Art. 16. Contratti relativi alla produzione e al commercio di armi, munizioni e materiale bellico
ABROGATO DAL 19-04-2016 (ART. 217 DLGS 50-2016)ABROGATO articolo abrogato dall’art.33 del D.Lgs. 208/2011 in vigore dal 15/01/2012
Giurisprudenza e Prassi
CONTRATTI ESCLUSI - INDICAZIONE COSTI SICUREZZA - IRRILEVANTE
L'art. 16 del D. L.vo n. 163/2006 (….) – applicabile nella fattispecie ratione temporis- dispone espressamente che nelle procedure per la scelta del contraente per i contratti "relativi alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico, di cui all'elenco deliberato dal Consiglio della Comunita' Europea, che siano destinati a fini specificamente militari" non si applicano tutte le disposizioni del codice stesso. Va, inoltre, precisato che l'invito a partecipare alla gara in questione è stato rivolto esclusivamente a ditte produttrici operanti in paesi extraeuropei, per cui ne' il bando, ne' la lettera di invito prescrivevano in maniera esplicita che i concorrenti dovessero esporre gia' nell'offerta i costi della sicurezza. Pertanto, trattandosi di appalto avente ad oggetto una fornitura di materiale bellico da produrre presso uno stabilimento estero da parte del concorrente aggiudicatario, non ricorre nella fattispecie la finalita' di cui al D. L.vo n. 81/2008, che è quella di assicurare e garantire "l'uniformita' della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale", per cui la stazione appaltante correttamente non ha ritenuto necessario che, gia' al momento della presentazione delle offerte, l'operatore straniero dovesse indicare i costi della sicurezza relativi alle prestazioni contrattuali appaltate nel rispetto della legislazione esistente nella nazione di residenza.
CIG SEMPLIFICATO E CIG A CARNET
Semplificazione delle modalita' di rilascio del CIG per micro contrattualistica e contratti esclusi.
CONTRATTI STIPULATI CON LA CASSA DEPOSITI E PRESTITI - NORME APPLICABILI
La clausola del disciplinare relativa alla previsione di un confronto extraprocedurale tra l’offerta risultata migliore in gara ed una proposta che sarebbe stata richiesta alla Cassa Depositi e Prestiti, non è immediatamente lesiva poiche' al momento della sua conoscenza la ricorrente non poteva sapere se la propria offerta sarebbe stata migliore o peggiore di quella della Cassa. Secondo la giurisprudenza costante, e in particolare secondo l'insegnamento del Consiglio di Stato (C.d.S. A.P. 29 gennaio 2003, n. 1; Sez. VI 3 giugno 2009, n. 3404) devono essere impugnate immediatamente le sole clausole della legge speciale di gara che impediscono la partecipazione, poiche' queste possiedono una lesivita' immediata e comportano un arresto procedimentale per il concorrente interessato all'aggiudicazione. Le clausole invece che siano ritenute vizianti del procedimento devono essere impugnate in uno con l’aggiudicazione a terzi poiche' solo in tale momento diventano lesive per il concorrente non aggiudicatario. D'altronde ritenere che i concorrenti siano onerati ad impugnare immediatamente le clausole di lex specialis comportanti vizi nello svolgimento della gara significherebbe elevare ad oggetto di tutela nel processo amministrativo un interesse meramente procedimentale, rivolto cioè esclusivamente al corretto svolgimento della procedura, quando invece l'interesse dei partecipanti alle gare di appalto si rivolge al conseguimento dell’aggiudicazione. L'interesse alla legittimita' nello svolgimento della procedura di evidenza pubblica non puo' essere distinto e staccato da quello sostanziale all'ottenimento del contratto pubblico in gara, sicche' solamente quelle clausole di legge speciale che determinano la definitiva impossibilita' per il concorrente di ottenere tale bene della vita devono essere impugnate al momento della loro conoscenza, e tali sono unicamente le clausole che comportano l'esclusione dalla partecipazione alla procedura.
I contratti che vengono stipulati da Stato, regioni, enti pubblici, enti locali o organismi di diritto pubblico con la Cassa sono esenti dall'applicazione della normativa di evidenza pubblica in base a quanto stabilito dall’art. 19, comma 2, del d.lgs. 163/06. Secondo tale norma infatti le procedure dell’evidenza pubblica non si applicano agli appalti pubblici di servizi aggiudicati da un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ad un'altra amministrazione aggiudicatrice in base ad un diritto esclusivo di cui essa beneficia in virtu' di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, purche' tali disposizioni siano compatibili con il Trattato europeo.
Testo Integrale
L’articolo 23 bis costituisce una disposizione completamente innovativa nel quadro della tematica dei cosi' detti affidamenti in house, in relazione alla legittimita' dei quali, conformandosi via via alle sempre maggiormente affinate letture derivanti dall'ordinamento comunitario, la normativa interna ha adottato varie discipline.
Al fine di esplicitare la evidente eccezionalita' rispetto al normale affidamento previa gara la disposizione in parola ha previsto significative innovazioni rispetto alla disciplina previgente, consentendo il ricorso all'affidamento solo in presenza non gia' dei riconosciuti requisiti consistenti nella totale partecipazione pubblica, nel cosiddetto controllo analogo, nella rilevanza prevalente dell'attivita' svolta in house e relativi corollari, bensi' anche di eccezionali ragioni derivanti dal particolare contesto territoriale: dispone il terzo comma, infatti, che “ In deroga alle modalita' di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento puo' avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria."
In tale quadro è evidente che la disposizione di cui all'ultimo comma che prevede la persistenza del regime precedentemente in vigore relativamente alle sole procedure gia' avviate all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-consentendo pertanto di avviare procedure "in deroga" nel periodo intercorrente tra il decreto-legge e sua conversione – deve essere restrittivamente intesa, da un lato, e, dall’altro, legittimare le sole procedure gia' avviate ma non concluse nell’impero della nuova disciplina.
In caso di una procedura conclusa, ma annullata non si ha la ripresa della originaria procedura , ma un nuovo affidamento la cui procedura conseguentemente va assoggettata alla normativa di cui all'articolo 23 bis. Cio' per la concludente ragione che l'applicazione dei principi contenuti nella sentenza comportava per l'amministrazione non gia' una sorta di sanatoria del procedimento prima seguito emendandolo dai vizi che lo rendevano illegittimo, bensi' una nuova verifica della conformita' all'interesse pubblico della scelta effettuata in ordine all'affidamento in house, ove suffragata da positiva individuazione delle ragioni tecniche economiche che accertavano, da un lato, l'impossibilita' di procedere all'affidamento con gara, dall'altro, la diseconomicita' della stessa, e cio' alla luce delle statuizioni che questa sezione aveva affermato proprio in relazione alla non congruita' sotto il profilo dell’interesse pubblico dell'affidamento diretto a un soggetto che poi, non avendo la possibilita' di espletare in proprio il servizio, era stato obbligato ad affidare il servizio medesimo al precedente affidatario, il quale aveva chiesto all’amministrazione un adeguamento del corrispettivo.
La qualificazione di nuovo procedimento reca con se' necessariamente l'assoggettamento della procedura al regime dell'articolo 23 bis, con conseguente necessita' di acquisizione dei pareri da parte delle Autorita', ovvero della sussistenza dei requisiti di cui al comma tre della richiamata disposizione.
INTERPRETAZIONE CLAUSOLA AMBIGUA - PUBBLICITA' SEDUTA DI GARA
Le disposizioni della lex specialis, quali quelle censurate, che non conterrebbero menzione della data, dell’ora e del luogo della gara, esprimendo la loro attitudine lesiva solo a seguito del materiale svolgimento delle operazioni di gara, non sono soggette all’onere di immediata impugnazione, la quale, anzi, se interposta prima dell’adozione del provvedimento terminale della gara, sarebbe per il vero inammissibile per carenza di attualita' della lesione. Siffatte clausole vanno dunque impugnate solo in uno con l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione ad altra impresa, o del provvedimento che determini un arresto procedimentale ai danni dell’impresa ricorrente, ossia dell’esclusione dalla gara.
