Giurisprudenza e Prassi

DIVIETO DI SUBAPPALTO - LIMITI PREVISTI DALLA PA ALLA PRESTAZIONE PRINCIPALE - LEGITTIMO (105.1)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2022

Con il terzo motivo di ricorso, l’interessata ha censurato l’asserito sviamento dalla causa tipica che il Comune avrebbe inteso perseguire (e, cioè, l’integrazione sociale e professionale delle persone c.d. svantaggiate), in quanto una tale astratta finalità di tutela è stata, in concreto, manifestamente elusa e contraddetta dallo stesso Ente a mezzo dell’illegittima regolamentazione dell’appalto (permettendo l’ampio ricorso al subappalto, prevedendo un impiego differito dei lavoratori c.d. svantaggiati e, infine, prevedendo la “clausola sociale” a favore delle maestranze della precedente impresa affidataria). Il T.a.r. ha infine respinto il terzo motivo di ricorso: si è ritenuto, in proposito, la compatibilità fra la finalità di inclusione sociale e lavorativa, delineata dalla disciplina prevista dal codice dei contratti pubblici e invocata dalla stazione appaltante, e la disciplina concretamente delineata nella lex specialis, quanto alla possibilità di avvalersi del subappalto, di differire l’inserimento lavorativo dei lavoratori c.d. svantaggiati e della previsione della clausola sociale.

Quanto alla prima censura, va preliminarmente evidenziato come l’art. 105 d.lgs. n. 50/2016 prevede che “il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera”.

Coerentemente a queste limitazioni, la disposizione ammette la possibilità di prevedere il subappalto, purché esso verta su “parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”, escludendo, dunque, che si possa subappaltare la totalità delle prestazioni oggetto dell’appalto e ammettendo che esso vi sia, purché vi sia l’indicazione nei documenti di gara delle prestazioni o delle lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario.

In materia di subappalto, va poi rilevato che la Corte di Giustizia, sez. V, 27 novembre 2019, causa C-402/18, ha avuto modo di affermare che “la direttiva 2004/18 dev'essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita al 30% la quota parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”, il che può ritenersi rilevante anche con riferimento alla nuova Direttiva, in assenza di indicazioni normative di segno contrario.

Così riassunta la disciplina di riferimento, il Collegio rileva che la prima censura formulata nel terzo motivo di appello è infondata.

Come statuito dal T.a.r. il quadro normativo sovranazionale e nazionale non consente di individuare dei limiti al conferimento in subappalto di una parte delle prestazioni contrattuali, che non siano quelli innanzi indicati e che, nel caso in esame, non risultano violati.

La stazione appaltante ha, infatti, limitato il ricorso al sub appalto ad alcune delle prestazioni contrattuali, quelle definite secondarie, prevedendo, invece, che altre, quelle definite principali, vengano eseguite dall’aggiudicatario.

Laddove sussistano prestazioni che, per mero errore la stazione appaltante non abbia riservato all’aggiudicatario, esse potranno essere oggetto di subappalto.

Risulta dunque indimostrato quanto affermato dall’appellante e cioè che la previsione della possibilità di subappaltare svierebbe la finalità per la quale l’appalto è stato riservato.

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