Giurisprudenza e Prassi

LEGISLAZIONE ANTIMAFIA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - SOSPENZIONE EFFETTI INTERDITTIVA

CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA 2025

Il legislatore ha previsto, quale condizione affinché possa essere richiesta l'ammissione al controllo giudiziario volontario, che l'imprenditore richiedente sia destinatario di una informazione interdittiva emessa ai sensi dell'art. 84, comma 4, cod. antimafia (e, dunque, di una interdittiva adottata in esito alla valutazione discrezionale del prefetto della sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nell'impresa), la quale sia stata impugnata dinanzi al giudice amministrativo (art. 34-bis, comma 6, cod. antimafia).

Con tale previsione il legislatore ha stabilito un inedito collegamento tra la prevenzione giudiziaria e la prevenzione amministrativa relative all'impresa attinta solo occasionalmente da fenomeni di infiltrazione mafiosa, ma di tale collegamento ha espressamente disciplinato solo due aspetti: 1) a monte, la necessità procedurale che il tribunale, nel determinarsi sulla misura, senta il prefetto che ha adottato l'interdittiva; 2) a valle, la sospensione degli effetti dell'interdittiva come conseguenza dell'ammissione dell'imprenditore al controllo giudiziario.

In particolare, il primo periodo del censurato art. 34-bis, comma 7, cod. antimafia, prevede che il provvedimento che dispone il controllo giudiziario sospende gli effetti dell'informazione interdittiva, stabiliti dall'art. 94 cod. antimafia. Quanto a questi, è noto che il provvedimento prefettizio - in ragione della sua natura cautelare e preventiva in funzione di difesa della legalità dalla penetrazione della criminalità organizzata nell'economia (sentenze n. 101 del 2023, n. 180 del 2022, n. 178 del 2021 e n. 57 del 2020) - determina l'incapacità (parziale e tendenzialmente temporanea) dell'imprenditore a intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione (ancora sentenze n. 101 del 2023, n. 118 del 2022 e n. 178 del 2021, che richiamano Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 6 aprile 2018, n. 3), derivando dal riscontro del tentativo di infiltrazione mafiosa il divieto di stipulare ed eseguire i contratti pubblici, di conseguire e mantenere le concessioni di beni pubblici, contributi, finanziamenti, mutui agevolati ed erogazioni (artt. 91, commi 1 e 1-bis, e 94, comma 1, cod. antimafia) nonché, secondo la corrente giurisprudenza amministrativa, alla luce del disposto dell'art. 89-bis cod. antimafia, l'impedimento a ottenere e mantenere i titoli autorizzatori e abilitativi necessari per lo svolgimento di attività imprenditoriali anche nei confronti dei privati.

Solo in un secondo momento, con gli artt. 47, comma 1, e 49, comma 1, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose», convertito, con modificazioni, nella legge 29 dicembre 2021, n. 233, il legislatore ha arricchito il quadro di correlazione tra la prevenzione amministrativa e la prevenzione giudiziaria, prescrivendo la comunicazione alla prefettura del decreto di ammissione ai fini dell'aggiornamento della banca dati unica della documentazione antimafia e disponendo il coordinamento del controllo giudiziario con le misure amministrative di prevenzione collaborativa, adottabili dal prefetto, introdotte con lo stesso art. 49, comma 1.

In particolare, secondo l'inserito art. 94-bis cod. antimafia, se il prefetto riscontra che l'impresa è interessata da «tentativi di infiltrazione mafiosa [...] riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale», in luogo dell'informazione interdittiva, emette un provvedimento che prescrive all'operatore una serie di misure di tipo organizzativo e/o comunicativo, per un periodo variabile dai sei ai dodici mesi, con possibile nomina di uno o più esperti con funzioni di supporto per l'attuazione delle prescrizioni disposte. Nello specifico, il comma 3 di tale articolo regola il rapporto tra la vigilanza prescrittiva adottata dal prefetto e quella applicata dal giudice della prevenzione, stabilendo che le misure collaborative cessano se il tribunale della prevenzione dispone il controllo giudiziario (nella forma della vigilanza con la nomina del controllore giudiziario). Ciò perché le prime hanno il medesimo presupposto (l'agevolazione occasionale), analogo contenuto (gestione imprenditoriale guidata e monitorata con diverse modalità) e «identità di funzione» (Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 13 febbraio 2023, n. 7) rispetto al secondo.

Nonostante l'intervento legislativo del 2021, è rimasta scarna la disciplina dell'istituto del controllo, quanto al coordinamento con la valutazione infiltrativa prefettizia e al suo vaglio da parte del giudice amministrativo, e ciò ha creato diversi dubbi esegetici che interessano sia la fase genetica sia lo sviluppo del controllo giudiziario, molti dei quali risolti dalla giurisprudenza ordinaria e amministrativa.