A fronte di una clausole di gara ambigua, incerta o comunque non univoca, l’Amministrazione non puo' legittimamente escludere l’impresa dalla competizione, ostandovi la tutela del principio del favor admissionis e dell’interesse pubblico a reperire la migliore offerta, obiettivo conseguibile solo per il tramite della massima partecipazione alle gare (T.A.R. Piemonte, Sez. I - sentenza 30 novembre 2009 n. 3190; Consiglio di Stato, Sez. V, 18 gennaio 2006, n. 127; Consiglio di Stato, Sez. V, 28 giugno 2004, n. 4797).
E’ noto il radicato orientamento della giurisprudenza che, al di la' delle oscillazioni relativamente all’apertura dell’offerta tecnica, sancisce che “il principio della pubblicita' delle sedute di gara per la scelta del contraente trova immediata applicazione in ogni tipo di gara, indipendentemente da un'espressa previsione da parte della lex specialis di gara, costituendo una regola generale riconducibile direttamente ai principi generali di imparzialita' e buon andamento di cui all'art. 97 Cost., almeno per quanto concerne la fase di verifica dell'integrita' dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l'offerta economica e la relativa apertura” (T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II, 9 luglio 2008, n. 6478).
PROCEDURA DI SELEZIONE RISERVATA
La Corte di Giustizia CE ha stabilito in generale che un’autorita' pubblica puo' adempiere ai compiti ad essa incombenti mediante propri strumenti, senza essere obbligata a far ricorso ad entita' esterne non appartenenti ai propri servizi, e che puo' farlo altresi' in collaborazione con altre autorita' pubbliche (v. sentenza Coditel Brabant, 13 novembre 2008, causa C 324/07).
Il diritto comunitario non impone in alcun modo alle autorita' pubbliche di ricorrere ad una particolare forma giuridica per assicurare in comune le loro funzioni. Il diritto comunitario, come interpretato dalle citate pronunce della Corte di Giustizia, consente pertanto alle amministrazioni aggiudicatrici, in alternativa allo svolgimento di una di procedura di evidenza pubblica di scelta del contraente, di stipulare un accordo a titolo oneroso con altra amministrazione pubblica, cui affidare il servizio. Lo stesso diritto nazionale prevede numerosi istituti che consentono un’agevole trasposizione dei predetti principi nell’ordinamento interno, il principale dei quali disciplinato nella stessa legge fondamentale sul procedimento amministrativo (“le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivita' di interesse comune”, ex art. 15 L. n. 241/90).
Deve quindi riconoscersi la legittimazione dell’Universita' controinteressata alla prestazione dei servizi per cui è causa, sancendo espressamente l’art. 67 del relativo statuto, intitolato “Attivita' professionale esterna”, che “L'Universita' puo' effettuare con il proprio personale e le proprie strutture, attivita' di progettazione, consulenza, trasferimento tecnologico, formazione professionale sia di primo livello che avanzata per conto di enti pubblici e privati, nonche' per le proprie esigenze anche acquisendo, ove necessario, prestazioni d'opera”.
VERIFICA OFFERTE ANOMALE - ULTERIORI GIUSITIFICAZIONI
In sede di verifica delle offerte anomale negli appalti di forniture, poiche' l’Amministrazione deve valutare la complessiva affidabilita' dell’offerta, per verificare se i prezzi offerti siano effettivamente praticabili, anche nel successivo arco temporale della fornitura, l’Amministrazione stessa puo' procedere all’analisi non solo del rapporto tra il fornitore ed il suo subfornitore, ma anche delle modalita' di approvvigionamento dei prodotti sul mercato, chiedendo alla ditta sottoposta a verifica la produzione dei contratti stipulati dai propri fornitori.
E’ quindi legittima, non essendo in contrasto con la disciplina comunitaria, la clausola del bando di gara che impone alle imprese concorrenti di produrre, in sede di verifica delle offerte anomale, i contratti stipulati dalla ditta offerente con i propri fornitori; è conseguentemente legittimo il provvedimento di esclusione di una ditta che, in sede di verifica dell’offerta, non abbia prodotto detti contratti stipulati con i propri fornitori entro il termine perentorio fissato all’uopo dalla Stazione appaltante, atteso che la P.A. appaltante ben puo', per verificare l’anomalia dell’offerta, indagare sui rapporti a monte e sulle condizioni dei fornitori di parte offerente, anche con riferimento all’approvvigionamento di beni da parte di questi ultimi.
AVVALIMENTO CERTIFICAZIONE DI QUALITA' - SUA APPLICABILITA'
E’ certamente condivisibile l’assunto per cui l’avvalimento è un principio di carattere generale di derivazione comunitaria e le limitazioni a tale facolta' originariamente previste dall’art. 49 del d.lgs. n. 163/2006 sono state ritenute in contrasto con le direttive comunitarie in materia di appalti. Come chiarito da Cds. sez. VI, 22.4.2008 n. 1956 la nota della Commissione delle Comunita' europee n. 2007/2309/C(2208)0108 in data 30 gennaio 2008, con cui si era iniziata una procedura di infrazione ai sensi dell’art. 226 del Trattato, rilevava che le limitazioni al diritto di avvalersi della capacita' di altri soggetti, previste dall’art. 49, commi 6 e 7 del d.lgs. n. 163/2006, erano in contrasto con le disposizioni delle direttive appalti pubblici, in considerazione del fatto che le direttive comunitarie riconoscono agli operatori economici il diritto di avvalersi della capacita' di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami e senza alcuna limitazione. La sola condizione, si precisava, era quella di permettere all’amministrazione aggiudicatrice di verificare che il candidato/offerente disporra' delle capacita' richieste per l’esecuzione dell’appalto. Si è poi adeguato il legislatore con le modifiche apportate agli artt. 49 e 50 del d.lgs. n. 163/06 con il d.lgs. n. 152/08, disciplinando espressamente l’avvalimento in relazione ai sistemi di attestazione e qualificazione (SOA e non solo), nel rispetto tuttavia del prerequisito in fatto, imprescindibile proprio alla luce della giurisprudenza comunitaria, della effettiva disponibilita' da parte del candidato offerente delle capacita' richieste per eseguire l’appalto. Il supremo consesso amministrativo, dopo aver dapprima sostenuto che le certificazioni di qualita' fossero requisiti tout court soggettivi, ancorchè tecnici, non suscettibili di prestito, al pari dei requisiti morali di cui all’art. 76 del d.lgs. n. 163/2006 (Cds. sez. V, n. 5517/01), si è adeguato agli orientamenti comunitari. Tuttavia questi ultimi, cosi' come la piu' recente giurisprudenza amministrativa, vanno intesi nel loro effettivo significato, correttamente recepito dal legislatore. Nel disciplinare l’avvalimento delle attestazioni e certificazioni tecniche e/o di qualita' la legge prescrive, al co. 2 dell’art. 49 lett. d), che l’impresa ausiliaria dichiari di obbligarsi a “mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente” (e non certo a mettere a disposizione la certificazione avulsa dalle risorse); ancora l’art. 50, il cui ultimo comma è espressamente riferito ai sistemi di attestazione e qualificazione nei servizi e nelle forniture, al co. 1 lett. b) impone identico obbligo di mettere a disposizione le “risorse oggetto di avvalimento”.
