Art. 1. Oggetto

ABROGATO DAL 19-04-2016 (ART. 217 DLGS 50-2016)

1. Il presente codice disciplina i contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l'acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere.

1-bis. Il presente codice si applica ai contratti pubblici aggiudicati nei settori della difesa e della sicurezza, ad eccezione dei contratti cui si applica il decreto di attuazione della direttiva 2009/81/CE e dei contratti di cui all'articolo 6 dello stesso decreto legislativo di attuazione. comma aggiunto dall’art.33 del D.Lgs. 208/2011 in vigore dal 15/01/2012

2. Nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un'opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica.
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Giurisprudenza e Prassi

NOZIONE E DISCIPLINA DEL SERVIZIO PUBBLICO LOCALE

TAR ABRUZZO AQ SENTENZA 2011

La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, 1° aprile 2011, n. 2012), ha esplicitamente escluso che l’art. 23bis, comma 9, d.l. 112/2008, come modificato dall’art. 15 d.l. 135/2009 (norma che preclude l'acquisizione della gestione di servizi ulteriori, con o senza gara, ai soggetti che gestiscono servizi pubblici locali ad essi affidati senza il rispetto dei principi dell'evidenza pubblica: cfr. Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 850), applicabile ratione temporis alla fattispecie, possa trovare applicazione anche nelle gare, come quella in esame, che abbiano ad oggetto il mero appalto di un servizio. “Partendo dalla nozione comunemente accolta da dottrina e giurisprudenza del servizio pubblico locale (in contrapposizione a quella di appalto di servizi)”, è stato osservato che tale natura va riservata “a quelle attività che sono destinate a rendere un’utilità immediatamente percepibile ai singoli o all’utenza complessivamente considerata, che ne sopporta i costi direttamente, mediante pagamento di apposita tariffa, all’interno di un rapporto trilaterale, con assunzione del rischio di impresa a carico del gestore”. Il requisito essenziale della nozione di servizio pubblico locale sta quindi nel fatto “che il singolo o la collettività abbiano a ricevere un vantaggio diretto e non mediato da un certo servizio, escludendosi, di conseguenza, che ricorre sevizio pubblico a fronte di prestazioni strumentali a far sì che un’amministrazione direttamente o indirettamente, possa poi provvedere ad erogare una determinata attività. In quest’ultimo caso si parla, infatti, di mero appalto di servizi e non di servizio pubblico locale”, caratterizzato dal carattere bilaterale del rapporto e dall’assenza di qualunque diretto beneficio dell’utenza. Il che porta ad escludere che il “mero appalto di servizi” rientri nell’ambito di operatività dell’art. 23 bis, che riguarda, invece, “l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, nell’intento di garantire, da una parte, la più ampia diffusione dei principi di concorrenza e, dall’altra, un’adeguata tutela degli utenti, sicché non trova applicazione laddove il servizio dedotto in contratto non sia qualificabile come servizio pubblico locale”. La decisione in parola ha espressamente disatteso l’affermazione secondo cui, anche se quello oggetto di gara non fosse qualificabile come servizio pubblico locale bensì come appalto di servizi, nulla muterebbe rispetto al divieto di svolgere lo stesso e ciò per espressa previsione legislativa (“né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici…né partecipando a gare”), visto che “tale interpretazione estensiva della norma si pone in contrasto con tutto l’impianto normativo dell’art. 23 bis e con la ratio stessa della norma”, stabilendo il primo comma che le disposizioni del suddetto articolo “disciplinano l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”, sicché ne è esclusa l’applicazione agli appalti di servizi, trovando tale conclusione conferma “nella costante giurisprudenza che ha chiarito che solo in presenza di servizi pubblici locali si può applicare la speciale disciplina sancita prima dall’art. 113 e successivamente dall’art. 23 bis che lo ha di fatto sostituito”.

GIURISDIZIONE DEL G.A. ANCHE NEGLI APPALTI SOTTO SOGLIA COMUNITARIA

CORTE CASSAZIONE SENTENZA 2011

La disciplina dettata dal Dlgs. 163/2006 non si applica esclusivamente ai contratti pubblici di lavoro, servizi e forniture di importo superiore alla soglia comunitaria, ma, in parte, anche a quelli sotto soglia. L’art. 121 del citato D.Lgs. dispone, infatti, che ai contratti pubblici aventi per oggetto lavori, servizi, forniture, di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, si applicano oltre alle disposizioni della parte 1^, della parte 4^ e della parte 5^, anche le disposizioni della parte 2^, in quanto non derogate dalle norme del presente titolo 2^. Detto articolo, pertanto, opera una sostanziale unificazione della disciplina dei contratti sopra soglia comunitaria con quelli sotto soglia, sancendo l'applicabilità a quest'ultimi di gran parte delle norme del codice dei contratti. Tra le norme di applicazione generale, valevoli anche per i contratti sotto soglia di particolare rilievo, per il caso che ne occupa, è il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244 contenuto nel titolo 4^ sul contenzioso, richiamato dal menzionato art. 121, il quale demanda alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente, ad applicare la normativa comunitaria o ad osservare i procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale. Il fatto che anche i contratti sotto soglia soggiacciono ai principi fondamentali dell'ordinamento comunitario ed ai principi generali che governano la materia dei contratti pubblici, porta a concludere che la controversia in questione rientra nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

GESTIONE SERVIZI PUBBLICI LOCALI A SOCIETA' MISTA - LIMITI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2011

Se è vero che la scelta di non trasferire ad un soggetto terzo la funzione amministrativa atta a soddisfare la domanda relativa ad un pubblico servizio costituisce per la P.A. una facoltà legittima (come previsto dal Trattato CE), ciò non esclude che comunque la decisione di ricorrere ad una società "in house" invece che ad un soggetto terzo debba essere effettuata, previa valutazione comparativa dei rispettivi servizi offerti. Posto che l’art. 113, comma 5, del D.Lgs. n. 267 del 2000 prevede che la gestione dei servizi pubblici locali avvenga secondo una delle alternative modalità ivi contemplate, tra cui quella che si sostanzia nel conferire il servizio a società a capitale interamente pubblico, e che il ricorso all'affidamento diretto è sempre consentito, alla sola condizione che sussistano i requisiti indicati nella lett. c) di detto quinto comma, può convenirsi che non sia necessaria un'apposita ed approfondita motivazione di tale scelta, ma solo dopo che sia stata dimostrata non solo la sussistenza dei presupposti richiesti per l'autoproduzione, ma anche la convenienza rispetto all’affidamento della gestione del servizio a soggetti terzi, perché, in difetto, la scelta sarebbe del tutto immotivata e contraria al principio di buona amministrazione cui deve conformarsi l’operato della P.A..

AFFIDAMENTO DIRETTO ALLE SOCIETA' MISTE - LIMITI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2010

Deve ritenersi non legittimamente impugnabile la delibera che non ha dato luogo alla costituzione di una società pubblica mista, ma al mero acquisto di una partecipazione di minoranza, e che non consenta di rilevare, rispetto a tale acquisto, la decisione del comune di procedere, in futuro, all'affidamento senza gara del servizio in questione attesa la varietà dei servizi richiamati nell'oggetto sociale. L’acquisizione nel caso di specie di una partecipazione azionaria di una società costituita in precedenza, ancorché avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non è sufficiente a legittimare l’affidamento diretto e ad escludere la necessità della gara. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 2008 ha chiarito i limiti dell’affidamento diretto alle società miste ai sensi dell’art 113, comma 5, lett. b), del D.Lvo 267/00. Premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l’affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio, deroga consentita in casi di stretta interpretazione, la società mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato. In altri termini, non si ha in questi casi una esenzione dal principio della gara, ma muta l’oggetto della gara, che deve sempre essere esperita ma non più per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestire il servizio. E’ evidente quindi che le società miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga.

CONTRATTI STIPULATI CON LA CASSA DEPOSITI E PRESTITI - NORME APPLICABILI

TAR TOSCANA FI SENTENZA 2010

La clausola del disciplinare relativa alla previsione di un confronto extraprocedurale tra l’offerta risultata migliore in gara ed una proposta che sarebbe stata richiesta alla Cassa Depositi e Prestiti, non è immediatamente lesiva poiche' al momento della sua conoscenza la ricorrente non poteva sapere se la propria offerta sarebbe stata migliore o peggiore di quella della Cassa. Secondo la giurisprudenza costante, e in particolare secondo l'insegnamento del Consiglio di Stato (C.d.S. A.P. 29 gennaio 2003, n. 1; Sez. VI 3 giugno 2009, n. 3404) devono essere impugnate immediatamente le sole clausole della legge speciale di gara che impediscono la partecipazione, poiche' queste possiedono una lesivita' immediata e comportano un arresto procedimentale per il concorrente interessato all'aggiudicazione. Le clausole invece che siano ritenute vizianti del procedimento devono essere impugnate in uno con l’aggiudicazione a terzi poiche' solo in tale momento diventano lesive per il concorrente non aggiudicatario. D'altronde ritenere che i concorrenti siano onerati ad impugnare immediatamente le clausole di lex specialis comportanti vizi nello svolgimento della gara significherebbe elevare ad oggetto di tutela nel processo amministrativo un interesse meramente procedimentale, rivolto cioè esclusivamente al corretto svolgimento della procedura, quando invece l'interesse dei partecipanti alle gare di appalto si rivolge al conseguimento dell’aggiudicazione. L'interesse alla legittimita' nello svolgimento della procedura di evidenza pubblica non puo' essere distinto e staccato da quello sostanziale all'ottenimento del contratto pubblico in gara, sicche' solamente quelle clausole di legge speciale che determinano la definitiva impossibilita' per il concorrente di ottenere tale bene della vita devono essere impugnate al momento della loro conoscenza, e tali sono unicamente le clausole che comportano l'esclusione dalla partecipazione alla procedura.

I contratti che vengono stipulati da Stato, regioni, enti pubblici, enti locali o organismi di diritto pubblico con la Cassa sono esenti dall'applicazione della normativa di evidenza pubblica in base a quanto stabilito dall’art. 19, comma 2, del d.lgs. 163/06. Secondo tale norma infatti le procedure dell’evidenza pubblica non si applicano agli appalti pubblici di servizi aggiudicati da un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ad un'altra amministrazione aggiudicatrice in base ad un diritto esclusivo di cui essa beneficia in virtu' di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, purche' tali disposizioni siano compatibili con il Trattato europeo.

ERRORE NELL'ATTIVITA' PROFESSIONALE - VALUTAZIONE DELLA GRAVITA' IN CAPO ALLA SA

AVCP PARERE 2010

La causa di esclusione prevista ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 163/2006 riguarda i soggetti “che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attivita' professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”. La situazione ostativa, pertanto, per essere tale, deve avere carattere di gravita' e, come imposto dal legislatore e precisato da questa stessa Autorita' in piu' occasioni, compete alla stazione appaltante l’accertamento, di natura discrezionale e comportante l’obbligo di motivazione, della esistenza e della gravita' della condotta suscettibili di dar luogo all’esclusione ai sensi della disposizione in esame.

Nel caso di specie, pertanto, pur dinanzi alla gia' evidenziata necessita' di approfondimenti da parte della stazione appaltante, pare potersi escludere che la mera sussistenza, per di piu' con un’altra amministrazione, di un contenzioso giurisdizionale, peraltro costituente esercizio di un diritto costituzionalmente garantito ex art. 24 Cost., possa di per se' integrare i presupposti dell’invocata esclusione ex art. 38, comma 1, lett. f) del D.lgs. n. 163/2006.

Oggetto: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs. n. 163/2006 presentata dal Comune di F. – Affidamento in concessione del servizio per la verifica ed il controllo dell’esercizio e manutenzione degli impianti termici, ai sensi dell’art. 31 della Legge n. 10/91 e dell’art. 11, comma 18 del D.P.R. n. 412/93 e aggiornamento del catasto degli impianti termici ricadenti nel territorio del Comune di F. –Importo a base d’asta € 425.000,00 – S.A.: Comune di F.

AFFIDAMENTO IN HOUSE - LIMITI

TAR VENETO SENTENZA 2010

La sentenza T.A.R. Lazio, Sez. II – ter n. 9988 del 2007 richiede al fine della sussistenza del requisito del “controllo analogo” la previsione di un diritto di veto da parte di ciascun Ente partecipante alla società nei confronti delle deliberazioni assunte dagli organi sociali in modo difforme dalle proposte, nonché della competenza dell’assemblea ordinaria della trattazione di argomenti inerenti a pretese della società sugli Enti locali che ad essa partecipano scaturenti dal contratto di servizio e corrispondente al diritto di veto di ciascun Ente locale interessato sulle relative determinazioni; e, soprattutto, del diritto di recesso dalla società nei casi in cui l’Ente socio abbia diritto a far valere la risoluzione o, comunque, lo scioglimento del contratto di servizio con la Società. L’esigenza del “controllo analogo” deve essere espressamente normata in sede di statuto sociale e di patti parasociali garantendo al riguardo la necessaria unanimità degli Enti soci in ordine all’assenso all’esercizio dell’attività esterna con garanzia anche in questo caso del recesso per l’Ente eventualmente dissenziente. L’affidamento in house deve logicamente essere disposto allorquando il soggetto affidatario ha l’effettiva possibilità, all’interno del proprio contesto organizzativo, di svolgere con le proprie risorse il servizio oggetto dell’affidamento medesimo o, comunque, una sua parte significativamente consistente. Se, per contro, l’affidatario in house deve a sua volta rivolgersi a soggetti esterni – sia pure nelle necessarie forme dell’evidenza pubblica quale “organismo di diritto pubblico” a’ sensi dell’art. 2, comma 26, del D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163 – per reperire risorse non marginali al fine dell’espletamento del servizio reso oggetto di affidamento, risulta ben evidente che l’Amministrazione affidante realizza nei propri confronti non già un vantaggio economico, ma una vera e propria diseconomia, non solo finanziaria in quanto il costo dello svolgimento del servizio stesso sarà intuitivamente aggravato dall’intermediazione dell’affidatario c.d. “in house”, ma anche – per così dire – “funzionale” sotto il profilo dell’efficacia e dell’economicità dell’azione amministrativa, all’evidenza appesantita dall’ingresso di un soggetto che funge da mero tramite tra l’Amministrazione affidante e l’imprenditore che materialmente svolge il servizio. L’articolo 23 bis del decreto-legge n.112/2008, convertito in legge n.133 del 2008 costituisce una disposizione completamente innovativa nel quadro della tematica dei così detti affidamenti in house, in relazione alla legittimità dei quali, conformandosi via via alle sempre maggiormente affinate letture derivanti dall'ordinamento comunitario, la normativa interna ha adottato varie discipline. Al fine di esplicitare la evidente eccezionalità rispetto al normale affidamento previa gara la disposizione in parola ha previsto significative innovazioni rispetto alla disciplina previgente, consentendo il ricorso all'affidamento solo in presenza non già dei riconosciuti requisiti consistenti nella totale partecipazione pubblica, nel cosiddetto controllo analogo, nella rilevanza prevalente dell'attività svolta in house e relativi corollari, bensì anche di eccezionali ragioni derivanti dal particolare contesto territoriale: dispone il terzo comma, infatti, che “ In deroga alle modalita' di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento puo' avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria." Del resto l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici dei lavori servizi forniture, nella valutazione degli aspetti problematici della norma in sede di audizione del 10 novembre 2008, rilevava come la disposizione avesse definito la nuova disciplina di servizi pubblici locali a rilevanza economica finalizzata a un nuovo assetto del settore, che dovrà essere regolato da principi omogenei così da essere trasversale rispetto a quelle settoriali, soprattutto con riferimento al profilo dell'affidamento della gestione del servizio, rilevando come il principio di fondo della riforma fosse quello di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di libera prestazione di servizi di tutti gli operatori economici interessati della gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, con modalità tali da garantire il diritto di universalità e accessibilità di servizi per tutti gli utenti nonchè il livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell'articolo 117 comma due lettere e) m) della Costituzione. In tale quadro è evidente che la disposizione di cui all'ultimo comma che prevede la persistenza del regime precedentemente in vigore relativamente alle sole procedure già avviate all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-consentendo pertanto di avviare procedure "in deroga" nel periodo intercorrente tra il decreto-legge e sua conversione – deve essere restrittivamente intesa, da un lato, e, dall’altro, legittimare le sole procedure già avviate ma non concluse nell’impero della nuova disciplina. La giurisprudenza afferma la natura eccezionale del sistema dell’”in house providing”, al quale gli enti locali possono ricorrere previa specifica motivazione laddove le condizioni di mercato non consentono di assicurare lo svolgimento efficiente di un determinato servizio. L’elaborazione giurisprudenziale ha, infatti, evidenziato il carattere eccezionale del modello “in house”, da utilizzare motivatamente e con cautela, laddove si tratti di un servizio di rilevanza economica e cioè di servizio che possa essere ordinariamente soddisfatto mediante ricorso al mercato, “nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria” (Tar Toscana, sez.I, n.174/09).

Testo Integrale

TAR VENETO SENTENZA 2010

L’articolo 23 bis costituisce una disposizione completamente innovativa nel quadro della tematica dei cosi' detti affidamenti in house, in relazione alla legittimita' dei quali, conformandosi via via alle sempre maggiormente affinate letture derivanti dall'ordinamento comunitario, la normativa interna ha adottato varie discipline.

Al fine di esplicitare la evidente eccezionalita' rispetto al normale affidamento previa gara la disposizione in parola ha previsto significative innovazioni rispetto alla disciplina previgente, consentendo il ricorso all'affidamento solo in presenza non gia' dei riconosciuti requisiti consistenti nella totale partecipazione pubblica, nel cosiddetto controllo analogo, nella rilevanza prevalente dell'attivita' svolta in house e relativi corollari, bensi' anche di eccezionali ragioni derivanti dal particolare contesto territoriale: dispone il terzo comma, infatti, che “ In deroga alle modalita' di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento puo' avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria."

In tale quadro è evidente che la disposizione di cui all'ultimo comma che prevede la persistenza del regime precedentemente in vigore relativamente alle sole procedure gia' avviate all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-consentendo pertanto di avviare procedure "in deroga" nel periodo intercorrente tra il decreto-legge e sua conversione – deve essere restrittivamente intesa, da un lato, e, dall’altro, legittimare le sole procedure gia' avviate ma non concluse nell’impero della nuova disciplina.