Tra gli aspetti chiariti - per quanto ancora di stretto rilievo ai fini della presente decisione - vi è, anzitutto, la diversità della valutazione espressa dal prefetto (e del suo sindacato da parte del giudice amministrativo) rispetto al "fuoco" della valutazione del giudice della prevenzione: la prima - preordinata alla adozione della interdittiva quale reazione ordinamentale alle minacce della criminalità - è esclusivamente di tipo "statico" (o retrospettivo), quale diagnosi di un fenomeno di rischio infiltrativo già perpetratosi; mentre la seconda - funzionale all'ammissione del richiedente a una misura di bonifica - è di natura eminentemente "dinamica", perché prognosi delle concrete possibilità che la singola realtà aziendale ha, o meno, di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano (si veda, per tutte, nella giurisprudenza amministrativa, Cons. Stato, ad. plen., n. 7 del 2023 e, nella giurisprudenza ordinaria, ancora Cass., sez. un. pen., n. 46898 del 2019).

Da tale inquadramento delle due diverse valutazioni sono state tratte talune conseguenze sul loro rapporto diacronico.

Per un verso, le pronunce più recenti hanno escluso che il giudicato amministrativo di rigetto dell'impugnazione dell'interdittiva faccia venire meno il controllo giudiziario, perché è ritenuta perdurante l'esigenza di risanare l'impresa. Si è affermato, infatti, che "la conferma" giurisdizionale dell'interdizione prefettizia e, dunque, l'accertamento in via definitiva che l'impresa è permeabile al fenomeno mafioso, renda massima l'esigenza di risanamento (ancora, Cons. Stato, ad. plen., n. 7 del 2023) o, comunque, che essa sia «coerente proprio con la [precedente] ritenuta necessità di applicare la misura del controllo giudiziario» (Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 11 dicembre 2024-11 febbraio 2025, n. 5514).

Nel verso opposto, è ritenuto ininfluente il sopraggiungere della definizione positiva del controllo giudiziario sul sindacato del giudice amministrativo sulla interdittiva: infatti, il buon esito della misura preventiva giudiziaria costituisce un post factum rispetto al provvedimento prefettizio impugnato, di cui va verificata la legittimità tenendo conto delle condizioni di fatto e di diritto sussistenti al momento in cui è stato emesso (da ultimo, tra le tante, Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 29 aprile 2025, n. 3635).

Pur nella delineata distinzione dei giudizi della prevenzione amministrativa e giudiziaria, con la conseguente esclusione dell'incidenza diretta dell'esito dell'uno sull'altro, sussistono delle ovvie interferenze che hanno origine ora nel disposto dell'art. 34-bis, comma 7, cod. antimafia, ora nella "temporaneità" dell'interdizione.

... Alla luce di questi rilievi, deve concludersi per la irragionevolezza e contraddittorietà del sistema nel suo complesso, il quale: 1) istituisce una misura innovativa e in essa investe con l'obiettivo di recupero delle imprese alla legalità tramite la prosecuzione dell'attività aziendale; 2) consente di ammettere l'imprenditore, in esito al riconoscimento di specifiche potenzialità, a un apposito percorso di risanamento di durata compresa tra uno e tre anni, che ha un costo non solo per il privato, ma anche per l'amministrazione della giustizia; 3) ma, di contro, pur nell'ipotesi di chiusura positiva della misura, non impedisce l'immediato rioperare degli effetti interdittivi, nelle more della doverosa rivalutazione prefettizia sulla persistenza o sul superamento del condizionamento mafioso, superamento che si auspica determinato dal compiuto risanamento controllato.

Ancora, va rimarcato che la riespansione di questi effetti rischia di vanificare i risultati conseguiti con l'attività monitorata: il ripristino delle incapacità non solo può condurre a una crisi economica irreversibile dell'impresa, ma può anche determinare un possibile riavvicinamento dell'operatore economico in difficoltà alla criminalità, da cui l'intervento statale mirava a separarlo.

... In conclusione, va dichiarata l'illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., dell'art. 34-bis, comma 7, cod. antimafia nella parte in cui non prevede che la sospensione degli effetti dell'informazione interdittiva derivante dall'ammissione al controllo giudiziario si protrae, nel caso di sua conclusione con esito positivo, sino alla definizione del procedimento di aggiornamento del provvedimento interdittivo di cui all'art. 91, comma 5, cod. antimafia.

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BANCA: Impresa autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, in regola con il disposto della legge 10 giugno 1982, n. 348;
DECRETO: il presente provvedimento;
LEGGE: la legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni ed integrazioni;
PREVENZIONE: Il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente ester...
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INFORMAZIONE: Complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;