Art. 130. Direzione dei lavori

ABROGATO DAL 19-04-2016 (ART. 217 DLGS 50-2016)

1. Per l'esecuzione di lavori pubblici oggetto del presente codice affidati in appalto, le amministrazioni aggiudicatrici sono obbligate ad istituire un ufficio di direzione dei lavori costituito da un direttore dei lavori ed eventualmente da assistenti.

2. Qualora le amministrazioni aggiudicatrici non possano espletare, nei casi di cui all'articolo 90, comma 6, l'attività di direzione dei lavori, essa é affidata nell'ordine ai seguenti soggetti:

a) altre amministrazioni pubbliche, previa apposita intesa o convenzione di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

b) il progettista incaricato ai sensi dell'articolo 90, comma 6;

c) altri soggetti scelti con le procedure previste dal presente codice per l'affidamento degli incarichi di progettazione.

Relazione

Relazione all’articolo 130 La norma riproduce, con gli opportuni adattamenti alle modifiche normative intervenute successivamente all’approvazione della l. 109/1994, il testo dell’art. 27 di quest’ul...
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Giurisprudenza e Prassi

BENI VINCOLATI - DIREZIONI LAVORI RISERVATA AGLI ARCHITETTI

TAR CAMPANIA SENTENZA 2018

L’art. 52 del R.D. n. 2537/1925 recante il regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto, secondo cui “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20 giugno 1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.

Ciò posto, secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, n. 21/2014; T.A.R. Lazio, Roma, n. 7997/2011 e T.A.R. Campania, Salerno, n. 149/2015) la riserva di competenza degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da vincolo storico - artistico, ad eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia civile per le quali il citato art. 52 prevede la competenza anche degli ingegneri; la competenza degli architetti, poi, si estende anche agli interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo quando presentino “rilevante interesse artistico” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, n. 7997/2011), come nel caso in trattazione.

Nel dettaglio, con sentenza n. 21/2014 (richiamata nella pronuncia del T.A.R. Veneto n. 743/2014, a sua volta citata nel provvedimento impugnato) il Consiglio di Stato, richiamando anche giurisprudenza comunitaria, ha chiarito come non sia esatto affermare che l’ordinamento comunitario riconosca a tutti gli ingegneri di Paesi dell’U.E. diversi dall’Italia (con esclusione dei soli ingegneri italiani) l’indiscriminato esercizio delle attività tipiche della professione di architetto (tra cui le attività relative ad immobili di interesse storico-artistico); al contrario, giusta la normativa comunitaria, si è ritenuto che l’esercizio di tali attività - in regime di mutuo riconoscimento – è consentito ai soli professionisti che (al di là del nomen iuris del titolo posseduto) possano vantare un percorso formativo adeguatamente finalizzato all’esercizio delle attività tipiche della professione di architetto. In altri termini, è sempre vigente ed applicabile, non contrastando con il diritto comunitario, la su citata normativa nazionale secondo cui la progettazione e la direzione lavori su beni di interesse storico e/o artistico è riservata agli architetti, ovvero a coloro che hanno compiuto un percorso formativo equiparabile a quello che in Italia è necessario per conseguire tale titolo.

LIMITI AL FRAZIONAMENTO DELL'AZIONE GIURISDIZIONALE

LODO ARBITRALE 2010

[A] Sulla proponibilità o meno di due distinte domande di arbitrato, relative allo stesso rapporto, l’una per la decisione sulle riserve inerenti la costruzione, l’altra sulle riserve inerenti la gestione, e sull’eventuale contrasto con il generale principio di buona fede. [B] Sui limiti alla possibilità di frazionare l’azione giurisdizionale, alla luce dei canoni di correttezza e buona fede evidenziati dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza n. 23726 del 15.11.2007. [C] Sulla validità ed efficacia del contratto d’appalto sottoscritto per la Stazione Appaltante da un organo non munito della rappresentanza e sulla possibilità o meno di successiva ratifica implicita da parte dell’organo munito della legale rappresentanza. [D] Sulla distinzione tra consegna frazionata a consegna mancata in relazione alla applicabilità o meno della decadenza dalla pretesa relativa al prolungamento dei lavori per l'omesso esercizio della facoltà di recesso di cui agli artt. 129 o 133 del regolamento di cui al D.P.R. n.554/1999. [E] Sulla possbilità o meno che il giudizio arbitrale abbia luogo in corso d’opera. [F] Sulla risarcibilità o meno dell'incremento del prezzo dei materiali ferrosi dovuto all’illegittimo allungamento dei lavori e sulla procedibilità o meno di tale domanda in sede arbitrale. [G] Sull’entità della penale massima che la Stazione Appaltante può applicare all’Impresa in caso di ritardo nei lavori imputabile a quest’ultima e sulla possibilità o meno per il Collegio arbitrale di ridurne d’ufficio l’ammontare

AFFIDAMENTO INCARICO DIREZIONE LAVORI - ORDINE DI PRIORITA'

TAR LAZIO RM SENTENZA 2010

L’art.130 del codice dei contratti pubblici dispone in capo alla P.A. un ordine di priorita' nell’affidamento dell’incarico di direzione dei lavori: in primo luogo ai propri dipendenti o di altra amministrazione convenzionata, poi al progettista incaricato e, soltanto, in via residuale, a soggetti esterni, comunque scelti nel rispetto delle norme comunitarie (cfr. Tar Calabria, Catanzaro, sez. II, 6 maggio 2009, n.419).

