Art. 105. Subappalto
1. I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto. . A pena di nullità, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 106, comma 1, lettera d), il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l'integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera. È ammesso il subappalto secondo le disposizioni del presente articolo. disposizione modificata dal DLgs 56-2017 in vigore dal 20-5-2017 - modificato dal DL 77/2021 in vigore dal 1/6/20212. Il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare. Le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 30, previa adeguata motivazione nella determina a contrarre, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture competenti, indicano nei documenti di gara le prestazioni o le lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell'aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell'appalto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 89, comma 11, dell'esigenza, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro e di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori ovvero di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali, a meno che i subappaltatori siano iscritti nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 dell' articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero nell'anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall'articolo 30 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n.229. L'affidatario comunica alla stazione appaltante, prima dell'inizio della prestazione, per tutti i sub-contratti che non sono subappalti, stipulati per l'esecuzione dell'appalto, il nome del sub-contraente, l'importo del sub-contratto, l'oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati. Sono, altresì, comunicate alla stazione appaltante eventuali modifiche a tali informazioni avvenute nel corso del sub-contratto. È altresì fatto obbligo di acquisire nuova autorizzazione integrativa qualora l'oggetto del subappalto subisca variazioni e l'importo dello stesso sia incrementato nonché siano variati i requisiti di cui al comma 7. disposizione corretta con errata corrige del 15-07-2016; disposizione modificata dal DLgs 56-2017 in vigore dal 20-5-2017; disposizione modificata dal D.L. 32/2019 in vigore dal 19/4/2019, modifica non confermata dalla legge di conversione L 55/2019 in vigore dal 18/6/2019; NB CGE C-63/18 sentenza del 26-9-2019 è in contrasto con il diritto comunitario una normativa nazionale (art. 105 comma 2), che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi; NB ai sensi della L 55/2019 art. 1 comma 18 in vigore dal 18/6/2019 (al cui esame si rinvia – disposizione poi soppressa dal DL 77/2021 in vigore dal 1/6/2021), il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40% dell'importo complessivo fino al 31/12/2020, poi prorogato al 31/12/2021 dall'art. 13 comma 2 del DL 183/2020 in vigore dal 31-12-2020 convertito in legge da L. 21/2021 in vigore dal 1/3/2021 – NB con il DL 77/2021, art. 49 comma 1, in vigore dal 1/6/2021 fino al 31/10/2021 il subappalto non può superare la quota del 50% successivamente (dal 1° novembre 2021) decade il limite e le prestazioni da eseguire a cura dell’appaltatore dovranno essere indicate nel bando di gara, ai sensi del citato art. 49 comma 2 lett. a) del DL 77/2021 che sostituisce il terzo periodo comma 2 del presente art. 105
3. Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto:
a) l'affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi, per le quali occorre effettuare comunicazione alla stazione appaltante;
b) la subfornitura a catalogo di prodotti informatici;
c) l'affidamento di servizi di importo inferiore a 20.000,00 euro annui a imprenditori agricoli nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ovvero ricompresi nella circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 141 del 18 giugno 1993, nonché nei comuni delle isole minori di cui all'allegato A annesso alla legge 28 dicembre 2001, n. 448. disposizione corretta con errata corrige del 15-07-2016
c-bis) le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto. disposizione introdotta dal DLgs 56-2017 in vigore dal 20-5-2017
4. I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché:
a) disposizione abrogata dal D.L. 32/2019 in vigore dal 19/4/2019, abrogazione non confermata dalla legge di conversione L 55/2019 in vigore dal 18/6/2019; lettera soppressa dalla L 238/2021 con effetti sui bandi/inviti dal 2 febbraio 2022
b) il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria e non sussistano a suo carico i motivi di esclusione di cui all'articolo 80; disposizione modificata dal D.L. 32/2019 in vigore dal 19/4/2019, modifica non confermata dalla legge di conversione L 55/2019 in vigore dal 18/6/2019; lettera modificata dalla L 238/2021 con effetti sui bandi/inviti dal 2 febbraio 2022
c) all’atto dell’offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare;
d) disposizione modificata dal DLgs 56-2017 in vigore dal 20-5-2017; disposizione abrogata dal D.L. 32/2019 in vigore dal 19/4/2019, abrogazione non confermata dalla legge di conversione L 55/2019 in vigore dal 18/6/2019; lettera soppressa dalla L 238/2021 con effetti sui bandi/inviti dal 2 febbraio 2022
5. Per le opere di cui all'articolo 89, comma 11, e fermi restando i limiti previsti dal medesimo comma, l'eventuale subappalto non può superare il trenta per cento dell'importo delle opere e non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso. NB in origine il comma prevedeva un limite del 30% per il subappalto delle categorie di cui all’art. 89 comma 11 (cosiddette SIOS); con il DL 77/2021, art. 49 comma 1, in vigore dal 1/6/2021 fino al 31/10/2021 il subappalto non poteva superare la quota del 50% successivamente abrogato con decorrenza dal 01/11/2021 ai sensi dell’art. 49 comma 2 lett. b) del DL 77/2021, dal 1° novembre 2021, pertanto da date data è decaduto il limite e le prestazioni da eseguire a cura dell’appaltatore dovranno essere indicate nel bando di gara.
6. disposizione modificata dal DLgs 56-2017 in vigore dal 20-5-2017; disposizione abrogata dal D.L. 32/2019 in vigore dal 19/4/2019; abrogazione non confermata dalla legge di conversione L 55/2019 in vigore dal 18/6/2019; NB ai sensi della L 55/2019 di conversione del DL 32/2019 - art. 1 comma 18 (al cui esame si rinvia) in vigore dal 18/6/2019, l’applicazione del presente comma è sospesa fino al 31/12/2020; poi prorogato al 31/12/2021 dall'art. 13 comma 2 del DL 183/2020 in vigore dal 31-12-2020, quindi prorogato al 31/12/2023 dal DL 77/2021 in vigore dal 1/6/2021; comma soppresso dalla L 238/2021 con effetti sui bandi/inviti dal 2 febbraio 2022
7. L'affidatario deposita il contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell'esecuzione delle relative prestazioni. Al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante l'affidatario trasmette altresì la dichiarazione del subappaltatore attestante l'assenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80 e il possesso dei requisiti speciali di cui agli articoli 83 e 84. La stazione appaltante verifica la dichiarazione di cui al secondo periodo del presente comma tramite la Banca dati nazionale di cui all'articolo 81. Il contratto di subappalto, corredato della documentazione tecnica, amministrativa e grafica direttamente derivata dagli atti del contratto affidato, indica puntualmente l'ambito operativo del subappalto sia in termini prestazionali che economici. In origine il secondo periodo prevedeva l’obbligo di produrre la certificazione dei requisiti; successivamente dal 01/11/2021 ai sensi della lett. b-bis, art. 49 comma 2 DL 77/2021, convertito dalla L. 108/2021, è stata introdotta una modifica al presente comma 7, secondo periodo prevedendo una dichiarazione del subappaltatore.
8. Il contraente principale e il subappaltatore sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto di subappalto. L'aggiudicatario è responsabile in solido con il subappaltatore in relazione agli obblighi retributivi e contributivi, ai sensi dell'articolo 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Nelle ipotesi di cui al comma 13, lettere a) e c), l'appaltatore è liberato dalla responsabilità solidale di cui al primo periodo. ndr: “di cui al secondo periodo” in origine il primo periodo prevedeva la responsabilità esclusiva dell’appaltatore nei confronti della stazione appaltante; successivamente, dal 1/11/2021, ai sensi della lett. c), art. 49 comma 2 del DL 77/2021, il primo periodo è stato sostituito prevedendo la responsabilità solidale
9. L'affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni. È, altresì, responsabile in solido dell'osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell'ambito del subappalto. L'affidatario e, per suo tramite, i subappaltatori, trasmettono alla stazione appaltante prima dell'inizio dei lavori la documentazione di avvenuta denunzia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa edile, ove presente, assicurativi e antinfortunistici, nonché copia del piano di cui al comma 17. Ai fini del pagamento delle prestazioni rese nell'ambito dell'appalto o del subappalto, la stazione appaltante acquisisce d'ufficio il documento unico di regolarità contributiva in corso di validità relativo all'affidatario e a tutti i subappaltatori.
10. Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale dipendente dell'esecutore o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi, nonché in caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di regolarità contributiva, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 30, commi 5 e 6.
11. Nel caso di formale contestazione delle richieste di cui al comma precedente, il responsabile del procedimento inoltra le richieste e le contestazioni alla direzione provinciale del lavoro per i necessari accertamenti. disposizione modificata dal DLgs 56-2017 in vigore dal 20-5-2017
12. L'affidatario deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80.
13. La stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di beni o lavori, l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi:
a) quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa disposizione abrogata dal D.L. 32/2019 in vigore dal 19/4/2019, abrogazione non confermata dalla legge di conversione L 55/2019 in vigore dal 18/6/2019
b) in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore; disposizione corretta con errata corrige del 15-07-2016
c) su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente. disposizione corretta con errata corrige del 15-07-2016; disposizione modificata dal D.L. 32/2019 in vigore dal 19/4/2019, modifica non confermata dalla legge di conversione L 55/2019 in vigore dal 18/6/2019
14. Il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l'applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l'oggetto dell'appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell'oggetto sociale del contraente principale. L'affidatario corrisponde i costi della sicurezza e della manodopera, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso; la stazione appaltante, sentito il direttore dei lavori, il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, ovvero il direttore dell'esecuzione, provvede alla verifica dell'effettiva applicazione della presente disposizione. L'affidatario è solidalmente responsabile con il subappaltatore degli adempimenti, da parte di questo ultimo, degli obblighi di sicurezza previsti dalla normativa vigente. modificato dal DL 77/2021 in vigore dal 1/6/2021
15. Per i lavori, nei cartelli esposti all'esterno del cantiere devono essere indicati anche i nominativi di tutte le imprese subappaltatrici.
16. Al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare, il documento unico di regolarità contributiva è comprensivo della verifica della congruità della incidenza della mano d'opera relativa allo specifico contratto affidato. Tale congruità, per i lavori edili è verificata dalla Cassa edile in base all'accordo assunto a livello nazionale tra le parti sociali firmatarie del contratto collettivo nazionale comparativamente più rappresentative per l'ambito del settore edile ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; per i lavori non edili è verificata in comparazione con lo specifico contratto collettivo applicato. Si veda comma 3 lett. b) art. 49 DL 77/2021 in vigore dal 01/06/2021 sull’obbligo di adottare il documento di congruità contributiva
17. I piani di sicurezza di cui al decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81 sono messi a disposizione delle autorità competenti preposte alle verifiche ispettive di controllo dei cantieri. L'affidatario è tenuto a curare il coordinamento di tutti i subappaltatori operanti nel cantiere, al fine di rendere gli specifici piani redatti dai singoli subappaltatori compatibili tra loro e coerenti con il piano presentato dall'affidatario. Nell'ipotesi di raggruppamento temporaneo o di consorzio, detto obbligo incombe al mandatario. Il direttore tecnico di cantiere è responsabile del rispetto del piano da parte di tutte le imprese impegnate nell'esecuzione dei lavori.
18. L'affidatario che si avvale del subappalto o del cottimo deve allegare alla copia autentica del contratto la dichiarazione circa la sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o di collegamento a norma dell'articolo 2359 del codice civile con il titolare del subappalto o del cottimo. Analoga dichiarazione deve essere effettuata da ciascuno dei soggetti partecipanti nel caso di raggruppamento temporaneo, società o consorzio. La stazione appaltante provvede al rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 4 entro trenta giorni dalla relativa richiesta; tale termine può essere prorogato una sola volta, ove ricorrano giustificati motivi. Trascorso tale termine senza che si sia provveduto, l'autorizzazione si intende concessa. Per i subappalti o cottimi di importo inferiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro, i termini per il rilascio dell'autorizzazione da parte della stazione appaltante sono ridotti della metà.
19. L'esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto non può formare oggetto di ulteriore subappalto.
20. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai raggruppamenti temporanei e alle società anche consortili, quando le imprese riunite o consorziate non intendono eseguire direttamente le prestazioni scorporabili, si applicano altresì agli affidamenti con procedura negoziata. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente articolo è consentita, in deroga all’articolo 48, comma 9, primo periodo, la costituzione dell’associazione in partecipazione quando l’associante non intende eseguire direttamente le prestazioni assunte in appalto. disposizione modificata dal DLgs 56-2017 in vigore dal 20-5-2017
21. È fatta salva la facoltà per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano, sulla base dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione e nel rispetto della normativa comunitaria vigente e dei principi dell'ordinamento comunitario, di disciplinare ulteriori casi di pagamento diretto dei subappaltatori. disposizione corretta con errata corrige del 15-07-2016
22. Le stazioni appaltanti rilasciano i certificati necessari per la partecipazione e la qualificazione di cui all'articolo 83, comma 1, e all'articolo 84, comma 4, lettera b), all'appaltatore, scomputando dall'intero valore dell'appalto il valore e la categoria di quanto eseguito attraverso il subappalto. I subappaltatori possono richiedere alle stazioni appaltanti i certificati relativi alle prestazioni oggetto di appalto realmente eseguite. disposizione corretta con errata corrige del 15-07-2016
Relazione
Commento
Giurisprudenza e Prassi
LIMITE DEL 30% AL SUBAPPALTO - NON CONFORME ALLA DISCIPLINA COMUNITARIA (105)
I limiti del ricorso al subappalto, in misura non superiore al trenta per cento, sanciti dal previgente Codice dei contratti pubblici, a seguito dell’intervento della Corte di Giustizia (decisione del 27 novembre 2019, causa C- 402/18 e decisione 26 settembre 2019, causa C-63/18), non possono più ritenersi conformi alla direttiva 2004/18/CE e alla successiva direttiva 2014/24/CE. Richiamando in materia l’avviso espresso dal giudice amministrativo, che ha ritenuto disapplicabile detto limite legislativo al subappalto per contrasto con l'ordinamento comunitario, l’Autorità ha chiarito che l’amministrazione aggiudicatrice, nel dare corso all’autorizzazione al subappalto, deve fare applicazione della relativa disciplina quale risultante all’esito del citato intervento del giudice comunitario. Pertanto, intervenendo su un affidamento di servizi disposto in vigenza del d.lgs. 50/2016, l’Autorità ha invitato la stazione appaltante a tener conto dell’avviso giurisprudenziale che ha ritenuto disapplicabile il limite legislativo al subappalto previsto dalla norma di riferimento.
LIMITI AL SUBAPPALTO - AUTOVINCOLO - PREVISIONI LEX SPECIALIS (105.1)
L’esponente rileva che la società OMISSIS aveva la qualifica soggettiva per poter eseguire le lavorazioni di cui all’unica categoria di opere oggetto dell’affidamento, la OS10, pertanto, anche senza ricorso ai subappaltatori, l’operatore economico avrebbe potuto rendersi affidatario del contratto pubblico. In questi casi, non trattandosi del c.d. subappalto necessario, il rispetto dei limiti imposti dalla legge rileverebbe esclusivamente nella fase esecutiva, nel senso che la Stazione appaltante non avrebbe autorizzato il subcontratto comportante il superamento delle soglie imposte. Ad avviso dell’appellante, né la legge, né la disciplina del procedimento per cui è causa prevederebbero l’esclusione di un partecipante nel caso in cui questi, pur possedendo la qualifica per compiere la totalità delle lavorazioni, abbia prospettato di ricorrere al subappalto in misura superiore al 49,99% al momento di formulare il proprio preventivo. Secondo questo collegio, la critica non può trovare accoglimento.
L’art. 7 dell’Invito ha espressamente previsto che: “Ai sensi dell’art. 105, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 come mod. dall’art. 49, comma 1, lett. a) della L. 108/2021 (legge di conversione, con modificazioni, del D.L. 77/2021), a pena di nullità, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 106, comma 1, lettera d), il contratto non può essere ceduto, non può essere affittata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera. E’ ammesso il subappalto ai sensi dell’art. 105 del d.lgs. 50/2016 e s.m.i., come modificato dall’articolo 49, comma 1, del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito nella Legge 108/2021 nei limiti del 49,99% dell’importo complessivo del contratto”.
Appare all’evidenza che la lex specialis ha espressamente consentito il subappalto nei limiti del 49,99% dell’importo complessivo del contratto, così introducendo una previsione di ‘autovincolo’.
Nonostante ciò, nell’ambito della predisposizione dell’offerta e del preventivo, la società OMISSIS ha compilato il DGUE dichiarando espressamente di voler subappaltare una quota di lavori dell’unica categoria di appalto (quella prevalente) nella misura del 50%.
Inoltre, dalle emergenze processuali risulta che il preventivo dell’aggiudicataria reca un ribasso di oltre il 50% come risulta dall’offerta economica, mentre la dichiarazione di subappaltare le opere oggetto dell’unica categoria di appalto reca un ribasso del 50%.
Il Collegio osserva che le ampie deduzioni difensive (anche in tema di subappalto necessario) del Comune appellante, finalizzate a giustificare la regolarità dell’affidamento diretto dell’appalto alla società aggiudicataria, non colgono nel segno, atteso che alla soluzione della questione deve pervenirsi partendo dal presupposto che nella lex specialis la Stazione appaltante ha previsto espressamente un criterio di ‘autovincolo’.
Orbene, secondo il principio dell’autovincolo, la Stazione appaltante è tenuta a rispettare le regole che, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, ha deciso di porre a presidio dello svolgimento della procedura di gara, in ragione dei principi dell’affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti.
Il criterio di aggiudicazione di un appalto pubblico prescelto dalla Stazione appaltante in una procedura comporta sempre che la stessa è obbligata al rispetto della legge di gara, sicchè l’individuazione del contraente deve avvenire sulla scorta delle regole prescelte.
Nel caso di specie, l’Amministrazione si è avvalsa della possibilità dell’affidamento diretto ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.L. n. 76 del 2020, convertito con legge n. 120 del 2020, ma ciò, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non fa venire meno l’obbligo del rispetto della legge di gara (c.d. autovincolo).
Il rispetto dell’autovincolo, giova ribadire per ragioni di completezza espositiva, è confermato anche dal vigente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023) che fra i principi fondamentali annovera quello dell’affidamento e della buona fede, per cui occorre tutelare l’affidamento dell’operatore economico sul legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023).
Nella specie, la lex specialis si è fondata sul suddetto indirizzo, tenuto conto che l’art. 3 dell’Invito, rubricato appunto ‘Criterio di affidamento’, richiama espressamente i principi di cui all’articolo 30 del d.lgs. n. 50 del 2016, così rappresentando la scelta di individuare un criterio di affidamento e di autodisciplinare la procedura di affidamento diretto.
Il OMISSIS ha individuato un criterio di affidamento dell’appalto, secondo precise regole prestabilite negli atti di gara, sicchè, in forza del principio dell’autovincolo, sussiste l’obbligo del rispetto dello stesso criterio e, conseguentemente, l’impossibilità di modificare in itinere la legge di gara da parte dell’Ente.
SUBAPPALTO - DIRITTO COMUNITARIO - DIRITTO INTERNO - DISAPPLICAZIONE (105.4)
Il Collegio, attenendosi al principio di sinteticità a cui debbono essere improntati gli atti processuali (tanto più se si tratta di una sentenza c.d. breve), osserva quanto segue.
Come è noto, la Corte di Giustizia U.E., anche di recente (si veda la sentenza del 20 aprile 2023, in causa C-348/22, relativa alla nota questione delle concessioni demaniali marittime) ha ribadito che l’obbligo di disapplicare il diritto interno confliggente con il diritto comunitario grava anche sulle amministrazioni pubbliche e non solo sui giudici nazionali. Tale principio, come è altrettanto noto, era stato ribadito anche nelle note e discusse sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn. 17 e 18 del 2021, nonché in varie decisioni di questo Tribunale (al riguardo si veda la citata sentenza n. 252/2020).
Pertanto, il fatto che all’epoca di indizione della presente gara fosse ancora vigente l’art. 105, comma 4, let. a), del D.Lgs. n. 50/2016 non rende di per sé legittimo l’operato di ..., in quanto se il divieto previsto dalla norma interna fosse apparso confliggente con il diritto sovranazionale l’amministrazione resistente aveva l’obbligo di disapplicarlo.
E che tale contrasto esistesse è indiscutibile, come ha efficacemente comprovato la difesa delle ricorrenti ricostruendo con precisione l’evoluzione normativa che, a partire dal D.L. n. 32/2019 (che aveva abrogato il divieto de quo con una disposizione che è stata però a sua volta espunta dalla legge di conversione), si è conclusa con l’espressa abrogazione della norma del Codice dei contratti pubblici ad opera dell’art. 10 della legge comunitaria n. 238/2021. Il fatto che l’abrogazione sia stata disposta con la c.d. legge comunitaria e che l’art. 10 sia rubricato “Disposizioni in materia di contratti pubblici. Procedura di infrazione n. 2018/2273” implica l’esplicito riconoscimento da parte del legislatore italiano dell’esistenza del contrasto fra l’art. 105, comma 4, let. a) del D.Lgs. n. 50/2016 e le direttive comunitarie sugli appalti (in effetti, la procedura di infrazione n. 2018/2273 riguardava anche il profilo che viene in rilievo nel presente giudizio).
Tuttavia, come è accaduto anche per altri limiti al subappalto previsti dal D.Lgs. n. 50/2016, il legislatore del 2021 è stato eccessivamente “timido”, avendo posticipato l’entrata in vigore di varie disposizioni finalizzate a rendere la normativa interna sul subappalto finalmente conforme alle c.d. direttive appalti del 2014 (sul punto si veda anche la sentenza di questo T.A.R. n. 206/2022, relativa al limite del 30%. Al riguardo va dato atto che la sentenza è stata riformata dal Consiglio di Stato, ma non sullo specifico punto).
In effetti, l’art. 10, ultimo comma, della L. n. 238/2021 stabilisce che “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle procedure i cui bandi o avvisi con i quali si indice una gara sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi”, ma tale disposizione è priva di qualsiasi giustificazione, visto che, se il contrasto con il diritto comunitario sussisteva, esso andava eliminato con effetto immediato. Va infatti ricordato che il contrasto fra diritto interno e diritto comunitario, se esiste, esiste ab origine, del che costituisce una riprova la circostanza che le sentenze “interpretative” della C.G.U.E. giuridicamente hanno effetto ex tunc, ossia dichiarano quale avrebbe dovuto essere sin dall’origine la corretta esegesi della norma comunitaria.
Le predette considerazioni potrebbero essere però superate alla luce del principio tempus regit actum, il quale, a certe condizioni, impedisce di ledere il legittimo affidamento dei concorrenti che hanno partecipato ad una procedura ad evidenza pubblica confidando sulla lettera del bando e sulla legge nazionale vigente in quel momento. Tuttavia, e premesso che la questione del rapporto fra il principio in commento e il diritto sovranazionale appare molto più complessa rispetto ad analoghe vicende che coinvolgono solo il diritto interno (come nel caso, ad esempio, di contrasto fra norma statale e norma regionale, o fra legge ordinaria e norme costituzionali) - per cui tale questione dovrebbe essere sottoposta all’esame della C.G.U.E. – nella specie il principio tempus regit actum non poteva trovare applicazione, e ciò per le seguenti ragioni.
In primo luogo, perché nel caso odierno non viene in rilievo la tutela della par condicio competitorum, essendosi nella fase esecutiva del contratto e non essendo previsto nel disciplinare di gara, come già detto, l’obbligo dei concorrenti di indicare già in sede di offerta i nominativi dei subappaltatori. Non si comprende dunque in che modo gli operatori economici che hanno partecipato alla gara potrebbero essere lesi dal fatto che C.S.I. venga autorizzato a subappaltare una parte dei lavori ad ...
Pertanto, essendo ancora possibile per ... eliminare il vulnus arrecato al diritto comunitario dal divieto qui contestato, tale divieto andava disapplicato nella fase di esecuzione dell’Accordo Quadro.
SUBAPPALTO - LIMITAZIONI - LEX SPECIALIS - LEGITTIMITA' (105.5)
Occorre farsi carico dell’eccezione di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso in appello, argomentata dall’amministrazione resistente nella considerazione del mutamento della situazione di fatto, rappresentata dall’intervenuta risoluzione, con il decreto n. 1131 del 30 agosto 2023, ai sensi dell’art. 108, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, del contratto di appalto intercedente tra le parti.
Anche tale eccezione è infondata.
Il decreto di risoluzione (che l’appellante, nella memoria di replica, assume contestato in sede giudiziale) è stato disposto nell’assunto del grave ritardo nell’esecuzione dei lavori per “negligenza dell’impresa”, desumendosi dallo stesso che alla società appellante è stata essenzialmente addebitata la disorganizzazione, l’insufficiente applicazione in cantiere di maestranze qualificate e l’inosservanza degli ordini di servizio.
Tali condotte sono in potenziale rapporto causale con il diniego di subappalto gravato e dunque non consentono di escludere con certezza che l’appellante abbia perso qualsivoglia utilità, ancorché meramente strumentale o morale, dalla ipotetica decisione di accoglimento del presente ricorso.
Il primo motivo, nucleo tematico dell’appello, critica la sentenza di prime cure in quanto sarebbe incorsa in una lettura parziale, incompleta della sentenza della C.G.U.E. 27 novembre 2019, in causa C-402/18, la quale non consentirebbe alla amministrazione aggiudicatrice di valutare con elasticità i casi in cui non è ammissibile il subappalto, ammettendone in realtà limitazioni solo per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata, considerato dalla Corte come obiettivo legittimo. Tale lettura della sentenza della Corte di giustizia troverebbe conferma, per l’appellante, nell’adeguamento della normativa nazionale, ed in particolare nell’abrogazione del comma 5 dell’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 ad opera del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, con l’effetto dell’eliminazione di ogni limitazione al subappalto, anche in relazione alle opere superspecialistiche. La limitazione al subappalto deve oggi essere adeguatamente motivata nella determina a contrarre ed è consentita solamente per le ragioni enucleate dall’art. 105, comma 2, dello stesso testo normativo (e cioè, per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata, per il rafforzamento del controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro, essenzialmente, dunque, per ragioni di tutela dei lavoratori). Per l’appellante, non vi sarebbero ulteriori legittimi obiettivi di giustificazione della limitazione del subappalto compatibili con il diritto europeo; conseguentemente, dovrebbe ritenersi illegittima la limitazione qualitativa e predefinita per tutte le lavorazioni appartenenti alle categorie OS28 e OS30, subappaltabili solo nella misura del 30 per cento del loro valore, in ragione di una presunta complessità tecnica delle lavorazioni. Inoltre la caratterizzazione “OMISSIS” non potrebbe essere considerata una specifica caratteristica dell’appalto, in quanto, a mente dell’art. 4-bis del d.lgs. n. 192 del 2005, a fare tempo dal 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati da pubbliche amministrazioni e di proprietà di queste ultime, ivi compresi gli edifici scolastici, devono essere edifici a energia quasi zero; inoltre dall’1 gennaio 2021 (per effetto del d.lgs. n. 48 del 2020) tutti gli edifici nuovi devono essere “OMISSIS”; si tratta dunque di una caratterizzazione ormai generale.
Il motivo, pur nella sua complessità, è infondato.
Giova premettere che la sentenza della Corte di giustizia predetta ha stabilito che la direttiva 2004/18/CE deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che limita al 30 per cento la quota parte dell’appello che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi; in particolare, la pronuncia in questione ha stigmatizzato il fatto che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale imponga in modo generale e astratto che l’offerente realizzi una parte rilevante delle prestazioni autonomamente, anche se tale limite nel ricorso al subappalto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto, rilevando che «l’obiettivo perseguito dal legislatore italiano potrebbe essere raggiunto da misure meno restrittive», implicanti specifiche valutazioni.
Tale essendo l’ambito del dictum, occorre chiedersi se siano legittime le clausole della lex specialis prevedenti che «è ammesso il subappalto delle lavorazioni appartenenti a tutte le categorie di cui si compone l’appalto, con le limitazioni qualitative e quantitative su specifiche prestazioni essenziali di seguito elencate […]. Le lavorazioni appartenenti alle categorie OS28 e OS30 sono subappaltabili soltanto nella misura del 30% del loro valore. Tale limitazione è imposta in considerazione della rilevante complessità tecnica di tali lavorazioni, che richiede la prestazione prevalente e diretta dell’appaltatore, ai fini della corretta esecuzione del complesso impiantistico, la cui qualità e funzionalità è determinante per la caratterizzazione .... del nuovo edificio» (così art. 10 del disciplinare di gara e art. 40 del capitolato speciale d’appalto). Più specificamente, muovendo dal presupposto che l’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 (nella versione precedente alle modifiche apportate dal d.l. n. 77 del 2021, convertito con modificazione nella legge n. 108 del 2021) laddove pone il limite generalizzato quantitativo del trenta per cento al subappalto, è incompatibile con il diritto eurounitario e va dunque disapplicato (così Cons. Stato, V, 31 maggio 2021, n. 4150; V, 17 dicembre 2020, n. 8101), occorre valutare se la specifica e motivata limitazione contenuta nella lex specialis possa invece ritenersi legittima.
Il quesito deve avere, ad avviso del Collegio, una soluzione positiva, proprio alla stregua di quanto chiarito dalla più volte richiamata sentenza della Corte di Giustizia, la quale, al punto sub 47, ha evidenziato come non coerente con il diritto europeo una normativa nazionale «che vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto per una quota parte che superi una percentuale fissa dell’importo dell’appalto pubblico di cui trattasi, sicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, della natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un tale divieto generale non lascia spazio alcuno a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore». Ciò significa che, al contrario, una limitazione specifica del ricorso al subappalto, assistito da adeguata motivazione, debba ritenersi consentito.
Nella fattispecie controversa vi è la chiara esternazione delle ragioni della limitazione del subappalto nelle categorie OS28 e OS30, ravvisabile “nella complessità tecnica delle lavorazioni, che richiede la prestazione prevalente e diretta dell’appaltatore, ai fini della corretta esecuzione del complesso impiantistico”.
Questa è la motivazione del limite quantitativo al subappalto per le due lavorazioni sopra indicate, e non già la caratterizzazione .... del nuovo edificio.
Né può ritenersi che il contrasto della criminalità organizzata (oggetto di considerazione da parte della Corte di giustizia) costituisca l’unico obiettivo che legittimamente consente, all’esito di una valutazione specifica, la limitazione del subappalto; in senso contrario depongono sia l’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 (nel testo novellato nel 2021), che l’art. 119, comma 2, del nuovo codice dei contratti pubblici (di cui al d.lgs. n. 36 del 2023). In entrambi i casi sono previste come possibile limite del subappalto “le specifiche caratteristiche del subappalto” concernente, nel caso di specie, opere impiantistiche.
Peraltro è lo stesso art. 63, par. 2, della direttiva 2014/24/UE che consente all’amministrazione aggiudicatrice di esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente.
SUBAPPALTO E FORNITURA: LE PRINCIPALI DIFFERENZE (105)
Il Collegio ricorda, in merito, che i contratti di subappalto e di fornitura, pur se in qualche caso vicini tra loro, si differenziano comunque nei loro elementi essenziali. La fornitura, disciplinata nell’ambito dello schema legale del contratto di somministrazione di cui all’art. 1159 e ss. del codice civile per le prestazioni di beni, consiste in una forma contrattuale ove una parte si obbliga a eseguire nei confronti di un'altra parte delle prestazioni periodiche o continuative di beni, verso il pagamento di un corrispettivo. Diversamente, il contratto di subappalto di cui all’art. 105 del Codice dei contratti pubblici descrive quella forma contrattuale in cui un terzo affida l’esecuzione di una parte dell’opera, nella sede di cantiere, a proprio rischio e mediante una propria organizzazione di mezzi e personale (l’art. 105 precisa che “Il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”).
Orbene, la distinzione tra le due forme contrattuali ricade sull’assunzione del rischio finale d’impresa: con il subappalto, il subappaltatore si sostituisce all’affidatario della commessa nei confronti dell’Amministrazione, mentre con la vendita o fornitura la prestazione di base, seppur effettuata da altri, è acquisita nella stessa organizzazione aziendale del cliente acquirente o somministrato, il quale si accolla al riguardo il rischio d’impresa discendente da un eventuale difetto o difformità della prestazione.
Come ben precisato dal Consiglio di Stato sul punto, “la distinzione tra le figure contrattuali si fonda non solo sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei tipi di contratto. Le prestazioni sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il contratto è stipulato con l'amministrazione, sostituendosi all'affidatario; nell'altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell'aggiudicatario che le riceve, inserendole nell'organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all'amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un'alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall'appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; diverso è il caso in cui la prestazione resa è inserita all'interno dell'organizzazione imprenditoriale dell'appaltatore. Ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è estendibile, se non si dimostri che il contratto costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 maggio 2021, n. 4150).
SUBAPPALTO NECESSARIO: NECESSARIA CONTAMINAZIONE TRA LE REGOLE DI GARA E QUELLE ESECUTIVE (105)
La possibilità di partecipazione alla gara insita nell’istituto subappalto necessario si fonda sull’utilizzo di due fattispecie, quella dei requisiti di partecipazione e quella del subappalto, afferenti rispettivamente a fasi diverse della disciplina delle commesse pubbliche, rispettivamente alla gara e all’esecuzione del contratto, e ha reso necessario mettere in relazione i due aspetti, consentendo l’utilizzo anticipato dell’istituto esecutivo del subappalto a fini qualificatori.
Ciò comporta, da un lato, che il subappalto necessario è istituto spendibile in sede di qualificazione alla gara sulla base della corretta prospettazione effettuata dal concorrente nella domanda di partecipazione e nel dgue e, dall’altro lato, che la soluzione di continuità in fase esecutiva rispetto a quanto prospettato in sede di gara rileva in sede esecutiva, con le conseguenze indicate nell’art. 105 del d. lgs. n. 50 del 2016 (Cons. St., sez. V, 2 gennaio 2024 n. 26).
Nella prospettiva più tipicamente amministrativa il richiamo al subappalto nelle suddette categorie scorporabili a qualificazione necessaria presidia l’esigenza di diritto pubblico di assicurare che i lavori siano eseguiti da soggetti muniti dei necessari requisiti di qualificazione. Rende infatti spendibile in fase di qualificazione il subappalto, così da colmare il deficit dell’offerente sul punto, così come emerge dalla stessa domanda di partecipazione. Sicché la stazione appaltante è edotta sin dalla fase di ammissione dell’offerta del difetto di qualificazione del partecipante alla gara, con le dovute conseguenze sulla qualificazione del subappalto.
Se poi, in fase esecutiva, il subappaltatore sarà privo dei requisiti di qualificazione, si verificheranno le conseguenze di cui all’art. 105 del d. lgs. n. 50 del 2016.
Il subappalto necessario presenta, oltre alla particolarità anzidetta (relativa alla necessaria contaminazione delle regole di gara con le regole esecutive), anche un’altra differenza rispetto al subappalto di opera non a qualificazione necessaria: in quest’ultimo caso l’affidamento a terzi di una parte delle prestazioni oggetto dell’appalto è frutto di una libera scelta imprenditoriale (essendo il concorrente già in possesso di tutti i requisiti di partecipazione), laddove il subappalto necessario si configura invece come necessario perché l’affidamento in subappalto (ad un soggetto in possesso delle pertinenti qualificazioni) dell’esecuzione delle lavorazioni riconducibili alle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria è imposto dal difetto di qualifica del concorrente a eseguire tali tipo di prestazioni.
DICHIARAZIONE DI SUBAPPALTO - DEVE ESSERE INEQUIVOCABILE (105.4)
Nella presente sede i Giudici stabiliscono che i requisiti per il subappalto necessario vengono pienamente integrati dalla dichiarazione effettuata dal Consorzio ricorrente, effettuata in modo espresso e non meramente eventuale, emergendo nel DGUE presentato dallo stesso l’inequivocabile intenzione di avvalersi del subappalto per qualificarsi nella categoria OS 18-A per la quale è richiesta obbligatoriamente la qualificazione, così assicurando alla Committente che, una volta giunti alla fase di esecuzione del contratto, lo stesso sarà eseguito da un soggetto in possesso delle opportune garanzie.
Nel caso che qui ci impegna, infatti, la dichiarazione resa da (...) non presenta alcun elemento di ambiguità, atteso che con l’utilizzo dell’avverbio “intende” – diversamente da quanto erroneamente sostenuto dall’Amministrazione resistente – la parte ricorrente appare aver inequivocabilmente manifestato l’intenzione di adottare l’istituto del subappalto con riferimento alla categoria OS-18 A, garantendo la copertura in fase esecutiva da parte di un subappaltatore fornito dei requisiti richiesti.
Dalla lettura della dichiarazione emerge, infatti, che il ricorrente per le categorie di cui era già titolare di adeguata SOA, abbia affermato nel proprio DGUE con un’espressione solo eventuale ed ipotetica che “intende eventualmente subappaltare le lavorazioni rientranti nella categoria OG3 nei limiti di legge”, laddove per la categoria OS18/A, non posseduta dallo stesso, afferma in modo chiaro che “intende subappaltare le lavorazioni rientranti nella categoria OS18-A, nei limiti di legge”.
Pertanto, stante l’inequivoco tenore letterale delle proprie dichiarazioni, appare diversa – contrariamente da quanto sostenuto dalla resistente – la volontà rappresentata dal Consorzio nell’ambito del DGUE nelle due dichiarazioni, avendo lo stesso rappresentato la sola eventuale possibilità di subappaltare le lavorazioni con riferimento alla categoria OG3, a fronte di una volontà certa e inequivoca di subappaltare per le lavorazioni in OS18/A.
Non appare inoltre dirimente ad avviso del Collegio la mancata espressa specificazione della natura necessaria e/o qualificatoria del subappalto relativo alla predetta categoria, stante l’inequivoca manifestazione di volontà di subappaltare per la stessa e il possesso dei requisiti per la categoria prevalente.
SUBAPPALTO NECESSARIO - AMMESSO IL SOCCORSO ISTRUTTORIO PER DICHIARAZIONE INCERTA (105)
Invero, a prescindere da ogni altra possibile considerazione in ordine al possesso, da parte del RTI F., della qualifica relativa alla categoria OS24 (giusta, da un lato, la qualificazione posseduta nella suddetta categoria dalle mandanti, ovvero, dall’altro, in ragione della classificazione in OG3, categoria VIII, posseduta dalla mandante), appare dirimente sul punto rilevare che il suddetto RTI ha correttamente reso la dichiarazione di voler subappaltare la categoria OS24 considerandola come subappalto “necessario”.
Invero, dalla dichiarazione di subappalto, Allegato C, resa in sede di gara dal RTI emerge testualmente che le imprese dichiarano:
“di riservarsi la possibilità di avvalersi di subappalto ed eventualmente quindi di subappaltare o concedere in cottimo, ai sensi dell’art. 105 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., le lavorazioni o parti di opere, il cui importo non supera il limite previsto dal citato art. 105, di seguito esplicitamente indicate:
- lavorazioni indicate nella categoria prevalente OG3 (….); lavorazioni inerenti alla categoria scorporabile OS21(…); lavorazioni inerenti alla categoria scorporabile OS12A; lavorazioni inerenti alla categoria scorporabile OS10 (….)”
e per quanto necessario per dare ultimati i lavori il tutto nel limite previsto dalla vigente normativa:
-lavorazioni inerenti alla categoria scorporabile OS24 (verde ed Arredo urbano) e a titolo esemplificativo e non esaustivo lavorazioni di: taglio e sfalcio di vegetazione, lavorazione su terreni, seminati e impianti arbusti, impianto di alberature, posa di arredo urbano, realizzazione di impianti irrigui, opere di energia naturalistica e quanto necessario per dare ultimati i lavori per l’intero importo”.
Dal tenore letterale della dichiarazione e anche dalla modalità grafica con cui la medesima è stata resa emerge, pertanto, che il RTI ha indicato due distinti tipi di subappalto: il primo relativo alle categorie OG3, OS21, OS12A, OS10 per il quale ha precisato che il subappalto era facoltativo (“dichiarano di riservarsi la possibilità di avvalersi…”), potendo farvi ricorso ai sensi e nei limiti dell’art. 105 del D.Lgs. 50/2016; il secondo, chiaramente individuabile, relativo invece alla sola categoria OS24, considerata e trattata in maniera distinta rispetto alle altre categorie e in relazione alla quale non si è enunciata la mera eventualità di farvi ricorso, ma si è dichiarato di ricorrere al subappalto “per quanto necessario per dare ultimati i lavori il tutto nel limite previsto dalla vigente normativa”.
Proprio la differenziazione della suddetta dichiarazione, relativamente, da un lato, alle categorie OG3, OS21, OS12A, OS10 e, dall’altro, alla categoria OS24, attesta che il RTI ha correttamente reso la dichiarazione di subappalto necessario. L’inciso con cui si afferma di dare corso al subappalto “per quanto necessario per dare ultimati i lavori” non può che essere inteso - anche in ragione e in doverosa applicazione del principio della massima partecipazione - come volontà di subappaltare l’intera categoria OS24.
In ogni caso, ove fossero sorti dubbi di sorta in merito alla suddetta dichiarazione di subappalto, la Stazione Appaltante avrebbe potuto ricorrere al soccorso istruttorio, al fine di chiarire la portata della dichiarazione resa in sede di gara.
In conclusione, le censure di cui al primo motivo vanno disattese.
SUBAPPALTO NECESSARIO - MANIFESTAZIONE DI VOLONTA' DEVE ESSERE ESPLICITA
In base alla vigente normativa e nell’ambito del contesto eurounitario, risulta in via generale indifferente –a fini di qualificazione del concorrente- che essa avvenga in proprio ovvero a mezzo di avvalimento (salve le eventuali eccezioni normative, comunque non ricorrenti nella fattispecie).
In tale ottica, peraltro, depone anche la delibera dell’ANAC n. 406 del 6.9.2022 nella quale, in caso di contestuale qualificazione sulla categoria prevalente mediante avvalimento e di ricorso al subappalto necessario per categoria scorporabile a qualificazione obbligatoria, ha osservato che “La vigente normativa in materia di lavori pubblici non osta alla possibilità di supplire alla carenza dell’attestazione SOA nella categoria prevalente tramite avvalimento anche in caso di ricorso al subappalto necessario di opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali (SIOS) a qualificazione obbligatoria”.
Ritornando al punto inerente la qualificazione nella categoria OG11, il Collegio ritiene anzitutto di richiamare la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato per la quale “Questa Sezione ha già esaminato vicende analoghe – in cui, cioè, l’operatore economico non aveva dichiarato di voler ricorrere al subappalto c.d. necessario per acquisire requisiti tecnico – professionali non posseduti, e ha espresso un chiaro convincimento: il concorrente non è tenuto a indicare il nominativo del subappaltatore già in sede di offerta, ma è tenuto senz’altro a dichiarare la volontà di ricorrere al subappalto per supplire al requisito di qualificazione mancante. Detto più chiaramente, l’operatore economico deve dichiarare sin dalla domanda di partecipazione la volontà di avvalersi del subappalto c.d. necessario (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. V, 1° luglio 2022, n. 5491, ove è ben evidenziata la diversità di presupposti e di funzioni delle due dichiarazioni, di ricorrere al subappalto facoltativo oppure a quello necessario, in quanto “…nella dichiarazione di subappalto ”necessario” viene in rilievo non una mera esternazione di volontà dell’operatore economico quale è la dichiarazione di subappalto ”facoltativo”, bensì una delle modalità di attestazione del possesso di un requisito di partecipazione, che non tollera di suo il ricorso a formule generiche o comunque predisposte ad altri fini, pena la violazione dei principi di par condicio e di trasparenza che permeano le gare pubbliche”; cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 31 marzo 2022, n. 2365 e, ancora più recentemente, Consiglio di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2022, n. 11596)” (Consiglio di Stato, Sez. V, 28.3.2023, n.3180).
In altri termini, la dichiarazione della volontà di subappaltare le lavorazioni di categorie di cui l’operatore non possiede la qualificazione non solamente è ben diversa da una generica indicazione, ma permette di ritenere che la società abbia scelto di ricorrere all’istituto proprio per sopperire con questo ad una categoria necessaria per l’esecuzione dei lavori e che quindi, in ultima analisi, abbia reso nel DGUE la dichiarazione del c.d. subappalto necessario (cfr. sul punto Consiglio di Stato, sez. VII, 6.6.2023, n. 5545).
Inquadrato così il tema, deve osservarsi che già da una prima lettura la dichiarazione della ………. resa nel DGUE nulla specifica in ordine alla natura del subappalto e, in tal modo, presenta un significativo tasso di genericità.
CONTRASTO DGUE E ISTANZA SULLA DICHIARAZIONE SUBAPPALTO - NECESSARIO SOCCORSO PROCEDIMENTALE
Pur essendo contraria all'esigenza di semplificazione degli oneri amministrativi la richiesta di inserire la dichiarazione di subappalto (già contenuta nel DGUE) anche nella domanda di partecipazione alla gara non può essere condivisa la tesi dell'istante della prevalenza della dichiarazione di subappalto contenuta nel DGUE rispetto all'indicazione negativa riportata nella domanda di partecipazione. L'art. 105 del D.lgs. n. 50/2016 (applicabile alla gara in esame) prescrive solo la necessità della sua formulazione in fase di gara, prevedendo che va resa "all'atto dell'offerta" (art. 105, comma 4, lett. c). A sua volta, l'art. 85 del Codice, nel descrivere il contenuto del DGUE, non menziona espressamente il subappalto, ma tale dichiarazione è stata inserita nella parte II del modello elettronico del DGUE (adottato con Regolamento di esecuzione (UE) 2016/7) nella quale vengono fornite informazioni sull'operatore economico. Non vi è, inoltre, nessuna disposizione legislativa che impone la prevalenza del contenuto del DGUE sulla domanda di partecipazione alla gara, trattandosi in entrambi casi di dichiarazioni sostitutive rese ai sensi del d.P.R. n. 445/2000. Anche la disciplina di gara non può essere interpretata nel senso che la SA, per stabilire l'effettiva volontà del concorrente di ricorrere o meno al subappalto, avrebbe dovuto tenere conto soltanto (o comunque prevalentemente) di quanto dichiarato nel DGUE. Si ritiene piuttosto che, in applicazione del canone ermeneutico secondo il quale le clausole del bando si interpretano le une per mezzo delle altre, ciascun concorrente avrebbe dovuto garantire la piena coerenza tra quanto dichiarato nel DGUE e nella domanda di partecipazione alla gara; in presenza di contrastanti dichiarazioni sostitutive, per stabilire se l'operatore economico intendesse o meno ricorrere al subappalto in fase esecutiva (in vista della successiva autorizzabilità del subappalto), la Stazione appaltante non aveva altra soluzione che richiedere chiarimenti all'operatore.
SUBAPPALTO NECESSARIO - OMESSA DICHIARAZIONE IN GARA - AMMESSO SOCCORSO ISTRUTTORIO
Con il primo motivo di appello OMISSIS ha dedotto, sostanzialmente, l’erroneità della suddetta pronuncia per non avere accolto la sua tesi difensiva, secondo cui la mandante M. potrebbe sopperire al difetto di qualificazione attraverso l’istituto del subappalto c.d. “necessario” o qualificante, avendo i singoli componenti del raggruppamento dichiarato di volersi avvalere del subappalto genericamente. Invero, il disciplinare si limiterebbe a stabilire che ai fini del “c.d. subappalto necessario” occorreva solo “dichiarare il subappalto delle lavorazioni … specificandole puntualmente nella domanda di partecipazione”, senza prevedere ulteriori adempimento e/o oneri formali. Il DGUE, a sua volta, conterrebbe una formulazione in virtù della quale si chiede al partecipante se “intende subappaltare parte del contratto a terzi” e, in caso di risposta affermativa, di “elencare le prestazioni o lavorazioni che si intende subappaltare”, senza prevedere alcuna specificazione esplicita rispetto alla natura del subappalto (facoltativo o necessario).
In occasione della compilazione del DGUE i singoli componenti del raggruppamento avrebbero risposto “sì” alla domanda se “l’operatore economico intende subappaltare parte del contratto a terzi”. Sarebbe stato, inoltre, trascurato l’elenco delle prestazioni indicato dai membri del Rti OMISSIS, i quali hanno espressamente specificato di voler subappaltare tutte “le lavorazioni e prestazioni enunciate nel disciplinare di prequalifica, nessuna esclusa e/o eccettuata”.
L’appellante sostiene, dunque, in omaggio al principio della massima partecipazione alla gara, che la dichiarazione di volersi avvalere del subappalto possa comprendere anche quello necessario.
La censura è infondata, alla luce della granitica giurisprudenza della sezione, dalla quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, per la quale: “l’operatore economico deve dichiarare sin dalla domanda di partecipazione la volontà di avvalersi del subappalto c.d. necessario (in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 1° luglio 2022, n. 5491, ove è ben evidenziata la diversità di presupposti e di funzioni delle due dichiarazioni, di ricorrere al subappalto facoltativo oppure a quello necessario, in quanto “…nella dichiarazione di subappalto “necessario” viene in rilievo non una mera esternazione di volontà dell’operatore economico quale è la dichiarazione di subappalto “facoltativo”, bensì una delle modalità di attestazione del possesso di un requisito di partecipazione, che non tollera di suo il ricorso a formule generiche o comunque predisposte ad altri fini, pena la violazione dei principi di par condicio e di trasparenza che permeano le gare pubbliche” (Cons. Stato, V, 29 dicembre 2022, n. 11596; cfr., fra le tante, anche Cons. Stato, V, 28 marzo 2023, n. 3180; 1 luglio 2022, n. 5491; 31 marzo 2022, n. 2365; 25 marzo 2022, n. 2217).
Ed invero, nella fattispecie in questione, così come in quelle esaminate dalla sezione con le decisioni succitate, l’appellante non ha dichiarato di volersi avvalere del subappalto necessario, ma solo del subappalto in generale, dopo aver specificato nella domanda di possedere sufficienti requisiti di qualificazione.
CONTRATTO D'OPERA - SI DISTINGUE DAL CONTRATTO DI APPALTO IN QUANTO PREVALE IL LAVORO DEL PROFESSIONISTA (105.3)
Ai fini di cui all’art. 105 del d.lgs. n. 50/2016, deve quindi stabilirsi quando il ‘terzo’ venga in rilievo nella fattispecie dedotta come lavoratore autonomo piuttosto che subappaltatore.
A tal fine, è opportuno rilevare come la giurisprudenza di legittimità si sia più volte occupata dell’individuazione dei criteri in base ai quali distinguere il contratto d’appalto dal contratto d’opera, individuando la differenza tra queste figure negoziali (accomunate dall’obbligo verso il committente di compiere dietro corrispettivo un’opera o un servizio senza vincolo di subordinazione e con assunzione di un rischio da parte di chi esegue) nella complessità dell’organizzazione impiegata, così qualificando il contratto come appalto se l’esecuzione dell’opera commissionata avviene mediante un’organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto, e come contratto d’opera laddove prevalente è il lavoro di quest’ultimo, pur se adiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa, desumibile dall’art. 2083 c.c. (V. Cassazione civile sez. II, 31/08/2021, n.23680, che richiama anche Cass. 7107/2001, Cass. 9237/1997, Cass. 5451/1999, Cass. 7606/1999 ma anche Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 27258 del 16 novembre 2017 e Cass. 12519/2010), come pure nei casi in cui l’elemento organizzativo non sia tale da consentire il perseguimento delle iniziative di impresa facendo a meno dell’attività esecutiva dell’imprenditore artigiano (V. Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, n.4527), non essendo di per sè incompatibile con la figura dell’appalto il carattere artigianale dell’impresa (Cass. n. 1856/1990), sempre che emerga la prova dell’assunzione della gestione dell’opera a proprio rischio ed un’organizzazione di mezzi necessari alla sua esecuzione.
DINIEGO SUBAPPALTO - SOLO APPALTATORE PUO' OPPORSI (105)
E' l’affidatario del contratto che può richiedere all’Amministrazione appaltante l’autorizzazione ad avvalersi del subappaltatore, sicché l’eventuale diniego viene espresso sull’istanza proposta dall’appaltatore.
Sulla base di tale notazione, già nella vigenza del precedente Codice degli appalti (d.lgs. n. 163/2006) la giurisprudenza di questo Tribunale ha ritenuto che il subappaltatore non fosse legittimato ad impugnare il diniego di subappalto, osservando che, poiché ricade “sull'appaltatore la responsabilità dell'eventuale inadempimento (parziale o totale), non può che essere a lui rimessa la decisione, dettata da considerazioni di carattere tecnico-aziendale, di avvalersi di un subappaltatore per lo svolgimento (di parte) delle prestazioni necessarie per garantire l'esatto adempimento del contratto e in ultima analisi il raggiungimento del risultato voluto dalle parti”, e che l’autorizzazione della stazione appaltante “opera pur sempre come rimozione di un limite alla scelta, effettuata dall'appaltatore quale responsabile dell'esecuzione del contratto, di una determinata modalità esecutiva; tanto che il diniego di subappalto, imponendo il reperimento di soluzioni alternative (in caso di non contestazione), potrebbe incidere proprio sulla possibilità dell'esecutore di assicurare l'esatto (e il tempestivo) adempimento delle proprie prestazioni” (Tar Lazio, sez. III ter, 8 settembre 2017, n. 9638).
Alla luce di tali considerazioni deve escludersi che il subappaltatore sia legittimato a impugnare il diniego di autorizzazione al subappalto adottato nei confronti dell'appaltatore, ossia nei confronti del soggetto che con la presentazione della relativa istanza ha palesato il suo interesse diretto, concreto e attuale a ricorrere a questa particolare modalità adempitiva.
L’eventuale interesse del subappaltatore all'esecuzione del subappalto, in tale contesto, costituisce interesse di mero fatto, non azionabile né in sede procedimentale (come risulta dalla disciplina di riferimento) né in sede giurisdizionale.
SUBAPPALTO - AMMISSIBILE NEGLI APPALTI MISTI PER PRESTAZIONI ACCESSORIE (28 - 105)
In un appalto misto di lavori e servizi, è ammissibile il ricorso al subappalto qualificante o necessario di servizi (sorveglianza) accessori e strumentali rispetto alla realizzazione dell'oggetto principale dell'appalto (manutenzione ordinaria delle strade), in base al principio de/favor partecipationis nonché ai precedenti dell'Autorità e della giurisprudenza che consentono il subappalto necessario anche nei contratti misti e ai più recenti approdi della giurisprudenza, che ammettono il subappalto necessario per prestazioni accessorie (nel caso di specie, l'operatore era qualificato in proprio nella categoria prevalente OG3, all'interno della quale la legge di gara aveva anche inglobato i servizi).
CATEGORIA SUPERSPECIALISTICA OS32 (STRUTTURE IN LEGNO) – CATEGORIA A QUALIFICAZIONE NON OBBLIGATORIA (105.5)
Questa Sezione, diversamente da quanto sostenuto dalle appellanti, ritiene di condividere l’interpretazione offerta del suddetto quadro normativo da questo Consiglio di Stato con sentenza n. 8096 del 17 dicembre 2020, con cui si è precisato che pur di natura ‘superspecialistica’ i lavori concernenti le strutture in legno di cui alla categoria OS32 non sono a ‘qualificazione obbligatoria’, pertanto, in base all’art. 92, comma 1, d.P.R. n. 207 del 2010, ancora vigente, e in base alla norma transitoria contenuta nell’art. 216, comma 14, del Codice di contratti pubblici, l’operatore economico privo della qualificazione in tale categoria scorporabile può, comunque, eseguire i lavori se qualificato nella categoria prevalente per l’intero importo dell’appalto (v. Cons. Stato n. 8096 del 2020).
Il Tribunale adito ha, condivisibilmente, evidenziato come sia convincente l’indirizzo espresso da questa Sezione con la suddetta pronuncia, atteso che la decisione è in linea “anche con il dettato della giurisprudenza formatasi all’esito del parere n. 3014/2013 volto a contemperare due opposte esigenze: da un lato, consentire all’impresa munita della qualificazione OG di potere svolgere direttamente una serie di lavorazioni complementari e normalmente necessarie per completare quello che è l’intervento che costituisce l’oggetto principale della sua qualificazione; dall’altro, imporre, invece, il ricorso a qualificazioni specialistiche solo in presenza di interventi, che, per la loro rilevante complessità tecnica o per il loro notevole contenuto tecnologico, richiedono competenze particolari, situazione che non ricorre nella procedura in questione”.
Né assume rilievo l’asserita portata integrativa del D.M. 248/2016 al d.l. n. 47/2014, posto che il decreto ministeriale, come precisato dal T.A.R., è stato emanato in attuazione dell’art. 89, comma 11 del Codice, relativo ai limiti all’avvalimento e al subappalto operanti, solo e esclusivamente, per le opere superspecialistiche di importo superiore al 10% dell’importo complessivo.
Premesso che, nella fattispecie, le opere di cui si controverte hanno una incidenza pari allo 0,88% del valore dell’appalto, comunque non potrebbe trovare applicazione l’art. 89, comma 11, del d.lgs. n. 50 del 2016 (e il D.M. 248/2016) “che condiziona l’obbligo di subappaltare ed inserire le lavorazioni speciali all’interno della categoria delle cosiddette SIOS al superamento di una soglia minima del valore, superiore al 10% dell’importo totale dei lavori”, sicchè può ritenersi fondata la prospettazione fornita dal RTI aggiudicatario, secondo cui la ridotta incidenza delle opere in legno rende del tutto sufficiente il possesso della solo qualifica in categoria OG1. Infatti, trattandosi di opere che incidono in maniera inferiore al 10% del valore dell’intero appalto, va condiviso il precedente giurisprudenziale, richiamato dal Tribunale in motivazione, secondo cui: “…la norma sul subappalto necessario (o qualificante) di cui all’art. 89, comma 11, non è comunque applicabile, mancando il presupposto costituito da un valore delle opere rientranti in ciascuna di dette categorie SIOS superiore (per ciascuna) al dieci per cento dell’importo totale dei lavori (art. 89, comma 11, secondo periodo). A nulla rilevando, inoltre, che la somma delle opere qualificate come SIOS superi comunque l’importo del 30% per cento delle opere specialistiche, che l’art. 105, comma 5, individua come soglia massima di subappalto, posto che anche l’applicabilità di detto limite presuppone il superamento del valore pari al dieci per cento dell’importo totale dei lavori per ciascuna categoria SIOS” (Cons. Stato, sez. V, 20 luglio 2021, n. 5447).
Invero, le censure alla pronuncia impugnata sulla base della asserita errata condivisione dell’interpretazione della sentenza n. 8096 del 2020, che si assume superata dalle successive decisioni di questo Consiglio n. 5447 del 2021 e n. 2503 del 2021, non colgono nel segno, trattandosi di critiche indotte da una non corretta percezione di interpretazioni fornite dai suddetti precedenti, oltre al fatto che, comunque, un orientamento interpretativo non assume efficacia cogente, ma solo persuasiva, trattandosi di attività consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, sicchè non può mai costituire limite all’attività esegetica di altro giudice. Ne consegue che un eventuale mutamento di orientamento giurisprudenziale non è assimilabile allo ‘ius superveniens’ ed è suscettibile di essere certamente disatteso da questo Collegio, che può applicare l’indirizzo giurisprudenziale che ritiene idoneo a definire in modo corretto la controversia (v. Cass. n. 174 del 2015; Cass. n. 565 del 2007).
SUBAPPALTO - IL CODICE APPALTI 2023 LASCIA LE STAZIONI APPALTANTI LIBERE DI LIMITARLO (119.2)
La ricorrente lamenta la mancata applicazione, nella fase esecutiva del rapporto contrattuale, della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sez. V, 26.09.2019, C-63/18, Vitali s.p.a.), che ha dichiarato incompatibile con la direttiva 2014/24/UE la disposizione nazionale – art. 105, comma 2, codice dei contratti pubblici all’epoca vigente – avente l’effetto di limitare “al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.
Il ragionamento non è condivisibile, fin dalle sue premesse. La ricorrente non considera, innanzitutto, che la Corte non ha inteso censurare in assoluto la previsione di limiti quantitativi al subappalto, ma solo la loro fissazione in via generale ed astratta ad opera della fonte primaria. Una disposizione come l’art. 105, comma 2 del Codice vigente ratione temporis, nella sua assolutezza e indistinta applicabilità, viene ritenuta in contrasto con il principio di proporzionalità, potendo ipotizzarsi misure meno restrittive e parimenti idonee a perseguire l’obiettivo avuto di mira dal legislatore italiano, cioè il contrasto alla criminalità organizzata. Secondo la Corte, in particolare (par. 40 della sentenza): “la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore”.
La C.G.U.E. ha dunque inteso preservare, anche in materia di subappalto, la discrezionalità delle amministrazioni aggiudicatrici, consentendo loro di valutare, con la necessaria elasticità, le caratteristiche della situazione concreta. Considerata la ratio della pronuncia, non è possibile ricavarne un divieto assoluto all’apposizione di limiti quantitativi al subappalto, che porterebbe ugualmente a vincolare – pur se in senso opposto rispetto al censurato art. 105, comma 2 del Codice – l’azione degli Enti aggiudicatori. Non a caso, anche il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36 del 2023), pur non prevedendo limiti generali al subappalto, lascia le stazioni appaltanti libere di disciplinarne il ricorso in senso restrittivo, attraverso l’indicazione nei documenti di gara delle prestazioni “da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto …” (art. 119, comma 2).
A ciò si aggiunga che la previsione contestata dalla ricorrente non deriva direttamente dalla legge, ma rinviene il suo fondamento esclusivo nella lex specialis e, dopo la stipula del contratto, nella volontà negoziale delle parti, che hanno liberamente accettato una determinata disciplina del rapporto. Anche l’eventuale disapplicazione della norma primaria non sembra quindi idonea a privare di efficacia le disposizioni speciali e negoziali che la recepiscono.
Nella vicenda in esame, in ogni caso, il limite del 30% contestato (relativo al subappalto dei lavori nella categoria “OS28 Impianti Termici e condizionamento”) è fissato dall’art. 10 del disciplinare di gara non in termini generali, ma con riferimento a una specifica categoria di prestazioni e giustificato da “precise ragioni tecniche”. Esso risulta quindi frutto di una valutazione “in concreto” dell’ente aggiudicatore, espressamente salvaguardata dalla C.G.U.E.
