Articolo 12 Appalti pubblici tra enti nell’ambito del settore pubblico

1. Un appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva quando siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi;

b) oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; e

c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

Si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice.

2. Il paragrafo 1 si applica anche quando una persona giuridica controllata che è un’amministrazione aggiudicatrice aggiudica un appalto alla propria amministrazione aggiudicatrice controllante o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla stessa amministrazione aggiudicatrice, a condizione che nella persona giuridica alla quale viene aggiudicato l’appalto pubblico non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

3. Un’amministrazione aggiudicatrice che non eserciti su una persona giuridica di diritto privato o pubblico un controllo ai sensi del paragrafo 1 può nondimeno aggiudicare un appalto pubblico a tale persona giuridica senza applicare la presente direttiva quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi;

b) oltre l’80 % delle attività di tale persona giuridica sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui trattasi; e

c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

Ai fini del primo comma, lettera a), le amministrazioni aggiudicatrici esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

i) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti;

ii) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; e

iii) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici controllanti.

4. Un contratto concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) il contratto stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che esse hanno in comune;

b) l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico; e

c) le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 % delle attività interessate dalla cooperazione.

5. Per determinare la percentuale delle attività di cui al paragrafo 1, primo comma, lettera b), al paragrafo 3, primo comma, lettera b), e al paragrafo 4, lettera c), si prende in considerazione il fatturato totale medio, o una idonea misura alternativa basata sull’attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto.

Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell’attività della persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull’attività, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell’attività, che la misura dell’attività è credibile.
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Giurisprudenza e Prassi

IN HOUSE CONTROLLATA DA PIU' AMMINISTRAZIONI - NORMATIVA APPLICABILE

CORTE GIUST EU CONCLUSIONI 2022

Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2014/24/UE – Appalti pubblici – Servizi, lavori e finanziamento ed esecuzione di lavori – Affidamento in house – Entità in house controllata congiuntamente da varie amministrazioni aggiudicatrici – Applicabilità della direttiva

1) Un’amministrazione aggiudicatrice che intenda aggiudicare un appalto pubblico rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva n. 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, senza assoggettarsi alle procedure di aggiudicazione da essa previste, deve rispettare le condizioni di cui al suo articolo 12 a partire dalla data limite per il recepimento nel diritto interno di tale direttiva qualora, a tale data, detto recepimento non abbia avuto luogo.

2) L’articolo 12, paragrafo 4, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che:

– esclude l’esistenza di una cooperazione tra amministrazioni aggiudicatrici quando la relazione che le lega, nel cui contesto esse si impegnano a fornire i loro rispettivi servizi, non persegue obiettivi comuni a tutte le predette amministrazioni;

– non è applicabile a una relazione tra amministrazioni aggiudicatrici indipendenti nella quale una ottiene un servizio dall’altra a fronte esclusivamente di un corrispettivo in denaro».


AFFIDAMENTO IN HOUSE DEL SERVIZIO PUBBLICO - RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2020

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale solleva questione di pregiudizialità invitando la Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, a pronunciarsi sul seguente quesito:

“se l’art. 12 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 osti ad una normativa nazionale la quale imponga un’aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a seguito della quale l’operatore economico succeduto al concessionario iniziale a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, prosegua nella gestione dei servizi sino alle scadenze previste, nel caso in cui:

(a) il concessionario iniziale sia una società affidataria in house sulla base di un controllo analogo pluripartecipato;

(b) l’operatore economico successore sia stato selezionato attraverso una pubblica gara;

(c) a seguito dell’operazione societaria di aggregazione i requisiti del controllo analogo pluripartecipato più non sussistano rispetto a taluno degli enti locali che hanno in origine affidato il servizio di cui si tratta.”

Ai sensi delle “Raccomandazioni all’attenzione dei Giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” 2012/C 338/01 in G.U.C.E. 6 novembre 2012, vanno trasmessi in copia alla cancelleria della Corte mediante plico raccomandato i seguenti atti: 1) il provvedimento impugnato con il ricorso di primo grado, ovvero la deliberazione 6 agosto 2018 n.48 del Consiglio provinciale di La Spezia; 2) il ricorso di primo grado; 3) la sentenza del TAR appellata; 4) l’atto di appello e la memoria di replica 9 settembre 2020 delle società IREN e ACAM Ambiente; 5) la presente ordinanza; 6) la copia delle seguenti norme nazionali: a) art. 113 d. lgs. 18 agosto 2000 n.267; b) art. 200 d. lgs. 3 aprile 2006 n.152; c) l.r. Liguria 24 febbraio 2014 n.1; d) art. 5 d. lgs. 18 aprile 2016 n.50, codice dei contratti pubblici; e) d. lgs. 19 agosto 2016 n.175, testo unico delle società a partecipazione pubblica; f) art. 1 commi 611 e 612 della l. 23 dicembre 2014 n.190; g) art. 182 bis del R.D. 16 marzo 1942 n.267, legge fallimentare; h) art. 3 bis del d.l. 13 agosto 2011 n.138.

