Art. 34 L'amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche

1. Quando, a seguito degli accertamenti di cui all’articolo 19 o di quelli compiuti per verificare i pericoli di infiltrazione mafiosa, previsti dall’articolo 92, ovvero di quelli compiuti ai sensi dell’articolo 213 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dall’Autorità nazionale anticorruzione, sussistono sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle di carattere imprenditoriale, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall’articolo 416-bis del codice penale o possa comunque agevolare l’attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione personale o patrimoniale previste dagli articoli 6 e 24 del presente decreto, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a), b) e i-bis), del presente decreto, ovvero per i delitti di cui agli articoli 603-bis, 629, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale, e non ricorrono i presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali di cui al capo I del presente titolo, il tribunale competente per l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone sopraindicate dispone l’amministrazione giudiziaria delle aziende o dei beni utilizzabili, direttamente o indirettamente, per lo svolgimento delle predette attività economiche, su proposta dei soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 17 del presente decreto.

2. L’amministrazione giudiziaria dei beni è adottata per un periodo non superiore a un anno e può essere prorogata di ulteriori sei mesi per un periodo comunque non superiore complessivamente a due anni, a richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, a seguito di relazione dell’amministratore giudiziario che evidenzi la necessità di completare il programma di sostegno e di aiuto alle imprese amministrate e la rimozione delle situazioni di fatto e di diritto che avevano determinato la misura.

3. Con il provvedimento di cui al comma 1, il tribunale nomina il giudice delegato e l’amministratore giudiziario, il quale esercita tutte le facoltà spettanti ai titolari dei diritti sui beni e sulle aziende oggetto della misura. Nel caso di imprese esercitate in forma societaria, l’amministratore giudiziario può esercitare i poteri spettanti agli organi di amministrazione e agli altri organi sociali secondo le modalità stabilite dal tribunale, tenuto conto delle esigenze di prosecuzione dell’attività d’impresa, senza percepire ulteriori emolumenti.

4. Il provvedimento di cui al comma 1 è eseguito sui beni aziendali con l’immissione dell’amministratore nel possesso e con l’iscrizione nel registro tenuto dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel quale è iscritta l’impresa. Qualora oggetto della misura siano beni immobili o altri beni soggetti a iscrizione in pubblici registri, il provvedimento di cui al comma 1 deve essere trascritto nei medesimi pubblici registri.

5. L’amministratore giudiziario adempie agli obblighi di relazione e segnalazione di cui all’articolo 36, comma 2, anche nei confronti del pubblico ministero. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai capi I e II del titolo III del presente libro.

6. Entro la data di scadenza dell’amministrazione giudiziaria dei beni o del sequestro di cui al comma 7, il tribunale, qualora non disponga il rinnovo del provvedimento, delibera in camera di consiglio la revoca della misura disposta ed eventualmente la contestuale applicazione del controllo giudiziario di cui all’articolo 3 -bis, ovvero la confisca dei beni che si ha motivo di ritenere che siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Alla camera di consiglio partecipano il giudice delegato e il pubblico ministero. Al procedimento si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dal titolo I, capo II, sezione I, del presente libro. Per le impugnazioni contro i provvedimenti di revoca con controllo giudiziario e di confisca si applicano le disposizioni previste dall’articolo 27.

7. Quando vi sia concreto pericolo che i beni sottoposti al provvedimento di cui al comma 1 vengano dispersi, sottratti o alienati, nei casi in cui si ha motivo di ritenere che i beni siano frutto di attività illecite o ne costituiscano l’impiego, i soggetti di cui all’articolo 17 possono richiedere al tribunale di disporne il sequestro, osservate, in quanto applicabili, le disposizioni previste dal presente titolo. Il sequestro è disposto sino alla scadenza del termine stabilito a norma del comma 2.

articolo modificato dalla L. 161/2017 in vigore dal 18-11-2017

Testo Previgente

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Giurisprudenza e Prassi

LEGISLAZIONE ANTIMAFIA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - SOSPENZIONE EFFETTI INTERDITTIVA

CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA 2025

Il legislatore ha previsto, quale condizione affinché possa essere richiesta l'ammissione al controllo giudiziario volontario, che l'imprenditore richiedente sia destinatario di una informazione interdittiva emessa ai sensi dell'art. 84, comma 4, cod. antimafia (e, dunque, di una interdittiva adottata in esito alla valutazione discrezionale del prefetto della sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nell'impresa), la quale sia stata impugnata dinanzi al giudice amministrativo (art. 34-bis, comma 6, cod. antimafia).

