Art. 21-octies. (Annullabilità del provvedimento)

1. É annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.

2. Non é annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non é comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell'articolo 10-bis. modificato dal DL 76/2020 in vigore dal 17-7-2020, modifica confermata in sede di conversione
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Giurisprudenza e Prassi

ATTI E PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI – ILLEGITTIMITÀ COMUNITARIA

TAR PUGLIA BA SENTENZA 2012

La giurisprudenza amministrativa e la dottrina sono concordi nel ritenere che l'atto amministrativo adottato in violazione del diritto comunitario (illegittimita' comunitaria "diretta") è annullabile alla stregua degli ordinari canoni di valutazione della patologia dell'atto, prospettando l'onere di impugnazione dinanzi al giudice amministrativo entro il prescritto termine di decadenza, pena la sua inoppugnabilita'.

Analoghi principi vanno seguiti in ipotesi di illegittimita' comunitaria "indiretta", ossia quando l'atto sia emanato sulla base di una norma statale che si asserisce anticomunitaria, non essendovi ragione alcuna che renda incompatibile il sistema impugnatorio con la denuncia dei vizi di tale forma di illegittimita' comunitaria.

L'illegittimita' "comunitaria" dell'atto amministrativo deve, dunque, essere parificata alla illegittimita' dell'atto amministrativo per un qualsiasi vizio che ne puo' determinare l'annullamento ai sensi dell'art. 21-octies della legge n. 241/1990.

ILLEGITTIMA OMISSIONE INVITO A PARTECIPARE - ANNULLAMENTO GARA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2012

Gli istituti partecipativi di cui alla legge n. 241/1990 (primo fra tutti l’avviso del procedimento) hanno la funzione di consentire ai privati di rappresentare all’autorita' procedente tutti quei fatti e quelle argomentazioni che potrebbero orientarne la decisione in senso favorevole agli interessati. Pertanto, ove si tratti di atti dovuti e vincolati (tali cioè che non sia neppure ipotizzabile un esito diverso, quali che siano le eventuali argomentazioni degli interessati) l’omessa partecipazione non da' luogo a vizio, o se si preferisce le relative doglianze sarebbero inammissibili per difetto d’interesse.

Pertanto nel caso in esame una volta appurato che vi era stata l’erronea ed illegittima pretermissione di alcune ditte che pure avevano ritualmente chiesto di essere invitate, a quel punto l’annullamento della gara era un atto dovuto ed appare realizzata l’ipotesi prevista dall’art. 21-octies della legge 241/1990: ossia quella dell’atto che non poteva essere diverso da quello concretamente emanato, e che pertanto non puo' essere annullato per vizi di ordine meramente formale, inclusi quelli relativi alle regole sulla partecipazione.

ATTIVITÀ DI RIESAME

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

In termini generali, va ricordato che la tipica sanzione prevista per l'invalidita' del provvedimento amministrativo è l'annullabilita', di applicazione giudiziale in presenza dei tre tradizionali vizi (violazione di legge, incompetenza e eccesso di potere), ora codificati sia dall'art. 21-octies, comma 1, della l. n. 241/90, sia dall'art. 29 del Codice del processo amministrativo; la categoria della nullita' assume, invece, un rilievo residuale, limitato alle ipotesi di nullita' testuale (espressamente comminata da una norma di legge) e ad altri casi di gravi difetti del provvedimento, tassativamente indicati dall'art. 21-septies della legge 241/1990. Le cause di nullita' del provvedimento amministrativo devono, quindi, oggi intendersi quale numero chiuso (Cons. St., V, 28 febbraio 2006, n. 891). Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che una volta disposta in suo favore l'aggiudicazione provvisoria, l'attivita' della Commissione di gara era esaurita e non poteva nè il Presidente disporre una nuova convocazione, nè la Commissione riesaminare i propri atti con la conseguenza che tutta tale attivita' sarebbe appunto viziata da nullita'. La tesi è priva di fondamento, in quanto le violazioni dedotte non rientrano in alcuna delle tassative ipotesi di nullita' del provvedimento amministrativo. Anche avuto riguardo alla nullita' per "difetto assoluto di attribuzione", si rileva che tale ipotesi sussiste in presenza di una carenza di potere c.d. in astratto, nella quale si ha violazione della norma attributiva del potere, mentre il provvedimento è solo annullabile in caso di carenza di potere in concreto, nella quale non si viola la norma attributiva del potere, che esiste, ma solo delle norme che ne limitano l'esercizio e lo condizionano.

ANNULLAMENTO AGGIUDICAZIONE SENZA COMUNICAZIONE AVVIO PROCEDIMENTO

TAR CAMPANIA NA SENTENZA 2011

L'annullamento dell’aggiudicazione definitiva in autotutela non è da ritenersi illegittimo, allorquando “come nel caso in esame” pur non essendo preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, il relativo provvedimento risulti fondato su una oggettiva carenza dei requisiti partecipativi in capo al soggetto affidatario, sostanzialmente dimostrata in giudizio dall’amministrazione resistente, ai sensi dell'art. 21 octies della L. n. 241 del 1990 (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. IV, n. 353/2006; TAR Lazio, Roma, sez. III quater, n. 3215/2009).