SOCIETÀ MISTA - SOCIO PRIVATO INFERIORE AL 30% - RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

CONSIGLIO DI STATO ORDINANZA 2020

Devono essere rimesse alla Corte di giustizia UE le questioni pregiudiziali: a) se sia conforme al diritto eurounitario ed alla corretta interpretazione dei considerando 14 e 32, nonché degli artt. 12 e 18 della Direttiva n. 24/2014/UE e 30 della Direttiva n. 23/2014/UE, anche con riferimento all’art. 107 TFUE, che, ai fini della individuazione del limite minimo del 30% della partecipazione del socio privato ad una costituenda società mista pubblico – privata, limite ritenuto adeguato dal legislatore nazionale in attuazione dei principi eurounitari fissati in materia dalla giurisprudenza comunitaria, debba tenersi conto esclusivamente della composizione formale/cartolare del predetto socio ovvero se l’amministrazione che indice la gara possa – o anzi debba – tener conto della sua partecipazione indiretta nel socio privato concorrente; b) in caso di soluzione positiva del precedente quesito se sia coerente e conforme con i principi eurounitari, ed in particolare con il principio di concorrenza, proporzionalità e adeguatezza, che l’amministrazione che indice la gara possa escludere dalla gara il socio privato concorrente, la cui effettiva partecipazione alla costituenda società mista pubblico privata, per effetto della accertata partecipazione pubblica diretta o indiretta, sia di fatto inferiore al 30% .

AFFIDAMENTI IN HOUSE - CONTROLLO ANALOGO CONGIUNTO - QUESTIONE DI COMPATIBILITÀ’ COL DIRITTO COMUNITARIO - RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE (192)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2019

Deve essere posto alla Corte di giustizia il seguente quesito interpretativo: “se il diritto dell’Unione europea (e in particolare l’articolo 12, paragrafo 3 della Direttiva 2014/24/UE in tema di affidamenti in house in regìme di controllo analogo congiunto fra più amministrazioni) osti a una disciplina nazionale (come quella dell’articolo 4, comma 1, del Testo Unico delle società partecipate – decreto legislativo n. 175 del 2016 ) che impedisce a un’amministrazione pubblica di acquisire in un organismo pluriparecipato da altre amministrazioni una quota di partecipazione (comunque inidonea a garantire controllo o potere di veto) laddove tale amministrazione intende comunque acquisire in futuro una posizione di controllo congiunto e quindi la possibilità di procedere ad affidamenti diretti in favore dell’Organismo pluripartecipato”.

GIURISDIZIONE - SOCIETÀ A CAPITALE MISTO - GIURISDIZIONE CORTE DEI CONTI - NON SUSSISTE- RAGIONI

CORTE CASSAZIONE SENTENZA 2018

Non sussiste la giurisdizione della Corte dei Conti nei confronti di una società a capitale misto pubblico privato, in quanto non è una società in house neppure quando è soggetta alle direttive pubbliche e opera nell'interesse esclusivo dell'amministrazione locale.

SOCIETÀ IN HOUSE PLURIPARTECIPATA – REQUISITO DEL CONTROLLO ANALOGO CONGIUNTO (5.5)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2018

Secondo la Corte di giustizia dell’Unione Europea, in caso di società partecipata da più autorità amministrative non è indispensabile che ciascuna di queste «detenga da sola un potere di controllo individuale» sulla società, ma è sufficiente che i soci pubblici esercitino un controllo congiunto, attraverso la partecipazione di ciascuno di essi «sia al capitale, sia agli organi direttivi dell’entità suddetta» (sentenza 29 novembre 2012, C-182/11 e C-183/11, Econord; §§ 28 - 33). A questo scopo, la Corte di Giustizia ha inoltre affermato che non è necessario il possesso di una quota minima di partecipazione al capitale sociale (cfr. nello stesso senso: Cons. Stato, V, 18 luglio 2017, n. 3554); per contro occorre che in virtù della partecipazione azionaria acquisita non sia preclusa alla singola autorità «la benché minima possibilità di partecipare al controllo» sulla società (§ 31).

