Art. 8. Disposizioni in materia di organizzazione e di personale dell'Autorità e norme finanziarie

ABROGATO DAL 19-04-2016 (ART. 217 DLGS 50-2016)

1. L'Autorità si dota, nei modi previsti dal proprio ordinamento, di forme e metodi di organizzazione e di analisi dell'impatto della normazione per l'emanazione di atti di competenza e, in particolare, di atti amministrativi generali, di programmazione o pianificazione. Al fine di migliorare la qualità dei propri atti, l'Autorità utilizza metodi di consultazione preventiva, consistenti nel dare preventivamente notizia del progetto di atto e nel consentire agli interessati di far pervenire le proprie osservazioni, da valutare motivatamente.

2. L'Autorità, nell'ambito della sua autonomia organizzativa, disciplina con uno o più regolamenti la propria organizzazione e il proprio funzionamento, i bilanci, i rendiconti e la gestione delle spese nei limiti delle proprie risorse, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, l'accesso ai documenti amministrativi, le modalità di esercizio della vigilanza e i procedimenti sanzionatori di sua competenza.

3. Il regolamento dell'Autorità, nella disciplina dell'esercizio della funzione di vigilanza prevede:

a) il termine congruo entro cui i destinatari di una richiesta dell'Autorità devono inviare i dati richiesti;

b) la possibilità che l'Autorità invii propri funzionari nella sede di amministrazioni e soggetti aggiudicatori, e operatori economici, al fine di acquisire dati, notizie, documenti, chiarimenti;

c) la possibilità che l'Autorità convochi, con preavviso e indicazione specifica dell'oggetto, i rappresentanti di amministrazioni e soggetti aggiudicatori, operatori economici, SOA, o altri soggetti che ritenga necessario o opportuno sentire;

d) le modalità di svolgimento dell'istruttoria nel rispetto dei principi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241;

e) le forme di comunicazione degli atti, idonee a garantire la data certa della piena conoscenza.

4. Il regolamento dell'Autorità disciplina l'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell'apertura dell'istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti.

5. Le delibere dell'Autorità, ove riguardino questioni di interesse generale o la soluzione di questioni di massima, sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sul sito informatico dell'Autorità.

6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Autorità, é istituito un apposito ruolo del personale dipendente dall'Autorità, determinato tenendo conto delle funzioni assegnate all'Autorità e delle risorse disponibili.

7. Il regolamento del personale reca anche la pianta organica, con distribuzione del personale in ruolo tra i vari servizi.

8. Al personale dell'Autorità, tenuto conto dei principi di autonomia organizzativa di cui al comma 2, si applica il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

9. Al personale dell'Autorità é fatto divieto di assumere altro impiego od incarico, nonché di esercitare attività professionale, commerciale e industriale.

10. L'Autorità può avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di personale proveniente da altre amministrazioni in posizione di comando, distacco, fuori ruolo ove previsto dagli ordinamenti di appartenenza.

11. La gestione finanziaria si svolge in base al bilancio di previsione approvato dall'Autorità entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello cui il bilancio si riferisce. Il contenuto e la struttura del bilancio di previsione, il quale deve comunque contenere le spese indicate entro i limiti delle entrate previste, sono stabiliti dal regolamento di cui al comma 2, che disciplina anche le modalità per le eventuali variazioni. Il rendiconto della gestione finanziaria, approvato entro il 30 aprile dell'anno successivo, é soggetto al controllo della Corte dei conti. Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione finanziaria sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

12. All'attuazione dei nuovi compiti previsti dagli articoli 6, 7, e 8, l'Autorità fa fronte senza nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, ai sensi dell'articolo 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266
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Giurisprudenza e Prassi

PROCEDIMENTO SANZIONATORIO ANAC- TERMINE PERENTORIO – 180 GIORNI

TAR LAZIO RM SENTENZA 2020

Il termine di 180 giorni, fissato per la conclusione del procedimento, deve considerarsi perentorio, trovando ragione “ nei profili di specialità del procedimento sanzionatorio rispetto al paradigma generale del procedimento amministrativo, e in particolare nella natura afflittivo-sanzionatoria del provvedimento che ne deriva, e dunque nel principio secondo cui “l’esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti” nonché nell’art. 8, comma 4, d. lgs. n. 163 del 2006 – “norma che si pone a fondamento del Regolamento sanzionatorio - secondo cui «il regolamento dell’Autorità disciplina l’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell’apertura dell’istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti» (cfr. ancora, inter multis, Cons. Stato, n. 2874/2019, n. 5695/2018, n. 4657/2018, cit.).” (Cons. Stato n. 8480/2019). Con l’ulteriore precisazione che la sospensione del procedimento, prevista nei casi previsti dal Regolamento, per lo svolgimento di attività istruttoria o difensiva, “è in sé legittima, rispondendo alla ragionevole esigenza di evitare che le attività difensive e lo stesso svolgimento dell’audizione possano ridondare in danno della completezza e dell’adeguatezza dell’istruttoria, costringendo l’Autorità a una sua chiusura anticipata in funzione del termine massimo di durata del procedimento.” (Cons. Stato n. 8480/2019).

Il Collegio ritiene pertanto di poter applicare i ricordati principi di giurisprudenza anche al caso in esame, venendo in considerazione un procedimento finalizzato alla irrogazione di una sanzione pecuniaria e apprezzandosi, perciò, una identità di ratio.

Ciò premesso e precisato in diritto, va rilevato, in fatto, che il procedimento ha avuto inizio il 7 marzo 2017 e che con nota del 18 settembre 2017 l’ANAC, su richiesta della ricorrente, ha disposto la sospensione del procedimento in attesa della definizione del contenzioso giurisdizionale avente ad oggetto l’esclusione della Matarrese s.r.l. dalla gara, contenzioso nell’ambito del quale era impugnata anche la delibera ANAC del 31 agosto 2016, che aveva definito l’ispezione presso l’ANAS. Più in dettaglio, con la nota del 18 settembre 2017 ANAC chiedeva ad ANAS notizie sulla pendenza del giudizio d’appello e sullo stato del medesimo, contestualmente dichiarando la sospensione del procedimento già avviato “in attesa di conoscere l’esito del ricorso in appello così da poter eventualmente proseguire nella propria attività istruttoria”. Come noto, il giudizio d’appello si è definito il 2 luglio 2018, con sentenza del Consiglio di Stato n. 4035. Secondo l’ANAC il termine per la definizione del procedimento avrebbe ripreso a decorrere solo dal 17 marzo 2019, data in cui il Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di revocazione della sentenza n. 4035/2018, o, al limite, dal 6 dicembre 2018, data in cui l’ANAC ha acquisito contezza della sentenza del Consiglio di Stato n. 4035/2018.

