Art. 66 - Verificazione

1. Il collegio, quando dispone la verificazione, con ordinanza individua l'organismo che deve provvedervi, formula i quesiti e fissa un termine per il suo compimento e per il deposito della relazione conclusiva. Il capo dell'organismo verificatore, o il suo delegato se il giudice ha autorizzato la delega, e' responsabile del compimento di tutte le operazioni.

2. L'ordinanza e' comunicata dalla segreteria all'organismo verificatore.

3. Con l'ordinanza di cui al comma 1 il collegio puo' disporre che venga corrisposto all'organismo verificatore, o al suo delegato, un anticipo sul compenso.

4. Terminata la verificazione, su istanza dell'organismo o del suo delegato, il presidente liquida con decreto il compenso complessivamente spettante al verificatore, ponendolo provvisoriamente a carico di una delle parti. Si applicano le tariffe stabilite dalle disposizioni in materia di spese di giustizia, ovvero, se inferiori, quelle eventualmente stabilite per i servizi resi dall'organismo verificatore. Con la sentenza che definisce il giudizio il Collegio regola definitivamente il relativo onere.
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Giurisprudenza e Prassi

RICORSO - DIFFERENZA TRA CONSULENZA TECNICA D'UFFICIO E VERIFICAZIONE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2021

Questo Collegio è ben consapevole della differenza che in giurisprudenza viene solitamente evidenziata fra la consulenza tecnica d’ufficio e la verificazione, ne senso che “nelle gare pubbliche, la consulenza tecnica (art. 67, c.p.a.) si estrinseca in una valutazione - e quindi in un giudizio -- alla stregua della discrezionalità tecnica. Il consulente non si limita cioè ad un'attività meramente ricognitiva e circoscritta ad un elemento o fatto specifico ma, utilizzando le proprie specifiche cognizioni tecniche, prende in carico situazioni ed oggetti complessi al fine di elaborare un proprio giudizio, e di conseguenza a rispondere al quesito ritenuto dal giudice utile ai fini del decidere con una soluzione tecnicamente idonea alla stregua di un "giudizio di valore". Al contrario, la verificazione, di cui all'art. 66, c.p.a., è diretta ad appurare la realtà oggettiva delle cose, e si risolve essenzialmente in un accertamento diretto ad individuare, nella realtà delle cose, la sussistenza di determinati elementi, ovvero a conseguire la conoscenza dei fatti, la cui esistenza non sia accertabile o desumibile con certezza dalle risultanze documentali. La verificazione di estrinseca quindi in un "giudizio di risultato" che, come tale, non richiede un momento di contraddittorio. Come la giurisprudenza ha affermato, il contradittorio concerne esclusivamente gli sviluppi e le risultanze della verificazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 18 marzo 2013, n. 1571; Consiglio di Stato sez. V 4 febbraio 2015 n. 533; id. sez. V 7 giugno 2016 n. 2433; Id., sez. IV, 8 marzo 2012, n. 1343; Id., sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2543; Id.,12 febbraio 2014, n. 682; Id., 12 novembre 2014, n. 5552)” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 4848/2017).

Nel solco di tale orientamento, peraltro, si fa rilevare come “la verificazione è uno strumento probatorio che mira all'effettuazione di un mero accertamento tecnico di natura non valutativa. In buona sostanza, la verificazione comporta l'intervento, in funzione consultiva del giudice, di un organismo qualificato per la risoluzione di controversie che implichino l'apporto di competenze tecniche essenziali ai fini della definizione della questione” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 330/2020).

La verificazione, in altre parole, ha una finalità di accertamento, ma pur sempre di fatti complessi, e dunque sulla base di competenze che implicano l’espressione di un sapere specifico, “in funzione consultiva del giudice” (come si esprime la sentenza da ultimo citata).

L’accertamento in questione, pertanto, consegue non ad un’attività meccanica, del tutto priva di un apporto critico (nel senso etimologico del termine), ma ad un processo nel quale il verificatore non può non fare applicazione dei princìpi dello specifico settore scientifico considerato.