L’orientamento della Corte di giustizia è stato poi positivizzato dall’art. 12, comma 3, della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, a mente del quale il controllo congiunto ricorre tra l’altro quando gli organi decisionali della persona giuridica controllata «sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti», con la precisazione che «Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti» [cpv. 2, lett. i), secondo periodo]. La norma europea è stata infine recepita nell’ordinamento giuridico nazionale con l’attuale codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 [art. 5, comma 5, lett. a)]. Al medesimo riguardo può essere richiamato anche l’art. 2, comma 1, lett. d), a mente del quale il «controllo congiunto analogo» si ha nel caso in cui «l’amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi»; e che fa espresso rinvio all’art. 5, comma 5, del codice dei contratti pubblici.

In linea con la citata sentenza del giudice europeo (in particolare con quanto affermato nel § 30) va ricordato che secondo il Consiglio di Stato la partecipazione della singola amministrazione non può ritenersi effettiva quando vi siano soci di maggioranza in grado di imporre le proprie scelte alla minoranza, già a partire dalla nomina dell’organo amministrativo (Cons. Stato, III, 27 aprile 2015, n. 2154).

Nella medesima prospettiva tracciata dalla Corte di giustizia, nella citata sentenza 18 luglio 2017, n. 3554, la Sezione ha affermato che il requisito dell’in house providing di cui si tratta è soddisfatto, e non eluso, quando la possibilità del singolo ente pubblico, partecipante allo 0,1% del capitale, di influire sulla gestione della società partecipante è tra l’altro consentita attraverso un meccanismo di elezione dell’organo amministrativo che le permette di designare un suo rappresentante sia in via individuale, sia tramite la partecipazione «a ”cordate” di soci».

Deve affermarsi, in linea con gli artt. 12 della direttiva 2014/24/UE e 5 del codice dei contratti pubblici, che affinché il requisito del controllo analogo in caso di società in house pluripartecipata sia soddisfatto, occorre che le amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possano comunque esercitare il controllo analogo in modo congiunto e che:

a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;

b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato, secondo le regole generali elaborate con riguardo all’in house providing tradizionale sin dalla sentenza della Corte di Giustizia Teckal (8 novembre 1999, C-107/98);

c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.

In ordine al limite minimo di fatturato indispensabile per configurare l’in house providing, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. b), del nuovo codice dei contratti pubblici, il fatturato computabile nell’attività prevalente può essere rappresentato solo da quello che l’impresa in questione realizza in virtù delle decisioni di affidamento adottate dall’ente locale controllante, nell’ambito del quale va comunque compreso quello ottenuto con gli utenti in attuazione di tali decisioni.

A questo specifico riguardo, le attività rientranti nell’in house providing sono tutte quelle che quest’ultima realizza nell’ambito di un affidamento effettuato dall’amministrazione aggiudicatrice, indipendentemente dal fatto che il destinatario sia la stessa amministrazione aggiudicatrice o l’utente delle prestazioni.

Non assume per contro rilevanza accertare chi remunera le prestazioni dell’impresa in questione, potendo trattarsi sia dell’ente controllante sia di terzi utenti di prestazioni fornite in forza di concessioni o di altri rapporti giuridici instaurati dal suddetto ente.

Nell’ipotesi di in house pluripartecipato la condizione relativa alla parte più importante della propria attività può ricorrere qualora l’impresa in questione svolga la parte più importante della propria attività non necessariamente con questo o quell’ente locale ma con tali enti complessivamente considerati.

Nel caso di specie, vanno considerati i proventi derivanti dalla gestione della discarica.

Si tratta infatti di un’attività che si colloca nella gestione del ciclo dei rifiuti statutariamente devoluta alla società. e che viene svolta attraverso un cespite patrimoniale che prima della costituzione di quest’ultima era appartenuto al dante causa Consorzio comprensoriale per lo smaltimento rifiuti, costituito l’11 novembre 1994. Rispetto a tale attività non vi è quindi alcuna acquisizione di nuovi mercati da parte della società in house, e il conseguente svolgimento di attività di impresa privata in parallelo con quella prestata a favore degli enti pubblici partecipanti. Si tratta per contro di una modalità di organizzazione e gestione del servizio affidato alla società in house dagli enti pubblici partecipanti.