REGISTRO DI CONTABILITA' - NATURA DEL DOCUMENTO

LODO ARBITRALE 2010

Quanto al Registro di contabilità, va ricordato che esso – ai sensi dell’art. 163 d.P.R. n. 554/99 – è il documento, le cui pagine devono essere preventivamente numerate e firmate dal responsabile del procedimento e dall’appaltatore, su cui vanno trascritte dai libretti delle misure le annotazioni delle lavorazioni e delle somministrazioni, in ordine rigorosamente cronologico. Esso è tenuto dal Direttore dei Lavori o, sotto la sua responsabilità, dal personale designato. Esso peraltro – ai sensi dell’art. 183 d.P.R. n. 554/99 – deve rispondere a precise formalità intrinseche ed estrinseche ed essere numerato e bollato dagli uffici del registro ai sensi dell’articolo 2215 c.c. Esso, pertanto, prima di essere messo in uso, dovrà essere numerato progressivamente in ogni pagina e bollato in ogni foglio dall’Ufficio del registro delle imprese, istituito presso le Camere di Commercio (o da un notaio). L’ufficio del registro (o il notaio) dovrà dichiarare nell’ultima pagina del Registro medesimo il numero di fogli che lo compongono (in tal senso cfr. anche la nota del 30 giugno 2003 dell’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici). La Cassazione ha, inoltre, chiarito che ""Registro di contabilità è solo il documento le cui pagine sono "preventivamente numerate e firmate dall'ingegnere capo e dall'appaltatore" e nel quale le singole partite siano iscritte "rigorosamente in ordine cronologico" (art. 52 R.D. 350-95), per cui esso non può identificarsi con il "libretto delle misure" (…), sul quale s'annotano "la misura e la classificazione dei lavori" (art. 42 R.D. 350- 1895), nè al "giornale dei lavori" di cui all'art. 40 del cit. R.D., in cui si registrano settimanalmente i progressi dei lavori. In realtà, il registro della contabilità è l'unico documento non tenuto sul luogo dei lavori da cui emerge una visione d'insieme o unitaria dell'esecuzione dell'appalto; solo in esso si ha il dovere o onere di iscrivere le richieste dell'appaltatore a pena di decadenza, perché da esso solo è rilevabile l'incidenza che le varie vicende potranno avere sui costi dell'appalto e per il committente e per l'appaltatore, che, in applicazione di regole di diligenza e buona fede, deve iscrivere immediatamente in esso i fatti che può prevedersi incideranno sulla contabilità dei lavori (Cass. 24 gennaio 1997 n. 746). Pertanto se è certo che una contabilità irricostruibile o informe non è il registro (Cass. 22 luglio 1996 n. 6569), tale non può essere qualsiasi documento contabile dal quale non risulti una visione complessiva delle opere eseguite secondo il loro ordine cronologico e quindi del rilievo che eventuali variazioni di esse possono avere sui costi dell'appalto per ambedue le parti del contratto; è evidente quindi che un documento a fogli scomposti non può integrare il registro neppure provvisoriamente. In assenza del registro, l'appaltatore avrà la "facoltà" non l'onere "all'atto della firma d'inscrivere in succinto in quei documenti contabili che devono essere da lui firmati le riserve e le domande che crederà del proprio interesse", e in tal caso "le domande e le riserve … non avranno efficacia e saranno considerate come non avvenute ove non siano ripetute nel registro di contabilità nei termini e modi indicati nei precedenti artt. 53 e 54" (art. 89 R.D. 350-1895), una volta che lo stesso sia stato istituito. Solo con l'istituzione del registro sorge il dovere di iscrivere le riserve relative ai lavori eseguiti in precedenza"" (Cass. 24 marzo 2000, n. 3525).

SOSPENSIONE LAVORI PER MANCANZA MEZZI FINANZIARI

LODO ARBITRALE 2010

Nell’ambito dell’appalto di opere pubbliche, l’istituto della sospensione dei lavori può essere disposto dall’Amministrazione, in linea generale, per cause determinate e per tempi delimitati. In proposito, l’art. 133 Regolamento d.P.R. 554/1999 legittima l’Amministrazione committente a disporre temporaneamente la sospensione dei lavori, per il tramite della Direzione dei lavori, qualora circostanze speciali impediscano che essi procedano utilmente a regola d’arte (co. 1); ovvero, per il tramite del Responsabile del Procedimento, per ragioni di pubblico interesse o necessità (co. 2). In questa seconda ipotesi, tale facoltà è esercitabile dall’Amministrazione con il limite temporale non superiore ad un quarto della durata complessiva prevista per l’esecuzione dei lavori e comunque non eccedente i sei mesi. Il Capitolato Generale d.m. 145/2000, all’art. 24, nel ribadire detti principi, inserisce fra le circostanze speciali (co. 1) anche il caso di avverse condizioni climatiche, specificando, però, (co. 2) che la sospensione debba permanere “… per il tempo necessario a far cessare le cause che hanno comportato la interruzione dell’esecuzione dell’appalto.”.Laddove pertanto le cause di sospensione non siano riferibili a fattori obiettivi né riflettono circostanze impreviste ed imprevedibili e tanto meno di forza maggiore, e non rientrano, dunque, fra quelle prescritte dai già richiamati artt. 133 Reg. d.P.R. 554/1999 e 24 C.G.A. d.m. 145/2000, di conseguenza, potrà configurarsi una diretta responsabilità dell’amministrazone in relazione alla impossibilità di proseguire i lavori secondo il progetto posto a base del contratto, con conseguente obblighi indennitari e risarcitori. In argomento, “in tema di sospensione dei lavori, l’interruzione per carenza di fondi non è riconducibile tra le legittime sospensioni nelle quali il Committente resta esonerato da qualunque indennizzo.” (Lodo Roma 27-dic-07 n. 170, in Arch. Giur. OO.PP. 2008, 148 – cfr. lodo Roma 26-lug-06 n. 33, ivi 2006, 19)”; e si aggiunga, “la sospensione dei lavori disposta per mancanza dei mezzi finanziari necessari alla prosecuzione degli stessi è fonte di responsabilità del Committente, costituendo violazione delle obbligazioni che scaturiscono in capo al Committente medesimo a seguito della stipula del contratto d’appalto e che impongono di garantire all’appaltatore la possibilità giuridica di eseguire il lavoro affidatogli.” (Lodo Roma 30-nov-04, in Arch. Giur. OO.PP. 2005, 115 – cfr. lodo Roma 25-nov-03 n. 131, ivi 2004, 145; lodo Roma 03-feb-03 n. 14, ivi 2003, 1002; lodo Milano 27-01-99, ivi 2001, 841). Ed ancora, “è illegittima la sospensione dei lavori riconducibile ad aspetti di natura finanziaria, in quanto essi riguardano la sola Stazione appaltante.” (Lodo Roma 28-giu-02, in Arch. Giur. OO.PP. 2002, 1211); nonchè, “negli appalti di opere pubbliche, la mancata copertura della spesa occorrente per la realizzazione dell’opera è fatto imputabile direttamente all’Amministrazione, con la correlata responsabilità sulla stessa gravante.” (Lodo 17-mag-05 n. 16, in Arch. Giur. OO.PP. 2005, 795).