Il Collegio tiene a precisare che la pendenza di contenziosi giurisdizionali non è causa legittima di sospensione dei procedimenti sanzionatori regolati dagli artt. 6 e segg. del Regolamento Unico dell’ANAC 26 febbraio 2014 (né, peraltro, dei procedimenti disciplinati dagli artt. 29 e segg. del medesimo Regolamento), atteso che la norma non contempla la pendenza di contenziosi giurisdizionali tra le cause di sospensione, e quelle menzionate debbono intendersi quali cause tassative, proprio al fine di non vanificare la ratio complessiva della previsione afferente il termine massimo di definizione del procedimento. Inoltre il Regolamento non prevede né regola in alcun modo i rapporti tra il procedimento sanzionatorio ed eventuali contenziosi giurisdizionali pregiudiziali; di conseguenza, in tale “vuoto normativo”, non esiste alcuna norma che giustifichi l’inerzia dell’ANAC nella riattivazione del procedimento.

PROCEDIMENTO SANZIONATORIO ANAC- TERMINE PERENTORIO – 180 GIORNI

TAR LAZIO RM SENTENZA 2020

La giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato, infatti, recepita nelle successive pronunce di questo Tribunale, ha affermato la natura perentoria del termine di 180 giorni per la conclusione del procedimento in questione, rilevando che la norma primaria di riferimento è data dall’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, per cui “Il regolamento dell'Autorità disciplina l'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell'apertura dell'istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti”; nel rispetto di tali principi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che, sebbene non vi sia un’espressa previsione in tal senso, il termine di 180 giorni fissato dal regolamento dell’Autorità deve considerarsi perentorio, avuto riguardo a tale normativa, che afferma espressamente l’obbligo di osservare il principio di tempestività sia nella fase di avvio, che in quella di conclusione del procedimento sanzionatorio (Cons. Stato, sez. V, n. 5695, 3 ottobre 2018).

Si è altresì osservato che in detto termine deve essere computato anche il periodo necessario alla comunicazione del provvedimento all’interessato, tenuto conto che il procedimento è regolato da disposizioni che disciplinano dettagliatamente numerose ipotesi di sospensione e di interruzione dei termini procedimentali e che non sarebbe pienamente assicurata una adeguata ed effettiva tutela del diritto di difesa del destinatario del provvedimento, qualora si consentisse all’Amministrazione di ritardare indebitamente la comunicazione all’interessato dell’esito del procedimento (Cons. Stato, n. 5695/2018).

La giurisprudenza ha evidenziato, altresì, che “la natura afflittiva delle sanzioni applicate all’esito dei procedimenti in esame assegna natura perentoria (…) al termine di inizio del procedimento al fine di evitare che l’impresa possa essere esposta a tempo indefinito all’applicazione della sanzione stessa” (Cons. Stato, VI, 11 giugno 2019, n. 3919).

Il che trova ragione nei profili di specialità del procedimento sanzionatorio rispetto al paradigma generale del procedimento amministrativo, e in particolare nella natura afflittivo-sanzionatoria del provvedimento che ne deriva, e dunque nel principio - rilevante sia nella fase di avvio, sia per la conclusione del procedimento sanzionatorio - secondo cui “l’esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti” (Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2874; 3 ottobre 2018, n. 5695).

Si deve quindi concludere che, sebbene non vi sia un’espressa previsione di perentorietà, l’impianto normativo di riferimento porta a ritenere che il provvedimento sanzionatorio impugnato sia stato adottato in violazione di quanto prescritto in base alla normativa primaria (art. 8, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006), che afferma espressamente l’obbligo di osservare il principio di tempestività sia nella fase di avvio, che in quella di conclusione del procedimento sanzionatorio.

Se si considera la prima sospensione di 40 giorni, ovvero 30 giorni per consentire agli operatori economici di presentare memorie e documenti, più 10 giorni per le controdeduzioni, e la seconda sospensione di 48 giorni (decorrente dal 4.10.2018 al 21.11.2018, data dell’audizione), entro la quale sono stati ricompresi i termini di 30+10 giorni, rispettivamente assegnati alla ES dalla effettiva comunicazione dell’avvio del procedimento nei suoi confronti per memorie ed alla stazione appaltante per repliche, il procedimento è stato sospeso per complessivi 88 giorni.

Stante la tardività del provvedimento rispetto al termine perentorio per la conclusione del procedimento, il motivo è quindi fondato, non residuando interesse all’esame delle ulteriori censure.

PROCEDIMENTO SANZIONATORIO ANAC- TERMINE PERENTORIO – 180 GIORNI

TAR LAZIO RM SENTENZA 2020

La giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato, infatti, recepita nelle successive pronunce di questo Tribunale, ha affermato la natura perentoria del termine di 180 giorni per la conclusione del procedimento in questione, rilevando che la norma primaria di riferimento è data dall’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, per cui “Il regolamento dell'Autorità disciplina l'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell'apertura dell'istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti”; nel rispetto di tali principi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che, sebbene non vi sia un’espressa previsione in tal senso, il termine di 180 giorni fissato dal regolamento dell’Autorità deve considerarsi perentorio, avuto riguardo a tale normativa, che afferma espressamente l’obbligo di osservare il principio di tempestività sia nella fase di avvio, che in quella di conclusione del procedimento sanzionatorio (Cons. Stato, sez. V, n. 5695, 3 ottobre 2018).

Si è altresì osservato che in detto termine deve essere computato anche il periodo necessario alla comunicazione del provvedimento all’interessato, tenuto conto che il procedimento è regolato da disposizioni che disciplinano dettagliatamente numerose ipotesi di sospensione e di interruzione dei termini procedimentali e che non sarebbe pienamente assicurata una adeguata ed effettiva tutela del diritto di difesa del destinatario del provvedimento, qualora si consentisse all’Amministrazione di ritardare indebitamente la comunicazione all’interessato dell’esito del procedimento (Cons. Stato, n. 5695/2018).

