Art. 121 - Inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni

1. Il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiara l'inefficacia del contratto nei seguenti casi, precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravita' della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia e' limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva:

a) se l'aggiudicazione definitiva e' avvenuta senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione e' prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) se l'aggiudicazione definitiva e' avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l'omissione della pubblicita' del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione e' prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

c) se il contratto e' stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall'articolo 11, comma 10, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilita' di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilita' del ricorrente di ottenere l'affidamento;

d) se il contratto e' stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l'aggiudicazione definitiva, ai sensi dell'articolo 11, comma 10-ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilita' del ricorrente di ottenere l'affidamento.

2. Il contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra l'altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall'esecutore attuale. Gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l'inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara. Non costituiscono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l'altro i costi derivanti dal ritardo nell'esecuzione del contratto stesso, dalla necessita' di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell'operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia.

3. A cura della segreteria, le sentenze che provvedono in applicazione del comma 2 sono trasmesse alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche comunitarie.

4. Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace o l'inefficacia sia temporalmente limitata si applicano le sanzioni alternative di cui all'articolo 123.

5. La inefficacia del contratto prevista dal comma 1, lettere a) e b), non trova applicazione quando la stazione appaltante abbia posto in essere la seguente procedura:

a) abbia con atto motivato anteriore all'avvio della procedura di affidamento dichiarato di ritenere che la procedura senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana sia consentita dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia, nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell'articolo 79-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in cui manifesta l'intenzione di concludere il contratto;

c) il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell'avviso di cui alla lettera b).
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Giurisprudenza e Prassi

TERMINE PRESENTAZIONE OFFERTE NON CONGRUO ALLA COMPLESSITA' DELL'APPALTO - ILLEGITTIMO OPERATO DELLA PA (92.2.a)

TAR LIGURIA SENTENZA 2024

Ecco il caso scrutinato da TAR Liguria, I, 30 gennaio 2024, n. 69: “- il bando ha previsto solo 31 giorni per la presentazione delle offerte (dal 15.12.2023, data di pubblicazione del bando, al 15.1.2024), termine ritenuto insufficiente per le caratteristiche della gara e soprattutto per l’ambiguità delle clausole sopra menzionate;

– la lex specialis ha previsto la possibilità di risposta ai quesiti oltre il termine dilatorio minimo stabilito dall’art. 88, comma 3 (almeno 6 giorni prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte) e, nel caso di specie, tale termine è stato effettivamente violato essendo stati pubblicati i chiarimenti sui quesiti 2 e 10 tra il quinto e il secondo giorno anteriori alla scadenza del termine di presentazione delle offerte.

Dagli atti di gara risulta pacificamente che le risposte ai quesiti:

– hanno certamente carattere “significativo” ex art. 92, comma 2-a) del Codice perché attengono all’individuazione del soggetto tenuto a fornire il software gestionale dei parcometri, nonché alla natura e all’entità dello sviluppo richiesto all’affidatario;

– sono state rese tra il quinto e il secondo giorno anteriore alla presentazione delle offerte, con conseguente pacifica violazione del suddetto termine dilatorio minimo di 6 giorni posto a garanzia della possibilità per il candidato di elaborare un’offerta tecnica seria e sostenibile.

La lex specialis è, pertanto, illegittima per violazione dell’art. 88, comma 3, e dell’art. 92, comma 2-a) del Codice.

Sotto altro profilo si rileva che il termine di 31 giorni assegnato per la presentazione delle offerte, se in astratto è ritenuto congruo, nel caso di specie è illegittimo in relazione agli oneri di implementazione del software gestionale imposto all’affidatario.

Ne consegue la fondatezza del motivo“

AFFIDAMENTO DIRETTO SENZA GIUSTIFICATO MOTIVO - INEFFICACIA DEL CONTRATTO

TAR LAZIO RM SENTENZA 2022

La fattispecie in esame è disciplinata sostanzialmente dall’articolo 121 c.p.a., che prevede che il giudice debba dichiarare obbligatoriamente l’inefficacia del contratto d’appalto nei casi di gravi violazioni della procedura pubblicistica, come nel caso in cui l’aggiudicazione sia avvenuta senza previa pubblicazione del bando o con procedura negoziata senza bando fuori dei casi consentiti.

Difatti nel caso di specie l’affidamento dei servizi complementari da parte del San Camillo alla società è avvenuto nonostante l’assenza dei presupposti previsti in sede di adesione alla convenzione Consip MIES; si è preceduto, infatti, ad un affidamento diretto, senza alcun bando od avviso di gara, di servizi complementari in patente violazione delle prescrizioni contenute dalla convenzione Consip MIES, determinando una grave violazione contrattualistica.

