatagli, nella determinazione del risultato netto patrimoniale occorre conseguentemente detrarre le spese di partecipazione dal concorrente, poiche' queste sarebbero state definitivamente a carico dello stesso anche in caso di aggiudicazione atteso che, in caso contrario, si giungerebbe ad arricchire il danneggiato, in palese violazione della funzione reintegratoria del rimedio risarcitorio.

ATTO ILLEGITTIMO - PROVA DEL RISARCIMENTO DEI DANNI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Come ha ormai chiarito la giurisprudenza amministrativa, il privato che assume di essere stato danneggiato da un provvedimento illegittimo dell'Amministrazione non deve manifestare un particolare impegno per raggiungere la prova della colpa della stessa, potendo egli limitarsi ad allegare l'illegittimita' dell'atto.

Infatti, puo' farsi applicazione, al fine della prova dell'elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all'art. 2727 c.c.; di conseguenza, a quel punto, spettera' all'Amministrazione dimostrare, se del caso, che si è verificato un errore scusabile, il quale è configurabile, ad esempio, in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessita' del fatto, d'influenza determinante di comportamenti di altri soggetti o di illegittimita' derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalita' della norma applicata (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 12 giugno 2012, n. 3444; cfr. anche C.d.S., IV, 12 febbraio 2010, n. 785; V, 20 luglio 2009, n. 4527; IV, 9 marzo 2007, n. 1114 e 9 giugno 2008 n. 2751).

RISARCIMENTO DANNI A FAVORE DEL CONSORZIO E DELLE CONSORZIATE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Come la partecipazione ad una gara legittima il concorrente, qualunque natura giuridica esso abbia, ad impugnare gli atti adottati nell’ambito di questa, cosi' compete al medesimo soggetto il danno sofferto per non avere conseguito il risultato utile aspirato, consistente nell’aggiudicazione del contratto.

Del resto, rispetto all’utilita' in questione è configurabile un parallelismo pieno con il rimedio risarcitorio nei rapporti tra il soggetto imprenditoriale formalmente partecipante e quello che di cio' si avvantaggia in concreto. In altri termini, se non vi è dubbio che l’aggiudicazione ottenuta dal consorzio di imprese ridonda in ultima analisi a favore di queste ultime, del pari è incontroverso che l’equivalente monetario ottenuto a titolo risarcitorio è destinato ad essere riversato a favore delle imprese consorziate. Cio', peraltro, nei rapporti interni a questi ultimi, mentre nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice è unicamente al soggetto partecipante alla gara che occorre avere riguardo (salvo la legittimazione aggiuntiva della singola impresa mandante di RTI), tanto per l’impugnativa degli atti di gara quanto per il complementare rimedio del risarcimento per equivalente.

Il Collegio osserva che il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione qui fatto valere è funzionale al ristoro dell’interesse positivo, che consiste nel mancato conseguimento delle utilita' economiche che l’odierno ricorrente avrebbe ricavato dall’esecuzione del contratto posto a gara.

ILLEGITTIMA AGGIUDICAZIONE - QUANTIFICAZIONE RISARCIMENTO DANNI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Il Collegio osserva che il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione qui fatto valere è funzionale al ristoro dell’interesse positivo, che consiste nel mancato conseguimento delle utilita' economiche che l’odierno ricorrente avrebbe ricavato dall’esecuzione del contratto posto a gara.

Sulla scorta di tale rilievo non possono evidentemente essere riconosciuti a tale titolo i costi aziendali suddetti, perche' gli stessi sarebbero comunque stati ugualmente sostenuti anche in caso di aggiudicazione del contratto e dunque come tali da ritenersi gia' compresi nel calcolo di convenienza economica sotteso alla formulazione dell’offerta presentata in sede di gara.

Ad opinare in contrario si giungerebbe infatti ad arricchire il danneggiato, in palese violazione della funzione reintegratoria del rimedio risarcitorio.

Anche per quanto concerne il danno da mancato utile, non si puo' accogliere la domanda nella misura formulata dal Consorzio.

Per le considerazioni poc’anzi svolte, la piu' recente giurisprudenza ha ormai abbandonato il criterio forfetario del 10% dell’offerta presentata, perche' esso, oltre a potere in ipotesi risultare avulso dall’utile concretamente ritraibile dalla commessa, finisce spesso per arricchire il danneggiato, qualora questi abbia formulato un’offerta nel quale il margine netto si attesta su livelli inferiori alla suddetta percentuale.