La giurisprudenza ha evidenziato, altresì, che “la natura afflittiva delle sanzioni applicate all’esito dei procedimenti in esame assegna natura perentoria (…) al termine di inizio del procedimento al fine di evitare che l’impresa possa essere esposta a tempo indefinito all’applicazione della sanzione stessa” (Cons. Stato, VI, 11 giugno 2019, n. 3919).

Il che trova ragione nei profili di specialità del procedimento sanzionatorio rispetto al paradigma generale del procedimento amministrativo, e in particolare nella natura afflittivo-sanzionatoria del provvedimento che ne deriva, e dunque nel principio - rilevante sia nella fase di avvio, sia per la conclusione del procedimento sanzionatorio - secondo cui “l’esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti” (Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2874; 3 ottobre 2018, n. 5695).

Si deve quindi concludere che, sebbene non vi sia un’espressa previsione di perentorietà, l’impianto normativo di riferimento porta a ritenere che il provvedimento sanzionatorio impugnato sia stato adottato in violazione di quanto prescritto in base alla normativa primaria (art. 8, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006), che afferma espressamente l’obbligo di osservare il principio di tempestività sia nella fase di avvio, che in quella di conclusione del procedimento sanzionatorio.

Nel caso in esame, se si considera la prima sospensione di 40 giorni, ovvero 30 giorni per consentire agli operatori economici di presentare memorie e documenti, più 10 giorni per le controdeduzioni, e la seconda sospensione di 48 giorni (decorrente dal 4.10.2018 al 21.11.2018, data dell’audizione), entro la quale sono stati ricompresi i termini di 30+10 giorni, rispettivamente assegnati alla ES dalla effettiva comunicazione dell’avvio del procedimento nei suoi confronti per memorie ed alla stazione appaltante per repliche, il procedimento è stato sospeso per complessivi 88 giorni.

Conseguentemente, tenuto conto della durata di 180 giorni, e della complessiva sospensione di 88 giorni (30 iniziali, più 10 per controdeduzioni, più 48 per l’audizione), il procedimento avrebbe dovuto essere concluso entro l’1 marzo 2019 e non, come sostenuto dalla difesa dell’ANAC, entro l’11 marzo 2019.

Non può infatti sostenersi che il termine finale del procedimento si determina in base al momento di adozione, e non di comunicazione o notificazione, dello stesso, costituente soltanto requisito di efficacia, ai sensi dell’art. 21-bis, inserito dall’art. 14 della legge n. 15 del 2005, sia in quanto la legge n. 241 del 1990 non è applicabile al procedimento sanzionatorio, regolato dalla disciplina generale della legge n. 689 del 1981, nonché, nel caso di specie, dalla disciplina di settore risultante dall’art. 8 del d.lgs. n. 163 del 2006 e dal Regolamento adottato dall’Autorità, sia poiché quest’ultimo regola già dettagliatamente numerose ipotesi di sospensione e di interruzione dei termini procedimentali, sicché non appare coerente con tali istituti prefigurare il termine finale come termine soltanto ordinatorio, mentre invece il suo rispetto si pone in stretta connessione con una adeguata ed effettiva tutela del diritto di difesa del destinatario del provvedimento, che non sarebbe pienamente assicurata se si consentisse all’Amministrazione di ritardare indebitamente la comunicazione all’interessato dell’esito del procedimento.

Stante la tardività del provvedimento rispetto al termine perentorio per la conclusione del procedimento, il motivo è quindi fondato, non residuando interesse all’esame delle ulteriori censure.

PROCEDIMENTO SANZIONATORIO ANAC- TERMINE PERENTORIO – 180 GIORNI

TAR LAZIO RM SENTENZA 2020

La giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato, infatti, recepita nelle successive pronunce di questo Tribunale, ha affermato la natura perentoria del termine di 180 giorni per la conclusione del procedimento in questione, rilevando che la norma primaria di riferimento è data dall’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, per cui “Il regolamento dell'Autorità disciplina l'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell'apertura dell'istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti”; nel rispetto di tali principi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che, sebbene non vi sia un’espressa previsione in tal senso, il termine di 180 giorni fissato dal regolamento dell’Autorità deve considerarsi perentorio, avuto riguardo a tale normativa, che afferma espressamente l’obbligo di osservare il principio di tempestività sia nella fase di avvio, che in quella di conclusione del procedimento sanzionatorio (Cons. Stato, sez. V, n. 5695, 3 ottobre 2018).

Si è altresì osservato che in detto termine deve essere computato anche il periodo necessario alla comunicazione del provvedimento all’interessato, tenuto conto che il procedimento è regolato da disposizioni che disciplinano dettagliatamente numerose ipotesi di sospensione e di interruzione dei termini procedimentali e che non sarebbe pienamente assicurata una adeguata ed effettiva tutela del diritto di difesa del destinatario del provvedimento, qualora si consentisse all’Amministrazione di ritardare indebitamente la comunicazione all’interessato dell’esito del procedimento (Cons. Stato, n. 5695/2018).

La giurisprudenza ha evidenziato, altresì, che “la natura afflittiva delle sanzioni applicate all’esito dei procedimenti in esame assegna natura perentoria (…) al termine di inizio del procedimento al fine di evitare che l’impresa possa essere esposta a tempo indefinito all’applicazione della sanzione stessa” (Cons. Stato, VI, 11 giugno 2019, n. 3919).

Il che trova ragione nei profili di specialità del procedimento sanzionatorio rispetto al paradigma generale del procedimento amministrativo, e in particolare nella natura afflittivo-sanzionatoria del provvedimento che ne deriva, e dunque nel principio - rilevante sia nella fase di avvio, sia per la conclusione del procedimento sanzionatorio - secondo cui “l’esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti” (Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2874; 3 ottobre 2018, n. 5695).

Si deve quindi concludere che, sebbene non vi sia un’espressa previsione di perentorietà, l’impianto normativo di riferimento porta a ritenere che il provvedimento sanzionatorio impugnato sia stato adottato in violazione di quanto prescritto in base alla normativa primaria (art. 8, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006), che afferma espressamente l’obbligo di osservare il principio di tempestività sia nella fase di avvio, che in quella di conclusione del procedimento sanzionatorio.