Il Collegio ritiene, pertanto, di dichiarare inefficace il contratto d’appalto rep. 232/15 del 30 dicembre 2014 stipulato tra la società e la ……. s.p.a. per quanto concerne la parte relativa all’affidamento del servizio complementare di cui alla lett. I della premessa del contratto, non sussistendo le esigenze imperative di cui all’art 121 co.2 c.p.a. per la conservazione degli effetti del contratto.


COMUNICAZIONI D'UFFICIO - OBBLIGHI INFORMATIVI PA - RATIO (76.5.a)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

L’art. 76, comma 5, lett. a) d. lgs. n. 50 del 2016 prevede, quanto agli obblighi informativi gravanti sulle stazioni appaltanti, che queste diano officiosa ed immediata comunicazione (in ogni caso, “entro un termine non superiore a cinque giorni”) dell’avvenuta aggiudicazione. Destinatari ne sono, oltre all’aggiudicatario e tutti i candidati che avessero presentato un’offerta ammessa alla gara, anche tutti coloro la cui candidatura o offerta sono state escluse, purché abbiano proposto ricorso avverso l’esclusione o siano ancora in termini per presentarlo. L’evidente ratio della norma (che è consona all’assoggettamento dell’aggiudicazione intervenuta medio tempore all’onere di tempestiva impugnazione) è di consentire la piena conoscenza della determinazione conclusiva del procedimento evidenziale in capo a tutti i soggetti (i concorrenti controinteressati; gli operatori esclusi ma ancora interessati, avendo ritualmente contestato o potendo ancora contestare l’esclusione; le imprese non concorrenti che avessero, tuttavia, impugnato gli stessi atti di indizione) legittimati a contestare l’aggiudicazione lesiva. La comunicazione – che riguarda, per espressa previsione, non solo le imprese che hanno presentato l’“offerta”, ma anche quelle che, come qui, sono state escluse in prequalifica, avendo presentato una semplice “candidatura” ai fini del successivo inoltro della lettera di invito, nelle procedure ristrette – non è surrogabile con la pubblicazione, sulla Gazzetta ufficiale o sui maggiori quotidiani nazionali, non ammettendo equipollenti (cfr. Cons. Stato, V, 28 ottobre 2019, n. 7387). Ne discende che, in difetto, il termine per impugnare non poteva decorrere, sicché il ricorso di primo grado – nella non contestata omissione del ridetto onere informativo – doveva, e deve, stimarsi tempestivo e ricevibile. 5.- Il ricorso è comunque fondato. Basta, sul punto, osservare che l’illegittimità dell’esclusione, accertata inter partes con sentenza passata in giudicato, costituisce causa di automatica invalidazione dell’aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, III, 18 aprile 2019, n. 2534), disposta nell’illegittima assenza di un potenziale concorrente, cui è stata sottratta la possibilità di formalizzare la propria offerta.

ANNULLAMENTO AGGIUDICAZIONE - SPETTA AL G.A. DICHIARARE L'INEFFICACIA DEL CONTRATTO - MANCATA ESPRESSA PRONUNCIA - PUÒ ESSERE PRONUNCIATA DAL GIUDICE AMMINISTRATIVO ADITO IN SEDE DI OTTEMPERANZA.

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

É noto che prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo la questione della sorte del contratto in caso di annullamento dell’aggiudicazione da parte del giudice aveva dato luogo ad orientamenti contrastanti, sia in punto di effetti dell’annullamento sul contratto, sia quanto al giudice competente a dichiararli.

Non è questa la sede per ripercorrere le varie tesi proposte in dottrina e giurisprudenza; quel che rileva è che il legislatore ha inteso superare definitivamente ogni questione attraverso l’apparato normativo costituito dagli artt. 121 e seguenti del codice del processo amministrativo: è stato, così, stabilito che spetta al giudice amministrativo, che abbia annullato l’aggiudicazione, dichiarare l’inefficacia del contratto distinguendo i casi in cui la dichiarazione di inefficacia è necessaria da quelli in cui è solo possibile. Altre disposizioni sono dedicate alle sanzioni alternative (art. 123 del codice) e alla tutela in forma specifica o per equivalente (art. 124 del codice).

L’attuale disciplina normativa richiede, dunque, al giudice che abbia annullato l’aggiudicazione, in presenza di espressa domanda di parte, di valutare la sorte del contratto d’appalto che sia stato stipulato.

Ne segue una prima conclusione: in mancanza di espressa pronuncia del giudice, che sia il frutto di una ponderata valutazione dell’interesse pubblico, all’annullamento dell’aggiudicazione non segue la caducazione, tanto meno automatica, del contratto.