Conseguentemente, si è ritenuto che il risarcimento del danno in questione debba essere equivalente all’utile risultante dall’offerta presentata in sede di gara.

Per quanto concerne il danno curriculare, spettante per ius receptum all’impresa ingiustamente privata di un affidamento, si stima equa ex artt. 1226 e 2056 cod. civ. la somma corrispondente all’1% dell’offerta economica presentata dal Consorzio.

ESCLUSIONE ILLEGITTIMA - RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE PA

TAR VENETO SENTENZA 2013

L’adesione alla convenzione Consip ha fatto venir meno la possibilita' di un ristoro in forma specifica dell’interesse pretensivo di cui era portatrice l’a.t.i. ricorrente, ponendosi quale evento impeditivo (esterno alla procedura selettiva) della prosecuzione cosi' come dell’astratta reiterabilita' della gara originaria, lasciando residuare, quale unica possibilita' di tutela, quella del risarcimento per equivalente. Peraltro, proprio tale evento impeditivo ha rilievo determinante nella perimetrazione dell’elemento oggettivo del danno in concreto patito, evidenziando che esso non concerne affatto quello conseguente alla mancata aggiudicazione della gara, ma la semplice illegittima esclusione da essa, in una fase in cui tutti i partecipanti versavano in una situazioni pari ordinata. Alla luce di tale considerazione, deve, rilevarsi che la posizione sostanziale della ricorrente non si differenzia da quella di eventuali altri concorrenti che abbiano in ipotesi subito un’identica lesione (per illegittima esclusione), trattandosi di situazioni soggettive, fra loro, autonome e, dunque, inidonee a incidere reciprocamente le une rispetto alle altre, diversamente da quanto accadrebbe nel caso di perdita di chance (quale oggettiva probabilita' di ottenere il bene della vita anelato) per mancata aggiudicazione del servizio. Come rilevato dal Consiglio di stato nella citata sentenza n. 6540 del 2011, si tratta di uno scenario – procedimentale e processuale - assimilabile a quello che discenderebbe dalla mancata impugnativa dell’aggiudicazione definitiva da parte dell’impresa esclusa dalla gara cui essa accede, con l’unica differenza (che tipizza il caso di specie) che qui viene in rilievo un’aggiudicazione esterna all’originaria procedura di gara, che ha concluso un autonomo iter procedimentale di affidamento di appalti pubblici (cfr. punto 7 della sentenza del Consiglio di stato, sez. V n. 6540 del 2011).

Non puo' pertanto trovare riconoscimento il danno da lucro cessante, consistente nell’utile che sarebbe derivato dall’esecuzione del contratto, dato che, nel caso di specie, non solo non vi è stata alcuna esecuzione del contratto da parte di altro contraente, ma, in ogni caso – attese le diverse determinazioni dell’amministrazione –, l’a.t.i. ricorrente non avrebbe giammai potuto conseguire tale bene della vita. Per le stesse ragioni non puo' inoltre trovare ingresso quello consistente nel cd. danno curriculare, in quanto anch’esso presupporrebbe un’illegittima mancata stipulazione ed esecuzione del contratto. Conseguentemente, il danno risarcibile, contrariamente a quanto preteso dalla ricorrente, deve essere rapportato esclusivamente al cd. “interesse negativo”, cioè all’interesse del soggetto a non essere leso nell’esercizio della propria liberta' negoziale, durante la fase delle trattative instauratesi con la P.A. a seguito della partecipazione della gara. Tale lesione integra invero un’ipotesi di responsabilita' precontrattuale della pubblica amministrazione, quale species della responsabilita' extracontrattuale (Cons. St., sez. V, 10 novembre 2008 n. 5574), che si fonda, ai sensi dell’art. 1337 cod. civ., sulla violazione dei principi di correttezza e buona fede cui è tenuto anche il soggetto pubblico “nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto”.

Il Collegio, peraltro, non ignora quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la responsabilita' precontrattuale della p.a. non sarebbe configurabile anteriormente alla scelta del contraente, trattandosi di fase in cui gli interessati sono solo meri partecipanti alla gara (Cons. St., sez. V, 28 maggio 2010 n. 3393; 8 settembre 2010 n. 6489). Tuttavia, si è condivisibilmente sostenuto (Cons. St., sez. VI, 17 dicembre 2008 n. 6264) che non vi sono ragioni sistematiche per escludere la configurabilita' di una responsabilita' di carattere precontrattuale in capo all’Amministrazione in ipotesi in cui il mancato rispetto dei generali canoni di buona fede e correttezza in contrahendo si sia risolto, in concreto, in un’attivita' nel suo complesso illegittima. Anche nel corso delle trattative che preludono all’aggiudicazione, infatti, grava comunque sul soggetto pubblico l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, in ragione dell’affidamento ingenerato nei privati, considerato meritevole di tutela dall’ordinamento.

