Giurisprudenza e Prassi

ILLEGITTIMA ESCLUSIONE PER ERRATA APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA ANTIMAFIA - RISARCIMENTO DANNI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Con riguardo all’elemento soggettivo della colpa, essa è palese, per gravissima violazione della normativa sugli appalti pubblici e della legge speciale in tema di antimafia, con il Comune ed i suoi dirigenti che si sono sostituiti alla Prefettura.

La condanna al risarcimento dei danni non richiederebbe comunque il riconoscimento del carattere colpevole dell’illegittimità commessa dall'amministrazione aggiudicatrice (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 30 settembre 2010 in causa C314/2009).

Esposto l’iter argomentativo proposto dall’appellante per contestare la sentenza impugnata, l’appello può essere esaminato nel merito.

Esso è fondato e la sentenza deve essere riformata.

Ugualmente è erronea la statuizione del TAR laddove si pretende dalla -OMISSIS- l’onere di “convincere” il Consorzio a proporre ricorso. Il TAR ha così negato il risarcimento non già per un comportamento contrario a buona fede dell’appellante ma per una imprecisata responsabilità per fatto altrui.

Si tratta di una conclusione cui ostano gli stessi insegnamenti della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 3/2011 che, come noto, ha affermato che l’art. 30, comma 3, del codice del processo amministrativo, nel prevedere che nel determinare il risarcimento, “il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”, pur non evocando in modo esplicito il disposto dell’art. 1227, comma 2, del codice civile, afferma che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza. Di qui la rilevanza sostanziale, sul versante prettamente causale, dell’omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilità di danni che si sarebbero presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 23 marzo 2011, n. 3).

Richiedere al soggetto che ha subito un danno, come ha fatto il TAR, comportamenti sostanzialmente inesigibili ha come effetto quello di reintrodurre surrettiziamente la regola della pregiudiziale amministrativa, addirittura con ulteriore aggravio e cioè quello di onerare il danneggiato di indurre un soggetto (che non ha subito alcun danno) di agire in giudizio a tutela di un interesse altrui.

Va da ultimo ricordato, quanto all’elemento soggettivo dell’illecito, che la responsabilità per danni conseguenti all'illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa; la responsabilità, negli appalti pubblici, infatti, è un modello di responsabilità di tipo oggettivo, disancorato dall’elemento soggettivo, coerente con l’esigenza di matrice unionale di assicurare l’effettività del rimedio risarcitorio (Consiglio di Stato sez. V, 25 febbraio 2016, n. 772). Va peraltro precisato che, nel caso qui esaminato, i vizi che inficiavano il provvedimento e la gravità delle violazioni imputabili all’amministrazione erano talmente evidenti che la colpa è da ritenersi comunque integrata, posto che questa ha nella sostanza supposto l’esistenza di infiltrazioni malavitose nei confronti dell’appellante per estensione da un’interdittiva relativa ad un altro soggetto imprenditoriale, come si preciserà infra nel trattare l’appello incidentale del Comune di Pozzuoli.

Tale mezzo di impugnazione, che può essere ora esaminato, con cui la sentenza di primo grado è censurata nella parte in cui ha ritenuto illegittimo il provvedimento dirigenziale n.-OMISSIS- del 5.10.2015, “in quanto non imposto dal testo unico antimafia e non avente i presupposti di cui all’art. 21-quinquies l. n. 241/1990 che impone la sussistenza di un interesse per poter procedere alla revoca”, è infondato.


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