Potrebbe accadere, tuttavia, che il giudice, annullata l’aggiudicazione, non si pronunci sul contratto e ciò per almeno due ragioni: perché la parte non ha proposto espressa domanda di declaratoria dell’inefficacia del contratto o anche di subentro ovvero pure di risarcimento in forma specifica (ovvero, se proposta in primo grado vi abbia poi rinunciato, cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 ottobre 2017, n. 4812) ovvero perché non a conoscenza dell’intervenuta stipulazione del contratto d’appalto nel tempo di durata del giudizio.

Quest’ultima situazione risulta essersi verificata – per espressa allegazione della parte resistente – nel giudizio concluso con la sentenza ottemperanda: il contratto era stato stipulato, ma il giudice non ne ha avuto conoscenza. É questa la ragione per la quale il Consiglio di Stato ha limitato la sua cognizione al solo annullamento degli atti della procedura di gara.

Esclusa la caducazione automatica del contratto all’esito dell’annullamento dell’aggiudicazione, va indagata la condotta dell’amministrazione conseguente all’annullamento: in caso di inerzia, se, cioè, l’amministrazione non assume alcuna decisione pur avendo subito l’annullamento dei suoi atti in giudizio, si tratta di stabilire se e quali rimedi ha a disposizione la parte per ottenere la piena tutela cui aspira.

Ritiene il Collegio che la dichiarazione di inefficacia del contratto possa essere pronunciata dal giudice amministrativo adito in sede di ottemperanza per l’inerzia dell’amministrazione conseguente all’annullamento degli atti di gara.

IMPUGNAZIONE AGGIUDICAZIONE – ISTANZA CAUTELARE – STAND STILL PROCESSUALE – EFFETTI (32.11)

TAR LAZIO RM SENTENZA 2019

L’art. 32, comma 11, del D.Lgs. n. 50 del 2016 prevede che, in caso di proposizione di un ricorso avverso l'aggiudicazione con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato, dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante “per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare” stabilendo tuttavia, altresì, che il contratto non può essere stipulato “fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva” (alla scadenza del termine di venti giorni) – debba essere risolta nel senso di ritenere che l’effetto preclusivo automatico debba permanere fino all’assunzione dei predetti provvedimenti ad opera del giudice, anche se adottati oltre il termine di venti giorni, dovendosi quindi correlare lo stand still processuale esclusivamente alla decisione del giudice in ordine alla richiesta cautelare, altrimenti risultando privo di significato l’inciso “ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva” ai venti giorni, di cui alla citata norma.

Ritenuto che tale interpretazione – sulla permanente operatività dell’effetto preclusivo alla stipula del contratto sino alla conclusione della fase cautelare di primo grado - sia la più coerente con la ratio della norma, da raccordarsi con le previsioni di cui agli articoli da 121 a 124 c.p.a. e con il principio di effettività della tutela, nonchè con l’applicazione dell’istituto per i casi di rinvio della camera di consiglio per l’esame cautelare, essendosi affermato, in tale ipotesi, che “Nel caso in cui nella camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare di sospensione temporanea dell'aggiudicazione venga disposto un rinvio dell'udienza camerale continua ad operare lo stand still, potendo dirsi venuto meno tale motivo ostativo alla stipula del contratto solo nel caso di un rinvio della causa all'udienza di merito (anche ai fini dell'esame dell'istanza cautelare), perché solo in questo ultimo caso può dirsi essere intervenuta una rinuncia, sia pur implicita, all'operatività del vincolo di stand still” (Consiglio di Stato, Sez. V, 14 novembre 2017, n. 5243; TAR Lazio, Sez. II bis, decreto 31 maggio 2019 n. 3222).

AFFIDAMENTO IN REGIME DI SUBCONCESSIONE, DI AREE ALL’INTERNO DEL SEDIME AEROPORTUALE, DA DESTINARSI ALL’ATTIVITÀ, CONCESSA NON IN ESCLUSIVA, DI DISTRIBUZIONE AUTOMATICA BEVANDE - GIURISDIZIONE ORDINARIA CIVILE

TAR FRIULI SENTENZA 2017

La sottoposizione o meno della procedura oggetto di scrutinio al regime pubblicistico stabilito dal d.lgs. n. 50/2016 discende (…) unicamente dalle caratteristiche oggettive dell’appalto e soggettive della stazione appaltante e non dalla qualificazione datane da quest’ultima. Come autorevolmente affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione 5 gennaio 2011, n. 16, l’espressione soggetto <<comunque tenuto>> al rispetto di procedure di evidenza pubblica “non può che riferirsi pur sempre ad un vincolo eteronomo, e non autonomo, di rispetto delle dette procedure [Cass., sez. un., 20 marzo 2009 n. 6771; Cass., sez. un., 15 aprile 2005 n. 7800; Cass., sez. un., 20 novembre 2003 n. 17635; Cons. St., sez. VI, 9 giugno 2008 n. 2764; Cons. St., sez. IV, 16 luglio 2007 n. 4012; Cons. St., sez. V, 18 novembre 2004 n. 7554]. Il c.d. autovincolo, se è idoneo a rendere applicabili le regole richiamate, è inidoneo a determinare spostamenti della giurisdizione”.

