Art. 3-quater.

1. Quando, a seguito degli accertamenti di cui all'articolo 2-bis o di quelli compiuti per verificare i pericoli di infiltrazione da parte della delinquenza di tipo mafioso, ricorrono sufficienti indizi per ritenere che l'esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle imprenditoriali, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall'articolo 416-bis del codice penale o che possa, comunque, agevolare l'attività delle persone nei confronti delle quali é stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 2, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti indicati nel comma 2, e non ricorrono i presupposti per l'applicazione delle misure di prevenzione di cui all'articolo 2, il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto, il direttore della Direzione investigativa antimafia o il questore possono richiedere al tribunale competente per l'applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone sopraindicate, di disporre ulteriori indagini e verifiche, da compiersi anche a mezzo della Guardia di finanza o della polizia giudiziaria, sulle predette attività, nonché l'obbligo, nei confronti di chi ha la proprietà o la disponibilità, a qualsiasi titolo, di beni o altre utilità di valore non proporzionato al proprio reddito o alla propria capacità economica, di giustificarne la legittima provenienza.

2. Quando ricorrono sufficienti elementi per ritenere che il libero esercizio delle attività economiche di cui al comma 1 agevoli l'attività delle persone nei confronti delle quali é stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 2, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti previsti dagli articoli 416-bis, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale, il tribunale dispone la sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni utilizzabili, direttamente o indirettamente, per lo svolgimento delle predette attività.

3. La sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni é adottata per un periodo non superiore a sei mesi e può essere rinnovata, per un periodo non superiore complessivamente a dodici mesi, a richiesta dell'autorità proponente, del pubblico ministero o del giudice delegato di cui all'articolo 2-sexies, se permangono le condizioni in base alle quali é stata applicata.

4. Con il provvedimento di cui al comma 2, il tribunale nomina l'amministratore ed il giudice delegato, osservate, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 2-ter, secondo, quinto, settimo e ottavo comma, 2-sexies, 2-septies e 2-octies. Qualora tra i beni siano compresi beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il provvedimento di cui al comma 2 deve essere trascritto presso i pubblici registri a cura dell'amministratore nominato entro il termine di trenta giorni dall'adozione del provvedimento.

5. Quando vi sia concreto pericolo che i beni sottoposti al provvedimento di cui al comma 2 vengano dispersi, sottratti o alienati, il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto, il direttore della Direzione investigativa antimafia o il questore possono richiedere al tribunale di disporne il sequestro, osservate, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 2-ter, quinto, settimo e ottavo comma, 2-quater, 2-quinquies, 2-sexies, 2-septies e 2-octies. Il sequestro é disposto sino alla scadenza del termine stabilito a norma del comma 3.
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Giurisprudenza e Prassi

INFORMATIVA PREFETTIZIA - REVOCA SUBAPPALTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

La legge delega 17.1.1994, n. 47, cui fa richiamo il D.Lgs. n. 490/94, pone fra i principi e criteri direttivi (art. 1, comma 1, lettera d) la previsione dell’obbligo di inibitoria anzidetto non solo nei confronti di coloro che fossero incorsi nelle cause di decadenza o di divieto, di cui all’art. 10 della legge n. 575/1965, ma anche – appunto – in presenza di "tentativi di infiltrazione mafiosa nelle societa' o imprese interessate". La tipologia di accertamenti, attraverso la quale puo' essere individuata una fattispecie di cosi' difficile e delicata determinazione, risulta meglio specificata negli articoli 2 bis e 3 quater della legge n. 575/1965, come successivamente modificata ed integrata, nonche' nell’art. 10 del regolamento in materia di informazioni antimafia, approvato con D.P.R. 3.6.1998, n. 252: norme, quelle appena indicate, che concordemente riconducono la possibile individuazione delle circostanze, giustificative dei provvedimenti cautelativi di cui trattasi, anche alla sussistenza di un giudizio pendente o di condanna non definitiva, o di mera proposta di applicazione di una misura di prevenzione (cfr., in particolare, art. 3 quater L. 575/1965 e art. 10, comma 7, lettere a e b D.P.R. n. 252/1998 cit.).

Nel caso di specie, l’informativa prefettizia contestata non appare dunque illogica, ne' frutto di qualsivoglia travisamento, sussistendo a carico del socio accomandatario della societa' appellante una procedura, non ancora conclusa, per l’applicazione di misure di prevenzione ed essendo tale circostanza, di per se', ostativa per preciso dettato normativo di una certificazione favorevole (ferma restando l’esigenza di una pronuncia dell’Autorita' giudiziaria, ma senza che, in mancanza della medesima, la procedura in corso potesse considerarsi "tamquam non esset").

Anche la positiva conclusione, per l’imputato, del giudizio in precedenza avviato per estorsione continuata aggravata non escludeva, nella situazione in esame, ulteriori elementi indiziari: è vero infatti che, come sottolineato nella sentenza appellata, risultava gia' intervenuta – alla data dell’informativa – sentenza di assoluzione "perche' il fatto non sussiste"; sembra appena il caso di ricordare, tuttavia, che con tale formula – conforme all’art. 530 cod. proc. pen. – il Giudice penale assolve non solo quando abbia maturato il convincimento dell’innocenza dell’imputato, ma anche quando le prove a carico del medesimo siano ritenute insufficienti. Se, d’altra parte, la vecchia formula dell’assoluzione per insufficienza di prove è stata ritenuta non rispondente a moderne regole di garanzia ed al principio "in dubio pro reo", bisogna anche ammettere che le attuali formule assolutorie non escludano in radice fattori presuntivi di coinvolgimento in ambienti criminali, fattori insufficienti per la condanna, ma non anche per l’applicazione di misure preventive come quelle di cui si discute. Significativamente, pertanto, nella situazione in esame la Prefettura aveva allegato alla propria informativa copia della sentenza, con cui il soggetto veniva in effetti assolto, ma per circostanze concretizzanti il mancato raggiungimento della prova e, ai fini extra-penalistici dei provvedimenti preventivi antimafia, tali da non dissolvere gli elementi indiziari a carico del medesimo.

Nel caso di specie, è legittima la revoca di un subappalto, a seguito di un’informativa prefettizia che attesta a carico di un soggetto una procedura, non ancora conclusa, per l’applicazione di misure di prevenzione, anche qualora sia intervenuta, a vantaggio del soggetto, una sentenza di assoluzione "perche' il fatto non sussiste" per insufficienza di prove.