Nel caso di specie è pacifico, sia per la dizione letterale del contratto di avvalimento in atti, sia dal tenore delle difese della parte controinteressata, che la N. ha messo a disposizione la “certificazione” e non le risorse che le hanno consentito di conseguirla; afferma la stessa controinteressata, nella memoria depositata in data 20.10.2009, che l’attestazione di qualita' per cui è causa, attenendo all’organizzazione di impresa, non poteva proprio essere oggetto di “prestito di risorse”, non essendo pensabile un trasferimento dell’organizzazione di impresa. La tesi non pare nella sua assolutezza condivisibile, poiche' l’avvalimento non richiede alcun trasferimento di risorse bensi' una “messa a disposizione delle stesse”; neppure è in astratto escluso (si pensi ai gruppi societari e ai consorzi) che un’impresa disponga dell’organizzazione d’impresa altrui; si pensi ancora all’ipotesi in cui la certificazione di qualita' prescritta afferisca ad una parte di servizio che viene svolto dall’ausiliaria, la quale si trova cosi' contestualmente a “prestare” la certificazione e le risorse relative alla parte di servizio. Quello che per contro non pare ammissibile è che si crei una sorta di circolazione di certificazioni astratte; seguendo la tesi di parte controinteressata un’impresa che ottenga la certificazione di qualita' potra' “prestare” indefinitamente tale certificazione a chiunque, senza contestualmente rendere parti di servizio ne' mettere a disposizione strutture organizzative, finendo per creare un “certificato” vuoto soggetto a circolazione indefinita ed altrettanto indefinitamente invocabile da terzi, pacificamente privi del requisito di qualita', senza ulteriori e contestuali legami tra impresa ausiliaria e ausiliata.
DISTRIBUZIONE GAS - INDIZIONE PROCEDURA DI AFFIDAMENTO
In merito al servizio di distribuzione del gas naturale, non esiste alcuna norma che imponga al Comune che affida il servizio mediante gara di non procedere a indirla prima di un certo termine anteriore alla scadenza della concessione in essere. Va anzi osservato che un congruo anticipo nell’indire la gara si risolve in piu' tempo a disposizione per gestire il procedimento e il contenzioso derivante, quindi aumenta la possibilita' che alla scadenza in questione sia gia' individuato con certezza il soggetto pronto ad assumere la gestione e si evitino fenomeni di prorogatio: tale risultato si deve ritenere non gia' vietato, ma anzi imposto dal principio di buon andamento dell’amministrazione, considerando che si tratta in primo luogo di garantire un servizio pubblico essenziale, e in secondo luogo di aprire alla concorrenza un settore che ne era sino a quel momento estraneo, risultato che assicura una migliore efficienza del mercato e quindi, secondo logica, va in quanto possibile favorito. A fronte di tali considerazioni, l’anticipo di circa tre anni con il quale si è attivato il Comune di Toscolano appare allora non illogico ne' eccessivo.
SOCIETA' COMPARTECIPATA - LIMITI ALL'AFFIDAMENTO IN HOUSE
Nel caso di una societa' compartecipata - ancorche' in via totalitaria - da piu' enti pubblici, che sia diretta affidataria di un servizio pubblico locale, il requisito del "controllo analogo", inteso nei sensi della "dottrina Teckal", necessario per ritenere legittimo l’affidamento in house di appalti pubblici, non postula necessariamente anche il "controllo", da parte del socio pubblico, sulla societa' e, in via consequenziale, su tutta l’attivita', sia straordinaria sia ordinaria, da essa posta in essere, assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell’art. 2359 c.c., essendo, invece, sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario sia effettivo, ancorche' esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati. Infatti, il requisito del controllo analogo non sottende una logica "dominicale", rivelando piuttosto una dimensione "funzionale": affinche' il controllo sussista anche nel caso di una pluralita' di soggetti pubblici partecipanti al capitale della societa' affidataria non è dunque indispensabile che ad esso corrisponda simmetricamente un "controllo" della governance societaria.
Il requisito del "controllo analogo", necessario per il legittimo affidamento diretto di appalti pubblici ad una societa', postula un rapporto che lega gli organi societari della societa' affidataria con l’ente pubblico affidante, in modo che quest’ultimo sia in grado, con strumenti pubblicistici o con mezzi societari di derivazione privatistica, di indirizzare "tutta" l’attivita' sociale attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento; risulta quindi indispensabile che le decisioni piu' importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalita' degli enti pubblici soci.
COSTO DEL LAVORO - GIUSTIFICAZIONI
La giurisprudenza amministrativa ha piu' volte escluso l’inderogabilita' del costo orario medio della manodopera fissato nelle tabelle FISE, attribuendo natura meramente ricognitiva al decreto ministeriale che le approva ed affermando che, viceversa, deve consentirsi all’impresa offerente di rendere giustificazioni in ordine al costo del lavoro inferiore ai minimi retributivi tabellari, cosi' rimettendo al giudizio della commissione la stima della congruita' di tali giustificazioni (cfr., tra molte, Cons. Stato, sez. V, 11 ottobre 2002 n. 5497; Id., sez. V, 23 agosto 2006 n. 4949; TAR Lazio, sez. I-bis, 22 dicembre 2006 n. 15610).
Se cio' è vero, deve coerentemente negarsi che la rispondenza dell’offerta economica ai valori desumibili dalle tabelle ministeriali sia di per se' sufficiente ad escluderne l’anomalia, specialmente nell’ipotesi in cui il D.M. richiamato dal bando di gara sia di fatto superato e non piu' attuale, per effetto degli aumenti retributivi previsti dal nuovo C.C.N.L., divenuti applicabili gia' prima della pubblicazione del bando di gara (ed a fortiori conoscibili ed applicabili prima della formulazione delle offerte economiche da parte dei concorrenti).
In altri termini, se la verifica di anomalia deve tendere ad accertare in concreto la serieta' ed affidabilita' del prezzo offerto, la stazione appaltante puo' e deve esigere giustificazioni sul costo del personale da impiegare, sulla base del contratto collettivo di lavoro che l’impresa appaltatrice dovra' effettivamente applicare a partire dal primo giorno di svolgimento del servizio, quand’anche il contratto collettivo non sia stato ancora trasfuso nelle tabelle redatte dal Ministero del Lavoro.
SERVIZIO DI ILLUMINAZIONE VOTIVA - PROCEDURA DI AFFIDAMENTO
Il servizio pubblico di illuminazione votiva dei cimiteri comunali è un servizio pubblico locale a rilevanza economica e fruizione individuale, poiche' richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi, personale da destinare ad un’attivita' economica rilevante in quanto suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore (Cons. St., Sez. V, 14 aprile 2008 n. 1600).
La disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, è stata modificata a seguito dell’emanazione dell’art. 23 bis del d.l. 25 giugno 2008 n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133. Con tale norma, si e' affermato: a) che “il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene in via ordinaria, mediante procedure competitive ad evidenza pubblica nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunita' europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicita', efficacia, imparzialita', trasparenza, adeguata pubblicita', non discriminazione, parita' di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalita'”; b) che “in deroga alle modalita' di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l’affidamento puo' avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria”; c) che “nei casi di cui al comma 3, l’ente affidante deve dare adeguata pubblicita' alla scelta, motivandola in base ad un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorita' garante della concorrenza e del mercato e alle autorita' di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione”.
Per gli affidamenti in deroga disciplinati dall’art. 23 bis, comma 3, si prevede che essi avvengano nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria; pertanto, l’ente locale che intenda affidare un servizio pubblico locale ai sensi della disposizione in commento, deve presentare una richiesta di parere, corredata dalle informazioni e dai documenti rilevanti, all’Autorita' garante della concorrenza e del mercato, prima di adottare la deliberazione di affidamento del servizio e, in ogni caso, in tempo utile per il rilascio del prescritto parere (cfr. comunicazione del 20 ottobre 2008, avente ad oggetto l’applicazione dell’art. 23 bis). In particolare, l’ente locale deve fornire alla predetta Autorita': una relazione contenente gli esiti delle indagini di mercato, da cui risulti la convenienza dell’affidamento diretto rispetto all’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica; informazioni circa le modalita' con le quali sono stati resi pubblici gli elementi di cui sopra; tutte le indicazioni soggettive relative all’impresa interessata.