ATI MISTA - INCREMEMENTO DEL QUINTO - NECESSAIRA CLASSIFICA ALMENO PARI AL 20%
Nei raggruppamenti di imprese di tipo misto, il beneficio dell'incremento del quinto di cui all'art. 61, comma 2, del D.P.R. 207/2010 può essere accordato a condizione che l'impresa facente parte del sub- raggruppamento orizzontale possieda una classifica pari ad almeno il 20% dell'importo della lavorazione cui compartecipa.
PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO DELLA CATEGORIA SOA - IL SOGGETTO IN POSSESSO DELLA OG11 PU' ESEGUIRE SPECIFICHE LAVORAZIONI
In base al principio dell'assorbimento, l'operatore economico in possesso dell'attestazione SOA per la categoria OG11, può eseguire le lavorazioni di cui alle categorie 0S3, 0S28 e 0S30, purché la classifica posseduta sia tale da coprire la somma degli importi di tutte le lavorazioni riconducibili alle citate categorie "assorbibili" indicate dal bando di gara.
CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE - DEVONO AVERE AD OGGETTO PRESTAZIONI SECONDARIE O SUSSIDIARIE (105)
L’articolo 105, comma 3, lett. c-bis), del Codice dei Contratti pubblici prevede che “le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata all’aggiudicazione dell’appalto non sono assimilabili ad attività affidate in subappalto”.
Vale altresì ricordare:
- che il contratto de quo è finalizzato a stimolare l’autonomia imprenditoriale degli operatori economici, i quali possono avvalersi anche di rapporti stipulati con altre imprese, purché tali relazioni sussistano prima della partecipazione alla gara, onde procurarsi beni e servizi;
- che il ricorso a tale istituto soggiace a taluni limiti di carattere quantitativo e qualitativo.
Invero, il contratto de quo, per un verso, deve avere ad oggetto solo prestazioni secondarie e/o sussidiarie, diverse dalla prestazione principale rivolta all’amministrazione e dedotta in contratto.
QUALIFICAZIONE CATEGORIA PREVALENTE PER L'IMPORTO TOTALE DEI LAVORI - CONSENTE DI ESEGUIRE LE CATEGORIE SCORPORABILI
L'impresa che sia qualificata nella categoria prevalente per l'importo totale dei lavori può eseguire tutte le lavorazioni oggetto di affidamento ove copra con la qualifica prevalente i requisiti non posseduti nelle categorie scorporabili, con l'eccezione delle categorie c.d. a qualificazione obbligatoria che non potendo essere direttamente eseguite dall'affidatario, qualificato solo per la prevalente, possono essere subappaltabili a imprese munite di attestazioni specifiche e adeguate.
SUBAPPALTO NECESSARIO - LA VOLONTA' DI RICORRERE AL SUBAPPALTO VA DICHIARATA SIN DALLA DOMANDA DI PARTECIPAZIONE (105)
Laddove privo del requisito di gara, il concorrente è tenuto a dare espressa indicazione della volontà di ricorrere a subappalto per qualificarsi: viene così in rilievo una specifica dichiarazione che non coincide con quella generale inerente l'intenzione di subappaltare una parte dei lavori, servizi o forniture (Consiglio di Stato, Sez. V, 13 agosto 2020, n. 5030).
Si tratta di precedente del tutto conferente cui vanno aggiunte alcune considerazioni. Questa Sezione ha già esaminato vicende analoghe – in cui, cioè, l’operatore economico non aveva dichiarato di voler ricorrere al subappalto c.d. necessario per acquisire requisiti tecnico – professionali non posseduti, e ha espresso un chiaro convincimento: il concorrente non è tenuto a indicare il nominativo del subappaltatore già in sede di offerta, ma è tenuto senz’altro a dichiarare la volontà di ricorrere al subappalto per supplire al requisito di qualificazione mancante. Detto più chiaramente, l’operatore economico deve dichiarare sin dalla domanda di partecipazione la volontà di avvalersi del subappalto c.d. necessario (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. V, 1° luglio 2022, n. 5491, ove è ben evidenziata la diversità di presupposti e di funzioni delle due dichiarazioni, di ricorrere al subappalto facoltativo oppure a quello necessario, in quanto “…nella dichiarazione di subappalto “necessario” viene in rilievo non una mera esternazione di volontà dell’operatore economico quale è la dichiarazione di subappalto “facoltativo”, bensì una delle modalità di attestazione del possesso di un requisito di partecipazione, che non tollera di suo il ricorso a formule generiche o comunque predisposte ad altri fini, pena la violazione dei principi di par condicio e di trasparenza che permeano le gare pubbliche”; cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 31 marzo 2022, n. 2365 e, ancora più recentemente, Consiglio di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2022, n. 11596).
SUBAPPALTO E CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE - DIFFERENZE E OGGETTO CONTRATTUALE (105.3.C-BIS)
Le prestazioni oggetto dei contratti di cooperazione, servizio e/o fornitura, così espressamente definite dall’art. 105, comma 3, lett. c-bis) del Codice dei contratti pubblici, sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico, e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (cfr., Consiglio di Stato, Sez. V, 22 aprile 2020, n. 2553 che richiama Consiglio di Stato, Sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7256). Il contratto di cooperazione, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa convenzionata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 18 luglio 2019, n. 5068).
E’ sufficiente rammentare la nozione di subappalto per comprendere che nel caso qui esaminato siamo ben al di fuori dell’istituto, di limitata portata applicativa, del contratto di cooperazione. Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Esattamente quello che è accaduto nella vicenda qui all’esame.
Va peraltro precisato che il richiamo ai contratti di cooperazione è qui del tutto inconferente.
In questo caso non siamo affatto in presenza di prestazioni rese in favore del soggetto affidatario in forza di un contratto continuativo di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritto in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. La ratio dell’istituto si identifica nella volontà di escludere l’applicazione dalla disciplina del subappalto il subaffidamento di prestazioni oggetto di accordi pregressi continuativi, non occasionati dall’appalto oggetto di gara.
Qui mancano tutti i presupposti del contratto di cooperazione ed è lampante che O.S.r.l. esegua una parte delle prestazioni oggetto del contratto in favore dell’amministrazione. E lo fa senza avere partecipato alla gara, senza che vi sia un avvalimento, senza che sia stato dichiarato né autorizzato un subappalto.
Il subappalto è ontologicamente caratterizzato dal coinvolgimento dell’assetto imprenditoriale dell’impresa subappaltatrice nell’attività dell’impresa aggiudicataria dell’appalto. Esattamente, lo si ribadisce, quello che avviene nel caso all’esame.
REQUISITO DI IDONEITA' PROFESSIONALE PER PRESTAZIONE SECONDARIA - LEGITTIMO IL RICORSO AL SUBAPPALTO (105)
Negli appalti di servizi, il possesso del requisito di idoneità professionale richiesto per la prestazione secondaria può essere soddisfatto tramite il cosiddetto subappalto necessario.
MANCATA INDICAZIONE SUBAPPALTATORE - NON DETERMINA L'ESCLUSIONE- INDICAZIONI SU COME INTERPRETARE LE CLAUSOLE AMBIGUE (105)
Di fronte all’ambiguità della lex specialis di gara il Seggio di gara ha optato, dunque, per la soluzione più favorevole al principio del favor participationis, ammettendo con riserva il Consorzio S., il quale aveva presentato una dichiarazione incompleta siccome mancante del nominativo del subappaltatore, e consentendogli di colmare la predetta lacuna mediante il soccorso istruttorio: il che è avvenuto, come si è visto, con la dichiarazione resa dal Consorzio l’11 febbraio 2021 e presentata il successivo 12 febbraio.
Detta soluzione è indubbiamente ragionevole e condivisibile. Essa, infatti, risulta conforme al consolidato indirizzo giurisprudenziale per il quale l’interpretazione degli atti amministrativi, inclusi quelli che disciplinano le gare pubbliche, soggiace alle stesse regole dettate dagli artt. 1362 e ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, tra cui ha carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale, con esclusione di qualsivoglia ulteriore procedimento ermeneutico, nell’ipotesi di clausole assolutamente chiare: quando, invece, si versi in caso di omissioni o ambiguità delle singole clausole, è necessario ricorrere ad altri canoni ermeneutici, tra i quali quello dettato dall’art. 1363 c.c. (secondo cui le clausole si interpretano le une per mezzo delle altre) e quello dell’interpretazione secondo buona fede. Corollario di tali regole, per quanto riguarda le procedure ad evidenza pubblica, è la necessità di garantire il principio del favor participationis, in base al quale, in presenza di clausole della lex specialis di gara ambigue o dubbie, è da privilegiare la soluzione che tende a estendere la platea dei partecipanti alla gara, piuttosto che l’opzione restrittiva della partecipazione, allo scopo di realizzare l’interesse dell’Amministrazione alla selezione della migliore offerta presentata tra quelle concorrenti (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 29 novembre 2022, n. 10491; id., 4 ottobre 2022, n. 8481; id., 17 luglio 2020, n. 4599; id., 16 dicembre 2019, n. 8517; id., 5 ottobre 2017, n. 4640; id., 27 maggio 2014, n. 2709; Sez. III, 23 novembre 2022, n. 10301; id., 10 settembre 2019, n. 6127; id., 24 ottobre 2017, n. 4903; id. 13 maggio 2015, n. 2388; Sez. VI, 6 marzo 2018, n. 1447). “Invero, secondo la regola della massima partecipazione in tema di gare di appalto per lavori e servizi pubblici, nonché in virtù dell’applicabilità del principio del “favor participationis”, le clausole del bando richieste a pena di esclusione devono essere chiare e puntuali e, in caso di oscurità o non chiarezza, devono essere interpretate nel modo meno restrittivo” (C.d.S., Sez. V, 15 luglio 2013, n. 3811).
La soluzione prescelta dal Seggio di gara, inoltre, è conforme al principio di diritto espresso dalla nota pronuncia dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 9 del 2 novembre 2015, secondo cui “l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili”.
Ha affermato sul punto la Plenaria, tra l’altro, che la tesi favorevole all’affermazione dell’onere per il concorrente di indicare il nominativo del subappaltatore all’atto di presentazione dell’offerta produce due conseguenze negative:
a) comporta “una confusione tra avvalimento e subappalto, nella misura in cui attrae il rapporto con l’impresa subappaltatrice nella fase della gara, anziché in quella dell’esecuzione dell’appalto, con ciò assimilando due istituti che presentano presupposti, finalità e regolazioni diverse, ma senza creare il medesimo vincolo dell’avvalimento e senza assicurare, quindi, alla stazione appaltante le stesse garanzie contrattuali da esso offerte”;
b) determina una distorsione del mercato dei lavori pubblici, “nella misura in cui costringe le imprese concorrenti a scegliere una (sola) impresa subappaltatrice, già nella fase della partecipazione alla gara, mediante l’imposizione di un onere partecipativo del tutto sproporzionato e gravoso”.
A tale stregua, va condivisa l’affermazione del primo giudice secondo cui è irrilevante che la documentazione depositata in sede di soccorso istruttorio (id est: la dichiarazione presentata in data 12 febbraio 2021) rechi una data posteriore alla scadenza del termine di partecipazione, in quanto la dichiarazione del nominativo del subappaltatore è di completamento dell’offerta, ma non integra un requisito tecnico di partecipazione.
APPALTO DI SERVIZI - L'APPALTATORE PUO' RICORRERE A LAVORATORI AUTONOMI
Emerge, dalle disposizioni appena descritte, come il capitolato tecnico operi costante riferimento a “responsabilità” (di risultati e non di mezzi) e “organizzazione” del team di lavoro, attribuendo per tale via ampio risalto al “lavoro di gruppo” che dal canto suo implica, giocoforza, coordinamento e flessibilità (modello organizzativo, questo, compatibile anche con collaboratori esterni e dunque autonomi, come si avrà modo di osservare) e non piuttosto direzione strettamente gerarchica (propria dei soli lavoratori subordinati).
In estrema sintesi, gli elementi principali del modello organizzativo descritto dalla legge di gara si basa su alcuni capisaldi tra cui: a) modalità di lavoro basate su team e dunque “gruppi di lavoro”; b) stile direzionale improntato di conseguenza sul coordinamento, piuttosto che sulla direzione verticistica in senso stretto; c) ampia flessibilità se non proprio libertà di organizzazione, da parte del fornitore, nel costruire i suddetti gruppi di lavoro; d) inserimento di lavoratori ad elevata qualificazione professionale (caratteristica questa propria dei lavoratori autonomi); e) libertà più in generale del fornitore, infine, nella scelta del modello organizzativo più efficace per il raggiungimento degli obiettivi che la legge di gara gli impone di realizzare.
Il modello proposto dalla SA, in altre parole, non ponendo in essere alcun vincolo organizzativo nell’impiego delle risorse (le disposizioni di capitolato operano espresso riferimento a concetti come libertà di organizzazione e flessibilità nell’impiego delle risorse) non è allora necessariamente di tipo “divisionale” (il quale tollera solo lavoratori subordinati in quanto fortemente direzionale e gerarchico) ma ben può rivelarsi altresì “a matrice” in quanto basato non solo su funzioni ma anche su progetti. Tale modello implica in particolare ampia flessibilità di intervento, decisioni collegiali e dunque risulta compatibile con la presenza di lavoratori sia subordinati, sia autonomi/consulenti. Ciò anche in linea con la libertà di organizzazione imprenditoriale che la legge di gara stessa garantisce al fornitore (cfr. art. 5.6. del CTS cit.) e che trova peraltro un certo riconoscimento nella giurisprudenza di questa stessa sezione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 maggio 2021, n. 4150) laddove si afferma che vige in materia il “principio di autonomia dell'imprenditore (che discende dal principio costituzionale della libera iniziativa privata di cui all'art. 41 Cost.), il quale organizza e predispone autonomamente le risorse e i mezzi idonei e necessari ad adempiere alle obbligazioni contrattuali oggetto dell'appalto”).
Si veda altresì, sul tema specifico, la giurisprudenza della Corte di cassazione secondo cui: “in tema di distinzione tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo, l'organizzazione del lavoro attraverso disposizioni o direttive - ove le stesse non siano assolutamente pregnanti ed assidue, traducendosi in un'attività di direzione costante e cogente atta a privare il lavoratore di qualsiasi autonomia - costituisce una modalità di coordinamento e di eterodirezione propria di qualsiasi organizzazione aziendale e si configura quale semplice potere di sovraordinazione e di coordinamento, di per sè compatibile con altri tipi di rapporto, e non già quale potere direttivo e disciplinare, dovendosi ritenere che quest'ultimo debba manifestarsi con ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa e non in mere direttive di carattere generale, mentre, a sua volta, la potestà organizzativa deve concretizzarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale e non in un mero coordinamento della sua attività. Cass. lav. n. 1717 del 23/01/2009” (così: Cass. Civile, sez. lav., 24 luglio 2020, n. 15922). Ed ancora: “quanto allo schema normativo di cui all'art. 2094 c.c., si è precisato che costituisce elemento essenziale, come tale indefettibile, del rapporto di lavoro subordinato, e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo, la soggezione personale del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e non già soltanto al suo risultato (v. Cass., 27.2.2007 n. 4500)” (Cass. Civile, sez. VI, 26 maggio 2021, n. 14530). Infine: “l'elemento essenziale di differenziazione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato consiste nel vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, da ricercare in base ad un accertamento esclusivamente compiuto sulle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. In particolare, mentre la subordinazione implica l'inserimento del lavoratore nella organizzazione imprenditoriale del datore di lavoro mediante la messa a disposizione, in suo favore, delle proprie energie lavorative (operae) ed il contestuale assoggettamento al potere direttivo di costui, nel lavoro autonomo l'oggetto della prestazione è costituito dal risultato dell'attività (opus)” (Cass. Civile, sez. lav., 26 giugno 2020, n. 12871)
Sintetizzando il punto che precede: mentre il lavoro subordinato si caratterizza per la soggezione del dipendente alla “direzione costante e cogente” del datore di lavoro, il quale si esprime a sua volta attraverso “ordini” (oggetto della prestazione sono dunque le “energie lavorative” del dipendente), nel lavoro autonomo lo stile direzionale è quello più flessibile del “coordinamento” che si esprime attraverso “direttive” di carattere generale (in siffatto contesto, oggetto della prestazione è dato più propriamente dal “risultato” che scaturisce dalla prestazione lavorativa stessa).
Trasponendo tali coordinate al modello organizzativo descritto nella legge di gara di cui in questa sede si controverte deve allora concludersi che è agevole assistere, nel caso di specie, ad un modello organizzativo per lo più basato su coordinamento e dunque su “direttive” impartite ai propri collaboratori (che dunque possono essere sia dipendenti, sia lavoratori autonomi) e non soltanto su direzione costante e cogente espressa mediante “ordini” (non traspare giammai, in altre parole, quel “vincolo di soggezione” che è tipico del lavoro subordinato). Il modello delineato dalla legge di gara, in altri termini, è compatibile con la assegnazione di specifici obiettivi – piuttosto che rigide mansioni – ai singoli componenti del gruppo di lavoro. Obiettivi che i medesimi potranno raggiungere con un certo grado di autonomia funzionale data anche l’elevata qualificazione professionale da loro posseduta. Di qui la compatibilità, altresì, con la figura di lavoratori non solo subordinati ma anche autonomi.
RITENUTE E COMPENSAZIONI IN APPALTI E SUBAPPALTI - CHIARIMENTI CON RIFERIMENTO ALLA SOMMINISTRAZIONE DI MANODOPERA
Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti ed estensione del regime del reverse charge per il contrasto dell'illecita somministrazione di manodopera. Quesiti vari. Articolo 17–bis del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241
REQUISITI DI QUALIFICAZIONE E CAPACITA' - LECITO RICORSO AL SUBAPPALTO PER PRESTAZIONI ACCESSORIE (105)
Secondo la costante giurisprudenza amministrativa, il concorrente può provare il possesso dei requisiti di qualificazione e capacità mediante subappalto proprio quando si tratti di prestazioni accessorie e strumentali rispetto all’oggetto principale dell’appalto in virtù dell’art. 3, lett. tt), del d.lgs. n. 50 del 2016. E in tal caso, non vi è neanche l’obbligo di indicare, nella domanda di partecipazione, il nominativo dell’impresa subappaltatrice.
In tal senso, infatti, per consolidata giurisprudenza: “al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 105, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria per legge l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice, neppure in caso di subappalto necessario – ovvero allorché il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili (per le ragioni già esposte da Cons. Stato, Ad, Plen. 2 novembre 2015, n. 9, confermate nel vigore dell’attuale Codice dei contratti pubblici dall’applicazione fatta nel già citato precedente di cui al Cons. Stato, Sez. V, n. 5745/2019)” (Cons. di Stato, V, 15 febbraio 2021, n. 1308).
DGUE - INDICAZIONE DEL SUBAPPALTO - RIFERIMENTO ALLA QUOTA COMPLESSIVA E NON ALLE SINGOLE PRESTAZIONI (105)
In termini generali deve osservarsi che nell’ambito delle procedure di gara trovano applicazione le norme in materia di interpretazione dei contratti e, segnatamente, l’art. 1362, comma 1, cod. civ. che impone di ricercare la “comune intenzione delle parti” senza limitarsi al senso letterale delle parole; il significato letterale costituisce criterio prioritario dell’operazione interpretativa cui vanno affiancati gli altri criteri – tra cui, in particolare, il criterio logico-sistematico di cui all’art. 1363 cod. civ. – se il testo dell’accordo era chiaro ma incoerente con altri indici rivelatori di una diversa volontà dei contraenti (CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 9 giugno 2022 n. 4731). La giurisprudenza amministrativa ha poi enucleato un autonomo criterio interpretativo di derivazione euro – unitaria, ovvero il criterio del favor partecipationis, in forza del quale, in caso di dubbi interpretativi, deve essere sempre preferita la soluzione che consenta la massima partecipazione alla gara (Cons. Stato, Sez. V, 17 febbraio 2022, n. 1186).
Ebbene, applicate le suesposte coordinate ermeneutiche alla fattispecie in esame, rileva il Collegio che il contenuto della dichiarazione formulata dall’impresa ricorrente nel DGUE non può che essere letto ed interpretato in relazione al dato testuale dell’apposita sezione D della Parte II del DGUE ove la domanda era così predisposta: ” L'operatore economico intende subappaltare parte del contratto a terzi? In caso affermativo: Elencare le prestazioni o lavorazioni che si intende subappaltare e la relativa quota (espressa in percentuale) sull’importo contrattuale”.
Risulta evidente, in applicazione degli inderogabili principi sopra richiamati, che l’effettiva intenzione della ricorrente fosse quella di voler ricorrere al subappalto con riferimento a tutte le “Opere appartenenti alla categoria prevalente OG11” e non soltanto al 30 % delle medesime, mentre il limite del 30 % indicato deve essere riferito all’importo contrattuale di tutte le opere da realizzare in coerenza con quanto previsto dalla lex specialis (art. 9, co. 4, del disciplinare) che richiama per l’appunto il limite di cui all’art. 105, co. 2, d.lgs. n. 50/2016.
In definitiva, alla luce delle considerazioni che precedono l’esclusione della ricorrente dalla procedura di gara deve ritenersi illegittima, atteso che il costituendo RTI è qualificato nella categoria di opere generali individuata come prevalente (OG1) ed ha dichiarato di voler ricorrere al subappalto con riferimento all’intera categoria scorporabile (OG11), per la quale risulta invece priva della relativa SOA.
DIFFERENZE TRA “SUBAPPALTO NECESSARIO” ED AVVALIMENTO – IL PRIMO RILEVA IN FASE ESECUTIVA SOLAMENTE (89.8)
Correttamente la sentenza impugnata ha rilevato – anche nell’ottica del principio di tipicità delle cause di esclusione di cui all’art. 83, comma 8 del d.lgs. n. 50 del 2016 – come “il nostro
ordinamento giuridico non prevede una norma per la quale la S.A. dovrebbe escludere dalla gara i concorrenti che abbiano indicato il medesimo subappaltatore (anche necessario)”. Di talché, “in assenza di un’espressa previsione normativa volta a sanzionare con l’esclusione l’indicazione da parte di più concorrenti del medesimo subappaltatore, tale condotta – che infatti non è stata prevista da Abbanoa nella lex specialis quale causa di esclusione - non può provocare l’effetto espulsivo auspicato dalla ricorrente”.
In questi termini, non ha pregio l’argomento secondo cui un principio di tale natura sarebbe evincibile dal combinato disposto di alcune previsioni della legge di gara (segnatamente, il par. 9 ed il par. 15.3 del disciplinare), sia perché, se anche così fosse, detto principio non potrebbe comunque trovare applicazione in quanto nullo per contrasto con quanto disposto dall’art. 83 comma 8 cit., sia perché, in realtà, le previsioni in questione neppure si prestano, obiettivamente, a tale lettura.
Il par. 9 del disciplinare di gara, in tema di subappalto, prevede che “Nel caso di “subappalto necessario” (per l’attività di smaltimento dei rifiuti di cui all’ art. 7.1 lett. b) del disciplinare), il
concorrente dovrà indicare in fase di partecipazione, la volontà di ricorrere al subappalto e il nominativo del subappaltatore individuato. Dovrà, inoltre, allegare il DGUE compilato e sottoscritto dal subappaltatore, nel quale quest’ultimo dichiara il possesso del requisito di cui all’art. 7.1 lett. b), corredato dalle dichiarazioni integrative di cui al Modello 8”.
Sempre il par. 9 chiarisce poi che “2. I soggetti affidatari della presente gara possono affidare in subappalto le prestazioni comprese nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché: l'affidatario del subappalto non abbia partecipato alla procedura per l'affidamento dell'appalto […]”.
Il par. 15.3 del disciplinare, infine, prevede che “nel caso di “subappalto necessario” di cui all’art. 9 punto 5 del presente disciplinare, il concorrente, in riferimento al subappaltatore indicato, deve allegare tra i documenti a corredo della domanda di partecipazione: il DGUE compilato e firmato digitalmente dal subappaltatore, in cui quest’ultimo rende le dichiarazioni della parte II, sezioni A e B; della parte III, sezioni A, B, C e D; della parte IV sezione A; il Modello 8 – Dichiarazioni integrative al DGUE: il PASSOE recante l’indicazione e la sottoscrizione anche del subappaltatore (l’impresa partecipante o la capogruppo in caso di RTI genera il PassOE selezionando il ruolo di mandataria in RTI; l’impresa subappaltatrice genera la propria componente di PassOE, selezionando il ruolo di mandante in RTI)”.
Non può evidentemente ricondursi al tenore delle disposizioni sovra trascritte il principio secondo cui i concorrenti che abbiano indicato in gara lo stesso subappaltatore dovrebbero essere esclusi dalla gara, salvo voler impropriamente equiparare tra loro delle situazioni profondamente diverse, quali – da un lato – l’indicazione di un operatore economico come subappaltatore (necessario) e – dall’altro – la partecipazione diretta di quest’ultimo come offerente in via principale alla gara (par. 9 comma 2).
Circostanza, quest’ultima, non verificatasi nel caso di specie, non risultando in atti che né ……. s.p.a., né la Ditta ……….. abbiano a loro volta presentato delle autonome offerte onde prendere autonomamente parte alla gara.
Neppure è condivisibile la tesi dell’appellante secondo cui l’istituto del subappalto necessario e quello dell’avvalimento risponderebbero alla medesima ratio, il che consentirebbe di estendere al primo le cause di esclusione previste dal legislatore per il secondo: va infatti ribadito – non essendovi nel caso di specie evidenti ragioni per discostarsene – quanto all’uopo già evidenziato dal precedente della Sezione n. 3504 del 4 giugno 2020, per cui l’obbligatoria (per legge o disciplinare) indicazione nell’offerta della terna di subappaltatori e dei servizi che si intendono subappaltare non trasforma il subappalto c.d. necessario (o qualificatorio) in un istituto strutturalmente diverso dal subappalto c.d. facoltativo, fino a determinare una sorta di confusione tra avvalimento e subappalto, presentando questi ultimi presupposti, finalità e regolazioni diverse (in tal senso, anche Cons. Stato, Ad. plen. n. 9 del 2015).
A differenza di quanto accade con l’avvalimento, anche nel caso di subappalto c.d. necessario il rapporto con l’impresa subappaltatrice non viene attratto nella fase della gara, ma (continua a) rileva(re) nella successiva fase dell’esecuzione dell’appalto, per come dimostrato dalle previsioni dell’art. 105, commi 7 (in tema di obbligazioni che sorgono per l’affidatario solo dopo la stipulazione del contratto) ed 8 d.lgs. n. 50 del 2016 (in tema di responsabilità esclusiva dell’affidatario nei confronti della stazione appaltante), oltre che dei commi successivi dello stesso art. 105, tutti attinenti alla sola fase esecutiva e tutti applicabili ad ogni tipologia di subappalto.
E’ dunque corretto quanto rilevato nella sentenza appellata laddove, diversamente dall’impresa ausiliaria nel caso di avvalimento, “Il subappaltatore, dunque, non “presta” o “fornisce” alcunché al concorrente subappaltante. Più semplicemente, qualora un servizio o un’attività oggetto dell'appalto principale sia interamente scorporabile, il subappaltatore svolge direttamente tale servizio o tale attività e, quindi, come anche previsto nel disciplinare della gara che qui occupa, è solo lui a dover possedere i relativi requisiti”.
CATEGORIE SUPERSPECIALISTICHE (SIOS) - CONDIZIONI E PRESUPPOSTI
Va rilevato che affinché una categoria sia identificata come SIOS ai sensi del D.M. 248/2016 è necessario che ricorrano due condizioni:
– che sia prevista nell’elenco di cui all’art. 2 del DM 248/2016;
– che il suo valore superi il 10% dell’importo totale dei lavori.
Nella gara in oggetto, la categoria OS32 non può considerarsi categoria SIOS in quanto, pur essendo compresa nell’elenco di cui all’art. 2 del d.m. n. 248/2016, non supera il 10% dell’importo totale dei lavori, limite minimo; sul punto va anche richiamato l’art. 89, comma 11, del d.l.gs. n. 50/2016: secondo il quale “Non è ammesso l’avvalimento qualora nell’oggetto dell’appalto o della concessione di lavori rientrino opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali. È considerato rilevante, ai fini della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo, che il valore dell’opera superi il dieci per cento dell’importo totale dei lavori”.
A sostegno della interpretazione proposta va richiamato l’orientamento giurisprudenziale che si è formato a partire dal parere del Consiglio di Stato n. 3014/2013 secondo cui “…il sistema normativo risultante dagli articoli del regolamento 109, comma 2, (alla luce di quanto previsto dal citato allegato A e, in particolare, dalla tabella sintetica delle categorie) e 107, comma 2, risulta connotato da profili di contraddittorietà ed illogicità. Tali norme, in particolare, non hanno adeguatamente considerato che la qualificazione per una categoria OG comprende, nella normalità dei casi, l’idoneità allo svolgimento di una serie di prestazioni specialistiche che sono necessarie e complementari nello svolgimento degli interventi descritti dalla categoria generale. Al contrario, in sede di adozione del regolamento, l’individuazione delle opere specialistiche a qualificazione obbligatoria avrebbe richiesto una più attenta valutazione, al fine di realizzare un più equilibrato contemperamento tra due opposte esigenze: da un lato, consentire all’impresa munita della qualificazione OG di potere svolgere direttamente una serie di lavorazioni complementari e normalmente necessarie per completare quello che è l’intervento che costituisce l’oggetto principale della sua qualificazione; dall’altro, imporre, invece, il ricorso a qualificazioni specialistiche in presenza di interventi, che, per la loro rilevante complessità tecnica o per il loro notevole contenuto tecnologico, richiedono competenze particolari” (cfr. Cons. Stato, parere n. 3014 del 26 giugno 2013).
La giurisprudenza amministrativa ha, poi, di recente chiarito che la categoria OS32, benché inclusa dal d.m. n. 248 del 2016 tra le c.d. “superspecialistiche”, nei confronti delle quali l’avvalimento non è consentito, nondimeno non rientra tra quelle “a qualificazione obbligatoria” e cioè quelle lavorazioni che «non possono essere eseguite direttamente dall’affidatario in possesso della qualificazione per la sola categoria prevalente, se privo delle relative adeguate qualificazioni», ai sensi dell’articolo 12, co. 2, lett. b) del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (che ha reintrodotto le categorie di lavori a qualificazione obbligatoria) tra le quali, però, non figura più la categoria OS32.
Ne segue che, seppur di natura super – specialistica (comunque al limite come classificazione, per l’appalto in questione, in ragione della tipologia delle attività offerte), i lavori concernenti le strutture in legno di cui alla categoria OS32 non sono da considerarsi a qualificazione obbligatoria, per cui l’operatore economico privo della qualificazione in tale categoria scorporabile può nondimeno eseguire i lavori se qualificato nella categoria prevalente per l’intero importo dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8096).
Alla luce del richiamato quadro normativo e giurisprudenziale, così confermandosi quanto già anticipato in sede cautelare, il Collegio non condivide la prospettazione di parte ricorrente, per come esplicitata nei due motivi di ricorsi che nella sostanza si sovrappongono. Infatti, non si condivide la prospettata lettura del d.m. 248/2016 secondo cui la categoria OS32, poiché ricompresa tra quelle specialistiche, per ciò solo sarebbe da considerare una categoria a qualificazione obbligatoria. Al contrario il Collegio ritiene, condividendo le argomentazioni della parte resistente, che l’operatore economico non potrà eseguire in proprio esclusivamente le lavorazioni individuate dalla legge come “a qualificazione obbligatoria” tra le quali, ai sensi del d.l. 47/2014, non rientra la OS32. Ne può attribuirsi al d.m. 248/2016 portata integrativa del d.l. 47/2014 in quanto tale decreto ministeriale è stato emanato in attuazione dell’art. 89 co. 11 del Codice, relativo ai limiti all’avvalimento e al subappalto operanti solo ed esclusivamente per le opere super-specialistiche di importo superiore al 10% dell’importo complessivo. Su quest’ultimo punto, infatti, l’art. 89 co. 11 del Codice, nel secondo periodo, dispone che “È considerato rilevante, ai fini della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo, che il valore dell’opera superi il dieci per cento dell’importo del totale dei lavori”.
ERRORE MATERIALE COMPILAZIONE DGUE - OMESSA INDICAZIONE SUBAPPALTO NECESSARIO - NON SUSSISTE
Nello specifico, sono prive di fondamento le doglianze (I.1 e I.2) attinenti l’asserita illegittimità dell’operato di ANAS per mancato riconoscimento di un errore materiale nell’individuazione dei lavori oggetto di subappalto cui sarebbe incorso in sede di compilazione del DGUE, esclusione peraltro avvenuta in assenza di contradditorio procedimentale.
Osserva la giurisprudenza che “Affinché ricorra un'ipotesi di errore materiale in senso tecnico-giuridico, occorre che esso sia il frutto di una svista che determini una discrasia tra la manifestazione della volontà esternata nell'atto e la volontà sostanziale dell'autorità emanante, obiettivamente rilevabile dall'atto medesimo e riconoscibile come errore palese secondo un criterio di normalità, senza necessità di ricorrere ad un particolare sforzo valutativo o interpretativo, valendo il requisito della riconoscibilità ad escludere l'insorgenza di un affidamento incolpevole del soggetto destinatario dell'atto in ordine alla corrispondenza di quanto dichiarato nell'atto a ciò che risulti effettivamente voluto.” (Consiglio di Stato, Sez. V, 11.7.2014, n. 3558).
Tale impostazione trova conferma anche in più recenti arresti – resi in ordine alle offerte di gara ma mutatis mutandis riferibili anche alla carenza dei requisiti di partecipazione – per cui “Relativamente al tema delle gare pubbliche, l'errore materiale contenuto nell'offerta può essere rettificato d'ufficio dall'amministrazione qualora riconoscibile; la riconoscibilità deve essere valutata ex ante” (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 25.2.2021, n.333).
In altri termini, non si può prescindere dal principio di autoresponsabilità, che impone al concorrente di sopportare le conseguenze degli errori commessi nella formulazione dell'offerta (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-Quater, 9.3.2018, n. 2718), senza che venga in evidenza un contrasto con il principio del favor partecipationis, che risulta sicuramente recessivo di fronte al rischio di alterazione dell'equilibrio fra concorrenti.
Nel caso controverso, da una lettura della dichiarazione resa nel DGUE dall’odierna ricorrente e da una disamina complessiva della documentazione di gara versata in atti non si rinvengono elementi o indizi tali da rendere sussistere un errore, per di più caratterizzato dal requisito della riconoscibilità e, dunque, oggettivamente riscontrabile con l’ordinaria capacità di analisi (ma a ben vedere neanche con cognizioni superiori) idoneo ad inficiare le valutazioni dell’Amministrazione che non ne ha rinvenuto la sussistenza.
Difatti, nel D.G.U.E. il ricorrente si è limitato ad affermare genericamente “Si intende subappaltare nei limiti consentiti dalla legge (max 50% dell’importo totale dell’appalto) le lavorazioni ricadenti nelle seguenti categorie: OG3 – OS 18-A OS11- OS23 – OS 12-A- OS 13”, (Sezione D, pag. 5-6).
Il tenore letterale della suddetta dichiarazione è nel senso di elencare puntualmente e ordinatamente le lavorazioni oggetto di subappalto, senza però ulteriori specificazioni di sorta sulla natura del subappalto (se, cioè, per ciascuno di tali lavori il subappalto sia considerato “qualificante” o meno), né indicazioni di tal fatta è dato rinvenire dai documenti di gara.
A ciò è da aggiungersi che la suddetta dichiarazione è resa nella Sezione D, avente ad oggetto “Informazioni concernenti i subappaltatori sulle cui capacità l'operatore economico non fa affidamento”.
Detto in altri termini, l’assenza di una specificazione in ordine alla valenza del subappalto da un lato, il contesto nel quale la dichiarazione è stata resa e la piena libertà del concorrente di subappaltare tanto categorie di lavori per i quali non è dotato di adeguata qualificazione SOA (nel qual caso, seppur necessario o “qualificante”, sempre di subappalto si tratta) sia di categorie per le quali disponga di adeguata qualificazione, rende oggettivamente non riscontrabile (ossia non riconoscibile) l’assunto per cui vi sia stato un errore nell’indicazione della categoria di lavori oggetto di subappalto.
Ne consegue che risultano apodittiche e, ancor prima, prive di fondamento logico le argomentazioni del ricorrente per le quali, possedendo egli la qualifica nella categoria OS13 l’indicazione di voler subappaltare i lavori di tale categoria non potesse essere altro che un errore, peraltro immediatamente riscontrabile, a fronte di tale errore si soggiunge, l’unica spiegazione ragionevole si sostanzierebbe nel riferirsi alla categoria OS10, unica categoria mancante, potendo infatti ritenersi semplicemente che il concorrente avesse semplicemente voluto subappaltare, per ragioni di convenienza propria, anche lavori in categoria OS13 ricorrendo al subappalto non qualificante.
LAVORAZIONI SIOS E BENI CULTURALI - NESSUN LIMITE AL SUBAPPALTO (105)
Nel caso di specie è pacifico che la qualifica “OG 2” non sia la categoria prevalente dell’appalto, e che costituisca categoria scorporabile. Né viene messo in discussione il fatto che tanto il R.T.I. ……… quanto la S. posseggano la qualifica nella categoria principale con una classifica più che capiente a coprire l’intero importo dell’appalto.
Ne consegue che, anche sotto tale profilo, il ricorso al subappalto al 100% delle lavorazioni in “OG2” deve ritenersi conforme alla legislazione vigente ratione temporis.
A conforto di tale conclusione può richiamarsi anche la giurisprudenza amministrativa più recente, la quale ha rilevato la disarmonia dell’art. 105, comma 5°, del D.Lgs. n. 50/2016 dal diritto euro-unitario.
Il Consiglio di Stato ha infatti messo in evidenza che “la disposizione pone un limite aprioristico al subappalto, che sottrae all’amministrazione aggiudicatrice il quantum di discrezionalità che le è riconosciuto come dovuto dalla giurisprudenza sopranazionale, secondo una valutazione da farsi caso per caso, tenuto conto, non della tipologia di lavori astrattamente considerata, bensì delle prestazioni e delle lavorazioni oggetto dello specifico affidamento, nonché delle caratteristiche di quest’ultimo.
La generalità e l’astrattezza di detto limite non sono evitate dal riferimento normativo alle sole opere per le quali siano necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture impianti ed opere speciali, elencate nell’art. 2 del d.m. n. 248 del 10 novembre 2016.
Il riferimento ai lavori di una determinata categoria è connotato comunque da astrattezza perché prescinde dalla natura delle lavorazioni richieste nel caso concreto, escludendo in particolare che, se superano il 10% dell’importo totale dei lavori, l’amministrazione possa optare per la totale assenza di vincoli al subappalto o per l’imposizione di un limite inferiore al 30% delle opere subappaltabili, anche quando, nel contesto del singolo affidamento, esse siano scarsamente significative rispetto alla finalità del divieto di subappalto” (così C.d.S., n. 689/2022).
E ciò alla luce dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, per cui: “la direttiva 2014/24/Ue osta a una normativa nazionale che limita — a pena di automatica esclusione dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione — al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi” (Corte giustizia UE sez. V, 26/09/2019, n. 63).
Il Collegio non può dunque dare seguito nemmeno all’ulteriore rilievo di incostituzionalità mosso dalla ricorrente, a carico ora dell’art. 105, nella parte in cui questo consentirebbe una irragionevole disparità di trattamento tra la disciplina del subappalto operante con riferimento alla categoria specialistica “OG2”, come detto ammissibile senza particolari limitazioni, e quella del subappalto relativo alle categorie superspecialistiche (c.d. “SIOS”), per le quali varrebbe la cennata limitazione del 30 %.
In realtà, un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina invocata dalla ricorrente -peraltro da ultimo modificata ad opera dell’art. 49 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni nella L. 29 luglio 2021, n. 108, che ha abrogato l’art. 105, comma 5°, del Cod. App.-, impone oggi, anche nel settore delle lavorazioni c.d. super speciali, di rimuovere già a livello esegetico ogni astratta limitazione all’applicabilità dell’istituto del subappalto, essendo tali limiti in contrasto con i principi affermati dalla Corte di Giustizia.
Sicché, venendo meno l’operatività del limite generalizzato al 30% previsto per il subappalto delle opere super-specialistiche, viene anche meno la possibilità di individuare alcuna forma di disparità di trattamento.
La questione di costituzionalità appare dunque manifestamente infondata.
DICHIARAZIONE DI RINUNCIA AL SUBAPPALTO– EFFETTI
Non è nulla per contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione, la clausola della lex specialis di gara che, sebbene contraddittoria ed idonea ad ingenerare confusione nei partecipanti sull’obbligatorietà dell’indicazione della terna in vigenza del D.l. Sblocca cantieri (che aveva sospeso l’obbligo di tale indicazione), non prevede la sanzione dell’esclusione dalla gara per l’omessa indicazione della terna (nel caso di specie, non era stata disposta l’esclusione dell’operatore che non aveva indicato la terna in sede di soccorso istruttorio, ma la SA aveva preso atto della sua rinuncia al subappalto).
La dichiarazione, resa in sede di soccorso istruttorio, di rinuncia al subappalto e di voler eseguire le prestazioni in proprio, preclude al concorrente di avvalersi del subappalto in fase esecutiva, anche se è stata resa con la riserva mentale di fare rivivere l’iniziale dichiarazione di volontà dopo la stipula del contratto e durante il regime di sospensione dell’obbligo di indicazione della terna dei subappaltatori prevista dal D.l. Sblocca-cantieri.
INDICAZIONE NOMINATIVO DEL SUBAPPALTATORE - SUBAPPALTO NECESSARIO - NON DOVUTA (105)
È privo di valide motivazioni (e, può aggiungersi ad abundantiam, anche intrinsecamente contraddittorio con gli altri arresti del primo giudice, di cui in seguito) il dubbio espresso dalla sentenza impugnata circa la rilevanza della clausola nella sola fase esecutiva, e ciò per non avere essa imposto che la dichiarazione di voler ricorrere al subappalto “necessario” fosse integrata dall’indicazione nominativa del subappaltatore in possesso del requisito di iscrizione all’albo.
In linea generale, una tale osservazione non trova innanzitutto supporto nella piana lettura della clausola, che come detto non necessita di procedimenti ermeneutici in funzione integrativa. Inoltre, l’argomentazione che ha condotto il Tar alla predetta conclusione contrasta con la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che ha articolatamente chiarito come, al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 105 comma 6 del d.lgs. 50/2016 [norma che peraltro, come noto, è stata prima sospesa mediante norme qui applicabili ratione temporis e infine abrogata dall’art. 10 comma 1 lett. d) n. 2 della l. 238/2021 con la decorrenza di cui al successivo comma 5], la legge non rende obbligatoria l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice, neppure in caso di subappalto necessario (Cons. Stato, V, n. 1308/2021, cit., che richiama: Ad. plen., 2 novembre 2015, n. 9; V, n. 5745/2019 cit.; III, ord. n. 3702/2020, cit.).
E se è vero che la stessa giurisprudenza appena citata ha rilevato che l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice in caso di subappalto “necessario”, pur in carenza di un obbligo di legge, “può” essere imposta dalla lex specialis, è parimenti vero che la legge di gara di cui trattasi non la ha prevista.
Del resto, il motivo di una tale eventuale prescrizione è stato rinvenuto nel fine di “consentire alla stazione appaltante di valutare sin dall’inizio l’idoneità di un’impresa, la quale dichiari e dimostri di possedere non in proprio, ma attraverso l’apporto altrui, le qualificazioni necessarie per l’aggiudicazione del contratto […] e di equiparare, ai fini della possibilità di verifica immediata del possesso dei requisiti di partecipazione, tutti i concorrenti sin dal momento della presentazione delle offerte, in ossequio al principio della par condicio” (così Cons. Stato, V, 1308/2021, cit.), esigenza che era insussistente nella fattispecie, dal momento che la verifica del requisito in parola non richiedeva alla stazione appaltante altro che la consultazione, di pronta e agevole fattibilità, di un registro ufficiale.
Deve pertanto concludersi, in uno alle parti appellanti, che l’art. 4 della lettera di invito nella parte qui di interesse afferisse a un requisito di ammissione alla gara, e che il dubbio al riguardo manifestato dal Tar non abbia alcuna ragione di esistere.
11. Chiarito come sopra che la legge di gara configurava l’iscrizione all’albo de quo quale requisito di ammissione, deve passarsi all’esame della seconda questione in rassegna, e cioè valutare se la dichiarazione resa da Pangea di voler subappaltare “tutte le lavorazioni oggetto del presente appalto nei limiti di legge”, potesse soddisfare la prescrizione di cui allo stesso art. 4 della lettera di invito, che consentiva agli operatori non iscritti all’albo speciale di integrare il requisito mediante il ricorso all’appalto “necessario” o “qualificatorio”.
Al riguardo, la conclusione del primo giudice che tale dichiarazione, per la sua omnicomprensività, non potesse non ricomprendere l’attività di bonifica bellica, che formava anch’essa oggetto dell’appalto, non può essere confermata.
La lettera di invito ha disciplinato il ricorso al subappalto “facoltativo” all’art. 3.5. e il ricorso al subappalto “necessario” o “qualificatorio” all’art. 4.
E se non si ravvisano ostacoli alla eventuale contestualità della dichiarazione dei concorrenti di voler ricorrere sia al subappalto “facoltativo” sia al subappalto “necessario”, non è invece corretto ritenere, come ha fatto il Tar, che dalla prima dichiarazione potesse automaticamente ricavarsi la seconda.
Per giungere a tale conclusione il Tar ha applicato una sorta di principio di continenza, o meglio la regola empirica secondo cui “il più ricomprende il meno”.
Ma non si è avveduto che l’operazione era impedita dalla diversità di presupposti e di funzione delle due diverse dichiarazioni, e segnatamente del fatto che nella dichiarazione di subappalto “necessario” viene in rilievo non una mera esternazione di volontà dell’operatore economico quale è la dichiarazione di subappalto “facoltativo”, bensì una delle modalità di attestazione del possesso di un requisito di partecipazione, che non tollera di suo il ricorso a formule generiche o comunque predisposte ad altri fini, pena la violazione dei principi di par condicio e di trasparenza che permeano le gare pubbliche.
In altri termini, con la dichiarazione di subappalto “necessario” “il concorrente non si limita […] a far riserva della possibilità di eseguire una parte dei lavori tramite subappaltatore, ma vuol far valere i requisiti di quest’ultimo al fine di soddisfare le previsioni partecipative contenute nella lex specialis, su cui la stazione appaltante è chiamata a svolgere tutte le verifiche funzionali (anzitutto) alla gara”. Ne deriva che in tal caso l’indicazione del ricorso al subappalto ai fini dell’integrazione dei requisiti di gara “configura una vera e propria manifestazione di volontà da parte dell’operatore, che incide sulla stessa conformazione funzionale del concorrente e sulla correlata modulazione dei requisiti, anche ai fini della corrispondente verifica da parte dell’amministrazione. Il che si pone del resto in coerenza con i principi in base ai quali - in particolare, ai fini dell’integrazione dei requisiti nell’ambito dei Rti - non è l’astratto possesso del requisito ad assumere rilievo in sé, bensì la concreta spendita di questo da parte del concorrente, non passibile di modifiche successivamente alla presentazione delle domande (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 27 marzo 2019, n. 6, cit; cfr. anche V, 23 aprile 2020, n. 2591; 31 luglio 2019, n. 5427)”. Con la conseguenza che “la mera dichiarazione di voler far ricorso al subappalto non può determinare di per sé l’impiego e la spendita di detto subappalto al fine d’integrare i requisiti di gara” (così, Cons. Stato, V, 13 agosto 2020, n. 5030).
DIVIETO DI SUBAPPALTO - CLAUSOLA IMMEDIATAMENTE ESCLUDENTE - LIMITI (105)
L’art. 6 del disciplinare della gara in esame dispone che “tenuto conto della complessità dell’appalto e della necessità di rafforzare i controlli sui luoghi di lavoro, si specifica che il subappalto non è ammesso”.
Con il ricorso in epigrafe le ricorrenti impugnano con tre motivi la lex specialis di gara muovendo dall’assunto che il previsto divieto di subappalto contenga una clausola escludente immediatamente lesiva che ha impedito loro di partecipare.
Non può essere attribuita alla clausola dell’art. 6 del disciplinare che vieta il subappalto la valenza di una previsione escludente, dato che in concreto le ricorrenti avrebbero potuto partecipare anche senza ricorrere al subappalto.
Sul punto, come è stato anche recentemente osservato “merita sicuramente adesione l’orientamento giurisprudenziale che ha rilevato come possano essere ritenute immediatamente escludenti solo quelle clausole ‘che con assoluta ed oggettiva certezza incidono direttamente sull'interesse dell'impresa in quanto precludono, per ragioni oggettive, a un operatore economico, un’utile partecipazione alla gara’ (Cons. Stato, sez. V, 6 agosto 2021, n. 5792), così escludendo ogni possibilità di considerare immediatamente impeditive della partecipazione clausole che, in realtà, non incidano su qualsivoglia ‘operatore economico che intenda partecipare al confronto competitivo, ..(dipendendo, al contrario, solo dalle) specifiche modalità organizzative e produttive del singolo concorrente’ (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 12 dicembre 2019, n. 2658)” (in questi termini T.A.R. Toscana, Sez. I, 3 febbraio 2022, n. 120).
DISTINZIONE TRA SUBAPPALTO E CONTRATTO D’OPERA (105)
Ai fini di cui all’art. 105 del d.lgs. n. 50/2016, deve quindi stabilirsi quando il “terzo” venga in rilievo nella fattispecie dedotta come lavoratore autonomo piuttosto che subappaltatore.
A tal fine, è opportuno rilevare come la giurisprudenza di legittimità si sia più volte occupata dell’individuazione dei criteri in base ai quali distinguere il contratto d’appalto dal contratto d’opera, individuando la differenza tra queste figure negoziali (accomunate dall'obbligo verso il committente di compiere dietro corrispettivo un'opera o un servizio senza vincolo di subordinazione e con assunzione di un rischio da parte di chi esegue) nella complessità dell'organizzazione impiegata, così qualificando il contratto come appalto se l'esecuzione dell'opera commissionata avviene mediante un'organizzazione di media o grande impresa cui l'obbligato è preposto, e come contratto d'opera laddove prevalente è il lavoro di quest'ultimo, pur se adiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa, desumibile dall'art. 2083 c.c. (V. Cassazione civile sez. II, 31/08/2021, n.23680, che richiama anche Cass. 7107/2001, Cass. 9237/1997, Cass. 5451/1999, Cass. 7606/1999 ma anche Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 27258 del 16 novembre 2017 e Cass. 12519/2010), come pure nei casi in cui l’elemento organizzativo non sia tale da consentire il perseguimento delle iniziative di impresa facendo a meno dell'attività esecutiva dell'imprenditore artigiano (V. Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, n.4527), non essendo di per sè incompatibile con la figura dell'appalto il carattere artigianale dell'impresa (Cass. n. 1856/1990), sempre che emerga la prova dell'assunzione della gestione dell'opera a proprio rischio ed un'organizzazione di mezzi necessari alla sua esecuzione.
In questi termini, si avrà attività d’impresa quando l’organizzazione dei mezzi e dei fattori di produzione è tale da assumere una dimensione di essenzialità rispetto alla prestazione dedotta, tale da assorbire e rendere non più rilevante l’esperienza e la qualità soggettiva personale del prestatore.
Anche le diverse modalità con le quali avviene l’assunzione del rischio del risultato da parte del prestatore è considerata dalla giurisprudenza, essendosi ritenuto che, ove facciano difetto circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si sia riservato l'organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, in proprio il suddetto rischio, la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l'esecuzione di un'opera o di un servizio fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d'appalto e non di opera (v. Cassazione civile sez. II, 12/02/2021, n.3688 in cui è dato appunto rilievo, per l’individuazione di un contratto d’appalto, all'”assunzione da parte dell'imprenditore del rischio del conseguimento del risultato, senza che fosse stata invece offerta la prova nè delle ingerenze preponderanti del committente nè dell'utilizzo prevalente dell'attività personale del titolare dell'impresa stessa”; v. anche Cass., Sez. II, 12 dicembre 1995, n. 12727).
Secondo il Consiglio di Stato ( si veda a tal proposito il precedente richiamato dalla Stazione appaltante, Consiglio di Stato, sez. V, n. 4150 del 31.05.2021) “L'art. 105, comma 3, lett. a), d.lg. n. 50 del 2016 non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che la disposizione muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e con l'amministrazione appaltante, giunge alla conclusione che i contratti con i quali vengono affidate a lavoratori autonomi specifiche attività rientranti nell'appalto non sono contratti di subappalto”; nondimeno, “la distinzione tra le due figure contrattuali (subappalto e lavoro autonomo) si fonda non solo, come si è veduto, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto. Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l'amministrazione, sostituendosi all'affidatario; nell'altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell'aggiudicatario che le riceve, inserendole nell'organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all'amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un'alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall'appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all'interno dell'organizzazione imprenditoriale dell'appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale. Ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto di lavoro autonomo costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto” (Consiglio di Stato , sez. V , 31/05/2021 , n. 4150 sopra richiamata).
La giurisprudenza richiamata valorizza quindi, da una parte, la centralità o meno dell’attività personale dell’obbligato per l’adempimento delle prestazioni dedotte in contratto, dall’altra, l’alterità o meno sul piano organizzativo tra committente e obbligato, con conseguenze sull’allocazione del rischio in capo all’uno o all’altro. La differenza tra lavoratore autonomo e appaltatore richiama quindi i termini più generali della distinzione tra il primo e l’imprenditore, riconoscendosi quest’ultima figura in tutti quei casi nei quali abbia rilievo una organizzazione di fattori produttivi ulteriori e diversi rispetto alla essenzialità e prevalenza della conoscenza personale e qualificazione soggettiva del singolo prestatore, che invece connota il contratto d’opera e sussista o meno una condizione di inserimento della prestazione – rispetto alla committente stazione appaltante – nell’organizzazione produttiva dell’affidatario.
In questo senso, lo svolgimento delle prestazioni con lavoro prevalentemente proprio e con l’impiego esclusivamente dei mezzi strettamente strumentali all’esecuzione dell’opera o del servizio non configura quindi un’attività di impresa, quanto un’attività di lavoro autonomo; mentre, affinché possa configurarsi una ipotesi di subappalto è necessario che il terzo possa qualificarsi come imprenditore ai sensi dell’art. 2082 c.c.
Per quanto concerne l’ulteriore profilo dell’allocazione del rischio, se è pur vero che anche il lavoratore autonomo impiegato con contratto d’opera sopporta un certo margine di rischio legato ad esempio alla variabilità del costo dei mezzi strettamente strumentali da lui utilizzati per l’esecuzione delle prestazioni, nel caso dell’impresa-appaltatore rileva il rischio del conseguimento del risultato nei confronti del committente in termini collegati alla rilevanza dell’organizzazione dei mezzi di produzione.
In considerazione di quanto premesso, tenendo conto della lettura combinata dell’art. 1655 cod.civ. che definisce il contratto di appalto, e dell’art. 2222 cod.civ., dedicato al contratto d’opera (tenuto anche conto delle esclusioni e dei rinvii di cui all’art. 2238 cod.civ.), ai fini di cui all’art. 105 del codice appalti, la distinzione tra attività commesse in regime di subappalto e prestazioni affidate a prestatori d’opera andrà risolta, caso per caso, in base alla rilevanza della organizzazione del collaboratore, individuandosi una prestazione d’opera nei casi in cui quest’ultimo esegue attività per la quale è essenziale la propria esperienza e qualità soggettiva; mentre, dovrà concludersi in ordine alla presenza di una collaborazione in termini di subappalto in presenza di una “organizzazione dei mezzi necessari”, non piccola, né meramente ausiliaria, che condiziona la prestazione in termini di essenzialità.
DIFFERENZA TRA SUBAPPALTO E SUBAFFIDAMENTO - RILEVANZA DEL CARATTERE ACCESSORIO DELLE PRESTAZIONI (105)
Il Collegio osserva che l’articolo 105, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016, stabilisce, nei primi due periodi, che “Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare”.
Il comma 6 del medesimo articolo 105, nel testo vigente applicabile ratione temporis, stabiliva inoltre che “E’ obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta, qualora gli appalti di lavori, servizi e forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 o, indipendentemente dall’importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, come individuate al comma 53 dell’articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190”.
La portata delle suddette previsioni è stata chiarita dalla giurisprudenza, la quale ha avuto modo di affermare che “il discrimen tra subappalto in senso proprio e mero subaffidamento va tracciato considerando il carattere accessorio o meno delle prestazioni affidate al sub-contraente, in quanto la disciplina di cui all’art. 105 del Codice non si applica unicamente alle prestazioni meramente strumentali e solo funzionalmente collegate con quelle oggetto del contratto (ma ad esso estranee), come tali qualificabili ai sensi del comma 2 del menzionato art. 105 (cfr. Tar Pescara, sez. I, nn. 43/2018 e 199/2018)” (Cons. Stato, Sez. III, 4 marzo 2020, n. 1603).
Più in dettaglio, il subappalto è il contratto con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di una parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, mentre diversi dal subappalto sono i contratti che hanno ad oggetto quei beni e servizi dei quali l’impresa aggiudicataria necessita per poter, essa sola, eseguire la prestazione oggetto del contratto d’appalto (Cons. Stato, Sez. III, 22 luglio 2021, n. 5516).
20. In applicazione del quadro normativo e dei principi sopra richiamati, il Collegio è dell’avviso che le prestazioni aventi ad oggetto la raccolta e il trasporto dei rifiuti derivanti dalle attività di bonifica e di manutenzione dei poligoni di tiro non costituiscano attività di carattere meramente accessorio nell’economia dell’appalto oggetto di controversia, in quanto si tratta di attività espressamente contemplate nella disciplina di gara quali prestazioni richieste all’affidatario, secondo quanto sopra illustrato.
Tali attività, quindi, pur potendo essere svolte sulla base di un rapporto contrattuale tra l’affidatario e un operatore terzo, sono tuttavia rivolte direttamente nei confronti dell’Amministrazione, e non invece nei confronti dell’organizzazione dell’aggiudicatario (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7256).
L’importanza di tali prestazioni nell’economia dell’appalto è, inoltre, testimoniata dalla circostanza che le stesse attengono alla gestione del ciclo dei rifiuti, per la quale è stata espressamente prevista l’attribuzione di un punteggio nella valutazione dell’offerta tecnica.
A fronte di tali elementi, non risultano persuasive le argomentazioni della controinteressata, la quale sostiene che il carattere puramente accessorio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti discenderebbe dalla loro incidenza sul valore della commessa in misura inferiore al due per cento.
SUBAPPALTO E NUOVO DISCIPLINA - AMBITO APPLICATIVO (105.14)
Oggetto: art. 49,D.L. n. n. 77/2021 (conv. da L. n. 108/2021) – modifiche alla disciplina del subappalto prevista dall’art. 105, comma 14, del D.Lgs. n. 50/2016 – ambito di applicazione temporale.
Il nuovo comma 14, in linea con quanto previsto dall’art. 216 del D.Lgs. n. 50/2016, risulti applicabile unicamente nei confronti dei contratti di subappalto relativi a gare il cui bando sia stato pubblicato dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 77/2021.
DISCIPLINA SUBAPPALTO - MODIFICHE DECRETO SEMPLIFICAZIONI - TEMPUS REGIT ACTUM (105.14)
Oggetto: art. 49, comma 1, lett. b) d.l. 77/2021, conv. in I.n. 108/2021 - richiesta di parere.
L’Autorità ha avuto modo di osservare che «il principio tempus regit actum nelle procedure di gara abbia carattere generale e deve intendersi nel senso che la procedura è disciplinata dalla normativa vigente al tempo della pubblicazione del bando o dell’atto di avvio della procedura, la lex specialis di gara non potendo essere modificata da sopravvenienze normative, nel rispetto dei principi di certezza, trasparenza e par condicio tra i concorrenti (sul principio tempus regit actum nelle procedure di gara, si vedano: Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 25/02/2014, n. 9; Cons. Stato, sez. V, 23/06/2010, n. 3964; Cons. Stato, sez. V, 12/05/2017, n. 2222; Cons. Stato, sez. V, 31/07/2019, n. 5431; TAR Lazio, sez. II, 30/04/2020, n. 4529)» (delibera n. 882/2020, PREC 201/2020/L). Pertanto, in linea generale, in assenza di specifiche indicazioni del legislatore, le novelle intervenute in tema di contratti pubblici, non possono trovare applicazione con riguardo alle gare già bandite alla data di entrata in vigore delle stesse o ai contratti in corso di esecuzione. In tal senso, le modifiche introdotte dall’art. 49 del d.l. 77/2021 conv. in l.n. 108/2021, all’art. 105, comma 14, del Codice, devono ritenersi applicabili ai contratti di subappalto relativi alle procedure di gara avviate dopo l’entrata in vigore del predetto decreto.
SUBAPPALTO E AVVALIMENTO NEI BENI CULTURALI - LIMITI E DIVIETI (146)
In difetto di una generalizzata garanzia di esecuzione della prestazione da parte dell’ausiliario, emerge la ragione del divieto previsto all’art. 146, comma 3, cod. contratti pubblici ad avvalersi del citato istituto nel settore dei beni culturali. L’intenzione della norma è assicurare che i lavori vengano direttamente eseguiti da chi abbia la specifica qualificazione richiesta, nonché mezzi e risorse necessari a preservare una tale categoria di beni.
La finalità del divieto è, dunque, quella di rafforzare la tutela dei beni culturali oggetto dei contratti regolati dal Capo III, Titolo VI, Parte II del codice dei contratti pubblici.
Evocati i principali tratti normativi dell’avvalimento, ai quali si lega la ratio della disposizione che vieta il ricorso a tale istituto nel settore dei beni culturali, non si rinviene, nella disciplina relativa al subappalto, una analoga motivazione idonea a supportare la similitudine con l’art. 146, comma 3, cod. contratti pubblici e, di riflesso, a palesare una irragionevole disparità di trattamento.