La gestione di tale discarica e degli impianti ivi esistenti non dà pertanto luogo ad un’attività di impresa svolta in concorrenza con privati, ma rientra nella missione di interesse pubblico affidata all’odierna controinteressata dai Comuni partecipanti al suo capitale. Deve conseguentemente concludersi sul punto nel senso circa la non sussistenza di elementi per confutare la ricostruzione operata nella relazione ex art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, sulla base della quale il Comune ha disposto l’affidamento contestato, in cui si quantifica nell’81,87% del totale il fatturato prodotto da attività prestate nei confronti degli enti locali soci (valore ottenuto scomputando i ricavi derivanti dal conferimento in discarica di rifiuti provenienti da Comuni non soci).

AFFIDAMENTI DIRETTI ALLE SOCIETÀ IN HOUSE

ANAC COMUNICATO 2016

Oggetto: chiarimenti sull’applicazione dell’art. 192 del Codice dei contratti

IN HOUSE - CONTROLLO ANALOGO - PARTECIPAZIONE TOTALITARIA O MAGGIORITARIA DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2015

Il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, 3 marzo 2008, n. 1, ha affermato che solo la partecipazione totalitaria delle amministrazioni pubbliche, e la totale assenza di soggetti privati nella compagine sociale, consentono di ravvisare nel soggetto affidatario la sottoposizione al cosiddetto “controllo analogo” (l’orientamento consacrato dall’Adunanza Plenaria è pacificamente seguito dalla giurisprudenza successiva: da ultimo, C. di S., III, 27 aprile 2015, n. 2154).

La stessa sentenza dell’Adunanza Plenaria ha inoltre affermato espressamente che esula dal sistema dell’“in house providing” il diverso fenomeno del cosiddetto “partenariato pubblico – privato” al quale sembra riconducibile l’assetto della s.p.a. appellante.

Sulla base del parere della Seconda Sezione di questo Consiglio di Stato 30 gennaio 2015, n. 298, il principio affermato dall’Adunanza Plenaria non è ulteriormente applicabile in quanto l’art. 12, par. 1, della direttiva 2014/24 ammette l’esistenza del controllo analogo anche in casi in cui il soggetto che opera in regime privatistico è partecipato da soggetti privati, purche' tale partecipazione sia ristretta nei limiti ivi stabiliti.

Il legislatore comunitario ha individuato un termine per il recepimento della suddetta direttiva nei diversi ordinamenti nazionali, e tale termine è ancora pendente. Il legislatore comunitario ha quindi attribuito ai legislatori nazionali una sfera di discrezionalita' nell’individuazione dei tempi per la trasposizione dei nuovi principi nei diversi ordinamenti, e per il necessario coordinamento con la normativa interna vigente.

Tali elementi impongono di escludere che i nuovi principi acquistino immediata efficacia nei singoli ordinamenti nazionali, fermo restando che gli stessi diventeranno immediatamente applicabili (ove suscettibili di utilizzazione immediata in ragione della loro sufficiente specificazione).

DIRETTIVE EUROPEE APPALTI - EFFICACIA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2015

Il Collegio ritiene che le previsioni contenute nella direttiva 2014/24/UE non assumano rilievo nel presente giudizio.

In primo luogo, deve escludersi che la nuova direttiva, nonostante il suo contenuto in alcune parti dettagliato, possa ritenersi self-executing per la dirimente considerazione che è ancora in corso il termine previsto per la sua attuazione da parte dello Stato.

È vero che la giurisprudenza comunitaria riconosce una forma di rilevanza giuridica alla direttiva anche prima che sia scaduto il termine per il suo recepimento. Si tratta, però, di una rilevanza giuridica certamente minore rispetto al c.d. effetto diretto (che implica l’immediata applicazione della direttiva dettagliata ai rapporti c.d. verticali), che si traduce semplicemente, in nome del principio di leale collaborazione, in un dovere di standstill, ovvero nel dovere per il legislatore di astenersi dall’adottare, nel periodo interocorrente tra la pubblicazione della direttiva nella GUUE e il termine assegnato per il suo recepimento, qualsiasi misura che possa compromettere il conseguimento del risultato prescritto (C. giust. 18 dicembre 1997, C-129/96, Inter-EnvironnementVallonie) e per il giudice di astenersi da qualsiasi forma di interpretazione o di applicazione del diritto nazionale da cui possa derivare, dopo la scadenza del termine di attuazione, la messa in pericolo del risultato voluto dalla direttiva (C. giust. UE, 15 aprile 2008, C-268/08, Impact).

