Giurisprudenza e Prassi

INTERESSE ALL'ACCESSO E INTERESSE AD AGIRE - PRESUPPOSTI NECESSARI

TAR MARCHE SENTENZA 2021

Infondata è altresì l’eccezione di carenza di interesse ad agire correlata alla insussistenza di un interesse concreto ed attuale che legittimi l’istanza di accesso.

In via generale, giova osservare innanzitutto che l’art. 22, comma 1, lett. d), della legge n. 241/1990 prevede che il diritto di accesso può esercitarsi su atti e documenti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una P.A. o concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale, con le sole eccezioni puntualmente indicate dal successivo comma 24, da ritenersi di stretta interpretazione. L'accesso ai documenti amministrativi, infatti, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa, con la conseguenza che le uniche eccezioni possibili al suo esercizio rispondono alla necessità di tutela di superiori interessi pubblici ovvero di esigenze di riservatezza dei terzi privati, non ricorrenti nella fattispecie (ex multis, T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 1° aprile 2021, n. 3936).

Con specifico riferimento al caso in esame, l’interesse all’accesso – e quindi ad agire in giudizio per la difesa del relativo diritto – sussiste in capo all’istante, come peraltro prospettato nella medesima istanza di accesso, in relazione all’esigenza di verificare la correttezza della gestione commissariale e della relativa rendicontazione nonché l’incidenza di tale gestione nella sfera giuridico-patrimoniale della società sottoposta alla misura.

Ciò posto, nel merito il ricorso è fondato e va accolto nei termini che si vanno ad esporre (si precisa che la presente trattazione non terrà conto della documentazione tardivamente depositata dalla ricorrente in data 28 luglio 2021, anche perché detta produzione è successiva al passaggio in decisione della causa e quindi estranea al contraddittorio processuale).

3.1. Reputa il Collegio che, sebbene la già citata sentenza del Consiglio di Stato n. 5268 del 25 luglio 2019 si riferisca, come pure evidenziato dall’Amministrazione nella relazione istruttoria depositata in data 15 giugno 2021, ad una fattispecie differente - nella quale l’impresa era già tornata nella titolarità dell’esecuzione del contratto e la misura dell’amministrazione straordinaria era ormai terminata (permanendo il solo controllo giudiziario ex art. 34 bis del d.lgs. n. 159 del 2011) - i principi in essa contenuti si attaglino anche al caso in esame.

“6. Se è vero, infatti, che la misura della temporanea e straordinaria gestione ha l'indiscussa finalità di consentire il completamento dell'opera o la gestione del servizio nell'esclusivo interesse della stazione appaltante, mediante la gestione del contratto in un regime di "legalità controllata" (Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2018, n. 93) che sterilizzi la sua esecuzione da ogni infiltrazione mafiosa e da ogni tornaconto anche indiretto della criminalità organizzata, non si può negare che l'impresa che aspiri o torni alla titolarità dell'esecuzione dello specifico contratto” … “abbia tutto l'interesse a verificare che la gestione sia avvenuta secondo i criterî di una oculata e non arbitraria amministrazione, esente quantomeno da dolo e colpa grave nel compimento degli atti gestori propri di questa speciale misura ad contractum. 7. Quella degli amministratori prefettizi è sì, infatti, un'attività considerata ad ogni effetto di pubblica utilità (art. 32, comma 4, del d.l. n. 90 del 2014)” … “ma non sol per questo sottratta al canone di una efficiente gestione e, in ultima analisi, al principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), tanto che lo stesso art. 32, comma 4, del d.l. n. 90 del 2014 prevede una loro responsabilità per dolo o colpa grave, di ordine amministrativo-contabile, per eventuali diseconomie nei risultati della gestione”.

Pertanto, se l’obbligo della Prefettura di trasmettere il rendiconto della gestione commissariale all'impresa, una volta chiusasi quest’ultima, risponde alla finalità di mettere l'impresa stessa nelle condizioni di poter valutare la sussistenza di eventuali diseconomie potenzialmente foriere di danno in quanto incidenti sull'accantonamento degli utili da percepire man mano che venga riacquistata la titolarità dei contratti (finalità, quest’ultima, che coesiste con quella propriamente pubblicistica della misura), non vi è ragione perché detto controllo non possa essere esercitato dall’impresa già al termine del singolo incarico degli amministratori, soprattutto a fronte dell’assolvimento, da parte di questi ultimi, dell’obbligo di rendicontazione a conclusione del proprio mandato. E ciò tanto più che la straordinaria e temporanea gestione, nel caso in esame, ha riguardato diversi contratti, molti dei quali già cessati (come appunto rappresentato dalla stessa Prefettura nella sopra citata relazione istruttoria). Al riguardo, non va taciuta la previsione contenuta nell’art. 32, comma 1, lettera b), del DL n. 90/2014, secondo cui la straordinaria e temporanea gestione dell'impresa è limitata alla completa esecuzione del contratto di appalto ovvero dell'accordo contrattuale o della concessione, il che induce a ritenere che, in presenza di più contratti, la progressiva chiusura degli stessi determini l’altrettanto progressiva riduzione del perimetro della misura, che resta circoscritto ai soli contratti ancora in essere.

A ciò aggiungasi che, qualora gli atti a cui la ricorrente chiede di accedere siano già formati e detenuti presso la Prefettura di -OMISSIS-, sussiste anche il requisito oggettivo richiesto dalla legge (atto previamente formato dall'Amministrazione e da questa stabilmente detenuto) perché l’accesso possa essere consentito.



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