RISERVE E SOSPENSIONE LAVORI - LIMITI

LODO ARBITRALE 2010

L’art. 7 del Capitolato Speciale di Appalto ed il contratto specificano, sul punto, che l’esecuzione dell’appalto è soggetta all’osservanza delle norme risultanti dalle leggi e dai regolamenti vigenti in materia nella Regione Siciliana, nonché dal Capitolato Generale approvato con DPR n. 1063/1962, e la Legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), e R.D. 25 maggio 1895, n. 350. Ebbene, osserva il Collegio che nessuno dei citati testi normativi impone l’apposizione, a pena di decadenza, della riserva per danni da sospensione illegittima sul verbale di sospensione. Sul punto, la stessa giurisprudenza prevalente pronunciatasi nella vigenza del DPR n.1063/1962, ha precisato che “soltanto la mancata o non esplicata riserva nel verbale di ripresa o nel registro di contabilità è motivo di decadenza” (lodo 15 aprile 1996, n. 54; Cass. 26 febbraio 1983, n. 1466), e che “in caso di sospensione lavori per causa imputabile alla stazione appaltante, deve ritenersi tempestiva la riserva apposta nel verbale di ripresa, dato che solo in tale momento l’appaltatore è in grado di apprezzare pienamente l’incidenza negativa della sospensione medesima, a nulla rilevando la circostanza della sua illegittimità sin dall’origine” (lodo 30 settembre 1996, n. 139), ed ancora che è “ infondata l’eccezione di tardività della deduzione della questione relativa alla sospensione per omessa sua iscrizione in sede di riserva se non in occasione del verbale di ripresa dei lavori, in quanto l’esistenza del pregiudizio è comunque percepibile nella sua concretezza solo al momento in cui cessa la sospensione” (lodo 5 settembre 1992, n. 106; Cass. 17 ottobre 1977, n. 4430; Cass. 5 febbraio 1985, 2830; Cass. 28 maggio 1987, n. 9396; lodo 17 aprile 1966, n. 55). Alla luce dei principi appena richiamati, in relazione ai quali il Collegio non ha ragione di discostarsi, deve ritenersi che l’appaltatore era tenuto, nella fattispecie in esame, in relazione ai maggiori esborsi ed al pregiudizio derivante dalla sospensione dei lavori, ancorché illegittimamente disposta dalla stazione appaltante, a formulare tempestiva riserva nel verbale di ripresa dei lavori, ciò in quanto detto verbale costituisce documento idoneo all’osservanza del relativo onere e la ripresa dei lavori, nel segnare la cessazione della continuità del fatto produttivo di quel pregiudizio, ne evidenzia la rilevanza causale sulle pretese dell’appaltatore.