In caso di una procedura conclusa, ma annullata non si ha la ripresa della originaria procedura , ma un nuovo affidamento la cui procedura conseguentemente va assoggettata alla normativa di cui all'articolo 23 bis. Cio' per la concludente ragione che l'applicazione dei principi contenuti nella sentenza comportava per l'amministrazione non gia' una sorta di sanatoria del procedimento prima seguito emendandolo dai vizi che lo rendevano illegittimo, bensi' una nuova verifica della conformita' all'interesse pubblico della scelta effettuata in ordine all'affidamento in house, ove suffragata da positiva individuazione delle ragioni tecniche economiche che accertavano, da un lato, l'impossibilita' di procedere all'affidamento con gara, dall'altro, la diseconomicita' della stessa, e cio' alla luce delle statuizioni che questa sezione aveva affermato proprio in relazione alla non congruita' sotto il profilo dell’interesse pubblico dell'affidamento diretto a un soggetto che poi, non avendo la possibilita' di espletare in proprio il servizio, era stato obbligato ad affidare il servizio medesimo al precedente affidatario, il quale aveva chiesto all’amministrazione un adeguamento del corrispettivo.

La qualificazione di nuovo procedimento reca con se' necessariamente l'assoggettamento della procedura al regime dell'articolo 23 bis, con conseguente necessita' di acquisizione dei pareri da parte delle Autorita', ovvero della sussistenza dei requisiti di cui al comma tre della richiamata disposizione.

INTERPRETAZIONE CLAUSOLA AMBIGUA - PUBBLICITA' SEDUTA DI GARA

TAR TOSCANA SENTENZA 2010

Le disposizioni della lex specialis, quali quelle censurate, che non conterrebbero menzione della data, dell’ora e del luogo della gara, esprimendo la loro attitudine lesiva solo a seguito del materiale svolgimento delle operazioni di gara, non sono soggette all’onere di immediata impugnazione, la quale, anzi, se interposta prima dell’adozione del provvedimento terminale della gara, sarebbe per il vero inammissibile per carenza di attualita' della lesione. Siffatte clausole vanno dunque impugnate solo in uno con l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione ad altra impresa, o del provvedimento che determini un arresto procedimentale ai danni dell’impresa ricorrente, ossia dell’esclusione dalla gara.

A fronte di una clausole di gara ambigua, incerta o comunque non univoca, l’Amministrazione non puo' legittimamente escludere l’impresa dalla competizione, ostandovi la tutela del principio del favor admissionis e dell’interesse pubblico a reperire la migliore offerta, obiettivo conseguibile solo per il tramite della massima partecipazione alle gare (T.A.R. Piemonte, Sez. I - sentenza 30 novembre 2009 n. 3190; Consiglio di Stato, Sez. V, 18 gennaio 2006, n. 127; Consiglio di Stato, Sez. V, 28 giugno 2004, n. 4797).

E’ noto il radicato orientamento della giurisprudenza che, al di la' delle oscillazioni relativamente all’apertura dell’offerta tecnica, sancisce che “il principio della pubblicita' delle sedute di gara per la scelta del contraente trova immediata applicazione in ogni tipo di gara, indipendentemente da un'espressa previsione da parte della lex specialis di gara, costituendo una regola generale riconducibile direttamente ai principi generali di imparzialita' e buon andamento di cui all'art. 97 Cost., almeno per quanto concerne la fase di verifica dell'integrita' dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l'offerta economica e la relativa apertura” (T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II, 9 luglio 2008, n. 6478).

AFFIDAMENTO DIRETTO SERVIZIO PUBBLICO

TAR EMILIA BO SENTENZA 2010

Non è legittima la deliberazione della Giunta comunale con cui era stato deciso di esercitare nella forma dell’amministrazione diretta la gestione e manutenzione delle lampade votive all’interno dei cimiteri comunali, considerato che l’art. 113 TUEL nella sua attuale formulazione, vigente nella parte non in contrasto con l’art. 23 bis del D.L. 112/08, non prevede l’affidamento diretto come modalita' di gestione di un servizio pubblico a rilevanza economica quale è quello di cui si tratta nella presente vicenda (vedasi sulla natura del servizio le sentenze del Consiglio di Stato 1600 e 6049 del 2008).

VERIFICA OFFERTE ANOMALE - ULTERIORI GIUSITIFICAZIONI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2010

In sede di verifica delle offerte anomale negli appalti di forniture, poiche' l’Amministrazione deve valutare la complessiva affidabilita' dell’offerta, per verificare se i prezzi offerti siano effettivamente praticabili, anche nel successivo arco temporale della fornitura, l’Amministrazione stessa puo' procedere all’analisi non solo del rapporto tra il fornitore ed il suo subfornitore, ma anche delle modalita' di approvvigionamento dei prodotti sul mercato, chiedendo alla ditta sottoposta a verifica la produzione dei contratti stipulati dai propri fornitori.

E’ quindi legittima, non essendo in contrasto con la disciplina comunitaria, la clausola del bando di gara che impone alle imprese concorrenti di produrre, in sede di verifica delle offerte anomale, i contratti stipulati dalla ditta offerente con i propri fornitori; è conseguentemente legittimo il provvedimento di esclusione di una ditta che, in sede di verifica dell’offerta, non abbia prodotto detti contratti stipulati con i propri fornitori entro il termine perentorio fissato all’uopo dalla Stazione appaltante, atteso che la P.A. appaltante ben puo', per verificare l’anomalia dell’offerta, indagare sui rapporti a monte e sulle condizioni dei fornitori di parte offerente, anche con riferimento all’approvvigionamento di beni da parte di questi ultimi.

PROCEDURA DI SELEZIONE RISERVATA

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2010

La Corte di Giustizia CE ha stabilito in generale che un’autorita' pubblica puo' adempiere ai compiti ad essa incombenti mediante propri strumenti, senza essere obbligata a far ricorso ad entita' esterne non appartenenti ai propri servizi, e che puo' farlo altresi' in collaborazione con altre autorita' pubbliche (v. sentenza Coditel Brabant, 13 novembre 2008, causa C 324/07).

Il diritto comunitario non impone in alcun modo alle autorita' pubbliche di ricorrere ad una particolare forma giuridica per assicurare in comune le loro funzioni. Il diritto comunitario, come interpretato dalle citate pronunce della Corte di Giustizia, consente pertanto alle amministrazioni aggiudicatrici, in alternativa allo svolgimento di una di procedura di evidenza pubblica di scelta del contraente, di stipulare un accordo a titolo oneroso con altra amministrazione pubblica, cui affidare il servizio. Lo stesso diritto nazionale prevede numerosi istituti che consentono un’agevole trasposizione dei predetti principi nell’ordinamento interno, il principale dei quali disciplinato nella stessa legge fondamentale sul procedimento amministrativo (“le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivita' di interesse comune”, ex art. 15 L. n. 241/90).

Deve quindi riconoscersi la legittimazione dell’Universita' controinteressata alla prestazione dei servizi per cui è causa, sancendo espressamente l’art. 67 del relativo statuto, intitolato “Attivita' professionale esterna”, che “L'Universita' puo' effettuare con il proprio personale e le proprie strutture, attivita' di progettazione, consulenza, trasferimento tecnologico, formazione professionale sia di primo livello che avanzata per conto di enti pubblici e privati, nonche' per le proprie esigenze anche acquisendo, ove necessario, prestazioni d'opera”.

DISTRIBUZIONE GAS - INDIZIONE PROCEDURA DI AFFIDAMENTO

TAR LOMBARDIA BS SENTENZA 2010

In merito al servizio di distribuzione del gas naturale, non esiste alcuna norma che imponga al Comune che affida il servizio mediante gara di non procedere a indirla prima di un certo termine anteriore alla scadenza della concessione in essere. Va anzi osservato che un congruo anticipo nell’indire la gara si risolve in piu' tempo a disposizione per gestire il procedimento e il contenzioso derivante, quindi aumenta la possibilita' che alla scadenza in questione sia gia' individuato con certezza il soggetto pronto ad assumere la gestione e si evitino fenomeni di prorogatio: tale risultato si deve ritenere non gia' vietato, ma anzi imposto dal principio di buon andamento dell’amministrazione, considerando che si tratta in primo luogo di garantire un servizio pubblico essenziale, e in secondo luogo di aprire alla concorrenza un settore che ne era sino a quel momento estraneo, risultato che assicura una migliore efficienza del mercato e quindi, secondo logica, va in quanto possibile favorito. A fronte di tali considerazioni, l’anticipo di circa tre anni con il quale si è attivato il Comune di Toscolano appare allora non illogico ne' eccessivo.

AVVALIMENTO CERTIFICAZIONE DI QUALITA' - SUA APPLICABILITA'

TAR PIEMONTE SENTENZA 2010

E’ certamente condivisibile l’assunto per cui l’avvalimento è un principio di carattere generale di derivazione comunitaria e le limitazioni a tale facolta' originariamente previste dall’art. 49 del d.lgs. n. 163/2006 sono state ritenute in contrasto con le direttive comunitarie in materia di appalti. Come chiarito da Cds. sez. VI, 22.4.2008 n. 1956 la nota della Commissione delle Comunita' europee n. 2007/2309/C(2208)0108 in data 30 gennaio 2008, con cui si era iniziata una procedura di infrazione ai sensi dell’art. 226 del Trattato, rilevava che le limitazioni al diritto di avvalersi della capacita' di altri soggetti, previste dall’art. 49, commi 6 e 7 del d.lgs. n. 163/2006, erano in contrasto con le disposizioni delle direttive appalti pubblici, in considerazione del fatto che le direttive comunitarie riconoscono agli operatori economici il diritto di avvalersi della capacita' di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami e senza alcuna limitazione. La sola condizione, si precisava, era quella di permettere all’amministrazione aggiudicatrice di verificare che il candidato/offerente disporra' delle capacita' richieste per l’esecuzione dell’appalto. Si è poi adeguato il legislatore con le modifiche apportate agli artt. 49 e 50 del d.lgs. n. 163/06 con il d.lgs. n. 152/08, disciplinando espressamente l’avvalimento in relazione ai sistemi di attestazione e qualificazione (SOA e non solo), nel rispetto tuttavia del prerequisito in fatto, imprescindibile proprio alla luce della giurisprudenza comunitaria, della effettiva disponibilita' da parte del candidato offerente delle capacita' richieste per eseguire l’appalto. Il supremo consesso amministrativo, dopo aver dapprima sostenuto che le certificazioni di qualita' fossero requisiti tout court soggettivi, ancorchè tecnici, non suscettibili di prestito, al pari dei requisiti morali di cui all’art. 76 del d.lgs. n. 163/2006 (Cds. sez. V, n. 5517/01), si è adeguato agli orientamenti comunitari. Tuttavia questi ultimi, cosi' come la piu' recente giurisprudenza amministrativa, vanno intesi nel loro effettivo significato, correttamente recepito dal legislatore. Nel disciplinare l’avvalimento delle attestazioni e certificazioni tecniche e/o di qualita' la legge prescrive, al co. 2 dell’art. 49 lett. d), che l’impresa ausiliaria dichiari di obbligarsi a “mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente” (e non certo a mettere a disposizione la certificazione avulsa dalle risorse); ancora l’art. 50, il cui ultimo comma è espressamente riferito ai sistemi di attestazione e qualificazione nei servizi e nelle forniture, al co. 1 lett. b) impone identico obbligo di mettere a disposizione le “risorse oggetto di avvalimento”.

Nel caso di specie è pacifico, sia per la dizione letterale del contratto di avvalimento in atti, sia dal tenore delle difese della parte controinteressata, che la N. ha messo a disposizione la “certificazione” e non le risorse che le hanno consentito di conseguirla; afferma la stessa controinteressata, nella memoria depositata in data 20.10.2009, che l’attestazione di qualita' per cui è causa, attenendo all’organizzazione di impresa, non poteva proprio essere oggetto di “prestito di risorse”, non essendo pensabile un trasferimento dell’organizzazione di impresa. La tesi non pare nella sua assolutezza condivisibile, poiche' l’avvalimento non richiede alcun trasferimento di risorse bensi' una “messa a disposizione delle stesse”; neppure è in astratto escluso (si pensi ai gruppi societari e ai consorzi) che un’impresa disponga dell’organizzazione d’impresa altrui; si pensi ancora all’ipotesi in cui la certificazione di qualita' prescritta afferisca ad una parte di servizio che viene svolto dall’ausiliaria, la quale si trova cosi' contestualmente a “prestare” la certificazione e le risorse relative alla parte di servizio. Quello che per contro non pare ammissibile è che si crei una sorta di circolazione di certificazioni astratte; seguendo la tesi di parte controinteressata un’impresa che ottenga la certificazione di qualita' potra' “prestare” indefinitamente tale certificazione a chiunque, senza contestualmente rendere parti di servizio ne' mettere a disposizione strutture organizzative, finendo per creare un “certificato” vuoto soggetto a circolazione indefinita ed altrettanto indefinitamente invocabile da terzi, pacificamente privi del requisito di qualita', senza ulteriori e contestuali legami tra impresa ausiliaria e ausiliata.

SOCIETA' COMPARTECIPATA - LIMITI ALL'AFFIDAMENTO IN HOUSE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

Nel caso di una societa' compartecipata - ancorche' in via totalitaria - da piu' enti pubblici, che sia diretta affidataria di un servizio pubblico locale, il requisito del "controllo analogo", inteso nei sensi della "dottrina Teckal", necessario per ritenere legittimo l’affidamento in house di appalti pubblici, non postula necessariamente anche il "controllo", da parte del socio pubblico, sulla societa' e, in via consequenziale, su tutta l’attivita', sia straordinaria sia ordinaria, da essa posta in essere, assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell’art. 2359 c.c., essendo, invece, sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario sia effettivo, ancorche' esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati. Infatti, il requisito del controllo analogo non sottende una logica "dominicale", rivelando piuttosto una dimensione "funzionale": affinche' il controllo sussista anche nel caso di una pluralita' di soggetti pubblici partecipanti al capitale della societa' affidataria non è dunque indispensabile che ad esso corrisponda simmetricamente un "controllo" della governance societaria.

Il requisito del "controllo analogo", necessario per il legittimo affidamento diretto di appalti pubblici ad una societa', postula un rapporto che lega gli organi societari della societa' affidataria con l’ente pubblico affidante, in modo che quest’ultimo sia in grado, con strumenti pubblicistici o con mezzi societari di derivazione privatistica, di indirizzare "tutta" l’attivita' sociale attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento; risulta quindi indispensabile che le decisioni piu' importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalita' degli enti pubblici soci.

SCELTA DEL SOCIO PRIVATO - SOCIETA' MISTA - PROCEDURA AD EVIDENZA PUBBLICA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

L'art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), secondo il quale la scelta di socio privato di societa' miste, a partecipazione pubblica anche minoritaria, che siano affidatarie di servizi pubblici, deve sempre avvenire con procedure di evidenza pubblica, si applica anche nell'ipotesi in cui una societa' mista, ove pure non originariamente tale, apra il proprio capitale all'apporto di un socio privato industriale attraverso un'operazione straordinaria di vendita di quote o di aumento di capitale, cosicche' risulti modificato, per effetto di detta operazione, l'assetto soggettivo della gestione.

Ogniqualvolta - attraverso il ricorso ad operazioni di carattere straordinario destinate a mutare la compagine di una societa' che abbia ottenuto l'affidamento diretto o tramite gara di un servizio pubblico - si pervenga al risultato di dar vita a una societa' mista oppure, alternativamente, al risultato di modificare il profilo soggettivo del gestore del servizio pubblico gia' affidato (mediante l'associazione al capitale e alla gestione di nuove figure imprenditoriali o la sostanziale sostituzione delle imprese originariamente affidatarie), allora si realizza in via derivata anche un diverso affidamento del servizio pubblico.

L'affidamento di un servizio, quand'anche realizzato attraverso la costituzione, originaria o successiva, di una societa' mista con socio privato operativo, è un'attivita' sempre connotata da autoritativita' a fronte della quale si stagliano interessi legittimi dei soggetti coinvolti e, come tale, esso soggiace anche all'osservanza delle regole pubblicistiche e si deve necessariamente svolgere attraverso procedure di evidenza pubblica, governate dai principi del diritto interno e sovranazionale.

STUDIO DI FATTIBILITA' - SOGGETTI PARTECIPANTI - INCOMPATIBILITA'

AVCP PARERE 2009

In merito all’affidamento del servizio concernente l’elaborazione di uno studio di fattibilita' e la relativa assistenza tecnica per l’attuazione del Programma Unitario di Valorizzazione di immobili pubblici siti nel Comune di B., appare, nel caso di specie, la circostanza che fra gli enti pubblici facenti parte della compagine del Consorzio compare il Comune di B., in quanto tale Amministrazione Comunale è direttamente coinvolta nell’iniziativa di valorizzazione oggetto della gara, essendo uno dei promotori dell’iniziativa (accanto all’Agenzia del Demanio) che ha portato a bandire la procedura per la realizzazione del Programma Unitario di Valorizzazione – B., avendo contribuito all’elaborazione ed alla condivisione dello studio di fattibilita' e risultando coinvolta nella procedura di gara mediante la partecipazione di un proprio funzionario nella Commissione aggiudicatrice. Tali circostanze (documentate e non contestate) inducono a negare che un soggetto, quale il Consorzio, che vede all’interno della propria compagine un ente coinvolto (come sopra descritto) nell’iniziativa e nella procedura di affidamento, possa partecipare alla gara nel rispetto del principio di par condicio.

Gli elementi di fatto evidenziati comportano un’evidente confusione di ruoli ed il concreto rischio di conflitti d'interesse che inducono a non ammettere alla procedura il Consorzio, al fine di tutelare l'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialita' dell'attivita' amministrativa ed alla salvaguardia della par condicio tra i concorrenti, anche ai fini del perseguimento del migliore risultato per l'amministrazione rispetto all'interesse dei singoli operatori economici a partecipare alla procedura.

Oggetto: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n), del D.Lgs. n. 163/2006 presentata dall’Agenzia del Demanio – Affidamento del servizio concernente l’elaborazione di uno studio di fattibilita' e la relativa assistenza tecnica per l’attuazione del Programma Unitario di Valorizzazione di immobili pubblici siti nel Comune di B. – Importo a base d’asta € 450.000,00 – S.A.: Agenzia del Demanio

AFFIDAMENTO IN HOUSE E AFFIDAMENTO EXTRA MOENIA

AVCP PARERE 2009

Resta ferma la validita' dell’orientamento gia' assunto da questa Autorita' in materia, secondo cui anche per le societa' partecipate in via indiretta da altre societa' a capitale interamente pubblico o misto sussiste il divieto di partecipare a gare extraterritoriali al di fuori del territorio dell’ente locale di riferimento o aventi ad oggetto finalita' ad esso estranee - cosiddette extra moenia.