Non può infatti sostenersi che il termine finale del procedimento si determina in base al momento di adozione, e non di comunicazione o notificazione, dello stesso, costituente soltanto requisito di efficacia, ai sensi dell’art. 21-bis, inserito dall’art. 14 della legge n. 15 del 2005, sia in quanto la legge n. 241 del 1990 non è applicabile al procedimento sanzionatorio, regolato dalla disciplina generale della legge n. 689 del 1981, nonché, nel caso di specie, dalla disciplina di settore risultante dall’art. 8 del d.lgs. n. 163 del 2006 e dal Regolamento adottato dall’Autorità, sia poiché quest’ultimo regola già dettagliatamente numerose ipotesi di sospensione e di interruzione dei termini procedimentali, sicché non appare coerente con tali istituti prefigurare il termine finale come termine soltanto ordinatorio, mentre invece il suo rispetto si pone in stretta connessione con una adeguata ed effettiva tutela del diritto di difesa del destinatario del provvedimento, che non sarebbe pienamente assicurata se si consentisse all’Amministrazione di ritardare indebitamente la comunicazione all’interessato dell’esito del procedimento.

Stante la tardività del provvedimento rispetto al termine perentorio per la conclusione del procedimento, il motivo è quindi fondato, non residuando interesse all’esame delle ulteriori censure.

VERIFICA SOCIO UNICO PERSONA GIURIDICA - VERSAMENTO CONTRIBUTO ANAC A PENA DI ESCLUSIONE NELLE CONCESSIONI

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2019

Come noto, l’art. 38 comma 1 lettera c) attribuisce formalmente rilievo – quale causa di esclusione e del correlativo obbligo di dichiarazione – alle condanne subite, fra gli altri, dal «socio unico persona fisica» della società di capitali, vale a dire una società per azioni come quella di cui è causa.

Sull’interpretazione della norma succitata non si registra un univoco orientamento della giurisprudenza amministrativa, sicché accanto a chi propugna una interpretazione strettamente letterale, con la conseguenza della irrilevanza dell’omessa dichiarazione del socio unico persona giuridica, vi è chi reputa necessario interpretare la disposizione alla luce della superiore norma di diritto euro-unitario dalla quale è derivato, in sede di attuazione, l’art. 38 del D.Lgs. 163/2006.

Si tratta, in particolare, dell’art. 45 della direttiva 2004/18, oggi abrogato ma pur sempre applicabile alla presente fattispecie ratione temporis.

L’art. 1 ultimo comma dell’art. 45 consente alle amministrazioni aggiudicatrici di richiedere informazioni sulla situazione personale dei partecipanti, ivi compresi «i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell'offerente».

La formula ampia della direttiva (“qualsiasi persona”), pare riferirsi, secondo una logica non formalistica ma sostanziale che è del resto propria del diritto euro-unitario, a qualsivoglia soggetto che di fatto controlli l’operatore partecipante, senza quindi alcuna distinzione fra controllante persona fisica e controllante persona giuridica, tenuto anche conto che il controllo di importanti imprese-persone giuridiche partecipanti alle gare pubbliche è spesso effettuato non da una semplice persona fisica ma da altra persona giuridica avente carattere di “holding” (la “holding”, secondo la dottrina, è anch’essa una impresa, che esercita la propria attività non in via diretta bensì avvalendosi di una controllata, ma che si qualifica pur sempre come un imprenditore, secondo la definizione dell’art. 2082 del codice civile).

Da questo punto di vista, la limitazione della dichiarazione al solo socio unico persona fisica non appare francamente comprensibile; se la dichiarazione della persona fisica che è anche il solo controllante della società si giustifica per evitare facili elusioni alla disciplina sulla partecipazione alle gare pubbliche, parimenti non si comprende perché non imporre che analoga dichiarazione sia resa dal socio unico persona giuridica, posto che anche attraverso quest’ultimo soggetto possono essere realizzate condotte elusive dei ricordati divieti di partecipazione.

Una interpretazione dell’art. 38 in conformità con la norma della direttiva 2004/18 – quest’ultima di rango superiore al primo, come noto – appare necessaria per impedire una altrimenti facile violazione del diritto europeo ed anche per evitare un contrasto fra le due disposizioni, contrasto che vedrebbe in ogni caso prevalere quella di derivazione euro-unitaria.

Tale linea interpretativa appare tanto più giustificata nel caso di specie, solo se si considera che:

- la presente concessione ha un valore quanto mai significativo, se si pensa che l’importo contrattuale è di quasi un miliardo e quattrocento milioni di euro;

- il servizio di distribuzione del gas naturale avviene in un ambito territoriale di particolare rilevanza socio-economica come quello di Milano e dei comuni contermini;

- A è socio unico che esercita attività di direzione e di coordinamento ai sensi dell’art. 2497 bis del codice civile con le pregnanti conseguenze che ne derivano in base al codice civile stesso (si pensi ad esempio all’obbligo di motivazione delle decisioni di cui all’art. 2497 ter del codice medesimo).

Preme altresì evidenziare che anche il Consiglio di Stato, in una recente pronuncia, ha motivatamente argomentato sulla necessità che anche il socio unico persona giuridica renda la dichiarazione di cui all’art. 38 del D.Lgs. 163/2006, norma ora trasfusa nell’art. 80 del vigente D.Lgs. 50/2016.

Deve reputarsi irrilevante, a fini dell’assoggettamento al pagamento del contributo, che la presente gara abbia per oggetto una concessione e non un appalto di servizi.

Il contributo all’Autorità di regolazione è, infatti, dovuto dagli operatori assoggettati alla vigilanza ed al controllo dell’autorità stessa, prescindendosi pertanto dalla modalità di affidamento del servizio, sia esso appalto o concessione (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III-quater, 8.6.2017, n. 6790).

Argomento difensivo delle parti intimate è che il bando di gara non prevede espressamente l’obbligo di pagamento del contributo, sicché doverosamente l’amministrazione avrebbe attivato il c.d. soccorso istruttorio a favore della partecipante A. A sostegno di tale prospettazione è richiamata altresì la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) del 2.6.2016, nella causa C-27/15.

