Art. 21 (Disposizioni sanzionatorie)

1. Con la segnalazione o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l'interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell'attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi ed il dichiarante è punito con la sanzione prevista dell'articolo 483 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato.

2. COMMA ABROGATO DALLA L. 7 AGOSTO 2015, N. 124.

2-bis. Restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20.

2-ter. La decorrenza del termine previsto dall'articolo 19, comma 3, e la formazione del silenzio assenso ai sensi dell'articolo 20 non escludono la responsabilità del dipendente che non abbia agito tempestivamente nel caso in cui la segnalazione certificata o l'istanza del privato non fosse conforme alle norme vigenti.
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Giurisprudenza e Prassi

REVOCA DEL BANDO DI GARA: PUO' AVVENIRE ANCHE PER UNA NUOVA VALUTAZIONE DELL'INTERESSE PUBBLICO ORIGINARIO

TAR PUGLIA SENTENZA 2024

Rileva il Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dalla parte ricorrente, una gara ben può essere revocata non solo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse e mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento, ma anche per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, come evidentemente accaduto nel caso di specie.

Per pacifica giurisprudenza, infatti, la revoca del bando di gara richiede la sussistenza di concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna la prosecuzione delle operazioni di gara, secondo una valutazione di opportunità ancorata alle condizioni legittimanti dettagliate all'art. 21 quinquies della L. 241/1990, nessuna esclusa, e rientrante nel potere ampiamente discrezionale dell'amministrazione procedente (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 17 febbraio 2021, n. 1455).

Tanto chiarito, la ragione fondante della revoca, nel caso di specie, risiede nella ritenuta non necessità dell’attivazione del servizio estivo e, dunque, in una rivalutazione dell’interesse pubblico originario.

Come correttamente ricordato dalla Difesa dell’Azienda sanitaria, l’esercizio del potere di revoca “esige solo una valutazione di opportunità, seppur ancorata alle condizioni legittimanti dettagliate all'art. 21-quinquies, sicché il valido esercizio dello stesso resta, comunque, rimesso a un apprezzamento ampiamente discrezionale dell'Amministrazione procedente sindacabile nei noti limiti della manifesta irragionevolezza o illogicità (cfr. tra le molte, Cons. Stato, III, 6 maggio 2014, n. 2311)”: TAR Campania – Napoli, Sez. I, 1.12.2021, n. 771.

AFFIDAMENTO IN CONCESSIONE DELLA GESTIONE - REVOCA DELL’INTERA PROCEDURA – NON MOTIVATA - ILLEGITTIMA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

L’opportunità di evitare un probabile contenzioso all’esito del quale l’amministrazione possa risultare soccombente può essere, in linea teorica, valida ragione di riesame del provvedimento amministrativo (sicuramente, rilevati vizi di legittimità, per disporne l’annullamento d’ufficio ex art. 21 –nonies l. 7 agosto 1990, n. 24, ma anche), per disporne la revoca (in assenza di vizi di legittimità), ma solo a condizione che appaia ora inopportuna o non conveniente la scelta precedentemente assunta (potendo rientrare tale evenienza nei “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” di cui all’art. 21 – quinquies l. n. 241 del 1990; cfr. per una vicenda simile: Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 2019, n. 2275), altrimenti comportando una intollerabile cesura nella cura dell’interesse pubblico primario perseguito dall’amministrazione.

Nel caso di specie, per sua espressa dichiarazione, anche successivamente alla sentenza che aveva annullato la prima aggiudicazione e, poi, anche dopo che la commissione giudicatrice aveva rivalutato l’offerta., permaneva inalterato l’interesse dell’Ente ad affidare in concessione l’aeroporto al miglior offerente, sol si voleva, del tutto legittimamente, che l’offerta dell’originaria aggiudicataria fosse rivalutata conformemente alle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado.

Se tale era l’obiettivo dell’Ente, però, la revoca dell’intera procedura di gara eccede la misura, poiché, azzerando l’intera procedura di scelta quando era giunta ad una fase molto avanzata – essendo già stato adottato un primo provvedimento di aggiudicazione che il giudice amministrativo aveva sì annullato ma senza disporre l’esclusione dell’operatore economico, e solo ordinando la rinnovazione di una fase della procedura – ha comportato la ritardata attuazione, o, comunque, il prolungato rinvio (considerati i tempi di una ordinaria procedura di affidamento di concessione) della realizzazione dell’interesse pubblico, che lo stesso Ente aveva riconosciuto nella valorizzazione dello scalo aeroportuale mediante affidamento della concessione al migliore offerente.

Il provvedimento impugnato è, pertanto, illegittimo per eccesso di potere per sviamento: la revoca della procedura non è servita a rivedere una decisione apparsa, trascorso tempo, inopportuna o non conveniente – chè, anzi, della scelta di concedere in affidamento la gestione dell’aeroporto l’amministrazione ha continuato a dirsi sicura – come pure, va detto, ad eliminare vizi degli atti di gara originariamente assunti, ma stata indotta da una strategia meramente precauzionale e cautelativa che, di principio, va detta estranea all’azione amministrativa, pena la sua inevitabile paralisi.

COVID19 - REVOCA GARA PER EVENTI SOPRAVVENUTI - AMMESSA

TRGA TRENTINO ALTO ADIGE SENTENZA 2020

L’art. 21 quinquies, comma 1, della l. 7 agosto 1990, n. 241 prevede che: “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti (….)”. La disciplina surriferita attribuisce all’Amministrazione un ampio ius poenitendi che le consente di ritornare sulle proprie decisioni per sopravvenute ragioni di opportunità, avvalendosi in tal senso di un potere connotato da significativa discrezionalità in merito all’individuazione delle ragioni medesime, che devono comunque essere finalizzate alla migliore cura del pubblico interesse, a fronte del quale l’eventuale posizione di vantaggio conseguita dal privato deve considerarsi recessiva. La latitudine di tale potere è peraltro bilanciata dalla sussistenza di un rafforzato onere motivazionale, mediante il quale deve essere dato conto delle valutazioni svolte ai fini dell’assunzione della decisione “di ritiro”, ivi compresa l’adeguata comparazione di eventuali interessi contrapposti (ex multis Cons. Stato, sez. II, 14 marzo 2020, n. 1837). Ciò comporta che, qualora le motivazioni della revoca siano congruamente esplicitate e non sia nelle stesse ravvisabile un evidente vizio di illogicità, contraddittorietà e/o errore di fatto, la scelta dell’Amministrazione di tornare sulle proprie precedenti decisioni non può essere sindacata, rientrando il potere di revoca in quello di “amministrazione attiva” che spetta in via esclusiva alla stessa pubblica Amministrazione (ex multis sentenza T.A.R. Lazio, Roma, sez. III ter, 3 luglio 2020, n. 7980).

Inoltre, nell’ambito delle procedure di scelta del contraente, si è cristallizzata una specifica giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, Sez. II, 28 giugno 2019, n. 446, e le ulteriori pronunce ivi richiamate) alla quale aderisce anche questo Tribunale e che impone un onere di specifica e puntuale motivazione sulle sopravvenute ragioni di interesse pubblico (o sulla rinnovata valutazione di quelle originarie) nel caso di revoca della gara che interviene successivamente all’aggiudicazione, ma prima della stipulazione (nel cui caso può soccorrere solo il diritto potestativo di recedere dal contratto, cfr. Ad. Pl. Cons. Stato 29 giugno 2014, n. 14). Ciò in quanto l’impresa aggiudicataria, a seguito dell’intervenuta aggiudicazione, assume una qualificata posizione, e le esigenze di tutela del legittimo affidamento dell’impresa che ha diligentemente partecipato alla procedura di gara, impongono un dovere particolarmente pregnante di comparazione dei contrapposti interessi. Nel caso oggetto di odierno scrutinio peraltro, la procedura ad evidenza pubblica, al momento della revoca, era ancora in una fase interlocutoria, susseguente alla formazione della graduatoria e nella pendenza della fase di verifica di anomalia (vedi paragrafo 5 del bando di gara integrale doc. 8 di parte ricorrente). Né viene in considerazione nel caso di specie la “proposta di aggiudicazione” (cfr. artt. 32, comma 5, e 33, comma1, del d.lgs. 50 del 2016, in passato definita “aggiudicazione provvisoria”), in quanto l’ordinamento provinciale in materia di contratti, ed in particolare la legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2, recante “Legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016” non contempla tale fase della procedura in dipendenza degli effetti conseguenti all’art. 1 del d.lgs. 7 settembre 2017, n. 162 (a sua volta recante “Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di contratti pubblici”), stabilendo invece all’articolo 22, comma 7, che l’aggiudicazione è definitiva e che non è pertanto soggetta ad approvazione. Pertanto, secondo una consolidata giurisprudenza da condividersi in questa sede, poiché financo l’aggiudicazione provvisoria – o, secondo l’attuale terminologia, la “proposta di aggiudicazione” – costituisce atto di natura endoprocedimentale, ed a maggior ragione parimenti riveste natura endoprocedimentale la mera formazione della graduatoria, la relativa revoca non è qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, tale pertanto da richiedere un raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo al riguardo prospettabile alcun affidamento del destinatario (ex multis sentenza Cons. Stato, sez. V, 4 gennaio 2019, n. 107, T.A.R. Palermo, sez. III 12 giugno 2020, n. 1158).

REVOCA DELL’AGGIUDICAZIONE DOPO OLTRE 18 MESI – NON AMMESSO

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2020

L’art. 21 nonies l. n. 241 del 1990, infatti, dispone che l’annullamento di un provvedimento amministrativo illegittimo può intervenire entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi: tale norma si applica anche in caso di annullamento dell’aggiudicazione di un contratto pubblico.

Nella fattispecie è agevole rilevare che tale limite temporale è stato significativamente sforato dal Comune di xxx, che soltanto nel febbraio 2020 è intervenuto in autotutela su un provvedimento risalente al dicembre 2017, rimuovendolo per un vizio che (per quanto indicato dal Comune stesso) deve ritenersi fosse immediatamente conoscibile dall’Amministrazione fin dalle prime fasi della procedura selettiva. Né può, ovviamente, rilevare – in senso contrario – la circostanza che soltanto con l’insediamento della nuova amministrazione nel maggio 2019 sia iniziata la verifica sulla regolarità della procedura di gara e sullo svolgimento del servizio.