Preme evidenziare che il divieto a partecipare alle gare posto dall’art. 23 bis, comma 9, del decreto legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, opera nei confronti dei soggetti, titolari di affidamenti “diretti” di servizi pubblici locali e delle societa' possedute o controllate da societa' quotate nei mercati regolamentati, mentre il divieto di partecipazione posto dall’art. 13 del decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006 (a carico delle societa' a capitale interamente pubblico o misto, aventi ad oggetto lo svolgimento di servizi strumentali all'attivita' dell'ente locale di riferimento, in relazione a procedure di gara extraterritoriali, indette da amministrazioni diverse da quelle che ne detengono il capitale azionario) non opera nel mercato dei servizi pubblici locali e il divieto a partecipare a gare extraterritoriali o extra moenia si applica, invece, anche alle societa' - indirettamente o mediamente - possedute o controllate da societa' a capitale interamente pubblico o misto.

Oggetto: Istanze di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs. n. 163/2006 presentate dal Comune A (VE) e dalla B s.a. – Affidamento del servizio di gestione, esercizio, manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di illuminazione pubblica e semaforica del Comune di C, compresa la fornitura di energia elettrica – Importo a base d’asta € 2.050.000,00 – S.A.: Comune A (VE)

SERVIZIO DI ILLUMINAZIONE VOTIVA - PROCEDURA DI AFFIDAMENTO

TAR TOSCANA FI SENTENZA 2009

Il servizio pubblico di illuminazione votiva dei cimiteri comunali è un servizio pubblico locale a rilevanza economica e fruizione individuale, poiche' richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi, personale da destinare ad un’attivita' economica rilevante in quanto suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore (Cons. St., Sez. V, 14 aprile 2008 n. 1600).

La disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, è stata modificata a seguito dell’emanazione dell’art. 23 bis del d.l. 25 giugno 2008 n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133. Con tale norma, si e' affermato: a) che “il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene in via ordinaria, mediante procedure competitive ad evidenza pubblica nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunita' europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicita', efficacia, imparzialita', trasparenza, adeguata pubblicita', non discriminazione, parita' di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalita'”; b) che “in deroga alle modalita' di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l’affidamento puo' avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria”; c) che “nei casi di cui al comma 3, l’ente affidante deve dare adeguata pubblicita' alla scelta, motivandola in base ad un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorita' garante della concorrenza e del mercato e alle autorita' di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione”.

Per gli affidamenti in deroga disciplinati dall’art. 23 bis, comma 3, si prevede che essi avvengano nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria; pertanto, l’ente locale che intenda affidare un servizio pubblico locale ai sensi della disposizione in commento, deve presentare una richiesta di parere, corredata dalle informazioni e dai documenti rilevanti, all’Autorita' garante della concorrenza e del mercato, prima di adottare la deliberazione di affidamento del servizio e, in ogni caso, in tempo utile per il rilascio del prescritto parere (cfr. comunicazione del 20 ottobre 2008, avente ad oggetto l’applicazione dell’art. 23 bis). In particolare, l’ente locale deve fornire alla predetta Autorita': una relazione contenente gli esiti delle indagini di mercato, da cui risulti la convenienza dell’affidamento diretto rispetto all’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica; informazioni circa le modalita' con le quali sono stati resi pubblici gli elementi di cui sopra; tutte le indicazioni soggettive relative all’impresa interessata.

L’autorita' quindi rilascia il parere previsto, ma in caso di incompletezza delle informazioni puo' fissare un termine per il completamento della richiesta di parere. All’esito della procedura, l’ente locale deve tener conto del parere rilasciato.

In conclusione, la deliberazione che ha stabilito la gestione diretta del servizio di illuminazione votiva del cimitero comunale e ha affidato la riscossione dei proventi ad una societa' interamente partecipata dal comune si palesa irrimediabilmente viziata sotto i seguenti profili: la delibera è stata assunta, con falsa applicazione dell’art. 113 bis d. lgs. n. 267/2000, sul presupposto, rivelatosi erroneo, che il servizio di cui trattasi costituisca “servizio pubblico privo di rilevanza economica”; il provvedimento è stato adottato in violazione dell’art. 23 bis d.l. n. 112/2008, non essendo stato adempiuto l’obbligo di trasmettere gli atti all’autorita' Garante per la Concorrenza e per il Mercato al fine di acquisirne il prescritto parere; il provvedimento è stato emesso senza previo accertamento di situazioni che non permettono un efficace e utile ricorso al mercato.

AFFIDAMENTO IN HOUSE E CONTROLLO ANALOGO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

Nella controversia in esame, in prima battuta occorre valutare se, in caso di affidamento in favore di societa' partecipata da piu' enti pubblici, il controllo analogo debba essere esercitato da ognuno degli enti territoriali che si avvalgono della societa' per il soddisfacimento delle esigenze della collettivita' di riferimento o se sia sufficiente che detto controllo venga espletato dai soci nella loro totalita'. Si deve cioè valutare se in materia debba prevalere un approccio atomistico che consideri singulatim la posizione di ogni ente locale rispetto ad un criterio sintetico che traguardi in modo complessivo la collettivita' dei soci governata in ambito societario attraverso il metodo maggioritario. Il Collegio, in adesione all’impostazione di recente tracciata dalla Sezione con la decisione n. 1365/2009, reputa di dovere seguire il criterio sintetico imperniato sui rapporti tra la collettivita' degli enti pubblici socie rispetto alla societa' affidataria.

Va in primo luogo premesso la figura dell’in house providing si configura come un modello eccezionale, i cui requisiti vanno interpretati con rigore poiche' costituiscono una deroga alle regole generali del diritto comunitario imperniate sul modello della competizione aperta. (Cons. Stato, sez. II, parere 18.4.2008, n. 456/2007; . C.G.A.R.S., 4.7.2007, n. 719; Cons Stato, se. VI, 1514/07).

La giurisprudenza amministrativa, recependo le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, ha rimarcato che il controllo analogo, idoneo ad escludere la sostanziale terzieta' dell’affidatario domestico rispetto al soggetto affidante, e' da escludere in presenza di un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attivita' del soggetto partecipato da parte dell’ente controllante-affidante che consenta a quest’ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell’affidatario. In definitiva, il requisito del “controllo analogo” postula un rapporto che lega gli organi societari della societa' affidataria con l’ente pubblico affidante, in modo che quest’ultimo sia in grado, con strumenti pubblicistici o con mezzi societari di derivazione privatistica, di indirizzare “tutta” l’attivita' sociale attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento. Deve quindi trattarsi di una relazione equivalente, ai fini degli effetti pratici –pur se non identica in ragione della diversita' del modulo organizzatorio- ad una relazione di subordinazione gerarchica, che si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sul soggetto societario. Segnatamente, la giurisprudenza di questo Consiglio ha reputato necessario che il consiglio di amministrazione della S.p.A. affidataria “in house” non abbia rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante (nella specie la totalita' di soci pubblici), eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria (Cons. Stato, sez. VI, 3.4.2007, n. 1514). Risulta quindi indispensabile che le decisioni piu' importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalita' degli enti pubblici soci. Osta alla configurabilita' del modello in parola l’acquisizione, da parte dell’impresa affidataria, di una vocazione schiettamente commerciale tale da rendere precario il controllo dell’ente pubblico. Detta vocazione, puo', in particolare, risultare dall’ampliamento, anche progressivo, dell’oggetto sociale e dall’apertura obbligatoria della societa' ad altri capitali o dall’espansione territoriale dell’attivita' della societa': l’affermarsi di una vocazione strategica basata sul rischio di impresa finisce infatti per condizionare le scelte strategiche dell’ente asseritamente in house, distogliendolo dalla cura primaria dell’interesse pubblico di riferimento e, quindi, facendo impallidire la natura di costola organica, pur se entificata, dell’ente o degli enti istituenti (Cons. Stato, sez. VI, 3.4.2007, n. 1514 e sez. V, 8.1.2007, n. 5).

SOGGETTI AMMESSI ALLE PROCEDURE DI GARA - AFFIDAMENTO DIRETTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

In applicazione dell'art. 113, c. 6, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non deve essere ammessa ad una gara per l'affidamento di un servizio pubblico locale una societa' gia' affidataria diretta di un servizio pubblico locale in un altro comune.

In base a quanto previsto dall'art. 113, c. 6, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non sono ammesse a partecipare alle gare per l'affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica "le societa' che in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtu' di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle societa' controllate o collegate, alle loro controllanti, nonche' alle societa' controllate o collegate con queste ultime; sono parimenti esclusi i soggetti di cui al c. 4"(gestori delle reti). Pertanto, nel caso di specie, la societa' aggiudicataria essendo affidataria diretta da parte di un altro comune della gestione dell'impianto di discarica sita nel territorio comunale non doveva essere ammessa alla gara indetta dall'Azienda Servizi Ambientali per l'affidamento del servizio di stesura, compattazione, copertura dei rifiuti, esecuzione di sbancamenti e di trasporto del percolato relativo alla discarica di un comune.

SOCIETA' MISTE - PARTECIPAZIONE ALLE GARE D'APPALTO - LIMITI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

L'art. 13 d.l. n. 223 del 2006 vieta l'attivita' extra moenia alle societa' costituite o partecipate dalle amministrazione pubbliche regionali o locali "per la produzione di beni e servizi strumentali all'attivita' di tali enti in funzione della loro attivita', con esclusione dei servizi pubblici locali".

La suddetta norma, nell'escludere dalle attivita' strumentali affidate i servizi pubblici locali, non ha operato alcuna distinzione tra concessioni e appalti, una distinzione che, del resto, sotto il profilo della soggezione ai principi del Trattato UE in materia di libera concorrenza, ha perduto concreta rilevanza (v. d.lgs. n. 163 del 2006, art. 30). Nell'appalto come nella concessione, se l'affidatario è una societa' a capitale pubblico o misto, tanto il concessionario quanto l'appaltatore verrebbero a fruire di quella posizione di vantaggio che viene ricondotta alla utilizzazione di risorse della collettivita' locale, di cui non fruisce il concorrente a capitale interamente privato.

Secondo un orientamento favorevole, consolidato e univoco, della giurisprudenza amministrativa, l’azienda mista (a differenza dell’azienda speciale la cui natura strumentale ed il cui regime normativo pretendono un collegamento molto saldo, seppur di natura funzionale, tra l’attivita' dell’azienda stessa e le esigenze della collettivita' stanziata sul territorio dell’ente che l’ha costituita) è innanzitutto un soggetto imprenditoriale, rientrante nello schema organizzativo gestionale proprio delle societa' di capitali e, pertanto, non sottoposto alle limitazioni territoriali di attivita' cui soggiacciono le aziende speciali.

Si è anche escluso che il riconoscimento della detta legittimazione a concorrere extra moenia contrasti in qualche modo con i principi comunitari in materia di concorrenza e di parita' di trattamento tra imprese pubbliche e private, atteso che, secondo la stessa Corte di Giustizia (7 dicembre 2002, Arge Gewasserschutz c/Bundesministerium für Land und forestwirtschaft), il solo fatto che amministrazioni aggiudicatrici ammettano alla partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione di un pubblico appalto organismi che beneficiano di sovvenzioni pubbliche (nel caso in esame, sotto forma di sottoscrizione del capitale sociale) non costituisce automaticamente violazione del principio di parita' di trattamento (e della concorrenza), non sussistendo del resto a livello di normativa comunitaria un espresso divieto di partecipazione di tali organismi a dette procedure di appalto (cosi', anche C.d.S., sez. V, 27 settembre 2004, n. 6325), salvo – evidentemente – procedere ad una accorta e particolarmente puntuale valutazione della congruita' dell’offerta, al fine di evitare che un’offerta particolarmente bassa possa essere proprio il frutto della predetta particolare posizione dell’organismo a partecipazione pubblica che ha preso parte alla gara (Cons. St., Sez. V, 3 settembre 2001 n. 6525; 7 settembre 2004 n. 5843; 3 ottobre 2005 n. 5304; C.G.A. 21 marzo 2007 n. 197).

La detta giurisprudenza, pur ponendo a carico della societa' mista l’onere di dimostrare che l’assunzione del nuovo servizio non comporta conseguenze negative sulla qualita' e l’efficienza del servizio gia' in atto presso la collettivita' di cui è esponente l’ente locale partecipante – ed è sul difetto di tale adempimento che si fonda l’appello incidentale della controinteressata, su cui si tornera' piu' avanti – non ha pero' messo in discussione la legittimazione della societa' mista gia' affidataria di servizio pubblico locale, a partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento di un nuovo appalto di servizio pubblico locale.

SOCIETA' MISTE - ATTIVITA' STRUMENTALI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

Secondo il disposto di cui all’art. 13, comma 1, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 2006 n. 248, le societa' a capitale pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attivita' di tali enti in funzione della loro attivita' “con esclusione dei servizi pubblici locali, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, ne' in affidamento ne' con gara, e non possono partecipare ad altre societa' o enti.”. Si dispone, inoltre (comma 4), che i contratti conclusi in violazione di tali divieti sono nulli.

Puo' quindi concludersi che nei confronti della societa' a capitale pubblico affidataria di servizi pubblici locali non opera il divieto di svolgere attivita' per soggetti diversi dall’ente costituente o partecipante.

Possono definirsi strumentali all’attivita' di tali enti in funzione della loro attivita', con esclusione dei servizi pubblici locali, tutti quei beni e servizi erogati da societa' a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l’ente di riferimento e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali.

Le societa' strumentali sono, quindi, strutture costituite per svolgere attivita' strumentali rivolte essenzialmente alla pubblica amministrazione e non al pubblico, come invece quelle costituite per la gestione dei servizi pubblici locali che mirano a soddisfare direttamente ed in via immediata esigenze generali della collettivita' (cons. Stato, Sez. V, dec. 14 aprile 2008 n.1600).

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO - LIMITI

TAR PIEMONTE SENTENZA 2009

Il nuovo assetto ordinamentale, nel quale campeggia la figura istituzionale dell’Autorita' di Ambito, ha privato il Comune dei suoi poteri di regolazione e di definizione del modulo gestionale piu' appropriato alle necessita' erogative del servizio.

Il Comune non è piu' competente e legittimato a costituire alcuna societa' a cui affidare, con gara o meno, la gestione del servizio idrico, il quale è totalmente di competenza dell’Autorita' di Ambito.

Ne consegue che l’avvenuta costituzione, in concorrenza con l’Autorita', di una societa' ad hoc da parte dei Comuni intimati, quantunque a totale partecipazione pubblica locale, integra un vulnus del dettato legislativo di riferimento.

IN HOUSE PROVIDING - SERVIZI PUBBLICI

TAR TOSCANA SENTENZA 2009

Nel delimitare l’ambito di propria applicazione l’art. 13 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, oltre a far riferimento alle “società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali o locali”, pone in luce come le suddette società devono avere come oggetto, alternativamente, o “la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti” ovvero “lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza” ove consentito. Si tratta di un punto importante. La norma in esame detta come prima e più significativa prescrizione per le società pubbliche da essa disciplinate quella di “operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti “, con il corollario che le società stesse “non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara”. La ratio legis indicata dallo stesso art. 13 nel suo incipit – evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e assicurare la parità tra gli operatori – trova la sua principale esplicazione nella precisa delimitazione del ruolo delle società costituite o comunque partecipate dagli enti locali per la produzione in house di beni e servizi strumentali alla loro attività, delimitazione realizzata attraverso la imposizione di una corrispondenza soggettiva tra enti pubblici titolari del capitale sociale, ed esercitanti il c.d. “controllo analogo”, ed enti beneficiari delle prestazioni delle società. In altre parole il significato precipuo della normativa è questo: è ben possibile che gli enti pubblici costituiscano società in house per lo svolgimento di attività strumentale, e nel far questo possono sottrarsi alle procedure di gara, però poi le società che ne derivano dovranno operare solo per gli enti che le hanno generate, non potendo utilizzare il vantaggio che deriva loro da quella particolare origine, e dallo svolgimento privilegiato delle attività per conto degli enti costituenti, per partecipare a procedure di affidamento da parte di altri soggetti pubblici in condizione di solo apparente concorrenza con gli altri operatori economici.

Il comma 4 dell’art. 13 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, prevede la salvezza dei “contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data”. Tale norma non riguarda tuttavia il caso in cui la gara sia stata indetta dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006 (convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248). Il comma 3 dell’art. 13 cit. prevede invece che le società di cui al comma 1 della stessa norma cessino le attività a loro non consentite dopo un termine piuttosto ampio (30 mesi poi ancora ampliati) dall’entrata in vigore del D.L. n. 223, introducendo quindi un periodo transitorio in cui le società medesime possono continuare le attività intraprese. Si tratta tuttavia di disciplina riferita alle attività in essere, le quali possono legittimamente essere svolte nell’ambito del periodo di comporto previsto dalla legge, non già della previsione della possibile acquisizione in tale periodo, mediante la partecipazione ad ulteriori gare, di attività aggiuntive in aperta violazione dello statuto giuridico fissato per le società de quibus dal comma1 del medesimo art. 13.

L’art. 13 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, è applicabile anche alle Camere di Commercio (parere, Consiglio di Stato, Terza Sezione, adunanza del 25 settembre 2007, sub n. Sezione 322/2007), il generico riferimento alle “Amministrazioni pubbliche locali”, non potendo essere letto restrittivamente come riferito ai soli enti territoriali, ma dovendo viceversa essere interpretato come avente riguardo a tutte le pubbliche Amministrazioni che perseguano il soddisfacimento di interessi pubblici locali entro un determinato ambito territoriale (cfr. anche TAR Milano, sez. 1^, n. 140 del 2007).

AFFIDAMENTO IN HOUSE - CONTROLLO ANALOGO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

Sussiste il "controllo analogo" laddove attraverso l’istituzione di un organo, denominato Assemblea dei Sindaci, i Comuni soci si siano riservati, oltre a rafforzati poteri di controllo sulla gestione, il potere, ad esercizio necessariamente congiunto (stante il metodo di voto all’unanimita'), di approvare in via preventiva tutti gli atti piu' rilevanti della societa', ovverosia, tra le altre, tutte le deliberazioni da sottoporre all’assemblea straordinaria, quelle in materia di acquisti e cessioni di beni e partecipazioni, quelle relative alle modifiche dei contratti di servizio, quelle in tema di nomina degli organi e quelle in ordine al piano industriale. E’ evidente che, in questo quadro, la mancata considerazione della sola gestione ordinaria non esclude la sussistenza di un controllo analogo concreto e reale, posto che gli atti di ordinaria amministrazione non potranno discostarsi dalle determinazioni preventivamente assunte dall'Assemblea dei Sindaci in ordine a tutte le questioni piu' rilevanti.