Sul tema deve osservarsi che, stante la chiara dizione della normativa in materia (dapprima gli articoli 6 e 8 del D.Lgs. 163/2006 ed oggi l’art. 213 del D.Lgs. 50/2016, che richiamano tutti l’art. 1 comma 67 della legge 266/2005), oltre che le altrettanto chiare indicazioni dell’Autorità di regolazione, l’obbligo di versamento del contributo discende direttamente dalla legge, destinata ad integrare le previsioni del bando di gara, secondo il fenomeno della c.d. eterointegrazione, non sconosciuto al regime degli appalti pubblici.

Il Collegio non ignora certo che la eterointegrazione può operare soltanto in caso di lacune dei bandi di gara e con riguardo soltanto a norme imperative, contenenti obblighi chiari e predeterminati, in grado di supplire all’elemento mancante della lex specialis (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 12.12.2018, n. 7023 e 24.10.2017, n. 4903, TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 17.11.2017, n. 2588 e TAR Lazio, Roma, sez. I-bis, 7.2.2017, n. 2079).

Nel caso di specie, tuttavia, l’obbligo di pagamento discende da una norma imperativa da tempo in vigore, come del resto chiarito dalla prassi dell’Autorità ed anche dalla giurisprudenza amministrativa, che ha sempre reputato che il pagamento del contributo costituisce condizione di ammissibilità dell’offerta (cfr. da ultimo, fra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 12.3.2018, n. 1572, per la quale: «il mancato pagamento del contributo previsto per tutti gli appalti pubblici costituisce una “condizione di ammissibilità dell'offerta” e la sanzione dell'esclusione dalla gara deriva direttamente ed obbligatoriamente dalla legge»).

REGIME SANZIONATORIO ANAC - COMUNICAZIONE TEMPESTIVA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2016

Secondo l'art. 8, comma 4, del D.lgs. n. 163/2006 (..) il regolamento che disciplina l'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità non deve ispirarsi soltanto al "rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell'apertura dell'istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione”; ma anche a quello –che specificamente rileva sotto il profilo della notificazione della deliberazione finale- “della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento…".

PROCEDIMENTO SANZIONATORIO - TERMINI - ILLEGITTIMITA' ANNOTAZIONE

TAR LAZIO SENTENZA 2015

E' illegittima l'annotazione nel casellario Anac in caso di mancato rispetto del termine di 180 gg. previsto dall’art. 29 del regolamento unico del 26 febbraio 2014 per la conclusione del procedimento; sebbene il predetto termine di 180 gg. non sia espressamente previsto come perentorio, è comunque contraddittorio fissare nel regolamento unico del 26 febbraio 2014 un termine di conclusione del procedimento sanzionatorio e, poi, non rispettare un auto vincolo posto dalla stessa Autorita' procedente (che peraltro va anche inteso come posto a garanzia dell’incolpato, in ragione della natura afflittiva della procedura);peraltro, il termine di 180 gg. (al netto dei periodi di sospensione per esigenze di istruttoria) è di gran lunga superiore a quello ordinario di 30 gg. fissato dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990, il che rende ancor meno giustificabile il suo mancato rispetto.

ATTIVITÀ DI VIGILANZA - PUBBLICAZIONE SOGGETTI TITOLARI DI INCARICHI DIRIGENZIALI

ANAC COMUNICATO 2015

Oggetto: Attivita' di vigilanza sulla pubblicazione dei dati dei componenti degli organi di indirizzo e dei soggetti titolari di incarichi dirigenziali e di consulenza da parte delle societa' e degli enti di diritto privato controllati e partecipati da pubbliche amministrazioni

ANAC- REGOLAMENTO PARTECIPAZIONE AI PROCEDIMENTI DI REGOLAZIONE

ANAC PROVVEDIMENTO 2015

Regolamento sulla disciplina della partecipazione ai procedimenti di regolazione dell'Autorita' nazionale anticorruzione. (15A02920)

ANAC -MANCATA CONSIDERAZIONE OSSERVAZIONI DIFENSIVE PRODOTTE DA OPERATORE ECONOMICO

TAR LAZIO RM SENTENZA 2015

Laddove l’ANAC non ha preso in considerazione le osservazioni difensive prodotte, cio' integra violazione della garanzia di partecipazione procedimentale – che l’ANAC deve assicurare anche nei procedimenti di annotazione in virtu' di quanto espressamente dispone l’art. 8, comma 12, D.P.R.. n. 207 / 2010 – e, in particolare, dell’art. 10, lett. b) della Legge n. 241 del 1990 a mente del quale gli interessati “hanno diritto:….b) di presentare memorie scritte e documenti che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento”.

L’ANAC, pertanto, e' senza dubbio tenuta a valutare le deduzioni della ricorrente, rilevanti ai fini del legittimo esercizio del proprio potere di inserimento nel casellario ex art. 8 cit., potere che, con riferimento alle informazioni “atipiche” in oggetto (trattandosi di notizie non tipizzate o predeterminate dal Legislatore che l’ANAC puo' comunque ritenere “utili ai fini della tenuta del casellario”) è connotato da margini, seppur limitati, di discrezionalita' e che, ove esercitato tenendo in debito conto gli elementi di valutazione introdotti, puo' condurre ad un diverso esito.

L’adozione del provvedimento finale, senza l’esame delle osservazioni difensive e dei documenti allegati dall’odierna ricorrente, integra, altresi', il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto l’attivita' espletata si appalesa come incompleta e lacunosa, svolta senza assumere gli elementi giuridici e le circostanze fattuali introdotti nel procedimento (ci si riferisce in particolare all’inadempimento nel pagamento dei corrispettivi contestato all’E. ed alla causa civile in corso tra le parti) e che, come detto, avrebbero potuto condurre ad un diverso esito procedimentale.

CONTRIBUTO ANAC PER L'ANNO 2015

ANAC DELIBERA 2014

Autofinanziamento per l'anno 2015. (15a05329)

POTERE SANZIONATORIO ANAC - REGOLAMENTO UNICO (213.13)

AVCP REGOLAMENTO 2014

Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’art. 8, comma 4, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

REGOLAMENTO CONSULTAZIONI ON LINE ATTI AVCP

AVCP REGOLAMENTO 2011

Disciplina della partecipazione ai procedimenti di regolazione dell'Autorita'.

ISTRUZIONI OPERATIVE CONTRIBUTO AVCP 2010

AVCP NOTA 2010

Istruzioni relative alle contribuzioni dovute, ai sensi dell'art. 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, di soggetti pubblici e privati in vigore dal 1 maggio 2010.