Il subappalto, pur condividendo con l’avvalimento taluni caratteri e finalità, a partire dal favor partecipationis, si connota per una disciplina, che garantisce la tutela dei beni culturali, ove siano oggetto del contratto.
È quanto si inferisce da due aspetti della regolamentazione del subappalto che lo distinguono dall’avvalimento.
Innanzitutto, il subappalto, quando non sia affidato all’ausiliario e, dunque, non risulti abbinato all’istituto dell’avvalimento, presuppone che l’impresa abbia i requisiti per partecipare alla gara. Solo nel caso delle categorie a qualificazione non obbligatoria l’aggiudicatario può eseguire anche in proprio le relative lavorazioni, sfruttando l’attestazione SOA posseduta nella categoria prevalente (art. 12, comma 2, lettera a, del d.l. n. 47 del 2014, come convertito). Al contrario, nel caso dell’avvalimento, il concorrente da solo non dispone delle qualifiche per partecipare alla gara, ma, una volta integrate nell’azienda le risorse e le competenze necessarie, tramite l’avvalimento, esegue in proprio le relative prestazioni, salva la previsione di cui all’art. 89, comma 1, cod. contratti pubblici e ferma restando la facoltà di fare eventualmente ricorso al subappalto.
Il tipo contrattuale del subappalto – un subcontratto che si dirama dal modello dell’appalto – presenta, quali obbligazioni tipiche, il compimento «con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio» di un’opera o di un servizio «verso un corrispettivo in denaro» (art. 1655 del codice civile).
In sostanza, l’esecuzione dei lavori in proprio, effettuata in maniera autonoma rispetto al subcommittente, rientra tra le obbligazioni tipiche del subappalto, cui, viceversa, risulta in toto estranea l’obbligazione a prestare unicamente requisiti.
Di riflesso, sia che l’aggiudicatario possa partecipare all’appalto, ma non abbia la qualificazione specialistica per le lavorazioni relative ai beni culturali (ciò che rende necessario il subappalto), sia che abbia tale qualificazione specialistica, ma decida, nel rispetto del bando di gara, di avvalersi in via facoltativa del subappalto, in ogni caso, il tipo contrattuale in esame garantisce che l’esecuzione della prestazione sia effettuata in proprio e in via diretta dal subappaltatore.
Tornando ora a volgere lo sguardo al contesto normativo applicabile al processo a quo, l’elemento, comunque, decisivo è che – in base alla disciplina del subappalto relativo ai beni culturali – soltanto l’operatore dotato di una qualificazione specialistica può eseguire i lavori relativi a tali beni, e questo di per sé assicura loro una effettiva e adeguata tutela.
Si dissolve, in tal modo, la censura di irragionevolezza, poiché il subappalto non condivide con l’avvalimento la ratio della norma censurata, riferibile, per l’appunto, all’esigenza di tutelare i beni culturali, il che smentisce la similitudine rispetto al tertium comparationis.
Senza una giustificazione riconducibile alla protezione dei citati beni, non soltanto la mancanza del divieto di subappalto non contrasta con gli artt. 3 e 9 Cost., ma, al contrario, l’eventuale previsione del divieto di subappalto – come richiesto dal rimettente – potrebbe tradursi in una compressione del principio della concorrenza (si veda, in proposito, Corte di Giustizia, sentenze 27 novembre 2019, C-402/18, Tedeschi e 26 settembre 2019, C-63/18, Vitali), oltre che dell’autonomia privata, non priva di criticità.
In conclusione, nel solco della costante giurisprudenza di questa Corte, che non ravvisa una violazione del principio di eguaglianza quando «alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili (ex plurimis, sentenza n. 85 del 2020)» (sentenza n. 71 del 2021), le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 9 Cost., non sono fondate.
SERVIZIO DI TRATTAMENTO E RECUPERO DI UNA FRAZIONE DI RIFIUTI URBANI DISPONIBILITÀ IMPIANTO – SI PUÒ RICORRERE ALL'ISTITUTO DELL'AVVALIMENTO (89)
Istanza singola di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata dalla Azienda Servizi Igiene Ambientale-ASIA Benevento – Affidamento del servizio di trattamento e recupero della frazione di rifiuti urbani (Codice CER 20.03.03) - Residui della pulizia stradale prodotti nel Comune di Benevento per mesi ventiquattro (24), eventualmente prorogabili per mesi 2 ai sensi dell'art. 106, comma 11 del Codice appalti – Criterio di aggiudicazione: minor prezzo – Importo a base di gara: euro 136.500,00 – S.A.: Azienda Servizi Igiene Ambientale-ASIA Benevento. PREC 33/2022/S
Qualora un operatore economico interessato a partecipare alla gara per l'affidamento del servizio di trattamento e recupero di una frazione di rifiuti urbani (Codice CER 20.03.03) non sia in possesso del requisito della disponibilità piena e incondizionata di un impianto necessario ad effettuare tale servizio, può ricorrere all'istituto dell'avvalimento. In questo caso, trattandosi di avvalimento c.d. tecnico od operativo, il relativo contratto dovrà prevedere, a pena di nullità, la specifica indicazione di tutti i mezzi d'opera e del personale messo a disposizione dall'impresa ausiliaria a favore dell'ausiliata al fine dell'esecuzione del servizio da parte di quest'ultima. In ogni caso, al di fuori del ricorso al subappalto ai sensi dell'art. 89, comma 8 o dell'art. 105 del Codice, alle condizioni e nei limiti consentiti dalle previsioni normative, non è ammesso l'affidamento a terzi dell'esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto.
Come ben evidenziato dalla Stazione appaltante, che l'istituto dell'avvalimento, consentendo agli operatori economici privi di determinati requisiti tecnico-professionali o economico- finanziari previsti per la partecipazione ad una determinata gara di avvalersi di tali requisiti provenienti da altro operatore economico che ne e in possesso, ha come fine precipuo quello dell'ampliamento della platea dei potenziali concorrenti e non anche quello di accollare le prestazioni contrattuali oggetto di appalto all'impresa ausiliaria e che l'esistenza di un avvalimento c.d. tecnico od operativo, com'è peraltro quello individuato nel caso in esame, non contraddice tale finalità in quanto, la messa a disposizione dell'impresa avvalente di mezzi d' 'opera e di personale da parte dell'impresa ausiliaria non determina una sostituzione, totale o parziale, della prima nell'esecuzione dell'appalto, ma consente, nei casi in cui oggetto dell'avvalimento non siano i soli requisiti di carattere economico-finanziario (e, in particolare, il fatturato globale o specifico), solo la creazione di un "supporto" tecnico-logistico-formativo a favore dell'impresa avvalente che potrà così essere sostenuta nell'esecuzione diretta delle prestazioni contrattuali, mentre la Stazione appaltante avrà la garanzia che nonostante l'affidataria non abbia i requisiti tecnico-professionali che la legge di gara richiedeva questa sia comunque in grado di eseguire a regola d'arte i lavori, i servizi o le forniture oggetto di affidamento.
DIVIETO DI SUBAPPALTO - LIMITI PREVISTI DALLA PA ALLA PRESTAZIONE PRINCIPALE - LEGITTIMO (105.1)
Con il terzo motivo di ricorso, l’interessata ha censurato l’asserito sviamento dalla causa tipica che il Comune avrebbe inteso perseguire (e, cioè, l’integrazione sociale e professionale delle persone c.d. svantaggiate), in quanto una tale astratta finalità di tutela è stata, in concreto, manifestamente elusa e contraddetta dallo stesso Ente a mezzo dell’illegittima regolamentazione dell’appalto (permettendo l’ampio ricorso al subappalto, prevedendo un impiego differito dei lavoratori c.d. svantaggiati e, infine, prevedendo la “clausola sociale” a favore delle maestranze della precedente impresa affidataria). Il T.a.r. ha infine respinto il terzo motivo di ricorso: si è ritenuto, in proposito, la compatibilità fra la finalità di inclusione sociale e lavorativa, delineata dalla disciplina prevista dal codice dei contratti pubblici e invocata dalla stazione appaltante, e la disciplina concretamente delineata nella lex specialis, quanto alla possibilità di avvalersi del subappalto, di differire l’inserimento lavorativo dei lavoratori c.d. svantaggiati e della previsione della clausola sociale.
Quanto alla prima censura, va preliminarmente evidenziato come l’art. 105 d.lgs. n. 50/2016 prevede che “il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera”.
Coerentemente a queste limitazioni, la disposizione ammette la possibilità di prevedere il subappalto, purché esso verta su “parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”, escludendo, dunque, che si possa subappaltare la totalità delle prestazioni oggetto dell’appalto e ammettendo che esso vi sia, purché vi sia l’indicazione nei documenti di gara delle prestazioni o delle lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario.
In materia di subappalto, va poi rilevato che la Corte di Giustizia, sez. V, 27 novembre 2019, causa C-402/18, ha avuto modo di affermare che “la direttiva 2004/18 dev'essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita al 30% la quota parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”, il che può ritenersi rilevante anche con riferimento alla nuova Direttiva, in assenza di indicazioni normative di segno contrario.
Così riassunta la disciplina di riferimento, il Collegio rileva che la prima censura formulata nel terzo motivo di appello è infondata.
Come statuito dal T.a.r. il quadro normativo sovranazionale e nazionale non consente di individuare dei limiti al conferimento in subappalto di una parte delle prestazioni contrattuali, che non siano quelli innanzi indicati e che, nel caso in esame, non risultano violati.
La stazione appaltante ha, infatti, limitato il ricorso al sub appalto ad alcune delle prestazioni contrattuali, quelle definite secondarie, prevedendo, invece, che altre, quelle definite principali, vengano eseguite dall’aggiudicatario.
Laddove sussistano prestazioni che, per mero errore la stazione appaltante non abbia riservato all’aggiudicatario, esse potranno essere oggetto di subappalto.
Risulta dunque indimostrato quanto affermato dall’appellante e cioè che la previsione della possibilità di subappaltare svierebbe la finalità per la quale l’appalto è stato riservato.
TRASPORTO E RIFIUTI - ATTIVITA' ACCESSORIA AL SERVIZIO PRINCIPALE - NON E' SUBAPPALTO (105.2)
Al riguardo, deve anzitutto ricordarsi che ai sensi dell’art. 105, comma 2, del D.Lgs. 50/2016 non costituisce subappalto il contratto stipulato dall’appaltatore che richiede l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se di importo pari o inferiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo pari o inferiore a 100.000 euro, e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia pari o inferiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare.
In virtù di ciò la giurisprudenza ha escluso, con principi pienamente applicabili anche alla presente fattispecie per quanto infra si chiarirà, che costituisca subappalto l’attività di trasporto (anche di rifiuti) che, pur compresa nel complessivo oggetto del contratto in quanto necessaria per la corretta esecuzione della prestazione principale, rivesta in rapporto a quest’ultimo e nella complessiva economia del contratto carattere complementare ed accessorio (così Cons. Stato, Sez. V, 21 maggio 2020, n. 3211; negli stessi termini Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2020 n. 607).
Nel caso di specie l’appalto ha a oggetto un servizio di pulizia e spazzamento delle strade e delle aree comunali. In particolare, in base alla lex specialis le prestazioni da affidarsi all’aggiudicataria consistono nella: a) pulizia meccanizzata e manuale delle strade e delle aree pubbliche; b) pulizia dell’area mercato settimanale; c) pulizia delle piazze; d) sfalcio di alcune aree verdi comunali (art. 4 della Lettera di invito; così anche l’art. 1 del Capitolato Speciale).
La lex specialis prevede inoltre il trasporto dei rifiuti prodotti dalla pulizia e spazzamento delle strade, ma quale attività accessoria e marginale a quelle oggetto dell’appalto.
3.La natura residuale delle prestazioni relative al trasporto dei rifiuti si desume infatti da plurimi elementi e segnatamente dal fatto che il predetto servizio:
a) non rientra tra le attività oggetto dell’appalto, le quali consistono, come detto, nella pulizia e spazzamento delle strade e piazze comunali, e nello sfalcio di alcune aree verdi (come si evince: dall’art. 4 dell’Avviso pubblico, dall’art. 4 della Lettera di invito; dall’art. 1 del Capitolato; nonché dal cpv indicato nel medesimo Capitolato e nella Lettera di invito – cpv 90611000-3 “Servizio di spazzamento strade attraverso pulizia stradale e marciapiedi con mezzi meccanici (spazzatrice), pulizia aree urbane e piazze con mezzi manuali e meccanici (decespugliatore tagliasiepi e soffiatori”);
b) ha un costo complessivo pari a € 700,00 per dodici mesi (…………………………….) e quindi sia di valore inferiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate (considerato che l’appalto è stato aggiudicato per un importo pari a € 39.192,47 più iva), inferiore a € 100.000 e, inoltre, un incidenza della manodopera inferiore al 50 per cento dell’importo del subcontratto;
c) è svolto occasionalmente, solo a seguito della chiamata dell’appaltatore e sulla base delle direttive ed istruzioni di quest’ultimo;
d) costituisce una mera attività conseguente allo svolgimento delle prestazioni oggetto dell’appalto;
e) è solo citato, ma non disciplinato, dalla lex specialis che infatti, a differenza del servizio di pulizia, spazzamento e sfalcio (si veda i più volte richiamati art. 4 della lettera di invito e art. 1 del Capitolato speciale), non ne ha affatto regolamento tempi, frequenza e modalità di esecuzione, limitandosi al riguardo a disporre genericamente che “I rifiuti derivati dalla pulizia stradale e degli altri luoghi comunali manuale e meccanizzata dovranno essere trasportati dalla Ditta appaltatrice presso il sito di stoccaggio provvisorio” (art. 1 del Capitolato Speciale). La lex specialis ha lasciato dunque tali aspetti relativi al trasporto dei rifiuti (tanto per frequenza, quanto per modalità con cui esso deve avvenire) alla discrezionalità dell’appaltatore e alla sua concreta organizzazione aziendale, legando i profili esecutivi della prestazione alla effettiva quantità dei rifiuti raccolti.
La residualità del servizio di trasporto risulta infatti comprovata da quanto avvenuto nella fase esecutiva del servizio (durante la quale, come documentato dalla stazione appaltante, la subaffidataria ha svolto solo due trasporti per l’appalto in oggetto in un arco temporale di otto mesi e solo quattro per l’intera durata contrattuale di un anno).
Alla luce di ciò non è dubitabile che l’attività di trasporto rivesta un ruolo secondario e accessorio nella complessiva economia dell’appalto e in rapporto alle prestazioni che ne formano oggetto, ben potendo perciò l’aggiudicataria subaffidarla ad un soggetto iscritto nella white list, come in concreto avvenuto, non essendo stati superati i limiti previsti dall’art. 105 del Codice dei Contratti pubblici per il subappalto.
Deve infatti ribadirsi che l’attività in questione è del tutto secondaria e di valore irrisorio (risulta invero di valore ampiamente inferiore al 2% dell’importo dell’appalto e a 100.000,00 €), oltre a non essere dimostrato neppure che l’incidenza del costo della manodopera e del personale per tali attività secondarie sia superiore al 50 per cento, tali condizioni dovendo peraltro sussistere cumulativamente e non in via alternativa, come già chiarito dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato Sez. V 3.02.2021 n. 1001).
Perciò il subaffidamento a una ditta terza del servizio di trasporto dei rifiuti a discarica, costituente attività meramente accessoria e marginale rispetto all’oggetto del contratto, non integra la fattispecie del subappalto ai sensi dell’art. 105 D.Lgs. n. 50/2016, con conseguente sufficienza dell’iscrizione alla white list in concreto posseduta dalla società …………, subaffidataria del servizio in questione, come correttamente ritenuto dal primo giudice.
DINIEGO PARZIALE SUBAPPALTO - ECCESSIVO RIBASSO IMPOSTO AL SUBAPPALTATORE - DISAPPLICAZIONE DELLA NORMA LEGITTIMA (105.14)
Si rappresenta in ricorso, il giudice comunitario, “ha stabilito che è illegittima e contraria alle direttive comunitarie una norma nazionale che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione. Con la conseguenza che il limite del ribasso del 20% contenuto nell’art. 105, comma 14, del d.lgs. n. 50/2016, e prima ancora nell’art. 118, comma 4, d.lgs. n. 163/2006 non è più applicabile nella fattispecie in esame, riferendosi ad un appalto sopra soglia comunitaria e, quindi, soggetto alle disposizioni comunitarie”.
Le sentenze della Corte di Giustizia, seguita la ricorrente, sono direttamente e immediatamente vincolanti nell’ordinamento interno degli Stati dell’Unione, per cui le norme anche primarie che con quelle contrastino devono essere disapplicate, tanto dall’autorità giurisdizionale, quanto dai soggetti pubblici, e tale è l’ANAS S.p.A., quale stazione appaltante di un’opera pubblica: pertanto “il limite del 20% per l’affidamento dei subappalti nell’ambito degli appalti sopra soglia comunitaria non sussiste più” e “il diniego al subappalto per la sola circostanza che si sia superato il limite del 20% di ribasso è illegittimo, in quanto è venuto meno (…) il divieto di superamento di detto ribasso”.
Con sentenza 19 novembre 2021, n. 975, la Seconda Sezione di questa Sede ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, richiamando il principio secondo cui, in materia di appalti, rientrano ordinariamente nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto tutti gli atti della serie negoziale successivi alla stipulazione del contratto, e includendovi anche il ricorso avverso il diniego di autorizzazione al subappalto.
Avverso tale decisione è stato interposto appello, accolto dal Consiglio di Stato con sentenza 11 gennaio 2022, n. 171, della V Sezione, che ha rimesso nuovamente la controversia al primo giudice: il ricorso è stato quindi costì riassunto, naturalmente riproponendo le medesime censure, e viene qui deciso con decisione in forma semplificata di accoglimento, come di seguito motivata.
Invero, la citata sentenza 27 novembre 2019 della Corte stabilisce la regola per cui “la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, dev’essere interpretata nel senso che: … essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione”.
La normativa nazionale in questione era appunto quella italiana, e la previsione rilevante era all’epoca, come già ricordato, l’art. 118, IV comma, del d.lgs. n. 163/2006, poi sostituito dall’analogo art. 105, XIV comma, del d.lgs. n. 50/2016.
Ebbene, come, pur laconicamente, osserva parte ricorrente – e nulla ha opposto la parte resistente, almeno in entrambe le fasi del giudizio di I grado - le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea hanno il valore di fonte del diritto comunitario nella interpretazione delle norme comunitarie e nella individuazione degli ambiti di applicazione delle stesse, con efficacia immediata e diretta nel nostro ordinamento.
Ciò, anzitutto, comporta che la non applicazione della disposizione interna, contrastante con l'ordinamento comunitario, costituisce un potere-dovere anzitutto per il giudice (conf. C.d.S. VI, 11 novembre 2019, n.7874; conf. ex multis, id. 3 maggio 2019, n. 2890; V, 28 febbraio 2018, n. 1219), così da realizzare la piena applicazione delle norme comunitarie, di rango preminente rispetto a quelle dei singoli Stati membri: “la pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia crea l'obbligo del giudice nazionale di uniformarsi ad essa e l'eventuale violazione di tale obbligo vizierebbe la sentenza secondo la disciplina dell'ordinamento interno e, al contempo, darebbe luogo a una procedura di infrazione nei confronti dello stato di cui quel giudice è organo” (C.d.S. VI, 7874/2019 cit.).
Inoltre, sempre la condivisibile giurisprudenza maggioritaria stabilisce che non è solo l'autorità giudiziaria a dover così operare, poiché la disapplicazione è un obbligo per lo Stato membro in tutte le sue articolazioni e, quindi, anche per gli apparati amministrativi che, attraverso i suoi funzionari, siano chiamati ad applicare la norma interna contrastante con il diritto euro – unitario, in particolare qualora tale conflitto sia stabilito da una fonte univoca, quale appunto le sentenze della Corte (si tratta di una conclusione risalente, in sede europea, già a Corte di Giustizia delle Comunità europee, 22 giugno 1989, C-103/88 e poi a Corte di Giustizia dell'Unione europea 24 maggio 2012, C-97/11; per la Corte costituzionale alla sentenza 21 aprile 1989 n. 232, e, quanto alla giurisprudenza amministrativa, sino almeno a C.d.S., VI, 23 maggio 2006 n. 3072; tra le ultime, C.d.S. VI, 7874/2019 cit.; id. V, 5 marzo 2018, n. 1342).
LIMITI AL SUBAPPALTO DETTATI DALLA NORMATIVA INTERNA - ILLEGITTIMITA' (105.5)
La quaestio iuris oggetto del presente contenzioso attiene quindi alla legittimità degli atti di gara, in riferimento a quanto previsto dall’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, come derogato dall’articolo 1, comma 18, della legge 14 giugno 2019, n. 55 (e successivamente prorogato fino al 30 giugno 2021 dall’art. 13, comma 2, del d.l. n. 183 del 2020, convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21) circa il limite generale del subappalto nella misura del 40% dell’importo complessivo dei lavori, nonché in riferimento a quanto previsto dall’art. 105, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016 circa il limite del subappalto nella misura del 30% dell’importo delle opere di cui all’art. 89, comma 11, cioè quelle rientranti nelle categorie super specialistiche (c.d. SIOS); limiti, entrambi superati dalla legge di gara predisposta da Invitalia, in ottemperanza a quanto prescritto dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (oggi Ministero della cultura).
5.2.1. Non vi è dubbio alcuno che la prima delle due disposizioni sia in contrasto col diritto e con i principi fondanti dell’Unione, atteso quanto statuito dalla ridetta sentenza della CGUE, Sez. V, 26 settembre 2019, C- 63/18 (in specie dove si legge che: “Occorre ricordare che, durante tutta la procedura, le amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare i principi di aggiudicazione degli appalti di cui all’articolo 18 della direttiva 2014/24, tra i quali figurano, in particolare, i principi di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità (sentenza del 20 settembre 2018, Montte, C-546/16, EU:C:2018:752, punto 38). Orbene, in particolare, come ricordato al punto 30 della presente sentenza, la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore (v., per analogia, sentenza del 5 aprile 2017, Borta, C-298/15, EU:C:2017:266, punti 54 e 55). Ne consegue che, nell’ambito di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, per tutti gli appalti, una parte rilevante dei lavori, delle forniture o dei servizi interessati dev’essere realizzata dall’offerente stesso, sotto pena di vedersi automaticamente escluso dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione. Come sottolinea la Commissione, misure meno restrittive sarebbero idonee a raggiungere l’obiettivo perseguito dal legislatore italiano, al pari di quelle previste dall’articolo 71 della direttiva 2014/24 e richiamate al punto 29 della presente sentenza. D’altronde, come indica il giudice del rinvio, il diritto italiano già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel paese. Pertanto, una restrizione al ricorso del subappalto come quella di cui trattasi nel procedimento principale non può essere ritenuta compatibile con la direttiva 2014/24”).
Sebbene la sentenza riguardi l’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 (norma, quest’ultima, che è stata perciò ritenuta disapplicabile dalla giurisprudenza nazionale successiva al pronunciamento della CGUE: cfr. Cons. Stato, V, 16 gennaio 2020, n. 389; 17 dicembre 2020, n. 8101; 31 maggio 2021, n. 4150; nonché Cons. Stato, VI, 29 luglio 2020, n. 4832 riferita alla norma analoga dell’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 2006, oggetto della sentenza della CGUE 27 novembre 2019, in causa C-402/18, pronunciata avendo riguardo alla direttiva n. 2004/18/CE, ma coerente con la sentenza del settembre dello stesso anno), i principi in essa affermati vanno riferiti anche alla norma sopravvenuta dell’art. 1, comma 18, della legge n. 55 del 2019.
Quest’ultima, rendendo obbligatoria l’indicazione del subappalto nel bando di gara, ha però mantenuto un limite generale ed astratto, pur se innalzato al 40%. Essa è quindi, a sua volta, in contrasto con la normativa euro-unitaria perché tale limite opera indipendentemente da qualsivoglia valutazione discrezionale della stazione appaltante.
5.2.2. Per le stesse ragioni va reputata l’incompatibilità col diritto euro-unitario dell’art. 105, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016.
In proposito non si condivide la sentenza di primo grado laddove ha affermato che la disposizione appena citata non viola il diritto europeo, così come interpretato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con le dette sentenze in materia di subappalto, “in quanto non costituisce un divieto generalizzato di ricorrere al subappalto oltre una certa percentuale, ma si riferisce a determinate tipologie di lavori speciali, che giustificano la determinazione di una soglia di esperibilità del subappalto”.
In realtà, la disposizione pone un limite aprioristico al subappalto, che sottrae all’amministrazione aggiudicatrice il quantum di discrezionalità che le è riconosciuto come dovuto dalla giurisprudenza sopranazionale, secondo una valutazione da farsi caso per caso, tenuto conto, non della tipologia di lavori astrattamente considerata, bensì delle prestazioni e delle lavorazioni oggetto dello specifico affidamento, nonché delle caratteristiche di quest’ultimo.
La generalità e l’astrattezza di detto limite non sono evitate dal riferimento normativo alle sole opere per le quali siano necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture impianti ed opere speciali, elencate nell’art. 2 del d.m. n. 248 del 10 novembre 2016.
Il riferimento ai lavori di una determinata categoria è connotato comunque da astrattezza perché prescinde dalla natura delle lavorazioni richieste nel caso concreto, escludendo in particolare che, se superano il 10% dell’importo totale dei lavori, l’amministrazione possa optare per la totale assenza di vincoli al subappalto o per l’imposizione di un limite inferiore al 30% delle opere subappaltabili, anche quando, nel contesto del singolo affidamento, esse siano scarsamente significative rispetto alla finalità del divieto di subappalto.
Emblematico in tale ultimo senso è proprio il caso di specie, avendo Invitalia fatto presente, senza specifica smentita da parte ricorrente, che la categoria OS30 non prevede interventi di elevato contenuto tecnologico né di particolare complessità, bensì soltanto opere, sicuramente di carattere tecnico, ma prontamente eseguibili, rientranti, in sintesi, tra le operazioni impiantistiche, a carattere accessorio rispetto alle opere edili, di ordinaria esecuzione.
Fermo restando perciò il contrasto con le direttive europee delle disposizioni esaminate al precedente punto 5.2, la questione di diritto da risolvere concerne la correttezza dell’operato dell’amministrazione aggiudicatrice e della centrale unica di committenza che hanno predisposto le regole di gara previa disapplicazione degli artt. 1, comma 18, del d.l. n. 32 del 2019, convertito dalla legge n. 55 del 2019, e 105, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, pur essendo il presente appalto di importo inferiore alla soglia comunitaria.
5.3.1. Premesso che non è in discussione l’obbligo della pubblica amministrazione di non applicare la legge interna incompatibile col diritto europeo, anche quando venga in rilievo una direttiva self executing (ribadito di recente da questo Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 9 novembre 2021, n. 17 e n. 18, alle cui motivazioni è qui sufficiente fare rinvio), va sottolineato che sia il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (oggi Ministero della cultura) che Invitalia hanno esplicitamente ritenuto di applicare l’art. 71 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici, che abroga la direttiva 2004/18/CE e che in forza di tale richiamo hanno previsto che nella lex specialis non vi sarebbero state “limitazioni al subappalto dei lavori oggetto del presente intervento” (così la determina a contrarre in data 24 giugno 2020 del Segretariato regionale del Ministero per la Basilicata e l’art. 18 del disciplinare di gara).
5.3.2. Orbene, anche a voler escludere che il detto esplicito riferimento sia espressione dell’interesse transfrontaliero attribuito all’affidamento de quo da parte dell’amministrazione aggiudicatrice (cui spetta la relativa valutazione, peraltro soggetta al controllo giurisdizionale: cfr. CGUE, Grande sez., 20 marzo 2018, in causa C-187/16), è dirimente al fine dell’applicazione della richiamata direttiva e del giudizio di compatibilità con la stessa, l’argomento dell’appellante che fa leva sulla procedura concretamente applicata.
Rileva cioè che la stazione appaltante abbia posto le regole dell’affidamento sub iudice seguendo una normativa nazionale che, quanto alla procedura applicabile, non fa alcuna distinzione tra appalti sopra-soglia ed appalti sotto-soglia e finendo quindi per applicare a questi ultimi le disposizioni della normativa europea (come trasposte nella legislazione nazionale, senza fare alcuna differenza sulla base del valore dell’affidamento) anche se ab origine non destinate alla loro regolazione.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è univocamente nel senso di <<prevedere che quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che apporta a situazioni non disciplinate da un atto dell'Unione, a quelle adottate da tale atto, sussiste un interesse certo dell'Unione a che, per evitare future divergenze d'interpretazione, le disposizioni riprese dallo stesso atto ricevano un'interpretazione uniforme. Pertanto, l'interpretazione delle disposizioni di un atto dell'Unione in situazioni non rientranti nell'ambito di applicazione di quest'ultimo si giustifica quando tali disposizioni sono state rese applicabili a siffatte situazioni dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato (sentenza del 5 aprile 2017, Borta, C-298/15, EU:C:2017:266, punti 33 e 34, nonché giurisprudenza ivi citata)>> (così CGUE, sez. IX, 14 febbraio 2019 in causa C-710/17).
Si tratta di una giurisprudenza la cui pertinenza al caso di specie non può essere esclusa in base agli argomenti delle appellate secondo cui l’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 non sarebbe una “mera trasposizione dell’art. 71 della Direttiva 2014/24/UE né si può ritenere che lo stesso operi un rinvio diretto e incondizionato alla norma europea”.
La riconducibilità della disposizione interna all’art. 71 della direttiva e l’incompatibilità con questo della trasposizione effettuata dallo Stato italiano sono state dichiarate con sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Nel caso di specie, l’amministrazione aggiudicatrice ha, come detto, esplicitato la sua intenzione di uniformarsi alle disposizioni della direttiva, come interpretate dalla CGUE, ed ha, inoltre, fatto ricorso alla procedura aperta di cui all’art. 60 del Codice dei contratti pubblici, che costituisce la trasposizione esatta dell’art. 27 della direttiva.
Il ricorso alla procedura aperta, per l’appalto sotto-soglia, è stato basato sull’art. 36 del d.lgs. n. 50 del 2016, che nel testo vigente ratione temporis (essendo il bando di gara del giugno 2020), consentiva, al comma 2, lett. d), di procedere “per affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro e fino alle soglie di cui all’art. 35, mediante ricorso alle procedure di cui all’art. 60 […]”.
Orbene, essendosi la normativa nazionale conformata alle regole europee anche per disciplinare gli appalti sotto-soglia, senza distinguere specificamente questi ultimi, in particolare quanto al regime di subappalto applicabile, sussiste un interesse certo sovranazionale all’interpretazione della normativa applicabile conforme alle regole ed ai principi posti dalle direttive.
Ritenuta per tale via la ricorrenza di un interesse transfrontaliero dell’appalto de quo, vanno allora ritenuti applicabili, in conformità alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, le norme fondamentali e i principi del Trattato FUE, pur trattandosi di procedura di aggiudicazione di valore inferiore alla soglia comunitaria, rilevando in particolare i principi di parità di trattamento, di funzionalità e di trasparenza (cfr., tra le altre, Corte di Giustizia, 23 dicembre 2009, n. 376/08).
Ne consegue che, a fronte dello svolgimento di prestazioni coincidenti, in ipotesi richieste dalla medesima amministrazione aggiudicatrice e soprattutto affidate previo esperimento della medesima procedura aperta (a valere sia per gli appalti sopra soglia che per quelli sottosoglia), non può la disciplina applicabile essere differenziata in ragione del valore dell’affidamento, applicando agli appalti sotto soglia una normativa interna sul subappalto in aperto contrasto con il disposto comunitario.
5.3.3. Anche per le ragioni fin qui esposte, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza gravata, non è irrilevante che l’appalto sia stato finanziato con le risorse europee PON Cultura e Sviluppo del FESR 2014-2020 e sia regolato dalla decisione della Commissione Europea del 14 maggio 2019, C (2019) 3452.
5.4. In conclusione, l’appello va accolto, senza necessità di disporre il rinvio alla CGUE richiesto col primo motivo, trattandosi di interpretare la normativa interna, in conformità alla normativa euro-unitaria già interpretata dalla Corte di Giustizia.
Col primo (Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 105, comma 5, d.lgs. n.50/2016 e del d.m. 10 novembre 2016, n. 248. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 TFUE. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti. Difetto di motivazione) l’a.t.i. già ricorrente premette che:
- il disciplinare di gara prevede espressamente che la categoria OS30 “Impianti interni elettrici, telefonici, radiotelefonici e televisivi” è a qualificazione obbligatoria;
- la soc.coop. Cuzzolino Costruzioni ha dichiarato di possedere la SOA per categoria prevalente OG1 in classifica IV per un importo complessivo di oltre due milioni di euro, con la quale ha coperto tutte le lavorazioni anche relative alle categorie scorporabili OS6 e OS28;
- dal momento che la categoria OS30 è pari al 16,23% dell’importo a base di gara, l’impresa avrebbe dovuto costituire un’A.T.I. verticale con un’impresa qualificata in categoria speciale, in forza di quanto previsto dal d.m. 10 novembre 2016, n. 248, che richiama l’art. 12 del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni dalla legge 23 maggio 2014, n. 80.
La società ricorrente argomenta quindi che, dalla lettura combinata dell’art. 12, comma 2, del d.l. n. 47 del 2014 e dell’art. 92, comma 1, del d.P.R. n. 207 del 2010, si evince che i lavori delle categorie scorporabili c.d. a qualificazione obbligatoria, quali sono quelle super-specialistiche del comma 2, lett. b) del detto articolo 12 (c.d. SIOS), possono essere eseguiti direttamente dall’aggiudicatario solo se in possesso della relativa qualificazione, non essendo sufficiente la qualificazione nella categoria prevalente in una classifica corrispondente all’importo totale dei lavori.
In sintesi, trattandosi di subappalto necessario o qualificante in categoria per la quale l’art. 89, comma 11, del d.lgs. n. 50 del 2016 esclude l’avvalimento se le lavorazioni sono di importo superiore al 10% dei lavori, avrebbe dovuto essere esclusa anche la possibilità del ricorso al subappalto per la qualificazione, superiore al limite del 30%.
6.2. Il motivo è infondato.
Ribadito quanto sopra a proposito del limite posto dall’art. 105, comma 5, le restanti censure attengono più in generale all’ammissibilità del subappalto c.d. necessario o qualificante.
La giurisprudenza è nel senso che il ricorso a quest’ultimo (ammesso nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006: cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 2 novembre 2015, n. 9) sia consentito anche nel vigore del d.lgs. n. 50 del 2016.
Sebbene l’istituto non sia espressamente previsto nel Codice dei contratti pubblici, esso è tuttavia compatibile con l’assetto delineato dall’art. 105 in tema di subappalto; non è impedito dalle norme del Codice concernenti il possesso dei requisiti da parte degli esecutori dei lavori pubblici; è tuttora praticabile per la confermata vigenza dell’art. 12 (Disposizioni urgenti in materia di qualificazione degli esecutori dei lavori pubblici), comma 1 e 2, del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80.
6.2.1. In particolare, l’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 non contiene un divieto di subappalto, quando questo sia finalizzato a conseguire i requisiti di qualificazione per i lavori appartenenti alle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria (cfr., da ultimo, Cons. Stato, V, 15 febbraio 2021, n. 1308), ferma restando la necessaria qualificazione per i lavori appartenenti alla categoria prevalente.
6.2.2. Quanto poi al sistema di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici ed ai requisiti che devono essere posseduti dal concorrente -dato quanto previsto dall’art. 84 del d.lgs. n. 50 del 2016, che si occupa del sistema di qualificazione e degli organismi di qualificazione (S.O.A.)- sono tuttora vigenti, nei limiti della compatibilità, le disposizioni del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (ai sensi dell’art. 83, comma 1, e 216, comma 14, del d.lgs. n. 50 del 2016, che, così come modificati con il d.l. n. 32 del 2019, convertito dalla legge n. 55 del 2019, hanno sancito l’ultrattività del previgente regolamento di esecuzione ed attuazione del d.lgs. n. 163 del 2006 fino all’adozione di un nuovo regolamento, non ancora intervenuta, ai sensi dell’art. 216, comma 27 octies), che non escludono il subappalto “necessario” per le categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria.
In merito a tale istituto dispone il citato art. 12 del d.l. n. 47 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 80 del 2014, nella parte rimasta in vigore dopo l’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici.
L’art. 217, lett. nn), del d.lgs. n. 50 del 2016, nell’abrogare i commi 3, 5, 8, 9 e 11 dell’art. 12 del d.l. n.47 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2014, ha, per quanto qui rileva, lasciato vigente l’art. 12, comma 2, a norma del quale “In tema di affidamento di contratti pubblici di lavori, si applicano altresì le seguenti disposizioni: a) l’affidatario, in possesso della qualificazione nella categoria di opere generali ovvero nella categoria di opere specializzate indicate nel bando di gara o nell’avviso di gara o nella lettera di invito come categoria prevalente può, fatto salvo quanto previsto alla lettera b), eseguire direttamente tutte le lavorazioni di cui si compone l’opera o il lavoro, anche se non è in possesso delle relative qualificazioni, oppure subappaltare dette lavorazioni specializzate esclusivamente ad imprese in possesso delle relative qualificazioni;
b) non possono essere eseguite direttamente dall’affidatario in possesso della qualificazione per la sola categoria prevalente, se privo delle relative adeguate qualificazioni, le lavorazioni, indicate nel bando di gara o nell’avviso di gara o nella lettera di invito, di importo superiore ai limiti indicati dall’articolo 108, comma 3, del regolamento di cui al d.P.R. 5 maggio 2010, n. 207, relative alle categorie di opere generali individuate nell’allegato A al predetto decreto, nonché le categorie individuate nel medesimo allegato A con l’acronimo OS, di seguito elencate: OS 2-A, OS 2-B, OS 3, OS 4, OS 5, OS 8, OS 10, OS 11, OS 12-A, OS 13, OS 14, OS 18-A, OS 18-B, OS 20-A, OS 20-B, OS 21, OS 24, OS 25, OS 28, OS 30, OS 33, OS 34, OS 35. Le predette lavorazioni sono comunque subappaltabili ad imprese in possesso delle relative qualificazioni. Esse sono altresì scorporabili e sono indicate nei bandi di gara ai fini della costituzione di associazioni temporanee di tipo verticale. […].”
La fattispecie prevista dalla lettera b) ricorre nel caso di appalto di lavori in cui sono previste opere specialistiche rientranti in categoria scorporabile (nel caso di specie OS30) c.d. a qualificazione obbligatoria (che perciò non possono essere eseguite direttamente dall’aggiudicatario se privo della relativa qualificazione) per le quali è possibile il ricorso al subappalto c.d. necessario.
6.3. L’ammissibilità di quest’ultimo nel vigore dell’attuale Codice di contratti pubblici è stata riconosciuta, oltre che dalla citata sentenza n. 1308/21, dalle sentenze di questa sezione, 20 agosto 2019, n. 5745, 4 giugno 2020, n. 3504 e 13 agosto 2020, n. 5030, nonché dall’ordinanza della sezione III, 10 giugno 2020, n. 3702.
Quest’ultima, infatti, pur non riguardando immediatamente l’ammissibilità del subappalto “necessario” o “qualificante”, la presuppone, tanto è vero che, in conseguenza di ciò, ha ritenuto rilevante la questione interpretativa pregiudiziale rimessa, come detto sopra, alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
6.4. Giova precisare che le censure dell’a.t.i. ricorrente non trovano alcun supporto nell’art. 89, comma 11, del d.lgs. n. 50 del 2016 che vieta invece il ricorso all’avvalimento per le lavorazioni di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, se di importo superiore al 10% dell’appalto, attese le differenze tra l’istituto dell’avvalimento e quello del subappalto.
D’altronde, è proprio la disposizione dell’art. 105, comma 5, anche nel testo applicabile ratione temporis, a legittimare il ricorso al subappalto per le opere di cui all’art. 89, comma 11, laddove il limite del 30% contestualmente previsto si scontra con le regole e i principi di diritto euro-unitario, nonché con la relativa giurisprudenza della Corte di Giustizia, nei termini esposti trattando dei motivi di appello.
6.5. Parimenti irrilevante a supporto della tesi dell’a.t.i. ricorrente è la previsione, valorizzata anche nella sentenza gravata, dell’art. 63, comma 2, della direttiva n.24/2014 (che prevede che “le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente”), sia perché riferita all’avvalimento, sia perché l’interpretazione della C.G.U.E., di cui alle ridette sentenze in tema di subappalto, è appunto nel senso di rimettere alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice l’eventuale fissazione di un limite al subappalto nel singolo affidamento.
RILASCIO AUTORIZZAZIONE AL SUBAPPALTO - CONFLITTO INTERESSI - NON RISCONTRATO DAL RUP - NON SUSSISTE ABUSO D'UFFICIO
Va condiviso l'orientamento secondo il quale in tema di abuso di ufficio, anche a seguito della riformulazione dell'art. 323 cod. pen. ad opera dell'art. 23, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, la violazione di norme contenute in regolamenti può rilevare ai fini della integrazione del reato nel caso in cui esse, operando quali norme interposte, si risolvano nella specificazione tecnica di un precetto comportamentale già compiutamente definito nella norma primaria e purchè questa sia conforme ai canoni della tipicità e tassatività propri del precetto penale (Sez. 6 n. 33240 del 16/02/2021, Del Principe, Rv. 281843). Inoltre, deve essere richiamato l'orientamento espresso dal Consiglio di Stato secondo il quale l'autorizzazione alla stipula del subappalto (disciplinata dall'art. 18, comma 3, L. 19 marzo 1990, n. 55) va qualificata come provvedimento amministrativo adottato, nella fase di esecuzione del contratto di appalto, non quale espressione di autonomia di un soggetto contraente, bensì quale espressione di un pubblico potere (Sez. 2 parere n. 142 del 12/02/1992).
Purtuttavia, non può essere condiviso l'assunto posto a base della affermazione di responsabilità secondo il quale l'art. 10 d.leg.vo 163/2006 e le correlate norme del D.P.R. n. 207/2010 - che riguardano i rapporti tra l'affidatario delle opere ed il subappaltatore - individuano un obbligo di controllo da parte del responsabile della stazione appaltante in ordine ad eventuali conflitti di interesse tra il direttore dei lavori e la ditta subappaltatrice.
La Corte di appello - a fronte dello specifico tema devolutole con il primo motivo di appello - si e limitata a riproporre l'apodittica motivazione secondo la quale l'attività di vigilanza demandato al ricorrente ricomprendeva anche quella di rilevare il preteso conflitto di interessi in questione in quanto "già il solo fatto che il subappalto andasse autorizzato implica che lo stesso avrebbe potuto non esserlo", essendo "l'autorizzazione subordinata alla verifica dell'insussistenza dei motivi ostativi, operazione rimessa al potere del solo appellante" (v. pg.13 della sentenza impugnata).
Ritiene questa Corte che deve essere censurata la riportata conclusione della sentenza impugnata in quanto priva di fondamento normativo.
Invero, l'art. 10, comma 2, d.leg.vo n. 163/2006 - secondo il quale "Il responsabile del procedimento svolge tutti i compiti relativi alle procedure di affidamento previste dal presente codice, ivi compresi gli affidamenti in economia, e alla vigilanza sulla corretta esecuzione dei contratti, che non siano specificamente attribuiti ad altri organi o soggetti" non prevede alcun obbligo di verifica da parte del responsabile del procedimento dell'assetto societario della ditta subappaltatrice non essendo - peraltro - previsti correlati oneri di comunicazione a riguardo da parte della ditta appaltatrice alla stazione appaltante.
SUBBALTO O AFFIDAMENTO DI ATTIVITA' SPECIALISTICHE A LAVORATORI AUTONOMI: DIFFERENZE (105.3.a)
La ricorrente sostiene che le prestazioni oggetto dell’appalto verranno svolte essenzialmente dai componenti del gruppo di lavoro, ciò che integrerebbe una violazione del divieto di subappalto previsto dall’art. 10 del capitolato d’oneri e dall’art. 105, cc. 1, 2 e 4 del d.lgs. n. 50/2016.
La stazione appaltante e la controinteressata ribattono che il coinvolgimento del gruppo di lavoro non integrerebbe ricorso al subappalto, ma legittimo esercizio della facoltà, prevista dall’art. 105, c. 3, lett. a), del codice dei contratti pubblici, a norma del quale non ricorre il subappalto nel caso di «affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi, per le quali occorre effettuare comunicazione alla stazione appaltante», nel caso di specie effettuata da K..
Il collegio non condivide la tesi della ricorrente.
Il criterio discretivo tra il subappalto e l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi riposa, secondo la giurisprudenza, non solo sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto: «[l]e prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale» (Cons. Stato, sez. V, 31 maggio 2021, n. 4150).
Di conseguenza, posto che la fattispecie di cui all’art. 105, c. 3, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016 non integra una deroga al subappalto, poiché con essa il legislatore ha inteso delimitare i confini della nozione di subappalto rilevante ai fini della normativa sui contratti pubblici, la disciplina in tema di subappalto non è estendibile in presenza di un rapporto di lavoro autonomo, a meno che non si dimostri che il relativo contratto sia stato stipulato per costituire solo uno schermo per il contratto di subappalto.
Tanto premesso, non si ravvisano nel caso di specie le condizioni per ritenere che il ricorso, da parte di K., alle prestazioni rese dai componenti del gruppo di lavoro costituisca elusione della disciplina in materia di subappalto posta dalla lex specialis e dall’art. 105 del Codice dei contratti pubblici.
Infatti, non emergono elementi, né la società ricorrente ne ha dato principio di evidenza in giudizio, tali da far ritenere che l’attività del gruppo di lavoro – composto dal …………. – costituisca esecuzione diretta della prestazione nei confronti della stazione appaltante in sostituzione di K., con i connotati tipici del contratto di appalto (organizzazione dei mezzi, assunzione del rischio, scopo del compimento di un’opera o di un servizio), configurandosi piuttosto dette attività come prestazioni rese – in un gruppo di lavoro di cui fa parte anche il legale rappresentante della società aggiudicataria – da professionisti (un architetto e due giornalisti) in favore dell’aggiudicataria, che le riceve inserendole nella propria organizzazione imprenditoriale al fine della esecuzione dell’appalto.
DINIEGO PARZIALE AUTORIZZAZIONE AL SUBAPPALTO - E' COMPETENTE LA GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA (105.18)
Secondo il convergente orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e di questo Consiglio di Stato, la controversia concernente un’ipotesi di diniego di autorizzazione al subappalto, quale quella oggetto del presente giudizio, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che trattasi di un giudizio avente ad oggetto la sussistenza delle condizioni per il ricorso al subappalto da parte dell’aggiudicatario di una gara pubblica, le quali rappresentano il presupposto per il perseguimento e la tutela dell’interesse dell’amministrazione committente all’immutabilità dell’affidatario e, quindi, ad evitare che nella fase esecutiva del contratto si pervenga, con modifiche sostanziali dell’assetto di interessi scaturito dalla gara, a vanificare l’interesse pubblico.
L’art. 133, comma 1, lett. e) del c.p.a. stabilisce che: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge… e)le controversie: 1)relative a procedure di affidamento di lavori pubblici, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative”. Nella tradizionale prospettiva bifasica che caratterizza la formazione dei contratti ad evidenza pubblica, le ‘procedure di affidamento’ strutturano (nella fase propriamente pubblicistica) peculiari procedimenti amministrativi, che esitano nella determinazione conclusiva, con cui viene disposta l’aggiudicazione a favore dell’offerta selezionata, cui segue – con la ‘stipula del contratto’ e la formale assunzione degli impegni negoziali – la fase esecutiva, che prefigura situazioni essenzialmente paritetiche, rimesse alla cognizione del giudice ordinario. La distinzione emerge, con particolare evidenza, dall’art. 30, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 dove si contrappongono: a) le ‘procedure di affidamento’ che, in quanto ricomprese, come specie nel genere, nelle ‘attività amministrative’ sono assoggettate alle disposizioni di ordine generale e paradigmatico, di cui alla l. n. 241/1990; b) la ‘fase di esecuzione’ che, in quanto attivata dalla ‘stipula del contratto’, evoca le regole del codice civile, in quanto non segnatamente derogate da disposizioni di specie.
Secondo il pacifico orientamento delle SS.UU. della Corte di Cassazione, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo ogni controversia relativa all’impugnazione dell’aggiudicazione della gara e degli atti del relativo procedimento antecedenti alla stipula del contratto di appalto, mentre, nella giurisdizione del giudice ordinario, i giudizi relativi alla successiva ‘fase contrattuale’, concernente l’esecuzione del rapporto (ex multis Cass. SS.UU. 3/5/2017, n. 10705; Cass. 21/5/2019 n. 13660).
Se in linea generale la stipula del contratto segna il punto di ‘confine’ ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, vi sono fattispecie connotate da peculiarità tali da costituire delle deroghe a tale principio, in cui il criterio di riparto della giurisdizione si fonda sulla situazione giuridica fatta valere. Ogni volta che l’agire della stazione appaltante attiene ad un segmento procedimentale pubblicistico, ed è collegata all’esercizio di un potere da parte dell’Amministrazione, sussisterà la giurisdizione del giudice amministrativo. Tale discrimen è determinante, tenuto conto che la valutazione dell’interesse pubblico esclude ogni rapporto paritetico, anche se sussiste un vincolo contrattuale tra le parti. Ne consegue che, nella fase privatistica, l’Amministrazione si pone con la controparte in una posizione di parità che si può definire ‘tendenziale’, in quanto può sempre verificarsi l’ipotesi che l’intervento autorizzativo sia espressione di una valutazione operata al fine primario dell’interesse pubblico. In tal caso, appare all’evidenza l’insussistenza tra le parti (pubblica e privata) di un rapporto giuridico paritetico, che invece si ravviserebbe in situazioni soggettive da qualificare in termini di diritti soggettivi e di obblighi giuridici.
Nella specie, l’amministrazione appaltante ha espresso un diniego parziale di autorizzazione al subappalto sul rilievo di elementi preesistenti e riconducibili alla procedura di gara, esercitando di fatto un potere pubblicistico, contrapposto ad un interesse legittimo del privato, in quanto espressamente riferito ai criteri fissati dalla ‘lex specialis’ (Cons. Stato, 19/2/2014, n. 769). Alla posizione di supremazia espressa dall’amministrazione con il predetto diniego ha fatto riscontro la soggezione della società appaltata, alla quale è riconosciuto l’interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri autoritativi spettanti alla prima, sicchè la controversia relativa al legittimo esercizio di tale potere rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo.
Dai rilievi espressi, deve ritenersi che nel diniego di autorizzazione al subappalto, gli interessi di carattere generale, pur connessi alla corretta esecuzione del contratto, connotano il momento pubblicistico, il quale si rappresenta nella scelta del subappaltatore nei termini di verifica del rispetto dei criteri fissati dalla procedura di gara. Ed invero, non può essere condiviso l’avviso del giudice di primo grado che considera detta autorizzazione una species di quella prevista dall’art. 1656 c.c. in materia di appalti privati, riconducendola esclusivamente ad espressione di autonomia negoziale. Mentre la ratio della previsione di cui al citato art. 1656 c.c. si collega alla natura fiduciaria del contratto d’appalto, di tal che il committente è chiamato a valutare unicamente (e liberamente) la compatibilità del subappalto con il proprio interesse a veder realizzata l’opera appaltata a regola d’arte, l’autorizzazione al subappalto è un istituto preordinato anche al perseguimento di interessi pubblici ulteriori (Cons. Stato, n. 1713/2010). Peraltro, la non riconducibilità dei prescritti poteri a quelli propri di un rapporto paritetico non si traduce in una diminuzione di tutela della società appaltata, essendovi, al contrario, un rafforzamento della sua posizione secondo lo statuto tipico del procedimento amministrativo, in primis per la necessità che l’attività autorizzativa al subappalto sia esercitata in coerenza con il pubblico interesse sotteso al contratto di appalto. Di ciò si conferma nel caso si specie.
Sulla base delle considerazioni svolte, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla presente controversia.
ATTO DI INDIRIZZO IN MATERIA DI APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA DEL SUBAPPALTO
Opere pubbliche: Giovannini firma atto di indirizzo per la tutela del lavoro e la sicurezza nei cantieri
Il Ministro Giovannini: "La firma del primo provvedimento del 2022 è dedicata alla tutela di quei lavoratori che, realizzando, controllando e proteggendo le infrastrutture, contribuiscono a costruire un’Italia migliore, più forte e resiliente".
(Sicurezza lavoro) 4 gennaio 2022
Il pieno rispetto delle norme a tutela del lavoro e della sicurezza nei cantieri è la priorità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims). Per questo l’Atto di Indirizzo in materia di applicazione della disciplina del subappalto firmato oggi dal Ministro Enrico Giovannini richiama le stazioni appaltanti afferenti al Mims impegnate a realizzare opere infrastrutturali, comprese quelle previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), a porre particolare attenzione nella formulazione dei bandi di gara e al controllo del rispetto delle norme, specialmente quelle relative al subappalto, e dei protocolli in materia di sicurezza del lavoro.
In particolare, la nuova disciplina del subappalto, che allinea l’ordinamento nazionale alle indicazioni derivanti dalle istituzioni comunitarie, interviene con disposizioni per perseguire obiettivi di tutela e sicurezza del lavoro. Tali norme, partendo dal presupposto che il ricorso al subappalto determina la presenza di una filiera di imprese per la realizzazione di un’opera, assicurano che i medesimi livelli di tutela che la stazione appaltante richiede all’affidatario, siano garantite anche alle aziende subappaltatrici.
“I tempi per l’attuazione del Pnrr sono molto stringenti e serve un grande sforzo da parte di tutte le componenti della società, soprattutto di chi opera nei cantieri”, afferma il Ministro Giovannini. “La rapidità di esecuzione non deve in alcun modo pregiudicare la tutela dei diritti dei lavoratori e la loro sicurezza. Con questo atto, il primo del 2022, desidero sottolineare che tra le priorità del Governo c’è proprio l’impegno alla protezione di chi realizza, controlla e protegge le infrastrutture che contribuiscono a costruire un’Italia migliore, più forte e più resiliente”.
Secondo l’Atto di Indirizzo, le stazioni appaltanti afferenti al Mims devono specificare nei documenti di gara che il rispetto della normativa in materia di tutela del lavoro e della sicurezza nei cantieri è una condizione essenziale per l’esecuzione del contratto e verificare, in fase di esecuzione dell’appalto, l’applicazione delle norme correlate del Codice dei contratti pubblici. Le stazioni appaltanti, prima di autorizzare il ricorso al subappalto per l’esecuzione dei lavori, devono anche verificare il rispetto della normativa in materia di parità di trattamento economico e normativo e l’applicazione dei relativi Contratti Collettivi. Alla fine del primo semestre del 2022, le stazioni appaltanti dovranno trasmettere al Ministro una relazione sulle azioni intraprese per ottemperare all’Atto di Indirizzo.
Un invito ad assumere analoghe iniziative verrà inviato dal Ministro ai Presidenti di Regione, all’Anci, ai Presidenti delle Autorità di Sistema Portuale, ai Commissari straordinari nominati nel 2021, nonché al gruppo Ferrovie dello Stato, visto che RFI e ANAS costituiscono importanti soggetti attuatori del Pnrr
CATEGORIE SIOS E SUBAPPALTO - LIMITE OBBLIGO SOA - SI GUARDA ALL'IMPORTO COMPLESSIVO DELL'APPALTO (84)
Ai sensi dell’art. 84 del codice dei contratti pubblici, «i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro» sono chiamati a provare il possesso dei requisiti di qualificazione, mediante apposita attestazione da parte delle società organismi di attestazione (SOA) autorizzate dall’ANAC.
Il successivo art. 89, co. 11, aggiunge che, qualora nell’oggetto dell’appalto rientrino opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali (c.d. SIOS), non è ammesso l’avvalimento qualora queste abbiano un valore che superi il 10% dell’importo totale dei lavori.
Tra queste, il d.m. n. 248 del 10.11.2016 ricomprende la categoria OS30 “Impianti interni elettrici, telefonici, radiotelefonici e televisivi”, la quale è peraltro inclusa tra quelle in cui i lavori non possono essere eseguiti direttamente dall’affidatario in possesso della qualificazione per la sola categoria prevalente, se privo della specifica qualificazione richiesta, ai sensi dell’art. 12, co. 2, lett. b), del d.l. n. 47 del 2014 (conv. in l. n. 80 del 2014).
10. Nella gara in esame, il disciplinare stabiliva espressamente che, per l’esecuzione dei lavori elettrici e affini, il cui valore era indicato in 180.308,02 euro (e rappresentava quindi una quota superiore al 10% del valore totale a base di gara, quantificato in 616.000 euro), fosse necessario il possesso della qualificazione di cui alla categoria OS30-CL I, ed è stato dimostrato che la ricorrente ne era priva (si v. le relative attestazioni SOA, doc. 4 della controinteressata).
11. La ricorrente obietta che, avendo dichiarato che avrebbe subappaltato lavori per una quota pari al 30% del valore totale di quelli della categoria 0S30, in realtà i lavori che avrebbe svolto in proprio, in quella categoria, avrebbero avuto un valore di 126.215,614 euro (pari al 70% del totale di 180.308,02 euro), dunque inferiore alla soglia di 150.000 che l’art. 84 del codice dei contratti pubblici individua quale limite il cui superamento rende necessario il possesso dell’attestazione di qualificazione.
12. La tesi, tuttavia, non è condivisibile.
Ai fini del rispetto della soglia in questione, si deve infatti considerare l’importo complessivo dei lavori afferenti alla relativa categoria, senza che questo possa essere ulteriormente frazionato mediante ricorso al subappalto e la divisione di un insieme omogeneo di opere tra diversi esecutori, perché, altrimenti, verrebbe facilmente elusa la norma che impone l’obbligo di qualificazione.
Nella specie, quindi, la soglia è superata, perché, come si è detto, l’importo dei lavori elettrici e affini è pari a 180.308,02 euro, pertanto qualunque impresa si proponga di eseguirli in tutto o in parte a qualsiasi titolo – ossia quale appaltatore principale ovvero quale subappaltatore – è tenuta a possedere il requisito di qualificazione di cui alla categoria OS30-CL I.
ESECUZIONE DIRETTA DA PARTE DELL'AUSILIARIA - DIFFERENTE CON SUBAPPALTO (89)
Dai contratti di avvalimento stipulati da -.....- s.r.l. si evince chiaramente che il concorrente intendeva avvalersi di altra impresa per l’integrale esecuzione di una fase della lavorazione delle sciarpe oggetto della fornitura e precisamente della -....... s.p.a. per la fase di produzione del tessuto (“tessitura”) e della -..........- s.r.l. per la fase di taglio e confezionamento.
Con questo non si determinava la conclusione di un contratto di subappalto, anzichè di un contratto di avvalimento, poiché, come noto, nel subappalto il terzo contraente assume l’incarico di eseguire una parte della prestazione promessa dall’appaltatore all’amministrazione, laddove, invece, nel caso in esame, è solo una fase della quale si compone la prestazione che è demandata all’ausiliaria, con la conseguenza che è solamente l’impresa avvalente che rimane la controparte contrattuale della stazione appaltante, mentre l’ausiliaria si limita a mettere a disposizione le risorse e i mezzi di cui l’ausiliaria è carente per l’esecuzione della particolare fase della lavorazione fermo restando la responsabilità solidale nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice (cfr. per vicenda analoga, Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1330 e le sentenze ivi richiamate, in precedenza per ampie riflessioni sul tema cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675).
5.3. Il passaggio successivo è il seguente: se è vero che alle ausiliarie era demandata l’esecuzione di un’intera fase della lavorazione necessaria per il confezionamento dei beni oggetto di fornitura, è evidente per logica, oltre che ricavabile dal contenuto complessivo del contratto stipulato, che le ausiliarie avrebbe impegnato in siffatta lavorazione l’intera loro azienda; in definitiva, cioè, quel che veniva posta a disposizione dell’operatore economico concorrente era l’intero complesso aziendale dell’ausiliaria che si sarebbe integrato con quello dell’impresa avvalente per la realizzazione del prodotto oggetto della commessa.
Si tratta, in sostanza, di una di quelle fattispecie (cui può essere assimilato, tra gli altri, quello dell’avvalimento di una attestazione SOA) in cui l’avvalimento implica l’acquisizione della concreta disponibilità dell’intero complesso produttivo del soggetto avvalso o di parte di questo; tale risultato si potrebbe ottenere con un contratto di affitto di azienda o di ramo di azienda, ma la peculiarità di questa modalità di collaborazione tra imprese, che fa transitare l’avvalimento nell’aticipità o, come altri dice, nella transitipicità, sta nel fatto che non si verifica il trasferimento definitivo dell’azienda, ma solo, appunto, una sua temporanea e parziale messa a disposizione per la singola gara e per il tempo necessario all’esecuzione del contratto d’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2018, n. 1698).
In questi casi è rispettato l’onere di specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione di cui all’art. 89, comma 1, ult. per. d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 se nelle clausole contrattuali risultino chiaramente indicati gli obblighi assunti dalle imprese contraenti tra loro e nei confronti della stazione appaltante, e l’elencazione delle risorse umane (senza che sia necessaria una loro indicazione nominativa o anche solo per qualifiche possedute) come pure dei mezzi tecnici di cui si compone il complesso aziendale dell’ausiliaria serve solamente a dimostrare la consistenza effettiva dell’azienda oggetto del prestito (cfr. in questa ottica Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2021, n. 1514); in quanto tale, peraltro, ricavabile anche da documentazione allegata al contratto, e non necessariamente inserita nelle clausole contrattuali, dimodoché per la sua carenza possa dirsi indeterminato il contenuto del contratto.
A differenza di quanto avviene nel caso di avvalimento che abbia ad oggetto un singolo elemento della produzione, infatti, si realizza qui una forma di collaborazione tra due imprese mediante l’integrazione dei complessi aziendali di ciascuna nell’ambito dell’unitario processo produttivo del bene oggetto di fornitura.
