ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO - LIMITAZIONI LEGITTIME PREVISTE PER LEGGE
L’accesso civico “generalizzato”, infatti, consente a “chiunque” di visionare ed estrarre copia cartacea o informatica di atti “ulteriori” rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria (articolo 5, comma 2, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33).
Per effetto dell’adesione dell’ordinamento al modello di conoscibilità generalizzata delle informazioni amministrative proprio dei cosiddetti sistemi FOIA (Freedom of information act), l’interesse conoscitivo del richiedente è elevato al rango di un diritto fondamentale (cosiddetto “right to know”), non altrimenti limitabile se non in ragione di contrastanti esigenze di riservatezza espressamente individuate dalla legge.
Ciò premesso, la disciplina delle preclusioni all’esercizio del diritto di accesso civico “generalizzato” si ricava dall’articolo 5-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, le cui disposizioni contemplano un duplice ordine di cause ostative all’accoglimento dell’istanza di ostensione.
Alla stregua di tale disposizione, l’amministrazione può negare la divulgazione dei documenti richiesti ove tale misura limitativa risulti necessaria per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi pubblici e privati rispettivamente enumerati dai commi 1 e 2 del citato articolo 5-bis.
L’accesso civico “generalizzato” è, invece, escluso in termini assoluti “nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1 della legge n. 241 del 1990” (comma 3).
A tal riguardo, occorre evidenziare che la disciplina delle nuove forme di trasparenza amministrativa differisce significativamente rispetto all’ordinario regime di ostensione documentale previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. Ed invero, l’accesso civico “semplice” e “generalizzato”, pur consentendo l’ostensione dei documenti richiesti a prescindere dalla dimostrazione di un interesse diretto, concreto e attuale, incontra un limite non superabile nelle cause ostative enucleate dall’articolo 5-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
Viceversa, le norme sull’accesso esoprocedimentale esigono la titolarità di una situazione giuridica legittimante, ma sanciscono la prevalenza dell’interesse conoscitivo “difensivo” nel conflitto con le contrastanti esigenze di riservatezza.
Ne deriva che, contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, all’ampliamento (rispetto all’accesso documentale) della platea dei soggetti che possono avvalersi dell’accesso civico generalizzato corrisponde un maggior rigore normativo nella previsione delle eccezioni poste a tutela dei contro-interessi pubblici e privati (rispetto a quanto si prevede con riferimento all’accesso documentale).
Sulla base delle considerazioni che precedono va respinto anche il motivo di appello finalizzato a censurare, sotto il profilo del difetto di proporzione, la mancata concessione dell’accesso parziale.
La lettera della disposizione di cui al comma 3 del citato d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, e l’evidenziata ratio sottesa all’istituto dell’accesso civico generalizzato non attribuiscono all’amministrazione, in sede di esame della richiesta di accesso, alcun potere valutativo suscettibile di estrinsecarsi nella fissazione di un limite modale. Né, contrariamente a quanto opinato dalla parte appellante, tale regola, nel richiamare i limiti di cui all’art. 24 comma 1, l. n. 241 del 1990, viola il principio di legalità.
In senso contrario va evidenziato che, ai sensi dell’art. 24 comma 2, l. n. 241 del 1990, le pubbliche amministrazioni sono tenute a individuare le categorie di atti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all'accesso ai sensi del comma I.
Ne discende che alle pubbliche amministrazioni è demandato non un potere discrezionale illimitato nella individuazione delle categorie di documenti inaccessibili, ma un potere che può essere esercitato in relazione ai “soli” casi di esclusione previsti dal precedente comma 1. Trattasi, pertanto, di una discrezionalità limitata, e quindi coerente con il principio di legalità (nella sua duplice dimensione. legalità-indirizzo e legalità –garanzia)
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