MOTIVAZIONI A SUFFRAGIO DELLA SOSPENSIONE DEI LAVORI

LODO ARBITRALE 2010

Osserva, infatti, il Collegio che, per legittimare un provvedimento di sospensione dei lavori, debbono sussistere particolari circostanze, tassativamente elencate dalle norme regolanti la materia – e che, nel caso di specie, vanno individuate nelle disposizioni di cui all’art. 30 DPR n.1063/1962 – tali da impedire la proficua prosecuzione dei lavori a regola d’arte, impreviste ed imprevedibili e, comunque, non ascrivibili ad alcun fatto e/o comportamento delle parti. Al contrario, la sospensione si configura come illegittima qualora essa sia disposta per sopperire a manchevolezze o inadempimenti o, ancora, a ritardi dell’ente Committente nel provvedere agli espletamenti di propria competenza (Cass., 6 aprile 1982 n. 1982; lodo arbitrale 20 luglio 1984, n. 42; lodo arbitrale 18 luglio 1985, n. 56). Evidenzia il Collegio che le motivazioni che hanno imposto la sospensione in questione vale a dire la necessità di prevedere nuove opere di parzializzazione ed ottimizzazione funzionale per la razionalizzazione gestionale dell’impianto sia sotto l’aspetto tecnico che economico, in adeguamento all’attuale carico inquinante affluente all’impianto stesso, non possono essere ricondotte nell’ambito delle ragioni di pubblico interesse o necessità, atteso che le nuove opere e le diverse quantità di categorie di lavoro contrattuali contemplate nella perizia di variante non sono state introdotte al fine di soddisfare sopravvenuti e superiori interessi di natura pubblica, quanto, piuttosto, per adeguare il progetto originario, evidentemente carente alle esigenze - già sussistenti al momento della redazione degli atti progettuali - proprie della stazione appaltante. Ne deriva che, nel caso di specie, non è applicabile il secondo comma dell’art.30 DPR 16 luglio 1962, n. 1063, che deve intendersi limitato alle sole ipotesi di esigenze tecniche ed obiettive della Committenza, non ricollegabili ad alcuna forma di negligenza o imperizia nella predisposizione e verifica del progetto da parte della stessa. Vanno condivise, al riguardo, le indicazioni fornite dalla giurisprudenza, che ha avuto modo di precisare come “nelle ipotesi in cui la sospensione dei lavori sia stata ordinata a seguito della presentazione di un progetto di perizia di variante, la colpa dell’Amministrazione rimane esclusa unicamente se la perizia risponde ad esigenze oggettive ed estrinseche al rapporto contrattuale e alla previsione dell’opera quale risulta dal progetto, in quanto le ragioni di pubblica necessità o interesse di cui all’art. 30, secondo comma, DPR 1063/1962 si riferiscono a circostanze esterne alle situazioni esistenti all’epoca della progettazione dell’opera, o tali che ragionevolmente non potevano essere previste, e per di più costituenti oggetto immediato e diretto della sospensione” (lodo 3 marzo 1993, n. 18). Ancora, la giurisprudenza è costante nell’affermare che l’Amministrazione deve esattamente adempiere alla c.d. obbligazione progettuale, che le impone di predisporre una progettazione completa e concretamente eseguibile (Cass., 28 marzo 1991, n. 3360; Corte dei Conti, Sez. contr., 21 novembre 1991), sicchè anche il fermo dei lavori nelle more dell’approvazione di una perizia di variante intesa a “porre, anche solo parzialmente, rimedio a negligenze o imperizie contenute nel progetto, ovvero che sia finalizzata al miglioramento dell’opera ed alla sua funzionalità o all’integrazione della stessa…impegna la responsabilità della Committente per i maggiori oneri e danni conseguenti (lodo 20 ottobre 2003, n. 116; lodo 10 luglio 2003, n. 76; lodo 13 maggio 1997, n. 47). Nello stesso senso si è pronunciata la stessa Suprema Corte. affermando che “nel caso che sopravvenga la necessità di approvare una perizia di variante, tale emergenza non deve essere ricollegabile ad alcuna forma di negligenza o imperizia nella predisposizione e nella verifica del progetto da parte dell’ente appaltante il quale è tenuto, prima della indizione della gara, a controllarne la validità in tutti i suoi aspetti tecnici e ad impiegare la dovuta diligenza nell’eliminare il rischio di impedimenti alla realizzazione dell’opera sì come progettata” (Cass., 22 luglio 2004, n. 13643). Evidenzia, in conclusione, il Collegio che le circostanze che hanno determinato la sospensione dei lavori, lungi dal costituire condizioni legittimanti il fermo delle lavorazioni, debbano essere qualificate, al contrario, come fatti imputabili all’Ente Committente che, in conseguenza di ciò, è tenuto a sopportare le conseguenze patrimoniali pregiudizievoli per l’appaltatore relative al periodo di sospensione dei lavori, ed al maggior tempo necessario per consentire l’esecuzione dell’opera pubblica.

RESPONSABILITA' PA E RISARCIMENTO DANNI ALL'APPALTATORE

LODO ARBITRALE 2010

Si ribadisce che tra le obbligazioni che nascono dal contratto di appalto a carico della stazione appaltante vi è quella di assicurare all’appaltatore, fin dall’inizio e per tutta la durata del rapporto la giuridica possibilità di compiere i lavori affidatigli e che l’inadempimento di ciò comporta la sua responsabilità verso l’appaltatore ex art. 1218 cod. civ. salvo che non venga fornita la prova liberatoria richiesta dalla norma citata.