Se è vero, allora, che la necessità della dettagliata elencazione delle risorse messe a disposizione (e dei requisiti forniti) è richiesta dal legislatore per evitare che il contratto di avvalimento si risolva in una “scatola vuota” ossia in un trasferimento documentale cui non corrisponde un reale intervento dell’ausiliario nella esecuzione dell’appalto, qui è da escludere in partenza che la collaborazione sia fittizia o che il prestito sia meramente cartolare, poichè le parti stesse hanno dichiarato, l’una, di non avere la capacità tecnica di eseguire una fase della lavorazione (e per questo di avvalersi dell’altra) e l’altra la disponibilità ad eseguirla.
5.5. Alla luce delle esposte considerazioni, si può giungere alla conclusione del ragionamento: contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, i contratti di avvalimento conclusi da -Omissis- s.r.l., erano validi e non nulli perché il loro oggetto era determinato per aver le parti contraenti chiaramente esposto che il personale tecnico – produttivo e i macchinari e le attrezzature dell’ausiliaria sarebbe stato impiegato a favore dell’ausiliata nell’esecuzione di quella fase della lavorazione che quest’ultima non era in grado di eseguire (decisivo appare il contenuto dell’art. 2 dei contratti, già precedentemente riportato).
L’elencazione del numero dei dipendenti impiegati (come la loro ripartizione in relazione alle diverse sotto-fasi dalla lavorazione), unitamente all’elenco dei macchinari era a conferma della capacità dell’ausiliaria di portare a compimento l’impegno assunto.
DIFFERENZA TRA SUBAPPALTO E CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE (105.3.C-bis)
Con i contratti di cooperazione, servizio e/o fornitura, la legge fa riferimento ai contratti che il concorrente stipula con terzi allo scopo di procurarsi quanto necessario alla propria attività d’impresa ovvero, nello specifico, quei beni e servizi indispensabili all’esecuzione della prestazione in affidamento; i terzi contraenti, quindi, non eseguono una parte della prestazione oggetto dell’appalto, ma procurano all’operatore economico aggiudicatario i mezzi per la sua esecuzione (T.A.R., Trentino-Alto Adige Trento, Sez. I, n. 166/2020).
L’istituto previsto dall’art. 105, comma 3, lett. c-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016 - ai sensi del quale “le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto: .... le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore all’indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto” -, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa «convenzionata»; in tale ottica, il riferimento della disposizione alle «prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari» non assume valenza restrittiva della portata applicativa della previsione, come avverrebbe se si ritenesse che esso implica la necessità che l’utilità della prestazione ridondi ad esclusivo vantaggio, in senso materiale, dell’impresa affidataria piuttosto che dell’Amministrazione, ma allude alla direzione «giuridica» della prestazione, ovvero al fatto che l’unica relazione giuridicamente rilevante, anche agli effetti della connessa responsabilità, è quella esistente tra stazione appaltante e soggetto affidatario (C.d.S., Sez. III, n. 5068/2019).
Orbene, l’art. 5 del Capitolato richiede espressamente la disponibilità di una specifica articolazione territoriale solo per il servizio affissioni e il contratto continuativo di cooperazione stipulato tra S…. S.r.l. e O…. S.r.l. consente all’aggiudicataria di rispettare tale prescrizione della lex specialis.
Infatti, come dedotto dalla difesa comunale, dal tenore del contratto in questione – interpretato alla luce delle premesse costituenti parte integrante dello stesso - si desume che sussiste tra la controinteressata e O…… S.r.l. un rapporto continuativo, espressione di un collegamento stabile e generale, non confinato allo svolgimento della singola concessione, nell’ambito del quale le prestazioni contrattuali, a differenza del subappalto, sono svolte direttamente a favore di S…. S.r.l. e solo indirettamente a favore del contraente pubblico, nel rispetto, quindi, di quanto stabilito dall’art. 105, comma 3, lett. c-bis, del d.lgs. n. 50/2016.
La ricorrente, del resto, non ha fornito elementi concreti atti a dimostrare che la società cooperante O…. S.r.l. sarà chiamata ad eseguire una parte della prestazione oggetto del contratto di concessione stipulato da S…. S.r.l.
Al contrario, attraverso il contratto collaborativo de quo la società O…. S.r.l. si limita a procurare all’aggiudicataria i mezzi per l’esecuzione di una parte della prestazione oggetto di concessione, ovvero tutte le risorse necessarie, tra cui, in particolare, lo sportello operativo.
Alla luce degli atti di causa, quindi, non può ritenersi non veritiera la dichiarazione, resa in gara dall’aggiudicataria, con cui quest’ultima afferma di essere in grado di mettere a disposizione del Comune di ….. i mezzi necessari all’esecuzione della concessione, con specifico riguardo alle prescrizioni di cui all’art. 5 del Capitolato.
Per le stesse ragioni, peraltro, non è ravvisabile nemmeno il denunciato inadempimento alle disposizioni del disciplinare di gara da parte della aggiudicataria.
Le censure, pertanto, vanno respinte, così come non merita positiva valutazione la richiesta di condanna al risarcimento dei danni in forma specifica o per equivalente formulata in sede di ricorso introduttivo.
ISCRIZIONE ALBO GESTORI AMBIENTALI - SUBAPPALTO QUALIFICANTE - AMMESSO (105)
La figura del c.d. subappalto necessario o qualificante – che consente ai concorrenti privi di taluni requisiti di partecipare in ogni modo alle procedure – persegue l’obiettivo dell’apertura del mercato dei contratti pubblici e della massima partecipazione alle gare, nell’interesse non solo degli operatori economici ma anche delle stazioni appaltanti.
L’istituto trova oggi la sua disciplina nell’art. 12 del DL n. 47/2014 convertito con legge n. 80/2014, il quale ai commi 1 e 2 – tuttora in vigore – consente all’affidatario di lavori pubblici privo della qualificazione in particolari categorie di opere di subappaltare i lavori ad imprese in possesso invece delle suddette qualificazioni.
In vigenza dell’abrogato codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006) la figura del subappalto necessario ha trovato una compiuta ricostruzione nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2015.
La normativa legislativa suindicata riguarda i soli appalti di lavori, ma la giurisprudenza ne consente l’estensione anche agli appalti di servizi (cfr. fra le più recenti, Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 3504/2020: «Va premesso che non è in contestazione, nel presente giudizio, l’ammissibilità, dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, dell’istituto dell’appalto c.d. necessario o qualificatorio, la cui disciplina, nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, è stata ricostruita dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza 2 novembre 2015, n. 9. La validità del ricorso all’istituto del subappalto c.d. necessario o qualificatorio anche nella vigenza dell’attuale codice dei contratti pubblici, ed anche nel settore dei servizi, è stata peraltro affermata in diverse pronunce del giudice amministrativo…»).
Esso si applica, inoltre, anche quando non sia espressamente previsto dalla lex specialis (cfr. TAR Calabria, Sezione di Reggio Calabria, sentenza n. 878/2021).
Nel caso di specie, come già sopra evidenziato al punto 1.2 della presente narrativa, la legge di gara non detta specifiche norme sul subappalto necessario, anzi all’art. 9 del Disciplinare di gara è indicato espressamente che: “… il subappaltatore deve possedere l’iscrizione in corso di validità, all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali…”, il che indurrebbe semmai a ritenere legittimo il ricorso al subappalto qualificante nella gara di cui è causa (cfr. il doc. 3 della ricorrente, pag. 11 di 39).
L’appalto di cui è causa ha carattere di appalto di servizi (cfr. il bando di gara, doc. 2 della ricorrente) per cui non è ovviamente possibile distinguere le categorie di opere generali e di opere specializzate, come avviene invece negli appalti di lavori caratterizzati dalla qualificazione delle imprese partecipanti mediante SOA (cfr. l’art. 84 del codice).
Nella presente gara, però, il capitolato speciale d’appalto (CSA) all’art. 2 elenca in maniera estremamente minuziosa una dettagliata serie di attività tutte rientranti nella nozione di “operazioni cimiteriali”, fra cui anche quelle relative alla raccolta ed al trasporto dei rifiuti (cfr. il doc. 4 della ricorrente, pagine 1 e 2).
Ciò premesso, l’asserita unitarietà dell’oggetto del contratto non esclude che per talune delle prestazioni comprese nello stesso l’impresa partecipante possa qualificarsi attraverso il subappalto necessario, attesa anche la sopra ricordata portate generale di tale istituto e la sua finalità di promozione della concorrenza.
Sul punto sia consentito, da ultimo, il richiamo alla recente sentenza del TAR Piemonte, Sezione I, n. 9/2021, resa in una fattispecie analoga a quella di cui è causa, nella quale si legge: «Ritenuto, quanto al primo e più corposo ordine di censure: che il paragrafo 7.1. del disciplinare di gara richiedeva, quale requisito di qualificazione a pena d’esclusione, l’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, nella categoria 1 – sottocategoria D1 e D4; che nessuna delle imprese riunite nell’a.t.i. aggiudicataria possedeva l’iscrizione nella categoria richiesta dalla lex specialis di gara; che, tuttavia, le imprese aggiudicatarie avevano ritualmente reso, già in sede di offerta (si veda la sez. D del DGUE – doc. 3 della difesa del Comune), la dichiarazione di voler subappaltare le prestazioni di “raccolta e trasporto materiali non vegetali”, così integrando la qualificazione necessaria; che il ricorso al subappalto necessario non era vietato dal disciplinare di gara; che l’integrazione della qualificazione, mediante il subappalto, è ammessa anche negli appalti di servizi (Cons. Stato, sez. V, n. 3504 del 2020; Id., sez. V, n. 3727 del 2019);…».
Si conferma, in conclusione, la fondatezza del motivo suesposto, con conseguente annullamento del provvedimento di esclusione ivi impugnato e con obbligo per la stazione appaltante di determinarsi sull’ammissione in gara della ricorrente, nel rispetto della presente sentenza.
SIOS E LIMITE SUBAPPALTO - 30% (105.5)
Le opere superspecialistiche, c.d. SIOS, in quanto opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, sono soggette a un regime normativo in deroga alle norme generali sotto diversi profili, che si giustifica nelle intenzioni del legislatore con l'esigenza di assicurare alla stazione appaltante che l'esecuzione di tali opere sia effettuata soprattutto dall'appaltatore qualificato. Le sentenze della Corte di giustizia del 26 settembre 2019 (causa C-68/18) e del 27 novembre 2019 (causa C-402/18) non appaiono determinare la disapplicazione del limite percentuale del trenta per cento per le SIOS non risultando in esse alcun riferimento alle opere stesse né tantomeno alla loro natura e al regime normativo speciale che le contraddistingue. Tale limite trova tuttavia applicazione solo qualora le categorie superspecialistiche siano di importo superiore al dieci per cento dell'intero appalto.
CONTRATTI SOTTOSOGLIA - DIVIETO GENERALIZZATO DI SUBAPPALTO - VIETATO (105)
Come correttamente indicato dalla parte ricorrente, nessuna clausola della lex specialis di gara vieta il subappalto.
L’art. 18 del disciplinare, pur indicato dalla stazione appaltante nella conferma dell’esclusione, si limita e prevedere la risoluzione del contratto in caso di subappalto non autorizzato, ma non è esso stesso fonte del divieto.
Il divieto non poteva, poi, essere introdotto con i chiarimenti resi dall’amministrazione. Infatti, è granitica l’opinione della giurisprudenza, secondo cui la stazione appaltante non può, in sede di chiarimenti, modificare le previsioni della legge di gara, introducendo prescrizioni vincolanti non desumibili dalla stessa lex specialis (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 novembre 2020, n. 7555).
E d’altra parte, il divieto generalizzato di subappalto è contrario ai principi europei che regolano gli appalti pubblici (CGUE, Sez. V, 26 settembre 2019, in causa C-63/18; Id., 27 novembre 2019, in casusa C-402/18; in termini Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389), anche quando si tratti di appalti sotto soglia (CGUE, Sez. V, 5 aprile 2017, in causa C 298/15), a meno che si sia in presenza di casi specifici, con riferimento a determinate tipologie di appalto, in cui può essere giustificato un limite percentuale all’esperibilità del subappalto in relazione alla natura particolare delle prestazioni da svolgere (TAR Tosacana, Sez. II, 9 luglio 2020 n. 898).
Ma nel caso di specie, l’amministrazione non ha motivato, se non nelle difese in giudizio, le ragioni di un divieto – si ribadisce: in realtà non previsto – al ricorso al subappalto.
SUBAPPALTO NECESSARIO - INDISPENSABILE DICHIARAZIONE IN GARA (105)
L’art. 105 cit. non disciplina il subappalto necessario, ma stabilisce la quota massima subappaltabile, fissandola nel 40% del valore del contratto.
La dichiarazione resa da A., nella parte in cui richiama l’art. 105, non è riferibile alle singole categorie di lavori, perché di esse non si occupa la norma; semplicemente specifica che la riserva di facoltativa attivazione del subappalto – come da tenore esplicito della dichiarazione – va riferita al 40% dei lavori complessivi, ossia alla quota massima prevista dalla disposizione.
Pertanto, il riferimento all’art. 105 non vale né ad integrare una dichiarazione di subappalto necessario, né a qualificare in termini di errore materiale percepibile ictu oculi la dichiarazione di possesso del requisito di qualificazione, nonostante il difetto della SOA, né a giustificare il riferimento al solo 30% per le opere OS 21.
Del resto, proprio la già ricordata esigenza di specificità della dichiarazione di subappalto qualificante, esclude che la dichiarazione generale inerente l’intenzione di subappaltare una parte dei lavori, ex art. 105 del d.l.vo 2016 n. 50, equivalga all’esplicitazione dell’intenzione di attivare il subappalto necessario per una certa categoria di lavori (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 13 agosto 2020, n. 5030).
Insomma, A. nel dichiarare il possesso dei requisiti di partecipazione, pur essendo priva della SOA in categoria OS 21 ed omettendo ogni riferimento alla volontà di attivare il subappalto necessario, ha reso affermazioni non aderenti alla realtà; affermazioni, non riducibili ad un mero errore materiale, di rilevanza solo dichiarativa, perché si innestano su una situazione di documentata carenza sostanziale del requisito di partecipazione.
Non si tratta di escludere in radice che le dichiarazioni sul possesso dei requisiti possano essere inficiate da errori materiali, ma ciò è configurabile in presenza di un errore meramente ostativo, percepibile ictu oculi e intervenuto in una situazione in cui l’operatore possiede i requisiti di partecipazione o rende una dichiarazione specifica sulla volontà di attivare gli istituti che consentono di supplire al difetto di essi.
A tale situazione non è riconducibile la fattispecie in esame, né sul piano fattuale, né su quello interpretativo, come già precisato.
Una volta escluso che la dichiarazione di A. sul possesso dei requisiti, priva di ogni riferimento al subappalto necessario, sia la conseguenza di un errore materiale, si tratta di stabilire se la richiesta di chiarimenti avanzata dalla stazione appaltante ad A., cui è seguita la modificazione della dichiarazione di subappalto, esprima un legittimo esercizio del potere di soccorso istruttorio.
DINIEGO AUTORIZZAZIONE SUBAPPALTO - GIURISDIZIONE COMPETENTE - GIUDICE ORDINARIO
Secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, che valorizza il momento in cui interviene l’atto censurato, il diniego di autorizzazione al subappalto non attiene alle procedure di affidamento di cui all’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a., trattandosi di modalità esecutiva della prestazione rimessa alla determinazione delle parti, che si porrebbero su di un piano paritetico assimilabile a quello dell’appaltante privato ai sensi dell’art. 1656 c.c. Pertanto, non assumerebbe rilevanza nessun potere discrezionale o comunque pubblicistico ed il relativo contenzioso sarebbe di spettanza del G.O. (nella sentenza Tar, Lazio, Roma, Sez. III, 6 aprile 2016, n. 4181 si legge, infatti, che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative alla legittimità del diniego di autorizzazione al subappalto opposto dalla stazione appaltante alla ditta aggiudicataria, atteso che la questione giuridica in discussione attiene alla fase esecutiva del rapporto contrattuale).
Altro orientamento sostiene, invece, che l’autorizzazione e il diniego di autorizzazione sono atti amministrativi in ordine ai quali i privati vantano posizioni d’interesse legittimo, rimesse alla cognizione del giudice amministrativo. Ciò, in particolare, quando vengano in considerazione profili che hanno indubbi riflessi connessi al perseguimento dell’interesse pubblico, come nel caso in cui sia dubbia la sussistenza dei requisiti soggettivi del subappaltatore.
Considerando, invece, la specifica motivazione opposta all’avversato diniego nella fattispecie in esame, correlata all’eccessivo sconto praticato (peraltro sulla scorta di una previsione, quella dell’art. 105 del d. lgs. 50/2016, che riprende quella dell’art. 118 del d. lgs. 163/2006, dichiarata non conforme al diritto europeo con sentenza 27 novembre 2019, causa C-402/18) e non anche ad aspetti connessi alla individuazione del subappaltatore in termini di verifica dei necessari requisiti, nella fattispecie il Collegio ritiene di poter aderire all’orientamento maggioritario che conduce ad escludere la giurisdizione del giudice amministrativo.
Dunque, a prescindere dal fatto che il limite del ribasso non superiore al 20 %, di cui al comma 14 dell’art. 105, è stato eliminato (a seguito proprio della citata pronuncia della Corte di giustizia) dal decreto semplificazioni, D.L. n. 77/2021, convertito in legge 29 luglio 2021, n. 108, ciò che è determinante è che il diniego è stato fondato esclusivamente sulla pedissequa applicazione di una norma (non più in vigore al momento dell’adozione del provvedimento impugnato) destinata a disciplinare il rapporto obbligatorio intercorrente tra stazione appaltante e appaltatore e la sua esecuzione, escludendo ogni esercizio di potere pubblico.
Ne discende la declaratoria della giurisdizione del giudice civile, con conseguente assegnazione del termine di tre mesi per la riassunzione della controversia avanti a quest’ultimo.
SUBAPPALTO NECESSARIO - SI APPLICA ANCHE SENZA ESPRESSA PREVISIONE DEL BANDO DI GARA (105)
Con il secondo ordine di censure dedotte con il ricorso principale, la difesa della ricorrente denunzia che l’aggiudicataria, in mancanza di una specifica previsione contenuta nel bando, non avrebbe potuto ricorrere al subappalto necessario per sopperire alla pacifica mancanza dei requisiti di idoneità indicati all’art. 8.1. del disciplinare di gara; in ogni caso, il ridetto subappalto necessario non potrebbe mai riguardare attività che, come avvenuto nella vicenda all’esame, sono state fatte rientrare dalla stazione appaltante nella categoria prevalente indicata nel bando, per la quale il concorrente dev'essere pienamente qualificato.
Va premesso allo scrutinio della censura descritta evidenziare che il subappalto necessario o qualificante consente di partecipare a gare per l'affidamento di lavori pubblici anche a concorrenti privi delle qualificazioni relative a parte delle lavorazioni, che i predetti prevedono di affidare ad imprese in possesso delle qualificazioni richieste. L’istituto persegue l'obiettivo dell'apertura del mercato dei contratti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, a vantaggio non soltanto degli operatori economici ma anche delle stesse amministrazioni aggiudicatrici, ed aveva trovato disciplina normativa nell'art. 109 del D.P.R. n. 207/2010, poi abrogato e sostituito dall'art. 12 del D.L. 28.03.2014 n. 47. Il citato art. 12 del DL 47/2014 è stato, a propria volta, abrogato dall'art. 217 del D.lgs. n. 50/2016, a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, ma limitatamente ai commi 3, 5, 8, 9 e 11, per cui restano in vigore i primi due commi della norma in parola che disciplinano, appunto, le categorie riguardanti opere speciali suscettibili di "subappalto necessario" in favore di imprese in possesso delle relative qualificazioni.
La tesi della validità dell'istituto del subappalto necessario anche in costanza del nuovo Codice dei contratti è stata confermata da numerose pronunce amministrative, in cui si afferma che "tale tipo di subappalto, previsto in vigenza del d.lgs. n. 163/2006, non appare incompatibile con la nuova disciplina introdotta dal d.lgs. n. 50/2016" e che "restano in vigore i primi due commi (dell'art. 12 del d.l. n. 47/2014) che disciplinano, appunto, le categorie riguardanti opere speciali suscettibili di <<subappalto necessario>> in favore di imprese in possesso delle relative qualificazioni" (cfr. TAR Piemonte, Sez. II; 17.01.2018 n. 94; TAR Campania Napoli, Sez. I, 1.03.2018 n. 1336).
Acclarato dunque che i primi due commi del ridetto art. 12 del DL 47/2014 sono tuttora vigenti […] Osserva il Collegio che dalla lettura della norma emerge la regola generale in forza della quale, l'impresa singola che sia qualificata nella categoria prevalente per l'importo totale dei lavori può eseguire tutte le lavorazioni oggetto di affidamento ove copra con la qualifica prevalente i requisiti non posseduti nelle scorporabili, con l'eccezione delle lavorazioni indicate alla lettera b) della norma citata e cioè delle categorie cosiddette a qualificazione obbligatoria, che non potendo essere eseguite direttamente dall'affidatario, qualificato solo per la categoria prevalente, “sono comunque subappaltabili” ad imprese munite delle specifiche attestazioni.
A parere del Collegio, rimane valida la ricostruzione dell’istituto operata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 9 del 2 novembre 2015 e che, per quanto rileva nella vicenda all’esame, possono così essere sintetizzate: per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l'importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili; le lavorazioni relative alle opere scorporabili nelle categorie individuate non possono essere eseguite direttamente dall'affidatario, se sprovvisto della relativa qualificazione (trattandosi, appunto, di opere a qualificazione necessaria); il concorrente deve subappaltare l'esecuzione di queste ultime lavorazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione; la validità e l'efficacia del subappalto postula, quali condizioni indefettibili, che il concorrente abbia indicato nella fase dell'offerta le lavorazioni che intende subappaltare. “Si tratta come si vede di un apparato regolativo compiuto, coerente, logico e, soprattutto, privo di aporie, antinomie o lacune…Ora, a fronte di un sistema di regole chiaro e univoco, quale quello appena esaminato, restano precluse opzioni ermeneutiche additive, analogiche, sistematiche o estensive, che si risolverebbero, a ben vedere, nell'enucleazione di una regola non scritta…che (quella sì) configgerebbe con il dato testuale della disposizione legislativa dedicata alla definizione delle condizioni di validità del subappalto…e che, nella catalogazione (esauriente e tassativa) delle stesse, non la contempla.” (Cfr. Ad. Plen 02.11.2015 n. 9).
Alla luce delle descritte coordinate, normative ed interpretative, non convince la tesi della ricorrente che, come detto, denunzia che, in assenza di specifiche previsioni del bando che contemplino espressamente l'applicabilità dell'istituto anche per i requisiti in discorso, il subappalto necessario non potrebbe sopperire alla carenza di idoneità professionale del concorrente.
Già si è sottolineato infatti come le lavorazioni indicate dalla lettera b) dell’art. 12 comma 2 del DL a qualificazione obbligatoria, non potendo essere eseguite direttamente dall'aggiudicatario, “sono comunque subappaltabili” ad imprese munite delle specifiche attestazioni, si può dunque concludere che essendo il subappalto necessario previsto e disciplinato dalla legge, esso si applica nelle procedure di gara a prescindere da qualsiasi espresso richiamo da parte dei bandi (in termini, TAR Lazio, Sez. II 6 marzo 2019 n. 3023).
Tanto premesso, è dunque infondata la censura dedotta anche nella parte in cui parte ricorrente lamenta che la stazione appaltante avrebbe enunciato l'ammissibilità dell'istituto in discorso, dopo aver approvato le regole di gara, attraverso le FAQ, attribuendo, con ciò, efficacia innovativa ai chiarimenti in parola che, invece, sono stati resi alla luce del descritto e vigente quadro normativo dettato in materia di subappalto necessario.
SIOS - REGIME PREVIGENTE AL 1 NOVEMBRE - LIMITE SUBAPPALTO FINO AL 50%
Alla luce del regime vigente fino al 31 ottobre 2021, e della lex specialis, che ammetteva espressamente il subappalto delle categorie cd. SIOS fino al limite del 50 per cento, non era possibile desumere l'ammissibilità del subappalto per intero della categoria (SIOS) OS4 di importo superiore al 10 per cento dell'importo del contratto.
SUBAPPALTO - CLAUSOLA DIVIETO ASSOLUTO - ILLEGITTIMA (105)
Non e conforme alla normativa di settore la clausola della lex specialis di gara che vieta indiscriminatamente il ricorso all'istituto del subappalto.
Nel caso in esame l'art. 16 del disciplinare che, nel caso di specie, vieta indiscriminatamente il subappalto non e conforme alla vigente disciplina in materia. Considerato che tale clausola se, interpretata come clausola avente una portata escludente nei confronti dell'operatore economico che abbia dichiarato l'intenzione di subappaltare, sarebbe nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, in forza del quale i bandi e le lettere d'invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal Codice e da altre previsioni di legge e dette prescrizioni sono comunque nulle (art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016), e come tale avrebbe dovuto essere disapplicata dalla stazione appaltante.
Considerato che l'art. 105, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 sancisce l'ammissibilità del subappalto, secondo le disposizioni recate dai successivi commi dello stesso articolo, prima fra tutte il limite percentuale massimo della quota subappaltabile stabilito nel comma 2 (che, in deroga temporanea fino al 31 ottobre 2021, éstato fissato nella misura del 50% dall'art. 49 del d.l. n. 77/2021) e le condizioni indicate nel comma 4. Tra queste, nella formulazione antecedente alle correzioni apportate con il decreto correttivo (d. lgs. n. 56/2017), la lettera a) prevedeva che la facoltà di subappaltare fosse espressamente prevista nel bando di gara. Con riguardo ai problemi applicativi ingenerati da tale clausola, l'Autorità aveva ritenuto che non potesse essere letta, a contrario, come facoltizzante il divieto indiscriminato di subappalto, tenuto anche conto che nella legge delega non e contemplata l'introduzione di limiti alle possibilità di subappalto, ma che dovesse essere interpretata coerentemente con i principi comunitari di massima partecipazione e di incentivazione dell'ingresso nel mercato di nuovi operatori economici, alla stregua di quanto già affermato nella delibera n. 1024 dell'11 ottobre 2017, nonché nel Parere sulla Normativa AG 25 del 20 dicembre 2012 e ribadito nel Parere di Precontenzioso n.60 del 23 aprile 2013, ovvero che "l'introduzione nei bandi (...) di limiti o divieti al subappalto dovrà essere adeguatamente motivata e rispettosa del principio di proporzionalità e dei suoi corollari, e, in particolare, essere giustificata da esigenze specifiche di natura tecnica, organizzativa, ovvero legate alla tipologia del servizio oggetto di affidamento, tali da rendere detti limiti o divieti proporzionati in relazione al principio di massima partecipazione e al sacrificio della libertà imprenditoriale degli operatori economici che da essi consegue>> (Parere di precontenzioso n. 609 del 27 giugno 2018). La successiva rimozione da parte del decreto correttivo n. 56/2017 di tale previsione ha confermato la necessità di interpretare la disciplina nazionale del subappalto come escludente la possibilità per la stazione appaltante di vietare indiscriminatamente il ricorso all'istituto (Parere di precontenzioso n. 1024 dell'11 ottobre 2017)
SUBAPPALTO E QUOTA COMPLESSIVA AMMESSA - CHIARIMENTI ANAC
Chiarimenti di Anac in materia di subappalto. Cambia la quota complessiva raggiungibile.
SUBAPPALTO E CCNL APPLICABILE - CHIARIMENTI POST LEGGE CONVERSIONE DL 77/2021
Oggetto: modifica alla disciplina del subappalto – art. 49 D.L. n. 77/2021 (conv. da L. n. 108/2021) – indicazioni operative.
Si ritiene che, laddove nell’ambito dell’attività di vigilanza si riscontrino, in relazione ai singoli istituti retributivi o normativi (es. ferie, permessi, orario di lavoro, disciplina delle tipologie contrattuali), condizioni inferiori rispetto a quelle previste dal CCNL applicato dall’appaltatore, sia possibile adottare provvedimento di disposizione ex art. 14 D.Lgs. n. 124/2004 inteso a far adeguare il trattamento da corrispondere per tutto il periodo di impiego nell’esecuzione del subappalto.
L’adeguamento retributivo naturalmente comporta una rideterminazione dell’imponibile ai fini contributivi che dà luogo ai conseguenti recuperi.
Va infine ricordato che sui differenziali retributivi e contributivi non corrisposti si consolida il regime di responsabilità solidale, di cui agli artt. 29 D.Lgs. n. 276/2003 e 1676 c.c., espressamente richiamato dal comma 8 dello stesso art. 105.
FORNITURA POSA IN OPERA - OBBLIGO INDICAZIONE COSTO MANODOPERA (95.10)
Il Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016, all’art. 95, c. 10, stabilisce che «[n]ell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)».
La gravità delle conseguenze connesse alla mancata indicazione separata dei costi della manodopera e di quelli per la sicurezza impone peraltro un attento discrimine tra le ipotesi in cui deve ritenersi obbligatoria detta indicazione e i casi in cui tale obbligo non sussiste, come ad esempio, per quanto di rilievo ai fini del presente giudizio, le forniture senza posa in opera.
La giurisprudenza, chiamata a dirimere la questione, ha individuato il criterio discretivo nella immediata fruibilità, da parte del destinatario, dei beni oggetto della fornitura, «nel senso che laddove si rendano necessarie attività ulteriori – strumentali, accessorie e secondarie per loro natura – rispetto alla mera consegna del bene, l’appalto si configura come posa in opera».
Pertanto, l’appalto si configura come di fornitura con posa in opera quando è necessario lo svolgimento di una prestazione accessoria e strumentale rispetto a quella principale di consegna del bene e consistente in un complesso di attività necessarie al funzionamento ed all’utilizzo del bene medesimo, tali da renderlo operativo. Invece, ricorre l’ipotesi della fornitura senza posa in opera solo ove il bene si presti ad essere utilizzato immediatamente dopo la sua consegna da qualsiasi utente, anche se privo di particolari competenze o conoscenze tecniche, richiedendosi soltanto «una snella, semplice, agevole installazione e un altrettanto immediato semplice collaudo delle apparecchiature senza il dispendio di particolari energie lavorative di carattere manuale, che possano acquistare rilievo al punto da configurare, propriamente, una posa in opera» (Cons. Stato, sez. III, 27 luglio 2020, n. 4764; Id., 19 marzo 2020, n. 1974; TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 27 marzo 2019, n. 661; Id., sez. II, 10 dicembre 2020, n. 2471; Cons. Stato, sez. III, 9 gennaio 2020, n. 170).
Come ha precisato il Consiglio di Stato, il criterio appena evocato (fruibilità immediata dell’opera da parte dell’utilizzatore, senza esecuzione di opere ulteriori rispetto alla mera consegna del bene) deve essere misurato con l’oggetto specifico dell’appalto.
ACCESSO AGLI ATTI DA PARTE DELL'IMPRESA SUBAPPALTATRICE - AMMESSO (53)
La subappaltatrice ha formulato istanza di accesso agli atti al Comune appaltante, con nota a mezzo pec del 20 aprile 2021, chiedendo l’ostensione del computo metrico dei lavori, del verbale di collaudo e delle varianti dei lavori.
Il Comune, con nota del 24 aprile 2021, ha negato l’accesso alla documentazione richiesta dalla ricorrente rilevando che “le questioni relative al pagamento di opere eseguite per conto dell’Impresa I.T.I. rientrano nella sfera esclusiva dei rapporti contrattuali di subappalto, che sono per loro natura di carattere privatistico; gli ordinativi e i relativi lavori eseguiti nell’ambito di tale contratto devono trovare definizione tra l’Appaltatore e il Subappaltatore; in tal senso, l’Amministrazione Comunale potrà entrare nel merito di tali questioni solo in presenza di validi provvedimenti emessi in sede di giudizio” e precisando che “i documenti in argomento sono già in possesso dell’Impresa I.T.I., con la quale Codesta Ditta dovrà in via prioritaria relazionarsi”.
Il Collegio rileva che sotto il profilo oggettivo, la nozione normativa di «documento amministrativo», suscettibile di formare oggetto di istanza di accesso, è ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione o da un soggetto, anche privato, alla stessa equiparato ai fini della specifica normativa dell’accesso agli atti, e formato non solo da una pubblica amministrazione, ma anche da soggetti privati, purché lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale (Ad. Plen. n. 19/2020).
Nella presente causa vengono in rilievo documenti detenuti da una pubblica amministrazione e attinenti ad una procedura finalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico (l’esecuzione di lavori oggetto di un appalto affidato a seguito di apposita gara).
Deve quindi ritenersi che, quanto al profilo oggettivo, i documenti siano accessibili.
Va poi aggiunto che con la richiesta di accesso la ricorrente ha dichiarato di aver eseguito lavori per conto dell’appaltatrice ma di non aver ricevuto il pagamento dovuto. Ha quindi precisato che “La documentazione richiesta è dunque necessaria al fine di comprovare l’esecuzione delle suddette opere e procedere ad analitica quantificazione delle stesse”.
Ciò posto, va ricordato che all'accesso defensionale, propedeutico alla tutela delle proprie ragioni in giudizio, è riconosciuta dall'ordinamento una tutela preminente atteso che, per espressa previsione normativa, l'interesse con esso perseguito, prevale anche su eventuali interessi contrapposti e, in particolare, su quello alla riservatezza dei terzi (T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, Sez. I, 16 settembre 2020, n. 159), che peraltro, nella fattispecie per cui è causa, non è stato neppure rappresentato dalla stazione appaltante.
In particolare, le informazioni contenute nei documenti richiesti dalla ricorrente, sono di carattere contabile ed amministrativo, con esclusione di qualunque profilo attinente a segreti industriali o commerciali, in astratto suscettibili di un contemperamento con le esigenze sottese ai principi di trasparenza (T.A.R. Milano sez. I 26 marzo 2021 n. 815).
SUBAPPALTO NECESSARIO/QUALIFICANTE - FINALITA' E' LA MASSIMA PARTECIPAZIONE
Lo strumento del subappalto necessario o qualificante persegue l’obiettivo dell’apertura del mercato dei contratti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, a vantaggio non soltanto degli operatori economici ma anche delle stesse amministrazioni aggiudicatrici.
Nel caso di specie è richiesta la realizzazione degli impianti per la trasformazione di alta/media tensione e per la distribuzione di energia elettrica in corrente alternata e continua e degli impianti di pubblica illuminazione. Tali opere rientrano nella previsione di cui all’art. 12 comma 2 lett. b) del D.L. 47/2014, per le quali quindi è richiesta la specifica qualificazione.
Va altresì aggiunto che ai sensi dell’art. 61 comma 2 del DPR n. 107/2010 (applicabile in virtù dell’art. 216 comma 14 del decreto legislativo n. 50 del 18 aprile 2016 – il quale richiama la Parte II, Titolo III, del D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207, artt. da 60 a 96, imponendone l’applicazione sino all’intervento della nuova disciplina in materia di qualificazione prevista dall’art. 83 comma 2 del medesimo decreto legislativo n. 50/2016) “La qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la medesima disposizione si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara“.
Alla luce della normativa di riferimento, dunque, la qualificazione abilita l’impresa a partecipare alla gara (oltre che ad eseguire i lavori). Laddove il mancato possesso della qualificazione possa essere sostituito dal ricorso al subappalto, è evidente che l’istituto rileva in sede di partecipazione alla gara in quanto “sostitutivo” del requisito di qualificazione obbligatoria mancante.
Ora, nel caso di specie la dichiarazione ambigua della ricorrente non consente di soddisfare il possesso del requisito di ammissione di cui all’art. 6 della lettera di invito.
Tale deficit non era sanabile attraverso il soccorso istruttorio, non essendo invocabile tale istituto per integrare un requisito di qualificazione mancante (Consiglio di Stato sez. V, 2 luglio 2018, n. 4036).
CHIARIMENTI SUL DURC DI CONGRUITA'
Oggetto: D.M. 25.06.2021 - Verifica della congruità dell'incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili (DURC di congruità).
DURC - CONGRUITA' COSTO DELLA MANODOPERA - SISTEMA DI VERIFICA (105.16)
Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 143 del 25 giugno 2021 - Definito un sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili
SUBAPPALTO - DICHIARAZIONE CONTRASTANTI TRA OFFERTA ECONOMICA E OFFERTA TECNICA - LEGITTIMA ESCLUSIONE (105)
Nel caso in esame, il Consorzio nella propria offerta economica - e, in particolare, nell’allegato “G” (ossia nell’apposito modello di dichiarazione di subappalto) - ha inequivocabilmente dichiarato l’intenzione di subappaltare per intero le lavorazioni di cui alle categorie OS13 e OS33. Tuttavia il Consorzio stesso nella propria offerta tecnica - e, in particolare, nella sezione A.3.2, relativa al proprio “Impegno ad avvalersi di subappaltatori con sede nel raggio di 60 km” - ha altrettanto inequivocabilmente manifestato l’intenzione di non ricorrere al subappalto (pur non essendo in possesso della qualificazione richiesta per le lavorazioni di cui alle categorie OS13 e OS33), perché ha inserito la dicitura “NO” nella cella superiore, posta in corrispondenza della sezione A.3.2. Decisivo rilievo assume al riguardo la circostanza che la stazione appaltante nel riquadro relativo alla sezione A.3.2 del modulo predisposto per la presentazione dell’offerta tecnica abbia precisato quanto segue: “nella cella di immissione più in alto delle due indicare no in caso di non ricorso al subappalto senza immettere sotto il dato percentuale, nel caso di ricorso a subappaltatori indicare invece sì e immettere sotto il dato percentuale”. Dunque - a fronte di tali puntuali istruzioni impartite dalla stazione appaltante - non vi è dubbio che il Consorzio ricorrente, avendo inserito un “NO” nella cella superiore, posta in corrispondenza della sezione A.3.2, e non avendo inserito alcun dato percentuale nella cella inferiore, abbia manifestato (quantomeno) nella propria offerta tecnica l’intenzione di non ricorrere al subappalto e di eseguire in proprio l’intera prestazione, così ottenendo l’attribuzione di 11 punti.
Giova al riguardo rammentare che, secondo una consolidata giurisprudenza, anche di questo Tribunale (T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Trento, 21 dicembre 2020, n. 209), l’interpretazione degli atti amministrativi - ivi compresi i bandi di gara - soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 e ss. cod. civ. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali, assume carattere preminente quella basata sull’interpretazione letterale del documento, con esclusione di ogni ulteriore opzione ermeneutica in caso di clausole assolutamente chiare; inoltre, in caso di omissioni o ambiguità delle singole clausole, è ben possibile il ricorso ad altri canoni ermeneutici, ivi compreso quello dettato dall’art. 1363 cod. civ., secondo il quale “Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto”.
Ciò posto, è ben vero che in caso di ricorso al subappalto il disciplinare di gara al punto 3.A.3 richiedeva al concorrente di “caricare a sistema la dichiarazione di subappalto firmata digitalmente dal legale rappresentante o da suo procuratore”, classificandola nella categoria “Allegato economico”, e al punto 4.1 precisava che il concorrente non era tenuto a compilare la parte II, lettera D, del DGUE, essendo richiesta “la presentazione della dichiarazione di cui al precedente paragrafo 3.A.3 da allegare all’offerta economica (fac simile allegato G)”. Tuttavia in base alla lex specialis il ricorso al subappalto rilevava non solo ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti richiesti per l’esecuzione del contratto, ma anche ai fini della valutazione delle offerte tecniche e dell’attribuzione dei relativi punteggi. In particolare, come precisato al punto 2.2.4, lettera A.3.2, dell’allegato denominato “Criteri di valutazione delle offerte”, mediante la previsione del criterio di valutazione “impegno ad avvalersi di subappaltatori con sede nel raggio di 60 km” la stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità, ha inteso “premiare, nell’eventuale ricorso a contratti di subappalto o di nolo a caldo, le imprese che sub affidano i lavori a ditte con sede operativa localizzata entro i 60 chilometri dalla sede del cantiere. La finalità di tale criterio è ambientale e correlata alla conduzione del cantiere potendosi ipotizzare maggiore facilità di controllo delle attività, risparmio economico e conseguentemente giustificare il contenimento dei costi generali della commessa”. Per tale ragione la stazione appaltante ha ritenuto di attribuire un punteggio variabile in funzione della percentuale del valore economico delle attività che l’impresa concorrente avesse dichiarato di voler subappaltare ad imprese con sede entro 60 km dalla sede del cantiere (e, in particolare, tre punti in caso di percentuale compresa tra il 20% e il 40%, sei punti in caso di percentuale compresa tra il 40% e il 70%, 11 punti in caso di percentuale superiore al 70%), precisando altresì che sarebbero stati attribuiti 11 punti (ossia il punteggio massimo) anche nel caso in cui l’impresa avesse deciso di eseguire in proprio tutte le lavorazioni, ossia di non ricorrere al subappalto.
Dunque - stante la duplice, pari rilevanza attribuita dalla lex specialis al ricorso al subappalto, ossia tanto ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti, quanto ai fini della valutazione delle offerte tecniche, e tenuto conto del canone ermeneutico secondo il quale le clausole del bando si interpretano le une per mezzo delle altre - il Collegio ritiene che ciascun concorrente avrebbe dovuto garantire la piena coerenza tra quanto dichiarato nell’offerta tecnica e quanto dichiarato nell’offerta economica e che, in ogni caso, non vi sia ragione per ritenere che la dichiarazione relativa al subappalto contenuta nell’offerta economica del Consorzio debba automaticamente prevalere su quella contenuta nell’offerta tecnica. Pertanto, in presenza delle contrastanti dichiarazioni del Consorzio ricorrente, deve farsi applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza, innanzi richiamati, per stabilire se l’amministrazione fosse tenuta, o meno, a considerare la dichiarazione relativa al subappalto contenuta nell’offerta economica del Consorzio come il frutto di un mero errore materiale.
Ciò posto, coglie nel segno la stazione appaltante sia quando afferma che la dichiarazione resa dal Consorzio nella propria offerta tecnica non si configura come un mero errore materiale, in quanto tale suscettibile di rettifica, sia quando afferma che la relativa dichiarazione non è affatto conciliabile con quanto dichiarato dal Consorzio stesso nella propria offerta economica, sicché tale contraddizione rende «assolutamente incerto il contenuto dell’offerta sul punto» e, comunque, «non poteva certo decidere il seggio di gara» quale delle due dichiarazioni ritenere prevalente, né tantomeno invitare il Consorzio a precisare quale fosse la propria effettiva volontà in merito al ricorso al subappalto.
In definitiva, anche per tali ragioni, il Collegio ritiene corretta la conclusione dell’amministrazione secondo la quale nella fattispecie «il principio del favor partecipationis non può che soccombere rispetto a quello della par condicio dei partecipanti e, soprattutto, a quello di autoresponsabilità dell’operatore economico».
OMESSA DICHIARAZIONE CONDANNA PENALE - RIGETTO AUTOMATICO AUTORIZZAZIONE SUBAPPALTO - ILLEGITTIMO (105.18)
Secondo un ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, la violazione degli obblighi informativi che incombono sui partecipanti alle pubbliche gare intanto può comportare l’esclusione del concorrente reticente, in quanto essa sia stata effettivamente valutata dalla stazione appaltante in termini di incidenza sulla permanenza degli imprescindibili requisiti di integrità ed affidabilità del concorrente stesso sì che “l’esclusione non è automatica, ma è rimessa all’apprezzamento discrezionale della Stazione Appaltante, la quale potrà adottare la misura espulsiva una volta appurato, indipendentemente dalle modalità di acquisizione dei relativi elementi di fatto, che l’omissione dichiarativa abbia intaccato l’attendibilità professionale del singolo operatore economico, minando la relazione di fiducia venutasi a creare a seguito della partecipazione alla gara” (così Consiglio di Stato, Sez. V, 9 gennaio 2019, n. 196).
In sostanza, venuta a conoscenza della mancata informativa, la stazione appaltante può escludere dalla gara il concorrente reticente solo dopo aver accertato, mediante il discrezionale apprezzamento di tutte le circostanze del caso, che sussistano fondati dubbi sulla integrità o affidabilità dell’operatore stesso.
E’ stato chiarito che “in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi palesemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono predicabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso» (v. Cons. Stato, sentenza n. 4316 del 2020)” (Cons. Stato, IV, 5 agosto 2020, n. 4937)
Va infatti conferita “determinatezza e concretezza” all’elemento normativo della fattispecie, ovvero al carattere “dovuto” dell’informazione, al fine di “individuare con precisione le condizioni per considerare giuridicamente dovuta l’informazione”, dovendosi tenere distinte le due fattispecie (che l’appellata sentenza ha invece sovrapposto): a) dell’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza della dichiarazione resa; b) della falsità delle dichiarazioni, per tale intendendosi la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero (c.d. immutatio veri; cfr. ordinanza Cons. Stato, V, 9 aprile 2020, n. 2332). Nelle omissioni dichiarative poi non può certamente essere insito alcun automatismo escludente, in quanto esse postulano sempre un “apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente” (Consiglio di Stato, ordinanza V, 9 aprile 2020, n. 2332; IV, n. 4937/2020 cit.).
L’Adunanza Plenaria, con la sentenza n. 16 del 28 agosto 2020, ha ribadito che l’esclusione per omissioni dichiarative del concorrente in relazione a reati c.d. “non ostativi” non può mai essere automatica, affermando che «La falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lett. c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo; alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico».
Pertanto anche in caso di informazioni “false o fuorvianti” l’esclusione non può essere disposta se non previa valutazione della loro idoneità ad «influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione» della stazione appaltante. Alle informazioni “false o fuorvianti” sono equiparate quelle “omissioni” che riguardano «informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione», dovendo, a maggior ragione, anche per esse escludersi ogni automatismo espulsivo; secondo quanto precisato dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria «L’elemento comune alle fattispecie dell’omissione dichiarativa ora esaminata con quella relativa alle informazioni false o fuorvianti suscettibili di incidere sulle decisioni dell’amministrazione concernenti l’ammissione, la selezione o l’aggiudicazione, è dato dal fatto che in nessuna di queste fattispecie si ha l’automatismo espulsivo proprio del falso dichiarativo di cui alla lettera f-bis). Infatti, tanto “il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”, quanto “l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” sono considerati dalla lettera c) quali “gravi illeciti professionali” in grado di incidere sulla “integrità o affidabilità” dell’operatore economico. È pertanto indispensabile una valutazione in concreto della stazione appaltante, come per tutte le altre ipotesi previste dalla medesima lettera c……Nel contesto di questa valutazione l’amministrazione dovrà pertanto stabilire se l’informazione è effettivamente falsa o fuorviante; se inoltre la stessa era in grado di sviare le proprie valutazioni; ed infine se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà stabilire allo stesso scopo se quest’ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità. Qualora sia mancata, una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo».
Applicando tali principi alla fattispecie in esame non può negarsi che il provvedimento impugnato in primo grado è viziato proprio per l’effetto espulsivo immediato ed automatico fatto seguire all’omissione dichiarativa, senza alcuna valutazione della rilevanza dei fatti e/o elementi omessi e della loro incidenza sulla integrità ed affidabilità dell’operatore economico, tanto più che la violazione di quell’obbligo neppure risultava espressamente sanzionato con misura espulsiva dalla legge di gara.
Peraltro, per completezza si osserva che già prima della citata decisione dell’Adunanza Plenaria, l’orientamento maggioritario della giurisprudenza amministrativa era nel senso che “le omissioni assumono portata escludente non in sé, cioè come mero inadempimento al dovere di informazione, ma se e nella misura in cui siano anche state reputate rilevanti – sia nell’omissione in sé, che, necessariamente, rispetto al fatto omesso – da parte della stazione appaltante” (cfr. ex multis Cons. St., Sez. V, 30 dicembre 2019, n. 8906; tra le tante, cfr. anche Cons. St., Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; sez. V, 12 settembre 2019, n. 6157). Si deve infatti considerare che “non rileva, ai fini della relativa verifica che le informazioni dovute siano state omesse in sede di gara (cfr. Cons Stato, V, 4 dicembre 2019, n. 8294 ed altre), tanto è vero che si tratta di omissione suscettibile di soccorso istruttorio (cfr. Cons. Stato, V, n. 7922/19)” (Cons. St., Sez. V, 18 marzo 2021, n. 2350).
Alla fondatezza dei motivi di impugnazione segue l’accoglimento dell’appello e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e l’annullamento del diniego di autorizzazione al subappalto e degli atti impugnati, fatto salvo il riesercizio dell’azione amministrativa.
LIMITE MASSIMO SUBAPPALTABILE - INCOMPATIBILITA' DIRITTO COMUNITARIO - DISAPPLICAZIONE NORMA (105.2)
Secondo l’appellante, la norma sul limite al subappalto è incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come stabilito dalla Corte di Giustizia U.E. (Sez. V, 26 settembre 2019, C-63/18; Sez. V, 27 novembre 2019, C-402/18), la quale ha affermato che il subappalto deve avere un’applicazione generalizzata, priva di limiti quantitativi, salvo ipotesi specifiche ed eccezionali in cui sia previamente e motivatamente necessaria una particolare limitazione in relazione alla particolare natura dell’appalto (motivazione, secondo l’appellante, del tutto assente nella gara di cui trattasi); con la conseguenza che il Tribunale amministrativo avrebbe dovuto disapplicare la previsione dell’art. 105, comma 2, del Codice dei contratti pubblici.
Il motivo è fondato.
In linea di fatto, è bene precisare che l’importo del contratto oggetto della procedura di gara si colloca al di sopra della soglia di rilevanza comunitaria fissata, per gli appalti di servizi, dall’art. 35 del Codice dei contratti pubblici (il valore complessivo è pari a euro 560.000,00, come risulta dal bando di gara pubblicato sulla G.U.U.E. del 27 ottobre 2017).
Precisato inoltre che alla fattispecie per cui è controversia è applicabile, ratione temporis (il bando di gara risulta spedito per la pubblicazione in data 24 ottobre 2017), esclusivamente l’art. 105, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (e non la norma di cui all’art. 1, comma 18, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, ai sensi della quale, «nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici […], fino al 30 giugno 2021, in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice […] il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto […]»), va data continuità all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la norma del Codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia nelle pronunce Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18, e 27 novembre 2019, C-402/18 (in termini cfr. Cons. St., Sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389, che ha puntualmente rilevato come «i limiti ad esso relativi (30% per cento “dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”, secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, […] deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea»; da ultimo, nello stesso senso, Sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8101).
OG11 - CATEGORIA SCORPORABILE - AMMESSO SUBAPPALTO PER INTERO
Con il primo la Cooperativa deduce che la aggiudicataria, pur avendo previsto l’integrale subappalto dei lavori impiantistici, non sarebbe qualificata nella categoria OG11 violando così la specifica prescrizione della lex specialis che imponeva il possesso della qualifica in tale categoria.
La censura non ha pregio.
E’ pacifico che la qualifica OG 11 non sia la categoria prevalente dell’appalto ma costituisca, invece, categoria scorporabile. E’ altresì indiscusso che l’ aggiudicataria possegga la qualifica nella categoria principale OG2.
Tanto premesso alla fattispecie in esame – non essendo la categoria OG11 inclusa fra le eccezioni previste nella lettera b) - risulta de plano applicabile l’art. 12 comma 2 lett. a) del Decreto Legge del 28/03/2014 - n. 47 a mente del quale l'affidatario, in possesso della qualificazione nella categoria di opere generali ovvero nella categoria di opere specializzate indicate nel bando di gara o nell'avviso di gara o nella lettera di invito come categoria prevalente può, fatto salvo quanto previsto alla lettera b), eseguire direttamente tutte le lavorazioni di cui si compone l'opera o il lavoro, anche se non è in possesso delle relative qualificazioni, oppure subappaltare dette lavorazioni specializzate esclusivamente ad imprese in possesso delle relative qualificazioni.
La ricorrente sostiene che la necessità di qualifica in OG11 deriverebbe dalla lex specialis, ma tale tesi non tiene conto del principio di eterointegrazione della stessa con le previsioni di rango legislativo costantemente applicato dalla giurisprudenza oltre che del principio della tassatività della cause di esclusione che renderebbe nulla una eventuale clausola che sanzionasse con la espulsione il mancato possesso di un requisito non previsto dalla legge (Consiglio di Stato sez. V, 04/05/2020, n.2785).
La ricorrente deduce altresì che le attività impiantistiche proprie della categoria OG11 non sarebbero in alcun modo menzionate nell’oggetto sociale della Società, né risulterebbero contemplate tra le attività registrate nel suo certificato camerale.
La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire in più occasioni che la corrispondenza contenutistica tra risultanze descrittive del certificato camerale e oggetto del contratto d'appalto non deve tradursi in una perfetta ed assoluta sovrapponibilità tra tutte le componenti dei due termini di riferimento, ma la stessa va appurata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, e quindi in virtù di una considerazione non già atomistica e frazionata, bensì globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto (ex multis TAR L’Aquila, I, 71/2018).
Nel caso di specie l’oggetto principale che connota il contratto messo a gara è dato dagli interventi di restauro e conservazione delle emergenze archeologiche e di riqualificazione paesaggistica mentre i lavori impiantistici rappresentano una parte minimale delle prestazioni richieste che, per questo, non necessitava di menzione nell’oggetto sociale riportato nella iscrizione camerale.
LEGGE EUROPEA 2019-2020: PROPOSTE ANCE SU SUBAPPALTO, RITARDATI PAGAMENTI E IRREGOLARITÀ FISCALI
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2019-2020 DDL n. 2169/S
Audizione dell’Ance
Presso la 14ª Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea)
CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE - HANNO DIREZIONE SOGGETTIVA POICHE' RESI DALL'IMPRESA AGGIUDICATARIA (105.3.c-bis)
Il Consiglio di Stato ha, infatti, anche di recente, chiarito come tali contratti di cooperazione “si caratterizzano per la "direzione soggettiva", in quanto resi all'impresa aggiudicataria, e per l'"oggetto del contratto" che è altro rispetto alla prestazione in affidamento con il contratto d'appalto”, sicché essi potranno riferirsi solo a quei beni e servizi dei quali l’impresa aggiudicataria necessita per poter, essa sola, eseguire la prestazione oggetto del contratto d'appalto e non già direttamente alla prestazione affidata (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 607/2020).
Ne discende come assuma, pertanto, carattere dirimente, al fine di stabilire se l’impresa aggiudicataria abbia legittimamente fatto ricorso a tale tipologia di contratto, la concreta verificazione della circostanza legata al dato di fatto se la medesima impresa si sia limitata a procurarsi il bene strumentale alla prestazione da rendere all’amministrazione, ovvero abbia affidato – come nel caso di specie - al terzo cooperante l’esecuzione di una parte (o frazione) della prestazione assunta nei confronti dell’amministrazione che essa non era in grado di eseguire, con la conseguenza che “quando il terzo cooperante … esegue una parte della prestazione oggetto del contratto d'appalto che l'impresa aggiudicataria non sa o non può eseguire si è fuori dalla fattispecie dell'art. 105, comma 3, lett. c-bis) del Codice, ed è corretta l'esclusione dalla procedura di gara” (in tal senso, Consiglio Stato, Sezione V, n. 3169/2020).
Nel caso di specie, la prestazione di assistenza tecnica e manutenzione - in quanto oggetto dell’accordo quadro e del discendente singolo contratto di fornitura - non poteva, dunque, essere oggetto anche di un connesso contratto ai sensi del citato art. 105, comma 3, lett. c- bis), atteso che diversamente opinando - come reso palese dal contenuto di tali prestazioni come già delineate nella documentazione di gara - al terzo cooperante sarebbe stata, altrimenti, affidata una parte delle prestazioni oggetto dell’appalto da rendere direttamente in favore della singola amministrazione, ponendo quest’ultima in rapporto diretto con un soggetto del quale non è mai stato accertato il possesso dei requisiti generali e speciali di partecipazione previsti all’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 e dalla disciplina di gara.
Il sistema della contrattualistica pubblica è - invero - retto dal principio di personalità nell’esecuzione dell'appalto (in tal senso, l’art. 105, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016), che, nel porsi a garanzia degli interessi della committenza pubblica, nonché della stessa par condicio tra i concorrenti, esclude che possano essere ammesse offerte che (al fuori delle ipotesi di subappalto) contemplino il coinvolgimento, nell’esecuzione della prestazione in favore dell’amministrazione, di soggetti terzi che non assumano la veste di né concorrente, né di contraente.
Gli istituti aggregativi ammessi dall’ordinamento sono, infatti, tipici (raggruppamento, consorzio, rete di imprese e avvalimento) e per ciascuno di essi la disciplina di settore delinea specifiche e inderogabili modalità e forme, tali da offrire alla stazione appaltante idonee garanzie anche in termini di imputazione giuridica dell’offerta e - conseguentemente - di verifica dei prescritti requisiti.
In tale contesto, la dichiarazione del concorrente di voler concedere a terzi “parte dell’esecuzione del servizio di assistenza tecnica e manutenzione sulle apparecchiature oggetto di offerta … ai sensi dell’art. 105, comma 3, lettera c-bis) del D. Lgs. 50/2016 … in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizi e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della presente procedura”, tra l’altro inequivocabilmente chiarendo che “le predette attività non sono configurabili … come subappalto”, comporta, di per sé, l’inammissibilità dell’offerta, integrando una non ammessa dissociazione tra il profilo soggettivo del concorrente/offerente in gara e quello dell’esecutore del contratto di appalto.
CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE - DIFFERENZA CON SUBAPPALTO (105.3.c–bis)
Nell’interpretazione dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis), cit. (secondo cui «non si configurano come attività affidate in subappalto […] le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto») si è affermato in giurisprudenza che le prestazioni oggetto di siffatti contratti sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (cfr. Cons. di Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7256; si veda anche Cons. St., V, 22 aprile 2020, n. 2553). È stato altresì affermato che «l’istituto de quo, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa “convenzionata”» (in tal senso Cons. di Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068). In questa prospettiva il difetto di qualsiasi elemento della fattispecie descritta all’art. 105, comma 3, lett. c-bis), comporterebbe l’applicazione integrale della disciplina sul subappalto; e in particolare di quanto previsto dall’art. 105, comma 4, lett. c) (secondo cui «i soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché (…) all’atto dell’offerta siano stato indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare»).
Tuttavia l’impostazione del problema in termini di deroga della norma sui contratti continuativi di cooperazione rispetto alla disciplina del subappalto non tiene conto della differenza specifica che intercorre tra i due tipi di contratti, che emerge anche dalle norme sopra richiamate. L’art. 105, comma 3, cit., non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che essa muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni (e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e di rapporti con l’amministrazione appaltante), giunge alla conclusione che i contratti continuativi di cooperazione non sono contratti di subappalto (l’incipit dell’art. 105, comma 3, cit. fornisce un’univoca indicazione testuale in tal senso: «Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto […]»). La norma sui contratti di cooperazione delimita i confini rispetto alla nozione di subappalto applicabile nella disciplina sui contratti pubblici ma non è una norma derogatoria del regime sul subappalto (né di natura eccezionale).
La distinzione tra le due figure contrattuali, come ben rilevato anche dalla giurisprudenza sopra richiamata, si fonda non solo, come si è veduto, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto. Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale.
La disciplina in tema di subappalto non è quindi immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto continuativo di cooperazione costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto (il che, nella concreta fattispecie, non risulta; e nemmeno nel ricorso in primo grado si sostiene questo).
In particolare, detta disciplina non è automaticamente applicabile nel caso in cui il contratto di cooperazione sia stato stipulato dopo l’indizione della gara (purché prima della stipula del contratto d’appalto), elemento introdotto per evidenti finalità antielusive della disciplina del subappalto, ma che non incide sulla natura del contratto e delle prestazioni.
SUBAPPALTO QUALIFICANTE - CATEGORIE SCORPORABILI - LIMITI (105)
Oggetto Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata da Costruzioni Perrone S.r.l. – Procedura di gara per l’affidamento di lavori di riqualificazione urbana in funzione della presenza di aree degradate nella frazione Bafia II Stralcio (1° e 2° lotto) – Criterio di aggiudicazione: minor prezzo - Euro 1.488.889,14 – S.A.: Centrale Unica di Committenza dell’Unione dei Comuni "Valle del Patri" - Comune di Castroreale (ME)
L’individuazione della categoria prevalente e della classifica alla quale appartengono le opere da appaltare non rientra nella discrezionalità della stazione appaltante, ma compete al progettista sulla base di prescrizioni normative vincolanti. La normativa di settore prescrive l’unicità della categoria prevalente cui deve ricondursi la categoria di lavori, generale o specializzata, di importo più elevato fra le categorie di lavori che costituiscono l’intervento oggetto dell’appalto in affidamento, come indicate nella documentazione di gara.
Il concorrente qualificato soltanto per la categoria generale prevalente e non anche per l’altra categoria di opere generali indicata nel bando, può ricorrere al subappalto qualificante attraverso un’impresa dotata della necessaria attestazione SOA nel limite della quota del 40% dell’importo complessivo dell’appalto.
SUBAPPALTO QUALIFICANTE – INDICAZIONE SUBAPPALTATORI – LEGITTIMA RICHIESTA (105)
In sintesi, la sentenza si occupa della manifestazione di volontà di ricorrere al subappalto “necessario”, non della necessità di specificare il nome del subappaltatore.
5.2.2. Siffatto onere dichiarativo è disciplinato dall’art. 105, comma 6, Codice dei contratti pubblici, che, allo scopo, non consente di distinguere tra subappalto e subappalto “necessario”.
La disposizione, per quanto di interesse, prevede infatti: “E’ obbligatoria l'indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta, qualora gli appalti di lavori, servizi e forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 o, indipendentemente dall'importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, come individuate al comma 53 dell'articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190. Nel caso di appalti aventi ad oggetto più tipologie di prestazioni, la terna di subappaltatori va indicata con riferimento a ciascuna tipologia di prestazione omogenea prevista nel bando di gara. […] ”.
Con la legge 14 giugno 2019 n. 55 di conversione del decreto legge del 18 aprile 2019 n. 32, è stata introdotta una disciplina in deroga a talune previsioni del menzionato art. 105, in vigore dal 18 giugno 2019 e destinata a valere sino al 31 dicembre 2020 (prorogata fino al 30 giugno 2021 dall’art. 13, comma 2, lett. c, del d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, non ancora convertito). In particolare, si è prevista fino a tale ultima data la sospensione dell’obbligo dichiarativo della terna dei subappaltatori in sede di offerta.