Orbene, nel caso in esame, l’esclusione disposta, in quanto motivata sulla base di un’interpretazione concernente la formazione della polizza fideiussoria contrastante rispetto al dato sostanziale emergente dalla lettura integrale dell’atto, integra una lesione dell’affidamento nei termini sopra indicati. Tale lesione, risulta inoltre imputabile a titolo di colpa all’amministrazione procedente, considerato che non appare riconducibile, per le ragioni anzidette, ad un contrasto giurisprudenziale in subiecta materia, ma alla stessa interpretazione della sostanza dell’impegno fideiussorio assunto, in concreto, con l’offerta, rispetto alla quale non risulta invero allegato alcuno specifico elemento idoneo a dimostrare la scusabilita' dell’errore.

Cosi' ricostruiti gli aspetti salienti della natura della responsabilita' fatta valere con l’odierna pretesa, e passando alla concreta determinazione dell’entita' del danno risarcibile, il Collegio rileva che, nel caso in esame, esso deve intendersi limitato alle spese inutilmente sopportate per partecipare alla procedura svolta in vista della selezione del contraente (danno emergente) nei limiti della prova, gravante sulla ricorrente, circa l’entita' di essi e del relativo nesso (in termini di consequenzialita' logica e oggettiva) rispetto alla partecipazione in concreto operata.

ANNULLAMENTO AGGIUDICAZIONE - RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE P.A.

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Anche l’annullamento dell’aggiudicazione e la conseguente caducazione del contratto gia' stipulato possono essere fonte di danno ingiusto in capo a colui che ha fatto affidamento in buona fede sulla legittimita' delle operazioni di gara e sul successivo comportamento della pubblica amministrazione, tanto piu' che la stipula del contratto ha determinato l’insorgere di diritti e obblighi a carico di entrambe le parti.

E’ evidente che il venir meno dell’aggiudicazione e del conseguente contratto produce la perdita di una possibilita' di guadagno concretamente gia' acquisita e che la responsabilita' per tale perdita non puo' non imputarsi (anche) al comportamento tenuto dall’Amministrazione.

Secondo l'insegnamento della giurisprudenza civilistica, fatto proprio da questo Consiglio, nel caso di specie ricorre una ipotesi di responsabilita' (si veda Cassazione civile, sez. I, 26 maggio 2006, n. 12629, secondo cui "la posizione dell'imprenditore che abbia fatto legittimo affidamento nella aggiudicazione dell'appalto e nella successiva stipulazione del contratto e che ne ignorasse, senza sua colpa, una causa di invalidita' è specificamente presa in considerazione dall'art. 1338 c.c. Con la conseguenza che in caso di annullamento dell'aggiudicazione e di caducazione del contratto è configurabile a carico dell'amministrazione appaltante la responsabilita' contrattuale prevista dalla norma per avere generato nell'impresa dal momento dell'aggiudicazione, l'incolpevole affidamento di considerare valido ed efficace il contratto di appalto; nonche' per non averla tutelata anche attraverso il dovere di informazione, e quello di astenersi dalla stipulazione del negozio che doveva sapere invalido rientrando nei suoi poteri conoscere le cause dell'illegittima aggiudicazione”).

SPETTA IL RISARCIMENTO DEL DANNO ANCHE SE LA VIOLAZIONE DA PARTE DELLA SA E' INCOLPEVOLE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Nel caso di violazione della normativa sugli appalti pubblici da parte dell'Amministrazione, la conseguente concessione di un risarcimento danni non puo' essere subordinata al riconoscimento del carattere colpevole della violazione della normativa sugli appalti pubblici commessa dall'amministrazione aggiudicatrice, tenuto conto della sentenza della Corte di Giustizia CE cha statuito : il tenore letterale degli artt. 1, n. 1, e 2, nn. 1, 5 e 6, nonche' del sesto 'considerando' della direttiva 89/665 non indica in alcun modo che la violazione delle norme sugli appalti pubblici atta a far sorgere un diritto al risarcimento a favore del soggetto leso debba presentare caratteristiche particolari, quale quella di essere connessa ad una colpa, comprovata o presunta, dell'amministrazione aggiudicatrice, oppure quella di non ricadere sotto alcuna causa di esonero di responsabilita'.