L’autorita' quindi rilascia il parere previsto, ma in caso di incompletezza delle informazioni puo' fissare un termine per il completamento della richiesta di parere. All’esito della procedura, l’ente locale deve tener conto del parere rilasciato.
In conclusione, la deliberazione che ha stabilito la gestione diretta del servizio di illuminazione votiva del cimitero comunale e ha affidato la riscossione dei proventi ad una societa' interamente partecipata dal comune si palesa irrimediabilmente viziata sotto i seguenti profili: la delibera è stata assunta, con falsa applicazione dell’art. 113 bis d. lgs. n. 267/2000, sul presupposto, rivelatosi erroneo, che il servizio di cui trattasi costituisca “servizio pubblico privo di rilevanza economica”; il provvedimento è stato adottato in violazione dell’art. 23 bis d.l. n. 112/2008, non essendo stato adempiuto l’obbligo di trasmettere gli atti all’autorita' Garante per la Concorrenza e per il Mercato al fine di acquisirne il prescritto parere; il provvedimento è stato emesso senza previo accertamento di situazioni che non permettono un efficace e utile ricorso al mercato.
AFFIDAMENTO IN HOUSE E CONTROLLO ANALOGO
Nella controversia in esame, in prima battuta occorre valutare se, in caso di affidamento in favore di societa' partecipata da piu' enti pubblici, il controllo analogo debba essere esercitato da ognuno degli enti territoriali che si avvalgono della societa' per il soddisfacimento delle esigenze della collettivita' di riferimento o se sia sufficiente che detto controllo venga espletato dai soci nella loro totalita'. Si deve cioè valutare se in materia debba prevalere un approccio atomistico che consideri singulatim la posizione di ogni ente locale rispetto ad un criterio sintetico che traguardi in modo complessivo la collettivita' dei soci governata in ambito societario attraverso il metodo maggioritario. Il Collegio, in adesione all’impostazione di recente tracciata dalla Sezione con la decisione n. 1365/2009, reputa di dovere seguire il criterio sintetico imperniato sui rapporti tra la collettivita' degli enti pubblici socie rispetto alla societa' affidataria.
Va in primo luogo premesso la figura dell’in house providing si configura come un modello eccezionale, i cui requisiti vanno interpretati con rigore poiche' costituiscono una deroga alle regole generali del diritto comunitario imperniate sul modello della competizione aperta. (Cons. Stato, sez. II, parere 18.4.2008, n. 456/2007; . C.G.A.R.S., 4.7.2007, n. 719; Cons Stato, se. VI, 1514/07).
La giurisprudenza amministrativa, recependo le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, ha rimarcato che il controllo analogo, idoneo ad escludere la sostanziale terzieta' dell’affidatario domestico rispetto al soggetto affidante, e' da escludere in presenza di un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attivita' del soggetto partecipato da parte dell’ente controllante-affidante che consenta a quest’ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell’affidatario. In definitiva, il requisito del “controllo analogo” postula un rapporto che lega gli organi societari della societa' affidataria con l’ente pubblico affidante, in modo che quest’ultimo sia in grado, con strumenti pubblicistici o con mezzi societari di derivazione privatistica, di indirizzare “tutta” l’attivita' sociale attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento. Deve quindi trattarsi di una relazione equivalente, ai fini degli effetti pratici –pur se non identica in ragione della diversita' del modulo organizzatorio- ad una relazione di subordinazione gerarchica, che si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sul soggetto societario. Segnatamente, la giurisprudenza di questo Consiglio ha reputato necessario che il consiglio di amministrazione della S.p.A. affidataria “in house” non abbia rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante (nella specie la totalita' di soci pubblici), eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria (Cons. Stato, sez. VI, 3.4.2007, n. 1514). Risulta quindi indispensabile che le decisioni piu' importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalita' degli enti pubblici soci. Osta alla configurabilita' del modello in parola l’acquisizione, da parte dell’impresa affidataria, di una vocazione schiettamente commerciale tale da rendere precario il controllo dell’ente pubblico. Detta vocazione, puo', in particolare, risultare dall’ampliamento, anche progressivo, dell’oggetto sociale e dall’apertura obbligatoria della societa' ad altri capitali o dall’espansione territoriale dell’attivita' della societa': l’affermarsi di una vocazione strategica basata sul rischio di impresa finisce infatti per condizionare le scelte strategiche dell’ente asseritamente in house, distogliendolo dalla cura primaria dell’interesse pubblico di riferimento e, quindi, facendo impallidire la natura di costola organica, pur se entificata, dell’ente o degli enti istituenti (Cons. Stato, sez. VI, 3.4.2007, n. 1514 e sez. V, 8.1.2007, n. 5).
IN HOUSE PROVIDING - SERVIZI PUBBLICI
Nel delimitare l’ambito di propria applicazione l’art. 13 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, oltre a far riferimento alle “società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali o locali”, pone in luce come le suddette società devono avere come oggetto, alternativamente, o “la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti” ovvero “lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza” ove consentito. Si tratta di un punto importante. La norma in esame detta come prima e più significativa prescrizione per le società pubbliche da essa disciplinate quella di “operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti “, con il corollario che le società stesse “non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara”. La ratio legis indicata dallo stesso art. 13 nel suo incipit – evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e assicurare la parità tra gli operatori – trova la sua principale esplicazione nella precisa delimitazione del ruolo delle società costituite o comunque partecipate dagli enti locali per la produzione in house di beni e servizi strumentali alla loro attività, delimitazione realizzata attraverso la imposizione di una corrispondenza soggettiva tra enti pubblici titolari del capitale sociale, ed esercitanti il c.d. “controllo analogo”, ed enti beneficiari delle prestazioni delle società. In altre parole il significato precipuo della normativa è questo: è ben possibile che gli enti pubblici costituiscano società in house per lo svolgimento di attività strumentale, e nel far questo possono sottrarsi alle procedure di gara, però poi le società che ne derivano dovranno operare solo per gli enti che le hanno generate, non potendo utilizzare il vantaggio che deriva loro da quella particolare origine, e dallo svolgimento privilegiato delle attività per conto degli enti costituenti, per partecipare a procedure di affidamento da parte di altri soggetti pubblici in condizione di solo apparente concorrenza con gli altri operatori economici.
Il comma 4 dell’art. 13 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, prevede la salvezza dei “contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data”. Tale norma non riguarda tuttavia il caso in cui la gara sia stata indetta dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006 (convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248). Il comma 3 dell’art. 13 cit. prevede invece che le società di cui al comma 1 della stessa norma cessino le attività a loro non consentite dopo un termine piuttosto ampio (30 mesi poi ancora ampliati) dall’entrata in vigore del D.L. n. 223, introducendo quindi un periodo transitorio in cui le società medesime possono continuare le attività intraprese. Si tratta tuttavia di disciplina riferita alle attività in essere, le quali possono legittimamente essere svolte nell’ambito del periodo di comporto previsto dalla legge, non già della previsione della possibile acquisizione in tale periodo, mediante la partecipazione ad ulteriori gare, di attività aggiuntive in aperta violazione dello statuto giuridico fissato per le società de quibus dal comma1 del medesimo art. 13.