Siffatto regime transitorio è ratione temporis applicabile alla gara de qua, indetta dal Comune di Firenze in epoca successiva alla sua entrata in vigore, con bando pubblicato sulla G.U.R.I. in data 2 settembre 2019.
La sospensione dell’obbligo di indicazione della terna di subappaltatori, in quanto riferita senza eccezioni al subappalto, è applicabile anche al subappalto “necessario”, in linea di continuità con la giurisprudenza sopra richiamata che non ha ritenuto di poter differenziare quest’ultimo in relazione a tale specifico aspetto (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 9/2015, per ragioni condivisibili anche nel vigore dell’attuale Codice dei contratti pubblici).
Per completare il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, va rilevato che l’art. 71 (Subappalto) della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici dispone al punto 2 che <<Nei documenti di gara l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti.>>.
La direttiva ha quindi rimesso alla discrezionale scelta degli Stati membri o, comunque, delle stazioni appaltanti l’opzione regolatoria attinente alla doverosità dell’indicazione del nome del subappaltatore, ai fini della partecipazione alla gara.
Orbene, la scelta del legislatore interno di sospendere temporaneamente l’obbligo dichiarativo in discussione non preclude alle stazioni appaltanti di introdurlo nella legge di gara, in conformità al diritto euro-unitario e al principio di proporzionalità.
Detto obbligo dichiarativo vieppiù risulta di ragionevole e proporzionata applicazione ogniqualvolta sia utile, come nel caso del subappalto “necessario”, per consentire alla stazione appaltante di valutare sin dall’inizio l’idoneità di un’impresa, la quale dichiari e dimostri di possedere non in proprio, ma attraverso l’apporto altrui, le qualificazioni necessarie per l’aggiudicazione del contratto; in tal modo si consente inoltre alla stazione appaltante di equiparare, ai fini della possibilità di verifica immediata del possesso dei requisiti di partecipazione, tutti i concorrenti sin dal momento della presentazione delle offerte, in ossequio al principio della par condicio.
Di qui il corollario che la mancata previsione legislativa dell’obbligo di indicare nell’offerta i subappaltatori proposti non ne impedisce l’inserimento nel disciplinare di gara.
APPALTI SOTTO SOGLIA E CATEOGRIE SIOS - LIMITI AL SUBAPPALTO - LEGITTIMI (105)
Come noto, le norme nazionali contrastanti con le disposizioni europee devono essere disapplicate, in virtù del principio di primazia del diritto comunitario.
I riferiti principi non possono, tuttavia, trovare applicazione al caso di specie, poiché lo stesso riguarda un appalto di importo (€ 1.718.887,01) inferiore alla soglia comunitaria (fissata, per gli appalti di lavori, in € 5.225.000, ai sensi di quanto disposto, da ultimo, dai regolamenti n. 1828/2019 e 1827/2019 che modificano, rispettivamente, la direttiva 2014/24/UE e la direttiva 2014/23/UE, a decorrere dal 20 novembre 2019 e con effetto dal 1° gennaio 2020). Tale questione è stata sottoposta dal Collegio al contraddittorio delle parti presenti all’udienza del 3 febbraio 2021.
Le norme della direttiva 2014/24 – rispetto alle quali la Corte UE ha affermato il contrasto dell’art. 105 d.lgs. 50/2016 – trovano infatti applicazione, come stabilito dall’art. 4 della stessa, esclusivamente agli appalti che abbiano un importo, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), pari o superiore alle soglie dallo stesso individuate, come periodicamente revisionate ai sensi dell’art. 6 della stessa direttiva.
Nel caso di specie Invitalia ha invece disposto (art. 18 comma II del disciplinare) che “Ai sensi ed in conformità dell’articolo 71 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non vi sono limitazioni al subappalto delle prestazioni oggetto del presente intervento”.
10.13. La norma comunitaria di cui la stazione appaltante ha disposto l’applicazione in luogo di quella interna (ad oggi non abrogata) non può tuttavia applicazione alla procedura di gara, poiché la prevalenza della prima sulla seconda ne presuppone l’applicabilità alla fattispecie concreta realizzandosi, in caso contrario, una violazione della legge nazionale vigente.
La stessa Corte di Giustizia ha peraltro precisato (sez. V, 5 aprile 2017, C 298/15 (“Borta”) che, con riferimento all’aggiudicazione di un appalto che, in considerazione del suo valore, non rientra nell’ambito di applicazione delle direttive, la valutazione della compatibilità del diritto interno con quello comunitario può essere condotta con riferimento alle norme fondamentali ed ai principi generali del TFUE “in particolare, degli articoli 49 e 56 dello stesso e dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nonché dell’obbligo di trasparenza che ne derivano, purché l’appalto di cui trattasi presenti un interesse transfrontaliero certo. Infatti, sebbene non siano disciplinati dalla direttiva 2004/17, siffatti appalti restano soggetti al rispetto di tali regole e di detti principi (v., in tal senso, sentenze del 23 dicembre 2009, Serrantoni e Consorzio stabile edili, C-376/08, EU:C:2009:808, punti da 22 a 24; del 18 dicembre 2014, Generali-Providencia Biztosító, C-470/13, EU:C:2014:2469, punto 27, e del 6 ottobre 2016, Tecnoedi Costruzioni, C-318/15, EU:C:2016:747, punto 19)”.
Nel caso di specie, tuttavia, Invitalia non solo ha espressamente disposto la diretta applicazione della direttiva 2014/24, in luogo della norma nazionale, ad una procedura di gara sotto soglia ma neppure ha speso alcuna motivazione a sostegno della sussistenza, con riferimento all’appalto bandito, di un interesse transfrontaliero, così che, sotto tale dirimente profilo deve essere ritenuta fondata la censura di violazione dell’art. 105 comma 5 d.lgs. 50/2016, alla quale consegue l’accoglimento del ricorso, con riferimento alla domanda caducatoria, e così l’annullamento dei provvedimenti impugnati”.
SUBAPPALTO – CALCOLO IMPORTO E INCIDENZA MANODOPERA – PRESUPPOSTI CHE DEVONO SUSSISTERE (105)
Dette attività sono in realtà del tutto secondarie e di valore irrisorio e non integrano perciò la fattispecie del subappalto (ex art. 105, comma 2, D. Lgs. n. 50/2016): come rilevato dal tribunale, per un verso esse sono singolarmente di valore ampiamente inferiore al 2% dell’importo dell’appalto, (come emerge dalla documentazione prodotta in primo grado, listini prezzi e prospetti riepilogativi recanti il calcolo delle somme dovute alle suddette ditte, da cui si ricava che l’importo complessivo per l’intera durata dell’appalto ammontava ad € 1.800,00), dall’altro si tratta di servizi di valori inferiore a 100.000,00 €, non essendo dimostrato neppure che l’incidenza del costo della manodopera e del personale per tali attività secondarie di disinfestazione e derattizzazione sia superiore al 50%.
Infatti, anche a voler ritenere, come sostiene apoditticamente controparte (senza fornire al riguardo alcuna concreta ed effettiva dimostrazione) che le attività in esame sono connotate da un impiego di manodopera superiore al 50 %, mancherebbe in ogni caso l’altro requisito, che stante il chiaro tenore letterale della norma, non è da intendersi come meramente alternativo, dovendo le due condizioni sussistere cumulativamente.
RICHIESTA AUTORIZZAZIONE AL SUBAPPALTO - CONSORZIO STABILE E NON CONSORZIATA ESECUTRICE
Considerato, quanto al requisito del fumus boni iuris, che la figura del consorzio stabile d’imprese, di cui all’art. 45, comma 2, lett. c), D. Lgs. n. 50 del 2016, si caratterizza in ragione della strutturale alterità rispetto alle singole imprese che in esso, per ragioni essenzialmente mutualistiche, si sono aggregate;
Considerato che la partecipazione di tale soggetto alla gara d’appalto, pur in presenza della designazione di un’impresa consorziata quale esecutrice (non essendo invero escluso che il consorzio, dotato di una propria autonoma azienda intesa come complesso di beni organizzati, possa, nell’esecuzione, avvalersi delle prestazioni delle consorziate, sia pure nei limiti previsti, senza che per ciò solo venga meno la sua alterità), è connotata da un “elemento teleologico, riconducibile all’astratta idoneità del consorzio ad eseguire il contratto di appalto, fungendo anche nelle fasi precedenti all’esecuzione da tramite tra la p.a. e le consorziate, che abbiano scelto e previsto nel proprio statuto di operare congiuntamente nel settore dei contratti pubblici, per un determinato arco temporale” (Cons. Stato, Sez. VI, n. 6165 del 2020);
Considerato che il contratto d’appalto risulta effettivamente sottoscritto dal solo consorzio ricorrente, che, tramite tale sottoscrizione, in qualità di “appaltatore” ha così assunto gli obblighi connessi al susseguente affidamento dei subappalti dichiarati (dal consorzio ricorrente) nel corso della gara, subappalti i quali risultano testualmente enumerati nell’art. 10 del suddetto contratto;
Considerato altresì che, in ragione della accertata autonomia e alterità del compendio aziendale facente capo al consorzio, si deve ritenere che ad esso restino intestati i diritti e le obbligazioni nascenti dalla stipulazione del suddetto contratto d’appalto, perché geneticamente compresi nel fascio dei rapporti giuridici preordinati all’esercizio dell’impresa (art. 2555 cod. civ.) da parte del consorzio stesso, pur in presenza della designazione della consorziata esecutrice e del susseguente avvio dei lavori da parte di quest’ultima;
Considerato che l’individuazione della consorziata esecutrice non produrrebbe effetti liberatori a favore del consorzio, neppure allorquando tale designazione fosse ricondotta allo schema civilistico della delegazione, poiché, entro siffatta cornice giuridica, essa andrebbe pur sempre qualificata, in assenza del consenso del creditore alla liberazione del consorzio contraente, come delegazione meramente cumulativa, da cui potrebbe derivare il solo beneficium excussionis ma non anche la sostanziale novazione soggettiva sul lato passivo, in definitiva invocata dalle ricorrenti (art. 1269, commi 1 e 2, cod. civ.);
Considerato che la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, n. 244 del 2015), ancorché in riferimento al previgente art. 36, D. Lgs. n. 163 del 2006, ha ribadito (con ciò delineando un principio di portata generale) che “il consorzio stabile può partecipare ai procedimenti ad evidenza pubblica per la scelta del contraente assumendo direttamente l’obbligo di eseguire le prestazioni contrattuali; in sostanza la partecipazione di un consorzio stabile comporta l’esecuzione delle prestazioni contrattuali ad opera di un soggetto affidatario costituito in forma collettiva che stipula il contratto in nome proprio e per conto delle consorziate alle quali affida i lavori e, in dipendenza di tale circostanza, l’attività compiuta dall’impresa consorziata si imputa al consorzio stesso, il quale si qualifica come soggetto giuridico autonomo che opera in base ad uno stabile rapporto organico con le imprese con la conseguenza che non solo la responsabilità per inadempimento degli obblighi contrattuali nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice investe esclusivamente il consorzio senza estendersi in via solidale all’impresa incaricata dell’esecuzione del contratto, ma la verifica dei requisiti di qualificazione avviene in capo al consorzio che, a tale fine, può cumulare quelli posseduti dalle imprese consorziate” (in senso conforme, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, n. 785 del 2015);
Considerato che, alla luce dell’indirizzo richiamato, non possono essere poste in dubbio la permanenza e l’esclusività della qualità di contraente – affidatario dell’appalto, in capo al consorzio ricorrente, sicché quest’ultimo, ai sensi dell’art. 105, comma 4, D. Lgs. n. 50 del 2016, risulta perciò tenuto, anche in presenza della designazione dell’impresa consorziata esecutrice, a richiedere l’“autorizzazione della stazione appaltante” al subappalto, restando inoltre onerato della sottoscrizione del relativo contratto;
Considerato, altresì, che l’imposizione al consorzio dell’onere di sottoscrizione del contratto di subappalto, anch’essa contestata dalle ricorrenti, è invece da ritenere plausibilmente collegata all’esigenza di traslare, in via derivata, sulle imprese subappaltatrici gli obblighi assunti dal consorzio in qualità di contrente (qualità che, per quanto detto, non può essere riconosciuta all’impresa esecutrice) e di soggetto conseguentemente obbligato alla loro osservanza innanzi all’Amministrazione – obblighi, elencati da quest’ultima nell’impugnata nota del 16 settembre 2020, prot. n. 50269, rinvenibili nella “clausola sul Protocollo di Legalità (si veda art. 15 contratto d’appalto)” nella “clausola risolutiva espressa (si veda art. 17 contratto d’appalto)” e nella “clausola sulla comunicazione dei tentativi di estorsione (si veda art. 19 contratto d’appalto)” -;
Considerato, infatti, che il subappalto costituisce tipico contratto derivato dal contratto principale (così T.A.R. Campania, Sez. I, n. 12 del 2020), cosicché solo l’appaltatore, in quanto soggetto che, attraverso la stipulazione del contratto principale, ha assunto l’obbligo di eseguire le prestazioni dedotte nell’appalto, in parte demandate all’impresa consorziata, risulta univocamente legittimato ad affidare “a terzi l’esecuzione di [altra] parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del [medesimo] contratto di appalto” (art. 105, comma 2, D. Lgs. n. 50 del 2016);
Ritenuto, per quanto detto, che la consorziata esecutrice non appare di per sé legittimata a richiedere l’autorizzazione al subappalto e a sottoscrivere il relativo contratto, dovendo tali adempimenti essere eseguiti dal consorzio stabile d’imprese, in virtù della natura di soggetto contraente assunta da quest’ultimo nell’ambito della gara e da esso mantenuta nelle successive fasi di esecuzione del contratto (non essendo peraltro escluso che alla sottoscrizione del consorzio possa accompagnarsi, senza però surrogarla, la sottoscrizione degli atti da parte della stessa consorziata).
SUBAPPALTO NECESSARIO - COMPROVA REQUISITI (105)
Nel caso di specie (si vedano ancora l’avviso di gara, oltre all’art. 3 del disciplinare, pagine 4 e 5), siamo in presenza di un mero appalto di servizi, ancorché l’amministrazione abbia individuato una prestazione principale ed una secondaria, cui corrispondono due diversi codici CPV.
Quanto, poi, alla possibilità di ricorrere – anche negli appalti di servizi - al subappalto per la prova dei requisiti di qualificazione o di capacità, preme rilevare che la giurisprudenza amministrativa si esprime favorevolmente; sul punto si rinvia, fra le più recenti pronunce, alla sentenza del TAR Piemonte, sezione I, n. 9/2021, con la giurisprudenza ivi richiamata, oltre che alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 3504/2020, nella quale si legge che: «Va premesso che non è in contestazione, nel presente giudizio, l’ammissibilità, dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, dell’istituto dell’appalto c.d. necessario o qualificatorio, la cui disciplina, nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, è stata ricostruita dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza 2 novembre 2015, n. 9. La validità del ricorso all’istituto del subappalto c.d. necessario o qualificatorio anche nella vigenza dell’attuale codice dei contratti pubblici, ed anche nel settore dei servizi, è stata peraltro affermata in diverse pronunce del giudice amministrativo e nel caso di specie va presupposta, in quanto espressamente prevista dalle su riportate disposizioni della legge di gara, non fatte oggetto di impugnazione».
La lex specialis, nella presente fattispecie, non contiene alcun divieto di subappalto c.d. necessario, sicché anche sotto tale profilo il primo motivo deve rigettarsi.
SUBAPPALTO NECESSARIO - SERVIZIO RACCOLTA E TRASPORTO - LEGITTIMO (105)
Nel caso di specie, le imprese aggiudicatarie avevano ritualmente reso, già in sede di offerta (si veda la sez. D del DGUE – doc. 3 della difesa del Comune), la dichiarazione di voler subappaltare le prestazioni di “raccolta e trasporto materiali non vegetali”, così integrando la qualificazione necessaria;
che il ricorso al subappalto necessario non era vietato dal disciplinare di gara;
che l’integrazione della qualificazione, mediante il subappalto, è ammessa anche negli appalti di servizi (Cons. Stato, sez. V, n. 3504 del 2020; Id., sez. V, n. 3727 del 2019);
che, per la gara controversa, non sussisteva l’obbligo di preventiva indicazione del nominativo del subappaltatore (si veda, in giurisprudenza: Cons. Stato, ad. plen., n. 9 del 2015; TAR Piemonte, sez. I, n. 99 del 2020);
che alla gara controversa è senz’altro applicabile la disciplina derogatoria dettata dall’art. 1, comma 18, della legge n. 55 del 2019, ai cui sensi “Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, fino al 31 dicembre 2020, in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Fino alla medesima data di cui al periodo precedente, sono altresì sospese l’applicazione del comma 6 dell’articolo 105 e del terzo periodo del comma 2 dell’articolo 174, nonché le verifiche in sede di gara, di cui all’articolo 80 del medesimo codice, riferite al subappaltatore”;
che pertanto, alla luce della documentazione prodotta in giudizio dalla difesa del Comune, il raggruppamento aggiudicatario è stato legittimamente ammesso alla gara, avendo reso in sede di offerta la dichiarazione di voler subappaltare le prestazione per le quali era sprovvisto della qualificazione, in specie dell’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali per la categoria 1 – sottocategoria D1 e D4.
DECRETO MILLEPROROGHE - PROROGHE PER IL 2021 PER ALCUNE DISPOSIZIONI DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall'Unione europea. (20G00206)
(Entrata in vigore del provvedimento: 31/12/2020)
(GU n.323 del 31-12-2020)
LIMITI SUBAPPALTO - INCOMPATIBILITA' NORMATIVA CON DIRITTO COMUNITARIO (105)
La norma del codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia (Corte di Giustizia U.E., Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18; Id., 27 novembre 2019, C-402/18; in termini Cons. St., V, 16 gennaio 2020, n. 389, che ha puntualmente rilevato come «i limiti ad esso relativi (30% per cento “dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”, secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, […] deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea»).
SERVIZIO DI TRASPORTO IN DISCARICA - E' SUBCONTRATTO (105.2)
Nel caso in esame la ditta concorrente era in possesso del requisito di iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, nonché dell’autorizzazione per i mezzi specificati in offerta, ed è inoltre qualificata per la categoria OG 12, classifica III bis, potendo perciò svolgere in proprio il servizio di trasporto alla discarica del materiale di risulta.
La designazione di altra impresa per il trasporto dei rifiuti (cfr. Relazione Tecnica Descrittiva C2 dell’Offerta tecnica: “il trasporto sarà effettuato da parte di terzi iscritti all’Albo Gestori Ambientali…tali attività saranno organizzate e gestite da un tecnico esperto di tecniche di gestione ambientale”; il tutto previa verifica dell’“iscrizione all’Albo del trasportatore”) non rientrava, dunque, nella previsione del Disciplinare di cui parte appellante invoca l’applicazione: detta previsione, come si evince dal suo tenore testuale, richiedeva la preventiva dichiarazione, a pena di esclusione, soltanto per il diverso caso di subappalto necessario, per l’ipotesi in cui l’operatore economico intendesse subappaltare lavori/servizi appartenenti alle categorie a qualificazione obbligatoria (OG12) per le quali non fosse stato autonomamente in possesso della corrispondente qualificazione.
A quanto correttamente rilevato dal primo giudice, può solo aggiungersi che l’appalto in parola ha ad oggetto esclusivamente lavori (come si evince dalla lettura di pag. 2 del bando e disciplinare di gara che fa espresso riferimento a “Lavori di miglioramento ambientale”) e che, di conseguenza, l’affidamento a soggetti terzi del servizio di trasporto a discarica, non attenendo alle prestazioni oggetto di gara, non integrava affatto un subappalto.
Il conferimento in discarica non configurava, infatti, un segmento delle prestazioni oggetto del contratto, ma un servizio collaterale prestato dal terzo in una fase ormai finale delle opere di cui all’appalto (avente ad oggetto lavori di realizzazione e bonifica della discarica comunale), inerendo perciò a prestazioni che, seppur necessarie, esulavano dalla gara: l’affidamento a terzi in parola veniva dunque a configurare un’ipotesi di subcontratto, dal quale sorgeva unicamente l’obbligo di comunicazione alla Stazione appaltante ai sensi dell’art. 105, comma 2, del D.lgs. n. 50/2016, in base al quale “L’affidatario comunica alla stazione appaltante, prima dell’inizio della prestazione, per tutti i sub-contratti che non sono sub-appalti, stipulati per l’esecuzione dell’appalto, il nome del sub-contraente, l’importo del sub-contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati”.
SUBAPPALTO - QUOTA SUBAPPALTABILE - SCELTA DISCREZIONALE PA (105.2)
La ricorrente lamenta che la Lex di gara contiene illegittimamente il limite al subappalto fissato nella percentuale del 30%, mentre il decreto “sblocca cantieri” avrebbe innalzato la percentuale al 40%, e la disciplina europea non ammetterebbe una limitazione quantitativa.
Al fine di sostenere la censura, la ricorrente invoca la sentenza di questa Sezione n. 11304 del 03.11.2020, che a sua volta richiamava T.A.R. Lazio, sez. I, 24.04.2020 n. 4183.
Ma la sentenza richiamata di questa Sezione dà torto alla ricorrente.
In quel giudizio, la ricorrente si era lamentata del fatto che il disciplinare di gara avesse fissato al 40% la quota massima dell’appalto subappaltabile, sostenendo che ciò fosse in contrasto con le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea – CGUE nelle sentenze 27 novembre 2019, C – 402/18 e 26 settembre 2019 C – 63/18.
Ora, è vero che in particolare quest’ultima pronuncia ha affermato che “la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.
Ma quella pronuncia della Corte europea trova una precisa giustificazione nella particolarità del caso esaminato, trattandosi di valutare se il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, come più volte la Corte ha ammesso.
E allora, ha affermato la Corte, “misure meno restrittive sarebbero idonee a raggiungere l’obiettivo perseguito dal legislatore italiano”, tenendo anche conto che, “come indica il giudice del rinvio, il diritto italiano già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel paese”.
Ed è solo per questo, ma non certo come divieto generalizzato al legislatore di fissare limiti al sub appalto, che la Corte ha ritenuto che, in quel caso, “una restrizione al ricorso del subappalto come quella di cui trattasi nel procedimento principale non può essere ritenuta compatibile con la direttiva 2014/24”.
Ed è in relazione a tali conclusioni che, con la citata sentenza, questa Sezione ha precisato che la pronuncia della Corte, “pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30% dei lavori, non esclude la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori”, nel senso che la Corte ha sì “considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato”, ma “non escludendo invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo”, cosicché “non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art. 1, comma 18, della legge n. 55/2019.
Infatti, è l’art. 1, comma 18, del D.L. 18/04/2019 n. 32, conv. in L. 14.06.2019 n. 55, ad aver previsto che, “nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2020, in deroga all'articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Fino alla medesima data di cui al periodo precedente, sono altresì sospese l'applicazione del comma 6 dell'articolo 105 e del terzo periodo del comma 2 dell'articolo 174, nonché le verifiche in sede di gara, di cui all'articolo 80 del medesimo codice, riferite al subappaltatore”.
Vale a dire che detta previsione non vincola le Amministrazioni, limitandosi a stabilire un tetto massimo, in considerazione delle caratteristiche dell’appalto, lasciando alla discrezionalità delle stazioni appaltanti di scegliere la percentuale più adeguata.
È possibile, pertanto, che, come è accaduto nella specie, la S.A. preveda dei limiti inferiori al 40% per le prestazioni subappaltabili, avendo essa individuato il limite del 30% in considerazione della natura altamente specialistica e tecnologica dell’appalto de quo.
SIOS INFERIORI 10% - NO LIMITE SUBAPPALTO
Con un primo ordine di rilievi il xxxx sostiene che il raggruppamento controinteressato avrebbe omesso di rendere la dichiarazione di subappalto “qualificante”, con specifico riferimento alle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria OS18-A, OS18-B e OS24 e, pertanto, doveva essere escluso in quanto sprovvisto della qualificazione richiesta.
La censura è infondata.
Nella propria domanda di partecipazione (pag. 7) la capogruppo yyyyy ha palesato l’intento di subappaltare le categorie a qualificazione obbligatoria di cui sopra entro i limiti di legge e ferma restando la soglia del 30% del valore complessivo del contratto.
A tale proposito, con specifico riferimento alle categorie c.d. SIOS – “superspecialistiche” OS18-A e OS18-B di cui al D.M. n. 248/2016, mette conto evidenziare che il relativo importo è inferiore al 10% del totale dei lavori e, in base alla disciplina di gara, in tale ipotesi non operava il limite del 30% al subappalto della categoria (lett. ‘f’, pag. 26:“Per quanto riguarda le categorie S.I.O.S. l’eventuale subappalto non può superare il 30% della categoria e tale quota non è computata ai fini del raggiungimento del limite complessivo di cui sopra, salvo che l’importo della categoria S.I.O.S. sia pari/inferiore al 10% dell’importo totale dei lavori”).
Vi è da aggiungere che, su tale esegesi, concorda anche il xxxx nei propri motivi aggiunti (pag. 8), laddove afferma che “Il quadro normativo è, poi, completato dalla disciplina delle categorie c.d. SIOS o “superspecialistiche” (come individuate dal D.M. n. 248/2016), la quale pone l’ulteriore limite quantitativo al subappalto (30% della categoria), operante nel caso in cui il valore della stessa superi il 10% dell’importo complessivo dei lavori (cfr. artt. 89, comma 11, e 105, comma 5, del D.lgs. n. 50/2016)”, esplicitando quindi il convincimento circa la inoperatività del limite al subappalto al 30% delle categorie nel caso in cui queste ultime siano inferiori al 10% dell’appalto.
Rispetto a tale impostazione iniziale, con memoria di replica del 6.11.2020 la ricorrente ha successivamente modificato la propria strategia difensiva ritenendo che, anche in caso di categorie superspecialistiche di importo inferiore al 10% del totale dei lavori, opererebbe il limite del 30% del subappalto (pag. 17 della memoria depositata il 6.11.2020: “E non può assumere alcun rilievo il fatto che, nella specie, le categorie SIOS siano di valore inferiore al 10% dell’importo del contratto, in quanto il limite del 30% al subappalto delle SIOS riguarda indistintamente le suddette categorie di lavorazioni a prescindere dal loro valore…”).
Tuttavia, tale argomentazione non è condivisibile.
In primo luogo, la diversa prospettazione introduce un tema di decisione nuovo, siccome fondato su un profilo di illegittimità diverso – l’operatività del limite del 30% all’importo della singola categoria subappaltabile c.d. “superspecialistica” a prescindere dalla incidenza sull’importo totale dei lavori – da quello prospettato nei motivi aggiunti (con cui si lamentava l’omessa specifica dichiarazione del subappalto “qualificante”), tale da alterare il regolare svolgimento del contraddittorio. Difatti, la questione non è stata ritualmente veicolata tramite un mezzo di gravame notificato alla controparte ma è stata affidata ad una memoria di replica ex art. 73, comma 1, del c.p.a. il cui oggetto, come noto, deve restare contenuto nei limiti della funzione di contrasto alle difese svolte nella memoria conclusionale avversaria (Consiglio di Stato, Sez. II, n. 6534/2019). E’ infatti necessario che la replica si limiti a sviluppare considerazioni di risposta alle deduzioni contenute dalla controparte (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6697/2018) senza quindi poter introdurre nuove questioni di diritto; tanto allo scopo di evitare che il diritto di replica limiti il contraddittorio processuale, come è accaduto nel presente giudizio visto che, a fronte della nuova prospettazione difensiva, la parte resistente non è stata posta in condizione di replicare con memorie scritte ed ha dovuto illustrare le contrarie deduzioni durante la discussione orale in udienza.
In secondo luogo, il cambio di strategia processuale si traduce, nella sostanza, in una contestazione rivolta avverso una previsione di gara – sulla quale ha fatto legittimo affidamento l’a.t.i. yyyyyy nel confezionare la dichiarazione di subappalto – che non risulta specificamente impugnata in parte qua la quale, come si è visto, consentiva nella sostanza il subappalto di tali categorie per una percentuale superiore al 30% del valore delle medesime qualora si trattasse di categorie di importo inferiore al 10% del totale dei lavori.
PAGAMENTO DIRETTO SUBAPPALTATORI - PMI - CHIARIMENTI
Indicazioni in merito all'articolo 105, comma 13, lettera a) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 in materia di pagamento diretto al subappaltatore che rivesta la qualifica di micro o piccola impresa.
PMI - PAGAMENTO DIRETTO SUBAPPALTATORE (105.13)
oggetto: Indicazioni in merito all’articolo 105, comma 13, lettera a) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 in materia di pagamento diretto al subappaltatore che rivesta la
qualifica di micro o piccola impresa.
È facoltà delle parti prevedere, nel contratto di subappalto o nel sub-contratto, che l’appaltatore proceda al pagamento delle spettanze dovute al subappaltatore/fornitore dietro presentazione di fattura, anche a prescindere dall’adozione del SAL da parte della stazione appaltante. Tale conclusione si giustifica in considerazione dell’assoluta autonomia del contratto di appalto rispetto ai contratti derivati e della natura privatistica del rapporto intercorrente tra l’appaltatore e il subappaltatore/fornitore, da cui si desume l’applicabilità, allo stesso, delle sole previsioni contrattuali. In ogni caso, la stazione appaltante procede al pagamento del corrispettivo in favore dell’appaltatore soltanto all’esito del completamento dell’iter procedurale di verifica dell’avanzamento dei lavori oggetto dell’appalto, in ottemperanza a quanto stabilito dall’articolo 113-bis, del codice dei contratti pubblici.
SUBAPPALTO – CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE - AMBITO APPLICATIVO (105.3.c-bis)
Il Collegio ritiene insufficiente il riferimento al contratto di cooperazione di cui all’art. 105, comma 3, lett. c/bis del codice appalti:
-- innanzitutto perché detta disposizione disciplina le sole “prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari” e non anche l’apporto di qualifiche e requisiti soggettivi mancanti. Il rapporto di cooperazione viene ad incidere nella sola fase esecutiva dell’appalto, quindi in un momento che presuppone come già risolta l’individuazione, a monte, di un appaltatore munito dei necessari requisiti (Tar Veneto, n. 198/2019);
-- in secondo luogo, perché le verifiche di laboratorio vengono rese direttamente in favore della stazione appaltante (come avviene nel caso del subappalto) e non nei confronti del soggetto affidatario, come si richiede ai sensi del citato art. 105, comma 3, lett. c/bis (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 7256/2018);
-- in terzo luogo, perché il contributo ausiliare regolamentabile mediante detti contratti di cooperazione non può riguardare l’affidamento delle medesime prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, ma al più “prestazioni che, pur comprese nel complessivo oggetto del contratto e pur necessarie per la corretta esecuzione della prestazione principale, appaiono rispetto a questa di carattere complementare ed aggiuntivo, avendo natura residuale ed accessoria” (Con. Stato, sez. V, nn. 3211/2020 e 607/2020 e sez. III, n. 1603/2020; Tar Lazio, sez. II bis, n. 14795/2019; Tar Pescara, sez. I, nn. 43/2018 e 199/2018; Tar Palermo, sez. III, n. 2583/2018).
Si è osservato, in tal senso, che l’art. 105 comma 3, lett. c/bis, “pur non recando limiti testuali alle attività suscettibili di rientrare nella propria previsione, deve pur sempre essere coordinato con il principio .. in base al quale le attività oggetto di appalto devono essere di regola eseguite dal soggetto che se ne sia reso aggiudicatario” (C.G.A.R.S., sez. I, n. 673/2019).
Detto carattere di accessorietà e residualità non è riscontrabile nel caso in esame, stante la già segnalata pregnanza che le analisi di laboratorio assumono nell’economia complessiva del servizio oggetto di affidamento.
In generale, le restrizioni entro le quali può dirsi consentito il ricorso ai contratti di cooperazione traggono argomento dalla sostanziale deformalizzazione che assiste siffatta tipologia negoziale, soggetta al solo obbligo della documentazione “.. prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto” e, per il resto, sottratta a tutta quella di serie di prescrizioni procedurali che invece si impongono in caso di subappalto (dall’autorizzazione preventiva da parte della stazione appaltante; alla comunicazione all’atto dell’offerta delle prestazioni che il concorrente intende subappaltare; all’eventuale verifica delle cause di esclusione e dei requisiti di qualificazione in capo ai subappaltatori; ai criteri di limitazione qualitativa e quantitativa del possibile ricorso al subappalto).
In una fattispecie raffrontabile a quella qui in esame si è affermato che, laddove si consentisse al soggetto aggiudicatario di soddisfare il possesso del requisito mancante rivolgendosi a soggetti terzi mai specificamente individuati (nel D.G.U.E. o nella dichiarazione di offerta economica/tecnica), si verrebbe a verificare l’inammissibile circostanza per cui «la parte operativa più rilevante dell’affidamento sarebbe eseguita non già dall’appaltatore (singolo o associato), né da un soggetto da questi indicato come ausiliario o subappaltatore, bensì da un soggetto terzo del tutto esterno ed estraneo alla gara» (C.G.A.R.S., sez. I, n. 673/2019).
Ciò che è avvenuto nel caso di specie, in quanto Steritek si è limitata ad indicare – solo nell’ambito delle “proposte migliorative” della propria offerta – che avrebbe fatto ricorso a taluni laboratori, senza alcuna ulteriore specificazione al riguardo né concreta dimostrazione del possesso specifico, da parte di questi, del necessario accreditamento.
SUBAPPALTO - LEGITTIMA QUOTA DEL 40% (105)
Con l’ultimo motivo, la ricorrente deduce: violazione del principio di proporzionalità e libertà imprenditoriale; violazione degli artt. 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e dell’art. 71 della Direttiva 2014/24/UE che non contempla limitazioni per quanto concerne la quota subappaltabile.
In sintesi, la ricorrente si duole del fatto che l’art. 9 del disciplinare di gara fissi al 40% la quota massima dell’appalto subappaltabile, in contrasto con le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza 27 novembre 2019, C – 402/18 e 26 settembre 2019 C – 63/18; in particolare, quest’ultima pronuncia ha affermato che “la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.
In relazione alla problematica sollevata dalla parte ricorrente, questo Tribunale ha già avuto modo di precisare: “La pronuncia richiamata, pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30% dei lavori, non esclude la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori…… Di conseguenza la Corte ha considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato, non escludendo invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo. Pertanto non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art. 1, comma 18, della legge n. 55/2019, secondo cui: “Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2020, in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori” ( T.a.r. Lazio, sez. I, 24 aprile 2020 n. 4183).
Non ravvisando il Collegio valide ragioni per discostarsi dalle conclusioni sopra richiamate, la censura deve essere disattesa.
SUBAPPALTATORI - VERIFICHIE IN SEDE DI GARA DEI REQUISITI - NORMATIVA VIGENTE
Ritiene il Collegio, come già rilevato in sede cautelare, che tale disposizione trovi applicazione anche per le gare, come quella oggetto di causa, indette precedentemente, ma ancora in corso alla data di entrata in vigore della novella.
E infatti, la disposizione invocata da parte ricorrente dispone la sospensione, non solo degli obblighi dichiarativi di cui al comma 6 relativi all’indicazione della terna dei subappaltatori, ma aggiunge espressamente che sono sospese le verifiche in sede di gara; una tale specificazione non avrebbe ragion d’essere se si riferisse solo alle gare indette successivamente all’entrata in vigore della legge, bastando a tal fine la segnalata sospensione dell’obbligo dichiarativo a monte, ma la sua aggiunta corrisponde alla volontà del Legislatore di garantire la sterilizzazione degli effetti della violazione degli obblighi dichiarativi relativi ai subappaltatori anche per le gare, come quella oggetto di causa, che erano in corso al momento in cui il decreto legge è stato adottato.
Né una tale interpretazione sembra confliggere con il principio del tempus regit actum che preclude l’applicazione dello jus superveniens alle procedura di gara adottate dopo la pubblicazione del bando, atteso che l’intervento innovativo non riguarda la procedura di gara ma il subprocedimento di verifica in ordine alla veridicità delle dichiarazioni che, invece, doveva ancora essere svolto quando la disposizione in questione è entrata in vigore.
E infatti, il d.l. n. 32/2019 (poi convertito dalla legge di conversione 14 giugno 2019, n. 55) è stato pubblicato il 18 aprile 2019, mentre il gravato provvedimento di esclusione è stato adottato e trasmesso via PEC il 15 novembre 2019 (successivamente anche alla legge di conversione), sicché la stazione appaltante ha eseguito la verifiche quando esse dovevano ritenersi inibite in forza della citata previsione di cui al decreto legge.
SUBAPPALTATORE CON GRAVI ILLECITI PROFESSIONALI – SOSTITUZIONE – AMMESSA (105)
I dubbi manifestati nel parere della Commissione speciale di questo Consiglio di Stato n. 2286 del 26 ottobre 2016 sono stati risolti dalla recente decisione della Corte di Giustizia 30 gennaio 2020, causa C-395/18, in risposta alla ordinanza 29 maggio 2018, n. 6010, con cui la Sezione II del Tar Lazio, in riferimento al recepimento degli artt. 57 e 71 della direttiva 24/2014/UE attuato nel nostro ordinamento con gli artt. 80, comma 5, e 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, ha posto alla Corte UE i seguenti quesiti interpretativi:
“I) se gli articoli 57 e 71, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE, ostino a una normativa nazionale, quale quella di cui all'articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la quale prevede l’esclusione dell’operatore economico offerente nel caso di accertamento, in fase di gara, di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore facente parte della terna indicata in sede di offerta, in luogo di imporre all’offerente la sostituzione del subappaltatore designato;
II) in subordine, laddove la Corte di Giustizia ritenga che l’opzione dell’esclusione dell’offerente rientri tra quelle consentite allo Stato membro, se il principio di proporzionalità, enunciato all'articolo 5 del Trattato UE, richiamato al ‘considerando’ 101 della direttiva 2014/24/UE e indicato quale principio generale del diritto dell'Unione Europea dalla Corte di Giustizia, osti a una normativa nazionale, quale quella di cui all'articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la quale prevede che, in caso di accertamento in fase di gara di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore designato, venga disposta l’esclusione dell’operatore economico offerente in ogni caso, anche laddove vi siano altri subappaltatori non esclusi e in possesso dei requisiti per eseguire le prestazioni da subappaltare oppure l’operatore economico offerente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”.
La Corte di Giustizia ha ritenuto la normativa interna non conforme al dettato eurounitario quanto al principio di proporzionalità, e ha perciò dichiarato che “L’articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà, o addirittura l’obbligo, di escludere l’operatore economico che ha presentato l’offerta dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell’offerta di detto operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata. Per contro, tale disposizione, letta in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 6, della medesima direttiva, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione”.
In particolare, la sentenza ha rilevato come una siffatta normativa nazionale “non permette all’amministrazione aggiudicatrice di tenere conto, ai fini della valutazione della situazione, di una serie di fattori pertinenti, come i mezzi di cui l’operatore economico che ha presentato l’offerta disponeva per verificare l’esistenza di una violazione in capo ai subappaltatori, o la presenza di un’indicazione, nella sua offerta, della propria capacità di eseguire l’appalto senza avvalersi necessariamente del subappaltatore in questione” e priva altresì l’operatore economico “della possibilità di dimostrare, conformemente all’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, la propria affidabilità malgrado l’esistenza di una violazione compiuta da uno dei suoi subappaltatori”.
Deve quindi affermarsi, in uno alla Corte di Giustizia, che non è consentita l’esclusione automatica del concorrente che abbia indicato un subappaltatore nei confronti del quale siano emerse in corso di gara cause di esclusione, dovendo la stazione appaltante effettuare una specifica valutazione di proporzionalità della misura espulsiva rispetto al caso di specie, che il provvedimento di esclusione all’odierno esame, partendo dall’errato presupposto dell’automaticità e della vincolatività dell’esclusione rinveniente dal parere ANAC, secondo una ricostruzione normativa risultata incompatibile con il diritto eurounitario, non ha effettuato.
Sul punto, va considerato che la fattispecie considerata dalla Corte di Giustizia concerne una ipotesi contemplata dall’art. 80, comma 5, del d.lgs. 50 del 2016, e soprattutto che l’art. 71, paragrafo 6), lett. b), della direttiva 2014/24/UE si riferisce a tutti i motivi di esclusione, obbligatori e non.
Anche il parere n. 2286/2016 della Commissione speciale di questo Consiglio di Stato si riferiva, in linea generale, a tutte le cause di esclusione del concorrente per fatto del subappaltatore della terna regolate sia dal comma 1 che dal comma 5 dell’art. 80: è quindi con riferimento a tutte tali previsioni (“le disposizioni dell’art. 80, c. 1 e c. 5”), che il parere ha sollevato i già segnalati dubbi di compatibilità comunitaria, proponendo di ritenere “quanto meno che, quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l’esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”.
Dal suo canto, la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 30 gennaio 2020 ha affermato, al di là delle connotazioni del caso specifico in esame, che “le amministrazioni aggiudicatrici devono prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità” e che “tale attenzione deve essere ancor più elevata qualora l’esclusione prevista dalla normativa nazionale colpisca l’operatore economico che ha presentato l’offerta per una violazione commessa non da lui direttamente, bensì da un soggetto estraneo alla sua impresa, per il controllo del quale detto operatore può non disporre di tutta l’autorità richiesta e di tutti i mezzi necessari”.
Se ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto ex adverso, l’elemento qualificante l’applicazione del principio di proporzionalità nei sensi sopra chiariti, alla luce sia del parere che della sentenza eurounitaria, non è né la tipologia della causa di esclusione in concreto verificatasi a carico del subappaltatore designato nell’ambito della terna né la sua gravità, bensì il rischio che il concorrente possa subire incolpevolmente le conseguenze di violazioni imputabili non a sé, bensì al subappaltatore indicato, del quale potrebbe non avere il pieno controllo, e ciò per giunta automaticamente, ovvero senza che l’amministrazione aggiudicatrice, secondo quanto rilevato dalla Corte di Giustizia, abbia “la facoltà di valutare, caso per caso, le particolari circostanze del caso di specie”, e l’operatore economico sia messo in grado di “dimostrare la propria affidabilità malgrado la constatazione di detta violazione”.
Del resto, questa Sezione del Consiglio di Stato ha già ritenuto la suscettibilità della interpretazione “comunitariamente orientata” dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, a suo tempo proposta dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato nel parere n. 2286 del 26 ottobre 2016 e oggi rinveniente dalla sentenza della Corte di Giustizia 30 gennaio 2020 in causa C-395/2018, di trovare applicazione generale, tanto da ammetterla in un contenzioso relativo a un subappalto c.d. necessario o qualificatorio, in cui uno dei subappaltatori indicati nella terna ha perso in corso di gara un requisito di idoneità professionale (Cons. Stato, V, 4 giugno 2020, n. 3504).
ASSENZA DELLA DICHIARAZIONE DI SUBAPPALTO - SUBAPPALTO NECESSARIO – NON AMMESSO SOCCORSO ISTRUTTORIO (83.9)
Oggetto Istanza congiunta di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata dall’Impresa Murgia Alfonso e dal Comune di Solarussa – Valorizzazione del complesso nuragico di Pidighi – Importo a base di gara: euro 71.000,00 - S.A. Comune di Solarussa (OR)
A fronte della totale assenza, in sede di presentazione dell’offerta, della dichiarazione di voler ricorrere al subappalto, non era possibile ricorrere al soccorso istruttorio, in quanto tale istituto è attivabile al fine di integrare dichiarazioni incomplete, ma non al fine di rimediare ai casi in cui una dichiarazione essenziale ai fini della partecipazione manchi del tutto. Nell’ipotesi di subappalto cd. necessario, il concorrente ha l’onere di dichiarare preventivamente le lavorazioni che intende subappaltare.
PRESTAZIONI ACCESSORIE - CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE - AMMESSI (105.3-cbis)
L’art. 105, comma 3, del codice dei contratti pubblici, tra le categorie di forniture o servizi che, “per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto”, include espressamente, alla lett. c bis), “le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante, prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto”.
Deve allora ritenersi, secondo la giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. V, 19 maggio 2020, n. 3169), che «con i “contratti di cooperazione servizio e/o fornitura” la legge faccia riferimento ai contratti che il concorrente stipula con terzi allo scopo di procurarsi quanto necessario alla propria attività d’impresa ovvero, nello specifico, quei beni e servizi indispensabili all’esecuzione della prestazione in affidamento. I terzi contraenti, quindi, non eseguono una parte della prestazione oggetto dell’appalto ma procurano all’operatore economico aggiudicatario i mezzi per la sua esecuzione. A detti contratti, dunque, l’amministrazione aggiudicatrice resta completamente estranea come res inter alios acta. Non è così nel caso dell’avvalimento, per il quale l’art. 89, comma 1, prevede la presentazione di una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente. L’ausiliaria, in forza di tale dichiarazione, assume obblighi anche verso la stazione appaltante. ... Portano a questa conclusione in primo luogo la formulazione letterale della disposizione che specifica che le prestazioni dei terzi contraenti sono rese “in favore dei soggetti affidatari”, così individuando chiaramente i destinatari (id est creditori) delle prestazioni nelle imprese concorrenti e non nelle stazioni appaltanti (cfr. Cons. Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7256; contra Cons. Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068 secondo cui con la formula riportata si allude alla “direzione giuridica della prestazione, ovvero al fatto che l’unica relazione giuridicamente rilevante... è quella esistente tra stazione appaltante e soggetto affidatario”). Rileva, poi, anche la topografia della disposizione per coglierne la ratio. L’art. 105 del Codice dei contratti pubblici contiene la disciplina del subappalto; il comma 3, nello specifico, elenca le prestazioni che “non si configurano come attività affidate in subappalto”, ma che, per le modalità di esecuzione, potrebbero far sorgere dubbi circa il loro esatto inquadramento normativo. L’elencazione delimita, dunque, l’ambito di applicazione della disciplina del subappalto. Se il subappalto è il contratto con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di una parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto (comma 2), i contratti di cooperazione continuativa, di converso, non hanno ad oggetto la prestazione affidata ma quei beni e servizi dei quali l’impresa aggiudicataria necessita per poter, essa sola, eseguire la prestazione oggetto del contratto d’appalto. In definitiva, come rilevato in precedente pronuncia, i contratti di cui all’art. 105, comma 3, lett. c -bis) d.lgs. n. 50 del 2016 si caratterizzano per la “direzione soggettiva”, in quanto resi all’impresa aggiudicataria, e per l’oggetto del contratto che è altro rispetto alla prestazione in affidamento con il contratto d’appalto (Cons. Stato, V, 24 gennaio 2020, n. 607)».
Alla luce di tali considerazioni - che il Collegio integralmente condivide - resta solo da evidenziare che nella fattispecie l’oggetto dell’appalto, in base all’art. 1 del capitolato speciale, è costituito dalla gestione del “Servizio di gestione della giornata alimentare” delle Aziende committenti. Il secondo comma del medesimo art. 1 precisa che il servizio “consiste nella preparazione dei pasti per ciascun giorno dell’anno, nessuno escluso, da erogarsi agli ospiti residenti, agli utenti Servizio Assistenza Domiciliare, agli utenti Centro Servizi, agli utenti del Centro Diurno, agli utenti domiciliari, ai parenti degli ospiti, alle persone esterne e dipendenti”. Inoltre, in base all’art. 2, comma 2, del capitolato, “l’appaltatore dovrà garantire la seguente attività: preparazione dei pasti per ciascun giorno dell’anno, nessuno escluso, da erogarsi dal lunedì alla domenica agli ospiti residenti, agli utenti Servizio Assistenza Domiciliare, agli utenti Centro Servizi, agli utenti del Centro Diurno, ai parenti degli ospiti, alle persone esterne e dipendenti”.
Ciò posto, la tesi della ricorrente risulta priva di fondamento in quanto la lex specialis prevede espressamente anche attività accessorie come le analisi dei cibi e lo smaltimento degli olii esausti - che sono certamente attività complementari ai servizi di ristorazione - chiarendo implicitamente che per lo svolgimento di tali attività accessorie è possibile stipulare contratti di cooperazione continuativa, di cui all’art. 105, comma 3, lett. c-bis), del codice dei contratti pubblici.
In particolare il capitolato speciale dispone, all’art. 2a, che per lo smaltimento degli oli esausti e dei grassi alimentari “dovrà essere presente un contratto con ditte autorizzate al ritiro degli stessi” e, all’art. 48, che l’aggiudicataria “è responsabile del corretto smaltimento dei rifiuti e del mantenimento della pervietà delle condotte di deflusso delle acque reflue dalla cucina”. Analogamente il capitolato speciale all’art. 42 prevede che “la Ditta è tenuta a predisporre e consegnare, entro 30 (trenta) giorni dall’inizio del servizio, il Piano di autocontrollo specifico e personalizzato con l’indicazione esplicita del Laboratorio che effettuerà le analisi sia sulle attrezzature sia sugli alimenti indicando anche la loro frequenza”.
Risulta allora evidente che tali disposizioni prevedono la possibilità, per l’aggiudicataria, di avvalersi della collaborazione di terzi per lo svolgimento delle attività in relazione alle quali la ricorrente contesta la mancata indicazione dell’intenzione di ricorrere al subappalto, ferma restando la responsabilità dell’aggiudicataria medesima nei confronti della stazione appaltante per eventuali inadempimenti che si verifichino nella fase di esecuzione del contratto. Deve allora escludersi, in forza dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis), del codice dei contratti pubblici che tali rapporti di collaborazione rientrino nella fattispecie del subappalto.
Del resto alle medesime conclusioni è pervenuta una recente pronuncia (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 maggio 2020, n. 3211) relativa ad un caso pressoché identico a quello per cui è causa. Nella fattispecie si trattava di un appalto di servizi di ristorazione in relazione al quale la ricorrente lamentava «la mancata esclusione dalla gara dell’aggiudicataria ... per l’assenza di una rituale ed espressa dichiarazione di ricorso al subappalto, in difetto della quale la stessa, non essendo in grado di effettuare autonomamente alcune delle prestazioni che si era impegnata ad eseguire nella propria offerta (nello specifico quelle esplicitate nelle parti dell’offerta tecnica in cui, rispettivamente, si descriveva il c.d. “piano di analisi microbiologiche e chimico - fisiche” e il c.d. “piano di lotto agli infestanti”), non avrebbe potuto garantire, né direttamente, né indirettamente, l’integrale esecuzione dell’appalto in questione».
A tal riguardo nella predetta pronuncia si legge quanto segue: «l’oggetto espresso dell’appalto è unicamente quello della produzione dei pasti per il servizio di ristorazione, sicché la prestazione di analisi chimiche e gli interventi di disinfestazione, pur comprese nel complessivo oggetto del contratto in quanto necessarie per la corretta esecuzione della prestazione principale, appaiono di carattere complementare ed aggiuntivo: sicché, fermo restando l’obbligo a carico dell’appaltatore di predisposizione e attuazione dei piani di analisi e disinfestazione, dette attività materiali (di laboratorio e di intervento contro gli infestanti) ben possono essere svolte da imprese cooperanti con l’appaltatore», sulla base di contratti continuativi di cooperazione ai sensi dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis), del codice dei contratti pubblici. Si trattava, d’altra parte, di attività «rivolte a favore dell’operatore economico affidatario (come avviene nei contratti continuativi di cooperazione servizio e fornitura) e non direttamente a favore del soggetto pubblico committente», con la conseguenza che «di eventuali inadempimenti in fase esecutiva di tali prestazioni risponde sempre, nei confronti della stazione appaltante, il soggetto affidatario».
In ragione di quanto precede il Collegio conclusivamente ritiene che le prestazioni accessorie alle quali si riferisce la ricorrente possano essere svolte dalla ditta aggiudicataria mediante contratti di cooperazione, non riconducibili alla fattispecie del subappalto e, quindi, che l’aggiudicataria non fosse tenuta a dichiarare nella propria offerta l’intenzione di avvalersi del subappalto.
SIOS E SUBAPPALTO NECESSARIO (105)
Nella fattispecie da ultimo tratteggiata - in cui il concorrente risulta privo dei requisiti di esecuzione relativi ad una categoria c.d. scorporabile a qualificazione obbligatoria - il subappalto assume la configurazione del cd. subappalto “necessario” o “qualificante”. Tale istituto, previsto dall’art. 118 del decreto legislativo n. 163 del 2006, non risulta espressamente regolato dal decreto legislativo n. 50 del 2016 e tuttavia permane, secondo la giurisprudenza, compatibile con l’attuale quadro normativo (v. Consiglio di Stato, sez. V, n. 5745 del 2019; sez. V, n. 2330 del 2020)
Non può pertanto dubitarsi della possibilità per il concorrente singolo di ricorrere a tale tipologia di subappalto, anche alla luce dei principi sanciti dalla giurisprudenza comunitaria secondo cui “La direttiva 2014/24/Ue osta a una normativa nazionale che limita — a pena di automatica esclusione dalla procedura di aggiudicazione dell'appalto anche nel caso in cui l'ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell'ambito dell'appalto in questione — al 30% la parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi” (Corte giustizia UE sez. V, 26/09/2019, n. 63). D’altro canto la stessa lex specialis, pur prevedendo (cfr. par. 7.2 del disciplinare) che il concorrente deve essere in possesso di “certificazione SOA … che documenti il possesso di qualificazione per la categoria OG1, classifica III bis; OG11, classifica II”, all’art. 9 precisava che “la categoria SIOS OG11 può essere subappaltata entro il limite del 30% dell’importo delle opere, ai sensi dell’art. 105, c. 5, del Codice”.
Si pone semmai il diverso problema (che non rileva nella presente controversia) di stabilire – data per assunta l’ammissibilità del subappalto necessario – se sia configurabile il subappalto necessario frazionato, ovvero se sia possibile frazionare i requisiti di partecipazione tra più imprese in presenza di qualificazione obbligatoria per opere scorporabili e specialistiche, allorché il soggetto partecipante sia in possesso della sola qualificazione per la categoria “prevalente” (ma non anche per quella “scorporabile”) e debba dunque ricorrere al subappalto “necessario” (cfr. la summenzionata ordinanza Consiglio di Stato, sez. III, 10 giugno 2020, n. 3702, che ha proposto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE; nella fattispecie oggetto di esame del Consiglio di Stato a tale istituto si era fatto ricorso attraverso l’indicazione di altri tre soggetti (subappaltatori) in possesso della stessa categoria e muniti di classe inferiore, cumulando gli importi per i quali le più imprese subappaltatrici risultavano qualificate).
DICHIARAZIONE SUBAPPALTO - PUO' ESSERE USATA PER INTEGRAZIONE REQUISITI (105)
Laddove privo del requisito di gara il concorrente è tenuto a dare espressa indicazione della volontà di ricorrere a subappalto per qualificarsi: viene così in rilievo una specifica dichiarazione che non coincide con quella generale inerente l’intenzione di subappaltare una parte dei lavori, servizi o forniture ex art. 105, comma 4, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, o l’indicazione della terna di subappaltatori ai sensi del successivo comma 6 (su cui cfr. peraltro, da ultimo, l’art. 1, comma 18, d.l. n. 32 del 2019, che ha temporaneamente sospeso gli effetti della disposizione); è richiesta piuttosto una precisa manifestazione di volontà ai fini dell’indicazione e conformazione dei requisiti in capo al concorrente nonché della correlata loro spendita a fini partecipativi: il che rileva, evidentemente, anche al fine di consentire alla stazione appaltante di eseguire le corrispondenti verifiche, pure in ordine alla compensazione dei requisiti mancanti nella categoria super-specialistica con altrettanti requisiti nella categoria prevalente ai sensi dell’art. 92, comma 7, d.P.R. n. 207 del 2010 e della stessa lex specialis.
In tale contesto, se ciò vale per l’ipotesi in cui il possesso del requisito nella categoria super-specialistica è sin dall’origine carente, cosicché il concorrente voglia accreditarsi nella procedura e soddisfarne i requisiti tramite subappalto, lo stesso deve ritenersi per il caso che, pur possedendo il requisito in proprio, l’operatore voglia integrarlo facendo ricorso al subappaltatore: anche in questa ipotesi il concorrente non si limita infatti a far riserva della possibilità di eseguire una parte dei lavori tramite subappaltatore, ma vuol far valere i requisiti di quest’ultimo al fine di soddisfare le previsioni partecipative contenute nella lex specialis, su cui la stazione appaltante è chiamata a svolgere tutte le verifiche funzionali (anzitutto) alla gara.
L’indicazione del subappaltatore ai fini dell’integrazione dei requisiti di gara configura una vera e propria manifestazione di volontà da parte dell’operatore, che incide sulla stessa conformazione funzionale del concorrente e sulla correlata modulazione dei requisiti, anche ai fini della corrispondente verifica da parte dell’amministrazione.
Il che si pone del resto in coerenza con i principi in base ai quali – in particolare, ai fini dell’integrazione dei requisiti nell’ambito dei Rti – non è l’astratto possesso del requisito ad assumere rilievo in sé, bensì la concreta spendita di questo da parte del concorrente, non passibile di modifiche successivamente alla presentazione delle domande (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 27 marzo 2019, n. 6, cit; cfr. anche V, 23 aprile 2020, n. 2591; 31 luglio 2019, n. 5427).
Nel caso di specie è pacifico che le imprese appartenenti al Rti ………., pur facendo presente la loro volontà di subappaltare per una quota non superiore al 30% i lavori rientranti nella categoria OG11, dichiaravano espressamente il possesso in proprio dei requisiti di gara (…………) spendendoli conseguentemente ai fini della gara.
In tale contesto la dichiarazione di ricorrere al subappalto assumeva significato ai (soli) fini di cui all’art. 105, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, ma non esprimeva alcuna volontà di far valere i requisiti del subappaltatore per la soddisfazione delle previsioni del bando in ordine al possesso dei requisiti partecipativi (cfr., ancora, l’atto d’impegno a costituire il Rti, oltre al Dgue).
D’altra parte, allorché ha inteso far valere il subappalto a fini qualificanti la xxxx vi ha fatto chiaro ed espresso riferimento (………..).
Per tali ragioni la doglianza si rivela infondata, atteso che la mera dichiarazione di voler far ricorso al subappalto non può determinare di per sé l’impiego e la spendita di detto subappalto al fine d’integrare i requisiti di gara, con la conseguenza che i concorrenti – come avvenuto nella specie – risultano in tal caso qualificati in proprio, salva riserva di ricorso a subappaltatore in fase di esecuzione dei lavori.
SIOS - QUOTA SUBAPPALTABILE NON SUPERIORE AL 30% (105.5)
Le opere superspecialistiche, c.d. SIOS, in quanto opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, sono soggette a un regime normativo in deroga alle norme generali sotto diversi profili, che si giustifica nelle intenzioni del legislatore con l’esigenza di assicurare alla stazione appaltante che l’esecuzione di tali opere sia effettuata soprattutto dall’appaltatore qualificato. Le sentenze della Corte di giustizia del 26/09/2019 (causa C-68/18) e del 27/11/2019 (causa C-402/18) non appaiono determinare la disapplicazione del limite percentuale del 30% per le SIOS non risultando in esse alcun riferimento alle opere stesse né tantomeno alla loro natura e al regime normativo speciale che le contraddistingue.
Oggetto Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata da SIPIE Sas di U. Ghinelli e C. – Affidamento dei lavori di realizzazione nuova scuola secondaria di primo grado in Via San Giacomo – Lotto 1. Gara 54/2020 - Importo a base di gara: euro 4.978.937,57 – Criterio di aggiudicazione: minor prezzo - S.A.: SUA Provincia di Lecco – Comune di Casatenovo
SUBAPPALTO – LIMITE AL 40% - INCOMPATIBILITÀ CON IL DIRITTO EURO COMUNITARIO (105)
È invece ammissibile e fondato il quarto motivo di ricorso, con cui si deduce: violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost., dell’art. 71 della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016; eccesso di potere per difetto del presupposto, illogicità manifesta e carenza della motivazione, travisamento, disparità di trattamento e sviamento.
Con esso, le ricorrenti censurano il limite posto al subappalto, pari al 40% dell’importo complessivo.
Il motivo è ammissibile, perché la clausola, nello stabilire un vincolo che le ditte partecipanti devono rispettare al fine di presentare una valida offerta, assume una portata escludente – nel senso ampio delineato dalla giurisprudenza come sopra ricostruita – ed è autonomamente lesiva e immediatamente impugnabile.
La censura, alla luce dei principi enunciati dalla Corte di Lussemburgo, è anche fondata.
Infatti, il giudice comunitario si è pronunciato più volte sul rapporto tra le direttive eurounitarie e i limiti al subappalto posti dalla normativa italiana: nella sentenza “Te. Srl” del 27.11.2019, causa C-402/18, ha ritenuto che la direttiva n. 2004/18/CE ostasse a una normativa nazionale che limitava al 30 per cento la quota parte dell’appalto che l’offerente era autorizzato a subappaltare a terzi; nella sentenza “Vitali” del 26.09.2019, causa C-63/18, è giunta alla medesima conclusione con riferimento alla direttiva n. 2014/24/UE.
Vero è che, come osservato dalla difesa di -Omissis- , al caso di specie è applicabile l’art. 1, co. 18, del d.l. n. 32 del 2019 (conv. in l. n. 55 del 2019) che ha previsto, «nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici» e fino al 31.12.2020, che il subappalto «non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture», e che tale norma è diversa da quella presa in esame dalla Corte di giustizia.
Tuttavia, dalle pronunce sopra citate emerge chiaramente come il diritto eurounitario – e, in particolare, l’art. 71 della direttiva n. 2014/24/UE – osti a una normativa nazionale che vieti «in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori» e che non lasci «alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore» (in questi termini, la sent. “Vitali”, pt. 40).
Ai fini della compatibilità con il diritto eurounitario, non è quindi rilevante la misura del limite posto alla facoltà di subappaltare – sia esso il 30 per cento dell’importo complessivo del contratto, come nell’art. 105, co. 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, oppure il 40 per cento stabilito dall’art. 1, co. 18, del d.l. n. 32 del 2019 – quanto la natura “quantitativa” del limite stesso, nonché la sua applicabilità «in modo generale e astratto» e senza una «valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore».
