Giurisprudenza e Prassi

INTEPRETAZIONE ATTI DI GARA- PREVALE INTERPRETAZIONE LETTERALE

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2022

Va preliminarmente osservato che, in tema di criteri di interpretazione dei bandi di gara, come condivisibilmente ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, anche della Sezione, (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 7 luglio 2018, n. 4849; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 31 marzo 2021, n. 843; id., 6 aprile 2021, n. 880), deve farsi applicazione del principio “per il quale ‘l'interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando ‘de quo’, soggiace alle stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss. c.c. per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, perché gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative (così, tra le tante, Cons. Stato, V, 13 gennaio 2014 n. 72); con la conseguenza che ‘la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l'esigenza della più ampia partecipazione; mentre invece le ragioni immanenti, di matrice eurounitaria, di garanzia della concorrenza che presiedono al settore delle commesse pubbliche vogliono favorire la massima partecipazione delle imprese alla selezione, perché attraverso la massima partecipazione è raggiungibile il miglior risultato non solo per il mercato in sé, ma per la stessa amministrazione appaltante (cfr. Cons. Stato, V, 15 luglio 2013, n. 3811)’ (così Cons. Stato, V, 12 settembre 2017, n. 4307)”.

Nel caso di specie, il capitolato e il disciplinare non prescrivevano affatto la fornitura di un dispositivo invasivo di tipo chirurgico, ma si limitavano a richiamarsi alla conformità dei prodotti offerti alla direttiva CE 93/42.

L’introduzione di un requisito essenziale ulteriore – cioè la pretesa classificazione del prodotto come “invasivo di tipo chirurgico” e non solo come “sterile di tipo invasivo” (entrambe previste dalla direttiva in esame) doveva essere espressamente indicato dalla legge di gara o risultare come necessitata dalla natura e dall’utilizzo normale del prodotto richiesto.


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