Non si tratta, quindi, del dovere di immediata applicazione o dell’obbligo di interpretazione conforme (che operano solo dopo che è scaduto il termine di recepimento), ma soltanto di un obbligo negativo, che si sostanzia nel dovere di astenersi dall’interpretazione difforme potenzialmente pregiudizievole per i risultati che la direttiva intende conseguire.

Si tratta, in altri termini, di un obbligo attenuato rispetto a quello di interpretazione conforme in quanto discende da un principio sì fondamentale del diritto dell’Unione, quale è quello di leale cooperazione, ma, pur tuttavia, gerarchicamente sotto ordinato a quello del primato, il cui mancato rispetto mina la stessa essenza dell’ordinamento dell’Unione.

Come è stato efficacemente evidenziato in dottrina, se l’obbligo d'interpretazione conforme ha un valore prossimo all’effetto diretto, lo stesso valore non può riconoscersi all’obbligo di astensione da un’interpretazione difforme dal diritto dell’Unione europea che non consente una lettura della norma interna additiva, dovendosi altrimenti ritenere i due istituti giuridici sovrapponibili.

La fattispecie in esame si colloca al di fuori dell’ambito di questa limitata rilevanza giuridica “negativa” che eccezionalmente può essere riconosciuta alla direttiva prima della scadenza del termine di recepimento: le regole sull’in house, di cui si fa applicazione nel presente giudizio, che potenzialmente potrebbero contrastare con le previsioni della nuova direttiva, sono, infatti, regole già esistenti nell’ordinamento nazionale (non introdotte ex novodal legislatore nazionale in violazione del dovere di standstill) e sono, inoltre, regole che trovano la loro fonte proprio nell’ordinamento dell’Unione Europea, avendo esse origine dalla sopra richiamata giurisprudenza della Corte di giustizia che nel corso degli anni ha fissato rigorosi limiti alla operatività dell’in house.

Non si può, quindi, ritenere che la mera pubblicazione della direttiva determini, prima che sia scaduto il termine per il suo recepimento, il superamento automatico e immediato di una disciplina preesistente di derivazione comunitaria. Deve ritenersi che la nozione di ente pubblico che viene in rilievo ai fini della verifica del requisito del controllo analogo nell’ambito dell’istituto dell’in house sia particolarmente rigorosa e restrittiva, dovendosi escludere la possibilità di equiparare all’ente pubblico qualsiasi soggetto che, a prescindere dai poteri, dai fini e dalla struttura organizzativa, operi grazie a capitali privati. E questo è certamente il caso delle Università private.

AFFIDAMENTO IN HOUSE - PRESUPPOSTI

CORTE DEI CONTI PARERE 2015

In merito alla verifica in essere della sussistenza dei presupposti per procedere ad un legittimo affidamento in house anche il Consiglio di Stato, da ultimo con la pronuncia n. 2154/15, ha condivisibilmente affermato che: La legittimita' dell'affidamento del servizio va valutata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento dell'adozione del provvedimento; al momento dell'affidamento "devono sussistere tutti i requisiti e presupposti legittimanti l'affidamento diretto"; una modifica di uno statuto societario, intervenuta successivamente all'affidamento, "quand'anche effettivamente dovesse configurare un'integrazione della forma di controllo consentita agli enti, non sarebbe in ogni caso valutabile ai fini di ritenere integrato il requisito mancante e superato il provvedimento originario", in quanto

a) "a parte ogni considerazione sull'applicazione al giudizio di legittimita' degli atti amministrativi della regola "tempus regit actum", attribuire rilevanza "sanante" all'atto sopravvenuto e, dunque, valutare la legittimita' dell'affidamento in house del servizio sulla base della sopravvenienza in fatto, violerebbe non solo la richiamata regola, ma i principi che presiedono al corretto affidamento degli appalti";

b) mancando i presupposti dell'affidamento in house, "la gara diviene il metodo ordinario di affidamento";

c)"la tutela della concorrenza, eccezionalmente compressa nel regime di affidamento diretto, prevale rispetto ad ogni altra esigenza di tutela … laddove si accerti che non ricorrono le condizioni per la sua pretermissione";

o "i requisiti individuati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale perche' possa farsi luogo ad affidamento in house sono: - la totale partecipazione pubblica (con divieto di cedibilita' a privati); - l'esclusivita' (destinazione prevalente dell'attivita' a favore dell'ente affidante); il controllo analogo (esercizio di influenza decisiva sugli indirizzi strategici e sulle decisioni significative del soggetto affidatario, tale da escludere la sostanziale terzieta' dell'affidatario rispetto al soggetto affidante).

