EQUO COMPENSO: E' UN EQUO RIBASSO PER QUESTO CONSIGLIO DI STATO
Per questo collegio, in definitiva, i due meccanismi divisati dal d.m. n. 140/2012 e dal D.I. 17 giugno 2016 pur recando un nucleo comune (la formula moltiplicatoria per il compenso) differiscono quanto a natura della fonte normativa (si tratta di due regolamenti ministeriali ben distinti, l’uno ministeriale, l’altro interministeriale), scopi (l’uno mira a disciplinare la liquidazione dei compensi equi, l’altro punta alla determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara) e struttura (l’una si contraddistingue per un range di flessibilità, mentre l’altro definisce un importo fisso) legittimando una ricostruzione dicotomica nel senso che la prima fonte individua il minimum corrispettivo inderogabile (il compenso equo ribassabile sino al 60%), mentre la seconda individua il corrispettivo equo da porre a base di gara. Ricostruito in tali termini il rapporto tra i due plessi normativi, si dissolve ogni dubbio di possibile antinomia tra la disciplina sui contratti pubblici e quella sopravvenuta sull’equo compenso, la cui sfera di applicabilità è peraltro dichiaratamente estesa alle “prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” (art. 2, co. 2 legge n. 49/2023): ne riviene che la nozione di equo compenso applicabile alla contrattualistica pubblica deve essere riformulata più perspicuamente in termini di equo ribasso, nozione frutto dell’esegesi coordinata tra corrispettivo equo e proporzionato posto a base di gara e minimum inderogabile evincibile dal range di flessibilità del compenso liquidabile in ragione della complessità della prestazione dedotta nell’affidamento.
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