Nel caso in esame, però, anche a ritenere potenzialmente soddisfatto il requisito soggettivo richiesto dalla norma (“soggetti comunque tenuti… all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica…”), dato che la società ….., essendo interamente detenuta dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, pare annoverabile tra le “imprese pubbliche” (art. 3, comma 1, lett. t, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) ovvero tra gli “enti aggiudicatori” contemplati dal codice dei contratti pubblici (per lo meno con riguardo ai servizi strettamente legati al trasporto aeroportuale che gestisce), altrettanto non può dirsi con riguardo al requisito oggettivo (“affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture”).

Nel caso in esame, viene, infatti, in rilievo la sub-concessione di un’area all’interno del sedime aeroportuale per lo svolgimento di attività di distribuzione automatica di bevande calde/fredde e snack a favore dei lavoratori e dei passeggeri dell’aeroporto ovvero un’attività che non ha natura necessaria nel contesto delle operazioni di assistenza a terra, propedeutiche al trasporto.

Trattasi, invero, di un “servizio” meramente eventuale, che il cliente che intende usufruirne, remunera autonomamente, in base ai prezzi prefissati ed esposti sull’apparecchio distributore. In nessun caso, incide o grava, in quota parte, sul prezzo del trasporto aereo.

La SS.UU. della Corte di Cassazione hanno, peraltro, ripetutamente affermato che “i servizi di natura commerciale – pur se svolti in un’area di pertinenza aeroportuale ad uso esclusivo di privati, sulla base di un rapporto tra concessionario e terzo cui l’Amministrazione concedente resti estranea – non soggiacciono alle regole del procedimento ad evidenza pubblica, risolvendosi in contratti di diritto privato, devoluti alla giurisdizione ordinaria civile” (18 aprile 2016, n. 7663; 25 giugno 2002, n. 9233 e n. 9288). Tale assunto è stato recentemente ribadito dalle SS.UU. anche con l’ordinanza 27 febbraio 2017, n. 4884, pronunciata proprio con riguardo ad una questione analoga a quella che qui viene in rilievo (anche per l’identità degli elementi fattuali: rapporto di sub-concessione di un’area aeroportuale per lo svolgimento di un’attività di ristorazione). La Suprema Corte ha, infatti, nuovamente affermato che “i servizi di natura commerciale svolti in aera demaniale che trovano origine in un rapporto derivato fra il concessionario e il terzo, cui l’amministrazione concedente sia rimasta estranea e che risultino privi di collegamento con l’atto autoritativo concessorio, che ne costituisce un mero presupposto, non soggiacciono alle regole del procedimento ad evidenza pubblica, ma si risolvono in contratti di diritto privato, devoluti alla giurisdizione ordinaria civile (cfr. in termini, proprio con riguardo al rapporto di sub-concessione di spazi aeroportuali, Cass. S.U. nn. 7663/016, 8623/015, nonché Cass. S.U. nn. 9233/02, 9288/02)”.

LA ILLEGITTIMITA' DELLA AGGIUDICAZIONE NON COMPORTA LA AUTOMATICA NULLITA' DEL CONTRATTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2016

L’accertamento dell’illegittimità dell’aggiudicazione non è idoneo a produrre effetti automaticamente caducatori del contratto, né a determinarne l’invalidità derivata o l’inefficacia (Consiglio di Stato, sez. V, 11/06/2013, n. 3230).

DETERMINAZIONE DEGLI EFFETTI DELLA SENTENZA SU CUI SI FORMA IL GIUDICATO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2015

Il Collegio osserva che gli effetti della sentenza, su cui si forma il giudicato amministrativo, vanno determinati sulla base del petitum e della causa petendi, e quindi il giudicato non si forma soltanto sulla spettanza del bene della vita domandato, ma anche sull’applicabilita' della norma che disciplina l’agire dell’amministrazione e che costituisce accertamento necessario (quale componente della causa petendi sottesa al ricorso) ai fini del soddisfacimento della pretesa.

Questo vale anche quando la domanda ha ad oggetto la dichiarazione di inefficacia del contratto, che è si' una prerogativa del giudice e non una pronuncia sui vizi del provvedimento, ma comunque presuppone una valutazione della legittimita' di atti e comportamenti della stazione appaltante, di modo che risulta condizionata dall’accertamento intervenuto in ordine ad essi.

Per cui, se in primo grado la insussistenza delle condizioni di cui all’art. 121, comma 5, è stata dedotta limitatamente ad un profilo, se tale censura è stata respinta, se la sentenza del TAR ha statuito la insussistenza di dette condizioni (tanto da dover ricorrere, per dichiarare l’inefficacia del contratto, all’applicazione dell’art. 122, ed ai diversi presupposti ivi considerati) e se sul punto non è stato proposto appello - circostanze tutte che non appaiono contestate - deve ritenersi che l’accertamento della sussistenza delle condizioni di cui all’art. 121, comma 5, non possa piu' essere rimesso in discussione.

