Giurisprudenza e Prassi

REVISIONE PREZZI - APPALTI FORNITURE E SERVIZI - CLAUSOLA FACOLTATIVA INDICE INFLATTIVO (69.2bis)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2025

La revisione dei prezzi si giustifica cioè solo a fronte di uno squilibrio sopravvenuto del rapporto contrattuale, eccedente l’alea propria dei contratti di durata.

Tali conclusioni sono altresì confermate – come sottolineato dal Comune - da altre disposizioni in materia di appalti che, in ambiti di più dettagliata regolamentazione come i lavori evidenziano come il meccanismo della revisione dei prezzi normalmente preveda “franchigie” che non intaccano la natura dello strumento revisionale né ne compromettono le finalità. Giova ad esempio ricordare come, in materia di lavori, dallo stesso d.lgs. n. 163 del 2006 (vigente ratione temporis) fosse prevista l’irrilevanza dei mutamenti di prezzo dei materiali da costruzione in aumento o diminuzione al di sotto della percentuale di variazione del 10% (art. 133).

Nello stesso senso, l’art. 9 del d.lgs. n. 36 del 2023, non applicabile ratione temporis alla controversia oggetto della presente decisione, nell’affermare il principio della conservazione dell’equilibrio contrattuale, dopo aver disciplinato l’istituto della rinegoziazione ai primi tre commi, al comma 4 oggi stabilisce: «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l'inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità nel bando o nell'avviso di indizione della gara, specie quando il contratto risulta particolarmente esposto per la sua durata, per il contesto economico di riferimento o per altre circostanze, al rischio delle interferenze da sopravvenienze».

Il successivo art. 60, dopo aver previsto che “nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l'inserimento delle clausole di revisione prezzi riferite alle prestazioni oggetto del contratto”, prevede che le predette clausole si attivano quando si verifica una variazione del costo della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5 per cento dell'importo complessivo e operano nella misura dell'80 per cento del valore eccedente la variazione del 5 per cento applicata alle prestazioni da eseguire.

È vero che il comma 2 bis dell’articolo da ultimo citato (come inserito dall’art. 23, comma 1, lett. c), D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209) prevede che “Per gli appalti di servizi e forniture, resta ferma la facoltà di inserire nel contratto, oltre alle clausole di cui al comma 1, meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto all'indice inflattivo convenzionalmente individuato tra le parti. In tale ipotesi, l'incremento di prezzo riconosciuto in virtù dei meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto non è considerato nel calcolo della variazione del costo del servizio o della fornitura rilevante, ai sensi del comma 2, lettera b), ai fini dell'attivazione delle clausole di revisione prezzi”. Tuttavia tale disposizione di legge, si ripete non applicabile alla fattispecie controversa, è facoltativa e non obbligatoria.

In conclusione è infondato il primo motivo di appello nella parte in cui pretende che venga dichiarata la nullità parziale della clausola che prevede la “franchigia” all’adeguamento del prezzo.



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