A proposito dell'in house pluripartecipato, le amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possono esercitare il controllo analogo in modo congiunto con le altre, a condizione che siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) gli organi decisionali dell'organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare piu' o tutti i soci pubblici partecipanti; b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell'organismo controllato; c) l'organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti". Principi, questi, oggi codificati all'art. 12 della direttiva appalti 2014/24/UE che, sebbene non sia stata ancora recepita (essendo ancora in corso il termine relativo per l'incombente), appare di carattere sufficientemente dettagliato tale da presentare pochi dubbi per la sua concreta attuazione. E' necessario, nel caso di pluripartecipazione, che "il singolo socio possa vantare una posizione piu' che simbolica, idonea, per quanto minoritaria, a garantirgli una possibilita' effettiva di partecipazione alla gestione dell'organismo del quale è parte; sicche', una presenza puramente formale nella compagine partecipata o in un organo comune incaricato della direzione della stessa, non risulterebbe sufficiente".

Il c. 611 dell'art. 1 della L. n. 190/2014, nel richiamare espressamente le disposizioni contenute nell'art.3, commi da 27 a 29 l. 244/2007, in tema di dismissione delle societa' e delle partecipazioni possedute dalle PP.AA., rinnova l'obbligo di valutare l'inerenza di esse rispetto alle funzioni istituzionali del singolo ente o amministrazione pubblica socia o partecipante. Peraltro, il quid novi, che giustifica l'introduzione del suddetto precetto, è dato dal fatto che "dette partecipazioni, nella norma in esame, non sono piu' connotate da una stringente relazione di diretta inerenza, a differenza della versione definitiva dell'art. 3, c. 27 della l. 24.12.2007, n. 244 e delineata (con la soppressione dell'inciso "o indirettamente") dall'art. 71 c. 1, lett. b), l. 18.06.2009 n. 69: in guisa che le partecipazioni contemplate dall'anzidetto Piano di razionalizzazione sono, expressis verbis, sia quelle direttamente detenute dall'Ente che quelle indirettamente".

Presupposti che devono sussistere per procedere ad un legittimo affidamento in house di un servizio pubblico locale - in house pluripartecipato - c. 611 dell'art. 1 della l. n. 190/2014 sul piano di razionalizzazione delle societa' partecipate .

LEGITTIMITA’ AFFIDAMENTO IN HOUSE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2015

La legittimita' dell’affidamento del servizio va valutata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento dell’adozione del provvedimento.

All’epoca dell’affidamento, in altri termini, dovevano sussistere tutti i requisiti e presupposti legittimanti l’affidamento diretto; viceversa, come analiticamente ha ritenuto il giudice di primo grado, non sussisteva il c.d. “controllo analogo” in capo a tutti gli enti affidatari.

La modifica dello statuto intervenuta successivamente, con delibera dell’8 gennaio 2014, quand’anche effettivamente dovesse configurare un’integrazione della forma di controllo consentita agli enti, non sarebbe in ogni caso valutabile ai fini di ritenere integrato il requisito mancante e superato il provvedimento originario, con conseguente venir meno dell’interesse al ricorso da parte della societa' ricorrente in primo grado.

A parte ogni considerazione sull’applicazione al giudizio di legittimita' degli atti amministrativi della regola “tempus regit actum”, il collegio osserva che attribuire rilevanza “sanante” all’atto sopravvenuto e, dunque, valutare la legittimita' dell’affidamento in house del servizio sulla base della sopravvenienza in fatto, violerebbe non solo la richiamata regola, ma i principi che presiedono al corretto affidamento degli appalti.

Vero è che l’affidamento in house non rappresenta l’eccezione rispetto alla regola della gara pubblica nel settore dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, nel caso in cui sussistono i presupposti legittimanti la scelta discrezionale dell’amministrazione.

Tuttavia, mancando quei presupposti, la gara diviene il metodo ordinario di affidamento.

La concorrenza, infatti, presuppone la piu' ampia apertura al mercato a tutti gli operatori economici del settore, in ossequio ai principi comunitari della libera circolazione delle merci, della liberta' di stabilimento e della libera prestazione dei servizi.