Con tale previsione il legislatore ha stabilito un inedito collegamento tra la prevenzione giudiziaria e la prevenzione amministrativa relative all'impresa attinta solo occasionalmente da fenomeni di infiltrazione mafiosa, ma di tale collegamento ha espressamente disciplinato solo due aspetti: 1) a monte, la necessità procedurale che il tribunale, nel determinarsi sulla misura, senta il prefetto che ha adottato l'interdittiva; 2) a valle, la sospensione degli effetti dell'interdittiva come conseguenza dell'ammissione dell'imprenditore al controllo giudiziario.

In particolare, il primo periodo del censurato art. 34-bis, comma 7, cod. antimafia, prevede che il provvedimento che dispone il controllo giudiziario sospende gli effetti dell'informazione interdittiva, stabiliti dall'art. 94 cod. antimafia. Quanto a questi, è noto che il provvedimento prefettizio - in ragione della sua natura cautelare e preventiva in funzione di difesa della legalità dalla penetrazione della criminalità organizzata nell'economia (sentenze n. 101 del 2023, n. 180 del 2022, n. 178 del 2021 e n. 57 del 2020) - determina l'incapacità (parziale e tendenzialmente temporanea) dell'imprenditore a intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione (ancora sentenze n. 101 del 2023, n. 118 del 2022 e n. 178 del 2021, che richiamano Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 6 aprile 2018, n. 3), derivando dal riscontro del tentativo di infiltrazione mafiosa il divieto di stipulare ed eseguire i contratti pubblici, di conseguire e mantenere le concessioni di beni pubblici, contributi, finanziamenti, mutui agevolati ed erogazioni (artt. 91, commi 1 e 1-bis, e 94, comma 1, cod. antimafia) nonché, secondo la corrente giurisprudenza amministrativa, alla luce del disposto dell'art. 89-bis cod. antimafia, l'impedimento a ottenere e mantenere i titoli autorizzatori e abilitativi necessari per lo svolgimento di attività imprenditoriali anche nei confronti dei privati.

Solo in un secondo momento, con gli artt. 47, comma 1, e 49, comma 1, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose», convertito, con modificazioni, nella legge 29 dicembre 2021, n. 233, il legislatore ha arricchito il quadro di correlazione tra la prevenzione amministrativa e la prevenzione giudiziaria, prescrivendo la comunicazione alla prefettura del decreto di ammissione ai fini dell'aggiornamento della banca dati unica della documentazione antimafia e disponendo il coordinamento del controllo giudiziario con le misure amministrative di prevenzione collaborativa, adottabili dal prefetto, introdotte con lo stesso art. 49, comma 1.

In particolare, secondo l'inserito art. 94-bis cod. antimafia, se il prefetto riscontra che l'impresa è interessata da «tentativi di infiltrazione mafiosa [...] riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale», in luogo dell'informazione interdittiva, emette un provvedimento che prescrive all'operatore una serie di misure di tipo organizzativo e/o comunicativo, per un periodo variabile dai sei ai dodici mesi, con possibile nomina di uno o più esperti con funzioni di supporto per l'attuazione delle prescrizioni disposte. Nello specifico, il comma 3 di tale articolo regola il rapporto tra la vigilanza prescrittiva adottata dal prefetto e quella applicata dal giudice della prevenzione, stabilendo che le misure collaborative cessano se il tribunale della prevenzione dispone il controllo giudiziario (nella forma della vigilanza con la nomina del controllore giudiziario). Ciò perché le prime hanno il medesimo presupposto (l'agevolazione occasionale), analogo contenuto (gestione imprenditoriale guidata e monitorata con diverse modalità) e «identità di funzione» (Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 13 febbraio 2023, n. 7) rispetto al secondo.

Nonostante l'intervento legislativo del 2021, è rimasta scarna la disciplina dell'istituto del controllo, quanto al coordinamento con la valutazione infiltrativa prefettizia e al suo vaglio da parte del giudice amministrativo, e ciò ha creato diversi dubbi esegetici che interessano sia la fase genetica sia lo sviluppo del controllo giudiziario, molti dei quali risolti dalla giurisprudenza ordinaria e amministrativa.