IN HOUSE PROVIDING - AUTOTUTELA

TAR PUGLIA BA SENTENZA 2009

La gestione delle stazioni marittime e dei servizi di supporto ai passeggeri di cui all’art. 1 lett. e), d.m. 14 novembre 1994, nonche' la gestione dei locali destinati all’espletamento di attivita', anche commerciali, connesse o accessorie al traffico passeggeri, ha natura di servizio pubblico.

Il diritto comunitario è nel senso che se nel corso della durata di un rapporto di concessione sorto per affidamento diretto muta la compagine sociale dell’affidatario (con l’ingresso anche minoritario di privati) cio' comporta vulnerazione dei principi sanciti dal Trattato in materia di concorrenza.

Se ne ricava che, oltre a dover sussistere nel momento genetico del rapporto, la proprieta' pubblica della totalita' del capitale sociale non solo deve permanere per tutta la durata del rapporto ma deve anche essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilita' delle azioni posto ad opera dello statuto.

Sul punto, rilevato che analogo avviso risulta condiviso dalla decisione n. 1/2008 dell’Adunanza plenaria (che per negare la possibilita' di far ricorso all’in house providing da' appunto rilievo alla cedibilita' delle azioni prevista dallo statuto del soggetto destinatario dell’affidamento diretto), è sufficiente osservare che in mancanza di una stabile e certa incedibilita' delle azioni, il rispetto delle regole della concorrenza sarebbe rimesso (come non è ragionevolmente consentito) alla costante vigilanza degli altri operatori del settore, i quali dovrebbero verificare, per tutta la durata del rapporto sorto per affidamento diretto, la permanenza in mano pubblica del capitale.”.

Pertanto l’affidamento diretto in house presuppone che il soggetto affidatario non solo sia una societa' a totale partecipazione pubblica ma che tale assetto azionario permanga per tutta la durata della vita della societa' e sia garantito nel tempo da apposita clausola statutaria che contempli il divieto di cedibilita' a privati delle azioni.

Ai fini della legittimita' dell'affidamento diretto ad una societa' mista pubblico-privato è richiesta la presenza del socio privato “operativo” selezionato con idonea gara pubblica. A tal fine non appare idonea la pubblicazione di un semplice avviso per la raccolta di manifestazioni di interesse alla sottoscrizione di quote.

E’ legittimo l’annullamento in via di autotutela degli atti di costituzione di una societa' a totale capitale pubblico cui è stato affidato in via diretta la gestione dei servizi portuali, in tal modo contravvenendo alle regole dell’evidenza pubblica ed ai principi fondamentali di liberta' di concorrenza, trasparenza e non discriminazione dettati in materia dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria, oltre che specificamente dall’art. 6 comma 5, l. n.84 del 1994. Per quanto concerne la giustificazione dell’interesse pubblico che deve sostenere l’adozione di atti di autotutela si deve osservare che l’obbligo di esternare le ragioni che sono a fondamento degli atti posti in essere in esito a procedimenti di secondo grado trova, in materia di annullamento di atti di aggiudicazione di gare pubbliche, un limite nella doverosa considerazione dei principi costituzionali di imparzialita' e buon andamento dell’azione amministrativa in modo che, quando si accerti la violazione di tali principi, che sono a fondamento della tutela accordata alla libera concorrenza nella partecipazione alle procedure contrattuali ad evidenza pubblica, l’interesse pubblico perseguito è oggettivamente riscontrabile nella reintegrazione, attraverso l’atto di annullamento dell’aggiudicazione che abbia inciso i suddetti valori, del libero esplicarsi del confronto concorrenziale. Anche sul punto appare corretta, pertanto, la statuizione del primo giudice.”.

In termini analoghi si è espresso il T.A.R. Puglia – Lecce (cfr. sentenza n. 1270/2008): “…, diversamente da quanto accade in materia di provvedimenti amministrativi c.d. di secondo grado, laddove la P.A. procedente se individua la necessita' di annullare atti di primo grado, deve non solo esplicitare il vizio di legittimita', ma anche dare contezza delle ragioni di pubblico interesse, non riconducibili alla mera esigenza di ripristino della legalita', che l’inducono a rimuovere dal mondo del diritto l’atto stimato illegittimo (ex multis Cons. St. Sez. VI 14 gennaio 2000 n. 244), deponendo, in tal senso, anche l’espressa previsione dell’art. 21-nonies, comma 1, l. n. 241/90, purtuttavia, in materia di annullamento di atti di aggiudicazione di gare pubbliche, o di concessione di un pubblico servizio, tali principi trovano un limite nella doverosa considerazione dei principi costituzionali di imparzialita' e buon andamento dell’azione amministrativa, in modo che, quando si accerti la violazione di tali principi, che sono a fondamento della tutela accordata alla libera concorrenza nella partecipazione alle procedure contrattuali ad evidenza pubblica, l’interesse pubblico perseguito è oggettivamente riscontrabile nella reintegrazione, attraverso l’atto di annullamento dell’aggiudicazione che abbia inciso i suddetti valori, del libero esplicarsi del confronto concorrenziale (Cons. St. Sez. V 22 giugno 2004 n. 4371).

SOCIETA' MISTE - AFFIDAMENTO APPALTI PUBBLICI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

La risposta alla questione se gli appalti pubblici possano essere affidati a societa' miste in via diretta, o se occorra seguire procedure di evidenza pubblica, deve essere differenziata, occorrendo distinguere l'ipotesi di costituzione di una societa' mista per una specifica missione, sulla base di una gara che abbia per oggetto sia la scelta del socio che l'affidamento della specifica missione, e l'ipotesi in cui si intendano affidare ulteriori appalti ad una societa' mista gia' costituita. Con riferimento al primo caso, a seguito di una complessa evoluzione, la giurisprudenza nazionale (cfr. da ultimo Cons. St., ad.plen., 3 marzo 2008, n. 1; sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5587; sez. II, 18 aprile 2007, n. 456/07) e comunitaria (cfr. Corte giust. CE, sez. I, 11 gennaio 2005, n. C-26/03) è pervenuta alla conclusione che, nel rispetto di precisi paletti, è sufficiente una unica gara. Nel secondo caso, invece, occorre una gara per l'affidamento degli appalti ulteriori e successivi rispetto all'originaria missione. Gia' prima del d.lgs. n. 163 del 2006, sembrava preferibile la soluzione secondo cui, limitatamente ai lavori e servizi specifici e originari, per i quali fosse stata costituita la societa', fosse sufficiente una sola procedura di evidenza pubblica, e dunque bastasse quella utilizzata per la scelta dei soci privati, da intendersi come finalizzata alla selezione dei soci piu' idonei anche in relazione ai lavori e servizi da affidare alla societa'. Tale soluzione è stata sostanzialmente recepita dal d.lgs. n. 163 del 2006 c.d. codice dei contratti pubblici. Dispone infatti l'art. 32, co. 3, del d.lgs. n. 163 cit., che le societa' miste non sono tenute ad applicare le disposizioni del medesimo d.lgs. (e dunque non sono tenute a seguire procedure di evidenza pubblica), limitatamente alla realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, se ricorrono le condizioni specificamente indicate dalla norma. Ne discende che la societa' mista opera nei limiti dell'affidamento iniziale e non puo' ottenere senza gara ulteriori missioni che non siano gia' previste nel bando originario. Con riferimento alla materia degli appalti e delle concessioni in caso di partenariato pubblico - privato, anche la Commissione europea, con la comunicazione 5 febbraio 2008, si è mossa lungo la medesima traiettoria argomentativa, affermando che sia sufficiente una sola procedura di gara se la scelta del partner oggetto di preventiva gara è limitata all'affidamento della missione originaria, il che' si verifica quando la scelta di quest'ultimo è accompagnata sia dalla costituzione del partenariato pubblico privato istituzionale (id est attraverso la costituzione di societa' mista), sia dall'affidamento della missione al socio operativo. Non è dunque ammissibile una societa' mista “aperta” o “generalista” cui affidare in via diretta, dopo la sua costituzione, un numero indeterminato di appalti o di servizi pubblici.

AFFIDAMENTO IN HOUSE - REQUISITI COMUNITARI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2009

In ossequio alla sentenza della Corte di Giustizia (sentenza del 6 aprile 2006 Causa C-410/04), nel caso di un rapporto di concessione sorto per affidamento diretto la proprieta' pubblica della totalita' del capitale sociale oltre a dover sussistere nel momento genetico del rapporto non solo deve permanere per tutta la durata del rapporto ma deve anche essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilita' delle azioni posto ad opera dello statuto.

Il possesso dell’intero capitale sociale da parte dell’ente pubblico, pur astrattamente idoneo a garantire il controllo analogo a quello esercitato sui servizi interni, perde tale qualita' se lo statuto della societa' consente che una quota di esso, anche minoritaria, possa essere alienata a terzi.

Il principio per cui il controllo esercitato dalla autorita' aggiudicatrice non deve essere diluito per effetto della partecipazione, anche di minoranza, di un’impresa privata nel capitale della societa' cui sia stata affidata la gestione del servizio pubblico ed il principio per cui tale societa' deve realizzare la parte essenziale delle proprie attivita' unitamente all’ente o gli enti che la controllano, devono risultare soddisfatti “permanentemente”.

SERVIZI PUBBLICI LOCALI - AFFIDAMENTO

TAR VENETO SENTENZA 2009

L’art. 23-bis del D.L. 25 giugno 2008 convertito con modificazioni in L. 6 agosto 2008 n. 133 dispone, con disciplina che espressamente si applica a tutti i servizi pubblici locali e prevale sulle norme degli ordinamenti di settore con esse incompatibili (quindi, anche sull’ordinamento relativo ai rifiuti di cui allo stesso D.L.vo 152 del 2006), che “in deroga alle modalita' di affidamento ordinario a favore di imprenditori o di societa' in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica”, i servizi pubblici locali possono anche essere diversamente affidati, “per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato”, previa “adeguata pubblicita'” a tale scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato con contestuale trasmissione “di una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorita' garante della concorrenza e del mercato e alle autorita' di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione”.

QUALIFICAZIONE SOA - LEGITTIMA LA RICHIESTA DI ULTERIORI REQUISITI?

TAR LAZIO RM SENTENZA 2008

La normativa vigente, in particolare l’articolo 1, comma 3, del d.P.R. n. 34/00, prevede espressamente che l’attestazione SOA “costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacita' tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento dei lavori pubblici”. La richiesta da parte della stazione appaltante di ulteriori requisiti finanziari rispetto a quelli fissati dalla legge è illegittima nell’ipotesi in oggetto (manutenzione di scale mobili e di ascensori). Non appare condivisibile al riguardo il richiamo della giurisprudenza che ammette la richiesta di un fatturato pari anche al doppio del prezzo a base d’asta, per servizi identici a quelli oggetto di gara operato dalla difesa della Stazione appaltante per giustificare la richiesta della stazione appaltante. In realta' la possibilita' prevista dalle sentenze citate è consentita solo in casi eccezionali che devono essere adeguatamente motivati, peraltro nel rispetto del “ limite della logicita' e ragionevolezza e cioè della loro pertinenza e congruita' a fronte dello scopo perseguito”.

MANCATO PAGAMENTO CONTRIBUTO ALL'AVCP - CONSEGUENZE

TAR PUGLIA BA SENTENZA 2008

L’articolo 1, comma 67 della l. 23 dicembre 2005, n. 266 prevede, come obbligatorio, il versamento del contributo in favore dell’Autorita' di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. L'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, (ed oggi anche di) servizi e forniture, con propria delibera del 10 gennaio 2007, ha appunto determinato le contribuzioni (individuando i soggetti, pubblici e privati, obbligati, perche' sottoposti alla sua vigilanza), con le relative modalita' di riscossione, "ivi compreso l'obbligo di versamento del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilita' dell'offerta", nell'ambito della sua ampliata competenza, allargata alle procedure finalizzate non solo alla realizzazione di opere pubbliche, ma anche alla conclusione di contratti di fornitura e di svolgimento di servizi. Ha cosi' stabilito che sono tenuti alla contribuzione, come determinata nella tabella, di cui all’art. 2, tra gli altri: b) gli operatori economici che intendono partecipare a procedure di scelta del contraente attivate dai soggetti tenuti alle procedure di evidenza pubblica.

I soggetti che partecipano a gare pubbliche sono, pertanto, tenuti al pagamento della contribuzione quale condizione di ammissibilita' alla procedura di selezione del contraente. Essi sono tenuti a dimostrare, al momento di presentazione dell’offerta, di avere versato la somma dovuta a titolo di contribuzione. La mancata dimostrazione dell’avvenuto versamento di tale somma è causa di esclusione dalla procedura di gara. E’ allora chiaro che l’obbligo di versamento della contribuzione, a carico dei partecipanti alle procedure per l’affidamento, pur sempre imposto a pena di esclusione dalla gara, non risulta stabilito direttamente dall'articolo 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, bensi' dal complesso di regole fissate dalla delibera dell’Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, a cio' abilitata dall’articolo 8, comma 12, del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, il quale ultimo ha consentito, attraverso il rinvio all'articolo 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, l’applicazione anche agli altri contratti del meccanismo li' delineato in origine per i soli lavori.

La disposizione dell’art. 1, comma 67 della l. 266 del 2005, come resa concretamente operativa dalla delibera dell’Autorita', integra norma eterointegrativa dei bandi di gara attesa la totale assenza di discrezionalita' dell’amministrazione in ordine alla sua applicabilita' ed efficacia (TAR Sicilia, Palermo III, 11 dicembre 2006, n. 3888). Ne' rileva in contrario la circostanza che la stazione appaltante abbia omesso di comunicare la procedura di gara al sistema informativo dell'Autorita' (non ottenendo quindi il relativo codice identificativo) e di versare il contributo a proprio carico, atteso che con la delibera dell’Autorita' del 10 gennaio 2007 è disciplinata anche la misura del contributo, sicche' è sempre possibile per il concorrente quantificare la misura del contributo ed effettuarne il versamento. Deve ritenersi, di conseguenza, illegittima la omessa esclusione dalla gara di tutti i partecipanti che non hanno versato il suddetto contributo.

CONTROLLO ANALOGO ED AFFIDAMENTO IN HOUSE

TAR LOMBARDIA MI SENTENZA 2008

Il presupposto per la configurabilita' del requisito del c.d. controllo analogo, necessario perche' si possa disporre legittimamente l’affidamento in house, non puo' in alcun modo prescindere dalla esistenza, in capo al Comune, della qualita' di socio dell’affidataria del servizio, in disparte dalla misura dell’entita' della partecipazione detenuta, ancorche' esigua. La verifica del controllo analogo non puo' che effettuarsi sul piano dell’esistenza di previsioni che conferiscano, agli Enti aventi una partecipazione esigua alla societa' affidataria, dei poteri di controllo nell’ambito in cui si esplica l’attivita' decisionale della societa' tramite gli organi di questa: poteri che si esplichino non solo in forma propulsiva, sub specie di proposte da portare all’ordine del giorno di detti organi, ma anche – e principalmente – di poteri di inibizione di iniziative o decisioni che contrastino con gli interessi dell’Ente locale nel cui territorio si esplica il servizio, quali rappresentati dall’Ente stesso con le suindicate proposte. Occorre, inoltre, che i predetti poteri inibitivi siano esercitabili dall’Ente pubblico come tale, a prescindere dalla misura della partecipazione di esso al capitale della societa' affidataria, ma per il semplice fatto che l’Ente, nel cui territorio si svolge il servizio, consideri le deliberazioni o le attivita' societarie contrastanti con i propri interessi ed abbia per tal ragione il potere di paralizzare le suddette deliberazioni e attivita'.

La giurisprudenza ha in particolare rinvenuto l’esistenza del controllo analogo in presenza di clausole, contenute nello statuto societario e nel contratto di servizio, attributive all’Ente locale affidante di prerogative, che l’Ente stesso puo' esercitare, ai fini del controllo sul servizio, indipendentemente dalla quota di capitale posseduta (T.A.R Lazio, Roma, n. 9988/2007, cit.).

SERVIZI IDRICI INTEGRATI - INOSSERVANZA SULL'AFFIDAMENTO - ACCERTAMENTO

AVCP DELIBERAZIONE 2008

Procedimento volto ad accertare l’eventuale inosservanza della normativa per l’affidamento del servizio idrico integrato.

ATI - IMPUGNAZIONE - LEGITTIMAZIONE ATTIVA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2008

Deve ritenersi sussistente la legittimazione attiva dell'impresa singola facente parte di un raggruppamento temporaneo di imprese, mandataria o mandante, sia che quest'ultimo si sia gia' costituito al momento di presentazione dell'offerta, sia che debba costituirsi all'esito dell'aggiudicazione, non esistendo nell’ordinamento alcuna disposizione che stabilisca, con riguardo alle procedure concorsuali, che il ricorso giurisdizionale avverso gli atti di una gara per l'aggiudicazione di un pubblico appalto debba essere proposto unicamente da tutti i membri di un raggruppamento temporaneo di imprese costituito o costituendo (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 12.2.2007, n.593).

L’obbligo motivazionale puo' ritenersi adempiuto, in caso di gare da aggiudicarsi con il metodo dell’offerta economicamente piu' vantaggiosa, con pieno soddisfacimento dell’interesse ad esso sotteso, mediante il riferimento ad un mero punteggio numerico tale da rendere percepibile l'iter logico seguito dall'organo giudicante, allorquando la motivazione dei giudizi sia ricavabile da criteri prefissati di valutazione sufficientemente dettagliati dal bando e dal capitolato di gara che contengano puntuali griglie di valutazione riferite ai diversi aspetti dell'offerta.

In materia di cessione di ramo d’azienda e trasferimento dei requisiti in capo dal cessionario soprattutto in relazione alla partecipazione a pubblica gara ed al conseguito possesso di tali requisiti da parte del soggetto acquirente, occorre affermare che la cessione determina il sub-ingresso del cessionario nel complesso dei rapporti, attivi e passivi, del cedente, ricomprendente anche il possesso di titoli, referenze o requisiti specifici maturati nello svolgimento dell'attivita' ceduta.

