Giurisprudenza e Prassi

MOTIVI AGGIUNTI - DIES A QUO - 30 GIORNI - LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE

CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA 2021

La Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 5, dell'Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Nel caso in esame il rimettente sostiene che l'interpretazione intesa a individuare nel sopraggiunto art. 76 del "secondo" cod. contratti pubblici l'oggetto del rinvio contenuto nell'art. 120, comma 5, cod. proc. amm. sarebbe del tutto eccentrica, perché comporterebbe che il termine per proporre non solo i motivi aggiunti, ma anche il ricorso principale decorra non già dalla comunicazione dell'aggiudicazione, ma «solo a partire dal momento in cui l'interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura» a seguito di richiesta di accesso.

Il rimettente ritiene tale effetto, che sarebbe «in radicale contrasto con la previsione del rito speciale accelerato in materia di appalti pubblici», una conseguenza necessitata del presupposto secondo il quale la norma censurata dispone ora un rinvio all'art. 76, comma 2, del "secondo" cod. contratti pubblici, che disciplina le comunicazioni rese dall'amministrazione a seguito di istanza di accesso.

Tale convincimento non è però condivisibile, perché non vi è alcuna ragione per ritenere che la norma censurata contenga ora un rinvio solo a tale porzione dell'art. 76 del "secondo" cod. contratti pubblici, e non anche al comma 1 dello stesso articolo, che continua a disciplinare la comunicazione dell'aggiudicazione.

Il testo dell'art. 120, comma 5, cod. proc. amm. è compatibile con un'interpretazione, come quella da ultimo seguita dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, secondo la quale il dies a quo per proporre il ricorso principale ed i motivi aggiunti decorre dalla comunicazione dell'aggiudicazione (salve le ulteriori ipotesi di decorrenza di altra natura, ed estranee al presente incidente di legittimità costituzionale), fermo il già descritto meccanismo di dilazione temporale per denunciare i vizi che emergano a seguito dell'accesso agli atti di gara.

Una volta appurato che non vi è alcun impedimento letterale o logico ad adottare l'interpretazione della norma censurata propugnata dalla giurisprudenza amministrativa maggioritaria, avvallata dalla Adunanza plenaria, resta da verificare se essa sia tale da assicurare la conformità della disposizione all'art. 24 Cost.

Questa Corte osserva, in via preliminare, che senza dubbio sarebbe contrario alle garanzie proprie del diritto di difesa un assetto che imponga alla parte lesa dal provvedimento di aggiudicazione di proporre un ricorso recante motivi aggiunti prima che essa sia stata posta nelle condizioni di percepire il vizio che si intende denunciare, o comunque quando non le sia stato assicurato, a tal fine, l'intero termine di trenta giorni previsto dalla legge, e non le possa essere mosso alcun addebito di colpevole inerzia, o comunque di negligenza.

L'istituto stesso dei motivi aggiunti, infatti, è finalizzato, per quanto qui rileva, a permettere l'introduzione in giudizio di profili di illegittimità dell'atto impugnato che non era stato possibile percepire innanzi, sulla base della sola cognizione del provvedimento lesivo.

Perciò, prevedere che il termine di decadenza per proporre i motivi aggiunti maturi, nonostante il vizio non fosse conoscibile mediante l'impiego della ordinaria diligenza, comporterebbe una arbitraria e irragionevole compressione del diritto di agire (ex plurimis, sentenze n. 271 del 2019 e n. 94 del 2017).

Oltretutto, nella materia degli affidamenti pubblici di lavori, servizi o forniture soggetti al diritto dell'Unione europea, una tale previsione sarebbe anche in contrasto con quest'ultimo, che invece esige che il termine per proporre ricorso decorra dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della illegittimità che intende denunciare (Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza 28 gennaio 2010, in causa C-406/08, Uniplex, UK, Ltd, e ordinanza 14 febbraio 2019, in causa C-54/18, Cooperativa Animazione Valdocco S.C.S. Impresa sociale Onlus), formulando così una regola che, in tale settore, concerne sia il ricorso principale, sia la proposizione di motivi aggiunti.

Perciò, sono compatibili con l'art. 24 Cost., oltre che con il diritto dell'Unione europea, ove applicabile, quelle sole interpretazioni del quadro normativo per effetto delle quali la parte ricorrente disponga di un termine non inferiore a trenta giorni per agire in giudizio, e comunque per proporre motivi aggiunti, tenuto conto della data in cui essa ha preso conoscenza, o avrebbe potuto prendere conoscenza usando l'ordinaria diligenza, dei profili di illegittimità oggetto dell'impugnativa. Si tratta, infatti, del termine discrezionalmente scelto dal legislatore per la proposizione sia del ricorso principale, sia dei motivi aggiunti, per i quali ultimi non è stabilita normativamente alcuna dimidiazione di esso.



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DECRETO: il presente provvedimento;
LEGGE: la legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni ed integrazioni;