Tra gli aspetti chiariti - per quanto ancora di stretto rilievo ai fini della presente decisione - vi è, anzitutto, la diversità della valutazione espressa dal prefetto (e del suo sindacato da parte del giudice amministrativo) rispetto al "fuoco" della valutazione del giudice della prevenzione: la prima - preordinata alla adozione della interdittiva quale reazione ordinamentale alle minacce della criminalità - è esclusivamente di tipo "statico" (o retrospettivo), quale diagnosi di un fenomeno di rischio infiltrativo già perpetratosi; mentre la seconda - funzionale all'ammissione del richiedente a una misura di bonifica - è di natura eminentemente "dinamica", perché prognosi delle concrete possibilità che la singola realtà aziendale ha, o meno, di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano (si veda, per tutte, nella giurisprudenza amministrativa, Cons. Stato, ad. plen., n. 7 del 2023 e, nella giurisprudenza ordinaria, ancora Cass., sez. un. pen., n. 46898 del 2019).

Da tale inquadramento delle due diverse valutazioni sono state tratte talune conseguenze sul loro rapporto diacronico.

Per un verso, le pronunce più recenti hanno escluso che il giudicato amministrativo di rigetto dell'impugnazione dell'interdittiva faccia venire meno il controllo giudiziario, perché è ritenuta perdurante l'esigenza di risanare l'impresa. Si è affermato, infatti, che "la conferma" giurisdizionale dell'interdizione prefettizia e, dunque, l'accertamento in via definitiva che l'impresa è permeabile al fenomeno mafioso, renda massima l'esigenza di risanamento (ancora, Cons. Stato, ad. plen., n. 7 del 2023) o, comunque, che essa sia «coerente proprio con la [precedente] ritenuta necessità di applicare la misura del controllo giudiziario» (Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 11 dicembre 2024-11 febbraio 2025, n. 5514).

Nel verso opposto, è ritenuto ininfluente il sopraggiungere della definizione positiva del controllo giudiziario sul sindacato del giudice amministrativo sulla interdittiva: infatti, il buon esito della misura preventiva giudiziaria costituisce un post factum rispetto al provvedimento prefettizio impugnato, di cui va verificata la legittimità tenendo conto delle condizioni di fatto e di diritto sussistenti al momento in cui è stato emesso (da ultimo, tra le tante, Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 29 aprile 2025, n. 3635).

Pur nella delineata distinzione dei giudizi della prevenzione amministrativa e giudiziaria, con la conseguente esclusione dell'incidenza diretta dell'esito dell'uno sull'altro, sussistono delle ovvie interferenze che hanno origine ora nel disposto dell'art. 34-bis, comma 7, cod. antimafia, ora nella "temporaneità" dell'interdizione.

... Alla luce di questi rilievi, deve concludersi per la irragionevolezza e contraddittorietà del sistema nel suo complesso, il quale: 1) istituisce una misura innovativa e in essa investe con l'obiettivo di recupero delle imprese alla legalità tramite la prosecuzione dell'attività aziendale; 2) consente di ammettere l'imprenditore, in esito al riconoscimento di specifiche potenzialità, a un apposito percorso di risanamento di durata compresa tra uno e tre anni, che ha un costo non solo per il privato, ma anche per l'amministrazione della giustizia; 3) ma, di contro, pur nell'ipotesi di chiusura positiva della misura, non impedisce l'immediato rioperare degli effetti interdittivi, nelle more della doverosa rivalutazione prefettizia sulla persistenza o sul superamento del condizionamento mafioso, superamento che si auspica determinato dal compiuto risanamento controllato.

Ancora, va rimarcato che la riespansione di questi effetti rischia di vanificare i risultati conseguiti con l'attività monitorata: il ripristino delle incapacità non solo può condurre a una crisi economica irreversibile dell'impresa, ma può anche determinare un possibile riavvicinamento dell'operatore economico in difficoltà alla criminalità, da cui l'intervento statale mirava a separarlo.