APPALTO A CORPO - IMMODIFICABILITA' PREZZO PATTUITO

LODO ARBITRALE 2010

Nell’appalto a corpo l’appaltatore sopporta infatti il rischio delle quantità rispetto al prezzo pattuito, ma nell’ambito (e non potrebbe essere diversamente) di quanto disegnato e progettato, senza che ciò legittimi la trasformazione dell’appalto in un contratto aleatorio, né escluda che competano all’appaltatore compensi per i maggiori oneri sostenuti in dipendenza di circostanze a lui non imputabili. La pattuizione di immodificabilità del prezzo in cui l’appaltatore assume, sulla base del progetto a base di gara, il carico dell’alea rappresentata dalla maggiore o minore quantità dei fattori produttivi che concorrono alla realizzazione dell’opera, e la contemporanea necessità di non sovvertire l’equilibrio del sinallagma contrattuale, accentuano l’ineludibile necessità di un adeguato approfondimento del progetto esecutivo ad un livello tale da definire in modo compiuto l’opera da realizzare, al fine di garantire la possibilità di individuare le singole parti dell’opera ed assicurare la pedissequa rispondenza della medesima agli elaborati grafici ed alle specifiche tecniche. Le modalità di pagamento del corrispettivo “a corpo” non trasformano, dunque, l’appalto in un contratto aleatorio. Come ricordato dall’Autorità di Vigilanza per i Lavori Pubblici nella deliberazione n. 51 n. 21/2002 “…che il progetto (caratterizzato dai disegni esecutivi e dalle specifiche tecniche) costituisca un fondamentale elemento di riferimento nel contratto di appalto con corrispettivo “a corpo”, si riscontra anche dalla lettura dell’art. 1661 c.c., laddove è, appunto, prevista come causa di derogabilità alla immodificabilità del prezzo la variazione, tipologica e dimensionale, dell’opera. A conferma di ciò la centralità attribuita dal legislatore della Merloni alla fase della progettazione , che ha portato la stessa ad una definizione approfondita, graduale rispetto alle tre fasi previste, che comporta un livello revisionale che lascia pochissimi spazi a variazioni in fase esecutiva. La predeterminazione del sinallagma contrattuale viene meno, pertanto, allorché vi sia una modifica dei disegni esecutivi (e quindi una modifica dell’oggetto del contratto) che comporti la necessità di maggiori (ovvero minori) quantità di opere o di lavorazioni rispetto a quelle stimate al momento della fissazione del prezzo e della conseguente formulazione dell’offerta da parte dell’appaltatore; oppure vi sia una variazione delle specifiche tecniche, previste nel progetto facente parte del contratto, che, allo stesso modo di cui sopra, variando l’oggetto del contratto, comportino maggiori o minori costi ed oneri per l’appaltatore. Verificandosi una simile evenienza, con la conseguenza di far esorbitare il rischio assunto con l’offerta “a corpo” fuori della normale ed accettabile alea, ci si trova di fronte alla necessità di rideterminare il prezzo “a corpo”, non assolvendo più quest’ultimo alla sua naturale funzione”. Il Collegio ritiene, quindi, che il rischio che l’appaltatore assume nell’appalto “a corpo” non può estendersi illimitatamente in violazione dei presupposti che sovrintendono all’equilibrio sinallagmatico del rapporto, soprattutto in presenza di gravi carenze del progetto esecutivo, come nel caso di specie.

REQUISITI MINIMI NELL'AVVISO DI SELEZIONE E LORO VALUTAZIONE

AVCP PARERE 2009

Nell’avviso di selezione devono essere indicati i requisiti minimi, richiesti dalla S.A., che consentano al professionista – tramite il curriculum – la dimostrazione del possesso di una esperienza adeguata rapportata alla tipologia ed all’importo dell’incarico e che, la valutazione del merito tecnico, nella fase di ammissione alla selezione, deve essere effettuata sulla base di elementi meramente quantitativi, consistenti nell’accertamento dell’importo dei lavori appartenenti alle stesse classi e categorie dell’opera oggetto dell’incarico, eseguiti in periodo anteriore alla data del bando.

Oggetto: Istanza di parere per la soluzione delle controversie, ex art. 6, comma 7, lettera n) del Decreto Legislativo n. 163/06, presentata da B. s.n.c. di ... – Avviso di “Costruzione rete urbana e recapito finale di fogna bianca – importo dell’intervento euro 3.738.750,00 – Incarico di direzione dei lavori e servizi annessi – importo prestazione inferiore ad euro 100.000,00”; Avviso di “Costruzione rete urbana e recapito finale di fogna bianca – importo dell’intervento euro 3.738.750,00 – Incarico coordinamento sicurezza in fase di esecuzione lavori e responsabile sicurezza sul cantiere – importo prestazione inferiore ad euro 100.000,00”. S.A. Comune di A. (BR).

APPALTI DI SERVIZI - DETERMINAZIONE IMPORTO A BASE DI GARA

TAR PIEMONTE TO SENTENZA 2008

La stazione appaltante "nel procedere alla determinazione delle condizioni economiche da porre a base d’asta, è tenuta a garantire un livello idoneo a consentire il rispetto del costo del lavoro risultante dalla contrattazione collettiva di categoria, riferito alle imprese che esercitano ordinariamente l’attivita' che costituisce oggetto dell’appalto", in quanto "l’obbligo di assicurare parita' di condizioni a tutti i partecipanti, impedisce di allestire un bando di gara che lasci liberi i concorrenti di formulare l’offerta facendo riferimento ad un CCNL di propria scelta" (T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. III, 6 novembre 2006, n. 2102). L’amministrazione dunque, in sede di fissazione del corrispettivo da porre a base della gara, deve tenere in considerazione il rispetto del costo del lavoro derivante dalla contrattazione collettiva di categoria riferito alla generalita' delle imprese che ordinariamente esercitano l’attivita' costituente l’oggetto dell’appalto, conseguendone che vanno presi in considerazione i costi della manodopera risultanti dai contratti collettivi applicabili a tutte le imprese che, in quanto ordinariamente esercitanti l’attivita' dedotta in gara, sono potenzialmente partecipanti alla medesima, vale a dire a tutti i soggetti ammessi a partecipare alla gara de qua.

Ne deriva che l’Amministrazione doveva tenere nel debito conto il costo del lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva applicabile alle cooperative, non potendo consentire al singolo partecipante, di scegliersi il contratto collettivo, per poi parametrare il costo minimo e quindi il prezzo a base di gara, sul costo della manodopera stabilito dal contratto collettivo prescelto dal singolo concorrente, come nella specie vorrebbe il Comune.

ARROTONDAMENTI OFFERTA PER ECCESSO O PER DIFETTO

TAR PIEMONTE TO SENTENZA 2008

Nei procedimenti di gara in cui il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo piu' basso, o comunque in quelli in cui le modalita' di formulazione dell'offerta economica seguano i principi generali, è evidente che l'indicazione del valore dell'offerta dovra' essere ab initio espresso al massimo con due cifre decimali, operando, in difetto, il criterio dell'arrotondamento previsto dalle regole generali. Diversa è la situazione in cui, invece, sia proprio il bando di gara ad imporre il riferimento a valori espressi in euro ma con frazioni dell'unita' maggiori di quelle centesimali (TAR Piemonte, II, 26.7.2003, n. 1142).

