Art. 2-bis.

1. Il procuratore della Repubblica di cui all'articolo 2, comma 1, il direttore della Direzione investigativa antimafia o il questore territorialmente competente a richiedere l'applicazione di una misura di prevenzione procedono, anche a mezzo della guardia di finanza o della polizia giudiziaria, ad indagini sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie e sul patrimonio dei soggetti indicati all'articolo 1 nei cui confronti possa essere proposta la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con o senza divieto od obbligo di soggiorno, nonché, avvalendosi della guardia di finanza o della polizia giudiziaria, ad indagini sull'attività economica facente capo agli stessi soggetti, allo scopo anche di individuare le fonti di reddito.

2. Accertano, in particolare, se dette persone siano titolari di licenze, di autorizzazioni, di concessioni o di abilitazioni all'esercizio di attività imprenditoriali e commerciali, comprese le iscrizioni ad albi professionali e pubblici registri, se beneficiano di contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concesse o erogate da parte dello Stato, degli enti pubblici o delle Comunità europee.

3. Le indagini sono effettuate anche nei confronti del coniuge, dei figli e di coloro che nell'ultimo quinquennio hanno convissuto con i soggetti indicati al comma 1 nonché nei confronti delle persone fisiche o giuridiche, società, consorzi od associazioni, del cui patrimonio i soggetti medesimi risultano poter disporre in tutto o in parte, direttamente o indirettamente.

4. Quando vi sia concreto pericolo che i beni di cui si prevede debba essere disposta la confisca ai sensi dell'articolo 2- ter vengano dispersi, sottratti od alienati, il procuratore della Repubblica, il direttore della Direzione investigativa antimafia o il questore, con la proposta, possono richiedere al presidente del tribunale competente per l'applicazione della misura di prevenzione di disporre anticipatamente il sequestro dei beni prima della fissazione dell'udienza. PERIODO SOPPRESSO DAL D. L. 8 GIUGNO 1992, N. 306, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI DALLA L. 7 AGOSTO 1992, N. 356.

5. Il presidente del tribunale provvede con decreto motivato entro cinque giorni dalla richiesta. Il sequestro eventualmente disposto perde efficacia se non convalidato dal tribunale entro treta giorni dalla proposta. Si osservano le disposizioni di cui al quarto comma dell'articolo 2-ter; se i beni sequestrati sono intestati a terzi si applica il procedimento di cui al quinto comma dello stesso articolo 2-ter.

6. Il procuratore della Repubblica, il direttore della Direzione investigativa antimafia e il questore possono richiedere, direttamente o a mezzo di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, ad ogni ufficio della pubblica amministrazione, ad ogni ente creditizio nonché alle imprese, società ed enti di ogni tipo informazioni e copia della documentazione ritenuta utile ai fini delle indagini nei confronti dei soggetti di cui ai commi precedenti. Previa autorizzazione del procuratore della Repubblica o del giudice procedente, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere al sequestro della documentazione con le modalità di cui agli articoli 253, 254 e 255 del codice di procedurea penale.

6-bis. Le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione. Le misure patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. Nel caso la morte sopraggiunga nel corso del procedimento esso prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa.
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Giurisprudenza e Prassi

INFORMATIVA PREFETTIZIA - REVOCA SUBAPPALTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

La legge delega 17.1.1994, n. 47, cui fa richiamo il D.Lgs. n. 490/94, pone fra i principi e criteri direttivi (art. 1, comma 1, lettera d) la previsione dell’obbligo di inibitoria anzidetto non solo nei confronti di coloro che fossero incorsi nelle cause di decadenza o di divieto, di cui all’art. 10 della legge n. 575/1965, ma anche – appunto – in presenza di "tentativi di infiltrazione mafiosa nelle societa' o imprese interessate". La tipologia di accertamenti, attraverso la quale puo' essere individuata una fattispecie di cosi' difficile e delicata determinazione, risulta meglio specificata negli articoli 2 bis e 3 quater della legge n. 575/1965, come successivamente modificata ed integrata, nonche' nell’art. 10 del regolamento in materia di informazioni antimafia, approvato con D.P.R. 3.6.1998, n. 252: norme, quelle appena indicate, che concordemente riconducono la possibile individuazione delle circostanze, giustificative dei provvedimenti cautelativi di cui trattasi, anche alla sussistenza di un giudizio pendente o di condanna non definitiva, o di mera proposta di applicazione di una misura di prevenzione (cfr., in particolare, art. 3 quater L. 575/1965 e art. 10, comma 7, lettere a e b D.P.R. n. 252/1998 cit.).

Nel caso di specie, l’informativa prefettizia contestata non appare dunque illogica, ne' frutto di qualsivoglia travisamento, sussistendo a carico del socio accomandatario della societa' appellante una procedura, non ancora conclusa, per l’applicazione di misure di prevenzione ed essendo tale circostanza, di per se', ostativa per preciso dettato normativo di una certificazione favorevole (ferma restando l’esigenza di una pronuncia dell’Autorita' giudiziaria, ma senza che, in mancanza della medesima, la procedura in corso potesse considerarsi "tamquam non esset").

Anche la positiva conclusione, per l’imputato, del giudizio in precedenza avviato per estorsione continuata aggravata non escludeva, nella situazione in esame, ulteriori elementi indiziari: è vero infatti che, come sottolineato nella sentenza appellata, risultava gia' intervenuta – alla data dell’informativa – sentenza di assoluzione "perche' il fatto non sussiste"; sembra appena il caso di ricordare, tuttavia, che con tale formula – conforme all’art. 530 cod. proc. pen. – il Giudice penale assolve non solo quando abbia maturato il convincimento dell’innocenza dell’imputato, ma anche quando le prove a carico del medesimo siano ritenute insufficienti. Se, d’altra parte, la vecchia formula dell’assoluzione per insufficienza di prove è stata ritenuta non rispondente a moderne regole di garanzia ed al principio "in dubio pro reo", bisogna anche ammettere che le attuali formule assolutorie non escludano in radice fattori presuntivi di coinvolgimento in ambienti criminali, fattori insufficienti per la condanna, ma non anche per l’applicazione di misure preventive come quelle di cui si discute. Significativamente, pertanto, nella situazione in esame la Prefettura aveva allegato alla propria informativa copia della sentenza, con cui il soggetto veniva in effetti assolto, ma per circostanze concretizzanti il mancato raggiungimento della prova e, ai fini extra-penalistici dei provvedimenti preventivi antimafia, tali da non dissolvere gli elementi indiziari a carico del medesimo.

Nel caso di specie, è legittima la revoca di un subappalto, a seguito di un’informativa prefettizia che attesta a carico di un soggetto una procedura, non ancora conclusa, per l’applicazione di misure di prevenzione, anche qualora sia intervenuta, a vantaggio del soggetto, una sentenza di assoluzione "perche' il fatto non sussiste" per insufficienza di prove.