L’art. 13 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, è applicabile anche alle Camere di Commercio (parere, Consiglio di Stato, Terza Sezione, adunanza del 25 settembre 2007, sub n. Sezione 322/2007), il generico riferimento alle “Amministrazioni pubbliche locali”, non potendo essere letto restrittivamente come riferito ai soli enti territoriali, ma dovendo viceversa essere interpretato come avente riguardo a tutte le pubbliche Amministrazioni che perseguano il soddisfacimento di interessi pubblici locali entro un determinato ambito territoriale (cfr. anche TAR Milano, sez. 1^, n. 140 del 2007).
AFFIDAMENTO IN HOUSE - CONTROLLO ANALOGO
Sussiste il "controllo analogo" laddove attraverso l’istituzione di un organo, denominato Assemblea dei Sindaci, i Comuni soci si siano riservati, oltre a rafforzati poteri di controllo sulla gestione, il potere, ad esercizio necessariamente congiunto (stante il metodo di voto all’unanimita'), di approvare in via preventiva tutti gli atti piu' rilevanti della societa', ovverosia, tra le altre, tutte le deliberazioni da sottoporre all’assemblea straordinaria, quelle in materia di acquisti e cessioni di beni e partecipazioni, quelle relative alle modifiche dei contratti di servizio, quelle in tema di nomina degli organi e quelle in ordine al piano industriale. E’ evidente che, in questo quadro, la mancata considerazione della sola gestione ordinaria non esclude la sussistenza di un controllo analogo concreto e reale, posto che gli atti di ordinaria amministrazione non potranno discostarsi dalle determinazioni preventivamente assunte dall'Assemblea dei Sindaci in ordine a tutte le questioni piu' rilevanti.
IN HOUSE PROVIDING - AUTOTUTELA
La gestione delle stazioni marittime e dei servizi di supporto ai passeggeri di cui all’art. 1 lett. e), d.m. 14 novembre 1994, nonche' la gestione dei locali destinati all’espletamento di attivita', anche commerciali, connesse o accessorie al traffico passeggeri, ha natura di servizio pubblico.
Il diritto comunitario è nel senso che se nel corso della durata di un rapporto di concessione sorto per affidamento diretto muta la compagine sociale dell’affidatario (con l’ingresso anche minoritario di privati) cio' comporta vulnerazione dei principi sanciti dal Trattato in materia di concorrenza.
Se ne ricava che, oltre a dover sussistere nel momento genetico del rapporto, la proprieta' pubblica della totalita' del capitale sociale non solo deve permanere per tutta la durata del rapporto ma deve anche essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilita' delle azioni posto ad opera dello statuto.
Sul punto, rilevato che analogo avviso risulta condiviso dalla decisione n. 1/2008 dell’Adunanza plenaria (che per negare la possibilita' di far ricorso all’in house providing da' appunto rilievo alla cedibilita' delle azioni prevista dallo statuto del soggetto destinatario dell’affidamento diretto), è sufficiente osservare che in mancanza di una stabile e certa incedibilita' delle azioni, il rispetto delle regole della concorrenza sarebbe rimesso (come non è ragionevolmente consentito) alla costante vigilanza degli altri operatori del settore, i quali dovrebbero verificare, per tutta la durata del rapporto sorto per affidamento diretto, la permanenza in mano pubblica del capitale.”.
Pertanto l’affidamento diretto in house presuppone che il soggetto affidatario non solo sia una societa' a totale partecipazione pubblica ma che tale assetto azionario permanga per tutta la durata della vita della societa' e sia garantito nel tempo da apposita clausola statutaria che contempli il divieto di cedibilita' a privati delle azioni.
Ai fini della legittimita' dell'affidamento diretto ad una societa' mista pubblico-privato è richiesta la presenza del socio privato “operativo” selezionato con idonea gara pubblica. A tal fine non appare idonea la pubblicazione di un semplice avviso per la raccolta di manifestazioni di interesse alla sottoscrizione di quote.
E’ legittimo l’annullamento in via di autotutela degli atti di costituzione di una societa' a totale capitale pubblico cui è stato affidato in via diretta la gestione dei servizi portuali, in tal modo contravvenendo alle regole dell’evidenza pubblica ed ai principi fondamentali di liberta' di concorrenza, trasparenza e non discriminazione dettati in materia dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria, oltre che specificamente dall’art. 6 comma 5, l. n.84 del 1994. Per quanto concerne la giustificazione dell’interesse pubblico che deve sostenere l’adozione di atti di autotutela si deve osservare che l’obbligo di esternare le ragioni che sono a fondamento degli atti posti in essere in esito a procedimenti di secondo grado trova, in materia di annullamento di atti di aggiudicazione di gare pubbliche, un limite nella doverosa considerazione dei principi costituzionali di imparzialita' e buon andamento dell’azione amministrativa in modo che, quando si accerti la violazione di tali principi, che sono a fondamento della tutela accordata alla libera concorrenza nella partecipazione alle procedure contrattuali ad evidenza pubblica, l’interesse pubblico perseguito è oggettivamente riscontrabile nella reintegrazione, attraverso l’atto di annullamento dell’aggiudicazione che abbia inciso i suddetti valori, del libero esplicarsi del confronto concorrenziale. Anche sul punto appare corretta, pertanto, la statuizione del primo giudice.”.
In termini analoghi si è espresso il T.A.R. Puglia – Lecce (cfr. sentenza n. 1270/2008): “…, diversamente da quanto accade in materia di provvedimenti amministrativi c.d. di secondo grado, laddove la P.A. procedente se individua la necessita' di annullare atti di primo grado, deve non solo esplicitare il vizio di legittimita', ma anche dare contezza delle ragioni di pubblico interesse, non riconducibili alla mera esigenza di ripristino della legalita', che l’inducono a rimuovere dal mondo del diritto l’atto stimato illegittimo (ex multis Cons. St. Sez. VI 14 gennaio 2000 n. 244), deponendo, in tal senso, anche l’espressa previsione dell’art. 21-nonies, comma 1, l. n. 241/90, purtuttavia, in materia di annullamento di atti di aggiudicazione di gare pubbliche, o di concessione di un pubblico servizio, tali principi trovano un limite nella doverosa considerazione dei principi costituzionali di imparzialita' e buon andamento dell’azione amministrativa, in modo che, quando si accerti la violazione di tali principi, che sono a fondamento della tutela accordata alla libera concorrenza nella partecipazione alle procedure contrattuali ad evidenza pubblica, l’interesse pubblico perseguito è oggettivamente riscontrabile nella reintegrazione, attraverso l’atto di annullamento dell’aggiudicazione che abbia inciso i suddetti valori, del libero esplicarsi del confronto concorrenziale (Cons. St. Sez. V 22 giugno 2004 n. 4371).
AFFIDAMENTO IN HOUSE - REQUISITI COMUNITARI
In ossequio alla sentenza della Corte di Giustizia (sentenza del 6 aprile 2006 Causa C-410/04), nel caso di un rapporto di concessione sorto per affidamento diretto la proprieta' pubblica della totalita' del capitale sociale oltre a dover sussistere nel momento genetico del rapporto non solo deve permanere per tutta la durata del rapporto ma deve anche essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilita' delle azioni posto ad opera dello statuto.
Il possesso dell’intero capitale sociale da parte dell’ente pubblico, pur astrattamente idoneo a garantire il controllo analogo a quello esercitato sui servizi interni, perde tale qualita' se lo statuto della societa' consente che una quota di esso, anche minoritaria, possa essere alienata a terzi.
Il principio per cui il controllo esercitato dalla autorita' aggiudicatrice non deve essere diluito per effetto della partecipazione, anche di minoranza, di un’impresa privata nel capitale della societa' cui sia stata affidata la gestione del servizio pubblico ed il principio per cui tale societa' deve realizzare la parte essenziale delle proprie attivita' unitamente all’ente o gli enti che la controllano, devono risultare soddisfatti “permanentemente”.
