Giurisprudenza e Prassi

PROROGA TECNICA - COMPATIBILITA' CON NORMATIVA COMUNITARIA - CONCESSIONI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2024

Per questo collegio, nelle eccezionali ipotesi di risorsa non scarsa e di contestuale assenza dell’interesse transfrontaliero certo, da provarsi in modo rigoroso, il diritto nazionale impone in ogni caso di procedere con procedura selettiva comparativa ispirata ai fondamentali principi di imparzialità, trasparenza e concorrenza e preclude l’affidamento o la proroga della concessione in via diretta ai concessionari uscenti.

Sulla base delle considerazioni sin qui svolte, previa disapplicazione delle disposizioni nazionali che hanno introdotto le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e precisato quanto sopra circa l’elemento della scarsità delle risorse naturali, la pretesa di alcune parti di ottenere l’accertamento della spettanza della proroga della durata della concessione demaniale marittima fino al 2033 è priva di fondamento e non può essere invocata la normativa sopravvenuta per le ragioni sopra esposte.

Si può ritenere compatibile con il diritto dell’Unione la sola proroga “tecnica” – funzionale allo svolgimento della gara – prevista dall’art. 3, commi 1 e 3, della l. n. 118 del 2022 nella sua originaria formulazione, prima delle modifiche dei termini apportate dal d.l. n. 198 del 2022, laddove essa fissa come termine di efficacia delle concessioni il 31 dicembre 2023 e consente alle autorità amministrative competenti di prolungare la durata della concessione, con atto motivato, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura competitiva e, comunque, non oltre il termine del 31 dicembre 2024 «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa».

Affinché possano legittimamente giovarsi di tale proroga tecnica senza violare o eludere il diritto dell’Unione e la stessa l. n. 118 del 2022, però, le autorità amministrative competenti – e, in particolare, quelle comunali – devono avere già indetto la procedura selettiva o comunque avere deliberato di indirla in tempi brevissimi, emanando atti di indirizzo in tal senso e avviando senza indugio l’iter per la predisposizione dei bandi.

L’art. 3, comma 3, della l. n. 118 del 2022 – lo si ricorda – consente infatti la proroga tecnica, testualmente, solo per il tempo strettamente necessario «alla conclusione della procedura», che deve essere stata avviata e può ritenersi avviata, secondo una interpretazione ispirata a ragionevolezza, in presenza quantomeno di un atto di indirizzo volto ad indire, finalmente, le gare, non essendo consentito comunque, sul piano logico prima ancor che cronologico, disporre una proroga tecnica finalizzata alla conclusione di una procedura di gara che nemmeno sia stata avviata, quantomeno a livello programmatico, pur di fronte a vicende contenziose o a difficoltà legate all’espletamento della procedura stessa, nell’assenza, ad oggi, di un più volte auspicato riordino sistematico dell’intera materia, dove confluiscono e trovano composizione, come ha ricordato la Corte costituzionale, molteplici e rilevanti interessi, pubblici e privati.

Tale soluzione consente di evitare le incertezze prospettate dalle parti in relazione all’imminente avvio della stagione balneare e richiede una decisione dell’ente competente in favore della indizione delle gare con conseguente possibilità di differimento del termine di scadenza delle concessioni con atto motivato, in virtù del quale fino alla data sopra indicata – il 31 dicembre 2024 – l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente, laddove prorogata alle condizioni appena chiarite, è comunque legittima anche in relazione all’art. 1161 cod. nav., come chiarisce lo stesso art. 3, comma 3, della l. n. 118 del 2022.

È compito – e ragion stessa d’essere – di questo Consiglio di Stato, quale giudice chiamato dalla Costituzione ad assicurare la tutela nei confronti della pubblica amministrazione (Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204), garantire, in relazione ai giudizi amministrativi, la piena attuazione, da parte di tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte (a cominciare da quelle comunali) nell’esercizio dei loro poteri, dei principi sin qui sanciti, che sono alla base sia del diritto europeo che dell’ordinamento costituzionale, non solo annullando gli atti illegittimi da queste poste in essere, ma anche disapplicando la normativa nazionale contrastante con il diritto dell’Unione, mentre compete al legislatore fissare le regole che presiedono allo svolgimento delle procedure competitive nel generale riordino della materia al crocevia, come di recente ha chiarito la stessa Corte costituzionale, di fondamentali valori e di molteplici «interessi […], che sono legati non solo alla valorizzazione dei beni demaniali, al fine di ricavare da essi una maggiore redditività (in tesi corrispondente a quella ritraibile sul libero mercato), ma anche alla tutela di tali beni pubblici, in ambiti che incrociano altri delicati interessi di rilievo costituzionale, quali la tutela del paesaggio e dell’ambiente marino» (Corte cost., 23 aprile 2024, n. 70).