Considerato dunque che, in materia di subappalto, dal diritto eurounitario, come interpretato nelle pronunce citate, discende una norma chiara, precisa e non condizionata ad alcun atto di attuazione e che gli attributi del primato e dell’effetto diretto debbono riconoscersi anche alle statuizioni risultanti dalle sentenze interpretative della Corte di giustizia (come affermato fin da Corte cost., sent. n. 113 del 1985), occorre risolvere il contrasto tra la direttiva n. 2014/24/CE e la normativa italiana dando prevalenza alla prima e disapplicando la seconda, così riconoscendo ai singoli operatori la facoltà di partecipare alle gare d’appalto ricorrendo al subappalto senza limiti quantitativi.
A conclusioni simili è giunto anche il Supremo Consesso, il quale ha riconosciuto che il limite quantitativo posto al subappalto «deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia» (Cons. St., sez. V, sent. n. 389 del 2020).
L’applicazione di questo principio al caso di specie comporta l’annullamento degli atti impugnati, e in particolare del pt. 16.7 del disciplinare, nella parte in cui limitano l’affidamento in subappalto a «una quota massima del 40% dell’importo complessivo del contratto».
SUBAPPALTO – LIMITE PERCENTUALE – INCOMPATIBILITÀ COMUNITARIA (105)
Con la sentenza impugnata il Tar Lazio ha accolto il ricorso della parte seconda classificata, condividendo due delle censure dedotte avverso l’offerta della odierna parte appellante. In particolare venivano accolti i motivi n. 1 e n. 2 del ricorso (quest’ultimo da leggere anche in relazione al motivo n. 5 di cui all’atto per motivi aggiunti): in primo luogo per l’assenza di una attendibile disamina in concreto relativa alle caratteristiche che avrebbe avuto il massiccio ricorso, mediante subappalto, alle cooperative sociali di tipo B, il quale costituisce elemento imprescindibile dell’offerta aggiudicataria che le ha permesso di giustificare l’elevato ribasso che è riuscita ad offrire; in secondo luogo per la riconosciuta violazione dell’art. 118, comma 4°, d.lgs. 163/2006 in quanto la le prestazioni lavorative affidate in subappalto vengono retribuite con corrispettivi ribassati di oltre il venti per cento (29,9 %) rispetto a quelli praticati dal medesimo RTI nei confronti dei propri dipendenti diretti
Al riguardo assume rilievo dirimente, in termini di fondatezza del primo motivo di appello principale, l’esito del rinvio pregiudiziale, disposto da questa sezione quale giudice di ultime cure.
Infatti, la sentenza 27 novembre 2019 ha affermato che la direttiva n. 2004/18/CE, in materia di appalti pubblici, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale – quale l’art. 118 del codice del 2006 – che limita al trenta per cento la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi e al venti per cento la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione.
3.2 Di conseguenza, non risulta applicabile, in quanto contraria al diritto europeo, la disciplina di cui all’art. 118 cit., posto a base di entrambe le prime censure accolte dal Tar sotto i predetti profili. Una volta ammesso il ricorso al subappalto oltre il predetto limite legislativo, da disapplicare, non residua alcuna concreta censura in ordine alla presunta anomalia dell’offerta, attesa la ammissibilità dell’affidamento in subappalto alle previste cooperative.
LIMITE SUBAPPALTO - 30% - NULLITA' BANDO (105.2)
Va ancora precisato sul piano preliminare che la clausola che ha limitato l’importo subappaltabile ha leso la ricorrente imponendole di delimitare la volontà di ricorrere al subappalto anche con riferimento (fra le altre) alla categoria OG10, facendola in tal modo incorrere nella contestata esclusione. Non vi è dubbio, infatti, che se XXX. non avesse dovuto recepire il limite del 30% dell’importo contrattuale nella sua dichiarazione relativa alla categorie e lavorazioni da subappaltare sarebbe venuta meno anche ogni restrizione concernente la predetta categoria.
Nel merito la censura è fondata.
La Corte di Giustizia UE con sentenza C-63/18 del 26 settembre 2019, ha affermato che la direttiva 2014/24 dev’essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui all’art. 105 del codice dei contratti pubblici, che limita in modo rigido ed indiscriminato al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.
A nulla rileva il fatto che la predetta pronuncia sia stata pubblicata dopo la pubblicazione del bando posto che la stessa rende inapplicabile la normativa nazionale dichiarata in contrasto con quella comunitaria anche nei giudizi in corso non potendo il giudice nazionale assumere decisioni non conformi al diritto UE.
Il bando di gara nella parte in cui ha fatto applicazione di una norma nazionale contrastante con la vigente direttiva in materia di appalti pubblici così come interpretata dalla Corte di Giustizia è quindi illegittimo e va annullato.
L’effetto del predetto annullamento, peraltro, travolge l’intera procedura atteso che la eliminazione del limite all’importo subappaltabile incide sulle regole concorrenziali per l’accesso alla commessa e richiede quindi la apertura di un nuovo confronto pubblico e trasparente sulla base di regole conformi alla disciplina comunitaria.
SUBAPPALTO FRAZIONATO - SOA - RIMESSIONE ALLA CORTE GIUSTIZIA UE (105)
É rimessa alla Corte di giustizia Ue la questione se gli artt. 63 e 71 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli artt. 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ostino ad una interpretazione della normativa nazionale italiana in materia di subappalto necessario secondo la quale il concorrente sprovvisto della qualificazione obbligatoria in una o più categorie scorporabili non può integrare il requisito mancante facendo ricorso a più imprese subappaltatrici, ovvero cumulando gli importi per i quali queste ultime risultano qualificate (1).
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(1) Ha ricordato la Sezione che la Corte di Giustizia, chiamata a pronunciarsi sugli artt. 47 e 48 della previgente direttiva 2004/18/CE (per gli aspetti e le disposizioni che qui rilevano non contraddetta dalla successiva direttiva 2014/24/UE,) ha ripetutamente affermato:
(i) il diritto di ciascun operatore di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, “a prescindere dalla natura dei suoi legami con questi ultimi”, purché si dimostri all’amministrazione aggiudicatrice l’effettiva disponibilità dei mezzi necessari per eseguire l’appalto (cfr. CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12, punti 29 - 35; CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punti 23 e 28; CGUE, 14 luglio 2016, C 406/14, punto 33);
(ii) la libertà dell’offerente di “..scegliere, da una parte, la natura giuridica dei legami che intende allacciare con gli altri soggetti sulle cui capacità egli fa affidamento ai fini dell'esecuzione di un determinato appalto e, dall'altra, le modalità di prova dell'esistenza di tali legami” (CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punto 28);
(iii) il generale principio di frazionabilità dei requisiti di partecipazione tra più imprese, suscettibile di deroga soltanto in presenza di comprovate circostanze eccezionali, ossia: “lavori che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità che non si può ottenere associando capacità inferiori di più operatori” e per i quali il livello minimo di capacità deve essere raggiunto da un operatore economico unico o, eventualmente, da un numero limitato di operatori economici (cfr. CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12; CGUE, 14 luglio 2016, C 406/14).
Ancora più in dettaglio, la Corte di Giustizia:
-- nella sentenza C 94/12 (punto 31), per suffragare la portata generale del diritto dei concorrenti di fare affidamento sulle capacità di più operatori, ha rinviato alle norme sul subappalto, statuendo: “nel medesimo senso, l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva in parola autorizza i raggruppamenti di operatori economici a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici senza prevedere limitazioni relative al cumulo di capacità, così come l’articolo 25 della stessa direttiva considera il ricorso a subappaltatori senza indicare limitazioni in proposito”;
-- nella sentenza C 406/14 (punto 33), resa in materia di subappalto, in maniera ancor più incisiva la Corte ha affermato che “l’articolo 48, paragrafo 3, di tale direttiva (n. 2004/18, n.d.r.) – prevedendo la facoltà per gli offerenti di provare che, facendo affidamento sulle capacità di soggetti terzi, essi soddisfano i livelli minimi di capacità tecniche e professionali stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice, a condizione di dimostrare che, qualora l’appalto venga loro aggiudicato, disporranno effettivamente delle risorse necessarie per la sua esecuzione, risorse che non appartengono loro personalmente – sancisce la possibilità per gli offerenti di ricorrere al subappalto per l’esecuzione di un appalto, e ciò, in linea di principio, in modo illimitato”;
-- nella sentenza C 234/14 (punto 28), anche questa resa in materia di subappalto, la Corte ha ulteriormente precisato che “l'offerente rimane libero di scegliere, da una parte, la natura giuridica dei legami che intende allacciare con gli altri soggetti sulle cui capacità egli fa affidamento ai fini dell'esecuzione di un determinato appalto e, dall'altra, le modalità di prova dell'esistenza di tali legami”.
L’interpretazione di cui si è dato conto, per espressa affermazione della Corte di Giustizia, risponde all’obiettivo dell’apertura del mercato degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, a vantaggio non soltanto degli operatori economici stabiliti negli Stati membri, ed in particolare delle piccole e medie imprese, ma anche delle stesse amministrazioni aggiudicatrici.
Si tratta di obiettivi propri della direttiva 2004/18/CE e rafforzati dalla direttiva 2014/24/UE (v. considerando 1, 41, 78, 100 e 105 della direttiva 2014/24).
Il fatto che essi siano stati ribaditi dalla Corte di Giustizia con riferimento a fattispecie riguardanti sia l’istituto dell’avvalimento che quello del subappalto, comprova che le pur obiettive differenze strutturali che intercorrono tra i due istituti (l’avvalimento rileva nella fase di implementazione dei requisiti di partecipazione ad una gara; il subappalto, posto "a valle" del contratto di appalto, attiene alla sua esecuzione) non elidono la loro comune connotazione quali moduli organizzativi alternativamente idonei a garantire l'ampliamento della possibilità di partecipazione alle gare anche a soggetti in apice sforniti dei requisiti di partecipazione (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2675/2014 e n. 1224/2014; CGUE, 5 aprile 2017, C-298/15, punti 47 e ss.; CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punto 28; CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12, punto 31).
La Corte di Giustizia riconosce che il ricorso al subappalto, favorendo l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce, al pari dell’avvalimento, a realizzare l’obiettivo di rendere la concorrenza la più ampia possibile (CGUE, 26 settembre 2019, C-63/18, punto 27 e CGUE, 27 novembre 2019, C-402/18, punto 39).
Il confronto con l’istituto dell’avvalimento offre l’occasione, da un lato, per illustrare le possibili obiezioni all’estensione anche al subappalto del principio del frazionamento dei requisiti; e, dall’altro, per accennare alle ragioni che hanno alimentato la linea prudenziale storicamente adottata dal legislatore italiano nel dare ingresso al subappalto nel sistema degli appalti pubblici.
Sotto questo secondo aspetto rileva il fatto che il subappalto, confinato alla fase esecutiva dell’appalto e sottratto ai controlli amministrativi aventi sede nella procedura di gara: (i) si presta ad una possibile sostanziale elusione dei principi di aggiudicazione mediante gara e di incedibilità del contratto; (ii) costituisce un mezzo di possibile infiltrazione negli pubblici appalti della criminalità organizzata, la quale può sfruttare a suo vantaggio l’assenza di verifiche preliminari sull’identità dei subappaltatori proposti e sui requisiti di qualificazione generale e speciale di cui agli artt. 80 e 83, d.lgs. n. 50 del 2016; (iii) conosce una prassi applicativa talora problematica, poiché la tendenza dell’appaltatore a ricavare il suo maggior lucro sulla parte del contratto affidata al subappaltatore (tendenzialmente estranea ad ingerenze della stazione appaltante) produce riflessi negativi sulla corretta esecuzione dell’appalto, sulla qualità delle prestazioni rese e sul rispetto della normativa imperativa in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro.
Da questa serie di limiti disfunzionali (segnalati nei pareri n. 855/2016 e n. 782/2017 resi da questo Consiglio, rispettivamente, sul progetto di nuovo Codice dei contratti pubblici e sul decreto legislativo di correttivo al Codice) hanno tratto spunto le opzioni restrittive inserite nel vigente codice degli appalti, di recente e sotto diversi profili censurate dalla Corte di Giustizia (CGUE 26 settembre 2019, C-63/18; CGUE, 27 novembre 2019, C-402/18).
Il rischio al quale il subappalto sembra esporre l’integrità dei contratti pubblici e la loro immunità da infiltrazioni della criminalità è peraltro accresciuto da una reiterata impostazione normativa che, pur onerando il concorrente in gara della indicazione generalizzata, sin nell'atto dell'offerta, dei lavori o delle parti di opere che egli intende subappaltare (art. 105, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016), per il resto circoscrive a più limitate ipotesi l’obbligo di indicazione, già in sede di formulazione dell’offerta, del nominativo delle imprese subappaltatrici (art. 105, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016)
Le riportate ragioni di cautela (tutte presenti all’attenzione del legislatore comunitario, come chiaramente evincibile dalla lettura del considerando n. 105 della Dir. 2014/24/UE) rilevano in modo particolare nel caso del subappalto “necessario” proprio perché, mentre nell’ipotesi ordinaria del subappalto “facoltativo” l'appaltatore già possiede in proprio tutti i requisiti necessari per l'esecuzione dell'appalto, pur scegliendo, sulla base di una valutazione discrezionale e di mera opportunità economica, di subappaltare talune prestazioni ad un'altra impresa; viceversa, nel caso del subappalto “necessario” l'appaltatore difetta dei requisiti necessari per realizzare una o più prestazioni dell'appalto, motivo per cui è egli obbligato a subappaltarle ad un'impresa in possesso di quegli stessi requisiti.
In virtù di tale elemento caratterizzante, l’istituto in esame presenta evidenti similitudini con l'avvalimento. Un significativo tratto differenziale permane, tuttavia, in relazione al fatto che il subappaltatore esegue in proprio le opere affidategli, rispondendone esclusivamente nei confronti dell’impresa subappaltante, unica responsabile nei confronti della stazione appaltante; al contrario, nell’avvalimento l’ausiliario non è esecutore dell’opera (se non nei limiti fissati dall’art. 89, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016) e, tuttavia, consentendo al concorrente di integrare i requisiti mancanti necessari per la partecipazione alla gara, egli diviene parte sostanziale del contratto di appalto, assumendone insieme al concorrente principale la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante (art. 89, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016).
Dunque, divergenze significative tra i due istituti (avvalimento e subappalto) si riscontrano in ordine al regime di responsabilità dell’impresa ausiliaria ed al suo ruolo nella esecuzione dell’appalto. Le stesse si attenuano, come si è visto, nel caso del subappalto “necessario” soggetto all’obbligo della contestuale indicazione in sede di gara sia delle attività per le quali si intende ricorrere al subappalto, sia del nominativo dei subappaltatori e dei relativi requisiti (ai sensi art. 105 comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016), tanto da giustificarne la denominazione di "avvalimento sostanziale".
Si è già visto, infatti, che nel caso degli appalti sopra-soglia l’indicazione della terna dei subappaltatori è obbligatoria sin dalla formulazione dell’offerta (art. 105 comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016), sicché la stazione appaltante ha modo di poter esperire in fase di gara i necessari controlli circa il possesso delle capacità tecnico - professionali e l’insussistenza delle cause di esclusione (artt. 80 e 83 e ss., d.lgs. n. 50 del 2016).
E’ lecito chiedersi, a questo punto, se le residuali differenze che pure in questa specifica ipotesi permangono tra i due istituti giustifichino un’impostazione divergente anche con riguardo alla possibilità di frazionamento dei requisiti tra più imprese ausiliarie.
Detta facoltà - non espressamente contemplata in materia di subappalto - è invece prevista dal vigente codice degli appalti in materia di avvalimento, in quanto l’attuale art. 89, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016, in linea con gli indirizzi espressi in tema dalla Corte di Giustizia, ammette “l’avvalimento di più imprese ausiliarie”.
Come già ricordato, tanto le più risalenti direttive, quanto quelle più attuali, non prevedono l’imposizione di limitazioni aprioristiche ed astratte al subappalto e ne sottolineano la funzione “positiva”, ricollegandolo ai già richiamati principi di parità di trattamento e non discriminazione nei confronti degli operatori economici, oltre che ai principi di libertà di stabilimento, libera circolazione delle merci e dei capitali, concorrenza e proporzionalità. A questa impostazione, la Dir. 2014/24/UE ha aggiunto indicazioni di maggior dettaglio, riconoscendo agli Stati membri la possibilità di ampliare i poteri di verifica e di controllo della stazione appaltante sui requisiti dei subappaltatori; e di rendere il subappaltatore direttamente responsabile verso la stazione appaltante, riconoscendogli al contempo il diritto ad essere retribuito direttamente da quest’ultima per le prestazioni rese (si vedano i paragrafi III, VI lett. a) e VII dell’art. 71 della Dir. 2014/24/UE).
Tali innovative disposizioni (solo in parte recepite dai commi 6 e 13 dell’art. 105, d.lgs. n. 50 del 2016) paiono corrispondere alle finalità di maggiore trasparenza e tutela giuslavoristica che in epoca precedente erano rimaste appannaggio specifico della normativa italiana.
In definitiva, la normativa comunitaria ammette la tendenziale completa e incondizionata subappaltabilità delle prestazioni dedotte nel contratto di appalto ed al contempo riconosce il pieno diritto del prestatore privo di determinati requisiti di poter fare ricorso alle capacità di terzi soggetti, ferma restando la speculare esigenza da parte della stazione appaltante di poter valutare la competenza, l’efficienza e l’affidabilità dei subappaltatori.
La decisione della Corte di Giustizia 14 luglio 2016,Wroclawl (causa C-406/14), resa in relazione alla Dir. 2004/18, ha giustappunto ritenuto che la possibilità per gli offerenti di ricorrere al subappalto per l’esecuzione di un appalto è in linea di principio illimitata, ma ha anche specificato che, in via di eccezione, “conformemente all’articolo 25, primo comma, della direttiva 2004/18, l’amministrazione aggiudicatrice ha il diritto, per quanto riguarda l’esecuzione di parti essenziali dell’appalto, di vietare il ricorso a subappaltatori quando non sia stata in grado di verificare le loro capacità in occasione della valutazione delle offerte e della selezione dell’aggiudicatario” (punto 33).
Al contempo, la decisione del 5 aprile 2017, C-298/15 (punto 55) - nel ribadire la necessità di ancorare proporzionalmente i divieti in materia di subappalto a considerazioni specifiche riferite, di volta in volta, al settore economico interessato dall'appalto di cui trattasi, alla natura dei lavori nonché alle qualifiche dei subappaltatori - ha avversato impostazioni di segno alternativo che dovessero fare ricorso a previsioni limitative di carattere generale e indifferenziato.
La Sezione coglie, dunque, nel contenuto delle direttive, come interpretate dalle richiamate pronunce Corte di Giustizia, una latitudine precettiva apparentemente estensibile ad ogni tipologia di rapporto ausiliario che consenta all’operatore in gara di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, “a prescindere dalla natura dei suoi legami con questi ultimi” ed anche nella forma del frazionamento o del “cumulo di capacità”.
Osserva anche che, nell’ipotesi del subappalto “necessario” viene a realizzarsi la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di accertare la disponibilità (in capo al concorrente ed ai suoi subappaltatori) dei mezzi e dei requisiti necessari alla esecuzione dell’opera; e che, secondo quanto di recente precisato dalla stessa Corte, limitazioni al subappalto, ulteriori rispetto a quelle contemplate nella fonte comunitaria, non possono essere reputate coerenti o proporzionate agli obiettivi delle direttive comunitarie se l’ente aggiudicatore è in grado di verificare le identità e l’idoneità dei subappaltatori interessati e, quindi, è posto nella condizione di scongiurare il rischio di un ingresso opaco e non vigilato di terze imprese nella esecuzione dell’appalto (CGUE, 26 settembre 2019, C-63/18, punti 29 e 41-44; CGUE, 27 novembre 2019, C-402/18, punti 48 e 49).
Ancora più in generale, la Sezione rinviene negli orientamenti del giudice comunitario l’indicazione sintetica secondo la quale istituti espansivi della concorrenza (quali sono intesi l’avvalimento e il subappalto) possono tollerare limitazioni proporzionate e occasionali, non quindi generali e astratte, ma di volta in volta calibrate dall’amministrazione aggiudicatrice sulle peculiarità della singola gara ed in ragione degli eventuali fattori (il settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, la natura dei lavori, la tipologie di qualifiche richieste) che in essa concorrono a suggerire l’introduzione di specifiche condizioni restrittive.
Appare quindi plausibile concludere che, in applicazione di queste stesse indicazioni ermeneutiche, anche nel caso sin qui delineato (subappalto necessario, implicante l’obbligo di indicazione delle prestazioni da subappaltare e del nominativo dei subappaltatori) debba valere un principio generale di frazionabilità del requisito qualificante, suscettibile di motivata deroga nei casi in cui la stazione appaltante ritenga di individuare casi e limiti ostativi oltre i quali la sicurezza e la qualità dell’opera potrebbero essere messe a rischio dal meccanismo del frazionamento del requisito. In ipotesi siffatte la stessa stazione appaltante potrebbe dunque imporre, nella legge di gara, che il livello minimo della capacità in questione venga raggiunto da un unico operatore economico o, eventualmente, facendo riferimento ad un numero limitato di operatori economici.
È quanto avviene nella parallela materia dell’avvalimento, in presenza di determinati requisiti (cd. “di punta”) che si ritiene debbano essere soddisfatti da una singola impresa ausiliaria, in quanto espressione di qualifiche funzionali non frazionabili (v. Cons. Stato, sez. V, n. 678 del 2018).
La questione interpretativa pregiudiziale di seguito proposta risulta dirimente ai fini della decisione del ricorso.
Invero, qualora dovesse ritenersi che il diritto eurounitario non ammette preclusioni al frazionamento del requisito tra più subappaltatori ovvero tra questi e l’impresa concorrente, il giudizio a quo dovrebbe concludersi con una sentenza favorevole alla parte Rti Research e con la conseguente conferma della sua ammissione in gara.
Per contro, nel caso in cui si dovesse accogliere l’opzione contraria, il giudizio dovrebbe concludersi con una sentenza di conferma dell’annullamento dell’atto di ammissione.
Al contempo, la pronuncia parziale di questa sezione n. 3573 del 5 giugno 2020 lascia intatte, al momento, le chances di aggiudicazione del contratto in capo alla parte Rti Research, poiché non prefigura un esito vincolato della procedura di gara in favore della controparte Debear.
SUBAPPALTATORE PRIVO DEI REQUISITI – SOSTITUZIONE - AMMESSO
A differenza di quanto accade con l’avvalimento, il rapporto con l’impresa subappaltatrice, anche nel caso di subappalto c.d. necessario o qualificatorio, non è attratto nella fase della gara, ma (continua a) rileva(re) nella fase dell’esecuzione dell’appalto, per come dimostrato dalle previsioni dell’art. 105, comma 7 (in tema di obbligazioni che, come già detto, sorgono per l’affidatario solo dopo la stipulazione del contratto) e comma 8 (in tema di responsabilità esclusiva dell’affidatario nei confronti della stazione appaltante), oltre che dei comma successivi dello stesso art. 105, tutti attinenti alla fase esecutiva, e tutti applicabili ad ogni tipologia di subappalto.
Ne consegue che l’interpretazione “comunitariamente orientata” degli artt. 80, comma 5, lett. c) e 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, quale risulta a maggior ragione dopo la sentenza della Corte di Giustizia, 30 gennaio 2020 in causa C-395/2018, comporta che, quando è indicata una terna di subappaltatori in sede di offerta, l’esclusione del concorrente che abbia indicato un subappaltatore privo dei requisiti o della qualificazione per eseguire la prestazione da subappaltare non è automatica, anche qualora si tratti di subappalto c.d. necessario o qualificatorio, al quale cioè abbia fatto ricorso il concorrente sprovvisto di qualificazione impegnandosi a subappaltare l’esecuzione delle relative prestazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione. Pertanto, è rimesso alla stazione appaltante consentire la sostituzione del subappaltatore, a maggior ragione quando gli altri subappaltatori indicati nella terna abbiano requisiti e qualificazione.
5.3.2. Occorre tuttavia verificare se, come sostiene l’appellante, tale possibilità fosse esclusa dalla legge di gara, laddove al punto 9 del disciplinare prevedeva espressamente che “…i subappaltatori devono essere in possesso dei requisiti di cui al predetto punto 7, in relazione alle prestazioni oggetto di subappalto e dichiarate in sede di gara. Il mancato possesso dei predetti requisiti in capo ad uno dei subappaltatori indicati nella terna comporta l’esclusione del concorrente dalla gara, solo se trattasi di ricorso al subappalto c.d. necessario/qualificatorio. Negli altri casi non costituisce motivo di esclusione, ma comporta, per il concorrente, il divieto di subappalto”.
La lettura che ne ha dato il giudice di primo grado è corretta e va confermata, perché, tra più interpretazioni compatibili col dato letterale, viene preferita quella che interpreta la previsione del disciplinare di gara in modo più conforme possibile alla disciplina del subappalto risultante dal dettato euro-unitario, ed in specie dagli artt. 57 e 71 della direttiva 2014/24/UE, come interpretati dalla Corte di Giustizia.
Essa va infatti intesa nel senso che l’esclusione del concorrente dalla gara avrebbe dovuto essere disposta dalla stazione appaltante soltanto nel caso in cui uno dei subappaltatori indicati non avesse avuto i requisiti ab initio, cioè sin dal momento della sua indicazione in sede di offerta; poiché già così intesa la disposizione è di dubbia legittimità (ove se ne tragga il corollario dell’automatismo di tale esclusione), essa non può certo essere interpretata nel senso di estendere la sanzione dell’esclusione (automatica) al caso in cui il subappaltatore abbia perso tale requisito in corso di gara, come accaduto alla P..
Ben si può ritenere pertanto –così come ha ritenuto il primo giudice- per un verso, che in tale eventualità, la legge di gara rendesse possibile alla stazione appaltante di consentire all’operatore economico come L., avente il requisito in proprio, di eseguire direttamente le prestazioni accessorie e, per altro verso, agli altri concorrenti aggiudicatari di sostituire P. con un’altra subappaltatrice della terna da essi indicata (sulla cui idoneità professionale la ricorrente non ha mosso contestazione alcuna).
CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE - DEFINIZIONE E RATIO (105.3.CBIS)
L’art. 105 (Subappalto), comma 3, lett. c-bis) cit. prevede: “Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto: … c bis) le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti cooperativi di cooperazione servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata all’aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante, prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto”.
La disposizione è stata aggiunta dall’art. 69, comma 1, lett. c) d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. correttivo al codice).
Ritiene il Collegio che con i “contratti di cooperazione servizio e/o fornitura” la legge faccia riferimento ai contratti che il concorrente stipula con terzi allo scopo di procurarsi quanto necessario alla propria attività d’impresa ovvero, nello specifico, quei beni e servizi indispensabili all’esecuzione della prestazione in affidamento.
I terzi contraenti, quindi, non eseguono una parte della prestazione oggetto dell’appalto ma procurano all’operatore economico aggiudicatario i mezzi per la sua esecuzione.
A detti contratti, dunque, l’amministrazione aggiudicatrice resta completamente estranea come res inter alios acta. Non è così nel caso dell’avvalimento, per il quale l’art. 89, comma 1, prevede la presentazione di una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente.
L’ausiliaria, in forza di tale dichiarazione, assume obblighi anche verso la stazione appaltante.
L’art. 105 del Codice dei contratti pubblici contiene la disciplina del subappalto; il comma 3, nello specifico, elenca le prestazioni che “non si configurano come attività affidate in subappalto”, ma che, per le modalità di esecuzione, potrebbero far sorgere dubbi circa il loro esatto inquadramento normativo.
L’elencazione delimita, dunque, l’ambito di applicazione della disciplina del subappalto.
Se il subappalto è il contratto con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di una parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto (comma 2), i contratti di cooperazione continuativa, di converso, non hanno ad oggetto la prestazione affidata ma quei beni e servizi dei quali l’impresa aggiudicataria necessita per poter, essa sola, eseguire la prestazione oggetto del contratto d’appalto.
In definitiva, come rilevato in precedente pronuncia, i contratti di cui all’art. 105, comma 3, lett. c – bis) d.lgs. n. 50 del 2016 si caratterizzano per la “direzione soggettiva”, in quanto resi all’impresa aggiudicataria, e per l’“oggetto del contratto” che è altro rispetto alla prestazione in affidamento con il contratto d’appalto (Cons. Stato, V, 24 gennaio 2020, n. 607).
Vero è che in giurisprudenza talune fattispecie hanno generato dubbi e difficoltà di inquadramento; in particolare, in relazione ai casi in cui la lex specialis richieda la disponibilità di un “centro cottura” o di un “laboratorio di analisi” come nella vicenda esaminata dal precedente citato dal giudice di primo grado (Cons. Stato, III, 27 novembre 2017, n. 5541) ovvero ancora di una “sede operativa” con talune caratteristiche geografiche (come nel citato precedente Cons. Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068).
A prescindere dagli aspetti peculiari di ogni vicenda, va detto però che i criteri di qualificazione sopra ricordati – direzione soggettiva della prestazione ed oggetto del contratto – consentono di risolvere in maniera sufficientemente attendibile anche i casi dubbi, assumendo carattere dirimente stabilire se l’impresa aggiudicataria, stipulando un contratto di cooperazione continuativa, si sia limitata a procurarsi il bene strumentale alla prestazione da rendere all’amministrazione, ovvero abbia affidato al terzo cooperante l’esecuzione di una parte (o frazione) della prestazione assunta nei confronti dell’amministrazione che non era in grado di eseguire.
In conclusione, quando il terzo cooperante (o che svolga servizi o fornisca beni) esegue una parte della prestazione oggetto del contratto d’appalto che l’impresa aggiudicataria non sa o non può eseguire si è fuori dalla fattispecie dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis) del Codice, ed è corretta l’esclusione dalla procedura di gara; l’impresa concorrente avrebbe dovuto far ricorso agli strumenti negoziali allo scopo previsti dal codice dei contratti pubblici, l’avvalimento o le altre forme di partecipazione congiunta ad una procedura di gara.
Ferma, infatti, la possibilità per gli operatori economici di associarsi secondo varie formule (i raggruppamenti temporanei, i consorzi temporanei o stabili, le aggregazioni di imprese nella forma del c.d. contratto di rete, il c.d. gruppo europeo di interesse economico, GEIE) l’apporto di un soggetto esterno all’operatore che ne ha bisogno per integrare i requisiti di partecipazione richiesti dal bando deve avvenire mediante lo strumento del contratto di avvalimento di cui all’art. 89 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (cfr. Cons. Stato, V, 19 aprile 2018, n. 2381).
Tale forma di collaborazione consente ad un operatore, privo di elementi esperenziali o requisiti economici, di partecipare alle procedure di gara e, d’altra parte, garantisce adeguatamente l’amministrazione, sia nella fase genetica, potendo verificare documentalmente l’effettività dell’impegno dell’ausiliaria, sia nella fase esecutiva, condividendo ausiliata ed ausiliaria la responsabilità nell’esecuzione dell’appalto (comma 5 dell’art. 89: “Il concorrente e l’impresa ausiliaria sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto”).
SUBAPPALTO – LAVORO AUTONOMO – LIMITI – CONFORMITA’ DIRITTO EUROPEO (105)
Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto:
a) l'affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi, per le quali occorre effettuare comunicazione alla stazione appaltante; …”.
Secondo i principi affermati dalla giurisprudenza in materia con tale disposizione, e già con il precedente art. 118 del d.lgs. n. 163/2006, il legislatore ha inteso ampliare quanto più possibile il concetto di subappalto al fine di evitare ogni possibile elusione della disciplina in materia di evidenza pubblica, dettando una serie di cautele funzionali a garantire la qualità della prestazione del subappaltatore e a prevenire fenomeni di infiltrazione delinquenziale nei contratti pubblici.
Deve quindi essere qualificato come subappalto, ai fini delle norme sui contratti pubblici, “qualunque tipo di contratto che intercorra tra l'appaltatore e un terzo in virtù del quale talune delle prestazioni appaltate non siano eseguite dall'appaltatore con la propria organizzazione, bensì mediante la manodopera prestata da soggetti giuridici distinti, in relazione ai quali si pone l'esigenza che siano qualificati e in regola con i requisiti di ordine generale; non sussiste sub-appalto soltanto laddove le prestazioni siano eseguite dall'appaltatore in proprio, tramite la propria organizzazione imprenditoriale” (Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2073).
In tale contesto il ricorso al lavoro autonomo, pur se consentito, è subordinato dal codice, al fine di evitare un uso elusivo delle norme poste in materia del subappalto, all’individuazione specifica del contenuto delle attività da svolgere; ciò in quanto l’affidamento di parte delle mansioni a lavoratore autonomo implica lo svolgimento delle stesse da parte di un soggetto esterno all’organizzazione dell’appaltatore e non nella stessa stabilmente incardinato, come un lavoratore dipendente.
Alla luce di tali principi la valutazione operata dall’Amministrazione in ordine alla connotazione quantitativa e qualitativa del ricorso al lavoro autonomo nell’offerta del raggruppamento ricorrente risulta immune da vizi, essendo stato correttamente posto in evidenza che i lavoratori autonomi non erano, nella specie, incaricati di specifiche attività, come richiesto dal codice, ma piuttosto della diretta esecuzione, in via generale, di attività costituenti l’oggetto principale dell’appalto, per l’intero periodo di durata del contratto; con riferimento, in particolare, alla figura del Direttore tecnico, la stazione appaltante ha rilevato che, essendo allo stesso demandato l’“ottimale e costante dimensionamento, in quantità e qualità, dei team assegnati ai diversi servizi in conformità a quanto previsto dal contratto d’appalto e rispetto alle esigenze dell’Amministrazione”, tale incarico, per la sua generalità ed essenzialità rispetto al contenuto del servizio richiesto, non poteva essere svolto nelle forme del lavoro autonomo.
Tali conclusioni costituiscono adeguata motivazione dell’esclusione, risultando evidente che lo svolgimento di tali attività nelle forme del lavoro autonomo implica l’affidamento del nucleo centrale delle prestazioni richieste a soggetto distinto rispetto all’affidataria del servizio e non incardinato stabilmente nell’organigramma della stessa, contrariamente a quanto sostenuto dal RTI ricorrente.
Pertinente è anche la notazione riportata dall’Amministrazione circa l’incidenza quantitativa del lavoro autonomo, riguardante 5 lavoratori su 10, per una percentuale di ore sempre superiore al limite previsto per il subappalto e per l’intera durata del contratto.
Né, al riguardo, rileva il richiamo operato dal RTI ricorrente alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 26 settembre 2019, causa C-63/19, che ha affermato che “la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.
La pronuncia richiamata, pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30% dei lavori, non esclude la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori.
Nella sentenza citata e in altra di poco successiva la Corte ha infatti evidenziato, richiamando precedenti decisioni, che “il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo, che può giustificare una restrizione alle norme fondamentali e ai principi generali del Trattato FUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C‑425/14, EU:C:2015:721, punti 27 e 28). Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella oggetto del procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo” (Corte di Giustizia Europea, 27.11.2019, C-402/18).
Di conseguenza la Corte ha considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato, non escludendo invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo.
Pertanto non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art. 1, comma 18, della legge n. 55/2019, secondo cui “Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2020, in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori”.
CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE – PRESUPPOSTI APPLICATIVI E CONTENUTO (105.3.Cbis)
L’art. 105, comma 3, lett. c-bis del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (..) prevede che “le seguenti categorie di forniture o servizi, per la loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto: (…) le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto.”. (…) Come è stato chiarito dalla giurisprudenza le prestazioni oggetto di siffatti contratti di cooperazione, servizio e/o fornitura, così espressamente definite dall’art. 105, comma 3, lett. c-bis) del Codice dei contratti pubblici, sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico, e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (cfr. Cons. di Stato, V, 27 dicembre 2018, n. 7256). È stato altresì affermato che “l’istituto de quo, proprio perché si configura come derogatorio rispetto alla generale disciplina del subappalto, è evidentemente ancorato ai medesimi presupposti applicativi, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa “convenzionata”.” (in tal senso Cons. di Stato, III, 18 luglio 2019, n. 5068).
SUBAPPALTO - MANCATA TEMPESTIVA RICHIESTA - CONSEGUENZE (105)
In merito alla contestazione per mancata vigilanza della ASL, quest’ultima espone nella propria memoria di controdeduzioni di essere stata all’oscuro della concreta attivazione del subappalto da parte della ditta aggiudicataria fino al momento in cui il CNS ha presentato formale richiesta di autorizzazione al citato subappalto, ossia fino al 30.11.2015. La ASL sostiene che l’assenza di comunicazioni ufficiali volte ad attestare da parte dell’aggiudicatario l’intenzione di avviare concretamente il servizio in subappalto (sebbene tale volontà fosse già stata dichiarata in sede di gara), ha reso oggettivamente difficile per il R.U.P. e i suoi collaboratori venire a conoscenza e, dunque, controllare tale attività. Pertanto, prima del 30.11.2015, data nella quale è stata presentata istanza di autorizzazione all’esecuzione del subappalto, sarebbe stato impossibile per la ASL conoscere e, dunque, vigilare sull’attivazione del contratto citato. Sul punto l’Autorità ritiene non condivisibili le argomentazioni presentate dalla stazione appaltante: la disciplina normativa in tema di contratti pubblici valorizza, come è noto, l’attività di direzione e di controllo della stazione appaltante durante tutta la procedura di gara, nonché durante la fase dell’esecuzione del contratto. Tale attività di supervisione è ancora più pregnante nella disciplina specifica del subappalto, ai sensi della disciplina di cui all’art. 105 del codice dei contratti pubblici. Dunque, nel caso in esame si ritiene sussistente una responsabilità della Asl 1 Imperiese per non aver vigilato sulla regolare esecuzione del subappalto nell’arco temporale 1.11.2015- 22.12.2015.
OGGETTO: ASL 1 Imperiese – … . Affidamento del servizio di ristorazione e dei servizi accessori per degenti negli stabilimenti ospedalieri, per gli utenti delle strutture residenziali e semiresidenziali territoriali e per i dipendenti.
ESCLUSIONE CONCORRENTE PER FATTO DEL SUBAPPALTATORE - NON PUO' ESSERE AUTOMATICA (80.5.c)
Ulteriore questione posta dall’appello incidentale (e oggetto specifico del quarto motivo) attiene alla pretesa facoltà di sostituzione del subappaltatore che, secondo la difesa del RTI dovrebbe trovare applicazione anche in fattispecie quale quella qui in esame, così come già previsto, peraltro, nei casi dell’avvalimento (art. 89 comma 3) e del raggruppamento di imprese (art. 48 comma 19 ter). In caso contrario, la disposizione di cui all’art. 80 comma 5 risulterebbe porsi in conflitto con l’art. 71 della Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 e con il divieto di Gold plating. Connesso al precedente è il profilo (intercettato dal terzo motivo incidentale) inerente l’automatismo dell’effetto escludente: a detta della difesa, la misura espulsiva - per non incorrere in una violazione del principio di proporzionalità - dovrebbe essere disposta solo all’esito di un giudizio sull’affidabilità e integrità dell’operatore, e non scaturire in termini automatici e vincolanti dal mero riscontro dell’omessa (e non falsa) dichiarazione. Il riferimento (sviluppato in modo più specifico nella memoria 4.2.2020 alle pagg. 7 e ss.) è al più recente indirizzo della giurisprudenza di questo Consiglio favorevole a sottrarre all’automatismo espulsivo della lettera f bis) dell’articolo 80, comma 5, fattispecie dichiarative del tipo qui in esame, poiché strutturalmente inidonee - a cagione della connotazione valutativa del vissuto professionale dell’azienda che si correla al concetto di “grave illecito professionale“ - ad integrare gli estremi di un falso cd. ideologico (si vedano in questo senso Cons. Stato, sez. V n. 8906/2019, 5571/2019; 2407/2019). Ne viene che: - l’effetto espulsivo del subappaltante dalla procedura di gara (quindi nella fase di valutazione delle offerte), conseguente ad una posizione di irregolarità del subappaltatore, costituisce soluzione consentita dalla normativa comunitaria, in alternativa a quella della mera sostituzione del subappaltatore medesimo; - il maggior rigore adottato dal legislatore nazionale, tuttavia, non può giungere sino al punto di privare, da un lato, l'operatore economico che ha presentato l'offerta “della possibilità di fornire elementi circostanziati in merito alla situazione e, dall'altro, l'amministrazione aggiudicatrice della possibilità di disporre di un margine di discrezionalità” (par. 54): - la stessa amministrazione è chiamata a considerare gli elementi di prova forniti da tale operatore in funzione della gravità della situazione e delle particolari circostanze del caso di specie; - il ricorso a questi correttivi mitigatori è necessario per rendere l’esito espulsivo conciliabile con il principio di proporzionalità (oltre che con l'articolo 57, paragrafi 4 e 6, della direttiva 2014/24) e si giustifica in ragione del fatto che l’espulsione colpisce l’operatore economico che ha presentato l’offerta “per una violazione commessa non da lui direttamente, bensì da un soggetto estraneo alla sua impresa, per il controllo del quale detto operatore può non disporre di tutta l’autorità richiesta e di tutti i mezzi necessari” (par. 48).
FALLIMENTO APPALTATORE – PAGAMENTO SUBAPPALTATORE – EFFETTUATO DAL CURATORE
In caso di fallimento dell'appaltatore di opera pubblica, il meccanismo delineato dall'art. 118, terzo comma, del d.lgs. n. 163 del 2006 - che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti in favore dell'appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti effettuati da quest'ultimo al subappaltatore - deve ritenersi riferito all'ipotesi in cui il rapporto di appalto sia in corso con un'impresa in bonis e, dunque, non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie; ne consegue che al curatore è dovuto dalla stazione appaltante il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all'intervenuto scioglimento del contratto e che il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale dell'appaltatore come gli altri, da soddisfare nel rispetto della par condicio creditorum e dell'ordine delle cause di prelazione.
LIMITAZIONI AL SUBAPPALTO – LINEE GUIDA LEGGE PROVINCIALE TRENTO
OGGETTO: Adozione delle linee guida sull'applicazione dell'articolo 26, comma 1, della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2 in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 26 settembre 2019.
AVVALIMENTO OPERATIVO O DI GARANZIA - DISTINZIONE CON SUBAPPALTO (89)
L’avvalimento di garanzia avendo ad oggetto l’impegno dell’ausiliaria a garantire con proprie risorse economiche l’impresa ausiliata, non è necessario che nel contratto siano specificatamente indicati i beni patrimoniali o gli indici materiali della consistenza patrimoniale dell’ausiliaria, essendo sufficiente che essa si impegni a mettere a disposizione dell’ausiliata la sua complessiva solidità finanziaria e il suo patrimonio di esperienza.
Nell’avvalimento operativo, invece, è imposto alle parti di indicare nel contratto i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto. Nel subappalto, l’impresa subappaltatrice, a differenza di quella ausiliaria, assume in proprio il rischio economico-imprenditoriale dell’esecuzione delle prestazioni sub-appaltate, secondo lo schema tipico del contratto derivato dal contratto principale, laddove nell’avvalimento soggetto esecutore e responsabile nei confronti della stazione appaltante per l’esecuzione delle prestazioni è sempre l’impresa ausiliata, sia pure con la garanzia della responsabilità solidale dell’ausiliaria.
SUBAPPALTO – INCIDENZA MANODOPERA SUPERIORE AL 50% - ELEMENTO NON SUFFICIENTE (105.2)
Nel caso di specie si lamenta che la ricorrente, nel D.G.U.E., avrebbe dichiarato di non voler subappaltare alcuna prestazione oggetto di gara. Nella propria offerta tecnica, invece, la società avrebbe espresso l’intenzione di affidare a terzi sia le analisi di laboratorio per il controllo igienico-sanitario, sia le attività di “Pest control” (disinfestazione): ma si tratterebbe di attività che, per tutta una serie di elementi, debbono essere qualificate in termini di subappalto e ciò determinerebbe l’inammissibilità dell’offerta della ricorrente, per avere questa, da un lato, negato di ricorrere al subappalto, dall’altro espressamente subappaltato talune prestazioni dell’appalto a soggetti terzi, senza nemmeno consentire che per questi fosse verificata la sussistenza dei requisiti previsti dal Codice.
La doglianza non è suscettibile di positivo apprezzamento.
In base all’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, per aversi subappalto occorre che sussistano, cumulativamente, le seguenti due condizioni:
1) che l’importo della prestazione sia singolarmente superiore al 2% dell’importo del contratto o sia di importo superiore ad € 100.000;
2) che l’incidenza del costo della manodopera e del personale – per attività ovunque espletate – sia superiore al 50% dell’importo del contratto da affidare.
Tuttavia, com’è fondatamente eccepito dalle controparti, la ricorrente incidentale, pur diffusamente argomentando che sia per le analisi di laboratorio, sia per le attività di “Pest control”, l’incidenza del costo della manodopera sarebbe superiore al 50% del rispettivo valore, nulla dice in ordine all’altra condizione richiesta per la configurabilità del subappalto, consistente nel superamento del limite del 2% dell’importo dell’appalto da affidare o dell’importo di € 100.000,00 (da riferire al valore singolo del contratto di analisi e del contratto di disinfestazione).
La controparte replica all’ora vista eccezione sostenendo che si avrebbe subappalto ogni volta che, a prescindere dall’incidenza percentuale del valore dell’attività sull’importo complessivo dell’appalto, e dal valore monetario assoluto di detta attività, quest’ultima sia connotata da un’incidenza del costo del personale superiore al 50%.
L’assunto, tuttavia, urta contro il tenore dell’art. 105, comma 2, del Codice, come interpretato dalla giurisprudenza, secondo cui le due condizioni di cui alla predetta disposizione debbono sussistere non alternativamente, ma cumulativamente (T.A.R. Liguria, Sez. II, 13 agosto 2019, n. 702).
Né sul punto convince il richiamo giurisprudenziale della ricorrente incidentale, avendo la sentenza invocata (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 31 dicembre 2018, n. 2903) affrontato una questione diversa da quella ora in esame.
In particolare, la decisione in commento ha affermato l’impossibilità dell’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 105, comma 2, cit., quando il valore della manodopera prevista per una certa attività superi la soglia del 50%: ma ciò non significa per nulla che detta attività possa essere affidata in subappalto, in quanto affinché ciò avvenga occorre – come si è detto – l’ulteriore e cumulativa condizione che l’attività abbia un valore superiore al 2% dell’importo dell’appalto o sia di importo superiore ad € 100.000,00.
Mette conto sottolineare che la censura di controparte non riguarda il profilo (affrontato dalla sentenza del T.A.R. Lombardia ora ricordata) dell’impossibilità di un affidamento diretto, ove sia superato il limite del 50% della manodopera: ciò consente a questo Collegio di disattendere la censura in esame senza dover approfondire la questione se veramente nelle analisi di laboratorio e nell’attività di “Pest control” il costo della manodopera incida per più del 50%.
Di qui, in conclusione, l’infondatezza del primo motivo del ricorso incidentale, non avendo controparte fornito alcuna prova che sia le analisi di laboratorio, sia le attività di “Pest control” valgano più del 2% dell’appalto o siano di importo superiore ad € 100.000,00.
SUBAPPALTO – OBBLIGO TERNA (105.6)
Con riferimento al subappalto (secondo rilievo) ed in particolare alla scelta del RTI aggiudicatario di procedere all’affidamento di una parte della prestazione in subappalto alla Schindler S.p.a., pure concorrente in gara, ATAC S.p.A. osserva che la previsione di cui all’art. 105, comma 4, lett. a) d.lgs. 50/2016 che non ammette l’autorizzazione al subappalto nel caso in cui il subappaltatore sia anche un partecipante alla gara, è stata introdotta all’interno del Codice solo successivamente alla pubblicazione del bando della gara in esame (art. 69 d.lgs. 56/2017) e, pertanto, non sarebbe alla stessa applicabile. Tale argomentazione, tuttavia, omette di considerare che prima dell’introduzione di un simile divieto la giurisprudenza aveva comunque chiarito che il ricorso ad un concorrente quale subappaltatore, da parte di altro operatore economico in gara, può costituire sintomo di collegamento tra le offerte e di dubbia trasparenza (TAR Torino, Sent. 328 del 8.3.2017). Pertanto benché, prima dell’introduzione del divieto di legge, non ne potesse discendere come conseguenza l’esclusione automatica, la circostanza doveva comunque essere considerata un indizio di collegamento, rispetto al quale era poi rimesso alla stazione appaltante effettuare gli accertamenti e le valutazioni del caso. Di tali valutazioni, o delle motivazioni per cui non è stato ritenuto opportuno effettuare alcuna valutazione, non vi è traccia nel riscontro offerto da ATAC S.p.A. che rimane, pertanto, sul punto carente, non potendosi ritenere sufficiente, alla luce di quanto sopra rilevato, invocare il mero dato normativo.
Al riguardo deve ulteriormente osservarsi che la documentazione relativa alle offerte, da ultimo inviata dalla stazione appaltante con la nota del 13.9.2019, mostra come in due delle offerte presentate, tra cui quella del RTI poi individuato come aggiudicatario, non sia stata indicata la terna dei subappaltatori, ma un solo subappaltatore, pur a fronte della dichiarazione di voler subappaltare parte della prestazione, con evidente violazione della previsione obbligatoria di cui all’allora vigente art. 105, co. 4, d.lgs. 50/2016. Dai verbali di gara, pure trasmessi, emerge che in sede di verifica della documentazione amministrativa la mancanza è stata rilevata ed è stata successivamente ritenuta ‘mancanza formale non sanzionabile’. Ciò posto, non si ricava dalla documentazione se l’operatore economico sia stato invitato ad integrare la terna, se questa sia stata effettivamente integrata, e con quali soggetti.
ATAC S.p.a. non ha quindi comprovato di aver effettuato una attenta analisi sulle effettive indicazioni dei nominativi dei subappaltatori e su eventuali collegamenti tra le offerte.
SERVIZIO DI RISTORAZIONE - LAVORI ACCESSORI – NECESSARIO SUBAPPALTO QUALIFICANTE
Va anzitutto premesso che la prestazione principale della gara, come specificato al punto 2.2. del Disciplinare, è il servizio di ristorazione (avente un valore di oltre 12 milioni di euro) e che la progettazione e i lavori di manutenzione sono prestazioni secondarie, il cui valore è stimato dalla stazione appaltante in € 224.500.
In relazione all’esecuzione dei lavori predetti, il Disciplinare di gara, all’art. 6.3.1, richiedeva il “possesso di SOA in categoria OG1 – classifica 1 e categoria OS28 classifica 1, o in alternativa i requisiti di cui all’art. 90, c. 1, dpr 207/2010”.
La ricorrente si limita a dedurre il mancato possesso delle qualificazioni SOA da parte dell’aggiudicataria, nulla deducendo circa il mancato possesso dei requisiti alternativi di cui all’art. 90, co. 1, D.P.R. n. 207/2010, né impugna – sul punto – il disciplinare di gara, dal che l’inammissibilità del motivo.
In ogni caso, il motivo è anche infondato, avendo S. dichiarato in sede di gara la propria intenzione di subappaltare integralmente le prestazioni accessorie. Né rileva il fatto che la stessa non abbia indicato il nominativo del subappaltatore, non essendo tale indicazione richiesta dal Disciplinare di gara, il quale, al par. 14.2, richiedeva esclusivamente l’elenco delle prestazioni subappaltabili con la quota percentuale dell’importo complessivo del contratto.
Sotto questo profilo, anche il Disciplinare è esente dal denunciato vizio di illegittimità, essendo sufficiente la mera indicazione delle prestazioni da subappaltare, con rinvio dell’individuazione del subappaltatore qualificato alla fase esecutiva, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa: “ai sensi della disciplina vigente, non occorre la preventiva indicazione del nominativo del subappaltatore, né si rientra nel campo oggettivo nel quale opera la necessaria indicazione della terna dei subappaltatori ai sensi dell'art. 105, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016”; “in sede di presentazione dell'offerta non è necessaria l'indicazione nominativa dell'impresa subappaltatrice anche in caso di subappalto necessario, e cioè allorché il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili (Cons. Stato, Ad. plen., 2 novembre 2015, n. 9; V, 23 giugno 2016, n. 2803)” (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 20 agosto 2019, n. 5745; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 07 gennaio 2019, n. 146).
SUBAPPALTATORE - VIOLAZIONE NORME DIRITTO AMBIENTALE – ESCLUSIONE AUTOMATICA – ILLEGITTIMITA' (105)
L’articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà, o addirittura l’obbligo, di escludere l’operatore economico che ha presentato l’offerta dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell’offerta di detto operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata. Per contro, tale disposizione, letta in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 6, della medesima direttiva, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione.
SUBAPPALTATORE - VIOLAZIONE NORME IN MATERIA DIRITTO AMBIENTALE - ESCLUSIONE (105)
L’articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà, o addirittura l’obbligo, di escludere l’operatore economico che ha presentato l’offerta dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell’offerta di detto operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata. Per contro, tale disposizione, letta in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 6, della medesima direttiva, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione.
CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE O SUBAPPALTO - LIMITI (105.3.Cbis)
Non configura un contratto di subappalto, ma una subfornitura l’attività di trasporto dei pasti dal centro di cottura ai singoli refettori da svolgersi a cura subappaltatore: va, al riguardo evidenziato, che l’aggiudicataria ha sottoscritto con quest’ultima società, prima dell’indizione della gara, un contratto quadro di logistica per il trasporto dei pasti sotto forma di fornitura di servizio (con il quale ha definito le relative obbligazioni) e lo ha dichiarato espressamente in gara, tenendo conto nella presentazione dell’offerta del possibile importo preventivato per il trasporto;
Inoltre, ai fini della qualificazione del rapporto in termini di fornitura e non di subappalto sovvengono le concrete modalità con cui le parti hanno disciplinato il rapporto, prevedendo, in particolare, che tutta la fase di veicolazione dei pasti, compresa l’elaborazione di un piano per il trasporto e la consegna dei pasti, venga assicurata dall’appaltatore che fornisce al mero trasportatore anche le apposite attrezzature (i contenitori di trasporto) e provvede altresì direttamente al carico e allo scarico, nonché alla consegna dei pasti presso le scuole.
Alla luce di tali elementi, ricorre dunque nella specie l’ipotesi di cui all’art. 105, comma terzo, lett. c- bis a mente del quale non si configurano, per la loro specificità, come attività affidate in subappalto “le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura, sottoscritti in epoca anteriore all’indizione della procedura, finalizzata all’aggiudicazione dell’appalto”.
Quest’ultima ipotesi si distingue, infatti, dal subappalto, sia per la direzione soggettiva delle prestazioni affidate (“rese in favore” dei soggetti affidatari che restano pur sempre gli unici responsabili nei confronti della stazione dell’appaltante per l’esecuzione delle prestazioni loro affidate) sia per l’oggetto del contratto (che non riguarda l’affidamento da parte dell’appaltatore a terzi di parte delle medesime prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, ma prestazioni che, pur comprese nel complessivo oggetto del contratto e pur necessarie per la corretta esecuzione della prestazione principale, appaiono rispetto a questa di carattere complementare ed aggiuntivo, avendo natura residuale ed accessoria).
Nel caso di specie, appare evidente, per quanto detto, che l’attività di trasporto fornita dalla società terza ha carattere limitato ed è svolta sempre sotto le direttive e il controllo della ditta affidataria, inserendosi nella più ampia attività di veicolazione dei pasti da eseguirsi ad opera di quest’ultima“.
AVVALIMENTO - AFFIDAMENTO SUBAPPALTO ALL'AUSILIARIA - LIMITI (89.8)
Deve escludersi poi che nel caso di specie si sia in presenza di una fattispecie di cessione del contratto d’appalto o di un subappalto totalitario delle attività previste nel contratto di avvalimento.
Nessuna violazione dell’art. 89, comma 8, del codice dei contratti pubblici è ravvisabile per il fatto che all’ausiliaria sia affidata una quota preponderante delle attività oggetto dell’appalto e finanche di quelle principali, mentre al concorrente residui la sola direzione e coordinamento di tali attività. Nel prevedere che in caso di avvalimento l’appalto «è in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara, alla quale è rilasciato il certificato di esecuzione, e l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati», la richiamata disposizione del codice dei contratti pubblici ha inteso affermare la regola secondo cui l’unico responsabile dal punto di vista giuridico dell’esecuzione del contratto è il concorrente aggiudicatario e che le prestazioni in concreto svolte dall’ausiliaria sono comunque riconducibili all’organizzazione da esso predisposta per l’adempimento degli obblighi assunti nei confronti della stazione appaltante (Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2018, n. 1698)
Il riferimento contenuto invece nell’art. 89, comma 8, del codice dei contratti pubblici all’istituto del subappalto, relativamente alle prestazioni eseguite materialmente dall’ausiliario, è oggetto di una facoltà («l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore»), destinata anch’essa ad operare nella fase di esecuzione del contratto e la cui concretizzazione postula l’assenso dell’amministrazione. Per questa ipotesi non è comunque previsto un limite quantitativo come nel caso del subappalto vero e proprio, ai sensi del sopra richiamato art. 105, comma 2, d.lgs n. 50 del 2016, ma è richiesto il solo rispetto del limite «dei requisiti prestati» dall’ausiliario. Ciò in coerenza con la finalità tipica dell’avvalimento, di utilizzo delle capacità tecniche ed economiche di terzi necessarie per qualificarsi nelle procedure di affidamento di contratti pubblici, ed affinché all’impresa ausiliaria non siano in concreto affidate prestazioni eccedenti la propria capacità tecnica.
CATEGORIE SIOS E LIMITI DEL SUBAPPALTO
Appare opportuno riportare la motivazione del provvedimento di esclusione, contenuta nel verbale della prima seduta di gara tenutasi in data 21 febbraio 2019, nel corso della quale si è ritenuto di “dover escludere il partecipante RTI …. S.r.l., in quanto, non è possibile subappaltare una quota superiore al 30% di una SIOS quando l’importo della stessa è superiore al 10% del valore complessivo dell’affidamento. Ad ogni modo, la capogruppo non può assolvere in proprio a coprire il restante 70% in quanto non è titolare di apposita attestazione SOA per la categoria OS4. Infine, la ……… S.r.l.s., non dichiara di essere iscritta alla white list e da un controllo effettuato presso la white list della Prefettura competente per la sede legale della menzionata società (Prefettura di Napoli), l’operatore economico non risulta iscritto. Il punto 3.4 della lettera di invito chiarisce che “É richiesta l’iscrizione alla White list presso una Prefettura italiana sia per i partecipanti in forma singola, sia da parte di tutti i componenti dei raggruppamenti delle imprese …”
Dalla lettura dell’atto emerge come l’esclusione sia stata correlata a due ordini di ragioni:
a) il fatto che il raggruppamento avesse previsto un subappalto per una quota superiore al 30% in relazione ad una categoria superspecialistica scorporabile OS4 e che, in ogni caso, l’impresa capogruppo non potesse coprire in proprio il restante 70%, per essere essa priva di Soa per la categoria OS4;
b) il fatto che la mandante non avesse dichiarato di essere iscritta nella “white list” e che comunque la stessa non risultasse iscritta nella “white list” della Prefettura di Napoli.
Appare evidente come i due ordini di ragioni indicati siano logicamente autonomi, così da risultare ciascuno astrattamente idoneo a integrare motivazione sufficiente della censurata esclusione.
Ne discende che la legittimità di uno solo dei profili motivazionali indicati, potendo, da solo, integrare ragione autonomamente fondante dell’effetto escludente disposto, comporta la legittimità del provvedimento e la consequenziale carenza di interesse a censurare l’ulteriore profilo motivazionale.
Tanto appare ricorrere con riferimento al secondo ordine di ragioni indicate, a sua volta articolato nei due profili argomentativi, a loro volta autonomi dal punto di vista dell’idoneità motivazionale, della carenza formale della dichiarazione di iscrizione e della sostanziale assenza del requisito.
SIOS - QUALIFICAZIONE INSUFFICIENTE – QUALIFICAZIONE NELLA CATEGORIA PREVALENTE
Il concorrente che non sia in possesso di una qualificazione sufficiente nella categoria c.d. superspecialistica, è tenuto a possedere i requisiti mancanti, per la quota subappaltabile (30%), con riferimento alla propria qualificazione nella categoria prevalente.
OGGETTO: Istanza singola di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs. 50/2016 presentata da PA.E.CO. S.r.l. – Lavori di “Collegamento SS7 – Aeroporto di Grottaglie. Realizzazione, ammodernamento e manutenzione rete viaria con sezione tipo C1” - Importo a base d’asta: 7.819.759,45 euro - S.A.: Provincia di Taranto
SIOS - QUALIFICAZIONE INSUFFICIENTE - SUBAPPALTO SOLO SE QUALIFICATO NELLA PREVALENTE
Il concorrente che non sia in possesso di una qualificazione sufficiente nella categoria c.d. superspecialistica, è tenuto a possedere i requisiti mancanti, per la quota subappaltabile (30%), con riferimento alla propria qualificazione nella categoria prevalente.
Oggetto: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 presentata da Paolo Beltrami Costruzioni S.p.A. – Procedura aperta per l’affidamento dei lavori di realizzazione della nuova scuola primaria di Ciliverghe di Mazzano - Importo a base di gara: euro 3.166.075,37 – S.A.: Centrale Unica di Committenza Mazzano – Nuvolera – Nuvolento
NOLO A FREDDO - NON È SUBAPPALTO
Il nolo a caldo, secondo univoca giurisprudenza, è caratterizzato dal fatto che il locatore mette a disposizione dell'utilizzatore non solo un macchinario (come nel "nolo a freddo"), ma anche un proprio dipendente con una specifica competenza nel suo utilizzo.