SERVIZI PUBBLICI LOCALI - AFFIDAMENTO
L’art. 23-bis del D.L. 25 giugno 2008 convertito con modificazioni in L. 6 agosto 2008 n. 133 dispone, con disciplina che espressamente si applica a tutti i servizi pubblici locali e prevale sulle norme degli ordinamenti di settore con esse incompatibili (quindi, anche sull’ordinamento relativo ai rifiuti di cui allo stesso D.L.vo 152 del 2006), che “in deroga alle modalita' di affidamento ordinario a favore di imprenditori o di societa' in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica”, i servizi pubblici locali possono anche essere diversamente affidati, “per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato”, previa “adeguata pubblicita'” a tale scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato con contestuale trasmissione “di una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorita' garante della concorrenza e del mercato e alle autorita' di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione”.
CONTROLLO ANALOGO ED AFFIDAMENTO IN HOUSE
Il presupposto per la configurabilita' del requisito del c.d. controllo analogo, necessario perche' si possa disporre legittimamente l’affidamento in house, non puo' in alcun modo prescindere dalla esistenza, in capo al Comune, della qualita' di socio dell’affidataria del servizio, in disparte dalla misura dell’entita' della partecipazione detenuta, ancorche' esigua. La verifica del controllo analogo non puo' che effettuarsi sul piano dell’esistenza di previsioni che conferiscano, agli Enti aventi una partecipazione esigua alla societa' affidataria, dei poteri di controllo nell’ambito in cui si esplica l’attivita' decisionale della societa' tramite gli organi di questa: poteri che si esplichino non solo in forma propulsiva, sub specie di proposte da portare all’ordine del giorno di detti organi, ma anche – e principalmente – di poteri di inibizione di iniziative o decisioni che contrastino con gli interessi dell’Ente locale nel cui territorio si esplica il servizio, quali rappresentati dall’Ente stesso con le suindicate proposte. Occorre, inoltre, che i predetti poteri inibitivi siano esercitabili dall’Ente pubblico come tale, a prescindere dalla misura della partecipazione di esso al capitale della societa' affidataria, ma per il semplice fatto che l’Ente, nel cui territorio si svolge il servizio, consideri le deliberazioni o le attivita' societarie contrastanti con i propri interessi ed abbia per tal ragione il potere di paralizzare le suddette deliberazioni e attivita'.
La giurisprudenza ha in particolare rinvenuto l’esistenza del controllo analogo in presenza di clausole, contenute nello statuto societario e nel contratto di servizio, attributive all’Ente locale affidante di prerogative, che l’Ente stesso puo' esercitare, ai fini del controllo sul servizio, indipendentemente dalla quota di capitale posseduta (T.A.R Lazio, Roma, n. 9988/2007, cit.).
CONCESSIONE SERVIZIO GAS - NORMATIVA APPLICABILE
Come chiarito anche dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (21 luglio 2005) l’affidamento al privato di un servizio pubblico avviene tramite una " concessione, che non rientra nell'ambito di applicazione ne' della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, ne' della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonche' degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni “, ma a cui si applica direttamente il trattato costitutivo della comunita' (articoli 43 CE e 49 CE).
Ne consegue che, a parte il contenuto del contratto di servizio che come si è detto è condizionato dal contratto tipo approvato dall'autorita' centrale, il resto ed in particolare la disciplina del procedimento di gara è sostanzialmente rimessa alla discrezionalita' dei singoli enti locali, che comunque possono esercitarla solo nel rispetto dei principi generali in materia di confronto concorrenziale e dei singoli paletti posti dall'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.
ORGANISMO DI DIRITTO PUBBLICO - PORTATA
Al fine di definire un ente quale organismo “istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale” (paragrafo 9 dell’art. 1 della direttiva 2004/18/CE; comma 26 dell’art. 3 del d.lgs. 163 del 2006), la piu' corretta interpretazione del dettato comunitario depone nel senso che il quesito vada risolto conferendo rilievo preminente non gia' al carattere (industriale o commerciale) dell’attivita' gestionale posta in essere dall’organismo di cui si discute, bensi' avendo riguardo al carattere dell’interesse (rectius: delle esigenze) al cui perseguimento detta attivita' è teleologicamente ed istituzionalmente rivolta (sul punto: Corte di Giustizia delle CE, sent. 10 novembre 1998, in causa C-360/96 Gemeente Arnhem e a. vs. B.F.I. Holding B.V.). Conseguentemente, è ben possibile che un determinato organismo persegua un interesse non industriale (ad es.: un fine di interesse generale per la collettivita' dei consumatori o degli utenti) utilizzando strumenti operativi lato sensu privatistici, e che nondimeno l’organismo stesso sia qualificabile come o.d.p. ai sensi del diritto comunitario e della relativa normativa nazionale di recepimento (sul punto – ex plurimis - Cons. Stato, Sez. VI, sent. 28 ottobre 1998, n. 1478; id., Sez. V, sent. 7 giugno 1999, n. 295).
Con riferimento ai requisiti previsti dal paragrafo 9 dell’art. 1 della direttiva 2004/18/CE (e dalle previgenti norme comunitarie in materia di appalti) al fine di individuare gli indici di riconoscimento di un organismo di diritto pubblico, appare corretta la prospettazione dell’Ente appellato, secondo cui l’ordinamento comunitario richiede (inter alia) la presenza di un doppio requisito: un primo requisito – per cosi' dire – ‘in positivo’, rappresentato dalla circostanza per cui l’organismo di cui si discute è istituito per soddisfare esigenze di carattere generale, nonche', un secondo requisito – per cosi' dire – ‘in negativo’, rappresentato dalla circostanza per cui si tratti di esigenze aventi natura non industriale o commerciale.
In presenza di un organismo il cui ambito di attivita' comprende sia attivita' volte al perseguimento di interessi di carattere industriale o commerciale, sia attivita' volte al perseguimento di interessi privi di tale carattere, la sua configurabilita' quale organismo di diritto pubblico non impone (come, pure, ipotizzato dalla difesa dell’Ente – memoria in data 22 luglio 2003, p. 12 -) il previo esperimento di una sorta di giudizio di prevalenza.
Al contrario, in ossequio alla pertinente giurisprudenza comunitaria (evidentemente ispirata dalla ratio di estendere, nei casi dubbi, le ipotesi di assoggettabilita' alle regole dell’evidenza pubblica a fronte di figure organizzative comunque riconducibili all’alveo pubblicistico), occorre concludere che l’Ente in questione sia da qualificare quale o.d.p. anche laddove la soddisfazione di bisogni di interesse generale costituisce solo una parte relativamente poco rilevante delle attivita' da esso effettivamente svolte (in tal senso: Corte di Giustizia delle CE, sent. 15 gennaio 1998, in causa C-44/96, Mannesmann).
Al riguardo, il giudice comunitario ha chiarito che la qualita' di organismo di diritto pubblico non dipende in alcun modo dall’importanza relativa che, nell’attivita' dell’organismo medesimo, è rivestita dal soddisfacimento di bisogni di interesse generale di carattere non industriale o commerciale, risultando piuttosto sufficiente a tal fine che il perseguimento di tale tipologia di bisogno rientri fra i compiti istituzionale dell’organismo di cui si discute, anche senza carattere di preminenza (Corte di Giustizia delle CE, sent. 10 novembre 1998 in causa C-360/96, Gemeente Arnhem, Gemeente Rheden vs. BFI Holding BV).