REQUISITI PARTECIPAZIONE - ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA DELLA GARA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2009

La previsione errata di un requisito di partecipazione (nella fattispecie: concessione ministeriale ad effettuare e certificare prove geotecniche, rilasciata ai sensi del d.p.r. n° 246 del 21-4 1993 e della circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 16-12-1999, successivamente annullati dal Tar Lazio) altera la platea dei possibili partecipanti, con evidente violazione del principio di concorrenza, parita' di trattamento e massima partecipazione. L'aggiudicazione alla ricorrente a seguito di un provvedimento di autotutela parziale, ovvero solo dell’esclusione, provvedendo alla aggiudicazione, riconoscendo la erronea previsione del requisito, avrebbe comportato una illegittimita' del provvedimento per violazione dei principi di concorrenza, parita' di trattamento e massima partecipazione alle gare pubbliche, con possibile impugnazione da parte di chi non ha presentato domanda di partecipazione in quanto, come la ricorrente, non in possesso del richiesto requisito. Pertanto, la valutazione della stazione appaltante in ordine alla prevalenza dell’interesse pubblico all’annullamento dell’intera gara deve ritenersi legittima.

In caso di mancata comunicazione agli interessati dell’avvio del procedimento di annullamento in autotutela di una procedura di gara, avendo il provvedimento di cui all’art. 21 nonies l. n. 241/1990 carattere discrezionale, l’amministrazione, al fine di escludere l’effetto invalidante del vizio procedimentale ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990, ha l’onere di dimostrare che, anche alla luce della comparazione con gli affidamenti ingenerati e le posizioni antagoniste, la determinazione di ritiro sia l’unico sbocco decisionale possibile a seguito del riscontro della illegittimita' dell’atto oggetto di ritiro (Consiglio Stato , sez. V, 07 gennaio 2009, n. 17).

SEGRETEZZA OFFERTE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

In caso di violazione del principio della segretezza delle offerte, non è possibile stabilire che la valutazione sarebbe stata identica a quella effettuata e quindi invocare l’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, a norma del quale il provvedimento amministrativo non puo' essere annullato se l’Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del medesimo non avrebbe potuto essere diverso.

MANCATA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

L’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/90 pone in capo all’Amministrazione (e non del privato) l’onere di dimostrare, in caso di mancata comunicazione dell’avvio, che l’esito del procedimento non poteva essere diverso. E tuttavia, onde evitare di gravare la p.a. di una probatio diabolica (quale sarebbe quella consistente nel dimostrare che ogni eventuale contributo partecipativo del privato non avrebbe mutato l’esito del procedimento), risulta preferibile interpretare la norma in esame nel senso che il privato non possa limitarsi a dolersi della mancata comunicazione di avvio, ma debba anche quantomeno indicare o allegare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione.

Solo dopo che il ricorrente ha adempiuto questo onere di allegazione (che la norma implicitamente pone a suo carico), la p.a. sara' gravata dal ben piu' consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato. Ne consegue che ove il privato si limiti a contestare la mancata comunicazione di avvio, senza nemmeno allegare le circostanze che intendeva sottoporre all’Amministrazione, il motivo con cui si lamenta la mancata comunicazione deve ritenersi inammissibile.

OMESSA PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

L’ art. 21-octies nella legge n. 241 del 1990 rende legittima la omissione della partecipazione al procedimento dei soggetti che vi avrebbero titolo, solo se sia possibile dimostrare in giudizio che la scelta di un determinato provvedimento è stata compiuta perché sussistevano ragioni di corretta amministrazione di tale obiettiva rilevanza e non contestabilità, che qualsiasi argomento fosse stato addotto dai soggetti interessati, la scelta non avrebbe potuto essere diversa.

Accanto al controllo della logicità e della coerenza della motivazione, da svolgere in esito alla deduzione delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere, quale causa distinta dell’illegittimità dell’atto impugnato, si prevede, infatti, la verifica dell’effettiva sussistenza del presupposto richiesto dalla legge perché possa omettersi legittimamente l’avviso di procedimento, ossia che l’Amministrazione abbia dimostrato “in giudizio” che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso. Con la conseguenza che potrebbe aversi, in ipotesi, un provvedimento sorretto da motivazione logica e coerente, ma la circostanza, di per sé, non sarebbe sufficiente ad assolvere l’Amministrazione, in difetto della dimostrazione dello specifico requisito della impossibilità di modificare la scelta progettata, dall’omissione dell’adempimento preordinato alla partecipazione al procedimento dei soggetti aventi titolo.

Inoltre, ove la fornitura venga affidata al termine di un procedimento protrattosi ingiustificatamente per un tempo largamente superiore a quello necessario ove l’Amministrazione non fosse incorsa in irregolarità procedurali ed incomprensibili fasi di stallo, va affermato il diritto dell’appellante ad essere risarcita della minore remuneratività delle somme che, in base all’offerta, dovrebbe percepire quale corrispettivo della fornitura.

L'ordinamento vigente non vieta di impugnare l'aggiudicazione provvisoria di un contratto con la p.a., trattandosi di atto indubbiamente lesivo degli interessi di ognuna delle imprese non aggiudicatarie, in quanto le priva dell'aspettativa di poter ottenere l'appalto esitato (Consiglio Stato, sez. V, 22 novembre 2005 , n. 6487).

RISARCIMENTO DANNI AL DI FUORI DI UNA PRONUNCIA DI ANNULLAMENTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

Appare logico che la richiesta risarcitoria sia esaminabile al di fuori di una pronuncia di annullamento, formulata, secondo i casi che possono presentarsi in concreto, in termini ipotetici e virtuali, e quindi processualmente incidentali, laddove si ritenga non suscettibile di ulteriore vigenza il provvedimento in origine impugnato, ovvero formulata in via di statuizione principale, laddove l’effetto demolitorio sia in concreto ancora utilmente incisivo sull’assetto sostanziale.