... In conclusione, va dichiarata l'illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., dell'art. 34-bis, comma 7, cod. antimafia nella parte in cui non prevede che la sospensione degli effetti dell'informazione interdittiva derivante dall'ammissione al controllo giudiziario si protrae, nel caso di sua conclusione con esito positivo, sino alla definizione del procedimento di aggiornamento del provvedimento interdittivo di cui all'art. 91, comma 5, cod. antimafia.

INTERDITTIVA ANTIMAFIA SOPRAVVENUTA - PENDENZA RICORSO PER CASSAZIONE - ESCLUSIONE LEGITTIMA

TAR LOMBARDIA SENTENZA 2022

La sopraggiunta ammissione di impresa attinta da informazione antimafia interdittiva al controllo giudiziario di cui all’art. 34 – bis) d.lgs. n. 159 del 2011 non ha effetti sul (provvedimento di) esclusione dalla procedura di gara cui la stessa abbia partecipato e dalla quale sia stata esclusa in ragione del provvedimento interdittivo.

Poiché, nel caso di specie, la sentenza che ha confermato il diniego di iscrizione è stata depositata in data 09.03.2022 ed il provvedimento di esclusione dalla gara è stato adottato dal Comune il 30 maggio 2022, mentre l’ammissione di impresa attinta da informazione antimafia interdittiva al controllo giudiziario è stata richiesta il 30 giugno e concessa l’8 luglio 2022, per il principio tempus regit actum nessun effetto può avere la suddetta ammissione al controllo giudiziario su un atto ad essa anteriore.

NOMINA AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO PER IL CONTROLLO DELLA SOCIETÀ - SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO PROPOSTO AVVERSO L'INTERDITTIVA ANTIMAFIA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

Qualora sia stato nominato un amministratore giudiziario per il controllo della società per due anni, ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, inserito dall’art. 11, comma 1, l. n. 161 del 2017, deve essere sospeso il giudizio proposto avverso l'interdittiva antimafia per tutto il periodo della misura del controllo giudiziario.

RICORSO AVVERSO INFORMATIVA ANTIMAFIA E CONTROLLO GIUDIZIARIO – RAPPORTI TRA I DUE

TAR CALABRIA SENTENZA 2019

In relazione al rapporto tra giudizio amministrativo di impugnazione della informazione antimafia ed istituto del controllo giudiziario ex art 34 bis cod. antimafia, gli effetti del provvedimento autoritativo possono essere “congelati” per effetto dell’ammissione al controllo giudiziario su richiesta dell’impresa che abbia presentato ricorso amministrativo (v. art. 34 bis co. 6).

Il menzionato articolo prevede al comma 7 che “Il provvedimento che dispone l'amministrazione giudiziaria prevista dall'articolo 34 o il controllo giudiziario ai sensi del comma 6 del presente articolo sospende gli effetti di cui all'articolo 94”.

I Giudici della Prevenzione, vincolati nell’ammettere e nel gestire le procedure dalla “pregiudiziale amministrativa”, hanno affermato in via maggioritaria che la sentenza passata in giudicato di rigetto del ricorso amministrativo comporta l’inammissibilità del controllo e la chiusura della procedura e solo in via minoritaria hanno sostenuto la ammissibilità/persistenza del controllo, nonostante il rigetto dell’impugnazione della informativa, per consentire alla impresa condizionata solo occasionalmente di proseguire nel percorso di redenzione attraverso il “tutoraggio”.

L’ammissione al controllo, comportando la sospensione dell’informativa, rende improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse l’istanza cautelare rivolta al GA (v. Cons. St. 6162/2018).

Il giudizio non deve essere sospeso sino alla decisione sull’istanza presentata dall’impresa medesima ed anzi che la necessaria sollecita definizione della controversia in sede giurisdizionale comporta il venir meno delle stesse esigenze sottese all’istituto con conseguente inammissibilità della domanda rivolta al G.Pr. (v. anche Tar Catanzaro n. 923/2018 che esclude la possibilità di sospensione per la mera presentazione dell’istanza)

In un unico precedente, il Consiglio di Stato (n. 4719/2018) ha stabilito la necessaria sospensione del giudizio avente ad oggetto l’informativa antimafia, in quanto l’eventuale conferma di tale provvedimento da parte del giudice amministrativo renderebbe definitivi gli effetti di detto provvedimento e, quindi, vanificherebbe la previsione del medesimo art. 34-bis.