In altri termini, nelle gare al prezzo piu' basso le offerte debbono essere espresse, per le frazioni inferiori all’euro, al massimo con due decimali e qualora invece il concorrente esponga frazioni dell’unita' maggiori di quelle centesimali, deve essere effettuato l’arrotondamento al centesimo superiore o inferiore (a seconda che si debba arrotondare per eccesso o per difetto) salvo che sia la legge speciale di gara a prescrivere l’indicazione di frazioni dell’unita' maggiori di quelle decimali.

TARIFFE DI LEGALITA' - CONSORZI STABILI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Secondo l’orientamento di questo Consiglio (sez. IV, 20 settembre 2005, n. 4816 e 5 ottobre 2007, n.4644; Sez. V, 17 ottobre 2002, n.5674), nell’ordinamento giuridico italiano non si rinviene alcuna specifica disposizione normativa, primaria o secondaria, che autorizzi i Prefetti a fissare, in via preventiva e con caratteri di generalita', tariffe minime ed inderogabili per i servizi di vigilanza, non essendo tali le disposizioni contenute negli articoli 9 e 134 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e 257 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635, tanto piu' che le (piu' recenti) circolari del Ministero dell’Interno (che hanno introdotto e configurato il nuovo sistema delle tariffe di legalita') si sono preoccupate di chiarire che l’atto di approvazione delle tariffe, mentre impedisce agli istituti di vigilanza di praticare prezzi piu' alti di quelli ivi stabiliti, non osta a richiedere prezzi inferiori a quelli minimi; pertanto deve escludersi qualsiasi valenza autorizzativo – prescrittiva dell’atto di approvazione delle tariffe di legalita', con la conseguenza, per un verso, che la violazione di queste ultime non comporta alcun effetto automatico di decadenza dal titolo e non spiega nemmeno effetti sulla valida prestazione dei relativi servizi e, per altro verso, che le predette tariffe costituiscono esclusivamente canoni di congruita' dei prezzi praticati dagli istituti, ai diversi fini del controllo sulla serieta' e affidabilita' dell’impresa. A cio' deve aggiungersi che la fissazione dei prezzi dei servizi di vigilanza privata mediante autorizzazione del Prefetto nell’ambito di un determinato margine di oscillazione di cui al R. D. 18 giugno 1931 n. 773 e successive modificazioni è stata oggetto della recente sentenza Corte di Giustizia 13.12.2007 c-465/05, secondo cui la Repubblica Italiana per tale disciplina sarebbe venuta meno agli obblighi derivanti dall’art 49 CE.

Nel caso di specie, il giudice di prime cure, aveva accolto solo in parte il ricorso presentato dalla stessa ricorrente in appello, rilevando che alcune determinazioni comunali erano state adottate in violazione delle c.d. tariffe di legalita', ma anche che l’osservanza di queste tariffe non costituiva una condizione di ammissibilita' dell’offerta, inerendo cio' piuttosto alla fase esecutiva del contratto. Secondo la societa' ricorrente il TAR aveva errato nel valutare i requisiti di partecipazione alla gara del Consorzio controinteressato, in quanto la capacita' finanziaria andava riferita al Consorzio mentre gli altri requisiti andavano riferiti ai singoli consorziati ed al Consorzio stesso.

Il Collegio, pur riconoscendo l’esistenza di una pronuncia favorevole alla summenzionata tesi della ricorrente (Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 3765 del 27 giugno 2007), osservava che nella specie il TAR aveva desunto la normativa da osservare per i consorzi dal disciplinare di gara (aspetto non contestato in appello), precisando che “il disciplinare di gara, per quanto riguarda i consorzi stabili, che si atteggiano a soggetti giuridici autonomi e distinti rispetto ai soggetti consorziati, prevedeva che l’intera documentazione di gara, compresa l’offerta economica, doveva essere riferita al consorzio e doveva riportare la sottoscrizione del legale rappresentante di quest’ultimo; in questa ottica, i requisiti del possesso della licenza di Istituto di vigilanza e quello relativo alla certificazione UNI ISO 9001/2000 dovevano essere posseduti o dal consorzio stabile o da almeno una delle imprese consorziate.”

Allo stesso modo, secondo il Consiglio di Stato, sez. V, il giudice di prime cure aveva ritenuto correttamente che il consorzio controinteressato avesse adempiuto agli obblighi tributari conformemente alle disposizioni legislative, essendo la dichiarazione di avvenuto adempimento degli obblighi tributari stata fatta dall’unico soggetto a cio' autorizzato, nonche' essendo la posizione fiscale dello stesso consorzio stata provata con la presentazione in primo grado della relativa documentazione.

FORNITURA E POSA IN OPERA DI CONGLOMERATO BITUMINOSO

AVCP DELIBERAZIONE 2008

Sebbene la legge vigente stabilisca che i singoli sub-affidamenti, purche' di ammontare inferiore al 2% del contratto o a 100.000 euro o, qualora di importo superiore a tali soglie, il costo della mano d’opera espletata in cantiere sia inferiore al 50% dell’importo del sub-contratto, non sono equiparabili al subappalto (e risultano quindi sottratti al regime di autorizzazione), non è ammissibile che l’unico vincolo per l’impresa esecutrice resti ancorato a questi soli parametri e possa percio' tradursi in una frammentazione degli importi delle attivita' preventivate, con l’intento di mantenere sottosoglia i sub-contratti cosi' frazionati ed eludere la configurazione dei medesimi obblighi normativi correlati al subappalto di lavori.