SOCIO PRIVATO DI MINORANZA - PROCEDURA EVIDENZA PUBBLICA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

La scelta del socio, secondo principi divenuti ormai “ius receptum”, non si puo' sottrarre ai suddetti principi di concorrenzialita' e di par condicio, sia che si tratti di societa' miste di maggioranza che di societa' miste di minoranza, indipendentemente dalla esistenza di specifiche norme, essendo ormai considerato immanente nell’ordinamento il principio dell’evidenza pubblica ogni qualvolta occorra individuare un operatore privato al quale affidare attivita' per conto e nell’interesse della pubblica amministrazione.

COMMISSIONE DI GARA NELLE OFFERTE AL PREZZO PIU' BASSO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Sotto il profilo della realizzazione di una effettiva concorrenza tra i partecipanti alle gare pubbliche, giusta l’evoluzione della giurisprudenza comunitaria, cui consegue la possibilita' (per le Amministrazioni appaltanti) di scelta del criterio di aggiudicazione ritenuto piu' consono alle caratteristiche del singolo appalto, va rilevato che l’applicazione del criterio della "offerta economicamente piu' vantaggiosa" implica l’esercizio di un adeguato potere di scelta tecnico-discrezionale, mentre al criterio del "prezzo piu' basso" consegue una scelta di carattere sostanzialmente automatico da effettuare mediante il mero utilizzo dei tassativi parametri prescritti dal disciplinare di gara.

Appare conseguenziale che solo all’esercizio della discrezionalita' tecnica valutativa propria del sistema della "offerta economicamente piu' vantaggiosa" deve ritenersi correlata la prescrizione cautelativa del comma 10 dell’art. 84 cost. in ordine alla costituzione della Commissione dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, non configurandosi tale esigenza per il sistema del "prezzo piu' basso" in ragione della rilevata automaticita' della scelta, che rende indifferente, ai fini della regolarita' della procedura concorsuale, il momento di nomina della Commissione giudicatrice, ferma restando la necessaria applicazione dei principi generali di buon andamento e imparzialita' dell’attivita' della Commissione e di indulgenza dei componenti della stessa.

La precitata disposizione dell’articolo 84, comma 10, deve essere quindi riferita esclusivamente allo specifico sistema di gara e non puo', in ragione della sua specificita' e della conseguente sua natura di stretta interpretazione, assumere valenza di principio generale in materia.

Nè il fatto che l’Amministrazione abbia ritenuto di nominare una Commissione giudicatrice – pur non essendo nella specie a cio' tenuta – comporta, ex se, la conseguenziale applicazione della disciplina introdotta dalla speciale procedura postulata dall’articolo 84, operando implicitamente i soli canoni generali di regolazione dei procedimenti concorsuali.

Neppure puo' essere utilmente sostenuta, da parte dell’appellata, la violazione della disposizione dell’art. 84, comma 2, del D.L.vo n. 163/2006 in ordine al possesso della competenza (in capo ai commissari) nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto, avuto riguardo alla rilevata "automaticita'" della scelta correlata al criterio della aggiudicazione col sistema dell’offerta piu' bassa, e quindi alla sostanziale indifferenza, rispetto alla specificita' del settore, della competenza medesima.

ALIENAZIONE BENI IMMOBILI DEMANIALI - DISCIPLINA APPLICABILE

TAR LAZIO RM SENTENZA 2008

In una procedura di alienazione di beni immobili non è applicabile la disciplina del Codice dei contratti pubblici, atteso che l’art. 1 del D.Lgs. 163/06 indica espressamente l’ambito di applicazione affermando che “Il presente codice disciplina i contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l'acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere”. Ne deriva che le disposizioni ed i principi contenuti nella normativa regolante le procedure ad evidenza pubblica non possono trovare piena applicazione (se non quando siano espressamente richiamati negli atti generali che costituiscono la lex specialis autovincolante per l’Amministrazione) nelle procedure di dismissione e vendita di beni immobili da parte dello Stato e delle altre Amministrazioni pubbliche. Le regole della selezione del migliore offerente in una procedura di alienazione di beni immobili sono da rinvenirsi esclusivamente e tassativamente nella lex specialis che l’Ente fissa nel bando.

Non sussiste la legittimazione a presentare un’offerta alla procedura di vendita a trattativa privata per l’acquisto di un immobile comunale, da parte di una Societa', non invitata alla procedura, che partecipi per conto di altra societa', quest’ultima invitata, quando nel bando non sia stata menzionata la possibilita' di partecipare per conto terzi.

SERVIZI PUBBLICI LOCALI - AFFIDAMENTO IN HOUSE

AUTORITA CONCORRENZA SEGNALAZIONE 2008

TITOLO: Affidamento di servizi pubblici locali aventi rilevanza economica secondo modalita' c.d. in house.

SINTESI: I casi in cui è consentito evitare il ricorso alla gara sono da interpretarsi in senso restrittivo anche in ragione della situazione di conflitto d’interesse che tale modalita' di affidamento determina in capo agli enti pubblici locali, i quali risultano essere al contempo affidatari del servizio, azionisti e amministratori della societa' di gestione di servizi, nonche' componenti degli organismi chiamati a vigilare e disciplinare la medesima. Nel caso di specie, la presenza di soggetti non pubblici nel capitale sociale della societa', fa dubitare della sussistenza delle condizioni di legittimita' dell’affidamento secondo le modalita' in house. L'attribuzione di un appalto pubblico ad una societa' mista pubblico/privata senza far appello alla concorrenza pregiudicherebbe l'obiettivo di una concorrenza libera e non falsata ed il principio della parita' di trattamento degli interessati contemplato dalle direttive, in particolare nella misura in cui una procedura siffatta offrirebbe ad un'impresa privata presente nel capitale della detta societa' un vantaggio rispetto ai suoi concorrenti.

SOCIETA' PARTECIPATE DA ENTI LOCALI - PARTECIPAZIONE GARA - CONGRUITA' OFFERTA

AVCP PARERE 2008

COMMENTO: come gia' espresso nel parere di questa Autorita' n. 169/2008, nel giudizio sull’anomalia, è solo la stazione appaltante che puo' e deve svolgere il giudizio tecnico sulla congruita', serieta', sostenibilita' e realizzabilita' dell’offerta, senza potersi ammettere in alcun caso una sostituzione/supplenza nell’esercizio di tale suo potere discrezionale di valutazione. Gli apprezzamenti compiuti dall’Amministrazione in sede di riscontro dell’anomalia delle offerte costituiscono espressione di un potere di natura tecnico-discrezionale, improntato a criteri di ragionevolezza, logicita' e proporzionalita', che resta prerogativa di esclusiva competenza della stazione appaltante e, in particolare, della commissione giudicatrice.

Questa Autorita' si è gia' occupata anche di alcune problematiche legate all’applicazione della L. n. 248/2006, segnalando come essa vieti l’attivita' extra moenia delle societa' partecipate da enti locali, al fine di porre un freno all’incidenza che la loro composizione puo' comportare sull’assetto del mercato, minando quindi la libera concorrenza, in ragione del fatto che detti soggetti godono sovente di asimmetrie informative di notevoli dimensioni, in grado di alterare la par condicio con gli altri operatori agenti nello stesso mercato e di eludere sostanzialmente, a mezzo l’apporto di risorse pubbliche, il rischio d’impresa. In particolare, con la deliberazione n. 135/2007 l’Autorita' ha esteso il divieto di svolgere attivita' extra moenia anche alle ipotesi in cui la partecipazione dell’ente locale alla societa' sia meramente indiretta, al fine di evitare che l’applicazione del divieto alle sole partecipazioni dirette, rappresenti un facile strumento di elusione della norma mediante meccanismi di partecipazioni societarie mediate. Infatti, nelle societa' c.d. di terzo grado, ovvero quelle societa' che non sono state costituite da amministrazioni pubbliche e non sono state costituite per soddisfare esigenze strumentali alle amministrazioni pubbliche medesime, poiche' l’assunzione del rischio avviene con una quota di capitale pubblico, possono integrarsi meccanismi potenzialmente in contrasto con il principio della par condicio dei concorrenti. Pertanto, anche le societa' indirettamente partecipate da Enti Locali, non possono concorrere, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 della legge n. 248/2006, agli appalti banditi da amministrazioni diverse da quelle che ne detengono il capitale. Tale orientamento dell’Autorita', successivamente confermato da taluni giudici amministrativi (T.A.R. Veneto, sez. I, 31 marzo 2008 n. 788; T.A.R., sez. I, 31 gennaio 2007 n. 140), per cui le disposizioni limitative di cui si tratta sono state ritenute applicabili anche alle societa' indirettamente partecipate da enti pubblici, trova il proprio fondamento nell’intento di tutelare l’interesse pubblico e, allo stesso tempo, rafforzare e garantire il libero gioco della concorrenza, assicurando, cosi', una effettiva parita' tra tutti gli operatori economici.

Nella fattispecie in oggetto quindi, la partecipazione della A.E. S.r.l. alla gara per l’affidamento in subconcessione in esclusiva delle aree esistenti e da realizzare all’interno dell’aerostazione di P. “F. e B.” destinate allo svolgimento dell’attivita' di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande, non risulta conforme, in quanto indirettamente partecipata da Enti pubblici territoriali, ai principi della libera concorrenza, della parita' di trattamento di cui agli artt. 2, comma 1, del D.Lgs. 163/06.

OGGETTO: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo n. 163/2006 presentata da A. S.p.A. – affidamento in subconcessione in esclusiva delle aree esistenti e da realizzare all’interno dell’aerostazione di P. “F. e B.” destinate allo svolgimento dell’attivita' di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande. S.A.: G. S.p.A. - Societa' di gestione dell’aeroporto.

SOCIETA' PARTECIPATE DA ENTI LOCALI - PARTECIPAZIONE ALLE GARE D'APPALTO

AVCP PARERE 2008

COMMENTO: con la deliberazione n. 135 del 9 maggio 2007 l’Autorita' aveva esteso il divieto previsto dall’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 223/2006 (cosiddetto Decreto Bersani), come convertito dalla legge 4 agosto 2006 n. 248, di svolgere attivita' extra moenia anche alle ipotesi in cui la partecipazione dell’ente locale alla societa' sia meramente indiretta, come nel caso di S. S.p.A., al fine di evitare che l’applicazione del divieto alle sole partecipazioni dirette, rappresenti un facile strumento di elusione della norma mediante meccanismi di partecipazioni societarie mediate. Le societa' miste/pubbliche che svolgono in outsourcing attivita' di pertinenza delle amministrazioni locali, secondo quanto evidenziato dall’Autorita', minano la libera concorrenza, godendo di asimmetrie informative di notevoli dimensioni, in grado di alterare la par condicio con gli altri operatori agenti nello stesso mercato e di eludere sostanzialmente il rischio d’impresa.

Tale orientamento dell’Autorita', successivamente confermato dal giudice amministrativo (si vedano T.A.R. Veneto, sez. I, ordinanza n. 451 del 4 luglio 2007; T.A.R. Veneto, sez. I, 31 marzo 2008 n. 788) trova il proprio fondamento nell’intento di tutelare l’interesse pubblico e, allo stesso tempo, rafforzare e garantire il libero gioco della concorrenza, assicurando, cosi', una effettiva parita' tra tutti gli operatori economici.

OGGETTO: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dalla Citta' di P. - servizio di gestione integrata - calore pulizie - degli edifici scolastici e pubblici di proprieta' o in uso del Comune di P.. S.A.: Comune di P..

PRESENTAZIONE OFFERTE - DICHIARAZIONE COLLEGAMENTO SOSTANZIALE

AVCP PARERE 2008

COMMENTO: la situazione di collegamento sostanziale, per essere rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, deve sussistere alla data di presentazione delle offerte, posto che è in quel momento che si cristallizza la situazione dichiarata dall’azienda, compresa la dichiarazione della stessa in merito ad eventuali rapporti di collegamento ad altre imprese partecipanti alla stessa gara. Pertanto l’eventuale falsita' della dichiarazione fornita in quel momento, rileva ai fini dell’ammissibilita' dell’offerta stessa, il che vuol dire che non rilevano circostanze antecedenti (e che siano venute definitivamente meno prima della data dianzi indicata) o sopravvenute. A quest’ultimo riguardo si puo' pure ritenere che in alcuni casi una circostanza sopravvenuta possa costituire un serio indizio circa la preesistente situazione di collegamento, ma cio' deve costituire oggetto di prova rigorosa, pena un’indebita restrizione dell’autonomia imprenditoriale degli operatori economici; in effetti, soprattutto nei casi in cui le operazioni di gara si protraggano per un periodo lungo, le vicende sopravvenute che coinvolgono in ipotesi due o piu' delle imprese partecipanti potrebbero danneggiare le imprese medesime, le quali, al momento della presentazione delle offerte, non avevano in ipotesi alcuna intenzione di violare il divieto di cui all’art. 34, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006 ed hanno invece dato vita a fusioni, incorporazioni e quant’altro solo in base a strategie aziendali o per altre ragioni comunque riconducibili alla ordinaria dinamica imprenditoriale. Occorre, pertanto, verificare se si sia concretamente integrata un’alterazione del gioco della concorrenza, la quale si ha quando due o piu' offerte provengono dallo stesso centro decisionale.

OGGETTO: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex art. 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dall’I.E.S. S.r.l.(in qualita' di mandataria dell’ATI con I.S.r.l.) – Gara d’appalto per “Servizio di gestione calore e manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti comunali di riscaldamento, raffrescamento ed idrico-sanitari per la durata di anni nove dal verbale di consegna degli impianti”. Importo contrattuale previsto per la durata di 9 anni € 3.357.000,00. S.A.: Comune di C.S..

COMPARTECIPAZIONE SOCIETARIA - CAUSE ESCLUSIONE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

La Sezione deve in primo luogo rilevare che la circostanza che una società sia partecipata (per il 40%) da altra società per azioni (a volta partecipata integralmente dal Comune di T.), non determina, di per sé, alcuna violazione né di norme né di principi giuridici di matrice nazionale o comunitaria. Ed invero, come la giurisprudenza sia nazionale che comunitaria ha avuto in più occasioni modo di affermare, la compartecipazione societaria dell’amministrazione aggiudicatrice alla società concorrente non determina alcuna automatica violazione dei principi concorrenziali e di parità di trattamento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2004, n. 6325; Cons. Giust. Amm., 24 dicembre 2002, n. 692). Una simile limitazione a carico delle società miste a partecipazione pubblica si porrebbe, anzi, in contrasto con i principi dell’ordinamento comunitario, il quale esige che le imprese pubbliche abbiano possibilità di agire in regime di parità di trattamento con la imprese private.

Ciò si desume, innanzitutto, dall’art. 295 del Trattato CE, che lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri, e dall’art. 86 del medesimo Trattato CE che, vietando il mantenimento nei confronti delle imprese pubbliche di misure contrarie alle norme del Trattato, salvo quanto strettamente necessario all’adempimento delle specifiche missioni di interesse generale di cui esse siano eventualmente incaricate, presuppone, per ogni altro aspetto, una piena parificazione tra imprese pubbliche e private.

Anche la Corte di Giustizia CE ha precisato che il principio di parità di trattamento non è violato per il solo fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ammette a partecipare ad una procedura di aggiudicazione organismi che ricevono, da essa stessa o da altre amministrazioni aggiudicatici, sovvenzioni, indipendentemente dalla loro natura (Corte Giust. CE, 7 dicembre 2000, in C 44.99) o che sono da essa partecipati (Corte Giust. CE, 11 gennaio 2005, C-26.03).

Tale indirizzo merita certamente di essere condiviso: le garanzie offerte dalla procedura dell’evidenza pubblica valgono, infatti, ad escludere che la partecipazione all’interno della società da parte dell’ente pubblico che bandisce la gara possa rappresentare, di per sé, un fattore distorsivo della concorrenza e, quindi, offrire alla società partecipata un illegittimo vantaggio a scapito delle altre imprese. In definitiva, in assenza di prove in ordine a specifiche violazioni delle regole di evidenza pubblica, deve escludersi che la mera partecipazione dell’ente pubblico ad una società concorrente rappresenti un elemento tale da pregiudicare la regolarità della gara.

Nello specifico della fattispecie in esame, nessuna preclusione può ricavarsi dall’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 164.2000, ai sensi del quale, alle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale “sono ammesse, senza limitazioni territoriali, società per azioni o a responsabilità limitata, anche a partecipazione pubblica, e società cooperative a responsabilità limitata, sulla base di requisiti oggettivi, proporzionati e non discriminatori, con la sola esclusione delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia o in altri Paesi dell'Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Alle gare sono ammessi inoltre i gruppi europei di interesse economico”. Tale norma tuttavia nel caso di specie non può trovare applicazione in quanto, a prescindere dalla questione se ASM T. s.p.a. possa essere considerata affidataria diretto di un servizio pubblico locale, il Collegio deve escludere in radice che UDG sia controllata da ASM T. s.p.a.

In ordine al primo profilo deve evidenziarsi che il concetto di controllo cui occorre far riferimento per l’applicazione della causa di esclusione dalle gare di cui all’art. 14, comma 5, d.lg. n. 164.2000 è esplicitato nell’art. 2, comma 1, lett. s) dello stesso d.lgs. n. 164.2000, laddove si prevede che “impresa controllata” è “un’impresa controllata ai sensi dell’articolo 2359, commi 1° e 2°, del codice civile”. Ebbene, nel caso si specie non sussiste nessuna delle tre ipotesi di controllo (controllo interno di diritto; controllo interno di fatto; controllo esterno di fatto) contemplate dall’art. 2359 c.c.

Non vi era, quindi, alcuna preclusione impediva della partecipazione alla gara di UDG.

CRITERI DI VALUTAZIONE DELL'OFFERTA E DEL COSTO DELLA MANODOPERA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

In tema di valutazione delle offerte anomale negli appalti pubblici di servizi, il legislatore, con l’art. 1 della L. 327/2000, si preoccupa soltanto di demandare agli enti aggiudicatori il compito di valutare che il valore economico sia “adeguato e sufficiente”, rispetto al costo del lavoro come risultante dalle tabelle ministeriali, redatte sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva applicabile alla fattispecie (comma 1) ovvero da quella relativa al settore merceologico piu' vicino a quello preso in considerazione (comma 2).

La circostanza, tuttavia, che sia stata fatta menzione soltanto dei primi due commi dell’articolo unico della richiamata legge, non sta a significare che nella valutazione della validita' dell’offerta economica non debba aversi riguardo anche ad altri elementi tratti dalla stessa disposizione normativa tra cui, in particolare, quelli contenuti nel comma 4 della legge n. 327/2000 che, secondo le istanti, non dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie.

