Giurisprudenza e Prassi

AFFIDAMENTO IN HOUSE - ONERE MOTIVAZIONE PER NON APPLICARE CONFRONTO CONCORRENZIALE - NECESSARIO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

Deve premettersi – recte, ribadirsi – che la scelta di sottrarre l’affidamento di un servizio al fisiologico confronto di mercato, optando per la soluzione auto-produttiva, deve trovare fondamento in dati oggettivi ed attentamente valutati, che giustifichino il sacrificio che quella scelta arreca alla libertà di concorrenza: ciò perché, come affermato dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 100/2020 (che richiama sul punto i precedenti di cui alle sentenze n. 325/2010 e n. 46/2013), gli oneri motivazionali prescritti dall’art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016 (ed altri analoghi previsti dalle previgenti disposizioni) “si risolvono in una restrizione delle ipotesi in cui è consentito il ricorso alla gestione in house del servizio e, quindi, della possibilità di derogare alla regola comunitaria concorrenziale dell’affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica. Ciò comporta, evidentemente, un’applicazione più estesa di detta regola comunitaria, quale conseguenza di una precisa scelta del legislatore italiano. Tale scelta, proprio perché reca una disciplina pro concorrenziale più rigorosa rispetto a quanto richiesto dal diritto comunitario, non è da questo imposta – e, dunque, non è costituzionalmente obbligata, ai sensi del primo comma dell’art. 117 Cost., come sostenuto dallo Stato –, ma neppure si pone in contrasto […] con la citata normativa comunitaria, che, in quanto diretta a favorire l’assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri. È infatti innegabile l’esistenza di un “margine di apprezzamento” del legislatore nazionale rispetto a princìpi di tutela, minimi ed indefettibili, stabiliti dall’ordinamento comunitario con riguardo ad un valore ritenuto meritevole di specifica protezione, quale la tutela della concorrenza “nel” mercato e “per” il mercato”.

Immediato corollario applicativo della disposizione citata, e del valore pro-concorrenziale ad essa riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, è quindi l’impossibilità di fare leva su dati evanescenti, di carattere eventuale o meramente organizzativo, insuscettibili di manifestare un corrispondente significativo beneficio per la collettività, derivante dal ricorso al modello dell’in house providing, e di integrare una parallela valida ragione derogatrice del ricorso primario al mercato: l’esigenza normativa che l’in house sia produttivo di “benefici per la collettività”, sotto i profili menzionati dalla disposizione citata, sottende quindi la finalizzazione dell’istituto al perseguimento di obiettivi di carattere latamente sociale, percepibili al di fuori della dimensione meramente organizzativa dell’Amministrazione e costituenti, nell’ottica legislativa, il “giusto prezzo” per compensare il vulnus che esso potenzialmente arreca al valore primario della concorrenza (e ciò a prescindere dal fatto che la massima giurisprudenziale che ammetterebbe, ai fini giustificativi del ricorso all’in house, la “possibilità di una partecipazione e di un controllo più penetranti rispetto ad altre soluzioni gestionali”, invocata dalle parti appellate in sede difensiva, non è rinvenibile, tantomeno nella sentenza – Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2168 del 10 aprile 2018 - da esse citata).

Il suddetto presupposto, ad avviso della Sezione, non è adeguatamente integrato dal richiamo alla “semplicità e immediatezza del processo decisionale relativo al servizio interno all’Ospedale, a fronte del più complesso equilibrio che si deve realizzare con un soggetto terzo privato affidatario del servizio individuato tramite gara”, trattandosi di profili che potrebbero eventualmente ammettersi come idonei ad individuare, su un piano latamente politico, motivi di “preferenza” per l’affidamento del servizio alla società in house, ma che, essendo intrinseci al “controllo analogo” che l’Ente ospedaliero esercita nei confronti della Genova Parcheggi s.p.a. (congiuntamente agli altri Enti partecipanti al suo capitale), e quindi connaturati, in via generale, al modulo organizzativo di carattere internalizzato, non possono essere validati come specificamente idonei a giustificare, secondo lo stringente paradigma posto dall’art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016, il ricorso alla soluzione organizzativa “residuale” de qua: ciò in quanto ritenere che il richiamo ai vantaggi insiti nel modello internalizzato di produzione di un determinato servizio sia sufficiente a giustificare il ricorso a tale modalità derogatoria della generale regola della gara equivarrebbe a devitalizzare la portata della norma, e la funzione pro-concorrenziale ad essa sottesa, consentendo l’applicazione generalizzata dell’istituto in contrasto con il suo evidenziato carattere di eccezionalità.

Altrettanto deve affermarsi in relazione al richiamo alla “maggiore semplicità ed immediatezza circa eventuali iniziative da condividere con il Comune di Genova in ordine a revisioni della viabilità della zona”, dovendo solo aggiungersi che tali profili, oltre a rivestire carattere del tutto eventuale ed ipotetico, sono privi di stringente attitudine giustificativa, essendo al riguardo sufficiente osservare che la principale garanzia della correttezza e della tempestività delle scelte comunali in subiecta materia riposa nei principi di buon andamento ed imparzialità che devono orientare l’azione dell’Amministrazione, alla cui elaborazione possono concorrere tutti gli attori del sistema della mobilità e della sosta cittadine, quali che siano i legami organizzativi tra essi sussistenti.

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