In aggiunta a quanto appena argomentato, va evidenziato, altresì, che neppure è riscontrabile nella fattispecie l’illegittimità dell’aggiudicazione che ha spinto il Comune ad adottare il provvedimento de quo………

Coglie, altresì, nel segno parte ricorrente quando censura l’atto impugnato anche sotto il profilo della carente ponderazione degli interessi in conflitto. Ed invero, “Nelle gare pubbliche il potere di annullamento in autotutela può ben venire esercitato al fine di garantire il ripristino della legalità, ma questa finalità non può integrare ex se, e tantomeno esaurire, l’ambito delle più ampie e articolate valutazioni che l’Amministrazione pubblica è chiamata ad operare, essendo invece imprescindibile una compiuta comparazione tra l’interesse pubblico e quello privato, oltre alla ragionevole durata del tempo intercorso tra l’atto illegittimo e la sua rimozione” (Tar Sardegna, sez. I, sent. 16/1/2019 n. 21), comparazione che sarebbe stata oltremodo necessaria nella fattispecie, tenuto conto che:

– il servizio risultava svolto – alla data di adozione dell’atto di autotutela – da due anni (a fronte della complessiva durata di anni tre);

– non constano (al di là di menzionate note di sollecito, non versate in atti) formali contestazioni da parte del Comune sulla correttezza dell’adempimento, anche in relazione allo specifico profilo dell’esistenza di idonea area di cantiere.

La lettura del provvedimento impugnato rivela – per contro – che l’Amministrazione ha ritenuto apoditticamente prevalente su quello privato l’interesse pubblico “atteso che si verte in materia di violazione di norme a presidio dell’ordine pubblico”.

QUINTO D'OBBLIGO - NON UTILIZZABILE PRIMA DELLA STIPULA DEL CONTRATTO (106)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Privi di pregio sono gli argomenti di -Omissis- fondati sulle norme degli art. 106, comma 12, 106, comma 1 lett. e) e 63 del d.lgs. n. 50 del 2016: la fattispecie disciplinata dalla prima non ricorre in caso di estensione al di sopra del c.d. quinto d’obbligo (come nel caso di specie) e comunque (…) la norma – pur se ritenuta applicabile in caso di errore della stazione appaltante, non quindi necessariamente in caso di sopravvenienze straordinarie e imprevedibili – presuppone sempre che l’esigenza di aumento o di diminuzione delle prestazioni contrattuali emerga “in corso di esecuzione”, non essendo consentita una previsione di modifica ex art. 106, comma 12, a monte della stipulazione del contratto, quando cioè vi sia un vizio genetico e noto della legge di gara che renda certa l’inadeguatezza delle prestazioni contrattuali cui parametrare le offerte, come nel caso di specie; a sua volta, invece, l’art. 106, comma 1, lett. e), consente la previsione di modifiche in estensione già nei documenti di gara, ma solo se si tratti di modifiche non essenziali ai sensi di tale norma e del richiamato comma 4 dell’art. 106, e non sono tali le modifiche che, come nel caso di specie, alterano l’equilibrio economico del contratto a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale; infine, è vero che la legge di gara prevedeva, per l’affidamento de quo, l’applicazione dell’art. 63, ma soltanto per l’eventuale ripetizione dei servizi analoghi e per l’eventuale proroga, vale a dire per le ipotesi consentite dalla norma di legge, di stretta interpretazione (cfr. Cons. Stato, III, 26 aprile 2019, n. 2687) cui è estranea la fattispecie delle modifiche in estensione, alla quale va ascritta quella che comporta l’aumento delle prestazioni oggetto del contratto a base di gara.

CONTRATTO – SUBENTRO DISPOSTO CON SENTENZA PASSATA IN GIUDICATO - POSIZIONE SOGGETTIVA DEL RICORRENTE - INDIVIDUAZIONE

TAR MOLISE SENTENZA 2020

Il Consiglio di Stato ha accolto la domanda di subentro nel contratto quale conseguenza, per così dire immediata e “riflessa”, dell’annullamento della aggiudicazione e dell’accertamento dell’inefficacia dell’originario contratto concluso con A, senza peraltro rendere alcuna statuizione, in positivo, in ordine alla sussistenza dei presupposti e delle condizioni per il perfezionamento del vincolo contrattuale.

Se ne deve dedurre che l’accoglimento della domanda di subentro nel contratto, se per un verso presuppone implicitamente il riconoscimento in capo alla ricorrente della qualità di ditta aggiudicataria, per altro verso non vale ad accertare i presupposti e le condizioni, sul piano paritetico e negoziale, per il perfezionamento del vincolo contrattuale, ma vale semplicemente ad esplicitare la sussistenza di una posizione soggettiva qualificata al subentro, che non può che coincidere con la posizione di interesse legittimo alla stipulazione del contratto che normalmente consegue all’aggiudicazione della gara.

Ciò stante, non essendo ravvisabile il perfezionamento del vincolo contrattuale, deve ritenersi che la stazione appaltante abbia correttamente optato per l’esercizio del potere autoritativo di revoca, anziché del diritto di recesso: “le controversie concernenti la legittimità di atti o comportamenti afferenti a procedure di evidenza pubblica assunti non solo prima dell'aggiudicazione, ma anche nel successivo spazio temporale compreso tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto rientrano nella giurisdizione amministrativa perché attengono all'esercizio di potestà amministrativa sottoposto a norme di carattere pubblicistico, a fronte del quale la posizione giuridica dell'interessato ha consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo in quanto la stazione appaltante, sia pure intervenuta l'aggiudicazione, conserva sempre il potere di non procedere alla stipulazione del contratto in ragione di valide e motivate ragioni di interesse pubblico” (TAR Campania, Salerno, Sez. I, 18.07.2019 n. 1342).

ESERCIZIO DEL POTERE AMMINISTRATIVO – MOTIVAZIONE NEI PROVVEDIMENTI

TAR LAZIO SENTENZA 2019

La motivazione del provvedimento non può essere validamente integrata in giudizio, costituendo la stessa, come affermato dalla Corte Costituzionale (Ord. n. 5 8 del 17 marzo 2017) nell’esaminare la questione di legittimità dell'art. 21-octies, comma 2, primo periodo, l. 241/1990, “il presupposto, il fondamento, il baricentro e l'essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 3 l. n. 241 del 1990) e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990”.

Tale principio vale, a maggior ragione, per il caso in cui l’integrazione giudiziale sia fondata su scritti difensivi, in quanto non promananti dall’organo della competente amministrazione, e riguardi un’attività connotata da ampia discrezionalità quale è, per quanto riferito dalla giurisprudenza sopra citata, quella inerente la valutazione delle ragioni che possono supportare la mancata suddivisione in lotti di un pubblico appalto.

La mancanza di motivazione in ordine alla omissione della suddivisione dell’appalto in lotti si pone, dunque, in contrasto con la chiara disposizione dell’art. 51 d.lgs. 50/2016.

POTERE DI ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA DELL’INTERA GARA - NON PUÒ ESSERE UTILIZZATO PER NEGARE AL RICORRENTE VITTORIOSO L'UTILITÀ SCATURENTE DALLA PRONUNCIA GIURISDIZIONALE

TAR UMBRIA SENTENZA 2019

Secondo una tesi invero minoritaria ma che il Collegio reputa pertinente al caso di specie, è sufficiente a determinare la nullità del provvedimento non solamente il contrasto con pronunce giurisdizionali qualificabili, in senso stretto, come giudicato (secondo i principi dell'art. 324 c.p.c.), atteso che il contrasto con ogni pronuncia esecutiva del giudice è configurabile come una forma di patologia del provvedimento amministrativo certamente più grave della semplice annullabilità (Consiglio di Stato, sez. V , 24 luglio 2007, n. 4136; id. sez. IV, 16 febbraio 2011, n. 1001).

Per giurisprudenza pacifica la violazione del giudicato - nel senso estensivo sopra esposto - è configurabile quando il nuovo atto riproduca gli stessi vizi già censurati in sede giurisdizionale o quando si ponga in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla statuizione del giudice (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 4 giugno 2019, n. 3747) non bastando la violazione dei soli criteri contenuti in sentenza (ex multis T.A.R. Umbria, 14 marzo 2015 , n. 122). La decisione della stazione appaltante di procedere all’annullamento d’ufficio dell’intera gara si pone dunque in contrasto con il preciso obbligo, sancito dalle sentenze di cui si chiede esecuzione, di rinnovare il giudizio di anomalia nei confronti della controinteressata, statuizione che non ha lasciato margini di discrezionalità quanto all’an dell’azione amministrativa ma solo in ordine naturalmente al “quid”, trattandosi di riesercizio di un potere tipicamente discrezionale tecnico (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2019, n. 2496).

Il potere di annullamento in autotutela dell’intera gara se in ipotesi esercitabile anche dopo l’aggiudicazione (ex multis Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 20 giugno 2014, n. 14) sussistendone i presupposti procedimentali e sostanziali, non può essere utilizzato al fine di negare al ricorrente vittorioso l'utilità scaturente dalla pronuncia giurisdizionale ed illegittimamente negata dall'Amministrazione con un comportamento elusivo. A non diverse considerazioni si presta il potere di diniego dell’approvazione per motivi di interesse pubblico (oggi previsto dall’art. 95 c. 12, D.lgs. 50/2016) citato dalla difesa dell’Amministrazione, per altro esercitabile solo per specifiche e obiettive ragioni di pubblico interesse (Consiglio di Stato sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1766).

REVOCA O RITIRO AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA - INDENNIZZO EX ART. 21-QUINQUIES L. 241/1990 - IN ASSENZA DI AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA - INCONFIGURABILITÀ - RAGIONI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

La concorde giurisprudenza amministrativa (ex aliis Consiglio di Stato sez. III, 07/07/2017, n.3359; Consiglio di Stato, Sez. V n. 1559 del 20.4.2016; Sez. III, 04/09/2013, n. 4433 ) nega, in mancanza di un’aggiudicazione definitiva, la configurabilità dell’indennizzo ex art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990. La natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili, tipica dell'aggiudicazione provvisoria, spiega la non tutelabilità processuale di quest'ultima ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241 del 1990 (ex multis, Cons. Stato, V, 20 agosto 2013, n. 4183): la sua revoca (ovvero, la sua mancata conferma) non è infatti qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, tale cioè da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario, dal momento che l'aggiudicazione provvisoria non è l'atto conclusivo del procedimento (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 09/11/2018, n.6323).

AUTOTUTELA - DOMANDA RISARCITORIA CONSEGUENTE ALL’ANNULLAMENTO LEGITTIMO IN AUTOTUTELA DI UN PROVVEDIMENTO DI AGGIUDICAZIONE IN PRECEDENZA ILLEGITTIMAMENTE EMANATO – GIURISDIZIONE ORDINARIA

TAR TOSCANA SENTENZA 2019

La giurisprudenza della Corte regolatrice è costantemente orientata nel senso che la domanda risarcitoria basata sull'affermazione di aver fatto incolpevole affidamento sulla apparente legittimità del provvedimento favorevole (poi, annullato in autotutela) che, comunque, aveva ampliato la sfera giuridica soggettiva dell'interessato rientra nella giurisdizione dell'A.G.O., non trattandosi di lesione derivante dall'esercizio (illegittimo) del potere pubblico consumato in danno del soggetto istante con sacrificio sostanziale del corrispondente bene della vita, bensì dell'annullamento legittimo in autotutela di un provvedimento di aggiudicazione in precedenza illegittimamente emanato (Cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, ordinanze 23 Marzo 2011 nn. 6594, 6595 e 6596).