ANNULLAMENTO AGGIUDICAZIONE - EFFETTI SUL CONTRATTO

TAR PIEMONTE SENTENZA 2014

La novella del 2010, in linea di continuita' con i principi desumibili dall’ordinamento giuridico precedente, sottende la nullita' quale patologia che colpisce il contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata. Il punto di innovazione sta nel trattamento giuridico sostanziale che il legislatore ha inteso riservare a tale nullita', evidentemente sulla constatazione che privare il contratto degli effetti ex tunc sempre ed in ogni situazione puo' rilevarsi inopportuno: da qui la necessita', prima di tutto, di non annettere conseguenze automatiche all’annullamento della aggiudicazione; poi di accettare la possibilita' di recuperare, in tutto o in parte, il contratto nullo; quindi di affidare la decisione relativa alla sorte del contratto ad un terzo imparziale, e cioè il giudice al quale è stato sollecitato il controllo sugli atti della gara. In questa prospettiva l’eventuale decisione del giudice di mantenere fermi gli effetti del contratto, per un tempo o per tutta la durata inizialmente prevista, diventa il mezzo mediante il quale si attua una operazione di “salvataggio” del contratto nullo, “salvataggio” che prima della entrata in vigore della novella giammai avrebbe potuto aver luogo: si ricorda, al proposito, che l’art. 1423 c.c. vieta la convalida del contratto nullo, salvo che la legge non disponga altrimenti; e che la conversione ex art. 1424 c.c. richiede il riscontro della volonta' delle parti di stipulare, sin dall’origine, un diverso contratto in relazione al quale sussistano tutti i requisiti di validita', ipotesi questa la cui ricorrenza deve escludersi a priori nel caso del contratto d’appalto stipulato sulla scorta di una aggiudicazione annullata. La pronuncia giudiziale con cui viene dichiarata l’efficacia parziale o totale del contratto, ai sensi degli artt. 121 e 122 c.p.a., puo' quindi essere riguardata come uno di quei casi particolari, cui rinvia l’art. 1423 c.c., nei quali è ammessa la convalida del contratto nullo.

AGGIUDICAZIONE APPALTO - SENZA PUBBLICAZIONE BANDO - BUONA FEDE

CORTE GIUST EU SENTENZA 2014

La direttiva 2007/66 è stata trasposta nell'ordinamento giuridico italiano dal decreto legislativo del 20 marzo 2010, n. 53, il cui contenuto è stato integrato successivamente agli articoli da 120 a 125 del decreto legislativo del 2 luglio 2010, n. 104, recante il codice del processo amministrativo (Supplemento ordinario alla GURI n. 158 del 7 luglio 2010; in prosieguo: il «codice del processo amministrativo»). Dall'articolo 121 del codice del processo amministrativo risulta che, nei casi di violazioni gravi, come un'aggiudicazione di un appalto con procedura negoziata senza bando fuori dai casi consentiti, è necessario, salvo deroghe e nonostante il potere di valutazione riservato al giudice amministrativo, dichiarare inefficace il contratto concluso in esito a siffatta procedura. Fra le deroghe a tale norma, il paragrafo 5 di detto articolo 121, che traspone l'articolo 2 quinquies, paragrafo 4, della direttiva 89/665, prevede che un contratto conservi tuttavia la sua efficacia quando l'amministrazione aggiudicatrice abbia, con atto motivato anteriore all'avvio della procedura di affidamento, dichiarato di ritenere che la procedura senza previa pubblicazione di un bando di gara sia consentita dal codice del processo amministrativo, abbia pubblicato un avviso volontario per la trasparenza preventiva e il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell'avviso in parola. Secondo l'articolo 122 del codice del processo amministrativo, relativo agli altri casi di violazione, il giudice nazionale stabilisce, nei limiti fissati in detto articolo, se occorra dichiarare inefficace il contratto.

L'articolo 2 quinquies, paragrafo 4, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che, qualora un appalto pubblico sia aggiudicato senza previa pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea quando cio' non era consentito a norma della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, tale disposizione esclude che il corrispondente contratto sia dichiarato privo di effetti laddove ricorrano le condizioni che essa stessa pone, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

ANNULLAMENTO AGGIUDICAZIONE ANTE CPA: POTERE DEL GA DI RIATTRIBUIRE IL CONTRATTO

TAR LAZIO RM SENTENZA 2011

In seguito alla disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 53/2010 e poi trasfusa nell'articolo 122 del codice del processo amministrativo, spetta oggi al giudice “che annulla l'aggiudicazione” il potere di pronunciarsi in ordine alla inefficacia del contratto.

