Giurisprudenza e Prassi

DIFFERENZA TRA RISARCIMENTO DEL DANNO DA RITARDO DELLA PA E INDENNIZZO DA RITARDO

TAR CAMPANIA SENTENZA 2021

In limine litis va evidenziato come l’istanza di cancellazione della causa dal ruolo non possa trovare accoglimento in quanto la fissazione dell’udienza (e dunque, specularmente, la cancellazione della causa dal ruolo) non rientra nella disponibilità delle parti laddove, come nella specie, essendo il giudizio sottoposto a rito camerale, la stessa debba avvenire d’ufficio ai sensi dell’art. 87 comma 3 c.p.a..

Peraltro, non avendo parte ricorrente allo stato impugnato il provvedimento di diniego con ricorso per motivi aggiunti ex art. 117 comma 5 c.p.a. – che in ogni caso determinerebbe l’esigenza di conversione del rito, da camerale ad ordinario –, e per evidenti esigenze di correntezza del ruolo, l’odierno ricorso azionato con il rito sul silenzio, come preannunciato in sede di discussione, può ben essere definito, stante l’improcedibilità dello stesso per sopravvenuta carenza di interesse, avendo il Comune esitato, sia pure con provvedimento di diniego, l’istanza di parte ricorrente.

Pertanto l’interesse al ricorso deve intendersi traslato avverso l’atto di diniego, ferma restando l’improcedibilità del presente ricorso, azionato con il rito sul silenzio.

La domanda di condanna dell’Amministrazione al pagamento di una somma da quantificarsi in relazione al perdurare dell’inadempimento, a titolo di indennizzo ai sensi dell’art. 2 bis della L. 241/1990 e s.m.i., va per contro rigettata; al riguardo occorre infatti osservare che, come noto, l’art. 28 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, modificando l’art. 2-bis della L. 7 agosto 1990, n. 241, con l’aggiunta del comma 1-bis, ha introdotto tale indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimenti ad istanza di parte.

E’ noto che la fattispecie dell’indennizzo da ritardo va nettamente distinta da quella prevista dal comma 1 dell’art. 2-bis della L. n. 241 del 1990, introdotto dall’art. 7, comma 1, lettera c), della L. 18 giugno 2009, n. 69, atteso che, mentre il risarcimento presuppone la prova del danno e del comportamento colposo o doloso dell’amministrazione nonché del nesso di causalità, la fattispecie dell’indennizzo da ritardo prescinde dalla dimostrazione dei suddetti elementi, essendo sufficiente il solo superamento del termine di conclusione del procedimento.

Tuttavia, occorre evidenziare che, al fine del riconoscimento del diritto all’indennizzo, l’interessato, una volta scaduti i termini per la conclusione del procedimento e nel termine perentorio di 20 giorni dalla scadenza del termine entro il quale il procedimento si sarebbe dovuto concludere, deve ricorrere all’Autorità titolare del potere sostitutivo di cui all’art. 2, comma 9-bis, L. n. 241 del 1990, richiedendo l’emanazione del provvedimento non adottato (cfr. art. 28, secondo comma, del D.L. n. 69 del 2013 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 98 del 2013).

Orbene, parte ricorrente non ha assolto all’onere prescritto dalla richiamata disposizione nel termine ivi indicato, onde la domanda di corresponsione dell’indennizzo non può trovare accoglimento (in senso analogo, cfr. T.A.R. Campania – Napoli, sez. I, sent. 16.06.2020, n. 2417).

Sussistono eccezionali e gravi ragioni per la compensazione delle spese di lite fra le parti, avuto riguardo alla definizione in rito dell’azione sul silenzio ed alla complessità degli accertamenti richiesti onde risalire alla reale titolarità dell’area su cui sarebbe stata realizzata la scuola, quale rappresentata dal Comune resistente nella memoria di costituzione, nonché al rigetto della domanda di condanna alla corresponsione dell’indennizzo da ritardo mero.


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