SOPRAVVENIENZA NORMATIVA INCOMPATIBILE CON LA PRESTAZIONE – LEGITTIMO INTERVENTO IN AUTOTUTELA

TAR SARDEGNA SENTENZA 2019

La revoca di cui si discute è stata disposta in ragione di un factum principis, cioè di una sopravvenienza normativa incompatibile con la prestazione originariamente prevista, che ha reso impossibile l’attuazione del programma negoziale cristallizzato nei primi atti di gara: tra tutte le ipotesi di revoca, dunque, quella ora in esame è la “meno discrezionale”, in quanto ricollegabile a un dato giuridico ostativo all’applicazione degli atti amministrativi inizialmente adottati. In simili ipotesi, dunque, la revoca è sostanzialmente “imposta” e sul piano sistematico-funzionale si traduce in una sorta di presa d’atto dell’impossibilità sopravvenuta del’efficacia provvedimentale, analogamente a quanto si verifica nel settore civilistico delle obbligazioni, con la differenza, però, che nel caso ora in esame -essendo la revoca intervenuta prima della stipulazione del contratto e della stessa aggiudicazione definitiva- non vi era alcun obbligo della stazione appaltante, bensì un “rapporto procedimentale” in corso di svolgimento.

Pertanto, in simili casi, il provvedimento di revoca trova adeguata giustificazione nel fatto in sé della sopravvenienza giuridica ostativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2015, n. 2019, 29 dicembre 2014, n. 6406 e 26 settembre 2013, n. 4809) e perciò la sua motivazione può legittimamente limitarsi ad essa, senza bisogno di alcun bilanciamento tra i diversi interessi in gioco.

CONTROVERSIA SUL CONTENUTO DEL CONTRATTO – RELAZIONE PRECONTRATTUALE – GIURISDIZIONE GO

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2018

Come da ultimo statuito dalle Sezioni Unite con la citata ordinanza n. 24411/2018 (nella quale pure si dà conto di un orientamento contrario, ritenuto però non condivisibile: Sez. Un. N. 14354/2017 e n. 14188/2015) nella fase successiva alla aggiudicazione, salva la riconducibilità dell’atto all’esercizio di un potere autoritativo espressamente attribuito dalla legge all’amministrazione, le situazioni giuridiche intercorrenti tra aggiudicatrice e aggiudicataria nella relazione precontrattuale sono soggette alla giurisdizione del giudice ordinario, anche quando come nel caso di specie la controversia concerne lo specifico contenuto del contratto.

Peraltro – per quanto con statuizione che sembra avallare un’ipotesi eccezionale di deroga alla giurisdizione “per ragioni di connessione” – con la medesima ordinanza sopra richiamata (cfr. par. 10 motivazione) la Corte regolatrice ha anche precisato che la “giurisdizione si estende (…) alle situazioni dipendenti dalla cognizione dell’oggetto del ricorso originario” ovvero alle determinazioni aventi ad oggetto l’aggiudicazione in favore del terzo, per effetto dello scorrimento della graduatoria, una volta preso atto della “decadenza” iure privatorum dell’aggiudicazione.

9. Nel caso specifico, ritiene il Collegio che, secondo i principi da ultimo chiariti dalla Corte regolatrice della giurisdizione:

a) non sussiste la giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 133 c.p.a. poiché la controversia concerne la fase intercorrente tra l’aggiudicazione definitiva e la conclusione del contratto e deve comunque , escludersi che vi sia stato l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio ex art. 21 nonies L. 241/90 che, seppure temporalmente successivo all’aggiudicazione, incida con efficacia retroattiva sulla stessa per un vizio genetico della procedura di affidamento;

b) la questione di giurisdizione, oggetto di eccezione di parte resistente, deve pertanto risolversi alla luce dell’ordinario criterio di riparto ex art. 103 Cost imperniato sul petitum sostanziale (causa petendi), dovendo previamente qualificarsi la posizione giudica azionata dalla ricorrente, che potrà configurarsi quale “interesse legittimo” solo a fronte dell’esercizio di un potere autoritativo dell’amministrazione (ad esempio nell’ipotesi in cui essa eserciti una “revoca” ex art. 21 quinquies L. 241/90;

c) non ricorre neanche tale ipotesi, poiché la divergenza tra le parti concerne lo specifico contenuto del contratto da stipularsi ed è inquadrabile nell’ambito di una relazione precontrattuale ex art. 1337 e 1338 c.c. in cui vengono in rilievo situazioni di diritto soggettivo e non di potere autoritativo/interesse legittimo, concernenti la valutazione discrezionale della rispondenza dell’aggiudicazione all’interesse pubblico, con conseguente devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario”.

MANCATA SOTTOSCRIZIONE PROVVEDIMENTO DI AGGIUDICAZIONE - NULLITA'

TAR LIGURIA GE SENTENZA 2018

La sottoscrizione costituisce un requisito essenziale dell’atto, di talchè se la sottoscrizione comunque apposta anche se illeggibile non è causa di illegittimità quando siano comunque riscontrabili elementi utili, quali la dicitura dattiloscritta e l’intestazione su di esso riportate, a offrire certezze in ordine alla corretta identificazione del funzionario che ha apposto la firma e, dunque, a consentire l’effettiva riferibilità del provvedimento all’Amministrazione, (cfr., tra le altre, Cass. Civ., Sez. Trib., 5 agosto 2004, n. 15048; C.d.S., Sez. VI, 21 agosto 2002, n. 4246; TAR Lombardia, Milano, 22 marzo 1996, n. 351) diversamente nel caso di omissione di qualsivoglia.

La nota 15.1.2018 della stazione appaltante reca la generica indicazione centrale di committenza senza alcuna sottoscrizione o indicazione del soggetto che ha emesso il provvedimento.

Ne consegue la nullità dello stesso.

Se l’amministrazione ha concluso il procedimento con un provvedimento nullo o comunque illegittimo può sempre sostituirlo con uno nuovo emendato dei vizi che inficiavano il precedente senza che tale possibilità le sia preclusa dalla circostanza che il precedente atto fosse viziato.

COMMISSARIAMENTO IMPRESA AGGIUDICATARIA E POTERE DI AUTOTUTELA DELLA STAZIONE APPALTANTE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

“La ratio della norma (art. 32 d.l. n. 90/2014: laddove prevede che “… l’ANAC … propone al Prefetto … di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto ovvero dell’accordo contrattuale o della concessione”) non è quella di privare la stazione appaltante di ogni potere circa la risoluzione o la prosecuzione del rapporto una volta disposta la gestione straordinaria e temporanea dell'impresa…”, evidenziando che la permanenza della potestà autoritativa della stazione appaltante, anche ai fini della valutazione dell’interesse pubblico al mantenimento o meno dell’aggiudicazione, “deve ritenersi tanto più sussistente nella fattispecie all’esame del Collegio, in cui le indagini penali hanno fornito apporti sufficienti per ritenere ragionevolmente probabile la sussistenza degli elementi materiali di una turbativa d’asta, posta in essere da parte dell’aggiudicataria…”.

Tra il potere di cui all’art. 32, commi 1 e ss., d.l. n. 90/2014 e quello (generale) di autotutela di cui all’art. 21 nonies l. n. 241/1990 non sono ravvisabili interferenze, di ordine strutturale e/o funzionale, atte a giustificare la tesi secondo cui l’esercizio (effettivo o potenziale) del primo esplichi efficacia ostativa all’esperimento del secondo.

PRINCIPIO DI ROTAZIONE – SOTTOSOGLIA - IN CASO DI UNA SOLA DITTA PARTECIPANTE (36 – 63.6)

TAR CAMPANIA SA SENTENZA 2018

Il presente giudizio verte intorno all’applicabilità alla presente procedura negoziata del principio di rotazione.

Sul punto la giurisprudenza amministrativa consolidata, cui questo Collegio intende dare continuità, ha chiarito che l’obbligatorietà del principio di rotazione per le gare di lavori, servizi e forniture opera in relazione agli appalti cd. “sotto soglia” disciplinati dall’art. 36 del d.lgs. 50/2016 (Cons. Stato, VI, 31 agosto 2017, n. 4125), nonché per le procedure negoziate senza bando, come è reso manifesto dall’art 63, comma 6, che espressamente menziona il principio di rotazione insieme agli altri principi (trasparenza, concorrenza) che devono ispirare tali procedure caratterizzate dall’assenza di una vera e propria procedura di gara. Il principio di rotazione, quindi, è applicabile esclusivamente in presenza di contratti sotto soglia in cui le procedure di gara sono particolarmente semplificate e in presenza di una procedura negoziata senza pubblicazione del bando. La ratio è evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato.

Pertanto, anche al fine di ostacolare le pratiche di affidamenti senza gara ripetuti nel tempo che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire, per contro, la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio in questione comporta, in linea generale, che l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale (cfr., Consiglio di Stato, sez. V, 13/12/2017, (ud. 16/11/2017, dep.13/12/2017), n. 5854).

Nel caso di specie il Comune ha indetto una procedura negoziata ai sensi del’art. 36, comma 1, lett. a), cui, pertanto, si applica il principio di rotazione che rappresenta la regola per questo tipo di procedure.

Nel caso di specie, quindi, la stazione appaltante ha proceduto all’annullamento della gara in autotutela in quanto la ditta Alfa, unica partecipante, è l’operatore economico uscente, affidatario del servizio sin dal lontano 2009, per contratto quinquennale e in regime di proroga dal 2014.

La decisione dell’amministrazione di annullare la gara per violazione del principio di rotazione è, dunque, conforme a legge e non richiede particolari motivazioni; diversamente una puntuale e specifica motivazione occorre qualora, eccezionalmente, l’amministrazione voglia disattendere il predetto principio.

AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA - COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO IN AUTOTUTELA - LIMITI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

Deve escludersi la sussistenza dell’obbligo comunicativo di cui la parte appellante lamenta la violazione: come affermato da Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1987 del 2 maggio 2017, infatti, “risulta dagli atti che le aggiudicazioni in questione fossero meramente provvisorie, di talché non solo non davano ancora origine ad un affidamento positivamente tutelabile in sede giudiziaria, ma neppure imponevano (trattandosi di meri atti endoprocedimentali) la comunicazione di avvio del procedimento in autotutela” (negli stessi termini, ex multis, Cons. Stato, V, 5 aprile 2012, n. 2007: "non è fondata la censura con la quale si contesta la violazione dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento ex art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto, alla stregua di un consolidato e condivisibile indirizzo assunto da questo Consiglio (vedi, da ultimo, sez. V, 23 giugno 2010 , n. 3966; 12 febbraio 2010 , n. 743), la stazione appaltante che si determini al ritiro, in sede di autotutela, di una gara d'appalto, non è tenuta a darne previa comunicazione, ex art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241, al destinatario dell'aggiudicazione provvisoria, trattandosi di atto endoprocedimentale interno alla procedura di scelta del contraente, per sua natura inidoneo, al contrario dell'aggiudicazione definitiva, ad attribuire in modo stabile il bene della vita ed ad ingenerare il connesso legittimo affidamento che impone l'instaurazione del contraddittorio procedimentale").

Come già statuito da questo Consiglio di Stato (Sez. V, n. 5266 del 23 ottobre 2014), “la natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili tipica dell'aggiudicazione provvisoria non consente di applicare nei suoi riguardi la disciplina dettata dagli artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241/1990 in tema di revoca e annullamento d'ufficio (C.d.S., V, 20 agosto 2013, n. 4183): la revoca dell'aggiudicazione provvisoria (ovvero, la sua mancata conferma) non è, difatti, qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, sì da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario, dal momento che l'aggiudicazione provvisoria non è l'atto conclusivo del procedimento, sicché nei relativi casi nessun pregio ha la censura di carente esplicitazione delle ragioni di pubblico interesse sottese alla revoca (V, 20 aprile 2012, n. 2338)”.

REVOCA LEGITTIMA DELL'AGGIUDICAZIONE - CASISTICA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

In materia di appalti pubblici le ragioni in grado di supportare la revoca legittima dell’aggiudicazione sono state variamente individuati e tre sono, specialmente, le fattispecie ricorrenti: a) revoca per sopravvenuta non corrispondenza dell’appalto alle esigenze dell’amministrazione; b) revoca per sopravvenuta indisponibilità di risorse finanziarie ovvero per sopravvenuta non convenienza economica dell’appalto (fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 2016, n. 1599, Sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748); c) revoca per inidoneità della prestazione descritta nella lex specialis a soddisfare le esigenze contrattuali che hanno determinato l'avvio della procedura (sulla quale, ampiamente, Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2016, n. 5026).

Ritiene la Sezione che tra i “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” ben possono rientrare anche comportamenti scorretti dell’aggiudicatario che si siano manifestati successivamente all’aggiudicazione definitiva (fattispecie, del resto, già conosciuta in giurisprudenza, cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2017, n. 2804 avente ad oggetto il mancato assolvimento agli obblighi contributivi emerso successivamente all’aggiudicazione; Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2016, n. 3054, ove la revoca era giustificata dal rifiuto dell’aggiudicatario di stipulare il contratto prima che fossero modificate talune clausole contenute nel capitolato di gara; Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 143, revoca giustificata per violazione delle clausole dei Protocolli di legalità; e TAR Liguria, sez. II, 27 gennaio 2017, n. 55).

In detti casi la revoca assume quella particolare connotazione di revoca – sanzione, poiché la caducazione degli effetti del provvedimento è giustificata da condotte scorrette del privato beneficiario di precedente provvedimento favorevole dell’amministrazione; tuttavia si tratta pur sempre di “motivi di pubblico interesse”, successivi al provvedimento favorevole (o successivamente conosciuti dalla stazione appaltante, e per questo “sopravvenuti”) che giustificano la revoca.

La particolarità di tale revoca consiste nel fatto che l’amministrazione non è tenuta a soppesare l’affidamento maturato dal privato sul provvedimento a sé favorevole e, d’altra parte, non ricorrono pregiudizi imputabili all’amministrazione e ristorabili mediante indennizzo poiché ogni conseguenza, ivi comprese eventuali perdite economiche, è imputabile esclusivamente alla condotta del privato (non dando luogo a responsabilità dell’amministrazione, neppure da atto lecito).

REVOCA AGGIUDICAZIONE - LEGITTIMAZIONE E MOTIVAZIONE

TRGA TRENTINO ALTO ADIGE SENTENZA 2018

In base all’art. 21-quinquies della L. 241/90 il potere di revoca resta connotato da un’ampia (e, forse, eccessiva) discrezionalità (cfr. ex multis Cons. St., sez. III, 6 maggio 2014, n. 2311). A differenza del potere di annullamento d’ufficio, che postula l’illegittimità dell’atto rimosso d’ufficio, quello di revoca esige, infatti, solo una valutazione di opportunità, seppur ancorata alle condizioni legittimanti dettagliate all’art.21-quinquies l. cit. (e che, nondimeno, sono descritte con clausole di ampia latitudine semantica), sicché il valido esercizio dello stesso resta, comunque, rimesso a un apprezzamento ampiamente discrezionale dell’Amministrazione procedente. La configurazione normativa del potere di autotutela in esame si presta, quindi, ad essere criticata, nella misura in cui omette un’adeguata considerazione e un’appropriata protezione delle esigenze, sempre più avvertite come ineludibili, connesse alla tutela del legittimo affidamento (qualificato come “principio fondamentale” dell’Unione Europea dalla stessa Corte di Giustizia UE) ingenerato nel privato danneggiato dalla revoca e all’interesse pubblico alla certezza dei rapporti giuridici costituiti dall’atto originario, nonché, più in generale, alla stabilità dei provvedimenti amministrativi. E non vale, di per sé, la previsione della debenza di un indennizzo ai privati danneggiati dalla revoca a compensare gli squilibri regolativi sopra segnalati. Un’esegesi e un’applicazione della disposizione in esame che siano coerenti con i principi generali dell’ordinamento della tutela della buona fede, della lealtà nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione e del buon andamento dell’azione amministrativa (che ne implica, a sua volta, l’imparzialità e la proporzionalità) impongono, allora, la lettura e l’attuazione della norma secondo i canoni stringenti di seguito enunciati: a) la revisione dell’assetto di interessi recato dall’atto originario dev’essere preceduta da un confronto procedimentale con il destinatario dell’atto che si intende revocare; b) non è sufficiente, per legittimare la revoca, un ripensamento tardivo e generico circa la convenienza dell’emanazione dell’atto originario; c) le ragioni addotte a sostegno della revoca devono rivelare la consistenza e l’intensità dell’interesse pubblico che si intende perseguire con il ritiro dell’atto originario; d) la motivazione della revoca dev’essere profonda e convincente, nell’esplicitare, non solo i contenuti della nuova valutazione dell’interesse pubblico, ma anche la sua prevalenza su quello del privato che aveva ricevuto vantaggi dal provvedimento originario a lui favorevole».

CONTRATTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE – CONFIGURABILITÀ ANTERIORMENTE ALLA SCELTA DEL CONTRAENTE – DUBBIO IN GIURISPRUDENZA – RIMESSIONE ALL’ADUNANZA PLENARIA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIO DI STATO ORDINANZA 2017

Il Collegio formula all’Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:

1. Se la responsabilità precontrattuale sia o meno configurabile anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti ad una gara e possono vantare un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione;

2. Se, nel caso di risposta affermativa, la responsabilità precontrattuale debba riguardare esclusivamente il comportamento dell’amministrazione anteriore al bando, che ha fatto sì che quest’ultimo venisse comunque pubblicato nonostante fosse conosciuto, o dovesse essere conosciuto, che non ve ne erano i presupposti indefettibili, ovvero debba estendersi a qualsiasi comportamento successivo all’emanazione del bando e attinente alla procedura di evidenza pubblica, che ne ponga nel nulla gli effetti o ne ritardi l’eliminazione o la conclusione.

REVOCA AGGIUDICAZIONE - POTERE DISCREZIONALE PA

TAR SICILIA PA SENTENZA 2015

Il nomen iuris ed il suo contenuto sostanziale configurano il provvedimento impugnato quale espressione del potere attribuito alla p.a. dall'art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990. Ai sensi di tale disposizione «per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole puo' essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneita' del provvedimento rimosso a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo» (comma 1). Il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione definitiva di una commessa pubblica per certo costituisce estrinsecazione di un potere connotato da amplissima discrezionalita' e caratterizzato da una valutazione di pura opportunita' amministrativa, dinanzi al quale il sindacato del giudice amministrativo non puo' oltrepassare il confine della verifica circa la congruita', la logicita' e la razionalita' della scelta operata dalla stazione appaltante; aggiunge che, allo stesso tempo, non puo' non considerarsi che va comunque accordata una tutela alla posizione soggettiva del destinatario del provvedimento medesimo, soprattutto sotto il profilo del corretto bilanciamento degli interessi coinvolti, nonche' in ordine alla reale sussistenza dei presupposti che inducono l'Amministrazione aggiudicatrice, dopo aver bandito una selezione e definito un apprezzabile tratto della relativa procedura, a verificare la perdurante attualita' della rispondenza di tali atti al pubblico interesse.

Data questa premessa, nel caso di specie l'amministrazione è giunta all'adozione del provvedimento di cui trattasi dopo una articolata istruttoria nella quale è stato messo in evidenza che la rivalutazione dell'interesse pubblico sotteso al servizio oggetto di procedura selettiva imponesse la rimozione di ogni effetto delle procedure precedentemente avviate in presenza delle quali il nuovo disegno programmatorio - della cui reale esistenza non v'è ragione di dubitare - non avrebbe potuto trovare esplicazione. Sul punto, deve essere evidenziato che l'intendimento dell'Assessore al ramo, reso noto agli altri attori istituzionali interessati al progetto, di rivisitare le precedenti decisioni mediante la previsione della realizzazione di un unico bacino di carenaggio di piu' ampia portata, è stato fatto proprio - semmai ve ne fosse stato bisogno alla luce dei poteri connessi alla preposizione ai singoli rami di amministrazione che lo Statuto regionale attribuisce agli assessori medesimi - dalla Giunta regionale di Governo (deliberazione n. 71 del 2015, in atti).

PROJECT FINANCING AD INIZIATIVA PRIVATA - REVOCA - INDENNIZZO

TAR LAZIO RM SENTENZA 2015

Nella ipotesi di project financing ad iniziativa privata, ai sensi dell'art. 153, comma 16, è caratterizzato dalla presenza di due fasi di evidenza pubblica: la prima, avviata dalla proposta del privato di realizzare un'opera pubblica compresa nel piano, che apre una fase di evidenza pubblica volta alla individuazione del promotore; la seconda, che puo' svolgersi anche nelle forme del dialogo competitivo, volta all'affidamento dell'esecuzione dei lavori mediante procedura di concessione o pubblica gara.

