Giurisprudenza e Prassi

COSTO DEL LAVORO - VALORI INFERIORI A QUELLI RISULTANTI DALLE TABELLE MINISTERIALI - ANALITICA MOTIVAZIONE DELLA PA

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2022

La costante giurisprudenza ha chiarito che:

– lo scostamento del costo del lavoro rispetto ai valori ricavabili dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi non può comportare, di regola e di per sé, un automatico giudizio di inattendibilità (cfr. Cons. Stato, V, 25.10.2017, n. 4912; III, 14.5.2018, n. 2867);

– la valutazione favorevole circa le giustificazioni dell’offerta sospetta di anomalia non richiede un particolare onere motivazionale, mentre è richiesta una motivazione più approfondita laddove l’amministrazione ritenga di non condividere le giustificazioni offerte dall’impresa, in tal modo disponendone l’esclusione (cfr. Cons. Stato, V, 2.12.2015, n. 5450);

– i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali costituiscono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima di per sé un giudizio di anomalia o di incongruità occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata (cfr. Cons. Stato, III, 27.4.2018, n. 2580);

– la verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzata alla verifica dell’attendibilità e della serietà della stessa ed all’accertamento dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte. La relativa valutazione della Stazione Appaltante ha, come detto, natura sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla Pubblica amministrazione insindacabile in sede giurisdizionale tranne che per palese erroneità o irragionevolezza (cfr.: T.A.R., Campania, OMISSIS, sez. VIII, 22/05/2020, n.1934).

La disamina del riportato quadro giurisprudenziale induce, dunque, il Collegio ad osservare sia che non risulta prescritto in modo espresso l’obbligo dei concorrenti di attenersi rigorosamente alle tabelle vigenti, sia che i costi indicati nelle tabelle ministeriali sono costi medi e tipologici, ovverosia il costo del lavoro risulta essere il “costo medio orario del lavoro” e non “i minimi salariali retributivi”, non potendo non essere considerati, in sede di valutazione delle offerte, aspetti che riguardano le singole imprese (diverse per natura, caratteristiche, agevolazioni e sgravi fiscali ottenibili), ciò sebbene (Cons. Stato, III, 15.5.2017, n. 2252) non possa prescindersi dalle coordinate costituzionali a presidio dei diritti fondamentali dei lavoratori.

La stessa Delibera ANAC 19/12/2018, n. 1182 ha confermato che il citato art. 97, comma 5 lett.d) impone alla Stazione Appaltante solo di verificare la congruità delle offerte in cui il costo del personale sia inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle tabelle ministeriali.

In definitiva, quanto al mancato rispetto del costo del lavoro minimo, occorre prendere atto dell’orientamento (Cons. Stato, V, 7.5.2018, n. 2691; 30.3.2017, n. 1465; III, 13.3.2018, n. 1609) secondo cui non può assegnarsi rilievo dirimente al fatto che il costo del lavoro indicato in offerta sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali, essendo necessario, affinché possa dubitarsi della congruità dell’offerta, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.

Applicando i menzionati principi all’odierna fattispecie, la stazione appaltante ha fatto discendere la valutazione di anomalia dell’offerta presentata dal ricorrente, propedeutica all’adozione della determinazione escludente, dall’asserito scostamento del costo orario del personale da utilizzare ai fini dello svolgimento del servizio de quo dal livello minimo salariale previsto per le analoghe professionalità, sul presupposto, ribadito anche con le spiegate difese processuali, che il CCNL Multiservizi, applicato ai dipendenti della partecipante, oltre ad essere violativo delle disposizioni costituzionali e comunitarie, era tipico delle professionalità di bassa qualificazione come addetti alle pulizie o portieri o autisti, e quindi non poteva essere utilizzato per gli infermieri professionali il cui livello retributivo era determinato dal contratto del comparto sanità.

Il provvedimento, così motivato, palesa profili di contrarietà rispetto all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la valutazione negativa di congruità di un’offerta impone un obbligo puntuale, rigoroso ed analitico di motivazione e, allorquando sia giustificato esclusivamente sulla difformità del costo del lavoro esposto dal concorrente sottoposto alla relativa valutazione, può ritenersi legittimamente adottato sempreché, alla stregua delle citate indicazioni giurisprudenziali, si fondi su un’attenta analisi dei fattori giustificativi esposti dalla concorrente nell’ambito del contraddittorio instaurato a seguito dell’iniziato sub-procedimento di verifica, tale da aver condotto la stazione appaltante a valutare lo scostamento proposto dall’aggiudicataria come irragionevole, ingiustificato alla luce dei fattori dipendenti dall’organizzazione aziendale dell’appaltatore, nonché, infine, pregiudizievole dei livelli retributivi minimi e, quindi, della affidabilità e qualità del servizio oggetto di gara (Cons. Stato, sez. III, 18 gennaio 2021, n. 544; 28 dicembre 2020, n. 8442; 14 ottobre 2020, n. 6209; sez. V, 17 maggio 2018, n. 2951; sez. VI, 20 aprile 2020, n. 2522) (cfr., di recente, Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5353 del 29 luglio 2019).

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