La tutela della concorrenza ha, peraltro, fondamento costituzionale nell'art. 41 Cost.; difatti, l'art. 41 Cost. è un parametro che garantisce non solo la liberta' d’iniziativa economica, ma anche l'assetto concorrenziale del mercato di volta in volta preso in considerazione.

La procedimentalizzazione dell'attivita' di scelta del contraente non è dettata nell'esclusivo interesse dell'amministrazione, ma anche nell’interesse primario costituito dalla tutela degli operatori, del loro interesse ad accedere al mercato e a concorrere per il mercato.

Il sistema di gestione dell'affidamento diretto, dunque, è di stretta interpretazione rispetto al sistema della gara, la cui praticabilita' dipende dalla sussistenza dei presupposti indicati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, che devono sussistere al momento dell’affidamento.

Ne consegue che la tutela della concorrenza, eccezionalmente compressa nel regime di affidamento diretto, prevale rispetto ad ogni altra esigenza di tutela (per es., rispetto al principio della conservazione degli atti) laddove si accerti che non ricorrono le condizioni per la sua pretermissione.

AFFIDAMENTI IN HOUSE - SVOLGIMENTO ATTIVITA' PREVALENTE - LIMITI COMUNITARI

CONSIGLIO DI STATO PARERE 2015

In merito ai requisiti richiesti per la conformita' degli affidamenti "in house" alle previsioni comunitarie, lo svolgimento dell’attivita' prevalente nei confronti dei soggetti pubblici consorziati trova ormai una compiuta e dettagliata quantificazione nell’art.12 della Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 secondo cui “oltre l’80 % delle attivita' della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice” (art.12 cit., 1° par., lett.b). Ancora piu' in dettaglio, il par. 5 dell’art.12 ult.cit. stabilisce che “per determinare la percentuale delle attivita' di cui al paragrafo 1, primo comma, lettera b), al paragrafo 3, primo comma, lettera b), e al paragrafo 4, lettera c), si prende in considerazione il fatturato totale medio, o una idonea misura alternativa basata sull’attivita', quali i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto”, ponendo quindi disposizioni di compiutezza tale da farle ritenere “self-executing”, avendo indubbiamente “contenuto incondizionato e preciso” (cosi' Cass. SS.UU., sentenza n.13676 del 25/02/2014).

Com'è noto, prima di tale novella, l'istituto in questione aveva ricevuto una disciplina esclusivamente giurisprudenziale, di cui si è dato cenno nelle premesse e di cui appunto gli avvisi citati avevano tenuto principalmente conto.

L’art. 12 cit., viceversa, nel definire in rubrica la materia come quella afferente gli “appalti pubblici tra enti nell’ambito del settore pubblico”, ha in parte recepito tale giurisprudenza, ma in una parte rilevante ai fini della soluzione del quesito proposto, ha profondamente innovato, definendo in modo parzialmente diverso le condizioni di esclusione dalla direttiva medesima. L’art. 12 cit., infatti, nel confermare che, nel caso di “in house providing” escluso dalla direttiva, "l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi" (art.12 cit., 1° par., lett.a), ha aggiunto una precisa definizione in ordine all’ulteriore requisito della cosiddetta “parte piu' importante dell'attivita' svolta”, secondo cui “oltre l’80 % delle attivita' della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice” (art.12 cit., 1° par., lett.b). Ed alla successiva lett.c) ha aggiunto la condizione ulteriore e parzialmente innovativa (rispetto alla giurisprudenza comunitaria e nazionale), secondo cui “nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformita' dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”. Ha poi aggiunto nell'ultima parte del primo paragrafo cit., a maggiore definizione della nozione comunitaria di “controllo analogo”, che “si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo puo' anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice”. Quindi l’art. 12, paragrafo 1 cit. richiede che, ai fini dell'esclusione dei contratti tra soggetti pubblici dall’applicazione della direttiva, l’amministrazione aggiudicatrice debba svolgere sull'altro ente pubblico “un controllo analogo a quello che esercita sui propri dipartimenti/servizi”; inoltre che piu' dell’80% delle prestazioni dell'altro ente pubblico siano effettuate a favore dell’amministrazione aggiudicatrice o di un altro ente pubblico controllato dalla prima; infine che l'altro ente pubblico che riceve l'affidamento dall'amministrazione aggiudicatrice non sia controllato da capitale privato, a meno che non si tratti di partecipazione di controllo o di blocco secondo le disposizioni nazionali; e che in ogni caso tale partecipazione non determini influenza dominante (la percentuale dell’80% richiama la stessa quota dettata, per i settori speciali, dagli artt. 218 del dlg.163/06 e 23 Dir. 17/2004).