Con riguardo alla fattispecie in argomento (il tappeto bituminoso), il Consiglio ritiene assimilabile al subappalto qualunque contratto concernente la fornitura e posa in opera dei conglomerati bituminosi, in quanto comprensivo di una serie di lavorazioni, tutt’altro che accessorie e/o complementari rispetto al bene fornito, riconducibili a lavori e in relazione alle quali si pone l’esigenza che siano eseguite da soggetti, non solo in regola con la disciplina c.d. antimafia, ma anche in possesso di idonea qualificazione.

Oggetto: Attivita' concernenti la fornitura e posa in opera di conglomerati bituminosi

Esponente: Societa' A Vito S.r.l. di B (TP)

DIVISIONE IN LOTTI - DISCIPLINA APPLICABILE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Al fine di determinare la soglia degli appalti oggetto della disciplina comunitaria, se le opere unitarie vengono suddivise in più lotti, l’importo dei singoli lotti va sommato, e se la somma supera la soglia, trova applicazione la disciplina comunitaria. Infatti lo scopo evidente delle norme comunitarie è di impedire che, mediante il frazionamento artificioso di un’opera unitaria in più lotti, si eluda l’applicazione della direttiva comunitaria.

Così se per singoli lotti di un’opera unitaria vengono banditi distinti appalti, ove la somma dell’importo dei singoli lotti supera la soglia comunitaria, si deve applicare agli appalti la disciplina comunitaria, e non quella interna, delle offerte anomale; e, dunque, la esclusione non automatica, ma previa verifica in contraddittorio, delle offerte medesime.

LEGGE 109/94 - PORTATA E LIMITI

CORTE GIUST EU SENTENZA 2008

La Corte di Giustizia Europea statuisce che la Repubblica Italiana avendo adottato:

- l’art. 2, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici, come modificata dalla legge 1º agosto 2002, n. 166, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, e della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE;

- l’art. 2, comma 5, di detta legge, come modificata, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva 93/37, come modificata, e

- gli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, della stessa legge, come modificata, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva 92/50, e della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni.

INCARICO DI DIREZIONE DEI LAVORI

TAR CAMPANIA SA SENTENZA 2008

Si può ritenere illegittimo l’avviso pubblico per l’affidamento, mediante procedura aperta, dell’incarico di direzione dei lavori nel caso in cui risulti che l’amministrazione abbia violato l’ordine di priorità fissato dall’art. 130, comma 2, d.lgs 163/2006 omettendo di affidare l’incarico di direzione dei lavori al professionista che aveva provveduto all’espletamento dell’incarico di progettazione definitiva ed esecutiva relativamente ai lavori oggetto dell’avviso pubblico, il quale vanta il titolo di priorità ed è stato indebitamente pretermesso dall’amministrazione senza alcuna valida ragione giustificatrice.

Ai fini dell’applicazione dell’art. 130 prima richiamato è poi irrilevante che l’incarico di progettazione sia stato affidato da una diversa amministrazione, anche perché la citata disposizione non esige l’identità dell’amministrazione che ha proceduto all’affidamento dell’incarico di progettazione e di quella che deve affidare l’incarico di direzione dei lavori.

CONSULENZA PER ASPETTI GEOLOGICI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Il conferimento di un incarico professionale di consulenza per gli aspetti geologici nell’ambito della redazione di un piano strutturale (urbanistico) e di un regolamento edilizio non rientra né nell’ambito della disciplina degli appalti di lavori pubblici (trattandosi invero di un’attività professionale – qualificata locatio operis – riferibile ad una scelta eminentemente fiduciaria del professionista), né in quella degli appalti di servizi (non rinvenendosi i caratteri propri dell’appalto di servizio ex art. 1655 C.C. e art. 3 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, giacché l’appalto si distingue dal contratto d’opera in quanto l’appaltatore deve essere una media o grande impresa, C.d.S., sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4573).

D’altra parte, anche se non è espressamente disciplinato il conferimento di tali incarichi fiduciari, in base ai principi di trasparenza e di buon andamento, l’amministrazione può stabilire le regole per l’individuazione in concreto del soggetto più idoneo ed adeguato (per professionalità, esperienze, conoscenze tecniche) cui conferire il predetto incarico fiduciario, regole alle quali essa stessa è poi ineluttabilmente vincolata, proprio in ossequio ai principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento fissati dall’articolo 97 della Costituzione.

In tal caso, le prescrizioni contenute nel bando di gara e nella lettera d'invito costituiscono la lex specialis della gara e vincolano non solo i concorrenti, ma la stessa amministrazione che non conserva, perciò, alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione, né può disapplicarle.

DIRETTORE LAVORI E SICUREZZA

AVCP DELIBERAZIONE 2007

Correttamente il disciplinare di gara ha disposto che in caso di raggruppamenti temporanei di imprese, dovesse essere indicato un solo soggetto responsabile sia della direzione dei lavori, che del coordinamento per la sicurezza in fase di esecuzione.

Pertanto, ove l’istante, per proprie esigenze organizzative, avesse ritenuto di affiancare il direttore lavori con dei direttori operatori, avrebbe avuto facoltà di farlo, tenendo presente, in ogni caso, che essi, secondo quanto disposto dall’art. 125 del D.P.R. 554/1999, rispondono della loro attività direttamente al direttore dei lavori. Peraltro, deve evidenziarsi come l’art. 125, nell’elenco dei compiti assegnati al direttore operativo, non ricomprende anche il coordinamento per la sicurezza che, come già menzionato, trova un riconoscimento autonomo nell’art. 127 che lo assegna esclusivamente al direttore lavori.