Al contrario, deve ritenersi che, pur riguardando il predetto comma le offerte considerate anormalmente basse, ai sensi e per gli effetti del D. Lgs. 17 marzo 1995, n. 157, il suo enunciato assuma una valenza significativa proprio ai fini di una corretta interpretazione della disciplina di gara. Infatti, se è vero che le offerte anomale sono quelle che si discostano “in modo evidente” dai parametri di cui ai commi 1, 2 e 3, ne consegue necessariamente che le offerte economiche non sono considerate anormalmente basse allorche', come nella fattispecie, non si discostino in modo evidente da quei parametri.

CONCESSIONE SERVIZIO GAS - NORMATIVA APPLICABILE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Come chiarito anche dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (21 luglio 2005) l’affidamento al privato di un servizio pubblico avviene tramite una " concessione, che non rientra nell'ambito di applicazione ne' della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, ne' della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonche' degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni “, ma a cui si applica direttamente il trattato costitutivo della comunita' (articoli 43 CE e 49 CE).

Ne consegue che, a parte il contenuto del contratto di servizio che come si è detto è condizionato dal contratto tipo approvato dall'autorita' centrale, il resto ed in particolare la disciplina del procedimento di gara è sostanzialmente rimessa alla discrezionalita' dei singoli enti locali, che comunque possono esercitarla solo nel rispetto dei principi generali in materia di confronto concorrenziale e dei singoli paletti posti dall'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.

ORGANISMO DI DIRITTO PUBBLICO - PORTATA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Al fine di definire un ente quale organismo “istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale” (paragrafo 9 dell’art. 1 della direttiva 2004/18/CE; comma 26 dell’art. 3 del d.lgs. 163 del 2006), la piu' corretta interpretazione del dettato comunitario depone nel senso che il quesito vada risolto conferendo rilievo preminente non gia' al carattere (industriale o commerciale) dell’attivita' gestionale posta in essere dall’organismo di cui si discute, bensi' avendo riguardo al carattere dell’interesse (rectius: delle esigenze) al cui perseguimento detta attivita' è teleologicamente ed istituzionalmente rivolta (sul punto: Corte di Giustizia delle CE, sent. 10 novembre 1998, in causa C-360/96 Gemeente Arnhem e a. vs. B.F.I. Holding B.V.). Conseguentemente, è ben possibile che un determinato organismo persegua un interesse non industriale (ad es.: un fine di interesse generale per la collettivita' dei consumatori o degli utenti) utilizzando strumenti operativi lato sensu privatistici, e che nondimeno l’organismo stesso sia qualificabile come o.d.p. ai sensi del diritto comunitario e della relativa normativa nazionale di recepimento (sul punto – ex plurimis - Cons. Stato, Sez. VI, sent. 28 ottobre 1998, n. 1478; id., Sez. V, sent. 7 giugno 1999, n. 295).

Con riferimento ai requisiti previsti dal paragrafo 9 dell’art. 1 della direttiva 2004/18/CE (e dalle previgenti norme comunitarie in materia di appalti) al fine di individuare gli indici di riconoscimento di un organismo di diritto pubblico, appare corretta la prospettazione dell’Ente appellato, secondo cui l’ordinamento comunitario richiede (inter alia) la presenza di un doppio requisito: un primo requisito – per cosi' dire – ‘in positivo’, rappresentato dalla circostanza per cui l’organismo di cui si discute è istituito per soddisfare esigenze di carattere generale, nonche', un secondo requisito – per cosi' dire – ‘in negativo’, rappresentato dalla circostanza per cui si tratti di esigenze aventi natura non industriale o commerciale.

In presenza di un organismo il cui ambito di attivita' comprende sia attivita' volte al perseguimento di interessi di carattere industriale o commerciale, sia attivita' volte al perseguimento di interessi privi di tale carattere, la sua configurabilita' quale organismo di diritto pubblico non impone (come, pure, ipotizzato dalla difesa dell’Ente – memoria in data 22 luglio 2003, p. 12 -) il previo esperimento di una sorta di giudizio di prevalenza.

Al contrario, in ossequio alla pertinente giurisprudenza comunitaria (evidentemente ispirata dalla ratio di estendere, nei casi dubbi, le ipotesi di assoggettabilita' alle regole dell’evidenza pubblica a fronte di figure organizzative comunque riconducibili all’alveo pubblicistico), occorre concludere che l’Ente in questione sia da qualificare quale o.d.p. anche laddove la soddisfazione di bisogni di interesse generale costituisce solo una parte relativamente poco rilevante delle attivita' da esso effettivamente svolte (in tal senso: Corte di Giustizia delle CE, sent. 15 gennaio 1998, in causa C-44/96, Mannesmann).

Al riguardo, il giudice comunitario ha chiarito che la qualita' di organismo di diritto pubblico non dipende in alcun modo dall’importanza relativa che, nell’attivita' dell’organismo medesimo, è rivestita dal soddisfacimento di bisogni di interesse generale di carattere non industriale o commerciale, risultando piuttosto sufficiente a tal fine che il perseguimento di tale tipologia di bisogno rientri fra i compiti istituzionale dell’organismo di cui si discute, anche senza carattere di preminenza (Corte di Giustizia delle CE, sent. 10 novembre 1998 in causa C-360/96, Gemeente Arnhem, Gemeente Rheden vs. BFI Holding BV).

E’ stato chiarito che il ricorso ai principi del Trattato in punto di rispetto della par condicio e di salvaguardia dell’evidenza pubblica resta indefettibile sia nelle ipotesi in cui non risulti superata la c.d. soglia di rilievo comunitario (secondo un’opzione largamente accolta, del resto, dal Legislatore nazionale del ‘Codice dei contratti’), sia – piu' in generale – quando l’utilitas di cui si discute non concerna in modo diretto il settore degli appalti, bensi' altri settori di intervento di analogo ed indiscutibile rilievo economico per gli operatori (sul punto, cfr. la Comunicazione interpretativa della Commissione relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive appalti pubblici, in G.U.C.E. C179 del 1° agosto 2006).

AFFIDAMENTO IN HOUSE - LIMITI ALLA SOCIETA' MISTA

TAR LAZIO RM SENTENZA 2008

Il modello della societa' mista, sebbene la problematica prenda le mosse dall’atteggiamento restrittivo della giurisprudenza in tema di affidamenti diretti, riguarda un fenomeno distinto non riconducibile ne' assimilabile a quello delineato dalla giurisprudenza con riferimento al c.d. “affidamento in house providing”. La scelta del socio privato “operativo” puo' avvenire con il ricorso ad una gara “unica” ad evidenza pubblica nel rispetto dei principi comunitari, avendo cura di verificare, con riferimento alla scelta della procedura ed alla normativa da applicare, se il contratto da affidare ricade o meno sotto la disciplina delle direttive comunitarie in tema di appalti pubblici; perche' il modello della societa' mista (il cui socio privato al quale affidare la gestione operativa dei servizi affidati alla societa' è scelto con gara ad evidenza pubblica) sia comunque compatibile con i principi comunitari a tutela della concorrenza (per il mercato) tra le imprese (trasparenza, non discriminazione, parita' di trattamento, proporzionalita' e mutuo riconoscimento), è necessario che l’oggetto della prestazione sia definito in sede di gara, che l’attivita' del partenariato venga svolta “in via prevalente” in favore del soggetto pubblico che l’abbia costituito e che la durata del contratto sociale sia limitato temporalmente. A quanto sopra osservato, va aggiunto che, secondo quanto emerge dalle interpretazioni fornite dai vari soggetti istituzionali (anche comunitari) sopra riportate, il modello del contratto sociale (nella forma del PPPI), oltre ad essere ritenuto fungibile con quello di appalto, svolge una sua peculiare funzione nei casi in cui, per la specificita' e complessita' dell’oggetto dell’affidamento (non da ultimo, il fatto che il servizio svolto dalla societa' mista sia strettamente connesso all’esercizio di funzioni pubbliche), l’ente pubblico costituente voglia esercitare un controllo piu' stringente sull’attivita' svolta, nell’ambito della societa' mista, dal socio “operativo” privato.

CONCESSIONE SERVIZI DI ILLUMINAZIONE VOTIVA -SCELTA DEL CONTRAENTE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Il servizio, costituito dall’illuminazione votiva dei cimiteri comunali, sol per questo in altro non può consistere che in un servizio pubblico, in quanto assunto dal Comune e mirante a soddisfare il sentimento religioso e la pietas di coloro che frequentano il cimitero, consentendo pertanto al Comune stesso di realizzare fini sociali e promuovere lo sviluppo civile della comunità locale a termine dell’art. 112 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, recante testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Più precisamente, si tratta di concessione di servizio pubblico locale a rilevanza economica, perché richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi, personale da destinare ad un’attività economicamente rilevante in quanto suscettibile, quantomeno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore. La differenza tra le ipotesi della concessione di lavori pubblici e quella della concessione di servizi pubblici va rinvenuta nel tipo di nesso di strumentalità che lega la gestione del servizio alla realizzazione dell’opera; si avrà perciò concessione di costruzione ed esercizio se la gestione del servizio è strumentale alla costruzione dell’opera, in quanto diretta a consentire il reperimento dei mezzi finanziari necessari alla realizzazione, mentre si versa in tema di concessione di servizi pubblici quando l’espletamento dei lavori è strumentale, sotto i profili della manutenzione, del restauro e dell’implementazione, alla gestione di un servizio pubblico il cui funzionamento è già assicurato da un’opera esistente. In particolare, tanto è stato affermato proprio con riguardo al servizio pubblico di illuminazione cimiteriale, ravvisandosi per esso la seconda ipotesi nella considerazione che i lavori affidati al concessionario nell’ambito della gestione del servizio stesso afferiscono non ad un’opera nuova, ma alla manutenzione ed implementazione degli impianti esistenti.

L’art. 30 del codice contratti pubblici, nell’escludere dalla sfera di operatività del codice medesimo – ad eccezione appunto dello stesso art. 30 - le concessioni di servizi, richiede che la scelta del concessionario avvenga “nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”. E’ evidente che i principi in parola non possono ritenersi rispettati con riguardo al caso di specie, concernente un servizio (pubblico locale) non di particolare complessità tale da richiedere per il suo espletamento una specifica ed articolata organizzazione imprenditoriale, essendo notorio che il servizio stesso e' invece svolto nelle piccole realtà anche da ditte individuali. Deve perciò affermarsi, in definitiva, che la limitazione alle società di capitali si risolve in una ingiustificata e discriminante preclusione nei confronti di piccole strutture dell’accesso al mercato dei servizi di settore senza, peraltro, apprezzabili vantaggi circa la qualità del servizio da rendere; e ciò anche con conseguente effetto distorsivo dell’effettiva concorrenzialità nell’ambito dello stesso mercato. Dunque, nel caso concreto in trattazione gli artt. 113, comma 5, lett. a), del T.U.E.L. (e 2, comma 6, della L.R. Lombardia n. 26 del 2003) vanno disapplicati, con la conseguenza che dev’essere negata la sussistenza di causa di esclusione dalla partecipazione alla gara a trattativa indetta dal Comune di una società in quanto di persone e non di capitali.

SERVIZI PUBBLICI LOCALI - AFFIDAMENTO DIRETTO DELLE PRIME GARE

AVCP PARERE 2008

L’art. 113, comma 5, del D.Lgs. 267/2000 dispone che l’erogazione dei servizi pubblici locali deve avvenire in regime di concorrenza, previo conferimento della titolarità della gestione esclusivamente a società di capitali individuate mediante l’espletamento di gare con procedura di evidenza pubblica. Il successivo comma 6 dispone, inoltre, che “non sono ammesse a partecipare alle gare le società che, in Italia o all’estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime”. L’ambito soggettivo della previsione non è specificato, dunque deve ragionevolmente ritenersi che esso si indirizzi indistintamente alle società di capitali a completa partecipazione pubblica ovvero a capitale misto. D’altra parte il chiaro intento della norma è quello di salvaguardare in maniera rigorosa, eliminando posizioni di privilegio alle società pubbliche a scapito degli operatori privati, allorché operino, quale ente strumentale dell’ente pubblico di riferimento, fruendo comunque dei vantaggi inerenti alla stretta contiguità con il detto ente pubblico.

Deve pertanto ritenersi che una società affidataria diretta del servizio di igiene urbana da parte di un Comune non possa, ai sensi del combinato disposto dei commi 6 e 15 quater dell’art. 113 D.Lgs. 267/2000, risultare aggiudicataria di eventuali gare, a meno che non si tratti delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa e successive al periodo di gestione in affidamento diretto.

Oggetto: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n), del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dal Comune A – servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti urbani. S.A.: Comune A (PV).

CONTRATTI ESCLUSI - PROCEDURA DI GARA

CORTE GIUST EU SENTENZA 2008

La Repubblica italiana, avendo posto in essere una prassi, esistente da lungo tempo e tuttora seguita, di attribuzione diretta all’A. degli appalti per l’acquisto di elicotteri di fabbricazione A. e A. B., destinati a sopperire alle esigenze di diversi corpi militari e civili, al di fuori di qualsiasi procedura di gara e, segnatamente, senza rispettare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE, e, in precedenza, previste dalla direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/62/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, come modificata e completata dalla direttiva del Consiglio 22 luglio 1980, 80/767/CEE, e dalla direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/295/CEE, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tali direttive.

AFFIDAMENTO IN HOUSE - AFFIDAMENTO DIRETTO - SOCIETA' MISTE

CORTE DEI CONTI DELIBERAZIONE 2008

Il ricorso all’istituto dell’in house legittima l’affidamento diretto del servizio da parte di un ente pubblico a una persona giuridicamente distinta, senza preventiva gara, qualora l’ente eserciti sul soggetto giuridico distinto un controllo analogo a quello dallo stesso esercitato sui propri servizi; ed il soggetto giuridico realizzi la parte piu' importante della propria attivita' con l’ente o con gli enti che la controllano (C. giust. CE, 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal).

L’affidamento diretto è pertanto ammesso, in deroga alla procedura di normale evidenza pubblica, tutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidare la gestione del servizio, al di fuori del sistema della gara, avvalendosi di una societa' esterna che presenti caratteristiche tali da poterla qualificare come una sua longa manus. Da qui, l’espressione in house con la quale si vuole evidentemente fornire risalto ad una gestione in qualche modo riconducibile allo stesso ente affidante o a sue articolazioni: circostanza questa che induce la dottrina ad affermare la mancanza di un rapporto di terzieta' e quindi la natura non contrattuale del rapporto.

Tuttavia, trattandosi di una palese deroga ai principi di concorrenza e trasparenza, che potrebbe determinare delle forme di distorsione del mercato, l’istituto in questione è stato ritenuto ammissibile solo nel rispetto di alcune condizioni, individuate in prima analisi attraverso numerose pronunce della Corte di Giustizia europea, successivamente avallate e interpretate, laddove necessario, dalla Giustizia amministrativa di primo e secondo grado, sia in sede giurisdizionale che in sede consultiva.

In tale ottica la giurisprudenza europea ha individuato rigorosi presupposti per rendere legittimo l’affidamento in house: 1) il “controllo analogo a quello svolto sui propri servizi”, necessariamente esercitato dall’ente pubblico nei confronti dell’impresa affidataria; 2) che l’attivita' prevalente del soggetto privato sia rivolta in favore dell’ente controllante.

Pertanto, nel caso di specie non vi sono i presupposti per configurare un affidamento diretto mediante l’istituto dell’in house providing, premesso, difatti, che l’onere della prova della esistenza delle condizioni legittimanti l'eccezione ricade sull’amministrazione, occorre evidenziare come la stessa non abbia fornito quei riscontri previsti dalla giurisprudenza europea in ordine al controllo ispettivo, a quello strategico, ed alle verifiche sul bilancio. In sostanza non si evince quel "controllo strutturale" che possa condurre le Societa' in titolo ad essere equiparate ad una struttura interna dell’amministrazione, tale da escludere una natura contrattuale del rapporto.

L’affidamento diretto ad una societa' mista puo' operare laddove vi sia stata, oltre ad una procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato, anche, e al tempo stesso, una procedura che definisca il servizio operativo da affidare direttamente al medesimo socio. È evidente la ratio di questa corrente di pensiero: se l’amministrazione, in sede di procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato, fissa con chiarezza e trasparenza anche l’oggetto del servizio che la societa' mista dovra' realizzare, appare coerente con i principi di libera concorrenza evitare una successiva ed ulteriore gara per l’affidamento del servizio, nel presupposto che tale valutazione è gia' stata effettuata in favore del socio privato. Prevedendo, inoltre, una scadenza del periodo di affidamento e che, a tal riguardo, siano chiarite le modalita' di uscita dello stesso socio privato dalla societa' mista, allo scopo di evitare che possa divenire un socio stabile della societa'. Tale orientamento, basato sulla fungibilita' tra contratto di appalto e contratto sociale, rappresenta un ottimo compromesso tra le esigenze di partenariato pubblico e privato, proprie della potesta' organizzativa dell’amministrazione pubblica, rispetto alle esigenze della comunita' europea di tutela dei principi di libera concorrenza volti a prevenire eventuali distorsioni del mercato.

Pertanto, nel caso di specie, anche per la societa' mista non si puo' procedere ad un affidamento diretto in quanto risultano mancanti quei presupposti che consentano di derogare alle normali regole di evidenza pubblica.

Pertanto, nel caso di specie, anche per la societa' mista non si puo' procedere ad un affidamento diretto in quanto risultano mancanti quei presupposti che consentano di derogare alle normali regole di evidenza pubblica.

CONTROVERSIE SULLA SCELTA DEL SOCIO PRIVATO NELLA SOCIETA' MISTA - GIURISDIZIONE

TAR TOSCANA SENTENZA 2008

La controversia relativa alla procedura ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato di minoranza di una societa' mista a prevalente partecipazione pubblica costituita per la gestione di un servizio non puo' che ricadere, secondo gli ordinari criteri di riparto, nella giurisdizione del giudice amministrativo, indipendentemente dalla circostanza che la gara sia stata indetta da un soggetto – la stessa societa' a partecipazione pubblica – avente natura formalmente privatistica.

Permane la necessita' della gara anche laddove la societa' che intenda promuovere l’ingresso di nuovi capitali privati - riducendo la partecipazione in mano pubblica - gia' operi quale affidataria di un servizio. L’indizione della procedura selettiva da parte della societa', anziche' del socio pubblico di riferimento, non è idonea a far venire meno la connotazione pubblicistica della procedura stessa.