E’ stato chiarito che il ricorso ai principi del Trattato in punto di rispetto della par condicio e di salvaguardia dell’evidenza pubblica resta indefettibile sia nelle ipotesi in cui non risulti superata la c.d. soglia di rilievo comunitario (secondo un’opzione largamente accolta, del resto, dal Legislatore nazionale del ‘Codice dei contratti’), sia – piu' in generale – quando l’utilitas di cui si discute non concerna in modo diretto il settore degli appalti, bensi' altri settori di intervento di analogo ed indiscutibile rilievo economico per gli operatori (sul punto, cfr. la Comunicazione interpretativa della Commissione relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive appalti pubblici, in G.U.C.E. C179 del 1° agosto 2006).
CONCESSIONE SERVIZI DI ILLUMINAZIONE VOTIVA -SCELTA DEL CONTRAENTE
Il servizio, costituito dall’illuminazione votiva dei cimiteri comunali, sol per questo in altro non può consistere che in un servizio pubblico, in quanto assunto dal Comune e mirante a soddisfare il sentimento religioso e la pietas di coloro che frequentano il cimitero, consentendo pertanto al Comune stesso di realizzare fini sociali e promuovere lo sviluppo civile della comunità locale a termine dell’art. 112 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, recante testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Più precisamente, si tratta di concessione di servizio pubblico locale a rilevanza economica, perché richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi, personale da destinare ad un’attività economicamente rilevante in quanto suscettibile, quantomeno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore. La differenza tra le ipotesi della concessione di lavori pubblici e quella della concessione di servizi pubblici va rinvenuta nel tipo di nesso di strumentalità che lega la gestione del servizio alla realizzazione dell’opera; si avrà perciò concessione di costruzione ed esercizio se la gestione del servizio è strumentale alla costruzione dell’opera, in quanto diretta a consentire il reperimento dei mezzi finanziari necessari alla realizzazione, mentre si versa in tema di concessione di servizi pubblici quando l’espletamento dei lavori è strumentale, sotto i profili della manutenzione, del restauro e dell’implementazione, alla gestione di un servizio pubblico il cui funzionamento è già assicurato da un’opera esistente. In particolare, tanto è stato affermato proprio con riguardo al servizio pubblico di illuminazione cimiteriale, ravvisandosi per esso la seconda ipotesi nella considerazione che i lavori affidati al concessionario nell’ambito della gestione del servizio stesso afferiscono non ad un’opera nuova, ma alla manutenzione ed implementazione degli impianti esistenti.
L’art. 30 del codice contratti pubblici, nell’escludere dalla sfera di operatività del codice medesimo – ad eccezione appunto dello stesso art. 30 - le concessioni di servizi, richiede che la scelta del concessionario avvenga “nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”. E’ evidente che i principi in parola non possono ritenersi rispettati con riguardo al caso di specie, concernente un servizio (pubblico locale) non di particolare complessità tale da richiedere per il suo espletamento una specifica ed articolata organizzazione imprenditoriale, essendo notorio che il servizio stesso e' invece svolto nelle piccole realtà anche da ditte individuali. Deve perciò affermarsi, in definitiva, che la limitazione alle società di capitali si risolve in una ingiustificata e discriminante preclusione nei confronti di piccole strutture dell’accesso al mercato dei servizi di settore senza, peraltro, apprezzabili vantaggi circa la qualità del servizio da rendere; e ciò anche con conseguente effetto distorsivo dell’effettiva concorrenzialità nell’ambito dello stesso mercato. Dunque, nel caso concreto in trattazione gli artt. 113, comma 5, lett. a), del T.U.E.L. (e 2, comma 6, della L.R. Lombardia n. 26 del 2003) vanno disapplicati, con la conseguenza che dev’essere negata la sussistenza di causa di esclusione dalla partecipazione alla gara a trattativa indetta dal Comune di una società in quanto di persone e non di capitali.
CONTRATTI ESCLUSI - PROCEDURA DI GARA
La Repubblica italiana, avendo posto in essere una prassi, esistente da lungo tempo e tuttora seguita, di attribuzione diretta all’A. degli appalti per l’acquisto di elicotteri di fabbricazione A. e A. B., destinati a sopperire alle esigenze di diversi corpi militari e civili, al di fuori di qualsiasi procedura di gara e, segnatamente, senza rispettare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE, e, in precedenza, previste dalla direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/62/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, come modificata e completata dalla direttiva del Consiglio 22 luglio 1980, 80/767/CEE, e dalla direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/295/CEE, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tali direttive.
SOCIETA' MISTA - SCELTA DEL SOCIO PRIVATO
Un’amministrazione pubblica è tenuta a seguire le procedure di evidenza pubblica ogniqualvolta debba scegliere un socio privato per la costituzione di una società mista, indipendentemente dal tipo di attività che tale società debba espletare (servizi pubblici locali, attività di produzione di beni o servizi nel pubblico mercato, ecc.).
Il principio fondamentale dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione è contenuto nell’art. 3 del R.D. 18..11.1923 n. 2440, il quale prevede che ogni contratto della p.a. da cui derivi un’entrata o una spesa deve essere preceduto da una gara, salvo che non ricorrano le ipotesi eccezionali in cui si possa far ricorso alla trattativa privata. Tra i contratti in questione rientrano anche quelli di società, perché dagli stessi derivano spese (conferimenti) ed entrate (eventuali utili). Infatti l’art.36 del R.D. n.827/1924 non riguarda solo gli appalti pubblici, ma anche altri contratti quali le compravendite e gli affitti e costituisce una mera esemplificazioni di ipotesi nelle quali l’amministrazione non si presenta nella sua veste autoritativa per acquisire utilità da parte dei privati. Quanto al D.L.gs n.163/2006 "Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/C e 2004/18/CE.", va rilevato che lo stesso come precisa il suo art. 1 si riferisce esclusivamente ai contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere. Si tratta dunque della disciplina di taluni particolari contratti dell’amministrazione, senza alcuna intenzione di far venir meno per gli altri contratti il principio di cui all’art. 3 del D.L. n.2440/1923, tanto che quest’ultima norma non è ricompressa tra quelle abrogate dall’art 256 del medesimo codice. Né può invocarsi in contrario l’art. 1, c.1bis della legge 7.8.1990 n.241 (comma aggiunto dall'art. 1, L. 11 febbraio 2005, n. 15.), il quale dispone che "La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente". Il procedimento di scelta del contraente previsto dall’art.3 del R.D. n. 2440/1923 costituisce infatti manifestazione di poteri autoritativi.
Nella caso di specie, pertanto, il comune non si poteva quindi sottrarre al rispetto delle procedure di evidenza pubblica allorquando ha deciso di costituire, conferendo a tal scopo un notevole valore patrimoniale in suo possesso (sub- concessione di derivazione d’acqua di cui era titolare), una società con un socio privato al fine di procacciarsi un’entrata ( eventuali profitti).
CONSULENZA PER ASPETTI GEOLOGICI
Il conferimento di un incarico professionale di consulenza per gli aspetti geologici nell’ambito della redazione di un piano strutturale (urbanistico) e di un regolamento edilizio non rientra né nell’ambito della disciplina degli appalti di lavori pubblici (trattandosi invero di un’attività professionale – qualificata locatio operis – riferibile ad una scelta eminentemente fiduciaria del professionista), né in quella degli appalti di servizi (non rinvenendosi i caratteri propri dell’appalto di servizio ex art. 1655 C.C. e art. 3 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, giacché l’appalto si distingue dal contratto d’opera in quanto l’appaltatore deve essere una media o grande impresa, C.d.S., sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4573).
D’altra parte, anche se non è espressamente disciplinato il conferimento di tali incarichi fiduciari, in base ai principi di trasparenza e di buon andamento, l’amministrazione può stabilire le regole per l’individuazione in concreto del soggetto più idoneo ed adeguato (per professionalità, esperienze, conoscenze tecniche) cui conferire il predetto incarico fiduciario, regole alle quali essa stessa è poi ineluttabilmente vincolata, proprio in ossequio ai principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento fissati dall’articolo 97 della Costituzione.