POTERE SANZIONATORIO AVCP

AVCP DELIBERAZIONE 2010

Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. (10A02978)

TASSA SULLE GARE - MODALITA' E TERMINI DI VERSAMENTO

AVCP DELIBERAZIONE 2010

Attuazione dell'art. 1, commi 65 e 67, della legge 23 dicembre 2005, N. 266 per l'anno 2010

DIVIETO SPECIFICHE TECNICHE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

La giurisprudenza amministrativa – anche antecedente al c.d. "codice degli appalti" di cui al d.lvo n. 163/2006- ha costantemente affermato, quanto alle c.d. "specifiche tecniche", che "ai sensi dell'art. 19 comma 5, d.lgs. n. 158 del 1995, non possono essere introdotte specifiche tecniche che menzionino prodotti di una fabbricazione o di una provenienza determinata o procedimenti particolari aventi l'effetto di favorire o eliminare talune imprese, a meno che tali specifiche tecniche siano giustificate dall'oggetto dell'appalto."(Consiglio Stato , sez. VI, 19 settembre 2007, n. 4884 ).

Gia' in passato, peraltro, si era affermato che "in sede di gara pubblica per l'appalto di fornitura l'amministrazione aggiudicatrice puo' individuare particolari caratteristiche tecniche dei prodotti ritenuti idonei allo svolgimento delle attivita' cui destinare le forniture, purche' l'individuazione di tali specifiche caratteristiche sia effettuata facendo riferimento ad elementi davvero significativi per distinguere nettamente l'oggetto della fornitura, senza determinare alcuna discriminazione a favore o contro le imprese produttrici di determinati beni, mentre nei casi in cui le specifiche tecniche risultino tutte incentrate sul riferimento al prodotto gia' confezionato dalle imprese produttrici, il riferimento tecnico deve essere necessariamente corretto attraverso il riferimento al concetto di «equivalenza»(Consiglio Stato , sez. V, 24 luglio 2007, n. 4138);"l'art. 8 comma 6 d.lgs. 24 luglio 1992 n. 358, stabilisce in via generale il divieto di introdurre nelle clausole contrattuali specifiche tecniche che facciano riferimento espresso a prodotti di una determinata fabbricazione o provenienza: tuttavia, è possibile derogare a tale divieto in considerazione dell'oggetto dell'appalto allorquando le amministrazioni aggiudicatrici non possano fornire una descrizione dell'oggetto del contratto mediante specifiche sufficientemente precise e comprensibili da parte i tutti gli interessati; pertanto, è giustificata la scelta del comune di inserire due clausole siffatte dirette ad ottenere la partecipazione di operatori in grado di disporre correttamente dei prodotti di marche caratterizzate da una presenza importante sul mercato per garantire un alto livello di affidabilita' della fornitura di computer e la sua compatibilita' con i sistemi informatici gia' in dotazione presso l'amministrazione e collegati in rete nonche' l'esigenza di un'immediata ed effettiva reperibilita' dei pezzi di ricambio." (Consiglio Stato , sez. V, 18 dicembre 2002, n. 7050)

Scopo primario e "tradizionale" delle procedure evidenziali applicate ai contratti passivi stipulati dalle amministrazioni è quello di garantire che l’amministrazione si aggiudichi beni e servizi di migliore qualita' ad un minore prezzo (oltreche' quello di garantire che le imprese offerenti operino in regime di equilibrata concorrenza). Deve quindi essere recisamente escluso, in via di principio che un prodotto migliorativo sotto il profilo tecnico, possa essere giudicato inadeguato perche' non rispettoso di specifiche tecniche a loro volta non "essenziali": cio' configurerebbe una inammissibile aporia e vulnus alla stessa ratio delle procedure evidenziali.

CONDIZIONE AMMISSIBILITA' GARA - TASSA AVCP

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

Il pagamento del contributo è condizione di ammissibilita' della partecipazione alla gara e deve essere puntualmente dimostrato, anche mediante la precisa indicazione del codice identificativo della procedura di riferimento. L'esclusione dei partecipanti i quali non rispettano le regole citate va disposta obbligatoriamente, anche nelle ipotesi in cui il bando di gara ometta di disciplinare, dettagliatamente, le modalita' di attestazione dell'intervenuto pagamento del contributo.

SEGNALAZIONE ED ESPOSTI ALL'AVCP - MODALITA'

AVCP COMUNICATO 2009

Comunicato sulle modalita' per presentare segnalazioni ed esposti all'Autorita' di Vigilanza.

TASSA AVCP - MODALITA' E TERMINI DI VERSAMENTO

AVCP DELIBERAZIONE 2009

Attuazione dell’art. 1, commi 65 e 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 per l’anno 2009

AUTORITA' DI VIGILANZA - AMBITO DI COMPETENZA

AVCP PROVVEDIMENTO 2009

Regolamento in materia di attivita' di vigilanza e accertamenti ispettivi di competenza dell'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo n. 163/2006. (09A03635)

MANCATO PAGAMENTO CONTRIBUTO ALL'AVCP - CONSEGUENZE

TAR PUGLIA BA SENTENZA 2008

L’articolo 1, comma 67 della l. 23 dicembre 2005, n. 266 prevede, come obbligatorio, il versamento del contributo in favore dell’Autorita' di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. L'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, (ed oggi anche di) servizi e forniture, con propria delibera del 10 gennaio 2007, ha appunto determinato le contribuzioni (individuando i soggetti, pubblici e privati, obbligati, perche' sottoposti alla sua vigilanza), con le relative modalita' di riscossione, "ivi compreso l'obbligo di versamento del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilita' dell'offerta", nell'ambito della sua ampliata competenza, allargata alle procedure finalizzate non solo alla realizzazione di opere pubbliche, ma anche alla conclusione di contratti di fornitura e di svolgimento di servizi. Ha cosi' stabilito che sono tenuti alla contribuzione, come determinata nella tabella, di cui all’art. 2, tra gli altri: b) gli operatori economici che intendono partecipare a procedure di scelta del contraente attivate dai soggetti tenuti alle procedure di evidenza pubblica.