Nella giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 6 cit. ricadono infatti tutte le controversie riguardanti la fase comunque anteriore alla stipula del contratto (che segna lo spartiacque con la giurisdizione ordinaria), sia che esse concernano interessi legittimi, sia che afferiscano a diritti soggettivi, ivi comprese quelle relative agli affidamenti suscitati nel privato dall’attivita' dell’amministrazione procedente (cfr. Cons. Stato, A.P., 5 settembre 2005, n. 6).

REQUISITI SOGGETTIVI PARTECIPAZIONE - ELEMENTI OGGETTIVI VALUTAZIONE OFFERTA

AVCP PARERE 2008

Dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 1 marzo 2007, recante “Principi da applicare, da parte delle stazioni appaltanti, nella scelta dei criteri di selezione e di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi”, si evince che, per giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, la distinzione tra criteri di idoneità per la selezione dell’offerente e criteri di aggiudicazione per la selezione dell’offerta è rigorosa. Viene inoltre sancito che, qualora il criterio di aggiudicazione sia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, possono essere utilizzati criteri variabili, ma collegati esclusivamente all’oggetto dell’appalto e non alla capacità del prestatore. In particolare, gli elementi attinenti all’esperienza o alla qualifica professionale, in quanto attinenti alla capacità del prestatore di eseguire i servizi oggetto dell’appalto, possono essere utilizzati unicamente ai fini della selezione dei concorrenti e non possono essere invece presi in considerazione nel momento di valutazione dell’offerta.

L’Autorità si è più volte pronunciata sull’argomento (da ultimo, deliberazioni n. 30/2007 e 185/2007 e pareri n. 37/2008 e 50/2008) ritenendo che, nell’individuazione dei criteri di valutazione dell’offerta, laddove si ricorra al sistema di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’amministrazione non possa operare una illegittima commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione alla gara ed elementi oggettivi di valutazione dell’offerta, che contrasta, peraltro, con la normativa comunitaria e con la normativa nazionale di riferimento.

Nel caso di specie, l’Azienda istante riteneva che la Circolare sopra riportata non sarebbe vincolante e sarebbe in ogni caso inapplicabile ad una procedura in economia per un appalto sotto soglia comunitaria. L’Autorità invece dimostra che i principi enunciati dalla menzionata Circolare non possono trovare applicazione limitata ai soli appalti di rilevanza comunitaria, in quanto una portata applicativa così circoscritta risulta ingiustificata e non tiene conto del fatto che agli appalti sotto soglia si applicano comunque i principi comunitari di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità.

Diversamente opinando, verrebbe altresì vanificata la ratio stessa della legislazione nazionale tesa, da un lato, a dare attuazione alle direttive comunitarie e, dall’altro, ad estendere ai contratti sotto soglia la disciplina prevista per i contratti sopra soglia, ad eccezione di alcune norme specificamente individuate, al fine di contemperare, in tal modo, l’esigenza di tutela dei principi di derivazione comunitaria con la necessità di una semplificazione delle procedure medesime. Peraltro, l’articolo 121 del Codice dei contratti, nel definire la disciplina applicabile ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alla soglia comunitaria, sancisce che ad essi si applicano, oltre alle disposizioni della Parte I, della Parte IV e della Parte V, anche le disposizioni della Parte II, in quanto non espressamente derogate dal Titolo II, tra cui rientrano certamente quelle relative ai criteri di selezione delle offerte di cui agli articoli 83 e seguenti del Codice.

Conseguentemente, l’operato dell’Azienda appare non conforme alla disciplina di riferimento, nella misura in cui, realizzando una indebita commistione tra requisiti di selezione dell’offerente e requisiti di selezione dell’offerta, non rispetta i principi sanciti dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 1° marzo 2007.

OGGETTO: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n), del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dall’Azienda Servizi Integrati S.p.A. – Servizio di lettura contatori idrici.

AFFIDAMENTO DIRETTO - SERVIZI PUBBLICI LOCALI

AVCP PARERE 2008

In merito alla possibilità di partecipazione ad una gara da parte di una società, già affidataria diretta di un servizio pubblico locale, l’art. 113, comma 5, del Testo Unico Enti Locali stabilisce che l’erogazione dei servizi pubblici locali debba avvenire in regime di concorrenza previo conferimento della titolarità delle gestioni esclusivamente a società di capitali individuate mediante l’espletamento di gare con procedura di evidenza pubblica.

Il successivo comma 6 dispone, inoltre, che “non sono ammesse a partecipare alle gare le società che, in Italia o all’estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime”.

L’applicabilità del suddetto divieto è stata differita al 1° gennaio 2007 dal comma 15 quater dell’art. 113 TUEL, aggiunto dall’art. 4, comma 234, della legge n. 350/2003, facendo comunque salva, anche dopo la scadenza di tale termine, la possibilità per gli affidatari diretti di prendere parte alle prime gare indette dopo il periodo transitorio ed aventi ad oggetto gli stessi servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa. Dopo la scadenza del periodo transitorio, le società che ancora gestiscono servizi pubblici in affidamento diretto non possono essere ammesse alle gare indette per l’aggiudicazione di servizi diversi dal settore e dal territorio in cui le stesse operano. La disposizione ha il chiaro scopo di consentire alle imprese affidatarie dirette che si erano date una struttura per porsi anche in concorrenza sul libero mercato di non dissipare i notevoli investimenti cui avevano dato luogo (TAR Lazio, n. 6698/2007).

Deve pertanto ritenersi che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, una società affidataria diretta del servizio di igiene urbana da parte di un Comune non possa, ai sensi del combinato disposto dei richiamati commi 6 e 15 quater dell’art. 113 TUEL, risultare aggiudicataria di eventuali gare indette da altro Comune per l’affidamento del relativo servizio di igiene urbana, in quanto, pur trattandosi dei medesimi servizi, è diverso il contesto territoriale di riferimento.

OGGETTO: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dal Comune di P. – Servizio di raccolta e trasporto RR.SS.UU. e assimilati e raccolta differenziata all’interno del territorio dei Comuni associati di P., B. e C..

SOCIETA' MISTA - SCELTA DEL SOCIO PRIVATO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Un’amministrazione pubblica è tenuta a seguire le procedure di evidenza pubblica ogniqualvolta debba scegliere un socio privato per la costituzione di una società mista, indipendentemente dal tipo di attività che tale società debba espletare (servizi pubblici locali, attività di produzione di beni o servizi nel pubblico mercato, ecc.).

Il principio fondamentale dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione è contenuto nell’art. 3 del R.D. 18..11.1923 n. 2440, il quale prevede che ogni contratto della p.a. da cui derivi un’entrata o una spesa deve essere preceduto da una gara, salvo che non ricorrano le ipotesi eccezionali in cui si possa far ricorso alla trattativa privata. Tra i contratti in questione rientrano anche quelli di società, perché dagli stessi derivano spese (conferimenti) ed entrate (eventuali utili). Infatti l’art.36 del R.D. n.827/1924 non riguarda solo gli appalti pubblici, ma anche altri contratti quali le compravendite e gli affitti e costituisce una mera esemplificazioni di ipotesi nelle quali l’amministrazione non si presenta nella sua veste autoritativa per acquisire utilità da parte dei privati. Quanto al D.L.gs n.163/2006 "Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/C e 2004/18/CE.", va rilevato che lo stesso come precisa il suo art. 1 si riferisce esclusivamente ai contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere. Si tratta dunque della disciplina di taluni particolari contratti dell’amministrazione, senza alcuna intenzione di far venir meno per gli altri contratti il principio di cui all’art. 3 del D.L. n.2440/1923, tanto che quest’ultima norma non è ricompressa tra quelle abrogate dall’art 256 del medesimo codice. Né può invocarsi in contrario l’art. 1, c.1bis della legge 7.8.1990 n.241 (comma aggiunto dall'art. 1, L. 11 febbraio 2005, n. 15.), il quale dispone che "La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente". Il procedimento di scelta del contraente previsto dall’art.3 del R.D. n. 2440/1923 costituisce infatti manifestazione di poteri autoritativi.

Nella caso di specie, pertanto, il comune non si poteva quindi sottrarre al rispetto delle procedure di evidenza pubblica allorquando ha deciso di costituire, conferendo a tal scopo un notevole valore patrimoniale in suo possesso (sub- concessione di derivazione d’acqua di cui era titolare), una società con un socio privato al fine di procacciarsi un’entrata ( eventuali profitti).

AFFIDAMENTO IN HOUSE E AFFIDAMENTO DIRETTO

CONSIGLIO DI STATO DECISIONE 2008

L’espressione in house providing compare per la prima volta nel libro bianco del 1998, nel quale la Commissione europea, con riferimento al settore degli appalti pubblici, specifica il concetto degli appalti in house come "quelli aggiudicati all’interno della Pubblica amministrazione, ad esempio tra Amministrazione centrale e locale o, ancora, tra una Amministrazione ed una società interamente controllata".

La situazione di in house legittima l’affidamento diretto, senza previa gara, del servizio di un ente pubblico a una persona giuridicamente distinta, qualora l’ente eserciti sul secondo un controllo analogo a quello dallo stesso esercitato sui propri servizi e la seconda realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che la controllano (C. giust. CE, 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal). L’affidamento diretto di un servizio pubblico viene consentito tutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidare la gestione del servizio, al di fuori del sistema della gara, avvalendosi di una società esterna (ossia, soggettivamente separata) che presenti caratteristiche tali da poterla qualificare come una "derivazione", o una longa manus, dell’ente stesso. Da qui, l’espressione in house che richiama, appunto, una gestione in qualche modo riconducibile allo stesso ente affidante o a sue articolazioni.

Si è in presenza di un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di delegazione interorganica. Mentre, la disciplina comunitaria dei pubblici appalti va applicata se l’ente affidatario sia distinto dall’amministrazione aggiudicatrice sul piano formale e sia autonomo sul piano sostanziale.

Trattandosi di deroga ai principi di concorrenza, non discriminazione, e trasparenza (tutti costituenti canoni fondamentali del trattato istitutivo della Comunità europea), siffatto istituto è stato ritenuto ammissibile solo nel rispetto di alcune rigorose condizioni, individuate dalla giurisprudenza comunitaria ed elaborate anche da quella nazionale.

Al riguardo il d.lgs. n. 163/2006 si limita, all’art. 1, comma 2, a prescrivere che, "Nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un’opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica". La norma ha così inteso solo codificare il principio secondo cui, in questi casi, la scelta del socio deve comunque avvenire "con procedure di evidenza pubblica" (Cons. Stato, sez. II, n. 456/2007).

SOCIETA' MISTA - AMMISSIONE ALLE GARE

AVCP PARERE 2008

La partecipazione del raggruppamento secondo classificato si pone in violazione della disciplina prevista dall’art. 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. Pertanto la procedura posta in essere dalla stazione appaltante risulta non essere conforme alla normativa vigente di settore.

Devono, infatti, essere esclusi dalla partecipazione alla gara i raggruppamenti composti da società partecipate da enti pubblici non economici e da aziende speciali. L’art. 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. Decreto Bersani), convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, dispone che le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti.

Oggetto: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dalla A. S.r.l. (Ba) – affidamento dei servizi connessi con la realizzazione delle iniziative previste dal progetto settore mobile imbottito e dal progetto settore agroalimentare a sostegno dei processi di internazionalizzazione del PIT 4 Murgia. S.A.: Comune di S.C..

CONSULENZA PER ASPETTI GEOLOGICI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

Il conferimento di un incarico professionale di consulenza per gli aspetti geologici nell’ambito della redazione di un piano strutturale (urbanistico) e di un regolamento edilizio non rientra né nell’ambito della disciplina degli appalti di lavori pubblici (trattandosi invero di un’attività professionale – qualificata locatio operis – riferibile ad una scelta eminentemente fiduciaria del professionista), né in quella degli appalti di servizi (non rinvenendosi i caratteri propri dell’appalto di servizio ex art. 1655 C.C. e art. 3 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, giacché l’appalto si distingue dal contratto d’opera in quanto l’appaltatore deve essere una media o grande impresa, C.d.S., sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4573).

D’altra parte, anche se non è espressamente disciplinato il conferimento di tali incarichi fiduciari, in base ai principi di trasparenza e di buon andamento, l’amministrazione può stabilire le regole per l’individuazione in concreto del soggetto più idoneo ed adeguato (per professionalità, esperienze, conoscenze tecniche) cui conferire il predetto incarico fiduciario, regole alle quali essa stessa è poi ineluttabilmente vincolata, proprio in ossequio ai principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento fissati dall’articolo 97 della Costituzione.

In tal caso, le prescrizioni contenute nel bando di gara e nella lettera d'invito costituiscono la lex specialis della gara e vincolano non solo i concorrenti, ma la stessa amministrazione che non conserva, perciò, alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione, né può disapplicarle.

DURC - VERIFICA DELLA REGOLARITA' E GIURISDIZIONE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

A seguito dell’entrata un vigore della disciplina sul certificato di regolarità contributiva, dettata dall’art.2 del D.L. 25 settembre 2002 n. 210 , così come modificato dalla legge di conversione 22 novembre 2002 n. 266 e dall’art. 3, comma 8 lett. b-bis) del D.Lgs. 14 agosto 1996 n. 494, lettera aggiunta dall’art. 86, comma 10, del D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276, la verifica della regolarità contributiva non è più di competenza delle stazioni appaltanti, ma è demandata agli enti previdenziali.

La stazione appaltante in una siffatta situazione non deve dunque far altro che prendere atto della certificazione senza poter in alcun modo sindacarne le risultanze (come avviene del resto con riferimento a qualsiasi certificazione acquisita per comprovare requisiti, il cui accertamento è affidato ad altre amministrazioni).

Conseguenza di quanto testè evidenziato è inoltre che il procedimento di rilascio della certificazione di regolarità contributiva ha una sua autonomia rispetto al procedimento di gara (si è già del resto sottolineato che la stessa certificazione è richiesta anche per i lavori privati, ove non si fa certo riferimento a procedimenti di gara) ed è sottoposto alle regole proprie della materia previdenziale, della cui corretta applicazione è peraltro competente a conoscere il giudice ordinario.

AFFIDAMENTO DIRETTO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

L’art. 113, comma 14° d.lgs. 267/00 è una norma sicuramente eccezionale, in quanto esula dai canoni dell’ordinarietà laddove - in deroga al principio della tutela della concorrenza, a presidio del quale sono dettate in subiecta materia proprio le disposizioni del menzionato art. 113 (cfr. comma 1°) - consente agli enti locali di affidare direttamente, e perciò senza alcun confronto concorrenziale, la gestione dei servizi pubblici locali o di loro segmenti a soggetti da loro distinti, che abbiano la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali all’uopo necessari.

Le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali richiamati dal legislatore, vanno individuati in quelle infrastrutture fisse, complesse e non facilmente riproducibili (quali le linee ferroviarie, i gasdotti, le reti idriche, quelle telefoniche, ecc.) che attengono ai settori del trasporto, dell’energia e delle telecomunicazioni, e non siano da confondere con le attrezzature mobili, ove del caso deperibili ed agevolmente duplicabili, come sono quelle che afferiscono allo svolgimento del servizio di igiene urbana, nei suoi specifici segmenti relativi alla raccolta ed al trasporto dei rifiuti. Deve, poi, trattarsi di infrastrutture inamovibili che appartengano ad un soggetto estraneo all’ente locale e di cui quest’ultimo non possa dotarsi, se non con rilevante e non conveniente dispendio di risorse finanziarie e strumentali.

Di conseguenza l’affidamento del servizio di igiene urbana non può avvenire in base all’art. 113, comma 14° del d.lgs. 267/00.

SOCIETA' MISTE

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2008

È legittima la deliberazione con la quale il Comune, dopo aver costituito una società mista, a responsabilità limitata, successivamente trasformata in società per azioni con identica denominazione, avente ad oggetto, fra l’altro, la “realizzazione e gestione” di “servizi ed opere di interesse pubblico e privato”, decide di appaltare il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti, piuttosto che affidarlo alla società in questione, una volta che risulti accertata la mancanza, nella società costituita ai sensi e per gli effetti dell’art. 22, comma 3, lett. e) della L. 8 giugno 1990 n. 142, dei requisiti minimi necessari allo svolgimento, in concreto, di tale servizio pubblico.

ALLEGATO II B - PUBBLICITA' OFFERTE - PRINCIPIO TRASPARENZA

TAR VENETO SENTENZA 2007

La seduta pubblica per l’apertura delle buste contenenti le offerte di gara costituisce una regola generale rispondente ai principi di trasparenza ed imparzialità, e come tale, se non espressamente esclusa dalla legge o dalla disciplina di gara, deve ritenersi applicabile ad ogni tipo di procedura concorsuale.

Nella fattispecie in esame, si ritiene che l’affidamento di un servizio (di ristorazione) di così rilevante importo debba avvenire attraverso un procedimento che garantisca rigorosamente il rispetto, tra gli altri, dei principi di imparzialità, parità di trattamento e trasparenza dell’azione amministrativa e ciò in forza dell’art. 27 del D.Lgs. n. 163/2006 il quale statuisce che: “l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parti, dall’applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità”.

Il rispetto dei principi di imparzialità, parità di trattamento e trasparenza dell’azione amministrativa si garantisce attraverso la pubblicità delle sedute di gara e in particolare delle fasi di quella concernenti la verifica dell’integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica e la loro apertura. A tali principi è indubbiamente collegata anche la regola della seduta pubblica per l’apertura delle buste afferenti alla gara.

La violazione di tale fondamentale norma procedimentale comporta l’invalidità derivata di tutti gli atti di gara e ciò anche a prescindere dalla concreta dimostrazione di un’effettiva lesione della trasparenza della gara e della par condicio tra i concorrenti.

CONFORMITA' URBANISTICA ED OFFERTA

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

La mancanza di conformità urbanistica non incide, infatti, sulla valutazione delle offerte, e quindi, ai fini dell’attribuzione del punteggio ma, come evidenziato dalla stessa Commissione, costituisce impedimento di fatto all’apertura della farmacia, senza che possa ritenersi utile la domanda di variazione di destinazione d’uso, in quanto fatta dopo la presentazione delle offerte e considerato che sussiste un impedimento strutturale, sotto forma di altezza minima richiesta dal regolamento edilizio, che preclude la possibilità di ipotizzare una variazione di destinazione d’uso successiva all’eventuale aggiudicazione.