In base alla documentazione presente in atti, risulta che nel caso in esame si fosse perfezionata soltanto la prima, autonoma fase della procedura preordinata alla scelta del promotore ed al riconoscimento del carattere di pubblico interesse del progetto preliminare, da questi presentato.

In tale situazione, non puo' negarsi che ( come affermato in analoga fattispecie dal Consiglio di Stato, sez. IV, sent. n. 1315, 5.3.2013) il promotore - in quanto riconosciuto tale sulla base della sua proposta, che apre una fase negoziale in cui il medesimo partecipa in posizione rafforzata, rispetto ad altri eventuali concorrenti – abbia, in caso di revoca, giusto titolo per l'indennizzo ai sensi dell' art. 21 quinquies della L. n. 241 del 1990.

La stessa adunanza plenaria, infatti, ha a questo proposito affermato che "nel procedimento di project financing, articolato in piu' fasi, la prima delle quali si conclude con la scelta, da parte della stazione appaltante, del promotore, l'atto di scelta del promotore determina una immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto e un definitivo arresto procedimentale per i concorrenti non prescelti; tale atto è pertanto lesivo e deve essere immediatamente impugnato dai concorrenti non prescelti, senza attendere l'esito degli ulteriori subprocedimenti di aggiudicazione della concessione".

Va, pertanto, riconosciuto all'attuale ricorrente l'indennizzo di cui all'art. 21 quinquies della L. n. 241 del 1990.

Per quanto attiene alla sua quantificazione, osserva il collegio che la norma individua come parametro di liquidazione dell'indennizzo il solo "danno emergente", da considerare comprensivo delle spese di partecipazione alla procedura, per lesione dell'interesse protetto alla positiva conclusione delle trattative avviate (cfr. in tal senso Cons. St., sez. IV, 4.10.2007, n. 5179; Cons. St., sez. VI, 21.5.2009, n. 3144, Cons. St. Sez. VI, Sent., 5.3.2013, n. 1315).

Trattandosi, tuttavia, di corresponsione di natura indennitaria e non risarcitoria (attinente all'esercizio di poteri di pubblicistici, ancorche' adottati in un contesto di natura negoziale), che l'amministrazione avrebbe dovuto effettuare gia' con l'adozione del provvedimento di revoca, ritiene il collegio che il principio dell'onere della prova circa la quantificazione dei danni subiti possa considerarsi attenuato e che possa, pertanto, farsi luogo a liquidazione dell'indennizzo in via equitativa.

L'indennizzo va liquidato, dunque, nei limiti dell'interesse negativo, ovvero del danno emergente, sussistendo un adeguato principio di prova in ordine alle spese di procedura cui è andata incontro la societa' istante (evincibile anche in re ipsa dal succedersi dei fatti e dalle allegazioni), tenuto conto della obiettiva non percepibilita' da parte della ricorrente della contrarieta' all'interesse pubblico dell'atto amministrativo oggetto di revoca.

DIFFERENZA TRA INDENNIZZO E RISARCIMENTO DEL DANNO IN IPOTESI DI REVOCA DELLA AGGIUDICAZIONE

TAR TOSCANA SEGNALAZIONE 2015

Circa la corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies, comma 1, della legge n. 241 in caso di revoca del provvedimento di aggiudicazione il danno, al fine della corresponsione dell’indennizzo, deve essere dimostrato dall’interessato il quale e' esonerato solo dal provare la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’amministrazione danneggiante, e cio' differenzia l’istituto in esame dal risarcimento del danno. La norma non prevede un quantum di indennizzo in misura automatica ma stabilisce che esso debba essere corrisposto (solo) nei casi in cui la revoca abbia determinato un danno in capo ai soggetti interessati; pertanto, in base ai principi generali in materia di onere probatorio, la sussistenza del pregiudizio deve essere da loro dimostrata.

PRESENTAZIONE DI UNA SOLA OFFERTA VALIDA - AUTOTUTELA - ANNULLAMENTO NON AUTOMATICO DELLA PROCEDURA DI GARA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2012

La giurisprudenza ha affermato che l'annullamento di una gara pubblica, specie se in stato avanzato di espletamento, implica la frustrazione dell'affidamento ingenerato in capo ai partecipanti e, segnatamente, all'aggiudicatario; ne consegue la necessita', consacrata dal disposto dell'art. 21-nonies e dell'art. 21- quinquies, l. n. 241 del 1990, della precisa individuazione della ragione di interesse pubblico che giustifichi il provvedimento di secondo grado reso in autotutela e del rispetto dei principi in tema di giusto procedimento (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 18 marzo 2011 , n. 1500; Cons Stato, sez. V, n. 1° ottobre 2010, n. 7273;). Infatti, il provvedimento di annullamento di una gara d’appalto va considerato illegittimo se si limita a richiamare la sussistenza di errori e discrepanze della procedura concorsuale, senza evidenziarli in modo puntuale, e, soprattutto, senza motivare in modo idoneo in merito alla loro incidenza negativa sul corretto dispiegarsi della procedura di gara; cio' in quanto è necessario che il provvedimento adottato in autotutela indichi puntualmente la natura, la gravita' e l’incidenza delle anomalie che, alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidatesi in capo alle ditte partecipanti alla procedura, impone l’annullamento integrale degli atti di gara (Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2009, n. 17).

Tuttavia, anche sotto questo profilo, la circostanza che sia risultata una sola offerta valida e l’assenza di valutazioni concrete che inducessero a ritenerla non conveniente per l’Amministrazione, non consentono di ritenere giustificabile l’adozione di un provvedimento di annullamento in via di autotutela, considerato, peraltro, che il punto 22 del bando di gara stabilisce che “Anche in presenza di una sola offerta valida, la Stazione Appaltante è in facolta' di procedere all‘aggiudicazione sempreche' l’offerta sia considerata conveniente o idonea in relazione all‘affidamento. In ogni caso, indipendentemente dal numero delle offerte valide, la Stazione Appaltante puo' decidere di non dare corso all‘aggiudicazione qualora ritenga nessuna delle offerte presentate conveniente o idonea in relazione all‘oggetto dell’affidamento.”. In sostanza, la presentazione di una sola offerta non costituisce, di per se', motivo utile per non concludere la procedura ad evidenza pubblica, in assenza di specifiche valutazioni circa la sua convenienza. Va verificata, infine, la possibilita' della Stazione appaltante di agire in via di autotutela avvalendosi della clausola di cui art. 25, lett. p), del bando integrale di gara, secondo la quale “la Stazione Appaltante si riserva di differire, spostare o revocare il presente procedimento di gara senza alcun diritto dei concorrenti a rimborsi spese o quant’altro”. Sulla base di tale clausola, la Regione Lazio avrebbe potuto decidere di revocare motivatamente la procedura di gara, mentre ha scelto di disporre un annullamento d’ufficio della procedura ad evidenza pubblica deducendo genericamente la presenza di vizi di legittimita'. Se, invece, si volesse ritenere che tale clausola attribuiva all’Amministrazione un insindacabile (da parte dei concorrenti) potere di scelta in ordine alle sorti della procedura ad evidenza pubblica, allora se ne dovrebbe affermare l’invalidita' in quanto, da una parte, la scelta di procedere al ritiro degli atti di gara deve ritenersi sempre sindacabile in sede giurisdizionale (avuto riguardo, peraltro, ai principi e alle regole contenute nella legge n. 241/1990 e nel d.lgs. n. 163/2006, che disciplinano il potere di autotutela) e, dall’altra, non risulta consentito rendere vana la tutela offerta al soggetto pregiudicato da atti amministrativi prescrivendo l’impossibilita' di chiedere il risarcimento del danno o l’indennizzo in conseguenza di provvedimenti di autotutela che dovessero rivelarsi illegittimi. Una clausola del genere, in sostanza, deve considerarsi nulla, ai sensi dell'art. 1355 c.c. (condizione meramente potestativa), poiche' subordina qualsiasi responsabilita' dell'Amministrazione alla mera volonta' dell'Amministrazione medesima (Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245; Cass. S.U. 16 ottobre 2007 n. 8951).

ANNULLAMENTO D'UFFICIO - AUTOTUTELA PA

TAR CAMPANIA SA SENTENZA 2010

L’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, codificando consolidati principi giurisprudenziali, dispone che l’annullamento d’ufficio, sussistendone ragioni d’interesse pubblico, deve essere adottato “tenendo conto degli interessi dei destinatari” del provvedimento annullato.

Ed in proposito la giurisprudenza, condivisa da questo Tribunale, ha riaffermato il consolidato orientamento secondo cui l’Amministrazione, per un verso, deve individuare un interesse pubblico specifico all’autoannullamento diverso da quello del mero ripristino della legalita' violata e, per altro verso, deve valutare il contrapposto interesse del privato alla conservazione dell’atto a lui favorevole ponderando esaustivamente gli interessi in conflitto anche alla luce degli affidamenti ingenerati, ed ha ulteriormente precisato che la determinazione di ritiro deve essere l’unico sbocco decisionale possibile a seguito del riscontro dell’illegittimita' verificata. (Cfr. Cons. di Stato – Sez. IV – 21/12/2009 n. 8529; id. - Sez. VI – 19/3/2009 n. 1670; id. TAR Molise – Sez. I – 13/9/2009 n. 644; id. TAR Lombardia - MI – Sez. II – 11/11/2008 n. 5303) In materia, infatti, deve tenersi conto del carattere tipicamente discrezionale degli atti di ritiro e del principio della strumentalita' delle forme che si evince dall’art. 21 octies della menzionata legge n. 241/1990.

Nel caso in esame, invece, il provvedimento di autotutela impugnato, pur indicando articolate ragioni d’illegittimita' della procedura sottesa all’atto autoannullato delle quali si avra' modo di accennare in prosieguo, pone a suo fondamento unicamente il pregiudizio recato ai principi dell’evidenza pubblica, della trasparenza, del buon andamento dell’azione amministrativa e della par condicio, e cio' nell’assoluta assenza di ogni riferimento valutativo delle posizioni giuridiche conseguite dagli assegnatari dei lotti che, del tutto estranei alle rilevate illegittimita', hanno consistente affidamento nella conservazione del bene ottenuto.