I soggetti che partecipano a gare pubbliche sono, pertanto, tenuti al pagamento della contribuzione quale condizione di ammissibilita' alla procedura di selezione del contraente. Essi sono tenuti a dimostrare, al momento di presentazione dell’offerta, di avere versato la somma dovuta a titolo di contribuzione. La mancata dimostrazione dell’avvenuto versamento di tale somma è causa di esclusione dalla procedura di gara. E’ allora chiaro che l’obbligo di versamento della contribuzione, a carico dei partecipanti alle procedure per l’affidamento, pur sempre imposto a pena di esclusione dalla gara, non risulta stabilito direttamente dall'articolo 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, bensi' dal complesso di regole fissate dalla delibera dell’Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, a cio' abilitata dall’articolo 8, comma 12, del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, il quale ultimo ha consentito, attraverso il rinvio all'articolo 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, l’applicazione anche agli altri contratti del meccanismo li' delineato in origine per i soli lavori.

La disposizione dell’art. 1, comma 67 della l. 266 del 2005, come resa concretamente operativa dalla delibera dell’Autorita', integra norma eterointegrativa dei bandi di gara attesa la totale assenza di discrezionalita' dell’amministrazione in ordine alla sua applicabilita' ed efficacia (TAR Sicilia, Palermo III, 11 dicembre 2006, n. 3888). Ne' rileva in contrario la circostanza che la stazione appaltante abbia omesso di comunicare la procedura di gara al sistema informativo dell'Autorita' (non ottenendo quindi il relativo codice identificativo) e di versare il contributo a proprio carico, atteso che con la delibera dell’Autorita' del 10 gennaio 2007 è disciplinata anche la misura del contributo, sicche' è sempre possibile per il concorrente quantificare la misura del contributo ed effettuarne il versamento. Deve ritenersi, di conseguenza, illegittima la omessa esclusione dalla gara di tutti i partecipanti che non hanno versato il suddetto contributo.

PAGAMENTO TASSA AVCP - MODALITA'

TAR FRIULI SENTENZA 2008

In carenza di una espressa clausola di bando comminante direttamente l’esclusione per l’ipotesi di effettuazione del versamento con modalita' diverse da quelle previste, in ossequio al criterio di tassativita' delle previsioni di esclusione ed a quello di favorire la massima partecipazione alle gare, non puo' essere giudicata legittima l’esclusione del concorrente.

CONTRIBUTO ALL'AVCP - CODICE CIG - CAUSA DI ESCLUSIONE

TAR MARCHE SENTENZA 2008

La mancata indicazione del codice CIG in sede di versamento della tassa gara non puo' condurre all´esclusione dell´offerta, il che del resto è stato ritenuto dalla stessa Autorita' di Vigilanza sui Contratti Pubblici con le deliberazioni nn. 216, 266 e 267 del 2007. In tali atti di regolazione, l´Autorita', mostrando di aver perfettamente recepito la "ratio" della norma istitutiva del contributo, ha evidenziato che la normativa – art. 1, comma 67, della L. 23 dicembre 2005 n.266 – attribuisce rilevanza solo al mancato versamento del contributo e non anche all´eventuale violazione delle regole procedurali e formali che disciplinano le modalita' con cui il pagamento deve essere effettuato. Il Collegio condivide tali argomentazioni, anche alla luce del fatto che la partecipazione alle gare ad evidenza pubblica non puo' essere subordinata ad adempimenti formali che nessuna incidenza hanno sugli interessi pubblici sostanziali di cui la stazione appaltante è portatrice nel momento in cui bandisce una gara d’appalto. In questo senso la mancata indicazione del codice CIG sul bollettino di versamento è sanabile, ove necessario, a posteriori, trattandosi di dati che possono rilevare solo a fini fiscali o statistici; l’indicazione del codice CIG, peraltro, puo' essere invece fondamentale solo nel caso in cui la stessa stazione appaltante indica, nello stesso giorno, piu' gare aventi oggetto analogo. In questo caso, infatti, è importante la specificazione della gara a cui si riferisce il versamento, perche' l’impresa potrebbe anche giocare sull’equivoco e utilizzare – magari allegando alle varie offerte fotocopie autenticate dell’unico bollettino – il medesimo versamento per partecipare a piu' di una gara, il che verrebbe a ledere, oltre alla “par condicio” fra i concorrenti, l’interesse pubblico alla regolarita' della procedura e l’interesse dell’Autorita' di Vigilanza sui Contratti Pubblici a incamerare i contributi in questione.

AVCP - REGOLAMENTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI

AVCP DELIBERAZIONE 2008

Regolamento concernente l'accesso ai documenti formati o detenuti stabilmente dall'Autorita'.

AUTORITA' DI VIGILANZA E RAPPRESENTANZA PROCESSUALE

TAR PIEMONTE TO SENTENZA 2008

Non si puo' prescindere dai chiari indici che, nell’attuale quadro normativo di riferimento, depongono nel senso dell’assenza di personalita' giuridica in capo all’Autorita' (cfr. articolo 6, comma 2, del codice dei contratti) la quale, pertanto, deve essere assimilata agli organi dello Stato cui si applica la regola della rappresentanza obbligatoria da parte dell’Avvocatura.

CONTRIBUTO AVCP - CAUSALE VERSAMENTO

TAR CALABRIA RC SENTENZA 2008

Con la deliberazione del 10.01.2007, l´Autorita' di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha stabilito che i soggetti partecipanti alle gare sono tenuti a versare all´Autorita' un contributo di importo variabile in funzione dell´entita' della gara, mentre il successivo art. 3, comma 3, precisa che il pagamento del contributo configura "condizione di ammissibilita' alla procedura di selezione del contraente" e che spetta al singolo partecipante "dimostrare, al momento della presentazione dell´offerta, di avere versato la somma dovuta a titolo di contribuzione", giacchè "la mancata dimostrazione dell´avvenuto versamento di tale somma è causa di esclusione dalla gara". Poichè per espressa previsione dell´art. 3, comma 3, della deliberazione del 10.01.2007 dell´Autorita' di vigilanza, è il pagamento del contributo a configurare "condizione di ammissibilita' alla procedura di selezione del contraente", essendo onere di ogni singolo partecipante dimostrare, al momento di presentazione dell´offerta, "di avere versato la somma dovuta a titolo di contribuzione", assume rilevanza quale causa di esclusione dalla procedura esclusivamente "la mancata dimostrazione dell´avvenuto versamento di tale somma" e non certo l´omessa indicazione del codice identificativo "CIG", quantomeno nell´ipotesi in cui non vi è nessun dubbio – oggettivamente rilevabile – circa l´imputabilita' del versamento ad una specifica gara.