In tal caso, le prescrizioni contenute nel bando di gara e nella lettera d'invito costituiscono la lex specialis della gara e vincolano non solo i concorrenti, ma la stessa amministrazione che non conserva, perciò, alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione, né può disapplicarle.
DURC - VERIFICA DELLA REGOLARITA' E GIURISDIZIONE
A seguito dell’entrata un vigore della disciplina sul certificato di regolarità contributiva, dettata dall’art.2 del D.L. 25 settembre 2002 n. 210 , così come modificato dalla legge di conversione 22 novembre 2002 n. 266 e dall’art. 3, comma 8 lett. b-bis) del D.Lgs. 14 agosto 1996 n. 494, lettera aggiunta dall’art. 86, comma 10, del D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276, la verifica della regolarità contributiva non è più di competenza delle stazioni appaltanti, ma è demandata agli enti previdenziali.
La stazione appaltante in una siffatta situazione non deve dunque far altro che prendere atto della certificazione senza poter in alcun modo sindacarne le risultanze (come avviene del resto con riferimento a qualsiasi certificazione acquisita per comprovare requisiti, il cui accertamento è affidato ad altre amministrazioni).
Conseguenza di quanto testè evidenziato è inoltre che il procedimento di rilascio della certificazione di regolarità contributiva ha una sua autonomia rispetto al procedimento di gara (si è già del resto sottolineato che la stessa certificazione è richiesta anche per i lavori privati, ove non si fa certo riferimento a procedimenti di gara) ed è sottoposto alle regole proprie della materia previdenziale, della cui corretta applicazione è peraltro competente a conoscere il giudice ordinario.
AFFIDAMENTO DIRETTO
L’art. 113, comma 14° d.lgs. 267/00 è una norma sicuramente eccezionale, in quanto esula dai canoni dell’ordinarietà laddove - in deroga al principio della tutela della concorrenza, a presidio del quale sono dettate in subiecta materia proprio le disposizioni del menzionato art. 113 (cfr. comma 1°) - consente agli enti locali di affidare direttamente, e perciò senza alcun confronto concorrenziale, la gestione dei servizi pubblici locali o di loro segmenti a soggetti da loro distinti, che abbiano la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali all’uopo necessari.
Le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali richiamati dal legislatore, vanno individuati in quelle infrastrutture fisse, complesse e non facilmente riproducibili (quali le linee ferroviarie, i gasdotti, le reti idriche, quelle telefoniche, ecc.) che attengono ai settori del trasporto, dell’energia e delle telecomunicazioni, e non siano da confondere con le attrezzature mobili, ove del caso deperibili ed agevolmente duplicabili, come sono quelle che afferiscono allo svolgimento del servizio di igiene urbana, nei suoi specifici segmenti relativi alla raccolta ed al trasporto dei rifiuti. Deve, poi, trattarsi di infrastrutture inamovibili che appartengano ad un soggetto estraneo all’ente locale e di cui quest’ultimo non possa dotarsi, se non con rilevante e non conveniente dispendio di risorse finanziarie e strumentali.
Di conseguenza l’affidamento del servizio di igiene urbana non può avvenire in base all’art. 113, comma 14° del d.lgs. 267/00.
ALLEGATO II B - PUBBLICITA' OFFERTE - PRINCIPIO TRASPARENZA
La seduta pubblica per l’apertura delle buste contenenti le offerte di gara costituisce una regola generale rispondente ai principi di trasparenza ed imparzialità, e come tale, se non espressamente esclusa dalla legge o dalla disciplina di gara, deve ritenersi applicabile ad ogni tipo di procedura concorsuale.
Nella fattispecie in esame, si ritiene che l’affidamento di un servizio (di ristorazione) di così rilevante importo debba avvenire attraverso un procedimento che garantisca rigorosamente il rispetto, tra gli altri, dei principi di imparzialità, parità di trattamento e trasparenza dell’azione amministrativa e ciò in forza dell’art. 27 del D.Lgs. n. 163/2006 il quale statuisce che: “l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parti, dall’applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità”.
Il rispetto dei principi di imparzialità, parità di trattamento e trasparenza dell’azione amministrativa si garantisce attraverso la pubblicità delle sedute di gara e in particolare delle fasi di quella concernenti la verifica dell’integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica e la loro apertura. A tali principi è indubbiamente collegata anche la regola della seduta pubblica per l’apertura delle buste afferenti alla gara.
La violazione di tale fondamentale norma procedimentale comporta l’invalidità derivata di tutti gli atti di gara e ciò anche a prescindere dalla concreta dimostrazione di un’effettiva lesione della trasparenza della gara e della par condicio tra i concorrenti.
CONFORMITA' URBANISTICA ED OFFERTA
La mancanza di conformità urbanistica non incide, infatti, sulla valutazione delle offerte, e quindi, ai fini dell’attribuzione del punteggio ma, come evidenziato dalla stessa Commissione, costituisce impedimento di fatto all’apertura della farmacia, senza che possa ritenersi utile la domanda di variazione di destinazione d’uso, in quanto fatta dopo la presentazione delle offerte e considerato che sussiste un impedimento strutturale, sotto forma di altezza minima richiesta dal regolamento edilizio, che preclude la possibilità di ipotizzare una variazione di destinazione d’uso successiva all’eventuale aggiudicazione.
Nel caso in esame la Commissione ha escluso dalla gara la ricorrente in primo grado per inidoneità urbanistica dei locali indicati quale sede della farmacia in quanto, pur non essendo tale idoneità espressamente prevista dalla normativa di gara, essa “costituisce un requisito essenziale nella valutazione dell’offerta in quanto in caso di aggiudicazione, in carenza della stessa, sussisterebbe un impedimento di fatto all’apertura della farmacia, non essendo ipotizzabile la presa in considerazione di localizzazioni della sede farmaceutica diverse da quelle indicate in sede di gara in quanto si altererebbe la “par condicio” dei concorrenti.
AFFIDAMENTO IN HOUSE - CONDIZIONI
Le decisioni relative all'individuazione delle condizioni che consentono il legittimo affidamento di servizi pubblici e di appalti pubblici con il sistema dell'in house providing e a società miste. Va rimessa ai sensi dell'art. 45 T.U. n. 1054 del 1924, all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, al fine di assicurare una linea ermeneutica omogenea e unitaria.
AFFIDAMENTO IN HOUSE - DIVIETI
L’affidamento diretto, da parte del Comune della gestione dei rifiuti solidi urbani alla società contrasterebbe con i principi sanciti relativamente ai c.d. “affidamenti in house” dalla giurisprudenza comunitaria, data l’esiguità da parte del comune della titolarità del capitale (1%) della società affidataria.
Pareri tratti da fonti ufficiali
A8. La normativa sulla tracciabilità dei flussi finanziari si applica ai contratti esclusi in tutto o in parte dal Codice dei contratti di cui al Titolo II, parte I, del Codice stesso?
D8. Quali fattispecie sono escluse dall'obbligo del versamento del contributo?
D10. Se la stazione appaltante è un organismo nazionale operante all’estero, cioè bandisce una procedura di affidamento da espletare in un Paese estero (quale USA, Giappone, Cina, Sud America) sussiste l’obbligo del versamento del contributo?
D35. Stiamo avviando una procedura per lotti con importo complessivo posto a base di gara pari (o superiore) a € 150.000. Tutti i lotti sono esclusi dall’obbligo di contribuzione poiché appartenenti alle fattispecie di cui agli articoli 16, 17, 18 e 25 del Codice, come indicato nella sezione A delle Istruzioni operative. Siamo tenuti a registrare la gara?