Questa materia infatti non può essere sottratta all’applicazione dei principi e delle regole immediatamente applicabili nell’ordinamento interno fissate dal legislatore europeo nemmeno per il tempo necessario all’indizione delle gare e alla predisposizione delle relative regole, attinenti alla materia della concorrenza, da parte del legislatore nazionale (con conseguente disapplicazione, come detto, anche dell’art. 4, comma 4-bis, della l. n. 118 del 2022, considerato, peraltro, che la delega è ormai scaduta), salva l’adozione nell’immediato, come detto, della c.d. proroga tecnica per la stagione balneare ormai avviata e, comunque, nei limiti sopra precisati.

Stante la necessità non più procrastinabile di procedere alle gare, nell’attesa di questo riordino, non sono solo le singole previsioni delle leggi regionali a poter fornire un’utile cornice normativa, ma soccorrono certamente per una disciplina uniforme delle procedure selettive di affidamento delle concessioni, al fine di indirizzare nell’esercizio delle rispettive competenze l’attività amministrativa delle Regioni e dei Comuni, i principi e i criteri della delega di cui all’art. 4, comma 2 della l. n. 118 del 2022, anche se poi essi non hanno trovato attuazione essendo la delega scaduta senza esercizio.

Si deve infatti considerare che, allorché la legge di delega li abbia posti, i principi e i criteri della stessa entrano senz’altro a comporre il quadro dei referenti assiologici che permeano l’ordinamento vigente e concorrono pure essi a disciplinare direttamente la materia alla quale afferiscono, se il loro contenuto prescrittivo possegga i necessari requisiti, anche quando il Governo abbia infruttuosamente lasciato scadere la delega e fino a che, ovviamente, il legislatore non provveda direttamente ad abrogarli e/o a disciplinare diversamente la materia.

Tali principi e criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori per una disciplina uniforme della concorrenza in questa materia – tra i quali, ad esempio, si possono qui ricordare l’adeguata considerazione degli investimenti, del valore aziendale dell’impresa e dei beni materiali e immateriali, della professionalità acquisita anche da parte di imprese titolari di strutture turistico-ricettive che gestiscono concessioni demaniali (lett. c), l’individuazione di requisiti di ammissione che favoriscano la massima partecipazione di imprese, anche di piccole dimensioni (lett. d), la considerazione della posizione dei soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura selettiva, hanno utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, nei limiti definiti anche tenendo conto della titolarità, alla data di avvio della procedura selettiva, in via diretta o indiretta, di altra concessione o di altre attività d’impresa o di tipo professionale del settore (lett. e), 5.2.), la definizione di criteri per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante (lett. i), ma v. anche Corte di Giustizia UE, 14 luglio 2016, Promoimpresa, nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15, punto 54, in riferimento all’art. 12, paragrafo 3, della Dir. 2006/123/CE – saranno presi in considerazione dai Comuni, in particolare, nella predisposizione dei bandi per l’affidamento delle concessioni «sulla base di procedure selettive, nel rispetto dei princìpi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, massima partecipazione, trasparenza e adeguata pubblicità, da avviare con adeguato anticipo rispetto alla loro scadenza» (art. 4, comma 2, lett. b), l. n. 118 del 2022).

Dalle ragioni, sin qui esposte, discende l’accoglimento dell’appello principale in tutti e tre i suoi motivi, mentre deve essere respinto quello incidentale.