Nel caso in esame la Commissione ha escluso dalla gara la ricorrente in primo grado per inidoneità urbanistica dei locali indicati quale sede della farmacia in quanto, pur non essendo tale idoneità espressamente prevista dalla normativa di gara, essa “costituisce un requisito essenziale nella valutazione dell’offerta in quanto in caso di aggiudicazione, in carenza della stessa, sussisterebbe un impedimento di fatto all’apertura della farmacia, non essendo ipotizzabile la presa in considerazione di localizzazioni della sede farmaceutica diverse da quelle indicate in sede di gara in quanto si altererebbe la “par condicio” dei concorrenti.

AFFIDAMENTO IN HOUSE - CONDIZIONI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

Le decisioni relative all'individuazione delle condizioni che consentono il legittimo affidamento di servizi pubblici e di appalti pubblici con il sistema dell'in house providing e a società miste. Va rimessa ai sensi dell'art. 45 T.U. n. 1054 del 1924, all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, al fine di assicurare una linea ermeneutica omogenea e unitaria.

ATTESTAZIONE SOA E REQUISITI TECNICI/FINANZIARI

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

L’art. 1 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 prevede che quanto attestato dalla S.O.A. è necessario e sufficiente a certificare la capacità economico-finanziaria; ma per quanto concerne gli altri requisiti di cui all’art. 17 dello stesso decreto, compete alla Stazione appaltante la verifica, in concreto, della sussistenza degli stessi, e ciò indipendentemente dall’attestazione S.O.A., che vale solo ai detti fini (cfr. comma 3: “... l’attestazione di qualifica rilasciata a norma del presente regolamento costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici”).

In altri termini, il disposto normativo non ha inteso sottrarre alla Stazione appaltante la concreta verifica del possesso dei requisiti di carattere generale, spettando ad essa ogni apprezzamento in merito alla rilevanza dei fatti riscontrati.

SOCIETA' MISTA

AVCP PARERE 2007

La partecipazione alle gare di società partecipate, direttamente o indirettamente dalle Camere di Commercio, risulta non conforme alla disciplina prevista dall’art. 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

Oggetto: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dalla HGV S.r.l. – affidamento dei servizi connessi alla realizzazione del progetto settore “Deepen Apulia Taste”. P.O.R. Puglia 2000 – 2006. Misura 6.2., Azione B) Promozione dell’Internazionalizzazione S.A. Ufficio Unico P.I.T. N. 1 “Tavoliere”- Comune di F.

PROJECT FINANCING E LIBERTA' DI CONCORRENZA

AVCP DELIBERAZIONE 2007

L'istituto del project financing consiste essenzialmente in un complesso procedimento di carattere sostanzialmente unitario, anche se articolato in più fasi distinte, la cui prima fase è rappresentata dall’individuazione della proposta del promotore che l’amministrazione ritiene di pubblico interesse. Detta fase trova inizio, giusto quanto disposto dall’articolo 11, comma 3, della legge regionale n. 15/2002, applicabile alla fattispecie, al momento della sottoposizione all’amministrazione del progetto d’intervento da parte del proponente.

L’esigenza di tutelare la concorrenza e di assicurare la parità fra gli operatori economici trova ulteriore riscontro nel quadro normativo vigente, giusto quanto disposto dall’articolo 13 della legge n. 248/2006, il cui intento è quello di introdurre un ulteriore livello di concorrenza e di libertà del mercato, al fine di permettere agli operatori di agire in posizione di uguaglianza, evitando che alcune imprese possano avvantaggiarsi della struttura della propria compagine societaria per la presenza di un socio pubblico.

Come rilevato da questa Autorità con deliberazione n. 135/2007, il citato articolo 13, vieta l’attività extra moenia delle società pubbliche, al fine di porre un freno all’incidenza che la loro composizione può comportare sull’assetto del mercato, in difesa del principio della libera concorrenzialità. Infatti detti soggetti inevitabilmente godono di notevoli asimmetrie informative, in grado di alterare la par condicio con gli altri operatori agenti nello stesso mercato e di eludere, per alcuni aspetti, il rischio d’impresa.

Oggetto: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dall’ATI S.I. C.A. s.p.a./A. s.p.a. – finanza di progetto per la progettazione, costruzione ed esercizio del complesso dei collegamenti autostradali e stradali a pedaggio denominati “Grande Raccordo Anulare di P.”. S.A. Regione V., Direzione Infrastrutture.

CONTRATTI ESECUZIONE PERIODICA - REVISIONE PREZZI

TAR PIEMONTE SENTENZA 2007

L’art. 115, del D.lgs. n. 163/2006 ( Codice dei contratti pubblici) prevede che “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo”. La sfera di applicazione della disposizione, già sufficientemente chiara con riguardo al limite costituito dal riferimento ai “contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture”, deve essere ulteriormente precisata alla luce della definizione dell’oggetto della disciplina dettata dall’intero Codice dei contratti pubblici, individuata dall’art. 1 del citato D.lgs. n. 163/2006 nei seguenti termini: “Il presente codice disciplina i contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere”. Occorre rilevare, altresì, che il citato D.lgs. n. 163/2006 distingue le concessioni di servizi, prevedendo all’art. 30 che “Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi”. Dalle disposizioni in esame (artt. 1, 30 e 115 del Codice dei contratti pubblici) si deduce pertanto che la norma sulla revisione periodica del prezzo, di cui all’art. 115 citato, si riferisce, per quanto riguarda la materia dei servizi, esclusivamente ai contratti di appalto di servizi (e non alle concessioni).

Nella fattispecie in esame muovendo dalla premessa che le convenzioni tra i presìdi socio-assistenziali-sanitari del Piemonte e le A.S.L. hanno natura giuridica di contratti di durata a prestazioni corrispettive, i ricorrenti sostengono l’applicabilità alle stesse dell’art. 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Il rapporto tra Regione, quale ente titolare del servizio pubblico della sanità, o unità sanitarie locali e i soggetti privati erogatori delle prestazioni (sanitarie o socio-sanitarie), non può essere qualificato come appalto di servizi ma rientra nell’ambito delle relazioni di carattere pubblicistico. Tale rapporto, secondo le disposizioni del D.lgs. n. 502/1992, e in particolare dell’art. 8-bis (“Le regioni assicurano i livelli essenziali e uniformi di assistenza di cui all'articolo 1 avvalendosi dei presidi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di soggetti accreditati ai sensi dell'articolo 8- quater , nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8- quinquies”), dell’art. 8-quater e dell’art. 8-quinquies, deriva da due atti: l’accreditamento istituzionale, con il quale si dispone l’inserimento della struttura accreditata nell’ambito organizzativo del servizio pubblico sanitario, e l’accordo contrattuale. Per quanto concerne gli accordi contrattuali, il loro contenuto si può ricavare dalla lettura congiunta degli articoli 8-quinquies e 8-sexies del citato D.Lgs. n. 502/1992. Si osservi che gli accordi devono indicare anche “il volume massimo delle prestazioni che le strutture presenti nell’ambito territoriale della medesima unità sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza”. Ciò che rileva nel caso di specie è che le prestazioni, che la struttura privata accreditata può fornire sulla base delle convenzioni in esame, non sono acquisite dalla pubblica amministrazione (Regione o Azienda Sanitaria) ma sono rivolte esclusivamente alla collettività degli utenti. I due atti – quello organizzativo, l’accreditamento; quello convenzionale – svolgono in realtà una funzione unitaria che è quella di abilitare la struttura ad erogare il servizio socio-sanitario agli utenti, nel limite del “volume massimo” concordato. La natura giuridica di tali accordi non può essere ricondotta all’ambito dei contratti di appalto di servizi ai quali è applicabile l’art. 115 del Codice dei contratti pubblici.

SOCIETA' MISTA - VERIFICA REQUISITI DEL SOCIO PRIVATO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

Le determinazioni finalizzate alla costituzione della s.p.a. mista sono espressione di potere amministrativo discrezionale volto alla cura dell’interesse pubblico.

L’attuazione dei principi comunitari impone che la soluzione della sottrazione al mercato di un affidamento pubblico si atteggi a soluzione residuale alla quale ricorrere solo in caso di impossibilità di trovare soluzione alternativa efficiente.

L’Amministrazione deve verificare se esistono in capo al socio privato statuizioni penali che incidono sulla moralità professionale in guisa da escludere la praticabilità dell’affidamento. Occorre aggiungere che, per pacifica giurisprudenza della Cassazione penale, il decorso del quinquennio ex art. 445, co 2, c.p. non estingue automaticamente il reato, occorrendo apposita declaratoria da parte del giudice dell’esecuzione.

SOCIETA' MISTE E PROCEDURA DI GARA

TAR PIEMONTE SENTENZA 2007

Al di fuori dei ristretti limiti in cui è ammissibile il fenomeno dell'"in house" l'affidamento del servizio deve avvenire con pubblica gara, nel senso che la costituzione di una società mista, anche con la scelta del socio a seguito di gara, non esime dalla effettuazione di una seconda gara per l'affidamento del servizio. A questo proposito è stato rilevato che configura una restrizione del mercato e della concorrenza l'obbligo per l'imprenditore di conseguire l'affidamento di un servizio, solo entrando in una società, per molti versi anomala, con l'amministrazione.

La procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio non è sovrapponibile, quanto ai contenuti e alle finalità, a quella per l'affidamento del servizio.

La prima è preordinata alla selezione del socio privato in possesso dei requisiti non solo tecnici ed organizzativi, ma anche e soprattutto finanziari, tali da assicurare l'apporto più vantaggioso nell'ingresso nella compagine sociale.

La seconda è invece esclusivamente diretta alla scelta del soggetto che offra maggiori garanzie per la gestione del servizio pubblico.

Il sistema di affidamento diretto alla società mista (sia pure dopo scelta tramite procedura ad evidenza del socio privato) concreterebbe nella sostanza un affidamento in house al di fuori dei requisiti richiesti dal diritto comunitario.

In conclusione dunque la costituzione di una società mista (con partner scelto dopo gara) non esime dalla evidenza pubblica le procedure di affidamento del servizio.

AFFIDAMENTO IN HOUSE - DIVIETI

TAR TOSCANA SENTENZA 2007

L’affidamento diretto, da parte del Comune della gestione dei rifiuti solidi urbani alla società contrasterebbe con i principi sanciti relativamente ai c.d. “affidamenti in house” dalla giurisprudenza comunitaria, data l’esiguità da parte del comune della titolarità del capitale (1%) della società affidataria.

SOCIETA' MISTE AMMESSE ALLE GARE BANDITE DALLA AMMINISTRAZIONE CHE DETIENE IL CAPITALE

AVCP DELIBERAZIONE 2007

Una società partecipata da una società che è a sua volta indirettamente partecipata da enti locali non può concorrere, ai sensi dell'art. 13, c. 1, l. n. 248/06, agli appalti banditi da amministrazioni diverse da quelle che ne detengono il capitale.

L'art. 13, c. 1 della l. 4 agosto 2006, n. 248 e s.m., pone il tassativo divieto per le società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti, di svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara. Poiché l'art. 13 espressamente esclude dalla propria disciplina i servizi pubblici locali, la materia dallo stesso disciplinata attiene a quella attività espletata delle società miste/pubbliche che svolgono in outsourcing attività di pertinenza delle amministrazioni locali. La norma in esame pertanto vieta l'attività extra moenia di dette società, al fine di porre un freno all'incidenza che la loro composizione può comportare sull'assetto del mercato, in difesa del principio della libera concorrenzialità. Infatti detti soggetti godono di asimmetrie informative di notevoli dimensioni, in grado di alterare la par condicio con gli altri operatori agenti nello stesso mercato e di eludere sostanzialmente il rischio d'impresa. Né può considerarsi rilevante la circostanza che la partecipazione dell'ente locale alla società sia meramente indiretta, come nel caso di specie. Infatti, ammettere che i vincoli posti dalla norma speciale riguardino esclusivamente le partecipazioni dirette degli enti pubblici alle società di cui trattasi varrebbe a sostenere che i vincoli stessi possano agevolmente essere aggirati mediante meccanismi di partecipazioni societarie mediate. Al contrario, anche nelle società c.d. di terzo grado, come nel caso in esame, individuandosi con detta definizione quelle società che non sono state costituite da amministrazioni pubbliche e non sono state costituite per soddisfare esigenze strumentali alle amministrazioni pubbliche medesime, rimane pur sempre il rilievo che l'assunzione del rischio avviene con una quota di capitale pubblico, con ciò ponendo in essere meccanismi potenzialmente in contrasto con il principio della par condicio dei concorrenti.

L'interpretazione anzidetta trova ulteriore e indiretta conferma nel c. 3 del medesimo art. 13 suindicato, laddove il legislatore ha previsto un regime transitorio durante il quale le società pubbliche o miste dovranno dimettere in particolare le loro partecipazioni in altre società.

Oggetto: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dalla A. – servizio di manutenzione degli impianti tecnologici delle sedi A. Aff. 470

VERIFICA REQUISITI

AVCP DELIBERAZIONE 2007

L’articolo 48 del d. Lgs. n. 163/2006 assolve in generale alla funzione di garantire l’affidabilità dell’offerta, di cui il primo indice è rappresentato proprio dalla correttezza e serietà del comportamento del concorrente in relazione agli obblighi derivanti dalla disciplina della gara, rapportata ai requisiti minimi prescritti dal bando di gara, essendo necessario e sufficiente, ai fini della comprova dei requisiti, dimostrarne il possesso in relazione allo specifico affidamento, risultando inconferente il fatto che il concorrente abbia dichiarato di possedere requisiti in misura maggioritaria rispetto a quelli effettivamente dimostrati. L’aver effettuato una dichiarazione che contiene elementi sovrabbondanti rispetto ai requisiti minimi prescritti dal bando non comporta fattispecie censurabile sotto il profilo della veridicità della dichiarazione stessa, tenuto conto che il raffronto fra la dichiarazione e l’accertamento della veridicità deve essere condotto nel merito alla stregua dei requisiti specificamente indicati nel bando.

Oggetto: istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del decreto legislativo n. 163/2006 presentata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Province di S.e N. – affidamento progettazione e direzione lavori Centro Restauro e Conservazione dei Beni Culturali.

SOCIETA' MISTE AMMESSE ALLE GARE

AVCP DELIBERAZIONE 2007

Il legislatore include, nel novero dei soggetti tenuti all’osservanza del Codice (tra l’altro) le società miste costituite per la realizzazione di lavori o opere (ovvero beni e servizi) non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza; società che, infatti, vengono ricomprese dall’art. 3, comma 33, del D.lgs. n. 163/2006 nell’espressione «stazione appaltante».

Oggetto: Appalto dei lavori di costruzione del nuovo Palacongressi di R. Importo lavori euro 70 milioni circa.

PROCEDURA SELEZIONE SOCIO PRIVATO

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2007

Con l’atto iniziale della procedura l’amministrazione aveva ben esplicitato che all’individuazione della migliore offerta poteva seguire una diretta negoziazione con i partecipanti ed anche la decisione di non individuare alcun socio. Una clausola del tal genere non presenta alcun elemento di illegittimità (né tanto meno di nullità), considerato che nella scelta di un socio di una s.p.a. pubblica, l’amministrazione può ben riservarsi ampie valutazioni discrezionali, decidendo di non vincolarsi a rigidi schemi di evidenza pubblica. In primo luogo, è opportuno evidenziare come, nel caso di specie, non si sia in presenza di una rigida procedura di evidenza pubblica, in cui l’aggiudicatario è scelto con ferree regole predeterminate dall’amministrazione, la quale è in tal modo vincolata dalla lex specialis ed è tenuta ad esercitare in modo corretto e motivato i propri poteri di autotutela, qualora intenda revocare la procedura senza portarla a termine. Si tratta, qui invece, di una procedura per la scelta di un socio di una s.p.a., regolata da una lex specialis, che lasciava ampi margini di discrezionalità all’amministrazione.

SOCIETA' MISTA - SCELTA DEL SOCIO PRIVATO

CGA SICILIA SENTENZA 2006

La procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio non è sovrapponibile, quanto ai contenuti e alle finalità, a quella per l’affidamento del servizio; la prima è preordinata alla selezione del socio privato in possesso dei requisiti non solo tecnici ed organizzativi, ma anche e soprattutto finanziari, tali da assicurare l’apporto più vantaggioso nell’ingresso nella compagine sociale; la seconda è invece esclusivamente diretta alla scelta del soggetto che offra maggiori garanzie per la gestione del servizio pubblico;

Il sistema di affidamento diretto alla società mista (sia pure dopo la scelta tramite procedura ad evidenza del socio privato) concreterebbe nella sostanza un affidamento in house al di fuori dei requisiti richiesti dal diritto comunitario.

Se, infatti, un’impresa privata detiene delle quote nella società aggiudicataria occorre presumere che l’autorità aggiudicatrice non possa esercitare su tale società «un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi»; una partecipazione minoritaria di un’impresa privata è quindi sufficiente ad escludere l’esistenza di un’operazione interna.

In conclusione dunque la costituzione di una società mista (con partner scelto dopo gara) non esime dalla evidenza pubblica le procedure di affidamento del servizio.

Pareri tratti da fonti ufficiali

QUESITO del 30/08/2023 - ADESIONE A CONVENZIONE CONSIP S.P.A. BANDITA IN VIGENZA DEL D.LGS. 163/2006

Con riferimento ad adesione a Convenzione Consip s.p.a. per un importo di euro 500.000 circa, si formulano i seguenti quesiti: 1 – stante la data di pubblicazione del bando Consip del 19.03.2014 (in vigenza del D.Lgs. 163/2006), la data di aggiudicazione 26.07.2019, la data di attivazione del lotto di interesse del 20.02.2023 (con relativa stipula della Convenzione che norma le condizioni ai sensi del D.Lgs. 163/2006), avendo effettuato la richiesta di fornitura prima del 1.07.2023 e prospettandosi la formalizzazione dell’ordinativo a breve, si chiede conferma che il rapporto contrattuale da istaurarsi dovrà riferirsi integralmente al D.Lgs. 163/2006, così come allo stesso decreto dovrà riferirsi l’intero procedimento (disciplina della nomina/funzioni/compiti del RUP, DEC e tutti gli aspetti correlati alla fase esecutiva del contratto); 2 – si chiede conferma che l’imposta di bollo alla quale è assoggettato l’ordinativo da formalizzare tramite il portale messo a disposizione da Consip s.p.a. in adesione alla predetta Convenzione non sarà da riferirsi alla nuova disciplina di cui allo allegato I.4 del D.Lgs. 36/2023 ma alla previgente normativa, ovvero euro 16,00 per foglio, come ribadito nella risposta numero 347/2021 dall’Agenzia delle Entrate (ancorché riferita al D.Lgs. 50/2016).