IL SERVIZIO DI TRASPORTO SANITARIO DI EMERGENZA-URGENZA NON SOTTOPOSTO AL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
in termini di coordinamento tra il Codice dei contratti pubblici e il Codice del Terzo Settore, giova soffermarsi sull’esegesi della normativa pertinente al caso di specie.
Ai sensi dell’art. 55, del d.lgs. n. 117 del 2017 le amministrazioni pubbliche, nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale nei settori delle attività di interesse generale, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona.
Inoltre, ai sensi dell’art. 56 del d.lgs. n. 117 del 2017, esse possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno 6 mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato.
Questa è la fattispecie che ha determinato maggiori problemi ermeneutici.
Infatti, da un lato, tale norma sembra richiamare una modalità organizzativa sottratta tout court alla disciplina degli appalti pubblici, laddove prevede che “Le convenzioni di cui al comma 1 possono prevedere esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente sostenute e documentate”.
Sul punto, il Consiglio di Stato, con il parere n. 2058/2018 ha chiarito che “occorre intendersi su tale locuzione, atteso che […] il rimborso che escluda la remunerazione di tutti i fattori della produzione altrui (capitale e lavoro) e copra solamente le spese vive, nega l’onerosità della prestazione ed enuclea un contesto di servizio di interesse generale non economico, non interferente, in quanto tale, con la disciplina del codice dei contratti pubblici. A questo riguardo, la stessa disposizione del quarto comma dimostra l’impossibilità di pervenire, sul piano dello stretto diritto positivo, ad un approdo sicuro…Per tentare una sintesi, sembra far propendere per la onerosità del servizio sociale di interesse generale oggetto della convenzione la riconduzione tra le spese rimborsabili dei costi indiretti e forse anche degli oneri relativi alla copertura assicurativa, ma è indubbio che si tratta di ipotesi limite, non costruite con previsioni di portata generale, che si collocano quasi in una terra di nessuno”.
Ebbene, più di un elemento porta a ritenere che siamo di fronte ad uno strumento che si colloca a cavallo tra la logica della sussidiarietà e quella della concorrenzialità.
Invero, l’art. 56, da un lato, limita la possibilità delle amministrazioni pubbliche di sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, solo al caso in cui ciò sia “più favorevole rispetto al ricorso al mercato”.
Sul punto, il già citato parere del Consiglio di Stato, n. 2052/2018 osserva che “La clausola finale induce a ritenere, sul piano sistematico, che siano deducibili nella convenzione servizi economici di interesse generale, in quanto, altrimenti, cioè nella prospettiva della non onerosità, non si porrebbe, sul piano logico prima ancora che giuridico, il problema della comparazione di convenienza della scelta tra ricorso al mercato e convenzione”.
Sul punto, ha cercato di fare chiarezza il citato decreto ministeriale n. 72/2021 evidenziando che “l’art. 56 del CTS pone in capo alle pubbliche amministrazioni l’obbligo di verificare che il ricorso alle convenzioni risulti «più favorevole rispetto al ricorso al mercato». Si tratta di una locuzione inserita su richiesta del Consiglio di Stato in sede di espressione del parere sullo schema di decreto legislativo (si veda il già citato parere n. 1405/2017) al fine di enucleare il «giusto punto di equilibrio» fra «la tutela della concorrenza [quale] principio eurounitario cui deve uniformarsi sia l’attività legislativa sia quella amministrativa di ciascuno Stato nazionale» ed il favor espresso dal principio di sussidiarietà orizzontale». Una lettura condivisibile della prescrizione induce a ritenere che non si tratti di una mera valutazione economica di riduzione dei costi gravanti sulle PP.AA. bensì che si richieda di verificare l’effettiva capacità delle convenzioni di conseguire quegli obiettivi di solidarietà, accessibilità e universalità che la giurisprudenza europea ha evidenziato come fondamento della disciplina. Pertanto, occorre “leggere” la prescrizione del «maggior favore rispetto al mercato» come formula sintetica che compendia una valutazione complessiva svolta dalla P.A. sugli effetti del ricorso ad una convenzione, in luogo dell’applicazione della disciplina di diritto comune per l’affidamento dei servizi sociali (in tal senso, TAR Puglia – Lecce, sez. II, n. 2049/2019, che valorizza il profilo motivazionale)”.
Inoltre, al comma 3 il legislatore precisa che “L’individuazione delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale con cui stipulare la convenzione è fatta nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento, mediante procedure comparative riservate alle medesime. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale devono essere in possesso dei requisiti di moralità professionale, e dimostrare adeguata attitudine, da valutarsi in riferimento alla struttura, all’attività concretamente svolta, alle finalità perseguite, al numero degli aderenti, alle risorse a disposizione e alla capacità tecnica e professionale, intesa come concreta capacità di operare e realizzare l’attività oggetto di convenzione, da valutarsi anche con riferimento all’esperienza maturata, all’organizzazione, alla formazione e all’aggiornamento dei volontari”.