È evidente, peraltro, che tale nuova regola non puo' trovare applicazione nei giudizi definiti, in sede di cognizione, prima dell’entrata in vigore di siffatte disposizioni.

Il Consiglio ha tuttavia precisato che i nuovi parametri normativi contenuti negli articoli 121 e 122 del c.p.a., riferiti alle modalita' di esercizio di un potere di cognizione e di decisione del giudice, devono trovare piena applicazione anche in relazione ai contratti stipulati sulla base di aggiudicazioni annullate in epoca anteriore all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 53/2010, purche' sia ancora controversa l'efficacia del contratto.

Infatti, le norme, avendo prevalente contenuto processuale, trovano applicazione anche nei giudizi in corso. Pertanto, l'esito della inefficacia del contratto puo' affermarsi solo in seguito alla corretta applicazione delle regole contenute negli articoli 121 e 122.

In particolare, la scelta di sostituire l’aggiudicatario, quale “reintegrazione in forma specifica” del soggetto che ha ottenuto la statuizione di annullamento, appartiene “agli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione che rimangono comunque salvi dopo la pronunzia emanata nel giudizio di legittimita'” (cosi' l’Adunanza Plenaria, n. 9 del 2008) essendo l’amministrazione medesima obbligata ad eseguire la sentenza attraverso misure volte a dare attuazione ai suoi effetti, caducatori e ripristinatori.

Nel caso di specie, va comunque soggiunto che la riattribuzione del contratto, spontaneamente operata dall’amministrazione, si appalesa conforme anche ai parametri normativi segnati dall’art. 122 del codice del processo amministrativo.

VIOLAZIONE CLAUSOLA DI “STAND STILL” - EFFETTI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Per effetto di quanto disposto dall'art. 11, comma 10, del codice dei contratti pubblici (d. lgs. 12 aprile 2006 n. 163), la stipulazione del contratto non puo' avvenire prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva.

Al fine di consentire ai diversi soggetti interessati di far valere le loro ragioni avverso l’aggiudicazione della gara prima che si producano gli effetti di natura contrattuale, la suindicata norma ha quindi precluso all’amministrazione, fatti salvi i casi indicati nel successivo comma 10 bis (e fatto salvo quanto disposto, per i casi di urgenza, dal precedente comma 9), di stipulare il contratto con il soggetto aggiudicatario prima che sia decorso il suddetto termine dilatorio (cd. “stand still”).

Il mancato rispetto di tale disposizione non incide pero' sul provvedimento di aggiudicazione definitiva. Infatti la violazione della clausola (e del principio) di "stand still", incide solo sull’azione dell’amministrazione successiva alla aggiudicazione ma non puo' comportare (da sola) l'annullamento del (precedente) atto di aggiudicazione.

Cio' è confermato dall’art. 121, comma 1, lett. c) del c.p.a. (d. lgs. n. 104 del 2 luglio 2010) secondo cui il giudice che annulla l'aggiudicazione dichiara l'inefficacia del contratto (solo) se la violazione del termine dilatorio di cui dell'art. 11, comma 10, del codice dei contratti pubblici "abbia privato il ricorrente della possibilita' di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilita' del ricorrente di ottenere l’affidamento”.



Circa le modalità attraverso le quali le valutazioni svolte dalle commissioni aggiudicatrici devono essere estrinsecate nei verbali di gara, la giurisprudenza ha chiarito che occorre che tali scelte siano motivate in forma intellegibile, sia per ovvie ragioni di trasparenza dell'azione dell'amministrazione (e per consentire così la comprensione delle scelte operate), sia per permettere alla stessa amministrazione di poter procedere all'aggiudicazione della gara e poi (eventualmente) al giudice amministrativo di poter effettuare il controllo di legittimità richiesto. Si è però anche chiarito che quanto più ampia e dettagliata è la griglia di valutazione, tanto più la motivazione, per i singoli aspetti presi in considerazione, può essere succinta fino a potersi esprimere con un giudizio molto sintetico o anche con un voto solo numerico (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 8410 del 3 dicembre 2010). Ne consegue che nella fase di valutazione delle offerte da parte della commissione di una gara pubblica, l'attribuzione dei punteggi in forma soltanto numerica è consentita quando il numero delle sottovoci con i relativi punteggi - entro i quali ripartire i parametri di valutazione di cui alle singole voci - sia sufficientemente analitico da delimitare il giudizio della commissione nell'ambito di un minimo e di un massimo, rendendo così evidente l'iter logico seguito nel valutare i singoli progetti sotto il profilo tecnico, in applicazione di puntuali criteri predeterminati. Diversamente sarà necessaria una puntuale motivazione del punteggio attribuito (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 1583 dell'11 marzo 2011).

ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO INUTILE: RISARCIMENTO DEL DANNO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Nel nuovo sistema delineato dal codice del processo amministrativo l’odierno ricorso, diretto all’annullamento dell’aggiudicazione impugnata in primo grado in vista della riedizione della gara, non puo' dar luogo ad una pronuncia conforme al petitum.

Ed invero, nella specie non soccorre nessuno dei parametri cui l’art. 122 c.p.a. subordina la pronuncia di inefficacia del contratto, condizione necessaria perche' la stazione appaltante possa procedere alla rinnovazione della gara.

Ed infatti, l’appellante, classificatasi sesta, non ha effettiva possibilita' di conseguire in via diretta l’aggiudicazione alla luce dei vizi riconosciuti, di natura esclusivamente strumentale, e tanto meno, la possibilita' di subentrare nel contratto.

Inoltre, essendo il contratto in stato d’avanzata esecuzione, non è possibile la stessa rinnovazione della gara.

In questa situazione processuale non soltanto il giudice non ha ragioni per pronunciare l’inefficacia del contratto, ma lo stesso annullamento non recherebbe alcuna utilita' all’appellante, non potendo avere alcun contenuto conformativo idoneo a soddisfare l’interesse della stessa.

Orbene, ai sensi dell’art. 34, comma 3 c.p.a., “ quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta piu' utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimita' dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.

Tale articolo, infatti, introduce un principio di carattere generale volto da un lato ad inibire l’annullamento di atti che abbiano ormai esaurito i loro effetti nel corso del giudizio e, dall’altro, a tutelare, in presenza dei necessari presupposti, l’interesse all’accertamento.

In questa ipotesi l’azione costitutiva si depotenzia di quel “quid pluris” - la modificazione di una situazione giuridica - che la caratterizza rispetto al contenuto di accertamento proprio di ogni azione per ridursi a mero accertamento, per il quale il presupposto dell’interesse è costituito dall’interesse risarcitorio.

I termini del quale interesse sono segnati dal quinto comma dell’art. 30 c.p.a., secondo cui, quando sia stata proposta azione di annullamento, la domanda risarcitoria puo' essere formulata anche sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza: il che rende ragione del fatto che l’enunciato normativo si riferisce all’interesse risarcitorio e non ad una domanda risarcitoria gia' proposta.

CONCESSIONE DI SERVIZI – NORMATIVA APPLICABILE – INEFFICACIA DEL CONTRATTO

TAR TOSCANA SENTENZA 2010

La ricorrente censura il mancato rispetto del termine dilatorio di cui all'art. 11 del Codice domandando la pronuncia di inefficacia; le difese della stazione appaltante e della controinteressata replicano che detto articolo non si applicherebbe all'istituto della concessione di servizi poiché questa è espressamente esclusa dalla sottoposizione alle norme del Codice.

L'esame dell'art. 30 del Codice evidenza che al comma 1 esso esclude la concessione di servizi dall’ambito di applicazione delle proprie norme “salvo quanto disposto nel presente articolo”. Tale inciso si riferisce al comma 7 che richiama, per quanto interessa nella presente sede, le disposizioni della parte quarta del Codice dedicate al contenzioso. Le norme contenute in tale parte regolamentano, fra l'altro, gli strumenti di tutela e l'inefficacia del contratto in caso di gravi violazioni e negli altri casi, con rimando al codice del processo amministrativo (c.p.a.). All'esito di questi diversi rimandi deve ritenersi che le norme di quest'ultimo in materia (non solo processuale, ma anche) di inefficacia del contratto si applichino alla fattispecie in esame. Non è quindi esclusa la possibilità di dichiarare l'inefficacia del contratto di concessione. È vero che quest'ultimo non è soggetto al rispetto del termine dilatorio per la sua stipulazione, come correttamente deducono le difese dell'Amministrazione e della controinteressata; tuttavia se l’art. 121 c.p.a. non può trovare applicazione, altrettanto non può dirsi per l’art. 122 il quale impone al giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva, di effettuare una complessiva valutazione degli interessi in gioco al fine di stabilire se dichiarare o meno inefficace il contratto e di fissarne la relativa decorrenza.

