Art. 115 Trasformazione delle aziende speciali in società per azioni

1. I comuni, le province e gli altri enti locali possono, per atto unilaterale, trasformare le aziende speciali in società di capitali, di cui possono restare azionisti unici per un periodo comunque non superiore a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale di tali società é determinato dalla deliberazione di trasformazione in misura non inferiore al fondo di dotazione delle aziende speciali risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato e comunque in misura non inferiore all'importo minimo richiesto per la costituzione delle società medesime. L'eventuale residuo del patrimonio netto conferito é imputato a riserve e fondi, mantenendo ove possibile le denominazioni e le destinazioni previste nel bilancio delle aziende originarie. Le società conservano tutti i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione e subentrano pertanto in tutti i rapporti attivi e passivi delle aziende originarie.

2. La deliberazione di trasformazione tiene luogo di tutti gli adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente, ferma l'applicazione delle disposizioni degli articoli 2330, commi terzo e quarto, e 2330-bis del codice civile.

3. Ai fini della definitiva determinazione dei valori patrimoniali conferiti, entro tre mesi dalla costituzione delle società, gli amministratori devono richiedere a un esperto designato dal presidente del tribunale una relazione giurata ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2343, primo comma, del codice civile. Entro sei mesi dal ricevimento di tale relazione gli amministratori e i sindaci determinano i valori definitivi di conferimento dopo avere controllato le valutazioni contenute nella relazione stessa e, se sussistono fondati motivi, aver proceduto alla revisione della stima. Fino a quando i valori di conferimento non sono stati determinati in via definitiva le azioni delle società sono inalienabili.

4. Le società di cui al comma 1 possono essere costituite anche ai fini dell'applicazione delle norme di cui al decreto-legge 21 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474.

5. COMMA ABROGATO DALLA L. 28 DICEMBRE 2001, N.448

6. Il conferimento e l'assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società di cui al comma 1 sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali.

7. La deliberazione di cui al comma 1 può anche prevedere la scissione dell'Azienda, speciale e la destinazione a società di nuova costituzione di un ramo aziendale di questa. Si applicano, in tal caso, per quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del presente articolo, nonché agli articoli 2504-septies e 2504-decies del codice civile.

7-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche alla trasformazione dei consorzi, intendendosi sostituita al consiglio comunale l'assemblea consortile. In questo caso le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei componenti; gli enti locali che non intendono partecipare alla società hanno diritto alla liquidazione sulla base del valore nominale iscritto a bilancio della relativa quota di capitale.

7-ter. Alla privatizzazione di enti ed aziende delle regioni a statuto ordinario e ad autonomia speciale, fermo restando quanto stabilito dalla legislazione regionale in materia, si applicano le disposizioni di cui ai precedenti commi. Delle obbligazioni sorte anteriormente alla costituzione delle società di capitali di cui al comma 1 rispondono in ogni caso le regioni.
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Giurisprudenza e Prassi

FARMACIA COMUNALE – CREAZIONE DI UNA SOCIETÀ MISTA

TAR LAZIO SENTENZA 2019

É legittima la deliberazione di un comune, con la quale si è stabilito di promuovere la costituzione di una società a responsabilità limitata a capitale misto pubblico-privato per la gestione della farmacia comunale. La gestione delle farmacie comunali, infatti, può essere affidata anche a società costituite attraverso il reperimento del socio privato sul mercato e con una partecipazione di capitale pubblica anche minoritaria. Ed invero, la società di capitali con partecipazione pubblica, indifferentemente se maggioritaria o minoritaria, seppur formalmente privata quanto a modello organizzatorio, si colloca comunque in un rapporto di stretta strumentalità rispetto all'ente pubblico che la costituisce ed agli interessi di cui quest'ultimo è attributario, così che detta "società mista" rappresenta il soggetto chiamato a gestire necessariamente il servizio pubblico (per il cui esercizio è stata costituita) con una dissociazione tra la titolarità del servizio (nella specie la titolarità del diritto d'esercizio farmaceutico ascritta al comune) e la gestione dello stesso (ascritto alla società di gestione), che trova il suo titolo non già in un rapporto di concessione, ma nel "munus pubblicum" che comporta l'affidamento diretto e privilegiato del servizio alla società appositamente costituita in un rapporto di ausiliarità con il titolare dell'esercizio, così da rendere compatibile il modulo di gestione societaria con la titolarità comunale della farmacia. Del resto, gli effetti della sentenza n. 199 del 2012 della Corte costituzionale determinano "la reviviscenza del quadro precettivo derivante dagli artt. 113, 113-bis, 115 e 116 del D.Lgs. n. 267 del 2000 e successive modificazioni ed integrazioni, sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, che non soffrono preclusioni, né prevedono un regime di specificità per la gestione in forma societaria del servizio di vendita di prodotti farmaceutici.

BENI CULTURALI E IN HOUSE

TAR LAZIO SENTENZA 2006

L’art. 113, c. 5, lett. c) del Dlg 267/2000 consente sì l'erogazione del servizio pubblico con l’affidamento in house, ma nel rispetto delle normative di settore che, dunque, dettano il contenuto ed i limiti del servizio da erogare in tal modo. L’affidamento diretto non può concernere che il servizio relativo alla valorizzazione, non anche, in difetto di specifiche ed inequivocabili norme derogatrici, le attività di progettazione, conservazione e manutenzione di cui parla la deliberazione n. 663/2005. Ove tali attività non siano sicuramente ascrivibili alla valorizzazione, il concetto di quest’ultima, essenzialmente rivolta alla promozione ed al sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale, non può esser dilatato in via di mera interpretazione fino a comprendere istituti di altre normative inderogabili. In particolare, è da escludere che, in difetto di fissazione dei livelli essenziali sulla qualità della valorizzazione, quest’ultima copra, sotto la generica dizione della conservazione, tutte le attività di progettazione e di restauro dei beni culturali. Il dato testuale non autorizza a concludere che l’affidamento in house, oltre alle attività espressamente normate, copra anche quelle solo lato sensu ascrivibili alla valorizzazione e, in realtà, disciplinate da altre regole inderogabili, e, in particolare, dall’evidenza pubblica.