RISARCIMENTO DANNI DA RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE - LIMITI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2013

Ai fini di cui all’art. 34, co. 4, Cpa, il risarcimento del danno da responsabilita' precontrattuale deve consistere:

- nel danno emergente, consistente nelle spese sostenute per la partecipazione alla gara;

- nel cd. danno curriculare, derivante dalla mancata stipulazione ed esecuzione del contratto, non potendosi far valere, da parte dell’impresa appellante incolpevole, nelle contrattazioni successive, il requisito economico pari al valore dell’appalto non eseguito, posto che cio' è derivato dalla sopravvenuta illegittima attivita' dell’amministrazione. Tale voce va equitativamente determinata nella misura del 3% del valore dell’appalto, come definibile dalla misura dell’offerta delle imprese appellanti incidentali (Cons. St., sez. V, 12 febbraio 2008 n. 491 e 23 ottobre 2007 n. 5592).

Contrariamente a quanto affermato ai fini del riconoscimento del cd. danno curriculare, non puo' essere, invece, riconosciuto il danno consistente nell’utile che sarebbe derivato dall’esecuzione del contratto (normalmente definito nel 10% del valore dell’appalto), dato che, nel caso di specie, non vi è stata esecuzione del contratto da parte di altro contraente (come nel caso di risarcimento del danno da illegittima aggiudicazione ad altro concorrente).

Allo stesso modo, non puo' essere riconosciuto il ristoro della perdita di ulteriori occasioni di stipulazione con altri di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe stato realizzato con la stipulazione e l'esecuzione del contratto. Cio' in quanto le appellanti incidentali non hanno idoneamente provato sia l’esistenza di occasioni contrattuali non sfruttate, sia il nesso di causalita' tra “concentrazione” delle energie imprenditoriali verso la stipulazione del contratto de quo e mancata stipulazione di altri contratti (v. in part. pagg. 62 – 63 memoria del 14 novembre 2011).

Giova, inoltre, osservare che la perdita di occasioni contrattuali per costituire evento di danno e quindi presupposto di obbligazione risarcitoria della P.A. non deve proporsi come effetto di una scelta imprenditoriale “libera”, anche se dettata da criteri di maggiore convenienza o opportunita', cio' rientrando nella piena disponibilita' dell’imprenditore.

Al contrario, essa deve costituire la conseguenza di una situazione in cui – per la natura dell’appalto, lo stato della procedura di affidamento, le modalita' di esecuzione e i contenuti del contratto da stipularsi – la scelta dell’imprenditore appare “necessitata”, in relazione alle obbligazioni che egli assumerebbe per effetto del contratto alla stipulazione del quale non si è pervenuti per responsabilita' dell’amministrazione appaltante.

COMPETENZA GIURISDIZIONALE PER ERRONEA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO DA PARTE DEL COMMISSARIO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

E’ pur vero che nello speciale procedimento disciplinato dall’art. 35 comma 2, d. lgs. n. 80 del 1998, la pronuncia sull’an debeatur e quella relativa alla indicazione dei criteri per la quantificazione del danno appartengono inevitabilmente al giudizio di cognizione davanti al Giudice amministrativo; tuttavia, in caso di dissenso sulla somma da risarcire, perche' ritenuta incongrua dal danneggiato o per inerzia da parte dell’Amministrazione, puo' essere rimesso al Commissario ad acta, nominato nel giudizio l’attuazione dei predetti criteri, al fine di giungere alla definitiva liquidazione del danno.

Nella definitiva quantificazione del danno vi è, indubbiamente, una componente di cognizione, la quale giustifica una decisione definitiva sul punto da parte del giudice dell’ottemperanza (che ha avuto forma di ordinanza ma ha contenuto sostanziale di sentenza) e una conseguente ammissibilita' dell’appello volto a contestare l’esatta quantificazione del danno operata dal commissario.

In altre parole, il passaggio dall’astratta quantificazione del danno in termini di criteri all’esatta e concreta determinazione del danno in termini monetari è un passaggio che implica poteri di cognizione dell’esatta misura del quantum.