Oggetto: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dal RTP ing. M./ing. P./ing. F. – affidamento servizi di direzione lavori, misura e contabilità, coordinamento per la sicurezza dei lavori potenziamento del servizio idrico e della rete fognante.

COLLAUDO - OPERAZIONI DI VERIFICA

AVCP DELIBERAZIONE 2007

In merito ai ritardi nelle operazioni di collaudo, si ricorda che, ultimati i lavori o frazione di essi, la stazione appaltante deve comunque procedere alla verifica dell’esattezza (o meno) dell’esecuzione dell’opera, e quindi della conformità (o meno) al contratto e dell’esecuzione a regola d’arte, valutando altresì la corrispondenza tra contabilità ed eseguito. In altri termini, corre l’obbligo da parte del committente di definire il rapporto contrattuale con l’appaltatore, mediante l’attività di collaudazione, anche quando (come nel caso in esame) la prestazione contrattuale non si esaurisca nel rispetto delle relative pattuizioni.

In merito alle responsabilità del direttore dei lavori, quando sia libero professionista, significativa è la sentenza della Cass. Civ., Sez. Unite, sentenza 23 marzo 2004, n. 5781, secondo cui: “…il direttore dei lavori per la realizzazione di un’opera pubblica, in considerazione dei compiti e delle funzioni che gli sono devoluti, che comportano l’esercizio di poteri autoritativi nei confronti dell’appaltatore e l’assunzione della veste di “agente”, deve ritenersi funzionalmente e temporaneamente inserito nell’apparato organizzativo della pubblica amministrazione che gli ha conferito l’incarico, quale organo tecnico e straordinario della stessa, con la conseguenza che, con riferimento alla responsabilità per danni cagionati nell’esecuzione dell’incarico stesso, è soggetto alla giurisdizione della Corte dei Conti.” Tale assunto giustifica la segnalazione da parte dell’Autorità sia alla Procura della Corte dei Conti sia alla Procura della Repubblica, competenti per territorio (ex art. 4, legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. ora art. 6, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.).

PROGETTAZIONE - DIREZIONE LAVORI - AFFIDAMENTO

UNIONCAMERE PARERE 2006

COMMENTO: considerato che nel caso di specie il valore complessivo delle attivita' di progettazione e direzione lavori è certamente superiore a 100.000 ma inferiore a 211.000 Euro, si ritiene che codesta Camera di Commercio possa, avvalendosi del disposto di cui all’art. 130, comma II, lett. b) del nuovo codice degli appalti, procedere ad affidare l’attivita' di direzione dei lavori direttamente al progettista a suo tempo incaricato.

OGGETTO:Parere in ordine ad affidamento incarico di progettazione e direzione lavori.

Pareri tratti da fonti ufficiali

QUESITO del 22/10/2014 - SERVIZI ATTINENTI ALL'ARCHITETTURA E ALL'INGEGNERIA. DICHIARAZIONE REQUISITI CARATTERE GENERALE.

Si chiede cortesemente se è consentito affidare, con singole procedure di appalto, gli incarichi di: 1.progettazione 2.direzione lavori 3.sicurezza in fase di progettazione 4.sicurezza in fase di esecuzione che fanno capo alla stessa opera, in considerazione dell'art. 29, c.4 del D.Lgs 163/2006 e ss.mm.ii. Grazie


QUESITO del 27/01/2009 - COMPETENZE

La progettazione di un lavoro è stata affidata, per carenza in organico, all'esterno della struttura. La Direzione lavori è, invece, espletata da personale interno. Durante l'esecuzione dei lavori il D.L. ha manifestato l'esigenza di avvalersi di un Direttore Operativo, figura per la quale vi è carenza in organico. Si chiede se l'incarico di Direttore Operativo, da affidare all'esterno della struttura, dovrà essere affidato al Progettista incaricato giusto art.130 - comma 2 - lettera b del D.Lgs. n.163/06.


QUESITO del 01/06/2007 - INCARICHI SOTTO I 100.000 EURO - INCARICHI DI PROGETTAZIONE

La stazione appaltante ha affidato un incarico di progettazione di importo inferiore ad € 100.000,00, per carenza in organico, all'esterno della struttura ai sensi e con le modalità di cui al comma 2 dell'art.91 D.Lgs. n.163/06 e, quello di Direzione Lavori all'interno della struttura. A causa di sopraggiunta ed improvvisa impossibilità dell'incaricato della D.L. di espletare tale incarico, la stazione appaltante dovrà affidare l'incarico all'esterno. Si chiede se questa potrà/dovrà essere affidata al progettista incaricato atteso che l'importo della progettazione più quello della D.L. supera i 100.000,00 €.


QUESITO del 26/01/2007 - RUP

L'art. 7 del DPR 554/99 al comma 4 stabilisce che le funzioni di Responsabile Unico del Procedimento non possono coincidere con le funzioni di progettista o Direttore dei lavori nel caso di interventi d'importo superiore a € 500.000,00. Gradiremo un parere sulla possibilità che un tecnico laureato, dipendente del Comune di …., il quale ha svolto attività di progetto, non essendo RUP, possa nelle fase di esecuzione dei lavori, non avendo comunque alcun ruolo di Direzione Lavori, assumere l'incarico di RUP. In sintesi la richiesta è se un progettista può nella fase realizzativa di un opera pubblica svolgere funzioni di RUP, non essendo assolutamente impegnato nel ruolo e nelle funzioni svolte dal Direttore dei lavori.