Giurisprudenza e Prassi

UTILE IMPRESA - QUOTA RIGIDA E FISSA - ILLEGITTIMA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Nel caso in esame, non sussiste la lamentata oggettiva impossibilità a presentare un’offerta; si è trattato, invece, di una impossibilità soggettiva della ricorrente.

A riprova di ciò, va rilevato che sono state presentate in gara tre offerte e che il servizio è stato aggiudicato senza che nessuno degli offerenti abbia impugnato il bando di gara, né immediatamente, né a conclusione della procedura.

L’utile stimato dalla Stazione appaltante, pari al 2% è stato ritenuto “assai esiguo” dal TAR, nonostante che l’Azienda abbia rimarcato che il margine teorico di utile indicato doveva essere considerato passibile di incremento a seguito di risparmio sui consumi.

L’aggiudicataria ha conseguito l’appalto con una offerta in cui l’utile è pari allo 0,66 % (lotto 1) e allo 0,60% (lotto 2).

Secondo la giurisprudenza, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile fissare una quota rigida di utile al di sotto della quale l'offerta debba considerarsi per definizione incongrua, dovendosi invece avere riguardo alla serietà della proposta contrattuale, atteso che anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio importante (Consiglio di Stato, sez. III , 17/06/2019 , n. 4025; V, 29 dicembre 2017, n. 6158; 13 febbraio 2017, n. 607 e 25 gennaio 2016, n. 242; sez. III, 22 gennaio 2016, n. 211 e 10 novembre 2015, n. 5128).

Analogamente, può affermarsi che non è possibile fissare una quota rigida di utile al di sotto della quale la base d’asta debba considerarsi palesemente incongrua e irragionevole.

Una base d’asta che contempli un margine di utile esiguo è frutto di un contemperamento di interessi che rientra nella sfera di discrezionalità della stazione appaltante: è ovvio che un vantaggio in termini di risparmio possa comportare una perdita in termini di qualità, ma la scelta di quale sia il vantaggio da perseguire in via prioritaria appartiene pur sempre alle valutazioni interne dell’Amministrazione e non è escluso che, dato il carattere concorrenziale del mercato, la qualità del servizio non risulti eccessivamente penalizzata dalla scelta di privilegiare l’economia di spesa.

La circostanza che per il medesimo servizio il gestore uscente in prosecuzione per sei mesi abbia conseguito importi notevolmente maggiori rispetto alla base d’asta (pari a € 2.711.457,00 per il lotto 1 e a € 1.730.850 per il lotto 2) non ne dimostra l’irragionevolezza e incongruità, come vorrebbe la società ricorrente, quanto piuttosto l’utilità per la stazione appaltante di porre in essere la gara con base d’asta più contenuta.

Pertanto, alla luce di tali considerazioni, è fortemente dubbio che ricorra quell’impedimento assoluto alla formulazione di offerte prospettato dalla ricorrente in primo grado e che sussista quella lesività oggettiva del bando che ne determina l’impugnabilità immediata da parte del soggetto che non ha preso parte alla gara.

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STAZIONE APPALTANTE: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. o) del Codice: le amministrazioni aggiudicatrici di cui alla lettera a) gli enti aggiudicatori di cui alla lettera e), i soggetti aggiudicatori di cui alla lettera f) e gli altri soggetti aggiudicatori di cui alla ...