Non può infatti trovare applicazione la l. n. 145 del 2018, come pretendono gli appellanti incidentali, assumendo che l’abrogazione della l. n. 145 del 2018 da parte dell’art. 3, comma 5, della l. n. 118 del 2022 sarebbe illegittima, con l’effetto, peraltro, già definito per analoga pretesa da questa Sezione (v. Cons. St., sez. VII, 30 aprile 2024, n. 3940) “paradossale” e ancor più contrario al diritto europeo, di far rivivere le illegittime previsioni della l. n. 145 del 2018.

Non sussiste infatti nessun presunto legittimo affidamento dei concessionari sulla proroga della concessione al 2033, come ha chiarito la Corte di Giustizia UE, né può ritenersi che l’applicazione del diritto europeo sarebbero soggetta alla preventiva condizione della c.d. mappatura a livello nazionale, mentre è vero al contrario che le disposizioni nazionali che prevedono le proroghe, come detto, devono tutte immediatamente disapplicarsi, non potendo quindi essere individuato il termine del 31 dicembre 2025 come scadenza delle concessioni in ragione della disapplicazione delle modifiche alla l. n. 118 del 2022 introdotte dalla l. n. 14 del 2023.

Facendo riferimento agli effetti verticali diretti inversi, alcune parti e gli appellanti incidentali lamentano che il c.d. “effetto diretto verticale” delle direttive è invero invocabile soltanto da parte degli amministrati nei confronti dello Stato inadempiente o erroneamente adempiente, ma non, all’inverso, da questo (o dai suoi organi/istituzioni) a danno dei singoli, che non hanno alcuna responsabilità di tale comportamento.

Ma, come ha correttamente eccepito l’Autorità, nel caso di specie è del tutto evidente che dell’attuazione dell’art. 12 della Dir. 2006/2003/CE devono ritenersi responsabili i soli organi e apparati titolari di potestà normativa in senso proprio e che l’Autorità appellante principale, appartenente – come noto – alle c.d. Autorità amministrative indipendenti che si caratterizzano specificamente per la sottrazione delle loro principali funzioni al circuito dell’indirizzo politico che si forma nei rapporti tra Parlamento e Governo, non può certo essere assimilata alla stregua di un organo riconducibile allo “Stato inadempiente”, essendo del tutto priva di qualunque potere decisorio in ordine alle concrete modalità di attuazione della direttiva in questione nell’ordinamento italiano.

Tra l’altro, anche se si volesse prescindere dall’applicabilità dell’art. 12 della più volte citata direttiva nel presente contenzioso, è indiscutibile l’applicazione diretta dell’art. 49 del T.F.U.E. – come del resto di tutto il diritto primario europeo laddove le relative disposizioni abbiano carattere incondizionato – in presenza di un interesse transfrontaliero, la cui assenza nel caso di specie nemmeno è stata allegata prima ancor che dimostrata dal Comune di Castellaneta, nemmeno costituito nel presente grado del giudizio, o dagli appellanti incidentali (o da altri controinteressati nel presente giudizio), senza che a tale riguardo possa lamentarsi, dunque, l’applicazione di un effetto verticale diretto c.d. inverso, sicché non può negarsi che l’invocazione della libertà di stabilimento, fatta valere dall’Autorità, e la necessità di indire la gara possano (e anzi debbano) applicarsi anche ai soggetti le cui concessioni siano state illegittimamente prorogate dal legislatore.

L’appello incidentale, dunque, deve essere respinto.

In conclusione, per tutte le ragioni esposte, l’appello principale dell’Autorità deve essere accolto in tutti e tre i citati motivi con la conseguente riforma della sentenza impugnata, che ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto in primo grado, mentre va respinto l’appello incidentale.

Deve dunque essere annullata, in accoglimento del ricorso proposto in primo grado, la deliberazione n. 143 del 17 dicembre 2020 del Comune di Castellaneta, che provvederà sul piano conformativo ad adeguarsi a tutti i principi sopra affermati.

Le spese del doppio grado del giudizio, per la complessità delle questioni trattate, possono essere compensate tra le parti.

Il Comune di C., non costituito nel presente grado del giudizio, deve essere condannato a rimborsare in favore dell’Autorità il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo grado nonché dell’appello principale.

Rimane definitivamente a carico degli appellanti incidentali il contributo unificato richiesto per la proposizione del loro gravame.

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CONCESSIONARIO: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. q) del Codice: un operatore economico cui è stata affidata o aggiudicata una concessione;
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