REVOCA ATTI INDIZIONE PROCEDURA GARA - COMUNICAZIONE AVVIO PROCEDIMENTO

TAR LAZIO RM SENTENZA 2010

La revoca degli atti indittivi di una gara deve essere preceduta dalla comunicazioni di avvio del procedimento, a tutela dell'affidamento riposto dai partecipanti nella sua conclusione, mentre nel caso di specie non è stato dato alcun avviso di avvio del procedimento. Al riguardo, assume una sorta di “valore confessorio” quanto esposto nel ricorso, secondo il quale la ricorrente avrebbe comunque potuto partecipare al procedimento concluso con la revoca da parte del dirigente comunale (secondo atto impugnato), perche' gia' in data 10.7.2008 la presupposta delibera della G.M. con cui si invitava il Dirigente alla revoca della gara era stata pubblicata nell'Albo Pretorio e, pertanto, la ricorrente avrebbe dovuto conoscerne l'esistenza quantomeno "il giorno successivo alla sua adozione". La stessa Amministrazione ammette espressamente , pertanto, che il primo degli atti impugnati, e cioè la delibera di G.M. di cui la determinazione dirigenziale era meramente attuativa) non fu affatto oggetto di previa comunicazione, e fu anzi reso conoscibile, senza alcuna puntuale giustificazione, solo il giorno successivo alla sua adozione, mentre ai sensi dell'art. 7 della L. 241/90 la comunicazione agli interessati della volonta' dell'Amministrazione di procedere all'annullamento o alla revoca di un atto deve essere effettuata prima dell'adozione del provvedimento e non quando lo stesso è stato gia' adottato.

Che, come sopra evidenziato, il Comune cerca altresi' di sanare la palesata illegittimita' affermando che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, con conseguente applicazione dell'art. 21 octies della L. 241/90, ma, a giudizio del Collegio, il riferimento non appare congruo, atteso che il legislatore, nella norma citata, esclude l'annullabilita' del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento solo quando esso ha “natura vincolata" e non puo' quindi essere diverso, mentre nel caso di specie la revoca di una gara gia' bandita è chiaramente espressione di un potere discrezionale della P.A.

PROVVEDIMENTO ILLEGITTIMO - PRETESA DI ANNULLAMENTO D'UFFICIO - LIMITI

TAR LIGURIA SENTENZA 2010

Il destinatario di un provvedimento amministrativo non impugnato non è legittimato a pretenderne in giudizio l’annullamento o la sostituzione mediante l’esercizio, da parte dell’autorita' emanante, della potesta' di autotutela.

Invero l’art. 21 quinquies della L. 7.8.1990 n. 241 consente la revoca di un provvedimento amministrativo con effetti durevoli da parte dell’amministrazione mediante l’esercizio di detta potesta', che non è possibile pretendere in giudizio, in quanto la P.A. non è obbligata ad esercitarla, ma ha solo la facolta' di farlo, se valuta che ne ricorrano i presupposti (“il provvedimento amministrativo…puo' essere revocato”).

Nello stesso senso dispone l’art. 21 nonies della stessa legge (“il provvedimento amministrativo illegittimo….puo' essere annullato, sussistendone le ragioni di interesse pubblico”) rimettendo la valutazione sulla sussistenza di detto interesse pubblico esclusivamente alla P.A.

E’ principio consolidato in giurisprudenza che l’amministrazione, di fronte a una richiesta di riesame dei propri atti ai fini dell’annullamento in autotutela è titolare di un potere discrezionale rimesso alla piu' ampia valutazione di merito, coinvolgendo anche profili di opportunita' (cfr. CDS VI Sez. 16 dicembre 2008 n. 6234) onde non vi è alcun obbligo di esercitarlo di fronte ad istanze di terzi (cfr. CDS IV Sez. 9 settembre 2009 n. 5408) ne' sussiste obbligo della P.A. di provvedere di fronte a richieste di riesame di situazioni ormai consolidate per mancata impugnazione di provvedimenti lesivi, onde non puo' venir invocata – come nella specie – la violazione dell’art. 2 della L. n. 241/90 che prevede l’obbligo di un provvedimento conclusivo espresso “ove il procedimento consegua obbligatoriamente a un’istanza” il che non accade quando si richieda l’esercizio dell’autotutela (cfr. CDS IV Sez. 7 luglio 2009 n. 4352), onde l’impugnazione del rigetto della domanda di revisione dei richiamati rapporti informativi di cui trattasi va dichiarata inammissibile.

All’irricevibilita' ed inammissibilita' dell’azione impugnatoria consegue anche quella delle consequenziali azioni di accertamento del diritto a una nuova valutazione e di risarcimento del danno.

REVOCA GARA E RISARCIMENTO DANNI DA INTERESSE NEGATIVO

TAR LAZIO RM SENTENZA 2009

Nel caso di revoca della gara basata sulla mancanza di risorse finanziarie, rispetto a tale motivazione, che riguarda la possibilita' per la stazione appaltante di poter assumere gli impegni contrattuali, qualsiasi partecipazione del privato sarebbe ininfluente. La valutazione in ordine alla adeguatezza delle risorse finanziarie, propria della stazione appaltante, potrebbe essere diversa in relazione all'argomentazione eventualmente proposta dall'impresa in sede di partecipazione. Pertanto, si deve ritenere raggiunta la prova, ai sensi dell’art. 21 octies comma 2, che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato.

Nel caso di pur legittima revoca di una procedura di gara puo' residuare una responsabilita' a titolo precontrattuale nel caso in cui vi sia stata una violazione degli obblighi di buona fede prima della stipulazione del contratto ovvero se il comportamento tenuto dall'amministrazione risulti contrastante con le regole di correttezza e di buona fede di cui all'art. 1337 c.c., e che tale comportamento abbia ingenerato un danno del quale appunto viene chiesto il ristoro. In ogni caso, il danno per la responsabilita' precontrattuale sarebbe limitato al cd. interesse negativo, mentre non è risarcibile il mancato utile relativo alla specifica gara d'appalto revocata, spettando questa solo nel caso di revoca illegittima (Consiglio Stato , sez. IV, 07 luglio 2008 , n. 3380).

REQUISITI DI ORDINE GENERALE - ESCLUSIONE DALLA GARA

TAR LAZIO SENTENZA 2009

Per costante giurisprudenza l’esclusione dalla gara di un concorrente non costituisce autonomo procedimento, distinto da quello concorsuale al quale il concorrente ha chiesto di partecipare, sicche' non necessita di previa comunicazione di avvio del procedimento.

A cio' si aggiunga che qualora un concorrente sia privo di un requisito specificamente richiesto a pena di esclusione, il provvedimento che lo esclude dalla gara non sarebbe comunque annullabile ex art. 21-octies, comma 2, della legge n 241 del 1990, avendo esso carattere spiccatamente vincolato, non potendo il suo contenuto essere diverso da quello in concreto adottato.

L’art. 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006 prevede l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e la preclusione alla stipula dei relativi contratti, per i soggetti (lettera c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna o emesso decreto penale divenuto irrevocabile oppure di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per reati gravi in danno dello Stato o della Comunita', che incidono sulla moralita' professionale.

Il divieto opera, quando si tratta di societa' di capitali, se la sentenza è stata emessa a carico degli amministratori muniti di potere di rappresentanza.

ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA - SUSSISTENZA DI ADEGUATA MOTIVAZIONE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

E' illegittimo l'annullamento in via di autotutela di una gara di appalto senza comunicare l'avvio del relativo procedimento alle imprese partecipanti, disposto per la presenza di errori nelle versioni italiana e tedesca della documentazione del bando dell'appalto-concorso, senza precisare l'incidenza di tali errori sulla regolarita' della gara. Il provvedimento di annullamento richiama infatti la sussistenza di errori e discrepanze nelle versioni italiana e tedesca del documento denominato elenco della prestazioni facente parte del progetto preliminare, senza evidenziarle in modo puntuale e, soprattutto, senza motivare in modo idoneo in merito alla loro incidenza negativa sul corretto dispiegarsi della procedura di gara. Manca in definitiva una puntuale indicazione della natura, della gravita' e dell'incidenza delle anomalie che, sola, avrebbe giustificato, alla luce della comparazione dell'interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidatesi in capo alle ditte partecipanti alla procedura, l'annullamento integrale degli atti di gara. Del pari fa difetto una congrua esplicitazione delle ragioni per le quali il progetto a base di gara non rispondeva piu' alle esigenze tecnico-funzionali dell'amministrazione.

CRITERIO DEL PREZZO PIU' BASSO - DETERMINAZIONE OFFERTA ANOMALA

TAR MARCHE SENTENZA 2009

In ordine alla determinazione della soglia di anomalia delle offerte, il tenore letterale dell’art. 86 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, è inequivocabile nello stabilire che la media aritmetica riguarda i ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse e non i ribassi in esse contenute. E' pertanto legittimo l'operato della Commissione che, in sede di rinnovazione delle operazioni di gara, determina la media di tutte le offerte residuate al taglio delle ali, comprese quelle che presentano un’identica percentuale di ribasso, e dunque non escludendo le offerte contenenti ribassi identici, atteso che non possono le stesse essere considerate come un’unica offerta.

IMPUGNAZIONE BANDO - EFFETTI SULLA PROCEDURA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

L’impugnazione del bando con cui la stazione appaltante fissa le regole di gara, vale a radicare l’interesse alla caducazione di tutti gli atti successivi della procedura, senza bisogno della loro impugnazione e della notifica di ulteriori ricorsi per motivi aggiunti ai contro-interessati successivi, da intendersi adeguatamente tutelati dallo strumento di opposizione di terzo.

L’impugnazione dell’atto finale non è necessaria se, impugnato quello presupposto, fra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione–consequenzialita' immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perche' non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, ne' del destinatario dell’atto presupposto, ne' di altri soggetti.

VERIFICA REQUISITI SPECIALI - RATIO

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2008

La disposizione dell'art. 48 del Dlgs 163/06 ha una finalita' di semplificazione del procedimento selettivo nella misura in cui, affidandosi alla efficacia di deterrenza insita nel meccanismo di preventivo controllo a campione, mira ad evitare il rifacimento dell'intera gara una volta che, aperte le buste delle offerte presentate, si accerti che il concorrente non abbia i requisiti dichiarati. Ma è chiaro che la previsione non puo' certo valere a legittimare […] richieste di invalidazione della procedura di gara una volta che la stessa sia stata esperita senza che l'amministrazione appaltante abbia dato corso al citato sub-procedimento di verifica a campione (TAR Puglia Lecce, sez. II, 14 agosto 2007, n. 3077); inoltre la violazione ha carattere procedimentale e attiene all’esercizio di attivita' vincolata, quale certamente è la verifica del possesso dei requisiti, sicche' ricade nel disposto dell’art. 21 octies l. 241/90.

CLAUSOLE BANDO IN CONTRASTO CON NORMATIVA COMUNITARIA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2008

Il Collegio ritiene che le clausole del bando non possano essere in parte qua disapplicate da questo Tribunale, perche' in contrasto con la normativa comunitaria.

