Giurisprudenza e Prassi

RESPONSABILITA' ERARIALE - RESPONSABILITA' AMMINISTRATIVA - NON PUO' ESSERE LIMITATA SOLO AL DOLO

CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA 2024

Nel Capo IV del Titolo II del decreto-legge in esame, dedicato alle responsabilità dei dipendenti pubblici, il legislatore è intervenuto, con l’art. 21, sulla disciplina della responsabilità amministrativa, e, all’art. 23, ha modificato in senso restrittivo la disciplina del reato di abuso d’ufficio. Come ha osservato questa Corte, quando ha deciso le questioni di legittimità costituzionale sollevate sul citato art. 23, il d.l. n. 76 del 2020 si occupa, nel Capo menzionato, «delle due principali fonti di “timore” per il pubblico amministratore (e, dunque, dei suoi “atteggiamenti difensivistici”): la responsabilità erariale e la responsabilità penale» (sentenza n. 8 del 2022). Nella medesima sentenza, si è osservato che, «[b]enché l’esigenza di contrastare la “burocrazia difensiva” e i suoi guasti, agendo sulle cause del fenomeno, fosse già da tempo avvertita, la scelta di porre mano all’intervento è maturata solo a seguito dell’emergenza pandemica da COVID-19, nell’ambito di un eterogeneo provvedimento d’urgenza volto a dare nuovo slancio all’economia nazionale, messa a dura prova dalla prolungata chiusura delle attività produttive disposta nella prima fase acuta dell’emergenza».

La disposizione censurata, pertanto, può trovare idonea giustificazione in relazione al peculiarissimo contesto economico e sociale in cui l’emergenza pandemica da COVID-19 aveva determinato la prolungata chiusura delle attività produttive, con danni enormi per l’economia nazionale e conseguente perdita di numerosi punti del prodotto interno lordo (PIL), e che aveva ovvie ricadute negative sulla stessa coesione sociale e la tutela dei diritti. L’esigenza di contrastare nel modo più efficace possibile la tendenza alla “burocrazia difensiva” – che si è accentuata per effetto delle trasformazioni strutturali precedentemente sintetizzate – induceva il legislatore, nel contesto descritto, allo spostamento temporaneo della configurazione dell’elemento soggettivo verso il polo dell’underdeterrence.

L’obiettivo di stimolare l’attività degli agenti pubblici in un contesto specifico e provvisorio, evitando che la responsabilità amministrativa possa operare come disincentivo, si riflette, poi, coerentemente, nella limitazione dell’intervento legislativo alle sole condotte attive, «in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al dolo» (così la relazione illustrativa del d.l. n. 76 del 2020.

Il consolidamento dell’amministrazione di risultato e i mutamenti strutturali del contesto istituzionale, giuridico e sociale in cui essa opera, come si è già messo in evidenza, giustificano la ricerca, a regime, di nuovi punti di equilibrio nella ripartizione del rischio dell’attività tra l’amministrazione e l’agente pubblico, con l’obiettivo di rendere la responsabilità ragione di stimolo e non disincentivo all’azione.

Si allude, in primo luogo, alla ipotesi di un’adeguata tipizzazione della colpa grave già conosciuta in specifici settori dell’ordinamento, posto che, come ricordato, l’incertezza della sua effettiva declinazione affidata all’opera postuma del giudice costituisce uno degli aspetti più temuti dagli amministratori.

Altra ipotesi da vagliare con attenzione è la generalizzazione di una misura già prevista per alcune specifiche categorie, ossia l’introduzione di un limite massimo oltre il quale il danno, per ragioni di equità nella ripartizione del rischio, non viene addossato al dipendente pubblico, ma resta a carico dell’amministrazione nel cui interesse esso agisce, misura, questa, cui può accompagnarsi anche la previsione della rateizzazione del debito risarcitorio.

L’opportunità del cosiddetto “tetto” non può essere esclusa in ragione dell’esistenza del menzionato potere riduttivo, dal momento che il primo, fissato ex ante dal legislatore, varrebbe obbligatoriamente per tutti, mentre il secondo è fisiologicamente rimesso ad un apprezzamento discrezionale ex post del giudice contabile.

Piuttosto, sarebbe utile valutare una modifica anche della disciplina del potere riduttivo, prevedendo, oltre all’attuale ipotesi generale affidata alla discrezionalità del giudice, ulteriori fattispecie obbligatorie normativamente tipizzate nei presupposti.

Del pari, meritevole di considerazione potrebbe essere il rafforzamento delle funzioni di controllo della Corte dei conti, con il contestuale abbinamento di una esenzione da responsabilità colposa per coloro che si adeguino alle sue indicazioni.

Altro aspetto che potrebbe essere preso in considerazione, nell’interesse sia dell’agente pubblico che della stessa amministrazione danneggiata, è quello della incentivazione delle polizze assicurative (che, allo stato attuale, non sono obbligatorie), incentivazione, peraltro, cui ha già fatto ricorso, come rammentato, il nuovo codice dei contratti pubblici.

Ancora, come già osservato, potrebbe essere vagliata una eccezionale esclusione della responsabilità colposa per specifiche categorie di pubblici dipendenti, anche solo in relazione a determinate tipologie di atti, in ragione della particolare complessità delle loro funzioni o mansioni e/o del connesso elevato rischio patrimoniale.

Da ultimo, il legislatore potrebbe intervenire per scongiurare l’eventuale moltiplicazione delle responsabilità degli amministratori per i medesimi fatti materiali e spesso non coordinate tra loro.




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RISCHIO: Probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione;
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