REVISIONE PREZZI - APPALTO SERVIZI PLURIENNALE – NON PUÒ ESSERE DETERMINATA A CONSUNTIVO.
Il paradigma normativo di riferimento va individuato nell’art. 115 del D.lgs. 163/2006, trattandosi di appalto bandito e aggiudicato prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 50/2016.
8.3.10. La giurisprudenza ha avuto modo di rilevare che ai fini della quantificazione della somma dovuta dalla p.a. a titolo di revisione prezzi deve essere applicato in via suppletiva, ai sensi dell’art. 6, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, l’indice Istat dei prezzi al consumo di famiglie di operai e impiegati su base semestrale; tale indice costituisce il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, essa non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale (Cons. Stato sez. V, 20 novembre 2015, n. 5291).
Della sussistenza di tali eccezionali circostanze deve essere data una prova rigorosa.
La revisione prezzi deve consistere infatti in un rimedio temperato di riequilibrio del sinallagma funzionale, in modo da assolvere all’esigenza di assicurare continuità al rapporto contrattuale in corso di svolgimento, soprattutto nell’ottica del perseguimento del pubblico interesse, senza che si giunga ad una rideterminazione del prezzo originario del servizio o della fornitura (Consiglio di Stato Sezione V, 17 febbraio 2010 n. 935).
Nella disciplina di diritto positivo dell’istituto non è affatto stabilito che la revisione prezzi abbia come obiettivo l’azzeramento del rischio di impresa connesso alla sopportazione in capo all’appaltatore dell’alea contrattuale normale riconducibile a sopravvenienze, quali l’oscillazione generale e diffusa dei prezzi.
L’esistenza di circostanze eccezionali di cui si parla nella giurisprudenza richiamata va inoltre ricondotta non già ad aumenti di costi di fattori della produzione prevedibili – anche dal punto di vista della loro consistenza valoriale – nell’ambito del normale andamento dei mercati relativi, dovendo invece a tale fine farsi riferimento ad eventi eccezionali ed imprevedibili tali da alterare significativamente le originarie previsioni contrattuali (cfr. in tal senso T.A.R. Napoli sez. I, 24 aprile 2014, n. 2306).
In altri termini la prova che deve essere fornita non è relativa al maggior costo sostenuto rispetto a quello ipotizzato in sede di offerta, ma alla sussistenza di eventuali circostanze imprevedibili che abbiano determinato aumenti o diminuzioni nei costi.
“Risulterebbe singolare un’interpretazione che esentasse del tutto, in via eccezionale, l’appaltatore dall’alea contrattuale, sottomettendo in via automatica ad ogni variazione di prezzo solo le stazioni appaltanti pubbliche, pur destinate a far fronte ai propri impegni contrattuali con le risorse finanziarie provenienti dalla collettività” (Cons. Stato Sez. III, 25 marzo 2019, n. 1980).
Facendo applicazione al caso di specie di tali coordinate ermeneutiche deve rilevarsi che la ricorrente non ha dato prova della sopravvenienza di circostanze eccezionali e imprevedibili.
Invero né vi ha fatto riferimento nell’istanza del ………… né nel corso del rapporto negoziale, pur prevedendo l’art. 6 del contratto che “L’Appaltatore si obbliga a dare immediata comunicazione al Comune di ogni circostanza che abbia influenza sull’esecuzione delle attività di cui al Contratto”.
Deve quindi ritenersi non sostenibile la pretesa che la revisione venga operata a consuntivo, sulla base dei prezzi praticati da soggetti terzi all’appaltatore; in tal modo infatti si traslerebbe sulla stazione appaltante il rischio di impresa dell’appaltatore.
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