Sul punto la giurisprudenza amministrativa assolutamente prevalente, dalla quale il Collegio non intende discostarsi, ha sempre affermato che il bando di una procedura concorsuale ed anche di una gara di appalto, benche' illegittimo per violazione di norme o principi comunitari, non puo' essere disapplicato dal giudice amministrativo, come del resto dalla stessa amministrazione, poiche' il potere di disapplicazione per incompatibilita' comunitaria spetta soltanto con riferimento a disposizioni normative interne contrastanti con norme comunitarie, che dunque sulle prime, in evenienze del genere, prevalgono automaticamente, imponendosene l’applicazione (cfr. CdS, VI, 17.10.2005, n. 5826; IV, 22.9.2005, n. 5005). Invece il bando di gara è un mero atto amministrativo, privo quindi dei caratteri della generalita' ed astrattezza, e dunque esso non è disapplicabile, ma solo assoggettabile ad impugnativa di parte o ad annullamento d’ufficio, secondo le modalita' consuete previste per i provvedimenti dell’Amministrazione.

D’altra parte, osserva il Collegio, tali conclusioni trovano anche conforto e riconoscimento nella sentenza 25 febbraio 2003, C-327/00 della stessa Corte di Giustizia, che ha consentito l'elusione del principio di decadenza di cui all'art. 21 L. Tar, e la possibilita' di sostanziale disapplicazione delle clausole dei bandi di gara, solo nei particolari casi (cui non appartiene quello in esame) in cui il comportamento non rettilineo e contraddittorio dell'amministrazione, configuri in concreto una violazione del principio dell'affidamento, restando diversamente valido il principio della necessita' di impugnazione tempestiva dell’atto, anche se comunitariamente illegittimo, nei termini stabiliti dall’ordinamento nazionale, non potendosi sovvertire i normali principi di decadenza per decorrenza dei termini, certezza e presunzione di validita', necessita' di impugnazione delle clausole dei bandi immediatamente preclusive alla partecipazione (cfr. CdS, IV, 25.7.2005, n. 3955).

Ne' il potere di disapplicazione del capitolato e della lettera d'invito puo' nella fattispecie giustificarsi facendo leva su un concetto o una nozione di radicale ed assoluta invalidita' dell’atto per contrasto con norma comunitaria. Invero, l’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990, inserito dall'art. 15 della legge n. 15/2005, stabilisce che è nullo non qualsiasi provvedimento amministrativo contrastante con una qualsivoglia norma imperativa, ma solo quello che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonche' negli altri casi espressamente previsti dalla legge. Non è prevista l’ipotesi di nullita' per incompatibilita' comunitaria.

E del resto è stato correttamente rilevato (cfr. CdS, II, n. 4381 del 15.2.2006) che la questione della disapplicabilita' di atti amministrativi nazionali contrastanti con il diritto comunitario (al quale puo' equipararsi quello interno di derivazione comunitaria) va risolta in senso negativo almeno quando la disapplicazione darebbe essa stessa luogo, per altro verso, ad analoghe difformita', sotto altri profili, dagli stessi principi comunitari, quale quello della concorrenza, di cui il correlato principio di affidamento ingenerato dalle clausole del bando e di parita' di condizioni partecipative è espressione. In sostanza, la Pubblica amministrazione che si sia autovincolata al bando di gara o alla lettera d' invito, non conserva al riguardo, nel corso del procedimento, alcuna discrezionalita' al fine di sottrarsi, disapplicandole per un caso singolo e specifico, alle regole da essa stessa stabilite (a meno che non intenda radicalmente annullarle), ostandovi il principio della tutela della par condicio dei concorrenti.

Nella specie, le disposizioni della gara di cui trattasi, contenute nella lettera invito e nel capitolato d’oneri, andavano semmai impugnate dalle parti resistenti, nei termini di rito, con ricorso incidentale, in difetto del quale esse, per i motivi predetti, non possono essere ora disapplicate da questo Tribunale (come certamente, ad avviso del Collegio, non potevano essere all’epoca disapplicate dall’Amministrazione, che nemmeno del resto ha esercitato alcun potere, che pure le spettava, di annullamento d’ufficio in autotutela).

ANNULLAMENTO AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA

TAR LOMBARDIA BS SENTENZA 2008

In tema di annullamento dell'aggiudicazione, l'ipotesi di annullamento dell'aggiudicazione provvisoria, da quella dell'annullamento di ufficio dell'aggiudicazione definitiva. Al riguardo è stato affermato che, nella prima ipotesi, non si richiede alcuna comunicazione dell'avvio del procedimento, a differenza del secondo caso, nel quale il procedimento non puo' legittimamente espletarsi ed il provvedimento non puo' essere adottato senza la preventiva comunicazione di avvio, in ragione della posizione qualificata di vantaggio costituita in capo al titolare, dal provvedimento amministrativo definitivo.

Sotto il profilo in esame assume rilevanza la natura di atto endoprocedimentale dell'aggiudicazione provvisoria che si inserisce nell'ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del concorrente aggiudicatario risulta consacrata soltanto con l'aggiudicazione definitiva. Di conseguenza, quando l'amministrazione intende adottare decisioni conclusive difformi rispetto all'aggiudicazione provvisoria, non è tenuta a dare comunicazione dell'avvio del relativo procedimento, versandosi ancora nell'unico procedimento iniziato con l'istanza di partecipazione alla gara, vantando in tal caso l'aggiudicatario provvisorio una mera aspettativa alla conclusione del procedimento. Va tuttavia ricordato che il legislatore (con l'introduzione dell'art. 10-bis della Legge n. 241/90) ha comunque avvertito l'esigenza partecipativa che, nei procedimenti ad istanza di parte, l'interessato (piuttosto che essere previamente avvisato dell'avvio del procedimento) sia informato delle ragioni che si oppongono alla soddisfazione della sua pretesa. Detta censura non è stata tuttavia dedotta dall'odierno ricorrente, per cui il Collegio non puo' entrare nel merito di tale profilo. Va infine osservato che, secondo l'indirizzo generale, le conseguenze dell'omesso avviso di avvio del procedimento (ai fini della legittimita' o meno dell'atto conclusivo del procedimento stesso), vanno esaminate in un'ottica sostanzialistica e non meramente formale, secondo i principi recepiti anche a livello legislativo (cfr. art. 21-octies comma 2 della Legge n. 241/90). L'omessa comunicazione non concretizza quindi ex se un vizio procedimentale, ma vizia l'azione amministrativa solo qualora abbia effettivamente impedito la partecipazione dell'interessato al procedimento amministrativo attraverso l'introduzione di elementi valutativi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione finale.

Per quanto riguarda, invece, la corresponsione del contributo all'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici, si precisa che, il versamento effettuato secondo disposizioni diverse da quelle impartite dall'Autorita' costituisce una mera irregolarita' sanabile nel corso della procedura, e cio' in forza del noto principio di stretta interpretazione delle cause di esclusione dalle gare pubbliche, dovendosi dare la prevalenza alla diversa esigenza che postula la piu' ampia partecipazione alle stesse, cosi' che il soggetto che bandisce gli esperimenti possa ottenere le migliori condizioni contrattuali.

AUTOTUTELA E RISARCIMENTO DANNI

TAR PUGLIA LE SENTENZA 2008

L’art. 21 quinquies della legge 241/1990 prevede un obbligo di indennizzo a favore dei “soggetti direttamente interessati” se la revoca comporta pregiudizi in loro danno: il diritto all’indennizzo sorge, pertanto, solo in caso di revoca di provvedimenti che attribuiscano una posizione di vantaggio a favore di soggetti specificamente interessati e non nel caso in cui ad essere ritirato è un provvedimento – come il bando di gara – che, di per sé, non attribuisce un bene della vita a favore di alcuno. Inoltre, la norma limita l’obbligo in capo alla p.a. di corrispondere un indennizzo nei soli casi di revoca legittima di provvedimenti ad efficacia durevole e non può, pertanto, trovare applicazione in caso di adozione da parte della p.a. di un provvedimento di ritiro in autotutela degli atti di una procedura di evidenza pubblica (Tar Puglia - Bari, sez. I - sentenza 29 marzo 2007 n. 945).

In ogni caso, la mancata previsione di un indennizzo, anche ove fosse stata, in ipotesi, illegittima, non avrebbe comportato – come invece affermava nel caso di specie il ricorrente - un’illegittimità del provvedimento di revoca ma avrebbe determinato solamente il sorgere dell’obbligo, in capo alla p.a., di corrispondere quanto dovuto.

ANNULLAMENTO D'UFFICIO - AGGIUDICAZIONE GARA

TAR LAZIO SENTENZA 2008

L’art. 21 nonies della legge 241/90 detta una disciplina esaustiva in materia di annullamento di ufficio, la quale non tollera deroghe, in assenza di alcuna specifica indicazione al riguardo da parte del legislatore, in relazione alla natura dell’atto da annullare. In relazione al periodo di tempo intercorrente tra la data di adozione del provvedimento annullato e quella del provvedimento di autotutela, tale da richiedere la sussistenza di un concreto ed attuale interesse pubblico ai fini della legittimità del secondo, da individuarsi in diversi anni, il Collegio osserva che una tale prospettazione non risulta suffragata in alcun modo dal menzionato art.21 nonies, il quale esplicitamente stabilisce che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole. Si tratta di un’espressione elastica in cui è necessario far riferimento alla fattispecie concreta al fine di verificare la ragionevolezza del termine in cui è intervenuto il provvedimento di autotutela.

Nel caso di specie, risulta palese che l’adozione del provvedimento di annullamento non è intervenuta entro un termine ragionevole, avuto presente che è avvenuta dopo che erano decorsi ben 15 mesi dalla data in cui era intervenuta l’aggiudicazione ed era stata stipulata la relativa convenzione, quando ormai il termine biennale di durata di quest’ultima previsto dal bando si avviava alla scadenza.

PROVVEDIMENTO DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO

TAR CALABRIA RC SENTENZA 2007

Secondo quanto previsto dall’art. 21-octies della legge n. 241/1990, non è, infatti, annullabile il provvedimento amministrativo nell'ipotesi di mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, qualora l'Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, come appunto avvenuto nel caso di specie (e siffatta considerazione, evidentemente, risulta assorbente rispetto alla questione, sollevata dalla controinteressata, della natura endoprocedimentale dell'aggiudicazione provvisoria). Nel provvedimento di aggiudicazione definitiva, infatti, l’Amministrazione ha espressamente affermato che l'associazione composta dalle imprese odierne ricorrenti non poteva assumere l'appalto in questione per difetto dei requisiti dell'impresa mandante cooptata Polis S.r.l. e, sebbene tale affermazione sia esplicitamente contenuta nella parte motiva dell'atto, essa risulta implicitamente ribadita nel dispositivo del provvedimento, con cui si è formalmente proceduto ad aggiudicare in via definitiva l'asta pubblica all'impresa controinteressata.