Il Consiglio di Stato, con il parere n. 2052/2018, ha cercato di chiarire il significato di tale norma, evidenziando che “assume rilievo il terzo comma dell’art. 56, a mente del quale “l’individuazione delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale con cui stipulare la convenzione è fatta nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento, mediante procedure comparative riservate alle medesime”. Sono enunciati principi essenzialmente riconducibili nell’ambito dell’imparzialità e della trasparenza e costituenti il contenuto imprescindibile di ogni procedimento di valutazione comparativa, o, potrebbe dirsi con diversa terminologia, ad evidenza pubblica in senso ampio. Appare peraltro chiaro che non è affermato il principio di concorrenzialità (libera concorrenza), che specifica, di regola, il procedimento finalizzato all’aggiudicazione (ed anche all’esecuzione) degli appalti e delle concessioni. Di tale diversità si ha contezza anche raffrontando i principi individuati nella norma oggetto di disamina con quelli enucleati dall’art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016. Ciò significa che il procedimento volto alla scelta dell’organizzazione di volontariato o dell’associazione di promozione sociale per la stipula di una convenzione finalizzata allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale non è permeato dal principio di concorrenzialità, ma solamente da quello di parità di trattamento. Potrebbe, al più, ritenersi che sia garantito il principio interno di concorsualità, valorizzando il secondo periodo del comma 3, che richiede alle organizzazioni di volontariato ed alle associazioni di promozione sociale il possesso dei requisiti di moralità professionale, di idoneità professionale e di capacità tecnica professionale, seppure non con l’intensità inferibile, rispettivamente, dalla disciplina dettagliata degli artt. 80 ed 83 del d.lgs. n. 50 del 2016, ma in senso relativo, da valutare cioè, sul piano oggettivo, con riferimento alla struttura ed all’attività svolta e, sul piano soggettivo, con riferimento all’esperienza maturata, all’organizzazione, alla formazione ed all’aggiornamento dei volontari”.
Infine, l’art. 57 del suddetto decreto è dedicato in modo specifico al “Servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza”, prevedendo quanto segue: “I servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possono essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, aderenti ad una rete associativa di cui all’articolo 41, comma 2, ed accreditate ai sensi della normativa regionale in materia, ove esistente, nelle ipotesi in cui, per la natura specifica del servizio, l’affidamento diretto garantisca l’espletamento del servizio di interesse generale, in un sistema di effettiva contribuzione a una finalità sociale e di perseguimento degli obiettivi di solidarietà, in condizioni di efficienza economica e adeguatezza, nonché nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione. 2. Alle convenzioni aventi ad oggetto i servizi di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 3-bis e 4 dell’articolo 56”.
Anche la norma da ultimo citata àncora l’“affidamento diretto” al fatto che il servizio di trasporto sanitario sia caratterizzato dai requisiti di “emergenza-urgenza”.
In relazione all’art. 57, il già citato decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 72/2021 ha chiarito che esso “rappresenta la “codificazione” della giurisprudenza euro-unitaria (si vedano le già richiamate sentenze c.d. Casta e Spezzino) ed ha fondamento nella stessa direttiva sugli appalti pubblici (direttiva 2014/24/UE) che, al considerando n. 28, afferma che essa non trova applicazione in ordine “a taluni servizi di emergenza se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro, in quanto il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare qualora i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di cui alla presente direttiva”, che “proprio il dettato dell’art. 57 rende evidente che non sussiste, nell’ordinamento, alcuna «obbligatorietà della gara per l’affidamento dei servizi in questione, ma al contrario deve ritenersi oramai codificato il principio dell’affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato dei servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza» (TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 12 gennaio 2018, n, 32)” e che “La locuzione «in via prioritaria» indica – se letta nella prospettiva dell’ipotesi generale di cui all’art. 56 del CTS – una sorta di presunzione di «maggior favore rispetto al mercato»: al soddisfacimento delle condizioni previste nella disposizione, è il legislatore stesso che individua un punto di “bilanciamento” fra le esigenze solidaristiche, di equilibrio dei bilanci pubblici, e di tutela della concorrenza”.
Il servizio di trasporto sanitario di emergenza-urgenza è, pertanto, l’unico servizio chiaramente ed espressamente sottratto all’applicazione della normativa eurounitaria e nazionale in tema di appalti pubblici.
La preordinazione del trasporto mediante ambulanza a far fronte ad una situazione di emergenza (attuale o potenziale) costituisce un connotato ineludibile del servizio, al fine di dimostrare la coerenza del relativo affidamento diretto, disposto dall’Amministrazione in applicazione delle eventuali norme nazionali o regionali, con le regole-cardine dell’ordinamento sovranazionale (sul punto, Consiglio di Stato, sez. III, 3 agosto 2020, n. 4905).
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