Nella specie, viceversa, come può desumersi dalla dichiarazione resa dalla C., il contratto ha avuto ad oggetto esclusivamente la messa a disposizione dei macchinari indicati, cosicché il convenuto regolamento contrattuale è sussumibile nella diversa figura contrattuale atipica del c.d. “nolo a freddo”, a sua volta riconducibile allo schema della "locatio rei". Quest’ultima si distingue dal cd. "nolo a caldo" in quanto contempla la sola locazione dell'attrezzatura, senza alcun riferimento all'utilizzo e/o al funzionamento della stessa. Nel caso di specie, il nolo a freddo ha avuto ad oggetto le singole macchine edilizie destinate all’espletamento delle indicate lavorazioni (vedi offerta tecnica dell’aggiudicataria da pg. 22 a pg 25), considerate nella loro individualità materiale ed economica.
Il corrispettivo di un contratto di noleggio senza conducente non consente di ritenere integrato il contratto di subappalto, in quanto con tale forma di locazione il locatore non assume alcuna incidenza, né oggettiva né soggettiva, sull’esecuzione dei lavori espletata dal locatario, a differenza che nel “nolo a caldo”, ove, oltre al macchinario, il locatore mette a disposizione dell'imprenditore anche un proprio dipendente, con una specifica competenza nel suo utilizzo, la cui attività potrebbe ricondursi alla responsabilità del locatore e quindi dallo stesso computabile nel fatturato annuale (cfr.: T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 29/11/2011, n. 2808).
OMESSA DICHIARAZIONE PARTI SERVIZIO DA SUBAPPALTARE – AMMESSO SOCCORSO ISTRUTTORIO (105.4)
È vero che il citato art. 105, al comma 4, nel prevedere la possibilità di “affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto”, condiziona tale possibilità, tra l’altro, alla circostanza che “all’atto dell’offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare”.
E tuttavia, l’art. 83, al comma 9, prevede che “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all'articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all'offerta economica e all'offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara”.
Il Comune ha sostenuto nelle proprie difese che “l’omessa indicazione delle parti del servizio da affidare un subappalto attiene a un elemento essenziale dell’offerta, trattandosi di un aspetto inerente alle modalità con le quali il concorrente intende realizzare la commessa”, e in quanto tale non regolarizzabile.
Il Collegio ritiene però tale tesi infondata, e che la mancata indicazione delle parti di servizio che si intende subappaltare non sia in alcun modo riconducibile alle “irregolarità afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica” – che attengono invece, rispettivamente, al prezzo e alle modalità tecniche in senso stretto, con riferimento, cioè, al piano di lavoro, personale, metodologie e macchinari impiegati, piani di sicurezza, ecc. – bensì alla “mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi”, genericamente indicati al citato comma 9 dell’art. 83.
È significativo, nell’ottica prospettata, non soltanto che nel medesimo comma sia precisato che il termine, non superiore a dieci giorni, legato al “soccorso istruttorio”, è concesso “perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie”, ma anche che costituiscono irregolarità essenziali non sanabili (solo) “le carenze della documentazione che non consentono l'individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.
Vale a dire che la previsione di cui al citato art. 105, comma 4, secondo cui la possibilità di “affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto”, è condizionata, tra l’altro, alla circostanza che “all’atto dell’offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare”, e le disposizioni del disciplinare di gara che tale disposizione normativa hanno recepito, va coordinata con l’art. 83, per come specificamente modificato sul punto, proprio al fine di ridurre più possibile le esclusioni legate a dichiarazioni mancanti o incomplete.
Oltretutto, va ricordato che nel caso in esame si trattava di omessa di indicazione solo delle parti del servizio che si intendeva subappaltare alle altre 3 imprese, specificamente individuate.
Infine, è utile precisare che le due disposizioni esaminate, cioè quella sull’obbligo di indicare le parti del servizio che si intende affidare in sub appalto e quella sul soccorso istruttorio così ampio, non sono coeve, perché quest’ultima è successiva.
Pertanto, per il Collegio il descritto succedersi nel tempo delle citate disposizioni, e l’ampia formulazione del citato art. 83, impongono a maggior ragione di interpretare l’obbligo di indicare le parti del servizio che si intende affidare in sub appalto alla luce del soccorso istruttorio, ormai reso obbligatorio anche per le “irregolarità essenziali”, e le “dichiarazioni necessarie”.
Vale a dire che, nei casi di mancata dichiarazione sul punto in sede di presentazione dell’offerta, il subappalto sarà vietato solo nel caso in cui l’impresa non integri la propria dichiarazione neppure dopo il termine assegnato dall’Amministrazione.
nei casi di subappalto facoltativo il soccorso istruttorio va ammesso (vedi anche quella giurisprudenza secondo cui più in generale anche la mancata indicazione dei nominativi della terna dei subappaltatori può essere sanata col soccorso istruttorio: TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 29.12.2016 n. 1790. Va peraltro dato atto che per una parte della giurisprudenza il soccorso istruttorio va ammesso perfino nei casi di mancata indicazione del subappaltatore necessario (così TAR Liguria, sez. II, 06.02.2018 n. 112; TAR Veneto, sez. I, 08.03.2017 n. 235; TAR Palermo, sez. III, 07.10.2015 n. 2476).
SUBAPPALTO – LIMITE 30% - ILLEGITTIMO (105.2)
In ordine alla dedotta non applicabilità del limite del 30% di cui all’art. 105 del D.Lgs. 50/2016 al subappalto delle analisi per 47 parametri sui 52 oggetto della procedura di gara effettuato dalla società ausiliaria S. a cinque laboratori, censurata dalla ricorrente, deve essere evidenziato quanto segue.
Il comma 2 dell’art. 105 del Codice appalti prescrive che “Il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare. Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, l'eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”.
Tuttavia, nelle more del giudizio che occupa, la Corte di Giustizia Europea, con sentenza C-63:18 del 26 settembre 2019, ha affermato che “la direttiva 2014/24 dev'essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.
La Corte ha evidenziato in particolare che “durante tutta la procedura, le amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare i principi di aggiudicazione degli appalti di cui all'articolo 18 della direttiva 2014/24, tra i quali figurano, in particolare, i principi di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità” ... “la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell'appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall'appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall'identità dei subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell'ente aggiudicatore”.
Orbene, ritiene il Collegio, in applicazione dei principi dettati dalla CGUE, che non possa più ritenersi applicabile “a priori” il limite del 30% al subappalto, ma che debba comunque essere valutato in concreto se il ricorso al subappalto abbia effettivamente violato i principi di trasparenza, di concorrenza e di proporzionalità.
Nel caso all’esame del Collegio, la società ausiliaria della ricorrente avrebbe dovuto subappaltare più del 90% delle prestazioni oggetto dell’appalto, possedendo l’accreditamento richiesto solamente per 5 dei 52 parametri.
Non è stata fornita alcuna precisa indicazione in sede di offerta circa i laboratori che avrebbero dovuto operare in subappalto, la loro affidabilità, i rapporti intercorrenti tra questi ultimi e l’ausiliaria e la prestazione di impegno dei medesimi ad eseguire le prove di analisi, violando così i predetti principi di trasparenza, di concorrenza e di proporzionalità e rendendo del tutto incerta la corretta esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto.
SUBAPPALTO – LIMITI ILLEGITTIMI
La direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi; osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione.
IL SUBAPPALTO DOPO LA SENTENZA CGUE C-63 (105.2)
L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha inviato un Atto di segnalazione a Governo e Parlamento in tema di subappalto. Come noto, con sentenza dello scorso 26 settembre la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha statuito la non conformità al diritto comunitario della norma nazionale che prevede un limite quantitativo al subappalto, concepita per prevenire rischi di infiltrazione criminale.
Auspicando una opportuna compensazione tra le esigenze di flessibilità imprenditoriale riconosciute a livello europeo e le esigenze nazionali di sicurezza pubblica, da sempre alla base della limitazione all’utilizzo dell’istituto, l’Autorità ha prospettato varie possibili soluzioni relativamente ai profili critici emersi dal pronunciamento della Cgue.
Oggetto: Atto di segnalazione n. 8 del 13 novembre 2019. Concernente la disciplina del subappalto di cui all’art. 105 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50
SUBAPPALTO NON AUTORIZZATO – RISOLUZIONE CONTRATTUALE
L’articolo 57, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che il subappalto, effettuato da un operatore economico, di una parte dei lavori nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, deciso senza il consenso dell’amministrazione aggiudicatrice e che abbia dato luogo alla risoluzione di tale contratto di appalto, costituisce una significativa o persistente carenza accertata nell’ambito dell’esecuzione di una prescrizione sostanziale relativa al suddetto appalto pubblico, ai sensi della disposizione di cui sopra, ed è dunque idoneo a giustificare l’esclusione di tale operatore economico dalla partecipazione ad una successiva procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, nel caso in cui, dopo aver proceduto alla propria valutazione dell’integrità e dell’affidabilità dell’operatore economico interessato dalla risoluzione del precedente contratto di appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice che organizza tale successiva procedura di aggiudicazione di appalto ritenga che un subappalto siffatto determini la rottura del rapporto di fiducia con l’operatore economico in parola. Prima di pronunciare tale esclusione, l’amministrazione aggiudicatrice deve però, in conformità dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva sopra citata, letto in combinato disposto con il considerando 102 di quest’ultima, lasciare la possibilità a detto operatore economico di presentare le misure correttive da esso adottate a seguito della risoluzione del precedente contratto di appalto pubblico.
LIMITI SUBAPPALTO - CONTRASTO CON LA NORMATIVA EUROPEA (105.2 -105.5)
Tale normativa nazionale [DLgs 50/2016, art. 105 comma 2 sul limite complessivo del 30% e art. 105 comma 5 sul limite del 30% per le opere speciali (categorie "sios")] vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore (v., per analogia, sentenza del 5 aprile 2017, Borta, C‑298/15, EU:C:2017:266, punti 54 e 55). Una restrizione al ricorso del subappalto come quella di cui trattasi nel procedimento principale non può essere ritenuta compatibile con la direttiva 2014/24.
La direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.
COLLEGAMENTO TRA IMPRESE – DESIGNAZIONE SUBAPPALTATORE DA DUE O PIU’ CONCORRENTI - EFFETTI (80.5.M)
L’art. 80, comma 5, lettera m), del codice dei contratti, è finalizzato ad evitare che possa aver luogo una concertazione delle offerte tra operatori formalmente distinti, così moltiplicando a danno degli altri concorrenti le proprie chances di aggiudicazione.
L’onere della prova di tale distorsione del confronto concorrenziale ricade sulla parte che ne affermi l’esistenza al fine dell’altrui esclusione dalla gara, e la dimostrazione deve fondarsi su elementi di fatto univoci, desumibili sia dalla struttura imprenditoriale dei soggetti coinvolti, sia dal contenuto delle offerte presentate (cfr. Cons. Stato, V, n. 58/2018), tali da evidenziare un collegamento diretto ed immediato tra operatori in apparenza concorrenti (cfr. Cons. Stato, V, n. 69/2019).
Non è in contestazione la possibilità di risultare subappaltatore designato da due o più concorrenti, risultando tale elemento insufficiente a far supporre una simile concertazione, e finanche un condizionamento nella formulazione delle offerte (cfr. Cons. Stato, III, n. 2317/2018; in tal senso anche la delibera ANAC n. 1228/2017).
CERTIFICAZIONE QUALITÀ CHE NON TOCCA TUTTE LE PRESTAZIONI – AVVALIMENTO E SUBAPPALTO QUALIFICANTE
Diversamente da quanto suggestivamente prospettato dall’appellante, il Tribunale non ha operato alcuna confusione tra gli istituti dell’avvalimento e del subappalto qualificante, delineandone anzi compiutamente le concrete modalità operative nella gara in questione.
In sintesi l’appellante non aveva mai dichiarato di volersi avvalere della certificazione di qualità della ausiliaria con riferimento ai servizi di facchinaggio e neppure ha mai indicato, nonostante l’espressa richiesta formulata dalla stazione appaltante in sede di soccorso istruttorio, quali attività intendesse affidare all’ausiliaria, in ragione di quanto stabilito dall’art. 89, comma 8, e dall’art. 105, comma 6 secondo alinea, del D.lgs. n. 50/2016; aveva piuttosto solo individuato la terna dei subappaltatori (tra i quali figura la ausiliaria), alla quale aveva dichiarato di voler affidare una quota pari al 10 per cento di “eventuali servizi di pulizia e facchinaggio”, ma tale dichiarazione, priva di ulteriori specificazioni, era però contenuta nell’apposita sezione D parte II del DGUE rubricata “Informazioni concernenti i subappaltatori sulle cui capacità l’operatore economico non fa affidamento” (con evidenza riferita ad un subappalto operativo e senza alcuna integrazione, in vece sostitutiva, del requisito mancante al concorrente).
Per converso, nel compilare la sezione C, parte II, “Informazioni sull’affidamento sulle capacità di altri soggetti (Articolo 89 del Codice-Avvalimento)”, l’appellante aveva indicato di ricorrere all’avvalimento da parte dell’ausiliaria solo con riguardo al fatturato, ma non ad altri requisiti (ivi inclusa la certificazione di qualità riferita ai servizi corrispondenti a quelli oggetto di gara).
Né l’appellante ha rimediato alle riscontrate carenze in sede di soccorso istruttorio, precisando quali fossero i requisiti di qualificazione da ricevere dalla designata impresa subappaltatrice o presentando le dichiarazioni integrative previste, per l’ipotesi del subappalto necessario, dall’art. 15.3.1. del Disciplinare, dimostrando di aver inteso delegare la designata ausiliaria a rappresentare, in via sostitutiva, il possesso del requisito mancante.
ILLECITO PROFESSIONALE - NESSUN OBBLIGO PER IL CONCORRENTE DI DICHIARARE LA SUSSISTENZA DI CARICHI PENDENTI (80.5)
Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6, qualora:… c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.
É evidente, dal tenore letterale della stessa, che deve essere la stazione appaltante a dimostrare “con mezzi adeguati” la colpevolezza dell’o.e. per aver dato luogo a gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità/affidabilità.
Nel caso di specie ciò non risulta in alcun modo, provvedendo la stessa stazione appaltante I a definire l’omissione in questione una mera carenza informativa e a non escludere dalla gara l’ati che si sarebbe avvalsa del subappalto di A o A stessa.
La circostanza secondo cui l’Autorità, con nota dell’agosto 2017, aveva ritenuto di prospettare a I che la fattispecie fosse configurabile come grave illecito professionale non rileva, in quanto la norma suddetta lascia alla sola stazione appaltante la valutazione discrezionale - da fondarsi nel caso concreto su “mezzi adeguati” - di inaffidabilità, nella presente fattispecie non operata.
PAGAMENTO DIRETTO DEI SUBAPPALTATORI – GIURISDIZIONE (105.13)
La ricorrente ha lamentato il mancato pagamento delle prestazioni rese, quale subappaltatrice, in favore dell’appaltatrice, nell’ambito delle convenzioni da quest’ultima stipulate con la Prefettura di Roma per l'accoglienza e l'assistenza dei cittadini richiedenti protezione internazionale presso i centri dalla stessa gestiti.
Non avendo ottenuto il pagamento dall’appaltatrice, la ricorrente ha richiesto alla Prefettura di Roma appaltante di sostituirsi alla stessa nel pagamento delle somme dovute, secondo il disposto dell'art. 105, comma 13, del d.lgs. 50/2016, che prevede che la stazione appaltante corrisponda direttamente al subappaltore l'importo dovuto per le prestazioni dallo stesso eseguite in caso di inadempimento dell'appaltatore.
Trattasi, all’evidenza, di vicenda relativa al momento esecutivo del contratto di appalto, nell’ambito del quale vengono in rilievo posizioni soggettive qualificabili come diritti soggettivi di credito, non rientranti nel novero dei casi di giurisdizione esclusiva ex art. 133 c.p.a..
Le norme che dispongono la devoluzione delle controversie attinenti alle procedure di affidamento di appalti pubblici alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, infatti, afferiscono al solo tratto procedimentale e, dunque, pubblicistico delle stesse, ma non anche alla fase esecutiva del relativo rapporto, riservata alla cognizione del Giudice Ordinario.
CONTENUTO DELLA DICHIARAZIONE DI SUBAPPALTO (105)
Va anzitutto rilevato che, ai sensi della disciplina vigente, non occorre la preventiva indicazione del nominativo del subappaltatore, né si rientra nel campo oggettivo nel quale opera la necessaria indicazione della terna dei subappaltatori ai sensi dell’art. 105, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016.
La giurisprudenza ha confermato che in sede di presentazione dell’offerta non è necessaria l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice anche in caso di subappalto necessario, e cioè allorchè il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili (Cons. Stato, Ad. plen., 2 novembre 2015, n. 9; V, 23 giugno 2016, n. 2803).
Per quanto riguarda l’indicazione delle opere da subappaltare ed il conseguenziale rispetto della quota massima (pari al 30 per cento) subappaltabile, occorre anzitutto evidenziare che il riferimento alle “opere idriche e fognature” nella dichiarazione di subappalto consente di ricondurre le prestazioni in categoria OG6.
In ordine alla questione dell’eventuale superamento della quota subappaltabile, appaiono condivisibili le considerazioni svolte dal primo giudice, cui può aggiungersi l’osservazione secondo cui non si tratta di ipotesi di esclusione dalla gara desumibili dal sistema, ma dedotte in via interpretativa da una lettura formalistica delle clausole delle dichiarazioni di subappalto, colmabili invece mediante un’interpretazione complessiva e di buona fede, nella prospettiva che sia assicurata la più ampia partecipazione alle procedure di evidenza pubblica.
OMESSA DICHIARAZIONE DI CONDANNA DA PARTE DEL SUBAPPALTATORE – ESCLUSIONE – LEGITTIMITÀ (105.12)
Il provvedimento di esclusione impugnato ha fatto applicazione dell’art. 80 comma 5 del D. Lgs. n. 50/2016, a mente del quale “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6, qualora: […] f-bis) l'operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.
Si tratta di vedere se tale normativa nazionale sia conforme alla direttiva europea 2014/24/UE di cui costituisce recepimento e, segnatamente, all’art. 71 comma 6 lett. b) della direttiva n. 2014/24/UE, che è del seguente tenore: “Al fine di evitare violazioni degli obblighi di cui all'articolo 18, paragrafo 2, possono essere adottate misure adeguate quali le seguenti: […] b) le amministrazioni aggiudicatrici possono, conformemente agli articoli 59, 60 e 61, verificare o essere obbligate dagli Stati membri a verificare se sussistono motivi di esclusione dei subappaltatori a norma dell'articolo 57. In tali casi le amministrazioni aggiudicatrici impongono all'operatore economico di sostituire i subappaltatori in merito ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi obbligatori di esclusione. Le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre o essere obbligate da uno Stato membro a imporre che l'operatore economico sostituisca i subappaltatori in relazione ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi non obbligatori di esclusione”.
Giova rilevare, in proposito, come il TAR Lazio, sezione II, con ordinanza, 24 maggio 2018 n. 6010, abbia rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione “se gli articoli 57 e 71, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE, ostino a una normativa nazionale, quale quella di cui all’articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la quale prevede l’esclusione dell’operatore economico offerente nel caso di accertamento, in fase di gara, di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore facente parte della terna indicata in sede di offerta, in luogo di imporre all’offerente la sostituzione del subappaltatore designato”.
Orbene, il collegio ritiene che non si configuri il contrasto con la superiore normativa europea, nei termini prospettati dalla società ricorrente.
Dirimente è il richiamo, contenuto in apertura dell’art. 71 comma 6 lett. b) (rubricato: subappalto) della direttiva n. 2014/24/UE, “al fine di evitare violazioni degli obblighi di cui all'articolo 18, paragrafo 2” (a mente del quale: “Gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell'esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell'Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell'allegato X”).
Il chiaro riferimento alla fase di “esecuzione” di appalti pubblici di cui all'articolo 18, paragrafo 2 della direttiva n. 2014/24/UE, unitamente al richiamo ai “subappaltatori” - piuttosto che ai “subappaltatori proposti”, come invece specificato nel precedente comma 2 dell’art. 71 - chiarisce che la disposizione, laddove impone la sostituzione del subappaltatore nei confronti del quale sussistano motivi obbligatori di esclusione, ha esclusivo riguardo alla successiva fase di esecuzione del contratto, come peraltro specificato dall’art. 105 comma 12 del d.lgs. 50/2016 (“L'affidatario deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80”).
Deve pertanto ritenersi che, nel caso di obbligatoria indicazione della terna di subappaltatori, le conseguenze del riscontro di un motivo di esclusione relativamente ad un subappaltatore siano differenti a seconda che tale situazione venga accertata in corso di gara (con esclusione dell’offerente), ovvero in un momento successivo alla stipulazione del contratto (con sostituzione del subappaltatore), e che tale doppio regime sia conforme alla direttiva n. 2014/24/UE.
CONTRATTI CONTINUATIVI DI COOPERAZIONE: UN ESEMPIO NEI SERVIZI DI RISTORAZIONE (105.3.C-BIS)
Relativamente ad un affidamento del servizio di ristorazione con esecuzione del piano di analisi microbiologiche e chimico-fisiche ed esecuzione del piano di lotta agli infestanti, quali roditori, insetti striscianti e volanti, un operatore economico ha provato di avere sottoscritto, in epoca anteriore all’indizione della presente gara (indetta il 9.11.2018, cfr. il doc. 9 della ricorrente), due accordi quadro rispettivamente con A Srl e con B Srl per l’effettuazione del servizio di prelievo ed analisi di campioni da parte della prima società e di sanificazione ambientale nelle cucine e negli ambienti similari da parte della seconda.
Ciò premesso, reputa il Collegio che i due succitati accordi quadro possano essere ricondotti all’ipotesi del comma 3 lettera “c bis” dell’art. 105, per cui gli stessi non configurano un subappalto, secondo la definizione di quest’ultimo data dal codice dei contratti pubblici.
Infatti, i due accordi sono stati entrambi sottoscritto nell’anno 2016, ben prima dell’indizione della presente gara e si tratta di prestazioni rese a favore dell’affidatario e non direttamente della stazione appaltante.
Sul punto si rileva dapprima che certamente le prestazioni di analisi microbiologiche e di lotta agli infestanti rientrano nel complessivo oggetto contrattuale, seppure con le seguenti precisazioni.
L’art. 28 del capitolato speciale d’appalto (CSA, cfr. il doc. 3 della resistente), pone in capo all’appaltatore l’obbligo (punto 4) di predisporre ed applicare un piano di analisi microbiologica, chimica e fisica per il controllo degli alimenti, dell’acqua e delle attrezzature.
La prestazione in capo all’appaltatore è la predisposizione e l’applicazione del piano, nell’ambito della quale si annoverano le analisi, da eseguirsi (cfr. ancora la previsione dell’art. 28 del CSA), da parte di un laboratorio di analisi accreditato.
L’appaltatore si obbliga quindi nei confronti del committente pubblico alla predisposizione ed all’applicazione del piano di analisi e nell’ambito di tale prestazione si inserisce l’attività di laboratorio, svolta a favore dell’appaltatore stesso da un soggetto accreditato e legato al primo da un contratto di collaborazione di cui al citato comma 3 dell’art. 105.
Parimenti, per l’attività di disinfestazione, l’art. 52 del CSA obbliga l’appaltatore alla predisposizione di un piano di operazioni, nell’ambito del quale è previsto il vero e proprio intervento di disinfestazione e di derattizzazione da parte di (così testualmente l’art. 52), una “ditta specializzata”.
Le operazioni materiali di disinfestazione sono quindi svolte a favore dell’affidatario da un’impresa cooperante con il medesimo.
Appare altresì evidente che in entrambi i casi l’appaltatore è responsabile contrattualmente verso il committente di tutte le prestazioni, anche di quelle svolte dalle imprese cooperanti di cui sopra, trattandosi in ogni modo di prestazioni comprese nell’oggetto complessivo del contratto.
Tale conclusione non si pone in contrasto con quanto sostenuto dal Consiglio di Stato nella sentenza della Sezione V n. 7256/2018, sulla portata del comma 3 lettera “c bis” dell’art. 105 sopra citato.
Nel caso di specie l’oggetto espresso dell’appalto, è unicamente quello della produzione dei pasti per il servizio di ristorazione, sicché le prestazione di analisi chimiche e di disinfestazione – pur comprese nel complessivo oggetto del contratto – appaiono di carattere complementare ed aggiuntivo, pur essendo in ogni modo necessarie per la corretta esecuzione della prestazione principale.
REQUISITO DI ESECUZIONE ASSOLTO MEDIANTE CONTRATTO CONTINUATIVO DI COOPERAZIONE (105.3.C-BIS)
La società A s.r.l., che non dispone di una sede operativa rispettosa della prescrizione (con particolare riguardo alla distanza massima dal centro del Comune di riferimento del lotto) e che ha dichiarato di partecipare alla gara singolarmente, di non ricorrere al subappalto né all’avvalimento, ha ritenuto di assolvere l’onere suindicato, come indicato nell’informativa resa ai sensi dell’art. 26 d.lgs. n. 81/2008, mediante il contratto di collaborazione instaurato con altra ditta in possesso del suddetto requisito, all’uopo invocando il disposto dell’art. 105, comma 3, lett. c bis (inserita dall’art. 69, comma 1, lett. c), d.lvo n. 56 del 19 aprile 2017) del d.lvo n. 50/2016, ai sensi del quale “le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto: (….) le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto”.
Il requisito de quo, connesso alla disponibilità di una “sede operativa” avente le indicate caratteristiche geografiche e destinata alla esecuzione del servizio oggetto di affidamento, si presta astrattamente ad essere garantito mediante un “contratto continuativo di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritto in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto”.
In tale ottica, il riferimento alle “prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari” non assume valenza restrittiva (della portata applicativa della previsione), come avverrebbe se si ritenesse che esso implica la necessità che l’utilità della prestazione ridondi ad esclusivo vantaggio, in senso materiale, dell’impresa affidataria (piuttosto che dell’Amministrazione), ma allude alla direzione “giuridica” della prestazione, ovvero al fatto che l’unica relazione giuridicamente rilevante, anche agli effetti della connessa responsabilità, è quella esistente tra stazione appaltante e soggetto affidatario.
FORNITURA E POSA DI CALCESTRUZZO – E’ UN CONTRATTO DI SUBAPPALTO (105)
Si osserva che ai sensi dell’art. 105 è considerato subappalto “il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto” con l’ulteriore specificazione secondo cui “costituisce comunque subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera”.
Premesso che, al fine di stabilire se un subcontratto costituisca o meno un subappalto, occorre una verifica in concreto sulle attività svolte dal subcontraente in cantiere e che tale accertamento compete al Direttore dei Lavori, il quale è preposto alla direzione e al controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione dell’intervento, è necessario evidenziare che “a prescindere dal nomen iuris attribuito al rapporto negoziale dalle parti, deve considerarsi vietato ogni sub contratto che nella sostanza, al fine di aggirare il divieto legislativo miri a raggiungere lo stesso risultato che si realizza con il subappalto, ossia l’esecuzione di tutti o parte dei lavori senza l’autorizzazione della stazione appaltante” (in tal senso si è espressa questa Autorità con delibera n. 847/2016).
Nel caso di specie trattasi di un contratto denominato di fornitura di calcestruzzo con posa in opera, la cui configurazione quale subappalto, ai sensi dell’art. 105 d.lgs. n. 50 del 2016, è funzione dell’elemento discriminante riguardante la trasformazione o meno del bene fornito. Più dettagliatamente, in via generale, quando il bene viene trasformato all’interno del cantiere o vengono apportate modifiche tali da mutarne la destinazione d’uso o la consistenza fisica si è in presenza di un subappalto, viceversa quando il materiale fornito entra già come un bene finito e dunque mantiene inalterate le proprie caratteristiche strutturali la prestazione risulta inquadrabile come fornitura con posa in opera.
Sul punto questa Autorità ha inoltre ritenuto che nel caso della fornitura con posa in opera, la quale, oltre alla fornitura del materiale preconfezionato, comprende generalmente lavorazioni che richiedono l’impiego di macchine particolari e maestranze specializzate (nel caso in oggetto l’utilizzo di una autobetonpompa), sembra prevalere funzionalmente un profilo attinente all’appalto di lavori pubblici essendo il bene finale il risultato di una serie di lavorazioni che potrebbero configurarsi tutt’altro che accessorie o complementari rispetto al bene fornito, anche qualora l’incidenza della manodopera fosse inferiore al 50% del subcontratto affidato.
Oggetto: Comune di Carpenedolo – Lavori di ristrutturazione di Piazza Europa – Stralcio A - CIG 7745514859 - Importo a base d’asta pari a € 850.415,10.
SUBAPPALTO QUALIFICANTE NEGLI APPALTI DI SERVIZI (105)
Va rammentato che, nel regime del codice degli appalti di cui al d.lgs. n. 163/2006, la giurisprudenza aveva riconosciuto, nella forma del c.d. subappalto c.d. necessario o qualificante, la facoltà dell’operatore economico, entro dati limiti, di supplire ad un’abilitazione mancante tramite ricorso al corrispondente requisito del subappaltatore. Ciò in quanto l’art. 42 del d.lgs. n. 163/2006 al comma 1 lettera sub i) prevedeva esplicitamente la facoltà dei concorrenti di fornire la dimostrazione dei requisiti di capacità tecnica e professionale attraverso il ricorso al subappalto. Pertanto, la giurisprudenza, nei casi di suddivisione dell’appalto in una prestazione principale ed altra scorporata, aveva ammesso limitatamente alla prestazione subordinata, che l’impresa partecipante alla gara potesse far ricorso al c.d. subappalto necessario o qualificante (in generale sull’ammissibilità dell’istituto cfr. Cons. Stato Adunanza Plenaria 9.11.2015 n.9, Cons. Stato, V, 21 luglio 2015, n. 3615 e IV, 9 febbraio 2016, n. 520).
Tale orientamento non può dirsi superato per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/20016 poiché il nuovo Codice degli appalti ribadisce la facoltà dell’operatore di comprovare i requisiti di capacità tecnica tramite ricorso al “subappalto necessario”, deponendo in tal senso l’allegato XVII Parte II del d.lgs. n. 50/2016 richiamato, ai fini della comprova dei requisiti, dall’art. 83 comma 2 del d.lgs. n. 50 cit. Ivi infatti tra i mezzi per provare le capacità tecniche degli operatori economiche risulta inclusa l’indicazione della parte che si intende subappaltare alla lettera j. Ciò in coerenza con quanto prescritto dall’art. 105 comma 4 lett. b) d.lgs. n. 50/2016, come modificato dall’art. 69 del correttivo di cui al d.lgs. n. 69/2017, che prescrive il possesso della qualificazione del subappaltatore nella stessa categoria.
Peraltro, la giurisprudenza successiva all’entrata in vigore del codice degli appalti, in linea di continuità con l’indirizzo già affermato dalla Plenaria, ha riconosciuto che nella contrattualistica pubblica l’istituto in esame si è arricchito tramite la figura del cd.subappalto necessario, che ricorre tutte le volte in cui il concorrente, privo di alcuni requisiti, faccia ricorso al subcontratto al fine di imputare al subaffidatario il possesso di tutto quanto non rientri nella sua disponibilità. Ne è conseguita la natura polivalente dell’istituto, di cui, ferma restando la sua collocazione in fase di esecuzione, non può essere trascurata anche un’incidenza in chiave partecipativa (cfr in tal senso T.a.r. Campania Napoli sez. I 2018 n.1336; Ta.r. Lazio Roma 146 del 2019).
Né, in senso contrario può validamente richiamarsi la pronuncia del T.a.r. Milano sez. IV 17.10.2018 n. 2322 in quanto relativa al caso differente di una qualificazione richiesta tramite subappalto nella fattispecie di un appalto misto ove l’art. 28 comma 1 del codice impone agli operatori concorrenti di possedere i requisiti di qualificazione e le capacità per ciascuna prestazione.
ATTIVITÀ DI PROGETTAZIONE - CONSULENZE E SUBAPPALTO (31.8)
L’art. 105 d.lgs. 50/2016 definisce il subappalto il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Il subappalto rientra, quindi, nella categoria dei subcontratti, caratterizzati dalla circostanza che derivano dal contratto principale. Per comprendere, dunque, la struttura del subcontratto è necessario principiare ed esaminare il contratto principale.
Nel caso di specie, per verificare se la nomina dei tre consulenti da parte del RTP ricorrente costituisca o meno un subappalto, è necessario prima esaminare l’oggetto della gara e poi l’oggetto dei contratti stipulati con i predetti consulenti. Qualora emerga che l’oggetto di quest’ultimi contratti sia rappresentato dall’esecuzione di parte delle prestazioni oggetto del contratto di appalto, si dovrà ritenere integrato un contratto di subappalto.
Ne consegue che la ricorrente ha posto in essere un comportamento contraddittorio, in quanto ha dapprima dichiarato di non volersi avvalere del subappalto per poi di fatto volerlo utilizzare nella sostanza.
Tale comportamento è tanto più grave anche luce dell’art. 31, comma 8, d.lg. 50/2016, che vieta il subappalto per gli incarichi di progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, direzione dei lavori, direzione dell’esecuzione coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo. L’affidatario, precisa la norma, non può avvalersi del subappalto, fatta eccezione per indagini geologiche, geotecniche e sismiche, sondaggi, rilievi, misurazioni e picchettazioni, predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con esclusione delle relazioni geologiche, nonché per la sola redazione grafica degli elaborati progettuali. Resta, comunque, ferma la responsabilità esclusiva del progettista.
Del resto, anche le Linee Guida Anac (n. 1, approvate con Delibera n. 973/2016) hanno precisato che “le attività di supporto alla progettazione attengono ad attività meramente strumentali alla progettazione (indagini geologiche, geotecniche e sismiche, sondaggi, rilievi, misurazioni e picchettazioni, predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con l’esclusione delle relazioni geologiche, nonchè la sola redazione grafica degli elaborati progettuali). La «consulenza» di ausilio alla progettazione di opere pubbliche continua a non essere contemplata anche nel nuovo quadro normativo; ciò discende dal principio generale in base al quale la responsabilità della progettazione deve potersi ricondurre ad un unico centro decisionale, ossia il progettista”.
Poiché le tre consulenze sopra indicate non rappresentano di certo attività meramente strumentali alla progettazione, ma integrano un concreto ausilio alla progettazione, ne consegue che il ricorso va respinto, in quanto la ricorrente ha espressamente dichiarato di non volersi avvalere del subappalto, quando poi nel caso concreto ha formulato una offerta che presupponeva l’operatività del subappalto, comunque vietato dal codice dei contratti pubblici
DIVIETO DI AVVALIMENTO PER IL REQUISITO DI ISCRIZIONE ALL’ALBO NAZIONALE DEI GESTORI AMBIENTALI DI - NON PUÒ ESTENDERSI ANALOGICAMENTE AL SUBAPPALTO (89.10)
Il Collegio osserva che il divieto di cui all’art. 89 co.10 D.Lgs. n.50/2016 non può estendersi analogicamente anche ad altri casi, come nella fattispecie al subappalto, in quanto eccezione al principio generale tendente a garantire la massima partecipazione possibile alle procedure di affidamento delle commesse pubbliche. La necessità, infatti, di assicurare la più ampia partecipazione delle imprese alle predette procedure costituisce una finalità essenziale dell’intera disciplina eurounitaria al punto da assurgere al rango di vero e proprio criterio interpretativo generale ed unitario di riferimento per la corretta applicazione della normativa europea e nazionale e delle clausole dei bandi e dei disciplinari di gara poiché, da un lato, funzionale a garantire l’unicità del mercato unico europeo mediante concrete, certe e chiare regole di accesso per le imprese di qualsivoglia Paese dell’Unione Europea interessate, e dall’altro, propedeutica a favorire la concorrenza e, dunque, il reperimento sul mercato della migliore offerta possibile da parte della Stazione appaltante.
Non essendo, dunque, espressamente proibito dalla normativa di riferimento, il ricorso al c.d. “subappalto necessario” (per la cui ammissibilità vedi, Consiglio di Stato, sezione V, 10 febbraio 2015, n. 676; 25 febbraio 2015 n. 944; 26 agosto 2014, n. 4299; 21 novembre 2012, n. 5900) per la dimostrazione del possesso del requisito richiesto per la partecipazione alla procedura in questione e non essendo ammissibile applicazione analogica alcuna dell’art.89 co.10 D.Lgs. n.50/2016 per le anzidette ragioni, deve ritenersi legittimo l’operato dell’impresa ricorrente nella circostanza, considerato che, secondo quanto dalla medesima affermato e dall’Amministrazione resistente non contestato, l’entità economica della prestazione da eseguire in regime di subappalto non supera il 30% dell’importo complessivo dell’appalto di servizi in affidamento.
Conformemente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza prevalente in vigenza del vecchio codice degli appalti, anche con il nuovo codice degli appalti, deve confermarsi che, in sede di offerta, non sia necessaria l'indicazione del nominativo del subappaltatore, nemmeno qualora si tratti di subappalto necessario, ovverosia relativo a opere o servizi per i quali l'impresa subappaltante non possieda in proprio i requisiti di partecipazione” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 07/01/2019, n.146).
La giurisprudenza ha ritenuto «legittima la scelta della stazione appaltante di attivare il soccorso istruttorio per integrare il DGUE risultato incompleto in alcune parti» (Consiglio di Stato sez. V, 18/10/2018, n.5958) e financo possibile l’applicabilità del soccorso istruttorio all’ipotesi di totale mancanza del DGUE (Documento di Gara Unico Europeo) in quanto espressamente riconosciuta dall’art. 83 comma 9, secondo periodo, d.lgs. n. 50/2016 (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 17/07/2018, n.8011).
INTEGRAZIONE TERNA SUBAPPALTATORI A SEGUITO DELLA AGGIUDICAZIONE SOCCORSO ISTRUTTORIO (105)
VISTO l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che consente «l'esperibilità del potere di soccorso istruttorio in relazione alla mancata o errata indicazione della terna dei subappaltori, così sostanzialmente consentendo l'indicazione, l'integrazione o la correzione della terna dei subappaltatori anche successivamente alla scadenza dei termini per la formulazione delle offerte» (Tar Campania Salerno, 27 aprile 2018, n. 677; Tar Lazio, 20 novembre 2017, n. 11438); «Se sono consentite specificazioni e integrazioni sul rapporto instaurato con l’impresa ausiliaria, a maggior ragione si devono ammettere delucidazioni e chiarimenti sui soggetti subappaltatori» (Tar Lombardia Brescia, 29 dicembre 2016, n. 1790);
VISTO il Parere di precontenzioso reso con delibera n. 50 del 1° febbraio 2017, a tenore del quale «il soccorso istruttorio deve ritenersi pacificamente esperibile anche dopo l’adozione del provvedimento di aggiudicazione qualora la stazione appaltante non si sia avveduta della carenza documentale nella fase di controllo delle dichiarazioni ma solo a margine dell’aggiudicazione definitiva, giacché la stazione appaltante non consuma il potere di verifica del possesso dei requisiti, che può pertanto essere esercitato successivamente alla fase di controllo delle dichiarazioni e dei documenti prodotti in gara» (cfr. TAR Puglia nella sentenza n. 948 del 20 luglio 2016);
CONSIDERATO che, nel caso di specie, la A dichiarava nella propria offerta l’intenzione di subappaltare e specificava le attività che intendeva subappaltare. In sede di soccorso istruttorio, essa integrava i nominativi della terna di subappaltatori e veniva ammessa al prosieguo della gara. A indicava inoltre, nell’offerta tecnica, ulteriori ditte per le medesime attività di assistenza e manutenzione;
CONSIDERATO che l’errore nell’indicazione della denominazione sociale del primo subappaltatore e della partita IVA del secondo, appaiono frutto di un errore materiale che peraltro non ne impediva l’esatta individuazione;
RITENUTO quindi che, nel caso di specie, appare legittimo consentire al concorrente aggiudicatario di integrare la terna dei subappaltatori, dal momento che la S.A., dopo aver esperito un primo soccorso istruttorio, ammetteva il concorrente al prosieguo della gara e si avvedeva dell’ulteriore carenza documentale solo a seguito dell’aggiudicazione.
OGGETTO: Istanza di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs. 50/2016 presentata da ______Omissis_________ – Procedura aperta per la fornitura di 18 ambulanze e servizi di assistenza e manutenzione per 5 anni – S.A. ______Omissis_________ - Criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa - Importo a base d’asta: euro 1.332.000,00
SE L’AUSILIARIA DIVENTA SUBAPPALTATORE NON E’ VINCOLATA AI LIMITI MASSIMI (30%) DEL SUBAPPALTO (89.8)
L’interpretazione degli artt. 89, co. 8, e 105 d.lgs. n. 50/2016 proposta da parte ricorrente, secondo cui anche nell’avvalimento operativo opererebbe il limite massimo del 30% di attività svolgibili dal terzo, previsto invece per il subappalto, non è condivisibile.
Va premesso al riguardo che l’avvalimento è un istituto di matrice eurounitaria, la cui evoluzione è stata influenzata della giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale ha mostrato un accentuato favor verso l’istituto ed è stata invece propensa a limitare le disposizioni nazionali che ne ostacolano l’utilizzabilità.
Di conseguenza, come sancito anche dal Consiglio di Stato (Ad. Plen., 4 novembre 2016, n. 23) proprio in tema di avvalimento, “trattandosi di obiettivi generali dell'ordinamento Eurounitario (e sulla base di generali canoni ermeneutici di matrice UE), grava sull'operatore nazionale l'obbligo di interpretare le categorie del diritto nazionale in senso conforme ad essi (c.d. criterio dell'interpretazione conforme) e di non introdurre in relazione ad essi vincoli e limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli che operano in relazione alle analoghe figure del diritto interno (si tratta di un corollario applicativo dei generali principi di parità di trattamento e di non discriminazione che devono assistere le posizioni giuridiche e gli istituti di matrice Eurounitaria)”.
Da quanto sopra, consegue l’inammissibilità dell’interpretazione dell’art. 89 co. 8 d.lgs. n. 50/2016, poiché si risolverebbe nell’estendere in via interpretativa all’avvalimento operativo un limite invece espressamente posto solo per il subappalto dall’art. 105.
Piuttosto, la disposizione di cui al co. 8 dell’art. 89 va interpretata tenendo presente che le prestazioni contrattuali dell’appalto, pur se in concreto eseguite nell’ambito dell’organizzazione aziendale dell’ausiliaria (organizzazione messa a disposizione tramite il contratto di avvalimento), rientrano nella sfera del rischio economico-imprenditoriale dell’impresa concorrente alla gara. L’impresa ausiliata resta dunque la controparte contrattuale della stazione appaltante, sia pure con la garanzia della responsabilità solidale dell’ausiliaria (co. 5). Per tale ragione, infatti, il contratto si ritiene eseguito dalla concorrente e alla stessa è rilasciato il certificato di esecuzione (co. 8).
È questo il significato della previsione dell’art. 89, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2006, che marca anche la differenza rispetto al subappalto, non a caso richiamato nell’ultimo inciso dello stesso comma: a differenza dell’impresa ausiliaria, l’impresa subappaltatrice assume in proprio il rischio economico-imprenditoriale dell’esecuzione delle prestazioni sub-appaltate, secondo lo schema tipico del contratto derivato dal contratto principale, perciò diverso è il rapporto giuridico tra subappaltatore e appaltatore, da un lato, e tra entrambi e la stazione appaltante, dall’altro (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2018, n. 1698).
Subappalto e avvalimento operativo non sono dunque sovrapponibili: come già osservato da questo Tribunale (cfr T.A.R. Piemonte, Sez. I, 11 maggio 2018, n.578), “il subappalto è un istituto che prima di tutto consente all’appaltatore di delegare a terzi la esecuzione di una parte dell’appalto e quindi, in sostanza, di non doversi organizzare per eseguire direttamente tutto l’appalto: è ben vero che esso può essere funzionale anche alla dimostrazione dei requisiti e che in tal senso l’avvalimento può avvenire anche mediante ricorso al subappalto; ma non si può sottacere che la sua causa è, in origine, quella di realizzare una parziale cessione del contratto d’appalto. Nella materia degli appalti pubblici la disciplina del subappalto differisce significativamente da quella dell’avvalimento o del raggruppamento di imprese, in quanto non comporta assunzione diretta di responsabilità del subappaltatore nei confronti della stazione appaltante, a conferma del fatto che esso realizza piuttosto una modalità di organizzazione interna del lavoro, che normalmente ha anche un determinato vantaggio per l’appaltatore”.
Inoltre, l’avvalimento implica che il concorrente che abbia dichiarato di volersi avvalere delle risorse di un’impresa ausiliaria, debba avere immediata disponibilità delle medesime, nel senso che deve poterle usare per eseguire il contratto senza l’intermediazione della suddetta impresa. Ciò non avviene, invece, per l’ipotesi di subappalto, in cui parte della commessa viene eseguita direttamente dall’impresa subappaltatrice.
Dalle enunciate significative differenze tra i due istituti, discende conclusivamente l’impossibilità di estendere in via analogica all’avvalimento (ancorché operativo) il limite del 30% di attività delegabili, dettato espressamente per il subappalto dall’art. 105 d.lgs. n. 50/2016. Ne consegue anche che non deve essere verificato, nel caso di specie, in che misura percentuale si ponga, rispetto all’attività complessiva dell’appalto, quella svolta dall’ausiliaria.
SUBAPPALTO NECESSARIO – VIGENZA - NON NECESSITA DI INDICAZIONE DEL NOMINATIVO DEL SUBAPPALTATORE (105)
Sebbene il D.M. 10/11/2016, n. 248, Regolamento recante individuazione delle opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica e dei requisiti di specializzazione richiesti per la loro esecuzione, adottato ai sensi dell'articolo 89, comma 11, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, abbia determinato, conformemente a quanto disposto dall’art. 216, comma 15, del nuovo codice, l’abrogazione delle disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, si deve ritenere che tale abrogazione abbia interessato la disciplina delle cosiddette SIOS, ma non abbia determinato la inapplicabilità dell’istituto del subappalto obbligatorio (qualificante) per le opere e lavorazioni a qualificazione obbligatoria (non SIOS); ciò in quanto la suddetta abrogazione appare limitata alle disposizioni contenute nei commi 3, 5, 8, 9 e 11 del richiamato art. 12, ma non sembra potersi estendere alla norma recata dal comma 2 che consente, in conformità ai consolidati principi della normativa di settore, l’ammissione alla gara anche al concorrente che non possiede la qualificazione in ciascuna delle categorie a qualificazione obbligatoria (non SIOS), purché qualificato, per la categoria prevalente, con una classifica corrispondente all’importo totale dei lavori e purché si sia impegnato, per l’esecuzione dei lavori, a subappaltare le opere scorporabili ad una impresa in possesso della relativa qualificazione” (cfr. ordin n. 7631/2018 del 14.12.2018).
Dal predetto comma 2 dell’art. 12 del d.l. n. 47/2014 e dall’art. 92 c. 1 del DPR n. 207/2010 (che, a norma degli artt. 83 comma 2 ultimo periodo e 214 comma 16 del d.lgs. n. 50/2016, continua ad applicarsi fino all’adozione delle Linee Guida previste dal c. 2, prima parte) scaturisce, in verità, la regola generale per cui l’impresa singola che sia qualificata nella categoria prevalente per l’importo totale dei lavori può eseguire tutte le lavorazioni oggetto di affidamento ove copra con la qualifica prevalente i requisiti non posseduti nelle scorporabili, con l’eccezione secondo la quale, le “categorie a qualificazione obbligatoria” – tra cui è compresa la OS 28 – non potendo essere eseguite direttamente dall’affidatario, qualificato solo per la categoria prevalente, devono essere subappaltate ad imprese munite delle specifiche attestazioni. Né la validità dell’offerta della ricorrente può essere inficiata, come sostenuto dall’Amministrazione e dalle controinteressate, dalla omessa indicazione del nominativo del subappaltatore.
La disciplina del subappalto cd. “necessario” – che deve considerarsi, come osservato, in tal caso ancora operante – è stata efficacemente ricostruita dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, nella decisione n. 9/2015 ha evidenziato che “l'art. 92, commi 1 e 3, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, che disciplina i requisiti di partecipazione alla gara, stabilisce, innanzitutto, che, ai predetti fini, è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente (quando il concorrente, singolo o associato, non la possieda anche per le categorie scorporabili), purché per l'importo totale dei lavori. Il combinato disposto degli artt. 92, comma 7 e 109, comma 2, d.P.R. cit. e 37, comma 11, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 chiarisce, poi, che il concorrente che non possiede la qualificazione per le opere scorporabili indicate all'art. 107, comma 2 (c.d. opere a qualificazione necessaria) non può eseguire direttamente le relative lavorazioni, ma le deve subappaltare a un'impresa provvista della relativa, indispensabile qualificazione. L'art. 118 d.lgs. cit. (collocato sistematicamente entro la Sezione V del codice, rubricata "principi relativi all'esecuzione del contratto") si occupa, invece, di definire le modalità e le condizioni per il valido affidamento delle lavorazioni in subappalto e prevede, per quanto qui rileva, che all'atto dell'offerta siano indicati (solo) i lavori che il concorrente intende subappaltare e che l'affidatario depositi, poi, il contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di inizio delle relative lavorazioni (unitamente a tutte le attestazioni e dichiarazioni prescritte). Dall'analisi delle regole appena citate si ricavano, quindi, i seguenti principi: a) per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l'importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili (neanche in quelle indicate all'art. 107, comma 2, d.P.R. cit.); b) le lavorazioni relative alle opere scorporabili nelle categorie individuate all'art. 107, comma 2, d.P.R. cit. non possono essere eseguite direttamente dall'affidatario, se sprovvisto della relativa qualificazione (trattandosi, appunto, di opere a qualificazione necessaria); c) nell'ipotesi sub b) il concorrente deve subappaltare l'esecuzione delle relative lavorazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione; d) la validità e l'efficacia del subappalto postula, quali condizioni indefettibili, che il concorrente abbia indicato nella fase dell'offerta le lavorazioni che intende subappaltare e che abbia, poi, trasmesso alla stazione appaltante il contratto di subappalto almeno venti giorni prima dell'inizio dei lavori subappaltati; e) il subappalto è un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell'appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), di talché il suo mancato funzionamento (per qualsivoglia ragione) dev'essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice (tra le quali, ad esempio, l'incameramento della cauzione). Si tratta come si vede di un apparato regolativo compiuto, coerente, logico e, soprattutto, privo di aporie, antinomie o lacune. Ora, a fronte di un sistema di regole chiaro e univoco, quale quello appena esaminato, restano precluse opzioni ermeneutiche additive, analogiche, sistematiche o estensive, che si risolverebbero, a ben vedere, nell'enucleazione di una regola non scritta (la necessità dell'indicazione del nome del subappaltatore già nella fase dell'offerta) che (quella sì) configgerebbe con il dato testuale della disposizione legislativa dedicata alla definizione delle condizioni di validità del subappalto (art. 118, comma 2, d.lgs. cit.) e che, nella catalogazione (esauriente e tassativa) delle stesse, non la contempla. Secondo il canone interpretativo sintetizzato nel brocardo in claris non fit interpretatio (e codificato all'art. 12 delle Preleggi), infatti, la prima regola di una corretta esegesi è quella che si fonda sul significato delle parole e che, quindi, là dove questo risulta chiaro ed univoco, quale deve intendersi il dato testuale della predetta disposizione, non è ammessa alcuna interpretazione che corregga la sua portata precettiva (per come desunta dal lessico ivi utilizzato, ove risulti privo di ambiguità semantiche). Ma anche in ossequio al canone interpretativo espresso nel brocardo ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit si perviene alle medesime conclusioni. Là dove, infatti, l'art. 118, secondo comma, d.lgs. cit., ha catalogato (articolandoli in quattro lettere) i requisiti di validità del subappalto, ha evidentemente inteso circoscrivere, in maniera tassativa ed esaustiva, a quei presupposti (e solo a quelli) le condizioni di efficacia del subappalto, sicché ogni opzione ermeneutica che si risolvesse nell'aggiunta di un diverso ed ulteriore adempimento (rispetto a quelli ivi classificati) dev'essere rifiutata in quanto finirebbe per far dire alla legge una cosa che la legge non dice (e che, si presume, secondo il suddetto canone interpretativo, non voleva dire). Dall'esame della vigente normativa di riferimento può, in definitiva, identificarsi il paradigma (riferito all'azione amministrativa, ma anche al giudizio della sua legittimità) secondo cui l'indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all'atto dell'offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell'esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulta indispensabile il loro subappalto a un'impresa provvista delle relative qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi, impropriamente definita come "subappalto necessario").” (cfr. Ad. Plen n. 9/2015 del 2.11.2015).
SUBAPPALTO - ACCESSO AGLI ATTI - LEGITTIMO PER OPERATORE INDICATO NELLA TERNA
La ricorrente ha infatti affermato «la propria posizione differenziata e qualificata che la legittimerebbe all'accesso (dovuta alla indicazione della propria denominazione sociale tra i possibili subappaltatori e alla necessità di conoscere quali segreti industriali della ricorrente sarebbero stati ricompresi negli atti prodotti in gara a corredo dell'offerta)». Il ricorso viene accolto dai giudici che riconoscono all'impresa ricorrente «la legittimazione all'accesso (determinandone una posizione qualificata a conoscere gli atti in questione)». Non solo: «appare in astratto rilevante in un ipotetico giudizio (che la ricorrente si assume pronta ad intraprendere) di accertamento della mancata stipulazione del subappalto per i lavori categoria OS4 aggiudicati al Rti, che per espressa ammissione della stazione appaltante saranno svolti dalla mandante». Pertanto, i giudici concludono che «Trenitalia deve essere condannata a fornire alla ricorrente l'accesso al progetto esecutivo ed alla offerta tecnica del RTI nella gara in questione (ma non dell'offerta economica, che per sua natura non può contenere elementi dell'offerta tecnica, e dunque segreti industriali) entro giorni trenta dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, con esclusione degli atti che fossero già stati prodotti in giudizio».
CONTRATTI DI COOPERAZIONE – CONFIGURAZIONE E LIMITI ALLA LORO APPLICABILITA’ (105.3.C-BIS)
Non è possibile prescindere dal principio, affermato da condivisibile giurisprudenza (TAR Sicilia, Palermo, sezione III, n. 2583\2018) “in ragione del quale le attività oggetto di appalto devono, in linea di principio, essere eseguite dal soggetto che risulta aggiudicatario delle stesse, con le eccezioni, e le correlate cautele, espressamente previste per legge”.
Per tale ragione, l’esclusione alla nozione di subappalto operata dalla lett c-bis del comma 3 dell’art. 105 del decreto legislativo n. 50\2016, debbono essere limitate ad attività sussidiarie e secondarie rispetto a quelle propriamente rientranti nell’oggetto dell’appalto, pena una “vistosa la deviazione rispetto al principio di personalità nell’esecuzione dell’appalto, in assenza di alcuna forma di tutela degli interessi pubblici immanenti nell’aggiudicazione ed esecuzione di un appalto; per cui non potrebbe non dubitarsi seriamente della congruenza della norma con le disposizioni comunitarie e financo costituzionali incidenti sulla materia”.
COMMISSIONE EUROPEA - PROCEDIMENTO DI INFRAZIONE NORMATIVA COMUNITARIA
la Commissione ha individuato disposizioni non conformi in diversi articoli del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, contenente il codice dei contratti pubblici e modificato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 564 (in appresso “il codice italiano dei contratti pubblici” o “il decreto legislativo 50/2016”), e nell’articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (in appresso “il DPR 380/2001”)
SUBAPPALTO- INCOMPLETE DICHIARAZIONI - NON IMMEDIATA ESCLUSIONE
E’ indubbio che la dichiarazione di subappalto possa essere limitata alla mera indicazione della volontà di avvalersene nelle ipotesi in cui il concorrente sia in possesso delle qualificazioni previste per l’esecuzione in via autonoma delle prestazioni oggetto dell’appalto; è altrettanto indubbio che l’eventuale incompletezza delle indicazioni e dei documenti concernenti l’identità e la qualificazione dei subappaltatori preclude la possibilità di esercitare la facoltà di subappalto, ma non determina l’esclusione dell’offerta che partecipa alla procedura, ove non venga in rilievo il diverso profilo del difetto di qualificazione di quest’ultimo rispetto alle prestazioni interessate dal subappalto.
Il punto critico, nella fattispecie in esame, è che la ricorrente ha espresso l’offerta individualmente, introducendo però in gara soggetti terzi, senza consentirne neppure la verifica dei requisiti di ordine generale e speciali. Il corollario, a termini della documentazione di gara e dei contenuti cristallizzati nell’offerta è, come condivisibilmente rilevato dalla sentenza di prime cure, che «una parte non irrilevante -(delle prestazioni contrattuali)- è destinata a rimanere ineseguita, in quanto, al di là del fatto che Alfa stessa possa essere o meno in possesso dei requisiti necessari per eseguire in proprio l’attività di formazione, tale attività non potrà essere eseguita né da Alfa che ha espressamente affermato di assegnarla ad altri soggetti, né tanto meno da questi ultimi che non hanno in alcun modo partecipato alla gara e che non sono stati contemplati, nei modi e nei tempi dovuti, quali soggetti deputati ad eseguirla».
Non vi è dunque un problema di indicazione inadeguata del subappaltatore, ma di mancata espressione della volontà di ricorrere al subappalto, in contrasto con l’affidamento di talune prestazioni, peraltro qualificanti il contratto, a soggetti identificati, ma che sono rimasti estranei alla gara. Viene in rilievo, ad avviso della Sezione, una situazione ben più complessa sotto il profilo giuridico, che attiene alla portata dell’impegno negoziale assunto dalla ditta con la stazione appaltante, (impegno) il quale, per essere considerato efficace, comporterebbe, concettualmente, una non consentita modifica dell’offerta tecnica. Modifica non suscettibile neppure di sanatoria all’esito del soccorso istruttorio, proprio in quanto concernente l’offerta (tecnica).
L’esclusione è dunque stata correttamente accertata dalla sentenza, evidentemente non in violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, di cui all’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, ma in coerente applicazione delle norme contenute nello stesso codice dei contratti pubblici.
SUBAPPALTO - CERTIFICAZIONE LAVORI ESEGUITI (105.22)
L’art. 105, comma 22, del d.lgs. n. 50/2016: “Le stazioni appaltanti rilasciano i certificati necessari per la partecipazione e la qualificazione di cui all'articolo 83, comma 1, e all'articolo 84, comma 4, lettera b), all'appaltatore, scomputando dall'intero valore dell'appalto il valore e la categoria di quanto eseguito attraverso il subappalto. I subappaltatori possono richiedere alle stazioni appaltanti i certificati relativi alle prestazioni oggetto di appalto realmente eseguite”.
Tale disposizione, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, non costituisce una norma generale dettata per tutte le tipologie di appalto, tanto da imporre per ogni settore dei contratti pubblici il divieto per l’operatore economico di far valere nell’ambito del proprio fatturato, quanto realizzato mediante il subappalto.
Depone in questo senso la piana lettura della disposizione che contiene precisi riferimenti allo specifico settore degli appalti di lavori.
QUALIFICAZIONE PER SCORPORABILE DI VALORE SUPERIORE A 150.000 E SUBAPPALTO (84)
L’art. 109, comma 2, DPR 207/2010 recita: “Non possono essere eseguite direttamente dall’affidatario in possesso della qualificazione per la sola categoria prevalente, se privo delle relative adeguate qualificazioni, le lavorazioni, indicate nel bando di gara o nell’avviso di gara o nella lettera di invito, di importo superiore ai limiti indicati dall’articolo 108, comma 3, relative a:
a) categorie di opere generali individuate nell’allegato A;
b) categorie di opere specializzate individuate nell’allegato A come categorie a qualificazione obbligatoria.”. I limiti di cui all’art. 108, comma 3, sono pari a 150.000 euro ed il valore dello opere scorporabili dell’appalto in discussione è pari a 155.000 euro.
Lo stesso art. 109 citato prevede che laddove l’impresa partecipante alla gara abbia la qualificazione per l’opera prevalente, ma non per quella specializzata debba ricorrere al subappalto con ditta in possesso della qualificazione richiesta nel limite del 30% dell’importo.
L’altra possibile soluzione è quella di costituire un A.T.I. con una società in possesso della qualificazione per le opere scorporabili.
La soluzione indicata dall’art. 90 DPR 207/2010 riguarda solamente lavori pubblici di importo pari o inferiore a 150.000 euro.
Nel bando invece si opera una illegittima commistione tra i due criteri, consentendo prima il ricorso al subappalto e poi per l’importo residuo, inevitabilmente inferiore a 150.000 euro si dà la possibilità di esecuzione al possessore della qualificazione per l’opera principale laddove possegga i requisiti semplificati di cui al citato art. 90.
La soglia delle opere scorporabile necessaria per stabilire a quale dei due criteri si debba ricorrere per valutare la qualificazione tecnica dipende dall’importo riportato nel bando per le stesse.
Nel caso in esame, trattandosi di un importo superiore alla soglia di cui all’art. 108, comma 3, DPR 207/2010, era necessario ricorrere al subappalto all’associazione temporanea con altra impresa.
Il bando stesso è contraddittorio al punto C1 in quanto da un lato afferma che: “Per la partecipazione alla gara, fermo restando quanto disposto dall’art 92 del DPR 207/2010, è richiesto il possesso di regolare attestazione SOA nella Categoria prevalente (OG1) per classifica adeguata alla realizzazione dei lavori di cui trattasi (così come indicati nella suddetta tabella), nonché il possesso di adeguata qualificazione (attestazione SOA), relativamente alla categoria scorporabile SIOS (OS32), e prevista a qualificazione obbligatoria, almeno per la percentuale non affidata/affidabile in subappalto al fine del rispetto dei limiti di cui all’art 105, commi 2 e 5, del D.lgs. 50/2016.
Si precisa che in caso di subappalto, nei limiti del 30% dell’importo della categoria OS32, il concorrente potrà qualificarsi per la parte restante mediante possesso dei requisiti ex art 90 del DPR 207/2010 e in tal caso, fermo restando tutto quanto sopra, i requisiti mancanti relativi alla categoria scorporabile devono essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente; pertanto, in tal caso, il concorrente dovrà essere qualificato per la categoria OG1, tramite regolare attestazione SOA in classifica II.”; dall’altro immediatamente dopo: “l’operatore economico NON in possesso dei requisiti inerenti la cat. OS32 non potrà affidare totalmente in subappalto le lavorazioni di detta categoria (in quanto eccederebbe il limite max del 30% dell’importo della categoria) e pertanto – almeno per la parte non subappaltabile – dovrà partecipare in forma di costituito/costituendo raggruppamento.”.