OBBLIGO DI RISPETTO DELLO STAND STILL PERIOD E NOMINA MEMBRI COMMISSIONE GARA

TAR PIEMONTE TO SENTENZA 2010

L’art. 84 del d.lgs. n. 163 del 2006 – sicuramente applicabile, in tutte le sue prescrizioni, anche agli appalti pubblici di fornitura – risulta violato anche nella prescrizione di cui al comma 4, a norma del quale “I commissari diversi dal Presidente non devono aver svolto ne' possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta”. Nel caso di specie, viceversa, il fatto stesso che l’ing. B. avesse gia' svolto l’incarico di progettazione impediva alla stazione appaltante di nominarlo membro della Commissione giudicatrice (come formalmente avvenuto con la determinazione n. 98 del 12 marzo 2010). Ne' vale replicare, come fa l’amministrazione resistente, che la relazione tecnica di gara è stata redatta “dalla societa' C.S.U. di cui il Dott. B. è amministratore unico”, rimanendo quindi quest’ultimo un “soggetto giuridico distinto dall’autore del progetto”. Quello che conta è la concentrazione, di fatto, di piu' attivita' in capo alla medesima persona: anche se la relazione tecnica è formalmente a firma della societa' C.S.U., non vi è dubbio che sia stato proprio l’ing. B. a svolgere l’incarico di progettazione (come, peraltro, da incarico che gli era stato formalmente affidato dal Comune con la determinazione n. 57 del 18 febbraio 2010, gia' citata), con cio' chiaramente incorrendo nell’ipotesi di incompatibilita' prevista dall’evocata disposizione legislativa. La nomina dell’ing. B. quale membro della commissione tecnica ha determinato, infine, anche la violazione del comma 8 dell’art. 84 del d.lgs. n. 163 del 2006, a norma del quale “I commissari diversi dal presidente sono selezionati tra i funzionari della stazione appaltante. In caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalita', nonche' negli altri casi previsti dal regolamento in cui ricorrono esigenze oggettive e comprovate, i commissari diversi dal presidente sono scelti tra funzionari di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'art. 3, comma 25, ovvero con un criterio di rotazione tra gli appartenenti alle seguenti categorie: a) professionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali; b) professori universitari di ruolo, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dalle facolta' di appartenenza”.

La rilevata violazione del termine dilatorio imposto dall’art. 11, comma 10, del d.lgs. n. 163 del 2006 conduce il Collegio a verificare l’applicabilita', nella fattispecie, dell’art. 121, comma 1, lett. c, del cod. proc. amm., a norma del quale, qualora il contratto sia stato stipulato senza il rispetto del citato termine dilatorio, l’annullamento dell’aggiudicazione comporta anche la declaratoria di inefficacia del contratto “qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilita' di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilita' del ricorrente di ottenere l’affidamento”. Nel caso in esame, non pare dubbio che il mancato rispetto dell’obbligo c.d. di stand still abbia impedito alla societa' ricorrente di avvalersi dei mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto, non fosse altro perche' il contratto è stato concluso il giorno medesimo dell’avvenuta aggiudicazione. Al riguardo, è sufficiente rilevare che lo stesso giorno in cui è stata disposta l’aggiudicazione definitiva è stato anche stipulato il contratto con l’impresa aggiudicataria, senza quindi che la stazione appaltante abbia rispettato il termine dilatorio di cui alla citata disposizione. Cio' determina l’applicabilita', in questo giudizio, delle nuove norme introdotte dal codice del processo amministrativo (artt. 121 ss.) le quali, in difetto di specifiche norme transitorie, sono immediatamente applicabili ai giudizi in corso (salve, ovviamente, le situazioni gia' consolidatesi alla data di entrata in vigore delle norme stesse).

VIOLAZIONE CLAUSOLA STAND-STILL - CONSEGUENZE SULL'AGGIUDICAZIONE E SUL CONTRATTO

TAR CALABRIA RC SENTENZA 2010

La violazione della clausola (e del principio) di “stand still”, in se' considerata e cioè senza che concorrano vizi propri dell’aggiudicazione, non comporta l’annullamento dell’aggiudicazione o l’inefficacia del contratto: nel sistema normativo oggi in vigore, a tale conclusione conduce necessariamente l’esegesi dell’art. 121, lett. “c” del c.p.a., a norma del quale “il giudice che annulla l’aggiudicazione”, dichiara obbligatoriamente l’inefficacia del contratto, laddove (e dunque solamente se) la violazione dell’art. 11 comma 10 cit. “abbia privato il ricorrente della possibilita' di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto” e sempre che tale violazione si aggiunga ai vizi propri dell’aggiudicazione, diminuendo le possibilita' del ricorrente di ottenere il bene della vita. Coerente con tale ermeneutica è pure l’art. 122 del c.p.a. che disciplina l’inefficacia del contratto nei casi diversi da quelli contemplati dall’art. 121, ma sempre ricollegandola all’annullamento dell’aggiudicazione definitiva.

L’esegesi delle norme nel senso anzindicato è peraltro coerente con l’esigenza di tutela che si pone la direttiva comunitaria di riferimento e che è stata recepita dal legislatore nazionale: il termine dilatorio è servente alla tutela giudiziale ed all’effettivita' della pronuncia che accoglie il ricorso per vizi nell’aggiudicazione e dunque, al di fuori di queste ipotesi di tutela, la sua violazione non giustifica l’annullamento dell’aggiudicazione medesima o, tantomeno, la dichiarazione di inefficacia del contratto.