Com’è noto, la direttiva 2014/24 non è stata ancora recepita, essendo ancora in corso il termine relativo per l'incombente, e tuttavia essa appare di carattere sufficientemente dettagliato tale da presentare pochi dubbi per la sua concreta attuazione.

Non vi è dubbio quindi che nel caso in esame, se non vi è addirittura un’applicazione immediata del tipo “self-executing”, non puo' in ogni caso non tenersi conto di quanto disposto dal legislatore europeo, secondo una dettagliata disciplina in materia, introdotta per la prima volta con diritto scritto e destinata a regolare a brevissimo la concorrenza nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nell’U.E.

SUBENTRO DEL COMUNE DI NUOVA COSTITUZIONE IN ALTRE SOCIETA' TOTALMENTE PARTECIPATE DALL'ENTE - LIMITI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2015

Non è corretta l’esclusione del subentro del Comune di A nella societa' Casino' Municipale di B s.p.a.

Come infatti deduce l’ente scorporato, la gestione della nota casa da gioco non costituisce attivita' di servizio pubblico, essendo del tutto palese la finalizzazione di questa nozione ai bisogni fondamentali della collettivita', ma si sostanzia in realta' nell’esercizio di un’attivita' di impresa commerciale, rispetto alla quale deve dunque farsi applicazione del criterio generale del 6,82% originariamente stabilito in sede di riparto.

La tesi della Provincia secondo cui, alla luce della partecipazione totalitaria, si determinerebbe un mutamento sostanziale della governance è dunque priva della necessaria premessa logico-giuridica, atteso che il controllo totalitario rileva ai fini dell’affidamento diretto di contratti a societa' esercenti servizi pubblici o strumentali, secondo il modello dell’in house, e non gia' ad enti partecipati titolari di imprese commerciali.

Corretta è invece l’esclusione del subentro del comune di nuova costituzione in altre societa' totalmente partecipate dall'ente di origine e configurabili secondo il modello dell’in house providing, quale modello derogatorio rispetto all’obbligo dell’evidenza pubblica da parte dell’amministrazione partecipante [Corte di giustizia 11 gennaio 2005, C-26/03 Stadt Halle; 6 aprile 2006, C-410/04 Anav; Ad. plen. Cons. Stato 3 marzo 2008, n. 1; solo in prospettiva il requisito in questione non sara' piu' necessario: art. 12, comma 1, lett. c), direttiva 2014/24/Ue sugli appalti pubblici].

Infatti, l’ingresso nel capitale di un altro ente pubblico non garantirebbe piu' quello originario ed unico detentore circa il mantenimento del controllo totalitario in mano pubblica.

Dal canto suo, il gestore aeroportuale è il soggetto al quale le disposizioni normative affidano, insieme ad altre attivita', i compiti di servizio pubblico consistenti nell’amministrare e gestire le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attivita' dei vari operatori presenti nello scalo, riconoscendogli il ruolo di soggetto responsabile dell'efficienza ed operativita' dell'aeroporto in regolarita' e sicurezza (Cod. navigazione: artt. 705 e 706; art. 10 l. 537/1993 e successivo d.m. 521/97).

In ragione di cio' è corretta la loro qualificazione di societa' incaricate della gestione di servizi di interesse generale, loro attribuita dalla Provincia di B nella delibera giuntale n. 1 del 17 gennaio 2014, ma è contraddittoria la conseguenza che da cio' l’amministrazione ha tratto, perche' tale nozione, di origine europea (in particolare riferibile ai servizi di interesse economico generale, previsti nell’art. 106, comma 2, T.f.u.e.), coincide con quella interna di servizio pubblico, come dedotto dal Comune di B.

Conseguentemente, in applicazione del criterio di localizzazione geografica stabilito nella sentenza resa nel giudizio di cognizione, come precisato nella sentenza n. 5387 del 12 novembre 2013, deve essere escluso il subentro nelle societa' in questione da parte del Comune di A, pacificamente non servito dalle tratte autostradali gestite dalle concessionarie partecipate dal Comune di B, cosi' come dai due aeroporti di questo Comune.