Il ricorso alla qualificazione semplificata che prescinde dall’attestazione SOA può essere utilizzata solo per lavori di importo non superiore a 150.000 euro, ma il valore di riferimento è l’importo presente nel bando che non può essere ridotto con l’utilizzazione prima della facoltà del subappalto per essere portato sotto soglia e poi con i requisiti semplificati previsti dall’art. 90.
La previsione in tal senso del bando è illegittima così come sono illegittimi gli atti della Commissione di gara di ammissione alla gara e di successiva aggiudicazione”.
SUBAPPALTO - NECESSARIA INDICAZIONE PRESTAZIONI DA SUBAPPALTARE - NO SOCCORSO ISTRUTTORIO (83.9 - 105)
Il Collegio ritiene che, anche in vigenza del nuovo codice degli appalti, resti ferma la conclusione dell’indicata Adunanza Plenaria che non sia necessaria, in sede di offerta, l’indicazione del nominativo del subappaltatore nemmeno nel caso in cui il subappalto sia relativo a opere o servizi per i quali l’impresa subappaltante non possieda in proprio i requisiti di partecipazione. In ogni caso, tuttavia, proprio perché il subappalto è il mezzo per ovviare alla carenza dei requisiti, assume ancora maggior valenza l’indicazione specifica delle opere o servizi che si intendono subappaltare, pena l’incompletezza dell’offerta, che non specificherebbe in quale modo verrebbe eseguita la parte per la quale l’azienda offerente è carente dei requisiti.
Al riguardo il Collegio ritiene non si possa neanche far ricorso all’istituto del soccorso istruttorio ex art. 83, comma 9, del D.Lgs. 18/04/2016, n. 50, perché, in quel modo, si consentirebbe all’impresa non di sanare un vizio formale ma sostanzialmente di modificare l’offerta, integrandola con la previsione di un subappalto necessario (indispensabile per il possesso dei requisiti di gara), inizialmente non previsto.
In tal caso, infatti, non si tratta di porre rimedio a vizi puramente formali di mera regolarizzazione, ma di ammettere l’integrazione di un requisito prescritto dalla legge di gara a pena di esclusione e, pertanto, di una evidente lesione della parità di condizioni tra i concorrenti. Nelle gare pubbliche, con l'istituto del soccorso istruttorio, la stazione appaltante può superare una mera incompletezza della documentazione attestante i requisiti soggettivi del concorrente, al fine di evitare esclusioni fondate su mere carenze formali. Nel caso di specie non si è in presenza di carenze di elementi formale della domanda, ma di una carenza sostanziale, incidente sui requisiti di partecipazione non sanabile attraverso la procedura del soccorso istruttorio.
CONTRATTO CONTINUATIVO DI COOPERAZIONE – DIFFERENZA DAL SUBAPPALTO (105.3.CBIS)
Le prestazioni oggetto di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura (…) sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico, e non, invece, direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (che, non a caso è definito dall’art. 105, comma 2, come “Il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto).
Quel che occorre verificare, allora, è la direzione delle prestazioni aggiuntive cui A si è impegnata nella propria offerta; ebbene, salvo che per la manutenzione dei centri cottura in dotazione alla stessa impresa, tutte le altre prestazioni sono inequivocabilmente dirette a favore dell’amministrazione committente: così l’installazione di materiali per la insonorizzazione del refettorio, l’analisi dei cibi, la manutenzione delle apparecchiature presenti nelle cucine degli asili. I relativi contratti non possono essere, pertanto, qualificati come “contratti continuativi di cooperazione”, ma propriamente come contratti di subappalto.
Pareri della redazione di CodiceAppalti.it
Si può partecipare ad una gara avendo la qualificazione solo per la categoria prevalente e non per quella scorporabile come era previsto dall'art. 92 d.p.r. 207/2010?. Si precisa che l'importo dei lavori viene coperto con l'attestazione SOA riferita alla categoria prevalente e in fase di gara si dichiara di voler subappaltare la scorporabile. Inoltre è stato abrogato dal D.l. 50/2016 anche l'art. 92 d.p.r. 207/2010?
cosa si rischia lavorando in un appalto pubblico senza contratto di subappalto?
Buongiorno. In ipotesi di subappalto autorizzato - con previsione di pagamento diretto da parte della Stazione Appaltante al Subappaltatore - la S.A., al momento di pagare il subappaltatore, dovrà richiedere il DURC solo a quest'ultimo o, al contrario, dovrà pretendere la regolarità contributiva anche della subappaltante? Grazie.
l'impresa appaltatrice di un lavoro pubblico provincia autonoma trento, non paga al subappaltatore ne lavori e ne forniture in opera e noli,nel frattempo la stazione appaltante rescinde il contratto e l'appaltatore va in concordato bianco.al subappaltatore vengono garantiti i pagamenti, lavori, forniture e noli dalla stazione appaltante? anche se poi fallisce?
Buona sera, vorrei sapere se posso chiedere, in qualità di piccola Impresa Artigiana Subappaltatrice, all'Ente Appaltante, l'applicazione dell'Art. 105 ,comma 13, lettere a) e b) su un contratto di subappalto Ufficiale stipulato nel 2015, a seguito di sopravvenuta insolvenza e concordato preventivo della Impresa Appaltatrice. Premetto che fu già chiesto all'Ente Appaltante, prima della messa in Concordato Preventivo dell'Aggiudicataria, l'applicazione dell'ex Art. 118 del precedente Codice Appalti, ove non era previsto l'obbligo ma la "Facoltà" dell'Ente di pagare direttamente i Subappaltatori....Facoltà purtroppo non ancora esercitata. Grazie.
Buongiorno, volevo sapere se le forniture con posa in opera, non qualificabili come subappalto e per le quali è quindi richiesta solo la comunicazione, incidono o meno sul limite di subappaltabilità del 30% dell'importo contrattuale. Grazie Cordiali saluti
Per cortesia vorrei sapere esattamente la procedura da adottare relativamente ai subaffidamenti. Il tipo di richiesta fatta dall'appaltatore e documentazione da allegare alla stessa. Grazie
Con riferimento all'art. 105 Subappalto, punto 13 b) in cui si legge che "la stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore...e al prestatore di beni o servizi l'importo dovuto..in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore, vorremo sapere in concreto come deve agire in questi casi il prestatore x fare valere i propri diritti nei confronti della stazione appaltante. E' necessario che questa venga informata al momento della stipula del contratto? o è sufficiente rivolgere una richiesta di pagamento a seguito dell'inadempienza?
In relazione all'art. 105 comma 6, la richiesta dell'indicazione di una terna di subappaltatori implica che, all'interno del 30% del valore del contratto subappaltabile, ci possono essere solo 3 subappalti o che per ogni subappalto è obbligatorio indicare 3 subappaltatori, senza alcun limite per il numero dei subappalti?
Siamo una società con le seguenti qualifiche SOA: OG1 III BIS; OG3 III BIS; 0G6 III C'è una gara che prevede: OG1 III Prevalente, obbligatoria OG3 II Obbligatoria, Scorporabile e subappaltabile OG11 II (10%) Obbligatoria, Scorporabile e Subappaltabile Nel discpl si legge che la categ. OG11 è subappaltabile nei limiti del 30% "...per cui il restante 70% deve essere eseguito dal concorrente purchè in possesso del requisito della attestazione SOA nella medesima categoria di lavorazione e in una classifica idonea...". Il quesito è: 1. Possiamo partecipare come operatore singolo? 2. In caso di risposta negativa in che forma possiamo partecipare? 3. In caso di risposta positiva è possibile contemporaneamente subappaltare la categoria OG11? Grazie
Buongiorno, vorrei sapere se l'attività di noleggio di ponteggi, comprensiva della manodopera necessaria al montaggio e smontaggio dello stesso, nel caso sia affidata in toto ad unica azienda, rientra nella casistica per cui è necessaria l'autorizzazione al subappalto. Ovvero se è sufficiente una semplice comunicazione alla stazione appaltante di subaffidamento. Grazie. Cordiali Saluti.
Una gara d'appalto vinta dal consorzio 1, poi affidata al consorzio 2 (secondo classificato) per irregolarità nella documentazione del consorzio 1, ad un consorziato del consorzio 1 possono essere subappaltate opere dal consorzio 2?
Buongiorno, siamo una società qualificata OG 1 III bis e OG 11 I e vorremo partecipare ad una procedura aperta, indetta dalla SAC s.p.a. di Catania, che si compone delle seguenti lavorazioni OG 1 III - prevalente (€ 557.091,91) e OG 11 II -scorporabile e subappaltabile max 30% (€ 396.430,53) se dichiariamo di voler subappaltare il 30% dei lavori rientranti nella categoria OG11 (dato che con la nostra SOA non siamo in grado di coprire interamente l'importo dei lavori) possiamo partecipare alla procedura aperta di cui trattasi? e quali sono i riferimenti normativi a cui fare riferimento? e vi è l'obbligo di indicare la terna dei subappaltatori? Distinti Saluti
Una prestazione sub-affidata, può essere successivamente subappaltata allo stesso Fornitore?
Buonasera, in merito all'indicazione della terna dei subappaltatori, prevista per la tipologia di opere ad alto rischio di infiltrazione mafiosa, si richiede cortesemente se è obbligatorio indicare espressamente n. 3 e nominativi o se è possibile indicare un numero di nominativi inferiore a tre.
In un appalto pubblico, i ponteggi vengono noleggiati a freddo, e i montatori, quale ditta specializzata nel montaggio-smontaggio, con attrezzatura e utensili propri, durc ecc chiamati in subaffidamento, viene "vietata per legge" perché considerata come mera prestazione di manodopera. Ma essendo una ditta a tutti gli effetti non si configura comunque come ditta anche se il materiale che montano non è il loro?.
Buon giorno desidero avere informazioni rispetto alla differenza che c'è tra contratto di subappalto e subcontratto ed in particolare a chi spetta la decisione di quale tra i due applicare (art. 105 Codice). Inoltre a chi spetta la fatturazione dei lavori eseguiti per la PA? Grazie
Buongiorno, Alla luce delle novità sul subappalto che richiedono maggior “impegno” per il subappaltatore, qualora esista una collaborazione continuativa in merito ad alcune attività, come previsto dall’art. 105, comma 3, lett. c-bis, in caso di partecipazione a procedura di gara, è consigliabile fare riferimento a tale accordo piuttosto che sottoscrivere un contratto di subappalto?
Buon pomeriggio, in un bando pubblicato con data 02/11/2021 nel quale ci stanno 3 categorie scorporabile SIOS superiori al 10% dell'importo dell'appalto e come categoria Prevalente la OG1, ci sta scritto: "Subappalto: Tutte le categorie di lavoro sono potenzialmente subappaltabili, con i limiti riportati nella tabella di cui al p.to 3. Ai sensi dell’art. 49, comma 1, lettera a), primo periodo, legge n. 108 del 2021 il subappalto non può superare la quota del cinquanta per cento dell'importo complessivo del contratto ( determina a contrarre in data antecedente al01/11/2021) "chiedo: Se l'applicazione del Decreto semplificazioni -bis (DL 77/2021) e nello specifico l'art. 49 comma 2, si applica tenendo presente la data di pubblicazione del bando, che in questo caso è il 02/11/2021, oppure la data della determina a contrarre che nel caso mio specifico è antecedente al 01/11/2021? grazie
Buongiorno, la mia cliente vuole prevedere il subappalto in una procedura negoziata. domanda: 1. E' necessario indicare la quota del subappalto il quale può essere previsto fino al 99,00% e indicare le attività che deve svolgere il subappaltatore; la quota ovviamente da subappaltare è a discrezione della stazione appaltante, giusto? potrebbe essere anche per esempio il 20%; ii) oppure è necessario indicare dettagliatamente le attività che dovranno essere eseguite dall'appaltante e non dal subappaltatore; iii) nel mio caso come devo scrivere la clausola grazie
La terna dei subappaltatori da dichiarare è ancora attiva o è stata rimossa?
Le modifiche all'istituto del subappalto (responsabilità solidale, standard qualitativi e prestazioni, requisiti di ordine generale e speciale richiesti al subappaltatore) da che data trovano applicazione? In particolare, a quali contratti di subappalto devono essere inserite le suddette clausole (quelli stipulati dal 1° novembre 2021, oppure a quelli collegati a gare indette dopo il 1° novembre)? Grazie
L'impresa X ha partecipato ad una gara suddivisa in tre lotti, due dei quali le sono stati aggiudicati, mentre il 3° lotto è stato aggiudicato all'Impresa Y (vi era il limite quantitativo di lotti aggiudicabili). Può l'Impresa Y dare in subappalto una quota delle attività relative al lotto 3 all'impresa Z controllata dall'Impresa X (che ha partecipato anche al lotto 3 ma che non le è stata aggiudicato)? L'impresa Z non ha partecipato alla gara.
subappalto: in caso di micro o piccola impresa, è OBBLIGATORIO che il pagamento venga eseguito dalla stazione appaltante direttamente al subappaltatore?
SUBAPPALTO: il contratto collettivo applicato dal subappaltatore (CCNL X) deve essere OBBLIGATORIAMENTE uguale a quello applicato dall'appaltatore principale (CCNL Y), anche se la legge permette l'applicazione sia del CCNL X che del CCNL Y data l'attività/servizio che si è chiamati a svolgere?
Buongiorno, il subappalto qualificante può essere utilizzato anche in carenza di requisiti soggettivi come le categorie dell'Albo Gestori Ambientali per lavori minori come raccolta amianto se questa è una attività secondaria rispetto all'oggetto del contratto? Grazie
Gentilissimo, le sottopongo un ulteriore quesito. Nei casi dei contratti ai sensi del l'art. 105 comma 3 c-bis) "cooperazione continuativa", sempre che il contratto sia stato stipulato in data antecedente alla pubblicazione del bando di gara specifica, le risulta possibile stipulare questo genere di contratto con un "fornitore" di servizi nei confronti del quale in precedenza non sia stato generato alcun ordine e quindi alcuna fattura emessa nei nostri confronti, ma vi siano state solo trattative commerciali? Non troviamo divieti a questo genere di contratto, potendo intendersi continuativa, una collaborazione di tipo commerciale che non abbia dato seguito ad uno specifico ordine. Attendo un suo parere, grazie molte
Mi appresto a pubblicare RdO su MePA per l'affidamento di lavori di Global Service presso la ns. base militare in Kosovo. Il progettista ha ripartito l'importo dei lavori tra le categorie OG1, OG6 ed OG11 come si desume dal Capitolato Speciale di Appalto (di cui allego abstrcat) etichettando tutte le 3 lavorazioni quali prevalenti (!?). Questa Stazione Appaltante ha quindi pubblicato avviso a manifestare interesse (in allegato) citando la sola categoria prevalente OG1 Classifica II, quale qualificazione obbligatoria richiesta per l'ammissione alla gara, tralasciando la categoria OG11 in quanto ancorché categoria SIOS risulta essere di importo inferiore ai 150.000 euro, ricadendo quindi nell'alveo di applicazione dell'art. 90 del DPR 207/2010 (TAR Campania 1099/2020 e TAR Sicilia 2383/2020). Dovendo procedere alla pubblicazione della lettera di invito (RdO su MePA), si chiede un autorevole parere sui seguenti punti: - è corretto chiedere la sola qualifica prevalente OG1 (Classifica II) per i lavori di cui trattasi per poi chiedere, tra i documenti di gara, autocertificazione dei requisiti ex art. 90 del DPR 207/2010 per la parte di lavorazioni riconducibili ad OG11? - una ditta senza attestazione SOA in OG11 potrà quindi concorrere per i lavori di cui trattasi eventualmente subappaltando integralmente i lavori della citata categoria ancorchè si superi il limite del 50% indicato nel CSA? - appare corretto, a Vostro parere, l'operato del progettista, laddove etichetta tutte e tre le categorie quali "PREVALENTE", con QUALIFICAZIONE OBBLIGATORIA e SUBAPPALTABILE AL 50%? In caso di parere contrario a quanto prospettato dalla scrivente Stazione Appaltante (qualificazione obbligatoria e necessaria in OG11 a prescindere) ritenete opportuno che si proceda con la ripubblicazione dell'Avviso a manifestare interesse, per mettere in condizione le n. 12 ditte che hanno manifestato interesse, a rivalutare la partecipazione e l'evntuale riunione in ATI per soddisfare il requisito mancante..?! Grazie...!
Pareri tratti da fonti ufficiali
Trattasi di progetto esecutivo coofinanziato da fondi PNRR, approvato il 02/03/2023. Il bando di indizione della gara per l'affidamento dei lavori è stato pubblicato il 10/03/2023. L'aggiudicazione definitiva è avvenuta in data 29/03/2023. Tutti gli atti, gli elaborati progettuali ed il contratto sono stati redatti ai sensi del D.Lgs. 50/2016. Il contratto di affidamento dei lavori è stato sottoscritto il 26/09/2023 con consegna lavori il 16/10/2023. L'affidataria ha presentato istanza di autorizzazione al subappalto in data 02/05/2024: l'autorizzazione al subappalto deve essere rilasciata ai sensi del D.Lgs. 50/2016 oppure del D. Lgs. 36/2023?
Buongiorno, pongo i seguenti quesiti: 1) l'art. 105, c. 13, D.Lgs. 50/2016 può essere utilizzato per pagare direttamente, da parte della stazione appaltante, un subfornitore dell'appaltatore principale nell'ambito di un appalto di lavori? 2) in caso di risposta affermativa al primo quesito, si chiede se ciò è possibile anche nel caso in cui l'inadempimento da parte dell'appaltatore principale sia solo temuto da parte del subfornitore? 3) lo stesso articolo consente il pagamento diretto della stazione appaltante al subfornitore di materiali utilizzati dal subappaltatore? 4) nel caso del punto 3) è corretto che la fattura sia emessa dall'appaltatore principale con indicazione delle quote da pagare al subappaltatore e al subfornitore? molte grazie si segnala l'urgenza
Una centrale di Committenza (provincia) ha esperito una gara per l’affidamento di un servizio di manutenzione impianti antincendio (suddivisa in due lotti territoriali). Esperita la gara, la C.U.C. ha stipulato il contratto con l’impresa affidataria e quindi gli enti locali interessati aderiscono alla convenzione stipulata per affidare il servizio. Nel bando della gara indetta dalla CUC - per la parte relativa al subappalto - era indicato: “Ai sensi di quanto disposto dall'art. 105, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016, in considerazione della natura di appalto ad alta intensità di manodopera, la prestazione principale di ciascun lotto è subappaltabile in misura inferiore al 50% mentre le prestazioni secondarie sono scorporabili e interamente subappaltabili a soggetto qualificato, ad eccezione dei servizi professionali subappaltabili nei limiti previsti dall’art. 31, comma 8, del D.lgs. 50/2016 e s.m.i.. Il subappalto è disciplinato dall’art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.” Ci si chiede: L’ente locale che ha aderito alla convenzione deve autorizzare il subappalto della prestazione principale entro il 50% del PROPRIO valore del servizio, oppure entro il 50% del valore GLOBALE messo a gara dalla CUC? Tenendo conto però che il singolo Ente locale non può avere la visione globale di tutti i subappalti autorizzati dai vari enti che hanno aderito. Grazie
Nell'ambito di un contratto di lavori che presenta la categoria OG 3 (prevalente) e la os 12 a (scorporabile), la ditta appaltatrice comunica di volere affidare una fornitura con posa di barriere stradali per un importo inferiore al 2% dell'importo contrattuale e con manodopera inferiore al 50%. Si chiede quale sia la giusta interpretazione: tesi 1) si tratta di un subcontratto di fornitura e posa in opera non assimilabile al subappalto, in quanto il bene fornito non subisce trasformazione con la posa in opera e tenuto inoltre conto dell'importo del subcontratto e dell'incidenza della manodopera; tesi 2) si tratta di un subappalto, in quanto la lavorazione affidata a terzi è ricompresa e declinata nella categoria di lavori os 12 A (scorporabile)? si ringrazia
<p>E' possibile proceder con una nota del RUP e del direttore per autorizzare un sub appalto delle indagini, anziché procedere con determinazione dirigenziale (fermo restando che il potere autorizzatorio è in capo al dirigente?) è un subappalto delle indagini (circa 14 mila euro) servizio totale affidato (progettazione e indagini) circa 52 mila euro. considerato che con l'autorizzazione si prende atto che la documentazione a corredo dell'istanza è a posto e sono state avviate le verifiche previste dalla norma, e il fatto che dopo 15 giorni dall'istanza vale anche il silenzio l'assenso, predisporre la nota a firma del direttore e del RUp va nell'ottica dello snellimento e semplificazione delle procedure . grazie</p>
<p>Una consorziata, individuata dal consorzio aggiudicatario quale esecutrice della prestazione contrattuale di lavori, vuole subappaltare una parte dell’esecuzione delle opere ad altra ditta. In tal caso, il contratto di subappalto, dovrà essere autorizzato/firmato tra la Stazione Appaltante (SA) ed il consorzio oppure tra l’SA e la consorziata? </p>
si ipotizzi, per semplicità, che, nel caso di lavori, il contratto tra appaltatore e subappaltatore preveda una sola lavorazione, il cui importo (A), tra i due convenuto, sia superiore a quello fissato contrattualmente (B) tra Stazione appaltante (SA) e appaltatore. Si chiede: 1. Se l'importo per cui si autorizza il subappalto è A o B (come sembra corretto, anche ai fini del successivo CEL) 2. Nel caso in cui la SA debba pagare direttament eil subappaltore, se è corretto che il pagamento della SA sia B, e non A 3. Se la SA debba assicurarsi, tramite ad esempo ricezione della fattura quietanzata, che la differenza tra A e B sia stata effettivamente corrisposta dall'appaltatore al subappaltatore, o se non sussita alcun obbligo a riguardo. Grazie.
IN UN APPALTO DI LAVORI PUBBLICI, AL MOMENTO DEL PAGAMENTO DEL CERTIFICATO DI PAGAMENTO STRAORDINARIO SECONDO QUANTO PREVISTO DALL'ART. 26 LEGGE 91/2022, QUALORA LE LAVORAZIONI PER LE QUALI E' STATO NECESSARIO RICONOSCERE LA COMPENSAZIONE DEI PREZZI, SIANO STATE ESEGUITE DA SUBAPPALTATORI CHE, AI SENSI DELL'ART. 105 D.LGS 50/2016 DEVONO ESSERE PAGATI DIRETTAMENTE DALLA STAZIONE APPALTANTE, SI CHIEDE SE SI DEVE PROVVEDERE AL LORO PAGAMENTO DIRETTO OPPURE L'INTERO IMPORTO VA VERSATO ALL'APPALTATORE? GRAZIE
Vista l'esigenza nei progetti di disporre di un esperto climatologo, o comunque specialista di cambiamenti climatici, si chiede parere riguardo la possibilità di subappaltare tale servizio, ai sensi art. 31 comma 8 terzo paragrafo (Il progettista può affidare a terzi attività di consulenza specialistica inerenti ai settori energetico, ambientale, acustico e ad altri settori non attinenti alle discipline dell’ingegneria e dell’architettura per i quali siano richieste apposite certificazioni o competenze, rimanendo ferma la responsabilità del progettista anche ai fini di tali attività. Resta, comunque, ferma la responsabilità esclusiva del progettista.) ?
Nell'ambito di un appalto di servizi di ingegneria ed architettura avente ad oggetto il progetto di fattibilità tecnica ed economica per appalto integrato di un intervento di recupero, consolidamento e restauro di teatro storico, è possibile considerare subappaltabile la prestazione Qbll18. Elaborati progettazione antincendio?
L'art. 105, comma 2, del Codice stabilisce che la stazione appaltante paghi direttamente il subappaltatore micro o piccola impresa. Il comma 14 precisa che l'affidatario corrisponde i costi della sicurezza e della manodopera, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso. Sembra pertanto che: 1. Nel contratto di subappalto debbano essere indicate le lavorazioni comprese nei costi della sicurezza a carico del subappaltatore (qualora lo stesso le esegua), comprese nell'importo del contratto, che quindi concorrono a determinarne il valore corretto; 2. tuttavia, la SA dovrà escludere dette lavorazioni dal pagamento a favore del subappaltatore 3. la SA liquiderà dette lavorazioni all'affidatario e verificare che questo pagamento sia stato poi regolarmente eseguito a favore del subappaltatore (ad es, mediante verifica delle fatture quietanzate; a riguardo, se l'affidatario non provvede al pagamento?) 4. Nel caso in cui il subappaltatore esegua solo opere comprese negli oneri della sicurezza (ad es, ponteggi), la SA pagherà solo l'affidatario. Si chiede se quanto ipotizzato sia corretto, oppure se la disposizione contenuta del comma 14 sia un refuso, rimasto dalla precedente formulazione, e, in tal caso, se si debba comunque applicare oppure no.
si chiede di chiarire se il subappalto della sola manodopera, nel caso di lavori, è legittimo, ed eventualmente a quali condizioni
Con riferimento ad un appalto di lavori, si chiede se è corretta l'interpretazione letterale del primo comma dell'art. 105 del Codice come novellato dalla legge 108/2021 "non può essere affidata a terzi [...] la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti", nel senso che non può essere subappaltata una quota maggiore del 50% della categoria prevalente. Si chiede inoltre se nel computo di detta percentuale vi rientri anche il subappalto delle eventuali lavorazioni ricomprese nella categoria prevalente in quanto afferenti a categorie non scorporabili poiché di importo pari o inferiore a 150.000 euro o di incidenza pari o inferiore al 10%.
Posto che la quota subappaltabile è calcolata sulla base dell’importo di aggiudicazione, si chiede cosa debba intendersi per “importo di autorizzazione al subappalto”. Questa Stazione Appaltante, considera l’importo di autorizzazione al subappalto quello calcolato ai prezzi praticati dall’Appaltatore al Subappaltatore ed indicato nel contratto di subappalto. Di conseguenza, tale importo viene utilizzato ai fini della verifica dei requisiti analoghi del subappaltatore ed altresì indicato quale importo autorizzato in Osservatorio ed in sede di emissione del certificato di esecuzione dei lavori (CEL). Si chiede se detta modalità operativa sia stata interpretata in maniera corretta.
In una Convenzione Quadro ex art. 26 L. 488/99 e art. 1 co 499 L.208/2015, stipulata da un Soggetto Aggregatore e relativa a un servizio ad alta intensità di manodopera, il limite di cui all’art. 105 co.1 del d.lgs.50/2016 - con particolare riguardo al divieto di prevalente esecuzione dei contratti ad alta intensità di manodopera – deve essere applicato all’importo complessivo della Convenzione – che rappresenta tuttavia solo il budget di spesa massimo ordinabile nell’arco della durata contrattuale e che potrebbe peraltro non essere interamente utilizzato - o a ciascun singolo Appalto Specifico (Ordinativo di Fornitura emessi dalle Amministrazioni aderenti alla Convenzione)?
Si chiede se l'Atto di indirizzo del MIMS del 4 gennaio 2022 in materia di subappalto riguardi anche i Comuni. Si ringrazia fin d'ora. Cordiali saluti.
Al fine di meglio comprendere come è variato l’istituto del subappalto qualificante (o “necessario”) nelle procedure di lavori dopo il 1° novembre 2021, si chiede conferma della corretta interpretazione del descritto esempio pratico, relativo ad un unico lotto funzionale di lavori per un totale di 100, suddiviso nelle seguenti 5 categorie SOA, ciascuna d'importo superiore ad € 150.000 + IVA: (1) OG1 prevalente 32; (2) OS30 SIOS scorporabile 25; (3) OS3 scorporabile 20; (4) OS21 SIOS scorporabile 12; (5) OS32 scorporabile 11. La ditta aggiudicataria possiede solo la qualificazione OG1 di livello pari a 100 e la OS30 di livello pari a 25 e non ha costituito RTI. Essa: (1) - non potrà affidare a terzi l'integrale esecuzione delle lavorazioni riferite alla categoria prevalente OG1. (2) - dovrà svolgere direttamente OS 30 per 25 poiché trattasi di SIOS a qualificazione obbligatoria che supera il 15% dell'importo totale dei lavori. (3) - dovrà subappaltare totalmente OS3 per 20 poiché a qualificazione obbligatoria (seppur non SIOS), superiore al 10% dell'importo complessivo dei lavori. (4) - dovrà subappaltare totalmente OS21 per 12 poiché SIOS a qualificazione obbligatoria che NON supera il 15% dell'importo totale dei lavori. (5) - potrà o svolgere direttamente OS32 per 11 coprendo le lavorazioni con l'importo della categoria prevalente poiché trattasi di categoria a qualificazione NON obbligatoria (seppur non SIOS) che supera il 10% dell'importo complessivo dei lavori oppure potrà subappaltarla anche totalmente a ditta in possesso di medesima qualifica (subappalto facoltativo). Il subappalto totale di ciascuna delle predette categorie è consentito dalla nuova normativa sul subappalto in vigore dal 01/11/2021. È corretta tale interpretazione? Ten. Col. Filippo STIVANI.
Con la presente, si richiede se debba ritenersi corretta l’interpretazione del nuovo art. 105 in vigore a decorrere dal 1° novembre 2021, secondo cui: a) si applica alle procedure i cui bandi siano pubblicati dopo il 1° novembre ovvero, i cui inviti o richieste di preventivi siano inviati dopo la medesima data; b) le ipotesi di divieto di subappalto si suddividono in vincolate (art 105, c. 1) e discrezionali (art 105, c. 2) e, con riferimento a queste ultime deve considerarsi, comunque, eccezionale l’individuazione di prestazioni riservate all’esecuzione del solo affidatario; c) con particolare riferimento all’ipotesi di cui al comma 2, l’esigenza di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali si verifichi nei soli settori di cui all’elenco …e ove l’appalto ricomprenda prestazioni riconducibili a detti settori, la stazione appaltante ha l’obbligo di riservare tali prestazioni all’esecuzione esclusiva dell’affidatario; d) il divieto di subappalto della prevalente esecuzione delle categorie prevalenti si riferisce ai soli appalti di lavori con esclusione di un’interpretazione estensiva idonea a ricomprendervi la prestazione principale nell’ambito di appalti di forniture e servizi. Distinti saluti.
Alla luce del nuovo istituto di subappalto a decorrere dal 1/11/2021, si chiede di chiarire il dispositivo dell'art. 105 comma 1 del ccp atteso che l'esegesi testuale della predetta norma lascia dedurre che, fatto salvo il subentro di un nuovo appaltatore secondo l'art. 106 comma 1 del ccp: a) il contratto non può essere ceduto a terzi; b) non può essere affidata a terzi (e perciò subappaltata) l'integrale esecuzione del contratto (cioè il 100%); c) non può essere affidata a terzi (e perciò subappaltata): - per i lavori, la prevalente esecuzione (cioè oltre il 50%) del "complesso delle categorie prevalenti" (ovvero dell'importo complessivo del contratto, sebbene la categoria prevalente è una sola mentre le altre sono categorie scorporabili); - per i servizi, la prevalente esecuzione (cioè oltre il 50%) del contratto per servizi ad "alta intensità di manodopera" di cui all'art. 50 del ccp (indipendentemente dalle categorie d'appalto se principale o secondarie); quindi, per tutte le altre tipologie di servizi non è posto alcun limite. Tuttavia, restano salve le restrizioni previste dal comma 2 dell'art. 105 ccp - come modificato dal presente art. 49 comma 1 lettera a) - che dispone dal 1/11/2021 che "Le stazioni appaltanti ... indicano nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario" (per cui le restanti possono essere subappaltate).
Nell'ambito di una procedura di gara per l'affidamento di lavori, il bando di gara prevedeva opere cat.OG1 per € 231.818,30 (prevalente) e opere cat. OG 11 (scorporabile ) per € 196.581,70. L'aggiudicatario è qualificato solo per la categoria OG1 e chiede di subappaltare le opere ricadente in categoria OG 11, riservandosi di acquistare i materiali e le attrezzature. E' possibile subappaltare solo l'esecuzione delle lavorazioni cat.OG11, mentre le forniture dei materiali e attrezzature necessarie per l'esecuzione delle lavorazioni previste in cat.OG11 possono essere forniti dall'aggiudicatario, pur non possedendo quest'ultimo la qualifica nella categoria OG11?
Si chiede se con le modifiche apportate alla disciplina del subappalto dal Dl 77/2021 nel periodo transitorio, cioè 1° giugno - 31 ottobre 2021, quale tra le seguenti interpretazioni debba intendersi quella più corretta per il limite del subappalto delle categorie SIOS: 1) è abrogato il limite del 30% di cui al comma 5 dell'art. 105, sussistendo solo un limite generale di subappalto pari al 50% dell'importo complessivo contratto (con il risultato che la sios potrebbe anche essere interamente subappaltata); 2) per effetto della deroga operata al comma 5 dell'art. 105 il limite subappalto SIOS dal 30% passerebbe al 50% dell'importo della categoria, e in quest'ultimo con l'ulteriore dubbio se cumulabile o meno con il 50% dell'importo complessivo contratto (teoria sostenuta da IFEL); 3) è sempre sussistente il limite del 30 % importo categoria, in quanto il comma 5 sarà abrogato solo a partire dal 1° novembre 2021, ma in questo caso la deroga opera nel senso che però il subappalto sios impatterebbe sul limite generale del 50% importo contratto
Buongiorno, chiedo se sia possibile recuperare la quota parte di un subappalto non utilizzata quando il subappaltatore abbia eseguito lavori ad es. per l'importo di € 7.000 anziché € 10.000 come indicato nella richiesta di subappalto e nella relativa autorizzazione della Stazione Appaltante. Più precisamente, chiedo se i € 3000 restanti possano essere utilizzati sempre dall’appaltatore per altre richieste di subappalto oppure se occorra previamente inviare alla Stazione Appaltante la comunicazione di variazione in diminuzione dell’importo del subappalto entro i termini di scadenza del contratto di subappalto. Grazie e saluti
Disciplina transitoria introdotta dal DL 77/2021 convertito in legge, per le procedure avviate dall’entrata in vigore del decreto e fino al 31.10.2021 – tema: subappalto Domanda: in presenza di lavorazioni di cui all’art.89, 5 comma 11, D.Lgs. 50/2016 è possibile consentire il subappalto di tali lavorazioni nel limite del 50% e contemporaneamente, autorizzare il 50% di subappalto del complessivo contratto, così che il subappalto della SIOS non eroda la quota del 50% del complessivo contratto? grazie
La L. 108/21 prevede che, dal 01/11/2021, vengano eliminati i limiti quantitativi al subappalto in subordine all'introduzione di un nuovo meccanismo per il quale, l'istituto in parola, sarà possibile solo per le prestazioni individuate dalla Stazione Appaltante (SA) in ragione della loro specificità e sulla base della valutazioni dalla stessa svolte. Potrebbe quindi essere che l'SA, nel predisporre una gara, non individui alcuna specifica prestazione e che quindi non vi sia subappalto?
Ci riferiamo all’art. 49, c. 1 lett. a), del D.L. 77/2021 che così recita: “a) fino al 31 Ottobre 2021, in deroga all’art. 105, commi 2 e 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, il subappalto non può superare la quota del 50 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. …”. Quanto alla deroga al comma 5 dell’art. 105 - dato un appalto di LAVORI con presenza di lavorazioni scorporabili rientranti in una delle categorie individuate dal D.M. 248/2016 (c.d. SIOS) e di importo >10% dell’importo totale dell’appalto - chiediamo se sia condivisibile una lettura della norma che preveda quanto segue: 1. in deroga al limite del 30% dell’art. 105 c. 5, le lavorazioni della categoria SIOS sono liberamente subappaltabili senza alcun limite relativo all’importo della categoria stessa; 2. tenuto conto del tenore letterale della suddetta norma neo-introdotta (il subappalto non può superare la quota del 50 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori….), il subappalto delle lavorazioni SIOS è computato ai fini del raggiungimento della quota massima di subappaltabilità delle opere pari al 50% dell’importo complessivo del contratto; dando così atto che è implicitamente derogata anche la disposizione di cui all’art. 1, c. 2 ultimo cpv., del D.M. 248/2016; 3. il subappalto delle lavorazioni SIOS non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso. Ove uno o più degli assunti di cui sopra non fosse condivisibile, chiediamo cortesemente quale debba essere la puntuale corretta lettura sostitutiva. Data l’immediata applicabilità del D.L. in oggetto e le importanti implicazioni, sull’impostazione dei procedimenti, derivanti dalla lettura delle norme in oggetto, auspichiamo un sollecito riscontro.
Si ritiene che, la totale eliminazione ai limiti del subappalto di cui all'art. 49, comma 2, lett. a) della L. 108/21, consenta all'SA di decidere se adottare tale istituto fino alla misura massima del 100% ma anche liberamente in modalità pari allo 0%. In quest'ultimo caso, al fine di attuare quanto indicato nel parere n. 998, basterebbe operare un'efficace suddivisione in lotti per categorie di lavori omogenei quali OG1 EDILI (LOTTO 1), OS3 IDRICO-SANITARI (LOTTO 2) e OS30 ELETTRICI (LOTTO 3) che, combinata ad una procedura negoziata ai sensi dell'art.1, comma 2 lett. b) della L. 108/21 svolta tramite RdO MEPA in modalità multibando (vedasi i pareri n. 758, 816, 819 e 922), FAREBBE DI FATTO DECADERE L'ESIGENZA DEL SUBAPPALTO. In tal modo, ogni singolo lotto, verrebbe aggiudicato ad un OE in possesso delle necessarie capacità tecnico professionali di adeguato livello per poterlo eseguire in proprio, rispettando la proscrizione alla cessione dell'appalto di cui all'art. 105, comma 1 del Codice, così come richiesto dalla SA in sede di gara. Ai fini della motivazione del divieto al subappalto di cui al suddetto parere sarebbe sufficiente riportare, nei documenti amministrativi, tale ragionamento? Oppure occorrerebbe integrarla da altre oggettive ragioni, quali quelle di seguito indicate, finalizzate ad imporre la massima restrizione all'afflusso di personale esterno significando che, col subappalto, gli OE da gestire in cantiere potrebbero essere molto più numerosi rispetto agli eventuali tre massimi del predetto esempio? 1 - l'alta sensibilità, riservatezza e segretezza di particolari luoghi come le caserme; 2 - la necessità di ridurre al massimo il rischio di interferenze e/o incidenti; 3 - il bisogno di limitare al massimo il rischio di diffusione del contagio in emergenza pandemica. È corretto il ragionamento? Ten. Col. Filippo STIVANI.
La ditta aggiudicataria di un lavoro pubblico può affidare una fornitura senza posa in opera ad una ditta che ha partecipato alla procedura per l'appalto degli stessi lavori?
In relazione ad un affidamento del servizio di manutenzione ordinaria del poligono di tiro di questa stazione appaltante (SA), da stipulare tramite RDO nel link:acquistinrete dellaPA (con lotto unico e sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa) una ditta partecipante, in sede di presentazione dell'offerta tecnica (ove ha regolarmente esplicitato i punteggi tecnici richiesti nel disciplinare di gara, raggiungendo il punteggio max di punti 70) , ha presentato la seguente dichiarazione: "Il Fornitore dichiara che, in caso di aggiudicazione, per il lotto "1" intende eventualmente affidare in subappalto nella misura non superiore al 30% le seguenti attività: Opere appartenenti alla categoria prevalente nei limiti e forme previste dalla vigente normativa." Questa SA, ritenendo troppo generica tale dichiarazione, ha richiesto alla ditta di rispondere ai questi posti dall'art.105 comma 4 del Codice Appalti (lettere a-b-c-d), assegnando un termini di giorni dieci per la risposta formale. Alla luce di quanto esposto, si richiede di sapere se questa SA ha posto in essere una procedura corretta e, soprattutto, se l'offerta tecnica può NON ESSERE APPROVATA (eliminando così la ditta de-quo dalla gara), in caso di omessa risposta o risposta ritenuta insoddisfacente.
In un contratto misto (valore complessivo 100.000 €) fornitura (90%) lavori (10%) un concorrente che sia qualificato per entrambe le prestazioni può decidere di subappaltare in fase esecutiva il 100% dei lavori ? Dalla lettura del TAR Toscana sez. I 30/1/2018 n. 146 parrebbe di no in quanto in un contratto misto, il limite del 30% (oggi 40%) deve essere riferito al complessivo importo di ciascuna prestazione di lavori, servizi o forniture che concorrono a comporre l’oggetto del contratto e non al valore complessivo del contratto. E' corretta questa interpretazione ? Grazie
Avendo il subappaltatore richiesto alla scrivente stazione appaltante di essere direttamente liquidato per i lavori svolti secondo il contratto di subappalto autorizzato, ed avendo ricevuto la stazione appaltante anche il nulla osta della ditta appaltatrice, può la stazione appaltante procedere alla liquidazione diretta del subappaltatore? Ma, soprattutto, come? Chiedendo l’emissione a proprio favore di due fatture distinte (appaltatore per i propri lavori e subappaltatore per quanto eseguito in subappalto), ciascuna col proprio imponibile più IVA? Oppure la Stazione Appaltante dovrebbe liquidare lo stato finale dei lavori all’appaltatore, comprensivo dell’intero importo IVA, destinando il solo importo lavori subappaltato al conto dedicato del subappaltatore? La natura dei lavori subappaltati (prevalentemente interventi di forestazione) prevedono un codice ATECO tale per cui il subappaltatore non potrebbe fatturare all’appaltatore il solo imponibile senza la relativa IVA. Sorgerebbe quindi il problema di un doppio versamento di IVA.
L'art. 105 co.13 del Codice degli appalti prevede che la stazione appaltante paga direttamente al subappaltatore, cottimista, prestatore di servizi o fornitore di beni o lavori, quanto dovuto per le prestazioni da questi eseguite, nei seguenti casi: a)quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa [1]; b)in caso inadempimento da parte dell’appaltatore; c)su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente. Nel caso di richiesta da parte di una microimpresa subappaltatrice di pagamento diretto da parte del Committente, la Stazione Appaltante può acconsentire a tale modalità di pagamento in violazione di predetto art. 105? Naturalmente la Stazione Appaltante dovrà verificare le quietanze di avvenuto pagamento prima dell'emissione della rata di saldo a favore dell'Appaltatore.
Ci si riferisce al testo della risposta al quesito n. 687 per segnalare che la stessa non contiene la soluzione al problema contabile evidenziato. In particolare si ritiene che non si sia tenuto conto degli obblighi di fatturazione elettronica e delle procedure per la contabilizzazione, liquidazione e pagamento delle fatture adottate dalle PPAA, enti locali in particolare, anche in relazione agli obblighi di tracciabilità. Nella soluzione prospettata l'ente non ha un titolo contabile per procedere alla contabilizzazione e alla liquidazione del subappaltatore visto che la fattura è intestata all'appaltatore. Inoltre, pagando solo una parte della fattura dello stesso appaltatore (diminuita cioè della somma al netto dell'IVA spettante al subappaltatore), la stessa rimane di fatto "aperta" nella contabilità dell'ente. Si prega di dare indicazioni conformi alla normativa e alle regole di contabilità, grazie.
L'articolo 105 del D.Lgs. 50/2016 disciplina il subappalto che ad oggi, con la L. 120/20, è pari al 40% del totale. Ma come si fa a calcolare precisamente che il subappaltatore permanga effettivamente all'interno di tale percentuale? In termini di esecuzione del lavoro, soprattutto per quelli complessi, non è semplice per la SA da controllare/determinare. Sarebbe possibile controllare il tutto semplicemente dal calcolo del 40% dell'appalto aggiudicato in termini di fatture emesse dall'aggiudicatario al subappaltatore? Inoltre, qualora si utilizzi il MEPA, quest'ultimo dev'essere obbligatoriamente anch'esso iscritto all'applicativo come l'aggiudicatario oppure, anche se non iscritto, basta che sia in possesso dei requisiti generali controllati dalla SA? Magg. Filippo STIVANI
Si chiede se, nel caso di procedura aperta, la ditta produce dgue cartacei dei subappaltatori, nonostante il soccorso istruttorio, è ammessa. grazie mille
si chiede di conoscere se in un appalto di lavori in affidamento diretto sia possibile, successivamente, autorizzare un subappalto nonostante in sede di offerta non siano state indicate dall'appaltatore le lavorazioni che intendeva subappaltare.
Totale lavori 456.064,65 Categoria prevalente OG1 379.850,00 – 83,29% Categoria scorporabile OG11 76.214,65 – 16,71% - categoria D.M. 10.11.2016 n. 248 – subappaltabile al 30% della categoria OG11? è corretto? Come si deve interpretare l’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 1 del D.M. 248/2016? Il subappalto del 30% del contratto (di cui all’art. 105, c. 2 del D. Lgs. 50/2016) comprende anche il 30% dell’OG11 ( e quindi totale subappaltabile euro 136.819,40) oppure è oltre (e quindi totale subappaltabile euro 159.683,80)? Inoltre in caso di ATI, l’impresa mandante per la Categoria OG11 (di importo inferiore a 150.000 euro) può qualificarsi con i requisiti di lavori analoghi, manodopera ed attrezzatura (ex art. 90 DPR 207/2010) invece che con la SOA. Grazie
Nell'ambito di un appalto per l'esecuzione di lavori, mi viene comunicato il sub contratto (non costituente subappalto in quanto inferiore ai limiti di cui al comma 2 dell'art. 105) a favore di una ditta che però ha partecipato alla gara d'appalto in qualità di offerente. Il mio quesito è volto a conoscere se anche questo sub affidamento, pur non configurandosi quale subappalto, sia o meno soggetto alla restrizione di cui al comma 4 del citato articolo.
Appalto lavori aggiudicato il 18/09/17, contratto il 26/10/17. La DL rileva che nel DDT di fornitura cls, l’intestatario è diverso dall’appaltatore, pur essendo presenti i codici CUP e CIG. L’appaltatore presenta in visione scrittura privata di mandato senza rappresentanza sottoscritta con l’intestatario del DDT (non registrata presso Agenzia Entrate, datata 29/09/2017), secondo cui il mandatario (altra società) eseguirà i pagamenti indicati dal mandante (appaltatore) e provvederà all’incasso sui propri c/c dei crediti del mandante, comunicando al debitore (SA) gli estremi del c/c su cui eseguire il pagamento, con obbligo di riservare le dette somme alla mandante (appaltatore) al termine del mandato. Contestualmente l’appaltatore presenta in visione una dichiarazione di nuovi conti dedicati, che risultano gli stessi citati nel mandato come c/c propri del mandatario. L’appaltatore ne chiede verbalmente presa d’atto. Entrambe le società appartengono agli stessi soggetti. In base alla disciplina antimafia e sulla tracciabilità, chiediamo come verificare la conformità o non conformità di tale modalità, anche nel timore che ciò possa configurarsi come cessione “di fatto” del contratto.
Il comma 7 dell'art. 92 in oggetto recita" In riferimento all'art. 37 comma 11 del codice, ai fini della partecipazione alla gara il concorrente singolo o riunito in raggruppamento ,che non possiede la qualificazione in ciascuna delle categorie di cui all'art. 107 c.2, per l'intero importo richiesto dal bando di gara o dalla lettera di invito deve possedere i requisiti mancanti relativi a ciascuna delle predette categorie di cui all'articolo 107 c.2 e oggetto di subappalto con riferimento alla categoria prevalente." Quindi se in un bando di gara ad esempio vi è la presenza di una categoria Og1 prevalente ed una scorporabile SIOS (in misura superiore al 10%)se sia possibile ai sensi del comma suddetto al concorrente che non è in possesso della SIOS partecipare con la sola prevalente con classifica idonea a coprire tutto l'importo.
la manodopera è subappaltabile al 100%?
Qual è la differenza tra subappalto e sub contratto?
Alla luce del nuovo bando tipo Anac per servizi e forniture sopra soglia, dove è stato elimnato il riferimento (prima previsto al subappalto qualifcante), chiedo se sia o meno corretto prevederlo nei discplinari/bandi gara di appalti servizi e forniture. Anche il codice sembra farne riferimento all'Allegato XVII parte II lettera J) Nel caso di risposta affermativa chiedo come debba essere trattato lo stesso, cioè se è corretto chiedere al subappaltatore di dichiarare oltre ai requisiti di cui all'art. 80 anche quelli di cui all'art. 83 e quindi come un normale subappalto, o se sia invece necessario produrre anche un contratto di avvalimento. Questo perchè spesso nei vari commenti che leggo si legge del subappalto qualificante come di una sorta di avvalimento operativo e mi chiedevo quindi se fosse nessario in questi casi trattarlo come un avvalimento. L'idea che mi sono fatta io - e di cui chiedo riscontro- è quella di: ammissione anche per appalti di servizi e forniture di subappalto qualificante/necessario e trattazione per la documentazione richiedibile in fase di gara come un normale subappalto e quindi no contratto avvalimento.
All'art. 105, comma 6, del Codice, relativo all'obbligo della terna dei subappaltatori per gli appalti sopra soglia comunitaria e per quegli appalti, senza limite di importo, nei quali sono previste le attività di cui all'art. 1, comma 53, della L. 190/2012, si parla per gli appalti sotto la soglia di cui all'art. 35 del Codice (dunque sotto soglia comunitaria) di regolamentare nel bando di gara o nell'avviso di gara: le modalità e le tempistiche per la verifica delle condizioni di esclusione di cui all'articolo 80 prima della stipula del contratto stesso, per l'appaltatore e i subappaltatori; l'indicazione dei mezzi di prova richiesti, per la dimostrazione delle circostanze di esclusione per gravi illeciti professionali come previsti dal comma 13 dell'articolo 80. Poiché i bandi e gli avvisi di gara sono atti previsti nelle procedure ordinarie: aperta, ristretta e competitiva con negoziazione, obbligatorie, seppure a scelta, negli appalti sopra soglia comunitaria ma facoltative sotto soglia comunitaria, ai sensi dell'art. 36, comma 9, ad eccezione dei lavori d'importo pari o superiore ad un milione di euro per i quali le procedure ordinarie sono obbligatorie anche se trattasi di appalti sotto soglia, si chiede se la disposizione normativa è da intendersi applicata: a) solo alle gare d'appalto sotto soglia espletate con le procedure ordinarie sopra citate e dove, nell'appalto, vi siano ricomprese le attività di cui all'art. 1, comma 53, del Codice; b) a tutte le gare sotto soglia espletate con le procedure ordinarie sopra citate; c) a tutte le gare sotto soglia, senza differenzazione di tipologia (ordinarie/negoziate)
Relativamente al subappalto sotto soglia comunitaria e in assenza di attività di cui all'art. 1, comma 53, della L. 190/2012, dal combinato disposto di cui agli artt. 80 e 105 del Codice sembrerebbe evincersi quanto segue: a) Il concorrente deve già in sede di gara dichiarare le lavorazioni, le parti del servizio o della fornitura che intende subappaltare (nei limiti consentiti dalla legge); b) Il concorrente non ha l'obbligo di indicare in sede di gara l'impresa o le imprese subappaltatrici, ma in quanto affidatario non può subappaltare ad impresa che abbia partecipato alla procedura per l'affidamento dell'appalto stesso; c) L'affidatario prima di addivenire alla stipula del contratto di subappalto e comunque prima di avere la necessaria autorizzazione da parte della stazione appaltante deve dimostrare l'assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione di cui all'art. 80; d) Non possono essere infatti affidatari di subappalti e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti per i quali ricorrano i motivi di esclusione previsti dall' articolo 80; e) L'affidatario deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all'art. 80; f) L'affidatario deve dimostare anche il possesso dei requisiti di qualificazione da parte del subappaltatore, inviando alla stazione appaltante idonea certificazione probatoria, in relazione alla prestazione subappaltata. Si chiede: 1) Nel caso e) l'affidatario può scegliere di non sostituire il subappaltatore ma decidere di eseguire in proprio le prestazioni, se in possesso delle adeguate e sufficienti qualificazioni (subappalto non qualificante)? 2) Se anche il subappatatore, per il quale non sia stato dimostrato il possesso dei requisiti di qualificazione o ne risulti mancante, debba o possa essere sostituito, come nel caso di assenza dei requisiti di cui all'art. 80.
Relativamente al subappalto sopra soglia comunitaria e/o sempre in presenza di attività di cui all'art. 1, comma 53, della L. 190/2012, dal combinato disposto di cui agli artt. 80 e 105 del Codice sembrerebbe evincersi quanto segue: a) Il concorrente deve già in sede di gara dichiarare le lavorazioni, le parti del servizio o della fornitura che intende subappaltare (nei limiti consentiti dalla legge); b) Il concorrente ha l'obbligo di indicare in sede di gara la terna dei subappaltatori, pena la nullità del subapplato medesimo; c) In sede di gara o nelle procedure di accertamento in capo all'aggiudicatario, la stazione appaltante deve accertare sia in capo a quest'ultimo che in capo all'eventuale terna dei subappaltatori l'assenza di tutti i motivi di esclusione dalla gara di cui all'art. 80, procedendo all'esclusione del concorrente, oltre che per l'eventuale mancato possesso dei requisiti di cui all’art. 80 in proprio, anche nel caso in cui per uno o più subappaltatori siano accertati i motivi di esclusione di cui all'art. 80, commi 1 e 5; d) Non potendo essere affidatari di subappalti e non potendo stipulare i relativi contratti i soggetti per i quali ricorrano i motivi di esclusione previsti dall' articolo 80, il subappaltatore per il quale fosse anche solo accertato il motivo di esclusione di cui all'art. 80, comma 4, non può essere affidatario del subappalto e non può stipulare il relativo contratto, pur non comportando ciò l'esclusione dalla gara del concorrente affidatario; e) L'affidatario deve provvedere a sostituire il subappaltatore relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all'art. 80, comma 4; f) L'affidatario deve dimostare anche il possesso dei requisiti di qualificazione da parte dei subappaltatori, inviando alla stazione appaltante idonea certificazione probatoria, in relazione alla prestazione subappaltata a ciascuno Si chiede: 1) Nel caso di sostituzione del subappaltatore per le inadempienze di cui all'art. 80, comma 4, l'affidatario può decidere di eseguire le prestazioni in proprio se non si tratta di subappalto qualficante? 2) Se anche il subappatatore, per il quale non sia stato dimostrato il possesso dei requisiti di qualificazione o ne risulti mancante, debba o possa essere sostituito, come nel caso di assenza dei requisiti di cui all'art. 80.
La ditta esecutrice ha presentato richiesta di subappalto per un importo superiore a quello del contratto principale, precisando che i prezzi con il subappaltatore sono superiori a quelli offerti in sede di gara. Premesso che il contratto tra appaltatore e subappaltatore è un contratto tra privati, quindi la cosa è lecita. Ritengo comunque che ciò che viene autorizzato sono le lavorazioni in subappalto, il cui importo autorizzato non può comunque essere superiore a quello del contratto principale. la precisazione è importante perchè, quando arriveranno le fatture quietanzate del subappalatatore, queste avranno importo superiore di quanto autorizzato, ma giustificato dal fatto che i prezzi concordati sono in aumento rispetto a quelli contrattuali. Anche il CEL sarà riferito non all'importo concordato tra appaltatore e subappaltatore, ma a quello risultante dall'importo contabilizzato. E' corretta questa interpretazione?
Si chiede se l'obbligo di cui all'art.105 comma 6 del Codice dei contratti (obbligo di indicare la terna dei subappaltatori per lavori di qualunque importo relativamente alle attività a rischio di infiltrazione mafiosa) si debba intendere riferito solo agli appalti aventi come oggetto esclusivo una delle attività a rischio, oppure se debba trovare applicazione generalizzata a tutte le procedure,di qualunque importo, sia aperte che negoziate senza bando, per gli appalti che prevedano una di queste attività anche in via accessoria o secondaria (es. lavori di mautenzione ordinaria e asfaltatura strade).
Si riscontra richiesta a questa Stazione Appaltante, nell'ambito di appalti di lavori,di autorizzazione al subappalto e/o cottimo di quota parte dei lavori appaltati, avanzata direttamente da:1)consorziato esecutore(di consorzi ex art. 45, comma 2, lettere "b" e/o "c" del D.Lgs. 50/2016),indicato in sede di gara per l'esecuzione dei lavori; 2) società consortile, costituita ai sensi dell'art.93 del DPR 207/2010 (attualmente vigente); 3)impresa mandante, nell'ambito di raggruppamento temporaneo. In tali richieste viene prevista la stipula dei relativi contratti di subappalto da parte dei soggetti citati. Alla luce delle considerazioni espresse da ANAC con propria Delibera n. 208/2017 ed allo scopo di evitare l'avvio di contenzioso, si chiede di esprimersi in ordine alla titolarità da parte dei soggetti sopra indicati, a porre in essere obbligazioni contrattuali di tale portata, avvalorandone in tal modo una rilevanza giuridica nei confronti della Stazione Appaltante, che la normativa non pare assegnare.
Definito il cottimo come in oggetto,l'appaltatore che ricorresse a tale istituto dovrà essere posto a conoscenza dei seguenti aspetti: 1)all'atto della richiesta di autorizzazione al cottimo, dovrà dichiarare il valore dei mezzi e dei materiali che intende fornire al cottimista. La SOA del cottimista dovrà pertanto qualificarlo per l'importo da eseguire in cottimo,inclusi il valore dei mezzi e dei materiali, se forniti dall'appaltatore al cottimista; 2)sarà il valore complessivo della parte d'opera da realizzarsi dal cottimista e non l'importo del solo contratto di cottimo, che andrà ad incidere sulla quota subappaltabile; 3)il CEL dei lavori attribuirà al cottimista l'importo della parte d'opera realizzata, comprensivo anche del valore dei materiali, apparecchiature e mezzi d'opera forniti dall'Appaltatore; 4) sono assoggettati al regime autorizzativo, da parte della Stazione Appaltante, tutti i cottimi, indipendentemente dalla percentuale di manodopera impiegata e dal valore del sub-contratto. Si richiede se tale impostazione nella gestione delle richieste di autorizzazione al cottimo, corrisponda alla normativa, onde evitare situazioni che sfocino in possibili controversie.
Definito il cottimo come in oggetto,l'appaltatore che ricorresse a tale istituto dovrà essere posto a conoscenza dei seguenti aspetti: 1)all'atto della richiesta di autorizzazione al cottimo, dovrà dichiarare il valore dei mezzi e dei materiali che intende fornire al cottimista. La SOA del cottimista dovrà pertanto qualificarlo per l'importo da eseguire in cottimo,inclusi il valore dei mezzi e dei materiali, se forniti dall'appaltatore al cottimista; 2)sarà il valore complessivo della parte d'opera da realizzarsi dal cottimista e non l'importo del solo contratto di cottimo, che andrà ad incidere sulla quota subappaltabile; 3)il CEL dei lavori attribuirà al cottimista l'importo della parte d'opera realizzata, comprensivo anche del valore dei materiali, apparecchiature e mezzi d'opera forniti dall'Appaltatore; 4) sono assoggettati al regime autorizzativo, da parte della Stazione Appaltante, tutti i cottimi, indipendentemente dalla percentuale di manodopera impiegata e dal valore del sub-contratto. Si richiede se tale impostazione nella gestione delle richieste di autorizzazione al cottimo, corrisponda alla normativa, onde evitare situazioni che sfocino in possibili controversie.
Il nolo a freddo e/o la sola fornitura di materiale (senza manodopera) rientrano tra le categorie subappaltabili?
in caso di procedura d' appalto per l' affidamento di servizi di ingegneria e di architettura il sub appaltatore deve possedere tutti tutti i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti al soggetto aggiudicatario in sede di gara?
E' configurabile come subappalto l'affidamento di una commessa (servizio di taratura di strumenti scientifici), aggiudicata provvisoriamente ad una ditta italiana che intende effettuare il servizio indicato presso i laboratori della casa madre, aventi sede in Francia? Le due ditte, pur facendo parte della stessa organizzazione, hanno ovviamente diversa personalità giuridica. Si evidenzia inoltre che la ditta verso la quale è stata disposta provvisoriamente l'aggiudicazione non ha espresso la volontà di avvalersi del subappalto.
UNA DITTA SUBAPPALTATRICE DI UN LAVORO TERMINATO MA ANCORA PRIVO DI COLLAUDO RICHIEDE EMISSIONE DI CERTIFICATO ESECUZIONE LAVORI PER LA PARTE ESEGUITA. PUO' ESSERE EMESSO ANCHE SOLO CON TALE ISTANZA O OCCORRE QUELLA DELL'AGGIUDICATARIO? QUALI LAVORI VANNO DICHIARATI? SOLO IL SUBAPPALTO PRESTATO O L'INTERO APPALTO?
Relativamente all'art. 105 comma 13 del d. lgs. 50/2016 si chiede se debba intendersi che l'obbligo di pagamento diretto, da parte della stazione appaltante e in caso di inadempimento della ditta appaltatrice, valga, oltre che per i subappaltatori, per i SOLI prestatori di servizi e fornitori di beni e lavori noti alla stazione appaltante stessa in quanto oggetto di comunicazione, da parte dell'appaltatore, ai sensi del comma 2, terzultimo periodo, dell'articolo in oggetto. Ossia, che tale obbligo non sussiste nei confronti di fornitori di beni, servizi e lavori per i quali l'appaltatore non ha effettuato alcuna comunicazione alla stazione appaltante. Diversamente opinando, si chiede come possa la stazione appaltante avere la certezza che i beni e i servizi sono stati forniti per il cantiere gestito dall'appaltatore con il quale essa intrattiene rapporti contrattuali.
L'art. 105, comma 6, del d. lgs. 50/2016 impone -nelle gare di importo sopra soglia, ad esempio- che il concorrente indichi già in sede di presentazione dell'offerta la terna dei subappaltatori cui intende ricorrere nel corso dell'esecuzione del contratto. Se un concorrente indica la terna dei subappaltatori ma uno dei soggetti indicati non potrà mai essere subappaltatore in quanto partecipa alla stessa gara... si chiede se va attivato il soccorso istruttorio (chiedendo al concorrente di indicare un altro subappaltatore che non partecipi alla gara) oppure ci si può accontentare degli altri due indicati validamente? Grazie, cordiali saluti.