ANNULLAMENTO AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA

TAR LOMBARDIA BS SENTENZA 2008

In tema di annullamento dell'aggiudicazione, l'ipotesi di annullamento dell'aggiudicazione provvisoria, da quella dell'annullamento di ufficio dell'aggiudicazione definitiva. Al riguardo è stato affermato che, nella prima ipotesi, non si richiede alcuna comunicazione dell'avvio del procedimento, a differenza del secondo caso, nel quale il procedimento non puo' legittimamente espletarsi ed il provvedimento non puo' essere adottato senza la preventiva comunicazione di avvio, in ragione della posizione qualificata di vantaggio costituita in capo al titolare, dal provvedimento amministrativo definitivo.

Sotto il profilo in esame assume rilevanza la natura di atto endoprocedimentale dell'aggiudicazione provvisoria che si inserisce nell'ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del concorrente aggiudicatario risulta consacrata soltanto con l'aggiudicazione definitiva. Di conseguenza, quando l'amministrazione intende adottare decisioni conclusive difformi rispetto all'aggiudicazione provvisoria, non è tenuta a dare comunicazione dell'avvio del relativo procedimento, versandosi ancora nell'unico procedimento iniziato con l'istanza di partecipazione alla gara, vantando in tal caso l'aggiudicatario provvisorio una mera aspettativa alla conclusione del procedimento. Va tuttavia ricordato che il legislatore (con l'introduzione dell'art. 10-bis della Legge n. 241/90) ha comunque avvertito l'esigenza partecipativa che, nei procedimenti ad istanza di parte, l'interessato (piuttosto che essere previamente avvisato dell'avvio del procedimento) sia informato delle ragioni che si oppongono alla soddisfazione della sua pretesa. Detta censura non è stata tuttavia dedotta dall'odierno ricorrente, per cui il Collegio non puo' entrare nel merito di tale profilo. Va infine osservato che, secondo l'indirizzo generale, le conseguenze dell'omesso avviso di avvio del procedimento (ai fini della legittimita' o meno dell'atto conclusivo del procedimento stesso), vanno esaminate in un'ottica sostanzialistica e non meramente formale, secondo i principi recepiti anche a livello legislativo (cfr. art. 21-octies comma 2 della Legge n. 241/90). L'omessa comunicazione non concretizza quindi ex se un vizio procedimentale, ma vizia l'azione amministrativa solo qualora abbia effettivamente impedito la partecipazione dell'interessato al procedimento amministrativo attraverso l'introduzione di elementi valutativi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione finale.

Per quanto riguarda, invece, la corresponsione del contributo all'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici, si precisa che, il versamento effettuato secondo disposizioni diverse da quelle impartite dall'Autorita' costituisce una mera irregolarita' sanabile nel corso della procedura, e cio' in forza del noto principio di stretta interpretazione delle cause di esclusione dalle gare pubbliche, dovendosi dare la prevalenza alla diversa esigenza che postula la piu' ampia partecipazione alle stesse, cosi' che il soggetto che bandisce gli esperimenti possa ottenere le migliori condizioni contrattuali.

TASSA SULLE GARE - NUOVI IMPORTI

AVCP DELIBERAZIONE 2008

Entità e modalità di versamento del contributo a favore dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (attuazione dell'articolo 1, commi 65 e 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per l'anno 2008).

ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA - INTERESSEA RICORRERE

TAR PIEMONTE SENTENZA 2007

La disposizione contenuta nell’art. 8, comma 1, del decreto legislativo 9 ottobre 2002 n. 231, attribuisce, a tutela degli interessi collettivi, la legittimazione ad agire alle associazioni di categoria degli imprenditori; in particolare emerge la facoltà delle associazioni di esperire un’azione inibitoria, che porta, in caso di accoglimento della domanda, alla pronuncia di una sentenza con cui si ordina al soccombente la cessazione del suo comportamento illegittimo e l’astensione da esso per il futuro, ovvero, se non è già in atto una condotta abusiva, la si inibisce in via preventiva. L’art. 8 sopra citato risolve, così, il problema della tutela giurisdizionale degli interessi c.d. adespoti (ossia senza un titolare che non sono riconducibili cioè alla sfera giuridica di un soggetto determinato). La legge in tal modo crea un meccanismo per cui, attraverso il riconoscimento dell’azione, l’interesse di categoria viene ricollegato ad un centro di riferimento di tali interessi rappresentato dall’ente esponenziale, che ne diventa titolare. Tale norma riconosce e tutela una situazione giuridica che può essere definita in termini di diritto (e non di interesse legittimo) dell’associazione degli imprenditori ad impedire che siano predisposte ed utilizzate condizioni generali di contratto da reputare inique in base ai criteri sanciti dall’art. 7 del D.Lgs. n. 231/2002. Che si tratti di diritto soggettivo, e non di interesse legittimo, emerge non solo dalla lettera della legge che, come detto, appare incentrata sul problema del riconoscimento di tutela ad interessi collettivi, ma anche dal rilievo che nessun potere amministrativo, che possa incidere sulla situazione giuridica tutelata, è presente sia nella disciplina specifica dettata dall’art. 8 cit., sia nella generale disciplina della materia dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali regolata dal decreto legislativo n. 231 del 2002.

Nel caso di specie l’eventuale accoglimento della domanda inibitoria comporta l’ordine per l’amministrazione di non inserire le clausole contrattuali inique negli atti di gara da predisporre limitando, perciò, la discrezionalità dell’amministrazione stessa in una fase delicatissima quale quella della predisposizione del regolamento contrattuale che costituisce un elemento fondamentale nella documentazione posta a base di gara, con la conseguenza che l’azione inibitoria incide sulle (future) procedure di affidamento. Inoltre la controversia non riguarda la tutela di interessi legittimi, e quindi non rientra nella giurisdizione amministrativa generale di legittimità. E’ da verificare quindi se la controversia rientri nella giurisdizione esclusiva definita dagli articoli 6 e 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205.

TASSA AUTORITA' PER GARE DI FORNITURE E SERVIZI

AVCP DELIBERAZIONE 2007

Attuazione dell’art. 1, commi 65 e 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 per l’anno 2007