Nel caso di specie, risulta infondato il primo motivo di gravame con cui le imprese ricorrenti hanno lamentato "violazione delle norme in materia di procedimento di gara, del principio di continuità delle procedure di gare e delle norme in materia di procedimento amministrativo", rappresentando al Collegio che la riapertura delle operazioni di gara deve, a pena di illegittimità, essere formalmente comunicata alle ditte concorrenti e, in particolare, alla precedente aggiudicataria; le ricorrenti ritenevano di dover reputare illegittimo il provvedimento con cui l'Amministrazione, omettendo di comunicare previamente la riapertura delle operazioni concorsuali, provvede all'aggiudicazione definitiva in favore di una ditta diversa da quella che aveva ottenuto l'aggiudicazione provvisoria.

REVOCA AGGIUDICAZIONE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

Il procedimento di revoca dell'aggiudicazione richiede l'avviso dell'avvio del procedimento, ogni qualvolta le risultanze della gara siano state approvate e la relazione fra le parti sia entrata già nella fase paritetica della esecuzione delle prestazioni dedotte in gara.

Nel caso di specie, nella sentenza appellata si riteneva che la società ricorrente fosse al corrente dell’avvio del procedimento di revoca, indipendentemente dalla mancata comunicazione da parte dell’Azienda, dal momento che, venuta a conoscenza della sospensione dell’acquisto del prodotto da parte delle farmacie ospedaliere, aveva chiesto, attraverso un procuratore di zona, chiarimenti al dirigente responsabile. Inoltre, secondo i giudici di primo grado, la conoscenza dell’avvio di detto procedimento poteva evincersi dalla riunione del 6 aprile 2005, fra il rappresentante della ricorrente, il direttore amministrativo e la direttrice delle farmacie ospedaliere, nel corso della quale venivano confermate le problematiche insorte durante la somministrazione dei farmaci: in tale occasione, inoltre, la ricorrente aveva anche presentato una nota di contestazione. In sintesi, secondo la sentenza impugnata, era stato rispettato nella sostanza il diritto della ricorrente a partecipare al procedimento anche se non vi era stata alcuna comunicazione dell’avvio del medesimo. Inoltre, quand’anche la ricorrente avesse potuto partecipare al procedimento le conclusioni dello stesso non sarebbero state diverse, con la conseguente legittimità dell’operato della amministrazione sulla base dell’art. art. 21 octies comma 2 della legge n. 241 del 1990.

In tale sede però i giudici hanno disatteso quanto affermato nella sentenza appellata, in quanto l’informazione resa al procuratore di zona (sui problemi connessi all’utilizzo del medicinale e sospensione degli acquisti) “è evento che, per sua natura, si inserisce nella fase di esecuzione di una relazione contrattuale in corso; ne consegue che la conoscenza dell’evento e quella (informale) delle ragioni che l’hanno determinata (oltre tutto, da parte non già del legale rappresentante della fornitrice ma del suo procuratore di zona), al più potevano mettere sull’avviso in ordine a vizi funzionali del rapporto (e dunque sulla possibilità di misure reattive di tipo paritetico) e non anche circa l’intendimento dell’Azienda di fare ricorso al potere autoritativo di autotutela, destinato ad incidere su posizioni di diritto soggettivo acquisite, affievolendole”.

LEX SPECIALIS - CONTRASTO CON DIRITTO COMUNITARIO

TAR LAZIO SENTENZA 2007

La giurisprudenza prevalente ha statuito che gli atti attuativi di una norma interna, illegittima per contrasto con norma di rango comunitario, devono ritenersi in via derivata illegittimi, e pertanto disapplicabili dal giudice, senza la necessità di una loro specifica impugnativa. In particolare il CdS ricostruisce, più specificamente, in termini di nullità la patologia del provvedimento nazionale adottato sulla base di una norma interna, attributiva del potere nel cui esercizio è stato adottato l’atto, incompatibile con il diritto comunitario, e quindi disapplicabile. Tale tesi però, specie in dottrina, non è stata da tutti condivisa, sostenendo che tra provvedimento amministrativo e norma interna disapplicata sussista lo stesso rapporto configurabile tra provvedimento e norma dichiarata incostituzionale, ove il primo viene considerato solamente annullabile.

La fattispecie oggetto della presente controversia, implicante l’asserito mancato rispetto di norme comunitarie, non sembra poter essere correttamente inquadrata in alcuna delle cause di nullità del provvedimento previste dall’art. 21 – septies della legge 241/1990. La Stazione appaltante non solo non ha disapplicato la norma regolamentare contrastante con il diritto comunitario, ma ne ha addirittura esteso l’applicazione anche a quella parte di fornitura relativa ad impianti di cui la disciplina regolamentare non si occupava.

SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO

MIN LAVORO CIRCOLARE 2007

OGGETTO: L. 3 agosto 2007, 123 "Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia" provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale - prime istruzioni operative al personale ispettivo.

COMMENTO: vengono fornite alcune istruzioni operative al personale ispettivo del Ministero del Lavoro al fine di uniformarne l'attività su tutto il territorio nazionale con riguardo ai provvedimenti di sospensione di un’attività imprenditoriale adottati in caso di accertate violazioni in materia di legislazione sociale e prevenzionistica.

ANNULLAMENTO AGGIUDICAZIONE

TAR PUGLIA BA SENTENZA 2007

Osserva il Collegio che la questione che impinge nei rapporti tra provvedimenti amministrativi ed atti negoziali ponendosi sulla linea di confine tra il diritto pubblico e quello privato va risolta alla luce della giurisprudenza amministrativa da ritenersi consolidata che riconosce all’Amministrazione il potere di “ritirare” l’aggiudicazione di un appalto pubblico anche dopo la stipulazione del contratto, in presenza ovviamente di adeguate esigenze di interesse pubblico; in detta evenienza ed in virtù della stretta consequenzialità tra l’aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto l’annullamento giurisdizionale ovvero, come nella specie, l’annullamento a seguito di autotutela degli atti della procedura amministrativa comporta la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale (id est legame esterno) tra essi atti.

PUBBLICITA' DETERMINE DIRIGENZIALI

TAR PUGLIA LE SENTENZA 2006

Le determinazioni e gli altri atti e provvedimenti sono, in ossequio al principio di pubblicità, integralmente pubblicati in copia conforme all’originale, all’albo pretorio del Settore, per quindici giorni consecutivi.

Il Collegio ritiene che la pubblicazione della determina dirigenziale citata nell’albo pretorio della Direzione dell’Ente, sia idonea a concretare la conoscibilità dell’atto, ai fini della decorrenza dei termini di impugnativa.

In materia di pubblicazione degli atti dei Comuni, l’art.124 del D.Legs. 267/00 prevede la pubblicazione all’albo pretorio delle sole delibere comunali, senza nulla prevedere con riferimento alle determine dirigenziali, le cui forme di pubblicazione potranno pertanto essere disciplinate in via regolamentare, nel rispetto dei principi di pubblicità degli atti amministrativi, oltre che nel rispetto dei principi di buon andamento, imparzialità ed efficacia dell’azione amministrativa.

Proprio tale facoltà è stata esercitata, nel caso di specie, dal comune, il quale ha disciplinato le forme di pubblicità delle determine adottate dai dirigenti dei vari uffici, prevedendo che gli atti dagli stessi adottati, debbano essere pubblicati nei rispettivi albi pretori; la facoltà normativa nella quale la disciplina in questione è contenuta, in quanto volta a disciplinare la conoscenza di determinati atti, cioè un aspetto rilevante (non ai fini dell’operatività in quanto non si tratta di atti regolamentari) ai fini della decorrenza del termine di impugnazione da parte degli interessati e, prima ancora ai fini della conoscenza da parte dei cittadini della attività amministrativa, si atteggia come un regolamento ad effetti esterni idoneo a svolgere la funzione di cui all’art.21 della L.1034/1971.

La prevista forma di pubblicità appare coerente con esigenze essenziali e ineludibili, in quanto pur costituendo forma di pubblicità decentrata, permette una facile e non onerosa conoscibilità degli atti in tale forma pubblicati.

Pertanto, nel caso di specie, si deve ritenere che la pubblicazione della determinazione dirigenziale all’albo del Settore Appalti e Contratti del Comune, fosse idonea ad integrare la conoscibilità dell’atto ed a far quindi decorrere nei confronti della società ricorrente il termine decadenziale per l’impugnazione.

Pareri tratti da fonti ufficiali

QUESITO del 13/12/2021 - VALUTAZIONE NECESSITÀ ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA - CONCESSIONE SERVIZIO GESTIONE AREA CAMPER

La Regione Marche ha emanato nel 2020 un Bando per concedere contributi per ristrutturazione di aree di sosta di autocaravan-caravan. Questo Comune ha partecipato con un progetto per la manutenzione di un’area di sosta per € 15.529,53. La Regione comunicava che il progetto era risultato ammissibile ma, per le ridotte risorse disponibili non sarebbe stato concesso il contributo. Successivamente il Comune indiceva una procedura per la concessione del servizio di gestione dell’area e il 27-05-21 è divenuta efficace l’aggiudicazione. Con verbale del 03-06-21 è avvenuta la consegna dell’area nello stato di fatto in cui si trovava. L’operatore economico, convocato per la stipula del contratto, ha comunicato l’impossibilità di presentarsi rimandando a data da concordare. In data 02-09-21 la Regione ha comunicato che a seguito di ulteriori risorse stanziate il progetto è stato finanziato per € 10.870,67. Poiché l’O.E. con l’offerta tecnica di gara ha proposto di realizzare lavori analoghi a quelli compresi nel progetto presentato a finanziamento, è stato chiesto alla Regione Marche di poter variare il citato progetto, allo scopo di utilizzare i fondi per lavori diversi, fermi restando gli interventi a carico del concessionario. La Regione ha autorizzato la variante al progetto. Si chiede se il fatto sopravvenuto (finanziamento acquisito dal Comune dopo l’affidamento in concessione e conseguente realizzazione degli interventi finanziati) determina la necessità di annullare in autotutela l’intervenuta aggiudicazione (il contratto non è stato stipulato) non essendo stata tale eventualità (possibilità di un finanziamento pubblico con conseguente realizzazione degli interventi di miglioramento dell’area da parte del Comune) riportata nel bando di gara o se, in alternativa, sia possibile procedere con il contratto di concessione realizzando direttamente il Comune i lavori finanziati avendo cura di realizzare solo i lavori diversi da quelli non offerti in gara dal concessionario.


QUESITO del 26/01/2011 - FAQ AVCP: NORMATIVA APPLICABILE ALLA DETERMINA A CONTRARRE.

D12. Quali sono gli altri riferimenti normativi sulla determina a contrarre.