ESECUZIONE CONTRATTO - INTERESSE A RICORRERE PER ANNULLAMENTO ATTI DI GARA

TAR SARDEGNA SENTENZA 2011

L'intervenuta esecuzione dell'appalto non rende di per se' inammissibile o improcedibile il ricorso tendente all'annullamento degli atti di gara, dovendosi ritenere persistente l'interesse all'accertamento dell'illegittimita' degli stessi, poiche' la relativa statuizione giurisdizionale assume rilievo nel giudizio risarcitorio diretto a ristorare il ricorrente del pregiudizio patito per effetto dell'illegittimita' provvedimentale.

Il principio ha trovato disciplina positiva nell'art. 34, comma 3, del codice del processo amministrativo, ai sensi del quale quando in corso di giudizio l'annullamento del provvedimento impugnato non è piu' utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimita' del provvedimento se sussiste l'interesse ai fini risarcitori (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 09 dicembre 2010 , n. 7487; T.A.R. Sardegna, sez. I, 10 marzo 2011, n. 203).

ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO INUTILE: RISARCIMENTO DEL DANNO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Nel nuovo sistema delineato dal codice del processo amministrativo l’odierno ricorso, diretto all’annullamento dell’aggiudicazione impugnata in primo grado in vista della riedizione della gara, non puo' dar luogo ad una pronuncia conforme al petitum.

Ed invero, nella specie non soccorre nessuno dei parametri cui l’art. 122 c.p.a. subordina la pronuncia di inefficacia del contratto, condizione necessaria perche' la stazione appaltante possa procedere alla rinnovazione della gara.

Ed infatti, l’appellante, classificatasi sesta, non ha effettiva possibilita' di conseguire in via diretta l’aggiudicazione alla luce dei vizi riconosciuti, di natura esclusivamente strumentale, e tanto meno, la possibilita' di subentrare nel contratto.

Inoltre, essendo il contratto in stato d’avanzata esecuzione, non è possibile la stessa rinnovazione della gara.

In questa situazione processuale non soltanto il giudice non ha ragioni per pronunciare l’inefficacia del contratto, ma lo stesso annullamento non recherebbe alcuna utilita' all’appellante, non potendo avere alcun contenuto conformativo idoneo a soddisfare l’interesse della stessa.

Orbene, ai sensi dell’art. 34, comma 3 c.p.a., “ quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta piu' utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimita' dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.

Tale articolo, infatti, introduce un principio di carattere generale volto da un lato ad inibire l’annullamento di atti che abbiano ormai esaurito i loro effetti nel corso del giudizio e, dall’altro, a tutelare, in presenza dei necessari presupposti, l’interesse all’accertamento.

In questa ipotesi l’azione costitutiva si depotenzia di quel “quid pluris” - la modificazione di una situazione giuridica - che la caratterizza rispetto al contenuto di accertamento proprio di ogni azione per ridursi a mero accertamento, per il quale il presupposto dell’interesse è costituito dall’interesse risarcitorio.

I termini del quale interesse sono segnati dal quinto comma dell’art. 30 c.p.a., secondo cui, quando sia stata proposta azione di annullamento, la domanda risarcitoria puo' essere formulata anche sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza: il che rende ragione del fatto che l’enunciato normativo si riferisce all’interesse risarcitorio e non ad una domanda risarcitoria gia' proposta.

RISARCIMENTO PER EQUIVALENTE - COMPORTAMENTO DELLA PA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Con riguardo all’entita' della obbligazione risarcitoria da porre in capo alla Gestione liquidatoria della ex U.L.S.S. n. 11, il Collegio, considerato il divario tra le posizioni delle parti, sopra evidenziato, e che pertanto si rende necessaria una ulteriore attivita' collaborativa dell’Amministrazione, ritiene di avvalersi della facolta' prevista dall’art. 34, comma 4, del codice del processo amministrativo, di stabilire criteri in base ai quali il debitore deve, entro un congruo termine, proporre a favore del creditore il pagamento di una somma di denaro, fermo restando che, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, la parte interessata puo' chiedere al giudice la determinazione della somma dovuta proponendo giudizio di ottemperanza.

Tanto premesso, applicando criteri ormai consolidati nella giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. V. 22 febbraio 2010 n. 1038; Sez. VI, 27 aprile 2010 n. 2384; 2 marzo 2009 n. 1180) il risarcimento dovra' corrispondere all'utile dichiarato dall'impresa all'atto della presentazione dell'offerta, o desumibile dal tenore complessivo di essa, ovvero dalla documentata dimostrazione che l’appellante sara' in grado di offrire all’Amministrazione.